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GLI ZAMPOGNARI E LA ZAMPOGNA “ZOPPA” TERAMANA

di Nicolino Farina

Una mattina di domenica mi sveglio al suono di una nenia che inconsciamente mi riporta a tempi remoti ma vissuti. La melodia celestiale si fa più vicina e le pive della zampogna, prima ancora che dalla mente, sono riconosciute dal cuore. D’un lampo mi ritrovo bambino festante correre per le strette vie, incontro due zampognari che, nel gelo intenso della mattina, annunciano l’imminenza del Natale a tutta la comunità del piccolo centro storico. I musicisti pastori, vestiti come quarant’anni prima, suscitano lo stesso “quadretto”: persiane che si aprono lasciando scoprire teste canute o ragazzi col naso spiaccicato sul vetro, porte e finestre che si socchiudono per lanciare qualche offerta. In modo inequivocabile gli zampognari per noi abruzzesi sono legati alla raffigurazione della Natività. Nel presepio della cultura contadina abruzzese, vicino alla Sacra Famiglia, sono sempre posizionati gli zampognari e il resto dei pastori con i loro armenti. Personaggi misteriosi, gli zampognari rimandano a tradizioni antiche, a modi arcaici pastorali tipici dell’Abruzzo, del Molise, della Ciociaria, ma anche del sud della Grecia, della Scozia, di alcune aree iberiche e francesi e di ogni altro luogo legato strettamente alla pastorizia. Figure quasi fuori dal tempo, questi musici transumanti, vestiti con cappello a forma di “pan di Zucchero”, corpetto di montone, pesanti mantelli di lana e calzari (cioce) legati alla caviglia con lacci di cuoio, rimandano a tempi lontani, vissuti con dignità nella povertà e nell’essenzialità. L’evento della Natività fu annunciato per primo alle persone più umili, ai pastori; per questo la tradizione abruzzese e delle terre della transumanza nel presepe inserisce immancabilmente gli zampognari. Per molti studiosi la zampogna è uno strumento tipico del Molise e poi diffusosi sull’Appennino. Nella realtà l’origine della zampogna è molto vaga, perché poche sono le notizie e ancora meno gli strumenti antichi conservati, quali al S. Cecilia di Roma, a Monaco in Germania, a Pittsburgh negli Usa e in Belgio. La zampogna che è costituita dall’ancia, dal fusto e dalla campana che amplifica il suono, in genere si riconosce tipo logicamente proprio da quest’ultimo elemento. La zampogna ha tutte le canne o bordoni che guardano in basso. Le canne sono tre più una divenuta muta: due sono digitate, rispettivamente, con la mano sinistra e la mano destra, mentre la terza suona libera. Le cornamuse, usate anticamente anche in Abruzzo (costruite a Piva di Mareto di Avezzano), invece hanno una canna che guarda in basso, digitata con entrambe le mani, e tre canne che guardano in alto e suonano liberi. Le zampogne italiane, secondo gli studi più recenti, sono di tre tipologie: quelle dette “Campagnole” con la campana aperta; quella detta “Avezzanese” ma fabbricata a Casellafiume (AQ); quella teramana o cerquetana detta”Zoppa”.

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Quest’ultima è stata classificata grazie a quella antica trovata da don Nicola Iobbi presso uno zampognaro di Cerqueto, per il museo etnografico, e lo studio condotto, documenti alla mano, da Maurizio Anselmi. Tale zampogna è detta zoppa perché è priva della chiave (elemento metallico) utile a chiudere un foro così distante che con il mignolo non si potrebbe. La “Zoppa” ha un suono più arcaico sia per come è costruita, sia per la diversa estensione musicale. Essa si costruiva, almeno a Pretara, Villa Piano, Casale S. Nicola e Forca di Valle, paesi dove ancora esistono costruttori e figli di costruttori. Per alcuni studiosi e Vito Giovannelli in primis, la zampogna in Abruzzo nasce zoppa e ad Avezzano si evolve con la chiave. In origine, infatti, la zampogna è fatta con le sole canne con un’ancia semplice e priva di campana. Le zampogne evolute invece hanno il bordone conico e l’ancia doppia. La zampogna zoppa cerquetana, unica in Europa ha: la campana aperta; il ceppo (dove si attaccano le canne) cilindrico e non a tronco di cono; le canne cilindriche a pezzo unico; le decorazioni non solo sulla campana ma anche sulle canne a profilo continuo. L’origine della zampogna cerquetana è sicuramente “lu frecavente” (il frega vento), simile al flauto di pan (a 4 o 5 canne) citato anche da Gabriele d’Annunzio.

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