2 minute read
Siamo tutte in “Rosa”
Cinema
Siamo tutte in “Rosa”
Advertisement
Antonella BUCCINI
18
E’ un film coraggioso “Rosa” e lo è anche Lunetta Savino, la protagonista. La storia muove da un lutto, il più doloroso per una madre, la perdita di una figlia. Non è un tema originale in sé, in tanti hanno trattato con più o meno delicatezza l’argomento. In questo caso, la regista, Katja Colja, assume una prospettiva nuova, proponendo soluzioni salvifiche apparentemente improbabili. In una Trieste bellissima e struggente sopravvive questa famiglia, il padre sloveno Igor, la madre Rosa, insieme da quarant’anni e l’altra figlia, prossima alle nozze, l’unica, quindi, a scommettere sul futuro. I genitori sembrano voler concludere faticosamente la loro unione impietriti dal dolore che ognuno attraversa a suo modo. Nella disperata e inconsapevole ricerca di un senso, Rosa si aggira incerta nella vecchia casa, tra le cose della ragazza come a ritrovarla o a riconoscerla. E così si imbatte inaspettatamente in un sex toy . Sarà come un filo di Arianna che le consentirà di avere accesso a una rinnovata percezione della vita. Il corpo diventa luogo di rinascita, dunque, ed è quello di una donna non più giovane che, per il comune sentire, non ha sesso né sensi, va sottinteso, sempre, e ha legittimità di esistenza nella malattia o nell’accudimento altrui. Questo film sovverte il paradigma. L’aspetto fisico, quindi, non è funzionale alla consueta marginalizzazione. Il corpo di Rosa ha evidenza nel dolore che segna il volto e scolpisce una malinconia irrimediabile, ma anche, e questo è il verso rivoluzionario, nella riscoperta dei sensi, tutti: la gioia dell’adesione dei piedi nudi al terriccio o il piacere erotico. Un dolore così devastante assume un significato esistenziale sopportabile attraverso la riappropriazione del proprio sentire fisico, contratto nello spasimo di una ferita insostenibile, e della riconquista di una possibile forma di serenità. E’ un film coraggioso, dunque, perché si incarica di coniugare sentimenti e sensibilità ritenuti incompatibili, ma non solo. Lancia uno sguardo aperto e vitale su un19
tempo femminile che non ha cittadinanza. Lunetta Savino è coraggiosa perché non si sottrae e, con una recitazione misurata e insieme intensa, lascia che la macchina da presa scruti impietosa il dolore di un volto segnato ma anche la sua rinascita Mi sento di aggiungere che ancora oggi i modelli di sdoganamento del corpo invecchiato delle donne passano attraverso la consueta funzione ornamentale e complementare e/o l’assimilazione a stereotipi maschili. Tutti rimandi a un’appartenenza sbilenca alla gioventù. Le donne continuano ad abdicare a un’identità altra dall’uomo e dall’atavica figura femminile. “Né sante né puttane”, affermavamo un tempo. E quindi? Sembra assente la vera diversità della forma del femminile all’esito dell’unico vero rinnovamento degli ultimi settant’anni, quello prodotto dalle donne. Il lungometraggio di questa giovane regista suggerisce un’altra visione provando a disinnescare una serie di tabù contigui alla maternità, al dolore, al corpo che invecchia, alla sessualità. Proiettato nell’ambito del Napoli film festival ci auguriamo che possa avere la distribuzione e la visibilità che merita.
20