Sinapsi, sulle tracce dell'Antica Acropoli

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SINAPSI |‌­SULLE TRACCE DELL’ANTICA ACROPOLI TITOLO Danilo Ercoli, Giulia DaniloMelotti, Ercoli, Antonia Razza, Lucrezia Rossi, Silvia Rebecca Visentin



Tesi di Master 2018 - 2019

SINAPSI | SULLE TRACCE DELL’ANTICA ACROPOLI

Danilo Ercoli, Giulia Melotti, Antonia Razza, Lucrezia Rossi, Silvia Rebecca Visentin

INDICE 04 Introduzione 06 Impianto generale 08 Il progetto 12 Athena Promakos 14 Il naòs 16 Il museo


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INTRODUZIONE

In copertina: Vista del Naòs.

Di questi tempi, la lettura delle copiose stratificazioni della magnifica altura dell’Acropoli si è resa man mano sempre più difficile. A differenza di quel che può esser la percezione armonica, perfetta e ordinata delle proporzioni del Partenone, la sua costruzione fu eretta per esser ammirata dall’occhio umano, non per rappresentare la creazione di cervelli calcolatori, e così anche la storia di questo luogo è irregolare, complessa e intricata, e ancor’oggi può esser esplicata con fraintendimenti, a causa di eccessive semplificazioni filologiche. I temi dell’intevento in questione intendono proprio rapportarsi con questo panorama travagliato, cercando di catturare l’attenzione dei curiosi, per poter ridare una lettura più sensibile di questo incredibile racconto, iniziato circa 4000 anni fa. Soltanto alla fine del 1800, uno scavo approfondito dell’Acropoli portò alla luce il basamento murario e altri muri sotterranei, alcuni di fortificazione, altri di semplice sostegno, anticipando così il grado di complessità stratigrafica racchiuso nell’altura, che rivelerà altre tracce presenti nel sottostrato. In questo quadro, si inseriscono gli interventi, da una parte, di scavo del terreno, al fine di far rileggere ciò che attualmente risulta invisibile all’occhio empirico, dall’altra, di modellazione del suolo, per riproporre delle piattaforme in grado di supportare e guidare il visitatore. Infatti, un’altra forte assenza che caratterizzava la


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piattaforma nell’antichità era quella dei terrazzamenti, dal momento che scandivano la presenza di ogni edificio. Tuttavia, nel riproporre questi elementi è stato utilizzato un linguaggio che materialmente vuole sì contraddistinguersi dalle preesistenze, ma, allo stesso tempo, uniformarsi col contesto, mantenendo la sua discrezione. Da ciò, emerge il fatto che non si vuole ricondurre l’ospite odierno dell’Acropoli ad un periodo storico circoscritto, ma al contrario, permettergli una lettura più accessibile dell’eterogeneità della sua storia.

Sotto: fig. 1: Incisione raffigurante le processioni durante le Panatenee. fig. 2: Planimetria con le stratificazioni storiche.


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IMPIANTO GENERALE Filo conduttore dell’intero intervento di musealizzazione è quello di ridare un valore “spirituale” alle stratificazioni, attualmente impercettibili, del sito archeologico dell’Acropoli, ripristinando e ripercorrendo filologicamente quella che rappresentava la tappa finale della via Panatenaica, la via sacra lungo la quale si svolgevano le processioni in occasione delle feste Panatenee, l’evento religioso più importante della città, in onore della sua divinità protettrice, Atena. L’itinerario della processione aveva inizio dalla porta del Dipylon, attraversava l’agorà e giungeva all’Acropoli varcando la soglia dei Propilei, dove passava, quindi, davanti al Partenone e si fermava dinanzi al suo ingresso, dove si trovava il grande altare di Atena Parthenos. La sacralità del naòs, il cui calpestio era permesso solamente ai sacerdoti (che ha avuto una sua continuità in epoca bizantina, quando il Partenone fu convertito in chiesa dedicata a Maria, e con l’epoca dell’Impero latino, quando diventò una chiesa cattolica dedicata alla Madonna), rappresenta il culmine su cui si sviluppa tale tema d’intervento. Legato ad esso, vi è il tema dei percorsi, i quali sono stati distinti secondo un livello di importanza: primo fra tutti, come accennato in precedenza, vi è il percorso che ricalca la via Panatenaica, a cui si è deciso di dare maggior rilievo; in seguito, l’intervento ha voluto ridare riconoscibilità ai percorsi che, in sequenza, conducono alle diverse tracce che poggiano sulla


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piattaforma dell’Acropoli, offrendo leggibilità non solo alle strutture emergenti da sempre, come i Propilei, l’Eretteo ed il Partenone, ma anche a quei resti, non appartenenti all’età classica, che, tuttavia, costituiscono parte egualmente importante della storia del sito.

Sotto: fig. 3: Planimetria stato di fatto.


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IL PROGETTO In accordo con l’impianto originale dell’Acropoli, il progetto di percorribilità sull’intera piattaforma archeologica sarà caratterizzato dall’assenza di un tracciato imposto e costruito. Al contrario, la sua definizione è stata gestita attraverso un intervento in negativo, ossia con il movimento del suolo. Nello specifico, il ridisegno del paesaggio si sviluppa attraverso delle linee curve e fluide, il cui andamento non solo ricalca le tracce di terrazze preesistenti, ma segna anche quelli che sono gli scorci più rilevanti: dai segni alle rovine fino alle viste panoramiche sulla città. In questo modo, il suolo prende inclinazioni diverse, pur mantenendo la sua caratteristica organicità, raggiungendo un’altezza massima di 2 metri, senza rappresentare delle presenze invadenti che occultino la visuale dell’intero scenario. Questi lievi terrapieni sono racchiusi da fasce di cortèn che lungo il loro bordo ripiegano a tratti creando situazioni di sosta e percorsi diversi (fig.5,6). In una visuale complessiva, i segni di queste fasce, pur essendo linee spezzate, risultano esser contigui l’uno rispetto all’altro. L’inclinazione di queste lingue di terra guida il visitatore lungo dei percorsi più accessibili, mentre crea dei punti di vista museografici, dal momento che contribuisce a creare delle pause nel corso della visita e permette di valorizzare le tracce delle rovine, catturandone la loro attenzione. L’intervento sul suolo si estende anche sul bordo,


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Sotto: fig. 4: Planivolumetrico di progetto.


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Sotto: fig. 5: Schema di dettaglio sulla struttura del cortèn. fig. 6: Planimetria schematica dei terrazzamenti e relative funzioni.

entro le mura per poter valorizzare anche gli scorci panoramici. Ad ogni modo, intendendosi rivalorizzare la via sacra, la sua percorribilità è resa migliore a partire dalla scalinata antecedente i Propilei, mantenendo comunque l’assetto invariato. La continuità dalla scalinata al tracciato della via Panatenaica, che porterà fino all’ingresso del Partenone, viene letta attraverso l’utilizzo di terra stabilizzata della stessa tonalità del materiale lapideo dei gradoni, in modo che risalti il suo segno rispetto agli altri percorsi, ma allo stesso tempo evitando di dargli un bordo definito e costruito.

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Sotto: fig. 7: Sezione territoriale AA’. fig. 8: Sezione territoriale BB’.


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Sotto: fig. 9: Vista esterna verso l’Eretteo.


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Sotto: fig. 10: Vista esterna verso facciata est del Partenone.


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ATHENA PROMAKOS Il linguaggio della trasparenza è ciò che accompagna il principio di musealizzazione all’interno del nostro intervento. Tale scelta porta con sé la capacità di tessere nello spazio qualcosa che non c’è più, rendendo plastica la negazione della materia del rudere. In questo caso, rivela il risultato di una mancanza, quella della statua di Athena Promakos, la quale, una volta asportata e trasferita nel 426 d.C. a Bisanzio, non ritornò più sul suo luogo d’origine. Si tratta, quindi, di ridare al suolo dell’Acropoli, orfano della sua protettrice sull’intera città, una nuova figura, in grado di tornare ad esser punto di riferimento visivo dalla città e di rivelarsi discretamente nelle sue sembianze solo una volta varcata la soglia dei Propilei. Nello specifico, questo trattamento della materia “trasparente” viene svolto attraverso l’utilizzo di reti metalliche assemblate, in modo da creare 2 elementi: la riproduzione della statua, fedele a quella originaria, e un blocco squadrato all’interno del quale è inscritta e protetta la sagoma di Athena. Lo spazio tra queste 2 strutture è riempito dalla materia della rete metallica. Il messaggio che traspare da tale linguaggio appare, quindi, legato al tema della sottrazione, ricordando la forma cava propria del bronzo, e dell’anacronismo, che rispecchia e segue ciò che è avvenuto nel passato: dalla sua creazione, in seguito alla vittoria della battaglia di Maratona, al suo prelievo. Inoltre, anacronistico è anche il rimando temporale


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che si intende ripercorrere nei confronti della visuale sull’Acropoli dalla città durante l’occupazione turca, in cui il punto di riferimento visivo non era più rappresentato dal colosso di Athena, ma da una torre di avvistamento.

Sotto: fig. 11: Acropoli durante il periodo Ottomano, con la torre di avvistamento. fig. 12: Vista assonometrica con sezione sul progetto di attualizzazione della statua di Athena Promakos. fig. 13: Restituzione realistica sul progetto per la statua di Athena Promakos.


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IL NAÒS Il naòs costituisce, senza dubbio, il culmine del percorso panatenaico, e per questo motivo, si è deciso di attualizzarne l’involucro con lo stesso linguaggio utilizzato per la statua di Athena Promakos. Ciò ha l’obiettivo di riproporre quello che era all’origine lo spazio sacro, quindi contemplabile, ma inaccessibile. Tale ambiente rappresentava, infatti, il punto di arrivo delle processioni Panatenee, e per questo si vuole ridare un parallelismo al percorso attualizzato che porterà il visitatore, mediante l’inclinazione del suolo, a fermarsi e ad osservare l’interno dello spazio sacro. La ricostruzione dell’assetto strutturale della cella è restituito mediante l’utilizzo di fili metallici, concatenati tra loro, seguendo la composizione formale fedele all’originale. Tuttavia, per rendere l’idea di ulteriore smaterializzazione, la prosecuzione della nuova struttura metallica rispetto al fabbricato esistente non conclude l’assetto formale dell’involucro in modo costante, ma, al contrario, si infittisce man mano che prosegue verso il pronao. Si tratta di un’installazione che vuole esser architettura trascendente non finita, poichè intende fare un passo indietro rispetto alla restituzione integrale e lasciare libera l’immaginazione del visitatore che la ricostruirà nel proprio pensiero durante la contemplazione. D’altronde, la ricomposizione formale troppo fedele del naòs si porrebbe a confronto con l’esistente e forzerebbe la visione di certi dettagli del contenente, che distoglierebbero l’attenzione sul contenu-


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to, ossia lo spazio sacro. A questo scopo, la struttura metallica spicca verso l’alto e si conclude con la copertura in modo estremamente stilizzato. Questo trattamento museografico intende anche perseguire il concetto dell’eterno divenire del cantiere di restauro. Dal punto di vista materico, infatti, questo tipo di intervento si integra piuttosto bene rispetto ai materiali costantemente presenti per i lavori di ricostruzione.

Sotto: fig. 14: Assonometria dell’intervento di musealizzazione del naòs. fig. 15: Vista sull’intervento di musealizzazione del naòs.


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IL MUSEO Nel riportare alla luce le tracce che rivelano le stratificazioni storiche dell’Acropoli, si inserisce l’intervento effettuato sull’area in cui si trova ancora la struttura dell’ex museo, edificato nel 1863, trent’anni dopo l’abbandono di Atene dall’ultima guarnigione turca. In primis, si è deciso di abbandonare l’idea di tenere sia l’edificio che la traccia del sedime, per favorire la continuità dell’intervento sul suolo, seguendo quindi l’operazione di contorno delle piattaforme. Quest’area, infatti, rappresenta senza dubbio il punto focale rispetto alle altre, dal momento che vi confluiscono quelli che sono i percorsi principali che dai Propilei portano a raggiungere l’ingresso al Partenone, trovandosi dall’altra parte la vista panoramica sull’intera città. Una delle intenzioni perseguite da questo intervento consiste proprio nel valorizzare quelli che sono i punti visivi più importanti nell’Acropoli. A permettere, dunque, una visuale favorevole sulla città è proprio un sollevamento del terreno in direzione dell’estremità sud-est delle mura che, attraverso la sua forma organica, riveste e nasconde lo spazio sottostante dedicato alla musealizzazione delle tracce. Tuttavia, tale spazio non risulta completamente nascosto, bensì si lascia intuire attraverso la presenza di alcuni lucernari in superficie che discretamente riprendono le direzioni di alcune tracce sottostanti. L’accesso allo spazio musealizzato si rivela grazie a un setto murario, appartenente al sedime del picco-


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lo museo, che affiora dal terreno, accanto alla fluida piattaforma, creando un evidente contrasto tra i due linguaggi: quello morbido e organico delle lingue di suolo e quello rigido degli spigoli tipici dei sedimi delle rovine. Tale setto di accesso racchiude una rampa che permette la discesa al piano interrato, utilizzando lo stesso suolo in terra battuta dei percorsi esterni, in modo da conferire a tale spazio la continuità con l’ambiente esterno. Una volta scesi al livello sottostante, si aprono sulla destra gli spazi dedicati ai laboratori didattici, che in un futuro potranno convertirsi in altre funzioni, mentre sulla sinistra si apre una visuale verso l’esterno coperta dalla curvatura del terrazzamento soprastante, permettendo la fruizione e l’accesso all’area anche dal lato sud.

Sotto: fig. 16: Planimetria dell’interrato.


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Sotto: fig. 17: Sezione trasversale del museo CC’. fig. 18: Sezione longitudinale del museo DD’.


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Di fronte agli spazi didattici, si ha già un contatto diretto con la superficie muraria storica, quella micenea, la quale conduce ad una serie di nicchie, ospitanti al loro interno delle sculture, appartenenti alle stratificazioni storiche dell’Acropoli. Lungo questa discesa, sul lato destro, la parete ospita dei pannelli informativi che illustrano e anticipano le stratificazioni che sono musealizzate all’interno. Tutto questo viene illuminato da lucernari che seguono la direzione del lungo corridoio, creando degli effetti suggestivi, grazie a piccoli rocchi posti sopra di essi. In fondo al percorso, si trova alla propria destra il grande muro di sostruzione del Partenone, il quale fa da quinta scenografica all’ambiente del lapidarium e del sedime musealizzato appartenente al tempietto di età arcaica, collocati di fronte.

Sotto: fig. 19: Vista esterna dell’ingresso al Museo.


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Sotto: fig. 20: Vista interna del Museo.


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Testi sull’archeologia: L. Basso Peressut, P. Caliari, Architettura per l’archeologia. Museografia e allestimento, Prospettiva Edizioni, 2014 R. Carpenter, Gli architetti del Partenone, edizioni Einaudi, Torino 1979. M. Torelli, T. Mavrojannis, Grecia, edizioni Mondadori, Milano 1997. D. Domenici, GUIDA AGLI ITINERARI ARCHEOLOGICI NEL MEDITERRANEO, edizioni ClupGuide, Torino 2000. Siti internet: www.arkitera.net www.arketipomagazine.it

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BIBLIOGRAFIA

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