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Egitto, la nuova Primavera contro il faraone

Esteri

Egitto, la nuova Primavera contro il faraone

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Umberto DE GIOVANNANGELI

Era stata il cuore della “Primavera” che spazzò via il regime trentennale di Hosni Mubarak. Un modello per tutti i popoli che nel Sud del Mediterraneo rivendicavano libertà, diritti, democrazia, giustizia sociale. Semplicemente “Piazza Tahir”. U- na Piazza che ha vissuto brutali repressioni, che era stata data per morta, svuotata di migliaia di giovani che erano andati a riempire le patrie galere nella sistematica repressione portata avanti dal “faraone” d’Egitto: il generale-presidente Abdel Fattah al-Sisi. E presto per dire che siamo agli inizi di una seconda “Primavera” egiziana ma una cosa è certa: Piazza Tahir vive. E torna a riempirsi di giovani, tante le

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ragazze, che non hanno smesso di sognare, e di battersi, per quei principi universali che il regime non è riuscito a spazzare via. E il regime risponde con il solo “linguaggio” che conosce: quello della forza. La protesta da Piazza Tahir si è estesa ad Alessandria, Damietta, El-Mahalla El-Kubra e in altre località del paese. Alla vigilia delle ulteriori proteste annunciate per venerdì 27 settembre, Amnesty International ha chiesto ai capo di stato presenti all'Assemblea generale delle Nazioni Unite di condannare la repressione in corso in Egitto e chiedere al presidente al- Sisi di fermarla. Amnesty International ha documentato arresti di manifestanti, giornalisti, avvocati per i diritti umani, attivisti ed esponenti politici nel tentativo di impedire le proteste. La Bbc e Alhurra sono stati aggiunti alla lista dei 513 siti Internet già bloccati mentre le comunicazioni tramite app di messaggistica, come Wire, sono state interrotte e altre come WhatsApp Signal hanno funzionato solo a tratti. "Il mondo non può rimanere in silenzio mentre il presidente al-Sisi calpesta i diritti degli egiziani alla protesta pacifica e alla libertà di espressione. Invece di inasprire la repressione, le autorità del Cairo devono rilasciare immediatamente tutte le persone arrestate per aver esercitato pacificamente i loro diritti alla libertà di espressione e di manifestazione pacifica e consentire lo svolgimento delle proteste in programma venerdì", ha dichiarato Najia Bounaim, direttrice delle campagne sull'Africa del Nord di Amnesty International.

Amnesty International ha documentato almeno 59 arresti in cinque città nella notte tra il 20 e il 21 settembre. Le organizzazioni locali per i diritti umani parlano di centinaia di arre-

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sti dall'inizio delle proteste, mentre il Centro egiziano per i diritti economici e sociali ha riferito di 964 arresti tra il 19 e il 24 settembre. Tutte le persone arrestate rischiano di essere incriminate per reati connessi al "terrorismo". Ai giornalisti che lo hanno intervistato a New York, il presidente al-Sisi ha risposto che le proteste sono istigate dall' "Islam politico". Secondo Amnesty International, invece, alle manifestazioni hanno preso parte persone di età, condizione socio-economica, genere e orientamento religioso diversi e anche persone prive di un profilo politico. La risposta delle autorità alle proteste, mai viste da anni in piazza Tahrir al Cairo così come ad Alessandria, Dumyat, Mahalla e Suez in cui venivano intonati slogan contro il presidente al-Sisi, la corruzione e gli arresti, è stata brutale. Amnesty International ha verificato tre video che mostrano agenti di polizia picchiare manifestanti, sparare pallini da caccia ed esplodere gas lacrimogeni per disperdere proteste pacifiche. In quelle immagini, Amnesty International ha notato la presenza di blindati della francese MIDS, già usati per reprimere precedenti proteste, e dell'italiana IVECO. Centinaia di arrestati sono stati inizialmente trattenuti senza avere contatti con avvocati o familiari. Sebbene alcuni siano stati rilasciati, almeno 274 sono stati portati di fronte alla Procura suprema per la sicurezza dello stato (SSSP) e almeno altri 146 di fronte alle procure locali del Cairo. Secondo gli avvocati, le persone arrestate sono indagate per "collaborazione con un gruppo terroristico nel raggiungimento dei suoi obiettivi", "diffusione di notizie false", "partecipazione a proteste non autorizzate" e "utilizzo dei social media per diffondere informazioni riguardanti un gruppo terrorista", definizione quest'ultima riferita alla Fratellanza musulmana. Per tutti gli arrestati sono stati disposti 15 giorni di carcere, rinnovabili. Le forze di sicurezza se la sono presa anche con avvocati, giornalisti, attivisti ed esponenti politici. Amnesty International ha documentato l'arresto di cinque giornalisti, tra cui Sayed Abdellah, che stava tra-

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smettendo tramite Facebook notizie sulle proteste a Suez, e Mohammed Ibrahim, il fondatore del noto blog "Ossigeno Egitto", che a sua volta aveva diffuso video sulle proteste. La nota attivista e avvocata per i diritti umani Mahienour el-Masry è stata prelevata alle 19 del 22 settembre da uomini in borghese e fatta salire su un furgone all'uscita della sede della SSSP dove si era recata per assumere la difesa di un collega. Anche nel suo caso è stata disposta la detenzione, per le infondate accuse di "collaborazione con un gruppo terroristico nel raggiungimento dei suoi obiettivi" e "diffusione di notizie false", per fatti riferiti a precedenti proteste del marzo 2019. Il dirigente sindacale Rashad Mohammed Kamal è stato arrestato a Suez e sette tra dirigenti di partito e avvocati sono stati arrestati in altre parti dell'Egitto nelle prime ore del 24 settembre.

Dopo il blocco del sito della Bbc per aver coperto in modo "non accurato" le manifestazioni, i corrispondenti della stampa internazionale sono stati ammoniti a "rispettare gli standard professionali riconosciuti a livello internazionale nella loro copertura delle notizie e degli affari egiziani". “Da quando il presidente al-Sisi ha6

preso il potere, la situazione d“Le autorità egiziane dovrebbero proteggere il diritto a protestare pacificamente nel rispetto degli obblighi dell'Egitto assunti in base al diritto internazionale dei diritti umani", ha sottolineato Human Rights Watch in una nota in riferimento alle proteste contro il presidente al-Sisi, aggiungendo che le autorità dovrebbero rilasciare immediatamente tutti gli arrestati per il fatto di aver e- sercitato esclusivamente i loro diritti. Il vice direttore di Hrw per il Medio Oriente e il Nord Africa, Michael Page, afferma che "le agenzie di sicurezza del presidente al-Sisi hanno di nuovo usato una forza brutale per sedare le proteste pacifiche", aggiungendo che "le autorità devono riconoscere che il mondo sta guardando e devono compiere i passi necessari per evitare che si ripetano le atrocità del passato". ''Sisi vai via'' e ''La gente vuole deporre il regime'' sono alcuni degli slogan intonati dai manifestanti. Sotto la presidenza al-Sisi e col pretesto di combattere il terrorismo, migliaia di persone sono state arrestate arbitrariamente - centinaia delle quali per aver espresso critiche o manifestato pacificamente - ed è proseguita l'impunità per le amplissime violazioni dei diritti umani quali i maltrattamenti e le torture, le sparizioni forzate di massa, le esecuzioni extragiudiziali e l'uso eccessivo della forza. Nel dicembre 2018 sono stati annunciati emendamenti alla legge ma non è chiaro se questi avranno a che fare con questioni legate ai diritti umani. Dal 2014 almeno 31 rappresentanti di Ong sono stati colpiti da divieti di viaggio e le autorità hanno congelato i beni patrimoniali di 10 persone e di sette Ong nell'ambito di un'inchiesta sui finanziamenti provenienti dall'estero. Nel 2018 sono state approvate la legge sui mezzi d’informazione e quella sui crimini informatici, che hanno esteso ulteriormente i poteri di censura sulla stampa cartacea e online e sulle emittenti radio-televisive. Secondo l'Associazione per la libertà di pensiero e di espressione, dal maggio 2017 le autorità egiziane hanno bloccato almeno 718 siti web, tra cui portali informativi e di organizzazioni per i diritti umani. Una serie di e-

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mendamenti controfirmati dal presidente al-Sisi nel 2017 hanno poi conferito alle autorità il potere di eseguire arresti di massa, hanno prolungato all'infinito i tempi della detenzione preventiva e hanno pregiudicato il diritto a un processo equo. Dal 2013 migliaia di persone sono state trattenute in detenzione. preventiva per lunghi periodi di tempo, a volte anche per cinque anni, spesso in condizioni inumane e crudeli, senza cure mediche adeguate e con scarso accesso alle visite familiari. In alcuni casi, la polizia ha trattenuto per mesi persone di cui i tribunali avevano ordinato il rilascio. Durante una fase particolarmente acuta della repressione, tra dicembre 2017 e gennaio 2019, almeno 156 persone sono state arrestate per aver criticato in modo pacifico le autorità, aver preso parte a riunioni o aver partecipato a manifestazioni. Più di recente, nel maggio e nel giugno 2019, sono stati arrestati almeno 10 oppositori pacifici, tra cui un ex parlamentare, leader dell'opposizione, giornalisti e attivisti. Le autorità hanno anche approvato leggi che rafforzano le limitazioni ai sindacati indipendenti e l'impunità per le alte cariche delle forze armate per reati commessi dal 2013 al 2016, un periodo nel quale centinaia di manifestanti sono stati vittime di uccisioni illegali da parte delle forze di sicurezza. Gli e- mendamenti costituzionali adottati nel 2019 hanno indebolito il primato della legge, compromesso l'indipendenza del potere giudiziario, aumentato i processi in corte marziale per i civili, eroso ulteriormente le garanzie di un processo equo e cristallizzato l'impunità per i membri delle forze armate. Una inchiesta della BBC, The shadow over Egypt. si occupa delle sparizioni forzate ma anche dei casi di tortura sistematici e degli imprigionamenti avvenuti in Egitto negli ultimi anni, citando i casi di Giulio Regeni e di alcuni giovani attivisti egiziani. L’articolo multimediale cita l’Egyptian commission for rights and freedoms denunciando “almeno 1.500 sparizioni forzate” negli ultimi quattro anni. Il coordinatore della campagna contro le sparizioni forzate Mohamed Lotfy spiega anche che le sparizioni sono ad-

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dirittura diventate una firma del regime di al- Sisi”. Spregio dei diritti umani, corruzione dilagante. E non solo. La già pesante situazione economica e sociale del Paese è stata, infatti, ulteriormente aggravata dalle dure e inefficaci riforme economiche che colpiscono gran parte degli egiziani, dalle fasce medio-alte a quelle più basse: la disoccupazione schizzata al 24.7%, un tasso di povertà salito al 25%, i prezzi dei principali beni, inclusi i medicinali, raddoppiati, la sterlina egiziana precipitata nei confronti del dollaro e gli stipendi rimasti invariati, aumenti tra il 30,5 e il 46,8% del costo dei carburanti, con la decisione del governo di tagliare i sussidi pubblici alla benzina .Secondo i dati del ministero dell’Approvvigionamento, 70 milioni di egiziani su 92 acquistano il cibo attraverso 20 milioni di tessere alimentari che danno accesso al mercato sovvenzionato. Per gli alimenti il deficit è vicino al 50% di quanto consumato. Secondo l’Ente statistico nazionale Capmas la produzione di grano è cresciuta del 5,6% per cento nell’ultimo anno, ma il livello di autosufficienza è appena al 49 %. Nel 2018 la popolazione egiziana ha raggiunto la cifra record di 96 milioni. In soli 7 anni sono nati undici milioni di egiziani. Un “baby boom” che ha reso ancora più esplosiva la situazione sociale. Tanto più di fronte ad un radicato sistema di corruzione che ha resistito alla caduta del regime di Hosni Mubarak e che, nonostante le solenni promesse ripetute anche in campagna elettorale, al-Sisi non è riuscito, o non ha voluto, intaccare. Negli anni di turbolenze che seguirono la caduta di Mubarak, molti giovani che chiedevano libertà abbandonarono questa richiesta a favore della stabilità economica e della sicurezza. La gente “era arrabbiata, ma ha optato per la calma”, spiega Sami, che hai tempi di Piazza Tahrir aveva vent’anni e di quella stagione fu tra i protagonisti. “Ora – dice - il risultato è zero: economicamente, tutti sono sotto pressione, non importa il tuo livello di reddito, tutti i tuoi risparmi e il reddito sono stati tagliati a metà... Socialmente sei frustrato: ti senti incapace di muoverti o di parlare facilmente, tan-

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ta paranoia, troppa sicurezza isterica, al punto che il Paese è tornato a essere gestito da una singola entità”.

Sono in tanti a pensarla come Sami.

E molti di loro sono tornati a riempire Piazza Tahrir, tornata ad essere “Piazza della Libertà”.

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