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Laudato si’ se pianti un albero

Politica e Religione

Laudato si’ se pianti un albero

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Giovan Giuseppe MENNELLA

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Un famoso libro di Jean Giono, “L’uomo che piantava gli alberi”, rischia di essere superato per grandiosità di visione dall’appello lanciato in Italia che invita a piantare 60 milioni di alberi. Per capire di che si tratta e da dove proviene quest’ottima idea, occorre fare due passi indietro. Uno al 2011 e l’altro al 2015. Nel 2011 l’Unione Internazionale per la conservazione della natura e il Governo tedesco lanciarono con il Bonn Challenge, la sfida di un progetto per riforestare 150 milioni di ettari di terreno privo di alberi entro il 2020 e 350 milioni di ettari entro il 2030. Il progetto prevedeva, in base alla filosofia del restauro del paesaggio forestale (FLR), di salvaguardare l’integrità ecologica e nello stesso tempo migliorare la qualità della vita degli esseri umani anche da un punto di vista economico. Il progetto fu adottato ed esteso dalla dichiarazione di New York sulle foreste, nell’ambito del summit sul clima dell’ONU del 2014, cui hanno aderito molte altre Nazioni in Africa e in America Latina, con un partenariato globale per il restauro di foreste e paesaggi. Nel 2015, a maggio, è stata pubblicata l’Enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” che ha tracciato un quadro dei mali di cui soffre la Terra, tra cui il deterioramento della natura e della qualità della vita di gran parte dell’umanità. Il Papa ha auspicato di fare fronte comune contro l’inquinamento, i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità, l’eccessivo spreco e la scarsità dell’acqua. Ha invitato a non credere che ogni acquisto di potenza sia sempre progresso. In conclusione, come linee operative concrete, ha proposto di adottare il dialogo sull’ambiente nelle politiche internazionali, nazionali e locali, la trasparenza nei processi decisionali, il dialogo tra la politica e l’economia e tra la religione e le scienze per la salvaguardia dell’ambiente e la pienezza e dignità della vita umana. Nel solco dell’Enciclica papale, in Italia è sorta la Comunità “Laudato si’”, con il22

compito di sostenere con iniziative concrete la parola del Pontefice. E così, il 12 settembre scorso, nell’ambito e per iniziativa della Comunità, Stefano Mancuso, neurobiologo delle piante e direttore del LINV (Laboratorio Internazionale della Neurobiologia Vegetale), Carlo Petrini, direttore di Slow Food Italia e Carlo Pompili, vescovo di Rieti, hanno lanciato l’appello per “Un albero in più” in cui hanno proposto di piantare 60 milioni di alberi, uno per ogni cittadino italiano, per contrastare la crisi climatica. L’iniziativa è rivolta anche contro la cementificazione del nostro territorio ed è diretta a ogni cittadino di buona volontà, a ogni organizzazione di qualunque natura ed orientamento, a ogni azienda pubblica o privata, alla rete di Comuni, Regioni e al Governo nazionale. La prima idea dell’appello a piantare alberi era nata nel 2016 quando il Presidente di Slow Food Carlo Petrini era andato ad Amatrice a parlare con i terremotati dell’evento sismico del 24 agosto e si era incontrato anche con il vescovo di Rieti Carlo Pompili, nell’ambito di uno dei raduni dedicati all’ambiente e all’economia solidale in quel territorio ferito. I due avevano riflettuto sul fatto il terremoto aveva imposto il tema del rapporto tra l’uomo e l’ambiente e aveva messo tutti di fronte alle ragioni espresse nella “Laudato si’” di Papa Francesco.

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Avevano pensato di trasformare in azione concreta il pensiero del Papa, con iniziative dal basso. Quella prima idea aveva suscitato l’interesse di molti intellettuali, tra cui lo scienziato delle piante Stefano Mancuso. Lo stesso Mancuso, Petrini e Pompili pensano che la riforestazione non inciderebbe sugli stili di vita e avrebbe costi irrisori rispetto ad altre iniziative. Soprattutto, sarebbe funzionale alla lotta al cambiamento climatico. Si dovrebbe coprire ogni zona d’Italia, soprattutto le città, e gli spazi interstiziali tra le opere pubbliche già realizzate, come i raccordi autostradali non più utilizzabili per i lavori agricoli, i cortili delle scuole, gli scali ferroviari in disuso e ogni altra area possibile. Nelle città le piante ridurrebbero l’isola di calore durante le ondate torride estive, favorirebbero la biodiversità, mitigherebbero le alluvioni urbane, migliorerebbero la qualità della vita. Gli alberi sarebbero la scelta ottimale contro la diffusione dell’anidride carbonica nell’atmosfera, combatterebbero l’effetto serra e l’aumento progressivo della temperatura. Secondo la FAO, per ridurre di un grado e mezzo il riscaldamento globale entro il 2050 servirebbero un miliardo di ettari in più di foreste, una cifra effettivamente grande, considerato che sul pianeta ci sono 5,5 miliardi di ettari di verde. Si dovrebbe cominciare a farlo subito, per combattere con mezzi naturali la desertificazione, lo scioglimento delle calotte polari e dei ghiacciai, l’aumento della siccità e gli incendi. Purtroppo però le ultime notizie degli incendi in Amazzonia e le decisioni scellerate che minaccia di prendere il Presidente brasiliano Bolzonaro non promettono niente di buono. La proposta “Un albero in più” di “Laudato si’” ovviamente deve essere valutata e sviluppata con cognizione di causa e sapienza tecnica. Per questo undici importanti riferimenti del settore forestale e ambientale, tra cui Legambiente, Uncem, WWF, FSC, l’hanno accolta e rilanciata facendo presente che dovrebbero essere usati spa-

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zi e luoghi idonei, materiale vivaistico controllato, per evitare organismi infestanti, e risorse economiche sufficienti per le cure agli alberi. Enzo Bianco, Presidente del Consiglio dell’ANCI, associazione che raggruppa 7mila Comuni italiani, ha aderito all’iniziativa dicendo che sarebbe bello se il primo albero fosse piantato a Cerignale, in provincia di Piacenza, borgo guidato da Massimo Castelli Presidente dell’Associazione Piccoli Comuni, simbolo di un’Italia piccola ma bellissima, indebolita dallo spopolamento. Secondo Castelli si potrebbe unire il concetto degli alberi in più con quello degli abitanti in più per il ritorno nelle zone ora spopolate. Nell’iniziativa, oltre ai piccoli comuni, sono presenti anche quelli che fanno capo all’associazione Borghi autentici d’Italia. Nella città di Milano Stefano Boeri, architetto urbanista ed ex assessore alla Cultura del Comune, sta già lavorando, in contatto col Sindaco Sala ed il Politecnico, ad un piano di riforestazione urbana per piantare in tutta la città metropolitana tre milioni di alberi entro il 2030, con l’obiettivo di iniziare subito con almeno centomila esemplari e tre progetti pilota. La parola d’ordine anche qui è “un fusto per ogni abitante”. Boeri sostiene che occorre partire con la riforestazione proprio dalle aree metropolitane, che sono quattordici in Italia. Appunto con un fusto per ogni abitante delle aree metropolitane se ne potrebbero piantare 22 milioni nei prossimi 10 anni. Aggiungendo gli altri centri con più di 15mila residenti se ne pianterebbero ulteriori 18 milioni. Si arriverebbe così a 40 milioni, un buon punto di partenza. E’ anche attivo un gruppo di ricerca comprendente la FAO e la SISEF Società italiana di selvicoltura ed ecologia forestale che prevede di connettere le città alla dorsale appenninica e al sistema alpino attraverso corridoi verdi. Non sarebbe male che molte città italiane aderissero a queste iniziative, specialmente al Sud.

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La situazione del verde delle aree urbane è determinante perché ci vive la maggior parte della popolazione e da sole producono il 75% dell’anidride carbonica globale, con le foreste che possono assorbire il 40% dell’anidride carbonica globalmente emessa. Anche il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nei suoi discorsi al Parlamento italiano e all’ONU, ha parlato di svolta ambientalista e sviluppo sostenibile, facendo la scelta di individuare nei temi ambientali il punto di congiunzione tra i due partiti che attualmente sostengono il governo. La politica può fare molto, guidando le scelte industriali e sostenendo con leggi specifiche i necessari cambiamenti nello stile di vita dei cittadini. Non si possono non guardare con simpatia le manifestazioni dei giovani dei Friday for future con la giovanissima Greta Thumberg alla testa, che, non a caso, è risultata essere una lontana discendente dello scienziato svedese Svante Arrhenius, Premio Nobel per la chimica nel 1903, che per primo aveva riflettuto sul problema del

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riscaldamento dell’atmosfera ed oggi è molto citato ed apprezzato dal meteorologo e scienziato divulgatore ambientalista Luca Mercalli. Anche l’Italia è ben rappresentata tra i giovani che protestano, ce ne sono moltissimi nelle piazze, con alla testa la giovane Federica Gasbarro che è stata invitata a partecipare all’ONU, sola rappresentante italiana, alla discussione tenutasi nei giorni scorsi sull’ambiente. In definitiva, come sostiene da tempo l’antropologo culturale Adriano Favole, oggi la contrapposizione politica e ideologica nel mondo va verso due posizioni: una che difende con muri di tutti i tipi le zone di confort economico dei paesi già sviluppati e un’altra, fatta di tanti “uomini e donne che piantano gli alberi” che vuole cambiare il modello di sviluppo economico per ottenere una vera giustizia globale, visto che la Terra ha dato chiarissimi segni che non regge più a questo tipo di economia. La domanda, ancora senza risposta, è se la politica globale riuscirà a cambiare in tempo indirizzi politici ed economici. Certo non sarà facile neanche per il progetto della Comunità “Laudato Si’” raggiungere gli obiettivi, ma è comunque un’ottima idea e vale la pena provarci.

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