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L’arpia e l’unicorno

Donne

L’arpia e l’unicorno

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Antonella BUCCINI

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Suona strano, in questi tempi di feroce regressione, che ben tre trasmissioni televisive, pur se destinate a un pubblico di nicchia, si occupino di donne: “Valorose”, “Le ragazze” e “ Illuminate”. L’implicito riconoscimento già nel titolo non camuffa una ruffianeria spicciola, si tratta di donne comunque giovani e straordinarie. Nellie Bly, prima reporter donna della storia ha fatto il giro del mondo da sola e a sessanta anni è partita inviata di guerra; Alice Grey capì che la scoperta dei Lumiere aveva bisogno di storie e inventò il cinema diventando la prima regista e produttrice; Benedetta Murachelli negli anni ’50, ben prima delle rivendicazioni femministe, ha vissuto, fra mille difficoltà, la libertà del suo sentire. Tutti esempi, dunque, di coraggio, anticonformismo, tenacia e genialità, tutti sottratti alla storia delle donne. Già perché queste testimonianze ancora una volta evidenziano questa grande omissione in un racconto dell’umanità dove le donne non hanno un passato ma solo un’ opaca rappresentazione di mogli e madri, magari le più riconoscibili quelle dietro al grande uomo, o di accessorio ornamentale e comunque declinate sempre al presente. Chi lavora e magari ha anche fatto carriera lo ha fatto con il rischio di “perdere la femminilità”, messaggio surrettizio destinato ancora a sminuire o cancellare il valore di una donna. La storia delle donne dunque non esiste. Per ricostruirne il senso e la presenza occorre indagare ricorrendo ai miti, alle fiabe, al folclore, all’archeologia, nel tentativo di restituire loro la legittima parte e alle opere prodotte la giusta dimensione. Questa menzogna, funzionale a una visione gerarchica e oppressiva dell’umanità, è anche un furto di identità. La rimozione di artiste, scienziate, filosofe ha di fatto impedito l’assunzione e quindi l’elaborazione di modelli fondanti nello sviluppo identitario di ciascuna donna. In eguale maniera il disconoscimento di un passato di lotte e sofferenze di tutte le donne che hanno militato per l’emancipazione mutila le successive generazioni della memoria indispensabile per maturare la consapevolezza della propria condizione e della necessi-16

tà di non abbassare mai la guardia perché la discriminazione sessuale è ancora affare loro. Le giovani non devono mai pensare che la libertà e l’indipendenza di cui oggi godono in qualche misura siano appartenute con analoga semplicità alle loro madri ma non è un principio comune. Si pensi alla narrazione che passa ancora attraverso i cosiddetti giornali femminili dove ogni profilo identitario è sistemato con le diete dedicate, la cellulite da combattere o la modalità per conquistare finalmente l’uomo della vita. Le trasmissioni citate sono forse un piccolo evento popolare, un segnale comunque significativo di un altrove femminile tutto ancora da valorizzare e che semmai fosse colto dalla politica in procinto, pare, di potenziare lo studio della storia nelle scuole, si potrebbe indulgere al miracolo. Michela Murgia una delle donne celebri testimoni ne “Le ragazze”, si sofferma su una conversazione di un po’ di tempo fa dove il suo interlocutore la canzona dal momento che sperando in un mondo migliore, in regole giuste, nell’uguaglianza le chiede perché non credere anche nell’unicorno. Michela allora ha comprato un piccolo unicorno, un po’ “frocio” come dice lei con la criniera azzurra, che tiene a portata di mano. Sarebbe probabilmente di conforto per ciascuna di noi adottare un simbolo di resistenza. Per restare nel mitologico opterei per una piccola arpia rivalutandone la brutta reputazione …. ma non troppo.

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