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L’Umbria e il risultato che “rafforza” il governo
Politica
L’Umbria e il risultato che“rafforza” il governo.
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Aldo AVALLONE
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La prevedibile vittoria del centrodestra alle elezioni regionali in Umbria discende da molteplici fattori. Si può certamente fare riferimento allo scandalo sui concorsi in sanità che ha visto coinvolto il precedente presidente, Catiuscia Marini, eletta con il Partito Democratico e poi costretta alle dimissioni. Si può considerare il momento politico nazionale che vede la destra in auge nel nostro Paese come in molti altri luoghi d’Europa e del mondo. Si può anche discutere del crollo del Movimento 5 Stelle che pare aver perso del tutto lo slancio propulsivo che lo aveva portato alla vittoria nelle politiche del marzo 2018: appena un anno e mezzo fa, eppure sembra passato un secolo! Non si comprende come, al loro interno, non sia stata ancora messa finalmente in discussione la leadership disastrosa di Luigi Di Maio. Si può e si deve valutare la scelta di Renzi di tenersi fuori da questa tornata elettorale. Ma questa è una decisione che si può anche comprendere: dopo aver perso tutte le elezioni dalle famose europee del 2014 in poi, non voleva assoggettarsi a un’altra sconfitta annunciata. Chi, però, deve interrogarsi maggiormente è il Partito Democratico. Consegnare alla destra, in questo modo, una regione dove in passato si era sempre vinto, significa che in quel territorio è accaduto qualcosa di clamorosamente distruttivo. A livello nazionale i primi commenti tendono a minimizzare la sconfitta. In Umbria hanno votato circa 450mila persone. Nemmeno la metà della popolazione di una città media, qual è, ad esempio, Napoli. Non può essere un test probante. Affermazione solo in parte condivisibile perché le elezioni di domenica scorsa hanno segnato in maniera evidente il crollo di un sistema di potere che i cittadini umbri hanno sonoramente bocciato. Una bocciatura che viene da lontano, il centrodestra aveva già vinto in parecchi comuni, in primis Perugia e Terni. Gli elettori umbri si sono ribellati a un’occupazione metodica e articolata di ogni struttura di potere. Clientelismo a ogni livello, di cui lo scandalo dei concorsi in sanità è solo il dato più evidente.
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A tutto ciò si aggiunga la crisi economica che dal 2010 a oggi ha prodotto la perdita secca di otto punti percentuali di Pil e ha costretto alla chiusura quasi quattromila aziende. Negli anni precedenti il centrosinistra ha garantito una coesione sociale che pian piano è andata persa. In questo vuoto si è inserita la Lega. Se la storia insegna qualcosa, sarà molto difficile spodestare Salvini che subentrerà in tutto e per tutto al vecchio sistema di potere ormai sorpassato. La destra, naturalmente, cercherà di sfruttare questo successo anche a livello nazionale, sperando di mettere in crisi il governo, insistendo soprattutto sulle contraddizioni che si sono aperte, e cresceranno ulteriormente, nei 5 Stelle che hanno subito davvero una debacle epocale. Personalmente credo che proprio la sconfitta di dimensioni rilevanti servirà a tenere oltremodo unita la compagine governativa. Nessuno dei componenti l’attuale maggioranza ha interesse ad andare a nuove elezioni. Il Movimento 5 Stelle perché ne uscirebbe decimato, Renzi perché non ha ancora avuto il tempo di completare la sua “campagna acquisti” né di organizzare il suo partito sul territorio, il PD che spera con un’azione di governo efficace di far risalire le proprie quotazioni. Ma la percezione nell’opinione pubblica resta quella di politici il cui unico fine sia solo quello di rimanere attaccati alla poltrona. Prima o poi si tornerà a votare. Allora tutto è perduto? Razionalmente verrebbe da essere pessimisti. Ritengo che per superare l’impasse nella quale è caduta la sinistra nel nostro Paese occorra uno sforzo d’immaginazione e di volontà. Un gesto coraggioso che sparigli il gioco: superare gli attuali partiti e creare qualcosa di totalmente nuovo. Sia a livello di contenuti che di uomini. Un nuovo soggetto politico che fondi il suo esistere sui valori del socialismo e del laburismo, che torni nelle strade, nelle piazze, nelle sezioni ad a- scoltare i bisogni della gente comune e li traduca in progetto politico. Utopia? Forse. Ma noi di sinistra non siamo stati sempre accusati di essere dei sognatori? E al-
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lora proviamoci, almeno, a far sì che questo sogno si traduca in realtà.
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