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Jeremy Rifkin. Un Green New Deal globale

Ambiente

Jeremy Rifkin. Un Green NewDeal globale

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Giovan Giuseppe MENNELLA

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In questi giorni Jeremy Rifkin è in giro per l’Italia per presentare il suo nuovo libro “Un Green New Deal globale”, in cui affronta con la solita passionalità visionaria i problemi di un mondo che deve cambiare totalmente, approfittando della ennesima rivoluzione industriale appena cominciata, per salvare il Pianeta dall’estinzione di massa che sarebbe alle porte. Vediamo per sommi capi quali sono le tesi e le proposte contenute nel libro. Rifkin parte dal concetto che è prossima a scoppiare la più grande bolla economica della storia, quella dell’economia delle energie fossili. Il presupposto è che da quest’anno, 2019, le energie eolica e solare sono diventate competitive sul mercato e andranno sempre più a scalzare la presenza dell’energia ricavata dai fossili, petrolio in primis. Questo significa che le imprese che hanno fatto investimenti per centomila miliardi di dollari nelle energie fossili andranno incontro al fallimento se non li diversificheranno in tempo sulle energie rinnovabili. Secondo Rifkin, si è già verificato un massiccio disinvestimento di risorse economiche dalle filiere dei combustibili fossili, nell’ordine di almeno diecimila miliardi di dollari. Il problema che occorrerà affrontare seriamente è il modo di impiegare proficuamente le risorse economiche che si renderanno così disponibili per dare una concreta ed efficace sterzata verso un’economia che dovrà essere orientata sulle energie rinnovabili. Le iniziative in questo senso che stanno prendendo alcune istituzioni pubbliche non sembrano ancora molto efficaci e Rifkin porta l’esempio dell’accordo di Parigi in cui novemila città del mondo hanno presentato delle proposte per la nuova economia verde: si tratta, in effetti, solo di progetti pilota puramente teorici non ancora efficacemente sperimentati e, soprattutto, finanziati, come centraline per auto elettriche, palazzi autoalimentati etc. La vaghezza di questi progetti sarebbe data dall’assenza di proposte concrete su come fare ad attrarre gli10

enormi capitali che occorrerebbero e che pure si stanno rendendo teoricamente disponibili per i disinvestimenti dall’economia fossile e che aumenteranno a dismisura nel medio termine. Che il cambio di economia, da una con energia fossile a una con energia verde, non sia più rinviabile è confermato da una indagine del Gruppo per lo studio dei cambiamenti climatici dell’ONU che ha fatto presente che, per colpa delle emissioni fossili, siamo sull’orlo della sesta estinzione di massa della storia del mondo. Dopo ogni estinzione sono stati necessari dieci milioni di anni per riprodurre la vita. Già da ora c’è la quasi certezza che, se le cose continuassero allo stesso modo, tra ottanta anni andrebbero perse il 50% delle specie attualmente viventi E aggiungiamo che esisteva una probabilità su vari milioni che la vita nascesse su questo pianeta, eppure è nata. Che ci sono voluti miliardi di anni perché si sviluppasse, dai primi procarioti ed eucarioti fino all’homo sapiens. Quindi, sarebbe davvero il caso di darsi da fare per non sprecare tutti questi miracoli che hanno consentito l’esistenza degli esseri viventi, a cominciare dall’uomo che, peraltro, a sua volta è davvero solo un granello di polvere nell’immensità dell’universo, anzi degli universi, come aveva intuito fin dal ‘500 Giordano Bruno. Secondo Rifkin non c’è quasi più tempo da perdere per evitare le conseguenze catastrofiche che potranno portare all’estinzione dell’umanità. Infatti, ci vorranno dieci anni per creare le nuove infrastrutture necessarie per la riconversione all’economia verde del solare e dell’eolico. Rifkin auspica una rivolta mondiale per combattere l’estinzione delle forme di vita, come nel passato sono avvenute rivoluzioni e guerre per questioni religiose o per ottenere più diritti. Da questo punto di vista ritiene molto utile la mobilitazione dei giovani, e non solo di quelli, cui sta lavorando il movimento promosso da Greta Thunberg.

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Propone quello che definisce il metodo di “Internet delle cose”. Cioè realizzare attraverso Internet le tre cose che nella storia dell’uomo sono sempre state fondamentali per arrivare a cambiamenti totali del modo di produzione e della Società, cioè l’energia, la mobilità e la comunicazione. Dovrà essere realizzata una terza rivoluzione industriale, quella di energia, mobilità e comunicazione tutte basate su Internet, come la prima era stata basata sulla stampa, il vapore, il carbone, le ferrovie e gli Stati Nazione, la seconda sul telefono, la radio, la televisione, il petrolio e le automobili costruite a buon mercato con il metodo di Henry Ford. In pratica, l’energia verde solare ed eolica dovrebbe essere prodotta e distribuita digitalizzandola attraverso Internet, con energia prodotta dalle singole case e dagli individui e venduta agli altri in caso di surplus, condividendo l’energia tra tutti per mezzo dei computer. Serve una decisa convergenza verso la mobilità elettrica o e- lettronica utilizzando energia solare ed eolica mediante veicoli senza guidatore gestiti collettivamente. Gli edifici dovranno diventare come piccole centrali elettriche. Il tutto gestito orizzontalmente, cioè attraverso cooperative di edifici che generano energia e ricaricano auto elettriche, in modo da passare dalla globalizzazione a una gestione di energie globali effettuata del tutto localmente tra edifici e tra individui. Una sorta di glocalizzazione. Per fare tutto questo, occorrerebbe che si muovessero con tutto il peso dei poteri pubblici quelli che Rifkin definisce i tre elefanti del mondo: Stati Uniti, Unione europea e Cina. Non si potrà contare sugli Stati Uniti perché hanno imboccato, con Trump la via dell’autarchia economica e seguono tipi di politiche antiche ed arretrate, mentre Europa e Cina sono più avanti. Quindi proprio Unione europea e Cina dovrebbero prendere l’iniziativa per organizzare infrastrutture intelligenti a economia verde, coinvolgendo nei progetti quante più potenze medie e piccole possibili.

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Sulle obiezioni che sono portate contro la possibile ingerenza di controllo sui cittadini che potrebbe essere così esercitata dai governi, soprattutto dalla Cina, Rifkin risponde che da un lato il colosso asiatico non ha dato l’impressione di voler effettuare forti controlli e dall’altro occorre assolutamente fare affidamento sulle centinaia di milioni di asiatici con cui si potrebbe condividere l’energia pulita. L’importante sarebbe fare reti internet smart, staccandosi dalle reti nazionali. Un’altra possibile obiezione è rappresentata dal fatto che l’Europa potrebbe essere frenata negli investimenti dall’obbligo di non spingere il debito pubblico oltre il 3% del PIL. Rifkin risponde che è il momento per l’Unione europea di superare questo limite, anche per implementare l’economia verde e per favorire le economie di regioni europee in crisi, come l’Italia meridionale, che hanno una grandissima disponibilità di energia solare. Lo studioso della storia dell’energia Marino Nicolazzi ha fatto presente però che il cambiamento del modo di produrre energia ha un costo enorme che va tenuto presente; infatti, l’economia a energia fossile ha avuto successo perché a buon mercato, visto che non si si sono mai considerati i costi del degrado ambientale. Rifkin gli ha controbattuto affermando che attualmente tutto il settore elettrico si sta staccando dal fossile, proprio perché dal 2019 l’eolico e il solare stanno diventando più economici dell’energia fossile e, anzi, quei paesi e quelle regioni ancora aggrappati totalmente all’energia fossile, come gli USA, il Canada e il Medio Oriente, rischiano una crisi economica terribile a breve o medio termine se non riconvertono rapidamente la loro economia alle energie pulite. Per fare un esempio, la Wolkswagen ha già comunicato che è entrato in produzione quello che sarà il suo ultimo veicolo non elettrico, giacché dal 2028 non sarà più conveniente produrre veicoli non elettrici All’obiezione di Putin che ha detto che, in caso di riconversione dell’economia

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globale alle energie verdi, i Paesi in via di sviluppo non cresceranno più per i prossimi vent’anni, Rifkin risponde che secondo indagini della Banca Mondiale andranno invece in grave crisi economica proprio i Paesi produttori di energie fossili che non stanno facendo niente per modificare i loro investimenti nel campo dell’energia. Insomma, Rifkin nel suo libro e nelle discussioni che ne stanno scaturendo, si sta facendo paladino di un nuovo inizio economico-produttivo del mondo, con la solita passionalità e il solito impegno. Non è dato sapere per ora se le sue visioni siano solo utopistiche, ma davvero viene voglia di credere che non lo siano.

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