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Il potere della corruzione: intervista a Isaia Sales
Politica e Corruzione
Il potere della corruzione: intervistaa Isaia Sales
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Aldo AVALLONE
Abbiamo incontrato nei giorni scorsi il Professor Isaia Sales, ordinario di Storia presso l’Università di Napoli, ex parlamentare Pds, sottosegretario nel primo governo Prodi, è uno dei massimi esperti in Italia di storia della criminalità organizzata. Autore di molte pubblicazioni si è dedicato recentemente allo studio di un fenomeno rilevante nella storia del nostro Paese: la corruzione. Ha accettato cortesemente di discutere con noi di questo tema.
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Professor Sales, nel suo ultimo libro “Storia dell’Italia corrotta” pubblicato recentemente da Rubettino, lei partendo da un’accurata analisi storica, propone una visione oltremodo pessimistica dei fenomeni corruttivi nel nostro Paese. Ma davvero l’Italia è la culla della corruzione? No, l’Italia non è la culla della corruzione. Ci sono anche altri paesi sviluppati dell’Europa occidentale che hanno un livello di corruzione alta. L’Italia non è un’eccezione nel mondo dei paesi industrializzati dal punto di vista dei fenomeni corruttivi. Ha però una particolarità: abbina alla corruzione una forte presenza di mafie. Corruzione e mafie non si abbinano in tutti i paesi ma solo in alcuni. Non in Germania, non in Francia, in questo momento in maniera più ridotta negli Stati U- niti, si abbinano invece in Giappone, dove c’è la presenza di una mafia particolare, la Yakuza, e un alto livello di corruzione. La specificità dell’Italia è questa: il corrotto non è trattato come negli altri Paesi, nel senso che continua a svolgere la sua attività. Se un politico continua a stare in politica, se è un imprenditore continua a fare l’imprenditore, se è un funzionario pubblico continua a mantenere il suo lavoro e, quindi, verso la corruzione noi non abbiamo quelle sanzioni culturali, morali e sociali che esistono in altri Paesi. Questa è la differenza, in altri Paesi se sei scoperto sei fuori dalla politica, ne hai un danno nella professione, addirittura anche nelle relazioni. Da noi un corrotto può tranquillamente fare la stessa vita di prima, la stessa attività di prima e mantenere gli stessi comportamenti di prima. Quindi ciò che differenzia l’Italia dagli altri Paesi è la compresenza di corruzione e mafia che in altri paesi non sempre si abbinano e il fatto che non ci sia una sanzione morale verso i corrotti e i corruttori quando vengono scoperti.
Lei ha accennato ai rapporti tra criminalità organizzata e corruzione, potrebbe entraremaggiormente nel merito di questi rapporti?
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Esistono paesi e zone di Italia dove la corruzione non si abbina alla mafia. Per e- sempio in tutto il periodo dell’inchiesta mani pulite non ci sono state significative presenze di mafia. In tutta la costruzione dell’autostrada del sole Napoli – Milano, non ci sono stati fenomeni di corruzione, almeno scoperti. Nel grande scandalo del Mose di Venezia c’è stata altissima corruzione ma scarsissima presenza di mafia, quindi i due fenomeni non sempre si incrociano. Ci può essere corruzione senza mafia ma non esiste mai mafia senza corruzione. Nel senso che la mafia è attirata dal sistema clientelare e dal sistema corruttivo, per cui oggi che la mafia risale il paese va soprattutto a intaccare quei luoghi, quei territori dove c’è un alto tasso di corruzione. Quindi non è la mafia che porta la corruzione, non è la mafia che incrementa la corruzione, ma la mafia arriva dove già c’è la corruzione. Quindi se per un periodo storico i due fenomeni sono stati separati, nel futuro io non credo che saranno ancora separati. Nel senso che venendo meno il ruolo di collante del sistema politico, (la mafia si basa su rapporti fiduciari, è brutto usare questa parola per fenomeni contro la legge e fuori dalla legge, ma la politica svolgeva questa funzione di collante e di garanzia per le parti in causa), oggi questo ruolo di garanzia è svolto dai mafiosi. Noi nel libro abbiamo usato la parola “mafirruzzione”, cioè un’irruzione delle mafie nel sistema corruttivo e sempre più i due sistemi si incrociano, perché entrambi sono basati sul principio che ciò che è pubblico può essere reso privato, può essere reso privato con la violenza, può essere reso privato con la tangente. Sono due sistemi che si somigliano pur essendo diversi perché puntano a privatizzare ciò che è pubblico, a rendere privato ciò che è di tutti attraverso l’uso della violenza l’uno, attraverso l’uso della tangente l’altro.
Tangentopoli ha rappresentato una sorta di spartiacque nella percezione dei fenomenicorruttivi da parte dell’opinione pubblica. E’ crollato un intero sistema poli-
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tico e ne è sorto un altro. Ma effettivamente è cambiato qualcosa? Senza dubbio negli anni immediatamente successivi a Tangentopoli qualcosa è cambiato. Sicuramente ci fu più attenzione da parte di chi praticava questo sistema di corruzione, sicuramente ebbero un colpo alcuni esponenti di partiti politici, di imprese che erano maggiormente coinvolte negli affari dei sistemi corruttivi. Dopodiché ha avuto luogo una normalizzazione, nel senso che i partiti politici, il sistema politico italiano, il sistema delle imprese non ha tratto insegnamento da ciò che è avvenuto. E’ come se ci fosse stato uno scossone e poi una fase di assestamento ma l’Italia non ha espulso dal suo modo di essere, dal suo modo di fare, dalle sue caratteristiche l’uso della corruzione come riconoscimento del potere. In fondo la corruzione che cos’è? E’ riconoscere ad altri che hanno un potere, la corruzione è pagare un potere, chi paga riconosce il potere di un altro e chi è pagato si sente importante perché gli viene riconosciuto un potere. Pertanto la corruzione è una specie di tassa sul potere mentre l’estorsione è una tassa sulla violenza. In Italia noi abbiamo tre forme di tassazione: una tassazione alla mafia che si chiama e- storsione, una tassazione allo Stato che si chiamano imposte e una tassazione alla corruzione che si chiama tangente. Da questo punto di vista l’Italia è uno dei pochi paesi che ha una tripartizione delle tasse. Ora uno Stato moderno non sarà mai tale se ha una competizione sulle tasse. Quindi l’Italia ha avuto lo scossone, è crollato un sistema politico ma quello che si è riformato non si è riformato in conformità a un insegnamento acquisito ma ha provato a mantenere gli stessi comportamenti sotto altre forme e quindi sono cambiati alcuni attori della corruzione, sono cambiati alcuni settori della corruzione ma non il principio che il potere si paga. Questo è l’elemento di più lunga durata della storia italiana. Il potere è ciò che si muove oltre la legge e il potente è chi aggira la legge e che non applica la legge. In genere il potere si dovrebbe identificare con la legge, l’Italia è uno dei pochi paesi
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dove il potere si identifica con chi salta la legge, chi va oltre la legge, da noi è potente chi è capace di fare quello che vuole, quando vuole e come vuole. E da questo punto di visto l’Italia è uno dei pochi paesi che in questa concezione del potere è rimasto al medioevo.
In riferimento alla “tassa corruzione” è possibile quantificare il costo della corruzione nel nostro Paese? Difficilissimo farlo. Perché il reato di corruzione è uno dei reati meno scoperti. Perché si basa su un principio che è contro la criminologia classica. La criminologia classica dice che in ogni reato c’è una vittima e un reo, c’è qualcuno che depreda un altro, c’è qualcuno che deruba un altro, c’è qualcuno che uccide un altro, c’è qualcuno che sottrae una cosa a un altro, quindi c’è un reo e una vittima. Nella corruzione la vittima è un beneficiario quindi non ha nessun interesse a denunciare il colpevole perché se denuncia il colpevole perde il suo affare. Per questo è difficile conoscere esattamente i costi della corruzione ma potremmo vedere i costi sociali della corruzione, che sono di due tipi: il primo è una perdita di senso dello Stato, la corruzione è l’elemento che più delegittima il senso dello Stato perché è fatta da uomini dello Stato, da uomini che rappresentano lo Stato, che calpestano le leggi dello Stato. Non c’è maggiore delegittimazione dello Stato che nella corruzione. Il secondo prezzo che paghiamo è che la corruzione fa tenere i prezzi alti delle opere pubbliche e quando i prezzi si abbassano, diminuisce la qualità dell’opera e dei materiali usati. Quando crolla un ponte perché è stato realizzato male, ci sono delle vittime ma queste vittime non vengono conteggiate. Un primo passo per comprendere il costo della corruzione in vite umane sarebbe quello di conteggiare nelle statistiche ISTAT tutti i morti per corruzione, cioè tutti i morti che sono avvenuti a seguito di fenomeni corruttivi. Perché la violenza della corruzione non è avvertita
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immediatamente. La corruzione è un crimine a violenza differita nel tempo. Se io ammazzo lo vedo immediatamente, se io corrompo l’effetto lo vedrò dopo qualche tempo perché l’opera sicuramente è fatta di materiale più scadente e non durerà gli anni che dovrebbe durare. Quindi è difficile calcolare il costo della corruzione, è comunque un costo alto sia sul piano sociale, sia sul piano politico, sia sul piano della concezione dello Stato.
Esistono differenze territoriali nell’ambito del fenomeno corruttivo? Che peso ha la disparità della distribuzione della ricchezza nel Paese rispetto agli effetti corruttivi? C’è più corruzione al Nord, la zona più ricca del Paese o al Sud? Contrariamente a quello che si pensa la corruzione non è un fenomeno di arretratezza economica, è un fenomeno di sviluppo economico perché per corrompere bisogna avere i soldi, non è un reato legato alla miseria, chi è povero non può corrompere perché non ha neanche i soldi per farlo e quindi la corruzione è un reato tipico della circolazione della ricchezza non dell’assenza di ricchezza. Quindi si potrebbe dire che, in linea di massima, la corruzione è più presente dove c’è maggiore ricchezza. Storicamente la corruzione nella sua entità è stata più forte a Milano e a Roma che a Napoli e Palermo. Proprio per questo motivo la corruzione smentisce un’altra delle tesi della criminologia classica, quella che è criminale colui che non ha. Nella corruzione è criminale colui che ha e colui che vuole avere di più. Nella criminologia classica si dice che i reati li commettono le persone ignoranti, nella corruzione i reati li commettono le persone colte perché la maggior parte dei corrotti e dei corruttori o sono ingegneri, o sono architetti, o sono commercialisti, o sono impiegati pubblici. Quindi non è vero che il crimine è dovuto all’ignoranza e alla miseria, nel caso della corruzione il crimine è dovuto a un modo perverso di concepire la corruzione. Naturalmente in Italia abbiamo anche in-
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ventato la corruzione di Dio perché nella storia del nostro Paese la Chiesa cattolica, per un lungo periodo, ci ha detto che anche la salvezza si poteva comprare. Quindi quando tutto si può comprare, compreso Dio, compresa la salvezza, è chiaro che ne risente la nostra cultura di fondo.
Affrontiamo ora un tema forse un po’ delicato per noi persone di sinistra. Abbiamo sempre pensato che il PCI, e la sinistra in generale, fosse estraneo (o almeno ne fosse compartecipe in minima parte) al fenomeno della corruzione. Presunzione, oppure è stato effettivamente così? E’ stato effettivamente così perché se parliamo del PCI, sicuramente è stato il partito meno corrotto della storia d’Italia. Il che non vuol dire assolutamente non corrotto ma il meno corrotto. Qualcuno può dire che è stato il meno corrotto perché per un lungo periodo storico è stato estraneo alla gestione del potere, ma ci sono stati dei luoghi in cui il PCI ha governato a livello locale dove molti dei suoi militanti sono stati una scuola di morale e una scuola di disinteresse e impegno pubblico. Le cose sono cambiate alla fine degli anni Ottanta e agli inizi degli anni Novanta. Da questo punto di vista è riscontrabile in Italia che la fine delle ideologie ha coinciso anche con l’abbandono di alcuni principi su cui si basavano quelle ideologie. Pertanto la corruzione a sinistra è cominciata già in parte verso la fine del PCI ma sicuramente è proseguita in maniera veloce con la trasformazione del PCI. Si possono in qualche modo abbandonare le ideologie ma l’abbandono delle ideologie non vuol dire accettare la disonestà come regola di vita. Non bisogna credere in un Dio per essere morali, non bisogna credere in uno Stato sovrano o in un futuro messianico per mantenersi onesti. Questo invece non è capitato, nel senso che con i cambiamenti che sono avvenuti nella storia politica del nostro Paese si è abbassata la soglia morale anche a sinistra. Quando la politica diventa un’impresa di ventura,
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una scommessa che tu fai per migliorare la tua vita piuttosto che quella degli altri, i mezzi con cui lo fai diventano indifferenti. Da questo punto di vista si è verificato qualcosa che è comune alla storia d’Italia. Se andiamo a vedere la storia di Crispi, la storia di Nicotera, la storia di alcuni rivoluzionari quello che vediamo è che si comincia da rivoluzionari e si finisce da corrotti. E’ come se l’intransigenza dettata da motivi nobili, una volta che finisce l’intransigenza perché ti convinci che la vita ha bisogno di più compromessi e hai bisogno di maggiore gradualità per realizzare le cose, questo ti obbliga necessariamente ad abbassare la soglia di moralità. Io invece penso che si possa essere convinti che le cose vanno cambiate con gradualità senza abbandonare l’onestà. Non capisco perché un Craxi incomincia con Nenni e finisce in Tangentopoli, Crispi comincia con Garibaldi e Mazzini e finisce con il re e con la corruzione, Nicotera comincia con Mazzini e Pisacane e finisce nella corruzione. Nella storia d’Italia ci sono sempre delle persone che cominciano con l’intransigenza e poi arrivano in un momento della vita in cui ritengono di aver pagato troppi prezzi all’onestà e quindi si liberano delle ideologie e anche dei presidi morali. Io penso che ci si possa privare delle ideologie, se sono sbagliate, senza perdere i propri principi morali. Non sta scritto da nessuna parte che non si possa fare politica, a livelli alti, a livelli di grande responsabilità, mantenendo l’onestà. Questo è un comune sentire in Italia perché la corruzione, tra le altre cose, ha questo di particolare: è un reato ideologico. Proprio perché è un reato delle élite, è un reato delle classi dirigenti, ci si costruisce sopra. Per esempio si inventa una cosa assolutamente indimostrata: che tutti i disonesti in genere sono capaci, non sta scritto da nessuna parte, ci sono tantissimi disonesti e incapaci, come ci sono tantissimi capaci disonesti ma esistono molti onesti capaci e molti onesti incapaci. Non c’è nessun nesso tra capacità e onestà o tra capacità e disonestà. Io penso che si possa fare politica, farla in maniera seria, ottenere dei risultati senza necessaria-
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mente arrivare alla disonestà. Qualcuno ritiene che la disonestà sia il prezzo minimoda pagare per far politica e per vedere realizzate delle cose. Io sono convintoche si possano realizzare tantissime cose mantenendosi onesti.
E, infine, una domanda legata all’attualità. Che cosa pensa dell’istituzione dell’ANAC, che impatto ha avuto nel contrasto alla corruzione e come giudica le recenti dimissioni di Cantone? Che ci sia stato un meridionale alla guida dell’ANAC è un fatto emblematico della storia d’Italia. Si ritiene che i meridionali siano i più corrotti, che al Sud ci siano mafia e corruzione e abbiamo avuto alla guida dell’Autorità anticorruzione proprio un magistrato meridionale. La nascita dell’Anac ha avuto una funzione importante, ha posto il tema della corruzione come tema della vita politica e della vita amministrativa del nostro Paese. Quindi indubbiamente con la nascita dell’ANAC c’è stata una specie di pedagogia dell’anticorruzione, poi se questa pedagogia dell’anticorruzione abbia avuto un piegarsi burocratico, questo è indubbio. Però che sia stata costruita in un momento particolare nel nostro Paese un’attenzione e una struttura dedicata a questo tema non può che essere salutato come un fatto positivo. Cantone se n’è andato quando ha capito che nessuno più investiva nell’anticorruzione e quindi, in qualche modo, non ha voluto perdere l’onore. E da questo punto di vista il suo gesto va salutato come uno dei pochi gesti di chi vede che gli obiettivi di una sua creatura si stanno perdendo e ne prende atto. Credo perciò che bisogna apprezzare moltissimo la sua coerenza.
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