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Zingaretti chiama, Grillo risponde
Politica
Zingaretti chiama, Grillo risponde
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Aldo AVALLONE
Sulle pagine dei giornaloni nazionali non si fa altro che evidenziare che “un governo non può nascere esclusivamente per fermare qualcuno”. Affermazione ovvia quanto riduttiva. Credo che ciò che faccia la differenza stia tutto in quell’avverbio, quell’esclusivamente, che segna la linea di confine di una partenza e non di un arrivo. Secondo me, un governo può nascere per contrastare un’emergenza nazionale, è già successo in passato, con dubbi risultati con il governo Monti, ed è accaduto anche in diversi altri Paesi europei dove l’esigenza di governabilità ha costretto forze che in campagna elettorale si erano combattute a trovare poi comunque un accordo. Come ad esempio in Germania con la Grosse Koalition. Il Conte bis è nato da un’emergenza altrettanto impellente: quella di fermare l’ascesa al potere di
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una destra illiberale e fascista che avrebbe condotto la nazione fuori dall’Europa, portandola sotto l’influenza della Russia di Putin. Si può storcere la bocca e turarsi il naso di fronte a un accordo oggi “anomalo” tra sinistra riformista e Movimento 5 Stelle ma non si può negare l’evidente risultato ottenuto. Partendo da questa premessa, assolutamente non secondaria, va ora individuato l’orizzonte entro cui, nei prossimi mesi, il nuovo esecutivo potrà e dovrà agire per provare a dare una svolta positiva al Paese. Un primo punto essenziale è l’aver ritrovato un ruolo in Europa. Importanti passi diplomatici sono stati mossi sulla via della messa in discussione degli accordi di Dublino sull’immigrazione. Niente di decisivo ma l’approccio possibilista di alcuni Paesi europei a farsi carico di quote di migranti giunti in Italia a- pre uno spiraglio per la risoluzione di un problema che l’ex ministro dell’Interno Salvini aveva tutto l’interesse propagandistico a non risolvere affatto. Anche la disponibilità da parte dell’Europa a concedere lo sforamento da parte dell’Italia del vincolo sul rapporto deficit – pil è stata resa possibile dall’ingresso nel governo di forze dall’indubbia fede europeista quali il Partito Democratico, Leu e Italia Viva. Inoltre, non è da sottovalutare come nel Paese sia mutato il clima di odio e d’intolleranza che la Lega aveva instaurato. L’Italia non è certo diventata nel giro di poche settimane il paradiso terrestre ma si respira un’atmosfera certamente più tollerante. Si ricomincia, sia pure timidamente, a parlare di diritti, di salute pubblica, d’investimenti sulla scuola e l’istruzione. Ecco, il nodo su cui si “parrà la nobilitate” del nuovo governo sarà proprio la capacità di intervenire su questi temi anche in condizioni di scarsa disponibilità economica. La manovra 2020 dovrà necessariamente tenere conto del congelamento dell’aumento dell’IVA previsto dalle clausole di salvaguardia adottate dai passati governi. Benché, a mio avviso, si sarebbe potuto discutere di un aumento dell’IVA su alcuni beni di lusso quali auto di grossa cilindrata, barche, gioielli, eccetera, l’indirizzo dell’esecutivo va nel senso
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di bloccare l’aumento in maniera generalizzata. Provvedimento necessario a non deprimere i consumi. Per questo dovranno essere impegnati circa ventitré miliardi. La restante disponibilità servirà a tagliare il cuneo fiscale ai lavoratori e alle imprese mentre due miliardi serviranno a incrementare il fondo sanitario nazionale. Assolutamente condivisibile la proposta del ministro della Salute Speranza dell’abolizione del superticket e l’adozione di una gradualità della compartecipazione sulle prestazioni sanitarie, la cui entità verrebbe legata al reddito. Ancora poco, certo. Ma si nota un cambio d’indirizzo rispetto al governo precedente la cui priorità era la flat tax al 15 per cento con conseguente riduzione del gettito fiscale e ovvia conseguente riduzione dei servizi ai cittadini. Anche una rinnovata apertura alle parti sociali nel discutere i provvedimenti da adottare contribuisce a stemperare le tensioni e a promuovere un clima positivo nei rapporti tra politica, imprese e lavoratori. Che cosa accadrà nei prossimi mesi oggi nessuno lo può prevedere. Un sondaggio Ixè del 9 ottobre scorso rivela che la destra non è maggioritaria nel Paese. Movimento 5 Stelle, Pd, Leu, Italia Viva e Più Europa superano il 51 per cento delle preferenze. E anche in Umbria, il candidato comune delle sinistre e del M5S, Bianconi, ha superato, sia pure di pochi decimali, il candidato delle destre che era dato in vantaggio fino a pochi giorni addietro. Un dato confortante che, se confermato nelle urne, rafforzerebbe non di poco il governo nazionale. Il segretario del Partito Democratico, Zingaretti, proprio qualche giorno fa ha lanciato la proposta di trasformare l’attuale accordo con il Movimento 5 Stelle in un’alleanza stabile in grado di contrastare elettoralmente la destra. A dire il vero le risposte non sono state incoraggianti, sia all’interno del partito sia da parte di Di Maio, ma appare evidente che si tratti posizionamenti tattici. Soprattutto tra i 5 Stelle dove Di Maio, dopo la fine della collaborazione con Salvini, sta vivendo una forte crisi di leadership.
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La risposta a Zingaretti è giunta direttamente da Beppe Grillo che a Napoli, tra un diluvio di applausi di iscritti e simpatizzanti, alla festa per i dieci anni del Movimento, ha dichiarato che il governo è l’unica strada per ottenere risultati e il Pd non è un mostro (almeno non più della Lega).
E se lo dice lui, non c’è dubbio che il Movimento lo seguirà senza remore.
Che Luigino Di Maio approvi o meno.
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