Consapevole giugno/agosto 2010 Anno VII – numero 22 Editore Macro Società Cooperativa Ideatore Giorgio Gustavo Rosso Direttore Responsabile Marianna Gualazzi redazione@ilconsapevole.it Responsabile di redazione Romina Rossi info@ilconsapevole.it Altri componenti della redazione Elena Parmiggiani elena@ilconsapevole.it Angelo Francesco Rosso f.rosso@ilconsapevole.it Valerio Pignatta Grafica e Uff. Abbonamenti Editing snc abbonamenti@ilconsapevole.it Ufficio commerciale Giuseppe Scaperrotta commerciale@ilconsapevole.it Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero Sergio Abram Ellen Bermann Andrea Bizzocchi Grazia Cacciola Daria Casali Nicoletta Cherubini Linda Manduchi Chiara Meriani Associazione Mostra MIDA David Korten Associazione PAEA Patrizia Pappalardo Valerio Pignatta Lucilla Satanassi – Remedia Immagini http://www.sxc.hu/ http://www.shutterstock.com/ Stampa Geca industrie grafiche www.gecaonline.it
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Consapevole? Il Consapevole è una rivista trimestrale illustrata, edita dal Gruppo Editoriale Macro, casa editrice presente sul mercato dal 1987 e oggi leader nei settori delle terapie alternative, dell’alimentazione naturale e nel body mind spirit. Il Consapevole viene pubblicato dal 2004 e porta avanti un progetto culturale importante.
Autosufficienza, permacultura, decrescita, cultura della transizione, abitudine alle “buone pratiche”, risparmio energetico, riciclaggio dei rifiuti, bioarchitettura e bioedilizia, terapie naturali, genitorialità sono i nostri temi, le parole chiave che ci guidano nel lavoro quotidiano, la nostra inesauribile fonte di energia. L’approfondimento con cui trattiamo gli argomenti, la ricchezza delle informazioni, lo sguardo rivolto alle novità del panorama internazionale, il contatto diretto con i gruppi, le associazioni, i movimenti e le persone sono i punti di forza che ci contraddistinguono dalle altre riviste che puoi trovare in edicola e in abbonamento. Noi rispettiamo l’ambiente! Usiamo
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2 Consapevole
Uomini che piantano alberi
«I
l pastore che non fumava prese un sacco e rovesciò sul tavolo un mucchio di ghiande. Si mise a esaminarle l’una dopo l’altra con grande attenzione, separando le buone dalle guaste. Io fumavo la pipa. Gli proposi di aiutarlo. Mi rispose che era affar suo. In effetti: vista la cura che metteva in quel lavoro, non insistetti. Fu tutta la nostra conversazione. Quando ebbe messo dalla parte delle buone un mucchio abbastanza grosso di ghiande, le divise in mucchietti da dieci. Così facendo, eliminò ancora i frutti piccoli o quelli leggermente screpolati, poiché li esaminava molto da vicino. Quando infine ebbe davanti a sé cento ghiande perfette, si fermò e andammo a dormire. […] Da tre anni piantava alberi in quella solitudine. Ne aveva piantati centomila. Di centomila, ne erano spuntati ventimila. Di quei ventimila contava di perderne ancora la metà. A causa dei roditori o di tutto quel che c’è di imprevedibile nei disegni della Provvidenza». Ne L’uomo che piantava gli alberi Jean Giono ci racconta la parabola di un pastore che decide di dedicare la sua vita al rimboschimento di una zona arida, senza vegetazione: con la sua missione di piantare querce, faggi e betulle trasforma
il deserto in un rigoglioso verdeggiare di alture boschive. La storia di Elzéard Bouffier come ce la racconta Giono in poche pagine tocca il cuore e commuove lo spirito nel profondo. La costanza dell’umile pastore nel piantare per decenni riporta la vita, non solo quella vegetale, dove la vita non c’era più: il rimboschimento rinnova fiumi e ruscelli, mitiga il clima e favorisce il ritorno in quei luoghi di un’umanità operosa, florida e felice, capace di vivere nella natura con la natura. Il gesto del piantare, così ancestrale e primitivo, accomuna tutta l’umanità. Che sia un piantare reale o simbolico ha poca importanza: il suo significato profondo, nel bene e nel male, risulta essere un’essenza del nostro vivere sul Pianeta. Piantiamo parole, sentimenti, gesti, abitudini, economie, civiltà. E spesso quello che cresce non ci piace granché. Sempre meno spesso piantiamo alberi, piante, frutti, fiori: chi di noi lo ha mai fatto? Chi tra i nostri figli avrà l’opportunità di tenere tra le mani un seme e deporlo nella Terra? Eppure forse proprio da qui dovremmo ripartire: piantare nella Terra, radicarla, per radicare in essa il nostro agire e i nostri pensieri, per riorientarli.
Editoriale
Possiamo piantare fiori nelle aiuole desolate delle metropoli cittadine; possiamo far crescere i pomodori sul balcone; possiamo mettere il basilico su un assolato davanzale; possiamo scavare un buco in giardino e metterci i noccioli delle ciliegie, delle pesche e delle albicocche; possiamo trasferirci in collina e piantare ettari di bosco; possiamo diventare esperti permacultori: possiamo piantare con gli amici un orto sinergico ai margini della nostra cittadina, in una terra che nessuno reclama e nessuno vuole perché a nessuno interessa più. Possiamo piantare qualunque seme, ovunque, con chiunque. Sarebbe davvero bello iniziare a farlo. Buon raccolto a tutti! Marianna Gualazzi P.s.: Con questo numero si apre per il Consapevole una nuova stagione: abbiamo cambiato la grafica, siamo passati alla carta certificata, abbiamo ampliato la tiruratura, rinnovato la redazione e direzionato ancor più gli argomenti verso la permacultura e l’autosufficienza.
Fateci sapere se questo nuovo Consapevole vi piace! Scriveteci le vostre impressioni a: info@ilconsapevole.it Consapevole 3
energia 42 La turbina a vento su misura con la ruota della bici Beth Tilston, Will Harley comunità consapevole 50 Granarolo e Lucca città in transizione casa e azienda 54 La fattoria dell’autosufficienza Angelo Francesco Rosso saper fare 56 Detersivi Ecocompatibili a cura di Mostra MIDA 57 Il sapone lo faccio in casa Andrea Bizzocchi curarsi con le piante 62 I gemmoderivati, come prepararli in casa Lucilla Satanassi bambini e genitori 65 Il travaglio in casa, intervista all’ostetrica Linda Manduchi Marianna Gualazzi Eco viaggi 71 A due passi dal confine, vacanza e tour enogastronomico Chiara Meriani
10 L’intervista
La grande svolta: intervista a David Korten Ellen Bermann 4 Consapevole
speciale
Autosufficienza e dintorni 18 Autosufficienza è libertà
Uno stile di vita rivoluzionario applicabile da tutti nel qui ed ora
Valerio Pignatta
24 Alla ricerca del sole
Centri europei e parchi tematici su energia e ambiente
Associazione Paea
28 Autosufficienza in 6 mq!
Il progetto dell’orto sul balcone Grazia Cacciola
32 Il frutteto con la siepe
Pratici consigli per coltivare melo e pero
Sergio Abram
38 Conservare il cibo Elena Parmeggiani
Rubriche
8
Piantare e raccogliere
70 Dire, fare, giocare
9
60 secondi di saper fare
74 Cosa leggere… e vedere
41 Cucina che ti passa
75 Eventi, corsi, formazione
76 Botta e risposta Consapevole 5
È questo il mondo che
vogliamo?
Dal Golfo del Messico al Mediterraneo, dal governo del pianeta a quello del luogo in cui viviamo Giorgio Gustavo Rosso Carissime/i lettrici e lettori, quante cose non conosciamo o ci vengono tenute nascoste?
Monsanto brevetta il maiale Nel 2009 il gigante del biotech Monsanto ha depositato la richiesta per brevettare la carne di maiale alimentato con un mangime OGM che contiene una percentuale più elevata di acidi grassi omega 3. Secondo Monsanto il maiale dovrebbe essere brevettato semplicemente per quello che mangia. Da più parti questa mossa da parte della Monsanto è vista come un ulteriore tentativo di instaurare una dittatura planetaria che vuole rubarci la sovranità alimentare, già portata avanti con gli OGM e il brevetto sui semi. (Si veda l’articolo di C. Petrini Chi ha avvelenato il maiale perfetto, apparso su Repubblica il 29 aprile 2010 - www.repubblica.it).
L’isola di spazzatura nell’oceano Pacifico Poche settimane fa mio figlio Francesco mi ha parlato del Pacific Trash Vortex, una gigantesca isola di spazzatura galleggiante nell’Oceano Pacifico, fra il Giappone e le Hawaii. Si stima che le sue dimensioni arrivino a più di 15 milioni di km2, pari a 3 volte la superficie della penisola iberica. I 100 milioni di tonnellate di detriti, provenienti dai continenti e dalle navi, sono trascinati in un immenso vortice dalla North Pacific Subtropical Gyre, una lenta corrente oceanica che si muove in senso orario a spirale, prodotta da un sistema di correnti ad alta Perché ci rendiamo la vita sempre più pressione. difficile? L’isola galleggiante, composta prevalentemente Abbiamo disseminato i mari con pericolose piatda plastica, ha creato una sorta di deserto oceani- taforme, bucato pianure e montagne per estrarre co in cui la vita è ridotta a pochi grandi mammi- ogni tipo di metallo con procedimenti chimici feri e pesci. altamente inquinanti e velenosi, e costruito centinaia di centrali nucleari: tutte scelte tecnologiche La pompa di petrolio sottomarina della BP di cui non sembriamo capaci di sostenere le Nell’immensa vasca da bagno degli oceani, dal conseguenze. E nel nostro piatto mettiamo cibi 20 aprile 2010 abbiamo aperto un rubinetto che insapori e dannosi, pieni di pesticidi e tanti altri versa petrolio: da 2 a 4 milioni di litri al giorno. prodotti nocivi. Perché? Ogni mese da 60 a 120 milioni di litri, l’equivalente di un laghetto di montagna, oppure il Esiste davvero una cospirazione planetaria? doppio di quanto versato dalla superpetroliera Da alcuni secoli ci sono studiosi che tentano di Exxon Valdez nel 1989, e i cui effetti sugli anispiegare come l’umanità occidentale sia guidata mali e sull’ambiente continuano ancora oggi. da un ristretto numero di famiglie, per lo più di
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Parola all’Editore origine aristocratiche, che pianificano la nostra vita e i più grandi eventi storici per ottenere un controllo sempre più forte su tutti noi. Gli Illuminati, come vengono chiamati, manipolano gli eventi, le conoscenze e le informazioni per formare un Governo Mondiale a cui sottomettere tutta l’umanità. La prova dell’esistenza e dell’azione degli Illuminati non è semplice, data la sua natura di società segreta e criminale. Ma il fatto che oggi il mondo sia guidato dai più potenti è ormai sotto gli occhi di tutti. I Governi antepongono metodicamente gli interessi delle grandi banche e delle grandi imprese multinazionali a quelli dei cittadini. Queste, infatti, sono immuni da colpe, non sono condannabili e le multe per i crimini commessi sono insignificanti rispetto ai profitti ottenuti grazie ai crimini stessi. In conclusione: le grandi banche e multinazionali sono al di sopra della legge, anzi più precisamente sono loro a fare le leggi e a governare. Un gigante dai piedi d’argilla Tutto questo è reso possibile da diversi fattori: - l’ignoranza dei fatti e di ciò che avviene intorno a noi; - la complicità o la collaborazione di tutti noi: quotidianamente rinforziamo questo sistema, lavorando per arricchire chi ci vuol rendere schiavi, consumando i prodotti delle multinazionali nei loro supermercati, versando le nostre ricchezze nelle grandi banche, vivendo come si aspettano che viviamo.
Abbiamo disseminato i mari con pericolose piattaforme, bucato pianure e montagne per estrarre ogni tipo di metallo con procedimenti chimici altamente inquinanti e velenosi, e costruito centinaia di centrali nucleari: tutte scelte tecnologiche di cui non sembriamo capaci di sostenere le conseguenze
L’urgenza di cambiare a livello personale e locale per cambiare il mondo Cosa possiamo fare per cercare di migliorare la situazione? Viaggiare meno in aereo e in macchina, scegliere e ricercare lavori che non nuocciono, chiudere con la mentalità del predatore, dedicare una parte della propria vita alla soluzione dei problemi della comunità di cui siamo parte, invece di fare volontariato in associazioni che spesso sono utili al mantenimento dello situazione così com’è. E praticare forme di relazioni gentili, amichevoli e appaganti in tutti gli ambiti della nostra vita, uscendo dall’isolamento televisivo in cui siamo imprigionati.
La via d’uscita più coerente Sii il cambiamento che vorresti vedere nel mondo, diceva Gandhi. Un cambiamento che passa anche attraverso una vita a chilometro zero, in tutti i suoi ambiti: per congiungere il passato al futuro, il benessere economico con la gioia di vivere in armonia con la natura e con le persone che ci vivono accanto, apprendendo e adeguandoci ai ritmi delle stagioni e della terra. Collegati al mondo da Internet, riuscendo a far viaggiare le idee e le informazioni, invece degli aerei e del petrolio.
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Piantare e raccogliere
Estate: cosa metto nel mio Orto
G
A cura di Grazia Cacciola
iugno, luglio e agosto sono tra i mesi che portano più soddisfazione nell’orto. Quest’ultimo inverno è stato particolarmente rigido in quasi tutta l’Italia e di conseguenza, soprattutto nelle zone oltre i 500 mt s.l.m., si accusa un certo ritardo nella germinazione e crescita delle piante ma in generale senza gravi conseguenze. Se le nostre piantine sono un po’ in ritardo rispetto agli anni precedenti non c’è da temere, entro la
fine di maggio saranno riallineate allo sviluppo normale. Per chi comincia l’orto in questi mesi, l’idea migliore è seminare quanto indicato di seguito nel mese in cui si comincia e acquistare qualche piantina già cresciuta di ciò che non si è riusciti a seminare in tempo. Un’idea originale: fiori come portulaca, viole, aquilegia, nasturzio sono molto belli e... buoni! Adornano l’orto e aggiungono sapore alle insalate.
GIUGNO
Semina in semenzaio Broccoli, broccoletti, catalogna, cavolfiore, cavolino di Bruxelles, cavolo cappuccio tardivo, cavolo verza, cicorie
Semina in vaso / piena terra Barbabietola rossa, basilico, bietola da coste, carota, cavolo cinese, cetriolo, fagiolini, fagioli bianchi e rossi, indivia, lattughe, porri, prezzemolo, sedano, zucca, zucchina
Trapianti Cavolfiore, cavolini di Bruxelles, cavolo verza, cicorie, lattughe, melanzane, porri, scarola, sedano Raccolta Si raccoglie tutto quello che è pronto... siamo nel mese più produttivo dell’anno! Soprattutto pomodori, zucchine, cetrioli e insalate vanno raccolti quotidianamente. Si comincia anche a mandare a maturazione una-due piante per tipo, per ottenere i semi per l’anno seguente
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AGOSTO
LUGLIO
Semina in semenzaio Broccoli, broccoletti, catalogna, cavolfiore, cipolle estive
Semina in vaso / piena terra Barbabietole, bietole, carote, cavolo cinese, cicoria o radicchio, indivia, fagiolino, fagiolo bianco, finocchi, lattughe, porri, prezzemolo, rape, zucchine
Trapianti Broccoli, broccoletti, catalogna, cavolfiore, cavolini di Bruxelles, cavolo rosso, cavolo verza, cicorie bionde, cicorie rosse, radicchi, sedano
Raccolta Angurie, meloni, fagioli rampicanti, melanzane, aglio di semina invernale, tutte le verdure da foglia, pomodori, peperoni
Semina in semenzaio Cavolo cappuccio primaverile, cipolle estive, finocchi Semina in vaso / piena terra Bietole, cicoria, radicchi, indivia, lattughe, ravanelli, scarola, spinaci Trapianti Broccoli, broccoletti, catalogna, cavolfiore, cavolfiore tardivo, cavolini di bruxelles, cavolo cappuccio, cavolo rosso, cavolo verza Raccolta Angurie, meloni, fagioli rampicanti, melanzane, aglio invernale, tutte le verdure da foglia, zucchine, pomodori, peperoni, patate, batate, topinambur, primi cavolfiore precoci
60 secondi di saper fare
O
ltre al compost veloce, già illustrato nel numero 21, esistono altri modi di fare il compost casalingo, in tempi più lunghi e con modalità differenti. Qualsiasi metodo scegliate di seguire, il compost offre la possibilità di riutilizzare gli scarti di casa. Per di più, una volta che questi si sono riciclati insieme alle potature e alle rasature dell’erba avremo del buon materiale che, riassumendo, può essere utilizzato come: - ammendante del terreno, che migliora il terreno con l’apporto di materiale organico;
Ricetta Classica Ingredienti: 33% di terra di giardino, 33% di sabbia, 33% di compost. Al posto della sabbia si può utilizzare, per un drenaggio migliore o per alleggerire la miscela, vermiculite o perlite. Per i semenzali Ingredienti: 40% di compost, 40% di fibra di cocco, 20% di vermiculite (prebagnata). Si può utilizzare nei vassoi di semina in plastica. Per i trapianti Ingredienti: 6 parti di compost, 3 parti di terra da giardino, 1 parte di sabbia, 1 parte di letame molto maturo (2/3 anni), 1 parte di fibra di cocco, 1 parte di terricco di foglie (se disponibile), 1 manciata di farina d’ossa o pesce (in alternativa usate una concimazione a base di alghe).
dal compost
al terriccio
Tanti piccoli suggerimenti per utilizzare il compost Elena Parmiggiani - pacciamatura, utile per trattenere l’umidità e regolare la temperatura del terreno; - concime, che aggiunge sostanze nutritive al terreno; - lettiera per animali, che si utilizza nel fondo di gabbie e recinti per trattenere le deiezioni; - substrato per piante in vaso, miscelato con altri “ingredienti”. Ecco di seguito alcune semplicissime ricette di miscele ottenute mescolando il compost con altro materiale, che possiamo usare per le piante di casa.
Per vasi sospesi Ingredienti: 30% di terriccio da giardino, 40% di fibra di cocco, 20% di compost, 10% di perlite, 2,5% di calce, 2,5% di dolomite. Per le piante da appartamento Ingredienti: 40% di vermiculite, 40% di fibra di cocco, 15% di compost, 5% di letame maturo o pollina o guano. Per gli agrumi Ingredienti: 33% di cippato (pacciamatura) di pino o cocco, 33% di sabbia, 33% di fibra di cocco, una manciata di carbone sminuzzato. Per le cactacee (cactus) Ingredienti: 50% di terra da giardino, 50% di perlite (o ghiaia, o lettiera del gatto – quella non solubile, in fondo è argilla).
Buon lavoro!
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Ellen Bermann
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Intervista a David Korten
Il nostro sistema economico attuale ha fallito: ha prodotto una crisi del credito, un generale impoverimento della classe media, continui rincari dei beni primari e dell’energia da un lato e dall’altra parte compensi esosi per l’élite finanziaria, un indebitamento pubblico e privato sempre più preoccupante e un collasso dei sistemi naturali del Pianeta. Adottare soluzioni temporanee è come mettere un cerotto sul cancro: magari creiamo un sollievo momentaneo e rassicuriamo le nostre angosce, ma di fatto sono solo soluzioni cosmetiche. E ritardiamo la (ri)nascita di un sistema diverso. «Ogni grande movimento sociale dei nostri tempi ha avuto inizio con una conversazione all’interno di un piccolo gruppo e poi si è rapidamente esteso per sfidare una storia falsa che giustificava una particolare oppressione al quale il movimento voleva mettere fine. Non appena cambiavano le storie, cambiava la Storia. Questo veniva ottenuto attraverso conversazioni che raggiungevano consenso intorno ad una nuova storia e attraverso azioni che creavano una nuova realtà e davano espressione ai benefici dati da un modo diverso di agire». Le parole sono di David Korten, che da anni propone un nuovo modello economico e sociale, sottolineando come, dopo 5000 anni in cui l’umanità è stata organizzata secondo un modello di dominazione, questa Era dell’Impero stia
raggiungendo i limiti che le persone e il pianeta possono sostenere. Una concomitanza di varie sfide come il picco del petrolio, il cambiamento climatico e il fallimento del sistema economicofinanziario ci stanno per presentare il conto, che potrebbe rivelarsi molto salato. Il nostro compito è quindi quello di cambiare la cultura e le istituzioni del XX secolo, progettate
ambientale, sociale ed economico mentre quella che vorremmo dovrebbe portare a quello che molti di noi desiderano: un mondo con bambini sani e felici dove le famiglie e le comunità vivono insieme in pace in un ambiente vibrante, sano e naturale. La scelta di come sarà il nostro futuro è quindi nelle nostre mani, come sottolinea Korten stesso.
Se l’umanità va avanti così ci troveremo all’ultimo uomo che compete per l’ultimo pesce, albero o goccia di acqua potabile
Come possiamo fare e gestite per servire valori a cambiare la società finanziari, con quelle del XXI, a servizio invece della visto che le istituzioni vita. La cultura attuale porta, dell’Impero detengono tutto il potere? senza dubbi, a un collasso
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Intervista a David Korten Anche se possono sembrare molto potenti, le istituzioni dell’Impero hanno solo il potere che noi come popolo scegliamo di delegargli. Abbiamo la possibilità di fare una scelta collettiva per costruire una nuova cultura alla base di nuove istituzioni di una Comunità Planetaria (basata sull’interconnessione fra persone e con tutti gli esseri che condividono il pianeta). È necessario e possibile. Per la prima volta le tecnologie a disposizione permettono a persone comuni di organizzarsi su scala globale. La più grande barriera è solo nella nostra mente. Le storie culturali che ci vengono raccontate dicono che già viviamo nel migliore dei mondi possibili e che non si può cambiare lo status quo. A furia di sentirle, anche tramite i messaggi mediatici dominanti, siamo entrati in uno stato di trance che ci mantiene prigionieri. La chiave è rompere questo stato, ricostruire le comunità e far emergere storie diverse. Ma le corporazioni controllano tutti i media. Qual è la soluzione? I media corporativi sono una potente forza distorcente che sono alla base della moderna disfunzione sociale. Hanno però uno svantaggio: devono costantemente ripetere le bugie che negano la nostra umanità e assorbono le nostre energie
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vitali. La verità ha una forza permanente molto più pronunciata perché allineata con esperienze e valori profondi. Abbiamo molti canali comunicativi al di
Anche se noi che viviamo in condizioni privilegiate non ne siamo consapevoli, il mondo è già immerso nella violenza. Dalle violenze organizzate degli Stati, alle
Come diceva Gandhi, dobbiamo diventare il cambiamento che vorremmo vedere attuarsi. L’obiettivo non è opporsi alle culture e istituzioni sociali ma di renderle obsolete tramite percorsi sociali di apprendimento che nascono dal basso fuori dei media corporativi. Prima dell’Indipendenza, il Regno Unito controllava i media indiani, ma Gandhi è riuscito comunque a ispirare e mobilitare i cittadini indiani attraverso reti sociali informali che hanno contribuito alla caduta dell’impero britannico. Anche le persone di colore in Sudafrica non avevano alcun controllo mediatico e vivevano all’interno di un regime alquanto forte e brutale, eppure l’Apartheid è caduta. In ognuna di queste contingenze, le persone hanno semplicemente ignorato il rispettivo Impero. Dobbiamo sviluppare le capacità di utilizzare canali diversi. Nessuno rinuncia al potere in modo volontario. La violenza è quindi inevitabile?
reti terroristiche, alle bande locali, a quelle in ambito domestico. Tutte queste forme di violenza nascono dalla paura, dall’impotenza e alienazione all’interno di un mondo dove una crescente popolazione compete per sopravvivere in una situazione di risorse vitali sempre più scarse e di estrema iniquità. Se l’umanità va avanti così ci troveremo all’ultimo uomo che compete per l’ultimo pesce, albero o goccia di acqua potabile. Fortunatamente esiste anche l’opzione della non-violenza. La violenza richiama solo violenza. Per creare un mondo non violento è necessario un profondo impegno in questo senso e una visione di una Comunità Planetaria che lo può essere. L’Impero può solo essere sconfitto
Intervista a David Korten
tramite una resistenza non violenta in cui le persone esercitano il loro diritto e potere di ignorare le istituzioni e si uniscono per costruire una nuova cultura e nuove istituzioni. Come diceva Gandhi, dobbiamo diventare il cambiamento che vorremmo vedere attuarsi. L’obiettivo non è opporsi alle culture e istituzioni dominanti ma di renderle obsolete tramite percorsi sociali di apprendimento che nascono dal basso. Ma vista l’urgenza, non è meglio agire attraverso le istituzioni esistenti? È vero. Abbiamo poco tempo. Dobbiamo agire immediatamente in modo da fare il possibile per ridurre le emissioni di gas serra, utilizzando tutti gli incentivi economici disponibili che possono motivare il sistema esistente. Però dobbiamo
La moneta ha valore solo per convenzione sociale perché l’accettiamo in cambio di beni reali. Se creata dal nulla e senza relazione con alcun bene reale è benessere fantasma essere consapevoli che un sistema che funziona solo attraverso leve finanziarie non è capace di portarci là dove vorremmo. Il nostro futuro dipende da una radicale trasformazione culturale e istituzionale in modo da ridurre i consumi totali, raggiungere una equa ridistribuzione del potere e della ricchezza e aumentare una vera efficienza economica optando per utilizzi benefici invece che dannosi. Dobbiamo investire nella rigenerazione del capitale umano, sociale
e naturale che sono il fondamento di un vero benessere. Questi sono gli obiettivi del XXI secolo che sono difficili da raggiungere tramite la miope visione delle attuali corporazioni e istituzioni. Cosa significa che “la moneta è un sistema di potere”? La moneta è una delle più straordinarie invenzioni umane. Come mezzo di scambio permette il commercio moderno ed è un’istituzione benefica.
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Intervista a David Korten Come strumento di potere, invece, può supportare le dittature più insidiose e distruttive, particolarmente se il processo di creazione ed estinzione della moneta è nascosto alla visione pubblica e non controllato. La moneta, un mero numero senza sostanza o valore creata come una voce contabile quando una banca emette un prestito, plasma i cicli economici. Il suo flusso internazionale determina il destino delle nazioni. Individui che ne sono provvisti vivono in grande opulenza, coloro che ne sono privati rischiano di morire di fame. L’idea che la moneta significa benessere è un’illusione, come anche l’idea che chi fa soldi contribuisce al benessere. Essa ha valore solo per convenzione sociale perché l’accettiamo in cambio di beni reali. Se creata dal nulla e senza relazione con alcun bene reale è benessere fantasma. Lo scopo di un sistema monetario basato su uno scambio sano di beni reali è quello di facilitare la produzione e lo scambio di benessere reale. Il potere che controlla la creazione e la distribuzione della moneta controlla l’economia e la società. Per questo è necessario che questo processo sia assolutamente trasparente in modo da evitare abusi.
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Come potrebbe essere la Comunità Planetaria di cui parlavi all’inizio? Una società in un sistema di Comunità Planetaria avrà relazioni equilibrate tra persone, tra persone e natura, tra interessi individuali e comunitari. È molto simile a quello che molte persone si immaginavano come una società sana prima che i pubblicitari iniziassero a
lavarci il cervello e creare valori come l’eccesso materiale. Quello che è significativo è che parliamo di valori che sono condivisi da persone che si collocano sia a sinistra che a destra della compagine politica. Dobbiamo cambiare le storie che stanno alla base della nostra cultura, incluso la storia che non esiste alternativa all’Impero.
Abbiamo intervistato David Korten David Korten è una delle maggiori voci critiche della globalizzazione corporativa e un visionario che propone un sistema planetario di economie locali vitali. Il suo bestseller When Corporations Rule the World (Quando le corporazioni governano il mondo), considerato la bibbia della storica protesta di Seattle al WTO, ha aiutato a formare la resistenza contro la globalizzazione corporativa. Economista che si è formato alla Stanford Business School, Korten ha maturato una vasta esperienza in progetti di sviluppo dove ha appreso le devastanti conseguenze di un sistema economico progettato per arricchire chi è già ricco senza considerare le conseguenze sociali e ambientali. È co-fondatore e presidente del “Positive Futures Network” e di altre associazioni tramite le quali cerca di divulgare una visione e struttura diversa del sistema economico.
Ellen Bermann Italo-tedesca, laureata in Scienze Geologiche, ha fatto della sostenibilità la sua missione personale e professionale. Opera principalmente come consulente in ambito turistico, seguendo progetti mirati al turismo sostenibile e all’ecoturismo. È co-fondatrice dell’Associazione “Transition Italia” che ha come principale obiettivo quello di diffondere l’approccio britannico sul territorio italiano.
Intervista a David Korten La matrice della storia
Nei suoi libri Korten descrive due storie economiche completamente contrastanti: da una parte la comunità “senza confine” (basata cioè sul paradigma dell’espansione, della conquista e della crescita infinita) e dall’altra l’economia “cosmonave terra” (basata sulla consapevolezza dei limiti e dei valori intrinsechi). Ecco in sintesi qual è la loro visione e che differenza c’è fra le due.
Slogan di definizione
1. Economia “senza confine”
“Vince chi ha più giocattoli”
2. Economia “cosmonave Terra”
“Stiamo meglio se tutti stiamo meglio”
Natura umana
Noi umani per nostra natura perseguiamo l’interesse personale e materiale. La cooperazione è contro natura.
Noi umani siamo esseri complessi e abbiamo tante possibilità. La coscienza matura trova gioia nella cooperazione, nella cura e nell’essere al servizio di altri. Avidità, violenza ed individualismo estremo sono sintomi di una disfunzione psicologica.
Soldi
Soldi significano benessere e coloro che creano soldi creano nuovo benessere, che a sua volta crea benefici per tutti.
I soldi sono solo un numero, un biglietto contabile. Coloro che fanno soldi senza creare nulla di valore reale, commettono una sorta di furto.
Mercati
Liberi da tasse e regole imposte da governi, il mercato compensa in proporzione all’apporto individuale e trasforma la ricerca del benessere finanziario individuale in maggiore benessere per tutti.
I mercati lavorano meglio all’interno di regole e valori che riflettono gli interessi della comunità. Quelli che gratificano una disfunzione psicologica distruggono i valori e il benessere di una comunità.
Interesse della comunità
L’interesse della comunità è semplicemente l’aggregato degli interessi individuali. Stiamo tutti meglio se ciascuno di noi cerca di massimizzare il proprio introito finanziario.
Comunità premurose sono essenziali alla felicità, sicurezza e benessere individuale e collettivi. Stiamo tutti meglio se ci curiamo l’uno dell’altro ed investiamo nella comunità.
Regole
Il nostro sistema economico è leale. Le carenze possono essere colmate eliminando regole e tasse deformanti.
Il nostro sistema economico fatalmente difettoso pregiudica il nostro benessere e la nostra sopravvivenza come specie. Dobbiamo sostituirlo con un nuovo sistema basato su valori comunitari e valide assunzioni.
Alternative al sistema
L’unica alternativa all’eccesso del capitalismo globale è l’oppressiva e non produttiva tirannia del socialismo/ comunismo.
Sia capitalismo che comunismo centralizzano e concentrano il potere economico in numerose istituzioni. Una migliore opzione è un sistema adeguatamente regolato di economie regionali radicate localmente.
Indicatori
La crescita del prodotto interno lordo (PIL) è un indicatore del progresso economico e della crescita del benessere totale della società.
Il PIL misura il costo economico per produrre un certo livello di benessere. È meglio valutare la performance economica con indicatori non-finanziari come la salute dei nostri bambini, famiglie, comunità e sistemi naturali.
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Autosufficienza
è libertà
Uno stile di vita rivoluzionario applicabile da tutti nel “qui e ora” Valerio Pignatta
N
egli ultimi anni, pratiche di vita come l’autosufficienza alimentare e l’autoproduzione stanno diffondendosi in misura consistente, seppure ancora in una ridottissima parte della società. Al di là di quanto possa apparire in superficie – e nonostante i piccoli numeri sul totale della popolazione – il fenomeno è tuttavia molto interessante, profondo e portatore di reali novità sia in ambito politico-economico sia in quello socio-spirituale (per tacere degli effetti a livello ecologico e ambientale). La divulgazione – anche nel nostro paese – di discipline
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come la permacultura (Bill Mollison e David Holmgren), l’agricoltura biodinamica (Rudolf Steiner), l’agricoltura sinergica (Emilia Hazelip), l’agricoltura naturale (Masanobu Fukuoka) e certo non da ultimo anche quella biologica, stanno apportando una serie di conoscenze sulla coltivazione di piante alimentari, l’allevamento di animali e l’utilizzo agricolo dei terreni e dei boschi che suscitano grandi entusiasmi e speranze. Speranze non solo legate al minore impatto ambientale di queste tecniche in un momento di estremo bisogno di “leggerezza” umana su un pianeta ormai
climaticamente allo sbando, ma anche di una concreta possibilità di riscatto morale, sociale e spirituale per coloro che avranno l’ardire di avventurarsi in questo percorso di consapevolezza e ritorno alla natura. Natura così tanto bistrattata nell’ultimo secolo da essere caduta nel dimenticatoio della coscienza umana (come se si potesse vivere facendone a meno!). Una scelta esistenziale e sociale È importante sottolineare che un ritorno, spesso anche solo parziale, verso un’attività agricola o di piccola autoproduzione alimentare non è un
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aggrapparsi anacronistico a un idillico sogno romantico. A mio parere, si tratta invece di una sana e quanto mai attuale scelta esistenziale che ci soccorre in molti ambiti e ci permette da subito una migliore qualità della vita, specie se questo “ritorno” non è vissuto con particolare dogmatismo ideologico o con aspettative arcadiche che non trovano posto nella realtà attuale, di cui peraltro non possiamo ignorare né gli influssi negativi né gli indiscutibili vantaggi. Se da una parte è ormai ovvio e palese che uno stile di vita lontano dalla tecnologia è oggi impensabile, è anche altrettanto vero e facilmente
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dimostrabile, statistiche alla mano, che è necessario operare da subito per ridurre i consumi e vivere più sobriamente affinché, come dice una ormai nota citazione di E. F. Schumacher, tutti possano permettersi “semplicemente di vivere”. Una vita anche parcamente tecnologica e semi-divoratrice di risorse non può comunque non tener conto del prezzo che l’ambiente e le popolazioni svantaggiate (ma sempre più anche quelle occidentali, basti pensare alle patologie degenerative in aumento) pagano per essa. La possibilità di introdurre nella propria esistenza spazi di libertà nella natura legati alla coltivazione e
La scelta di prodursi del cibo con le proprie mani è un’attività che risponde a un atavico bisogno di Natura dell’uomo all’allevamento di animali piuttosto che alla cura di un alveare o di un giardino è a mio parere un’eccellente occasione per recuperare il senso della misura rispetto alle priorità della propria esistenza e un utile strumento di riflessione sulle connessioni tra umani e natura e tra popoli e popoli. Benefici per tutti Le potenzialità che alcune nuove tecniche colturali a basso impatto ambientale inoltre offrono all’umanità
Speciale autosufficienza sono davvero enormi. I risultati in merito a gusto dei cibi, qualità, recupero paesaggistico, diversificazione ambientale, crescita della biodiversità sono davvero eccezionali. Anche in quanto a rese alimentari dei terreni coltivati con questi metodi, abbiamo raggiunto traguardi assolutamente competitivi rispetto alle tecniche dell’agricoltura industrializzata, ma senza gli effetti collaterali terrificanti di quest’ultima che vanno, ad esempio, dalla progressiva perdita di fertilità dei suoli, alla nocività degli alimenti prodotti per i residui dei pesticidi ivi contenuti, all’inquinamento delle falde idriche da concimi chimici, per non parlare del grande punto interrogativo mortifero che aleggia sulle campagne coltivate con produzioni OGM. La scelta di prodursi del cibo con le proprie mani è un’attività che risponde a un atavico bisogno di Natura dell’uomo. A mio parere, è anche l’unica attività umana che il pianeta può permettersi di sostenere anche se praticata da tutti, nessuno escluso. Anzi, è pure l’unica che può consentire la sopravvivenza del genere umano. Economie leggere Prodursi cibo e tornare alla terra è anche un sistema per alleggerire il peso del sistema economico attuale
sulla propria vita, per rendersi maggiormente indipendenti e per avere la soddisfazione di produrre un’azione concreta sul
meccanismo del mercato attuale ha sicuramente effetti positivi immediati sulla nostra vita e su quella degli altri, dai più vicini ai più
Uscire dal tunnel della tele-divano-dipendenza si può, prendendone coscienza e iniziando un percorso disintossicante a base di autosufficienza morale, alimentare ed economica
meccanismo perverso che sta portando alla sclerotizzazione della psiche individuale e collettiva, e alla catastrofe degli ecosistemi. Le accuse di “isolazionismo” e di resa che vengono talvolta indirizzate verso coloro che abbandonano stili di vita metropolitani, anche politicamente impegnati, sono ovviamente poco realistiche. L’azione concreta di togliere parte del proprio sostegno economico, energia e lavoro a quell’organizzazione socio-economica che tanto si critica a parole è un toccasana di grande effetto per la propria autostima e serenità interiore, e ha un ruolo determinante anche come veicolo contagioso di rivoluzione non-violenta alla follia consumistica imperante. Anche un nostro seppur parziale sottrarsi al
lontani. Altro che rinunciare alle proprie responsabilità! È una sensazione istantanea di centratura, umiltà e rettitudine, una percezione dell’immensa potenzialità della natura da cui dipendiamo e della sua onnipresenza. È per questo che funziona e si diffonde nei nostri avveniristici non-luoghi artificiali il bisogno di mettere mano nell’argilla screziata, di maneggiare sementi, di accarezzare il mantello morbido di un animale. Il bisogno innato che abbiamo di dare un senso alla nostra vita e di sentirci collegati con l’universo fenomenico trova in queste esperienze, per grandi o piccole che siano, molto più rispondenza che non in un impiego anonimo in un ufficio asettico, cementoplastificato e illuminato al neon di una città. Non è retorica: è l’espressione del comune e ovvio buon senso antico che
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Per approfondire
John Seymour Guida all’Autosufficienza Ovvero come coltivare il proprio orto, allevare gli animali, produrre cibi genuini, risparmiare energia scegliendo di vivere in modo ecosostenibile e senza sprechi Mondadori, 2008 Pagine 255 – euro 19,00
Valerio Pignatta L’Insostenibile Leggerezza dell’Avere Dalla teoria alla pratica: la decrescita nella vita quotidiana Emi, 2009 Pagine 265 – euro 14,00
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oggi sembra aver lasciato il posto al delirio psicotico del videoclip metropolitano. Senso di comunità La dimensione della piccola scala spesso legata alla scelta del contadino di “ritorno” o dell’hobbista di fine settimana che si decentra in campagna a curare il suo frutteto o il suo giardino è una dimensione assolutamente più consona alla serenità e senz’altro più sostenibile ecologicamente. Una società metropolitana centralizzata, globalizzata ed ecosostenibile ad alto livello tecnologico e agroindustriale quale molti pseudo-ecologisti oggi auspicano è in effetti una futuribile realtà per pochi privilegiati che si ergeranno su una miriade di morti di fame. Una collettività distribuita sul territorio, organizzata essenzialmente sulla piccola produzione agricola, artigianale (e culturale) e dallo stile di vita sobrio e con tecnologie semplici è al contrario estendibile a tutta l’umanità in modo equo, solidale e sostenibile. Se poi aggiungiamo alla nostra piccola autoproduzione di alcuni beni lo scambio di altri all’interno della nostra comunità di gioiosi resistenti rurali, ecco che la maggiore liberazione che ne consegue allarga il nostro spazio vitale, relazionale ed economico e determina una
maggiore valenza sociale e politica delle nostre scelte. Il tutto sostenuto a livello reddituale da professioni decentrate grazie all’utilizzo della telematica e dal supporto da parte dei piccoli comuni che possono approvare direttive favorevoli all’insediamento di famiglie giovani (o che si ritengono tali!) nei propri territori semidisabitati, varando allo stesso tempo politiche ecologiche e di risparmio energetico (si veda l’esempio dei cosiddetti “comuni virtuosi”) capaci di creare lavoro etico a livello locale e di garantire una migliore qualità della vita agli ecosistemi e alla popolazione. Una micro-liberazione macro-orientata Come già aveva sentenziato il grande Lev N. Tolstoj “tutti pensano a cambiare il mondo ma nessuno pensa a cambiare se stesso”. E questa rimane ancora
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Un nostro seppur parziale sottrarsi al meccanismo del mercato attuale ha sicuramente effetti positivi immediati sulla nostra vita e su quella degli altri, dai più vicini ai più lontani
la base attuale dell’unico reale cambiamento possibile in questa società centralizzata, i cui cittadini sono totalmente dipendenti dal sistema produttivo e distributivo, causa e origine dei loro mali individuali e collettivi. La nuova e futura società eco-centrata non verrà eretta da improbabili politici consapevoli e onesti (si tratta chiaramente, nella maggior parte dei casi, di un ossimoro) ma nel suo piccolo può essere una realtà già qui e ora se solo si ha l’animo o la stanchezza sufficienti per liberare i primi tasselli della propria esistenza, ad esempio iniziando a coltivarsi il proprio orto o preparandosi
alcuni cibi in casa partendo dal prodotto primario. Tutto il resto è effetto a cascata inarrestabile. È vivificante ruscello di esperienze. È micro-liberazione ma costantemente macroorientata. Non credo ci siano altre strade per iniziare subito a sentirsi un po’ più in
pace con se stessi e con il mondo. C’è molto caos e fibrillazione negli esseri umani oggi. C’è molta insoddisfazione. È il rimorso per i trenta denari derivati dal tradimento della nostra stessa natura. È la nostalgia dell’integrità umana svenduta sull’altare della comodità. Ma uscire dal tunnel della tele-divano-dipendenza si può, prendendone coscienza e iniziando un percorso disintossicante a base di autosufficienza morale, alimentare ed economica.
Valerio Pignatta Plurilaureato giornalista e scrittore, è redattore e collaboratore di riviste e case editrici, nonché direttore editoriale nell’ambito delle medicine non convenzionali. Ha pubblicato diversi articoli su periodici nazionali inerenti il rapporto salute/ambiente e testi divulgativi di medicina naturale. Vive con la famiglia sul Monte Amiata dove pratica attivamente la decrescita attraverso la sobrietà dello stile di vita, la semplicità volontaria, l’autoproduzione, lo scambio e il dono di beni e servizi.
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Alla ricerca
del sole Centri europei e parchi tematici su energia e ambiente: in viaggio tra alternative concrete
Mentre nel Paese del sole siamo ancora fortemente ancorati alle tecnologie “vecchie”, legate alle fonti fossili, nel resto d’Europa – Germania, Gran Bretagna, Danimarca e Olanda – si possono visitare esempi brillanti di un modo diverso di fare i conti con l’energia Energie und Umweltzentrum (EUZ) Centro per l’Energia e l’Ambiente - Springe/ Eldagsen, Germania L’Energie und Umweltzentrum è un’associazione indipendente e autogestita che dal 1981 lavora concretamente sulle energie rinnovabili, il risparmio di risorse e la bioedilizia. La sua storia comincia così: negli anni ’80 un gruppo di giovani impegnati nel movimento antinucleare acquista e ristruttura, attraverso una sottoscrizione nazionale e richiesta di prestiti alla finanza etica, un’ex scuola vicino ad Hannover che possa funzionare come modello dimostrativo. L’integrazione bioedile, i sistemi di risparmio energetico e idrico e le energie rinnovabili ne hanno ridotto il consumo energetico del 70% e quello di acqua potabile del 50%. Il loro motto – “C’è anche un altro modo” — diventa così un esempio tangibile che avrebbe poi fatto scuola: nel corso degli anni, migliaia di cittadini, progettisti, impiantisti, costruttori, amministratori pubblici passati dal Centro hanno potuto constatare che queste “utopie” potevano tranquillamente trasformarsi in realtà con un po’ di buon senso sia ecologico sia economico. E contagiare a propria volta il loro contesto di appartenenza.
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Associazione Paea Cosa fare Su richiesta è possibile effettuare una visita guidata in inglese a strutture e impianti: fitodepurazione, sistemi di recupero dell’acqua piovana, sistema di riscaldamento a pellets, vari collettori solari per la produzione di acqua calda e fotovoltaico con immissione in rete della corrente elettrica, strutture abitative in bioedilizia, casa passiva, materiali isolanti naturali, Blower Door. Accoglienza turistica Sui 18.000 mq di terreno sorgono, oltre al centro, un’abitazione a basso consumo energetico e una casa passiva a consumo bassissimo, in cui abitualmente vengono ospitati i visitatori. Dispone di una cucina attrezzata e di alcune sale comuni. Imparare L’EUZ propone un ricco programma formativo. Per chi non mastica tedesco o inglese, l’associazione PAEA svolge tutti gli anni dal 1993 un corso estivo per italiani della durata di nove giorni che affronta in modo interdisciplinare tutte le tematiche del centro, completato da alcune visite guidate a strutture di eccellenza energetica nell’area di Hannover (vedi box a pagina 27). Arrivare Raggiungibile con i mezzi pubblici, in treno da Hannover a Springe e poi in bus fino all’inizio della strada (circa 500 metri) che conduce al Centro. Contatti Energie- und Umweltzentrum 1, D-31832 Springe-Eldagsen Web www.e-u-z.de Mail tgh@e-u-z.de Tel +49 (0) 5044 / 975-0 - Fax +49 (0) 5044 / 975-66 Il sito web è in tedesco ma tutto il personale parla anche inglese.
Mappa del Centro Cat e una foto di cabina telefonica alimentata da pannelli solari Un piano B per l’era post petrolio Il Centre for Alternative Quelle che sorgono in giro per l’Europa Technology (CAT) – Machynlleth, Galles sono spesso esperienze pioniere, Vero e proprio ecovillaggio e consolidate da anni, che hanno insieme parco tematico “delle capitalizzato ricerca e sperimentazione meraviglie” per quel che riguarda le tecnologie appropriate, il CAT si sul campo per funzionare in un altro trova a Machynlleth in Galles, circa modo senza tralasciare la ricerca 150 km a nord-ovest di Birmingham. Fondato a metà degli anni ’70, è fra di benessere e comodità i più importanti e grandi centri al mondo nel campo delle tecnologie alternative, delle rinnovabili, del risparmio energetico e idrico, della gio, la coltivazione biologica. Non mancano ampia bioedilizia, della didattica e tutela ambientale, cartellonistica (in doppia lingua gaelico/inglese), con 65.000 visitatori l’anno e molteplici settori giochi solari ed esperimenti dimostrativi. di intervento. Infatti il CAT è anche un istituto di ricerca d’eccellenza a livello europeo, con Accoglienza turistica collaborazioni in master universitari e studi di Il centro dispone di stanze e di un ristorante aperto settore, oltre che sede del più grande centro di a pranzo e a cena. Per dormire è sempre meglio educazione ambientale della Gran Bretagna. telefonare per tempo, visto che il centro è molto Caso o contagio? La vicina cittadina di Machynlleth frequentato. è una delle prime ad aver aderito al movimento delle Transition Towns che propone un “piano Imparare B” concreto in risposta alla doppia pressione del Il CAT organizza periodi di volontariato e corsi di picco del petrolio e del cambiamento climatico per ogni genere, dall’installazione di energie rinnovabili realizzare la transizione verso uno stile di vita a all’economia ecologica, dal giardinaggio alla bassa emissione di CO2. fitodepurazione. Ovviamente in inglese. Cosa fare Moltissimi gli elementi di questa sorta di parco tematico all’aperto che esemplificano l’impiego delle energie alternative, dalla micro-cogenerazione al micro-eolico e micro-idroelettrico, all’uso delle biomasse, al recupero dell’acqua piovana, alla fitodepurazione, alle compost toilet. Esempi ed informazioni anche sull’orientamento della casa, il riciclag-
Arrivare Raggiungibile con i mezzi pubblici (treno + bus). Contatti Web www.cat.org.uk Tel +44 (0)1654 705950 Fax +44 (0)1654 702782
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Speciale Autosufficienza Il Nordic Folkecenter for Renewable Energy in Danimarca Soluzioni ambientali per l’industria Come l’EUZ è un’organizzazione no-profit, con una forte vocazione per la ricerca e lo sviluppo tecnologico, il training, lo sviluppo di soluzioni ambientali per l’industria e le attività produttive ed una rete di collaborazioni a livello mondiale. Il centro è finanziato, oltre che dalle autorità locali, anche da agenzie nazionali e internazionali e dalla stessa industria. Obiettivo condiviso, la sostituzione a medio termine dell’energia fossile e nucleare con le fonti rinnovabili su piccola e grande scala. Cosa fare Chiamando con un certo anticipo si può prenotare una visita a tutte le applicazioni del centro, inclusi gli impianti sperimentali di fitodepurazione a lagunaggio, biodiesel (una vera e propria mostra sulla produzione dell’olio di colza) e una raccolta di turbine eoliche nella storia. Accoglienza turistica La struttura offre ospitalità spartana, non si adatta quindi a chi sia alla ricerca di una semplice vacanza. C’è una cucina comune, in cui gli ospiti solitamente cucinano a turno e cenano insieme e dove è facile incontrare studiosi al lavoro e ricercatori di molteplici paesi con cui dialogare davanti ad una cena auto-preparata. La lingua comune è ovviamente l’inglese. Imparare Il Folkecenter è soprattutto centro di studio, ricerca e applicazione quindi oltre che frequentare corsi di formazione si possono cogliere spunti interessanti – soprattutto per gli addetti ai lavori – dall’incontro con gli ospiti e studiosi che frequentano il centro. Arrivare Si può raggiungere con il treno ma dalla stazione bisogna farsi venire a prendere. Contatti Web www.folkecenter.dk (in danese) Email info@folkecenter.dk Tel. +45 9795 6600 - Fax +45 9795 6565 Quanto grande è il pianeta? Per uno stile di vita nel mondo Post-Copenhagen De Kleine Aarde, La “piccola terra” nei Paesi Bassi Nata nel 1972, la realtà della “Piccola Terra” è una delle più vecchie organizzazioni ambientali nei Paesi Bassi, con un eco-parco di circa 3 ettari, che oltre ad essere di ispirazione per uno stile di vita sostenibile, offre informazioni ed esempi pratici di prodotti e servizi. Nel nome e nei progetti in
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Sono veri e propri parchi tecnologici, attrezzati con strutture di accoglienza turistica, che raccontano ai visitatori un modo diverso e decisamente piacevole di vivere, meno costoso, più positivo ed accogliente verso le persone e l’ambiente
corso (tra cui uno di risparmio energetico per famiglie a basso reddito e diversi sull’alimentazione), il centro si rifà alla previsione del Club di Roma, che per primo nel ’72 lanciò l’allarme a livello internazionale secondo cui il pianeta stava diventando troppo piccolo di fronte alla crescita dei consumi. Un anno dopo è nato un laboratorio per la produzione e il consumo sostenibili: l’attuale Ecopark. Cosa fare È possibile esplorare i giardini, la Recycle House con la mostra sulla storia dell’edilizia sostenibile e cinque piccoli mulini a vento come da immaginario olandese (micro turbine eoliche, per i tecnici). Ci sono percorsi educativi per bambini, un labirinto e un parco giochi. L’area espositiva comprende mostre sull’alimentazione, i cambiamenti climatici, i giardini modello, le energie rinnovabili ed un percorso molto completo sulla nostra impronta ecologica globale. Gli amanti della natura troveranno un giardino di erbe aromatiche e un orto naturale oltre laghetto, pascoli e animali. Accoglienza turistica Lo standard di accoglienza turistica è simile a quanto ci si aspetta da un agriturismo, con stanze confortevoli, un servizio di ristorazione (bio) e dettagli curati (saponi ecologici etc. ). Tutti parlano inglese ed è sempre bene concordare per tempo il proprio soggiorno. Imparare Il centro offre seminari di formazione e di sviluppo oltre a programmi didattici per i bambini. La lingua comune è l’inglese. Contatti Het Klaverblad 13, Boxtel Tel (0411) 68 49 21 Mail info@dekleineaarde.nl Web www.dekleineaarde.nl (in olandese)
Il centro Artefact in Germania
Mare e terra (cruda) Il centro Artefact in Germania Meno famoso dell’Energie und Umwetzentrum, l’Artefact è però molto di più d’impatto per l’occhio. Costruito con estrema cura prevalentemente in terra cruda, dal punto di vista dell’accoglienza è adatto anche per una semplice vacanza, grazie anche alla posizione geografica, circondato da un area naturale protetta in affaccio sul Mar Baltico. Anche in questo caso si tratta di un’organizzazione no profit: un Centro Internazionale di Formazione per la tutela ambientale che lavora soprattutto sul trasferimento tecnologico nel campo dei programmi per la cooperazione internazionale basati su partnership pubblico-private per lo sviluppo di tecnologie appropriate ed economicamente sostenibili. L’approccio è interculturale e coniuga ricerca scientifica ed applicazione pratica, collegando potenzialità di tecnologie innovative provenienti da diversi paesi. Cosa fare Le applicazioni presenti al centro sono visitate annualmente da migliaia di visitatori ed includono un vero e proprio parco didattico dimostrativo, impianti di biogas, cucine solari, a legna e a risparmio energetico, sistemi di irrigazione adatti a diverse condizioni climatiche. Accoglienza turistica Dispone di stanze molto piacevoli che offrono una moderna architettura all’interno di una costruzione
ecologica, tra cui alcuni appartamenti a cupola, sempre in terra cruda. Imparare Il centro offre soprattutto corsi specialistici per istituzioni e partner di cooperazione, nei settori della gestione decentrata dell’energia, della cucina solare, della bioedilizia e delle tecniche di risparmio idrico. Arrivare La vicina cittadina di Gluecksburg si trova a circa 10 chilometri ad est di Flensburg, vicino al confine danese. Di qui l’Artefact è raggiungibile in bus, taxi o a piedi in circa 15 minuti. Contatti Bremsbergallee 35 24960 Glucksburg, SchleswigHolstein, Germania Web www.artefact.de (multilingue) Mail artefact@pin-net.de Tel 49-4631-61160 Fax 49-4631611628
Associazione PAEA - Progetti Alternativi per l’Energia e l’Ambiente L’associazione opera nel campo del risparmio e dell’efficienza energetica, delle energie rinnovabili e della bioedilizia. Le attività spaziano dalla didattica ambientale alla divulgazione in collaborazione con enti pubblici attraverso sportelli energia, campagne informative, mostre itineranti tra cui la Casa EcoLogica, alla progettazione e consulenza su case a basso consumo e passive, all’organizzazione di corsi in Italia e all’estero come quelli presso l’Energie und Umwelt Zentrum (EUZ) in Germania: Corso ENERGIA, AMBIENTE, LAVORO - 6/15 agosto 2010 Info: 0522-605286, info@paea.it, www.paea.it
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Autosufficienza in 6 mq!
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Coltivare un orto sul balcone è un atto di ecologia privata che crea benessere collettivo
Grazia Cacciola
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a tutti i media sembra che sia improvvisamente arrivata la moda di coltivare ortaggi ovunque nelle zone urbane e i prodotti appositi per orticoltori urbani abbondano: dai kit per trasformare il proprio balcone in un orto, a complessi congegni per l’irrigazione di pochi metri quadri che possono arrivare a costare qualche centinaio di euro. In mezzo a questo abbondare di orti improvvisati ma con grande appeal estetico, sembra che si sia perso di vista lo scopo principale. Coltivare un orto è un atto di ecologia privata, d’accordo, ma deve essere anche un atto di benessere collettivo per avere un senso. Si può realmente parlare di ecologia se per coltivare due cespi di insalata bisogna acquistare vasi in plastica, irrigatori in plastica, piantine cresciute in contenitori anch’essi di plastica e quasi sempre mono-uso nonché utilizzare prodotti chimici per fertilizzare, proteggere, disinfestare? Chiaramente no. L’orto, dovunque esso sia, è un atto di ecologia privata solo nel momento in cui si tratta di produzione di vegetali senza sprechi e non un ulteriore incremento insensato di materiali inquinanti. Metto un seme di pomodoro nella terra, in un vasetto riciclato per esempio da una
bottiglia in pvc, attendo che cresca innaffiandolo con acqua piovana, curo la pianta con macerati vegetali prodotti da me, fertilizzo con compost prodotto dagli scarti vegetali della mia cucina e la sistemo vicino a fiori che attireranno gli insetti utili alla sua crescita. Questo è un modo pulito di fare un orto sul balcone; un atto di ecologia privata che diventa benessere collettivo: meno inquinanti immessi nell’ambiente, qualche kilo di pomodori in meno che viaggiano sulle strade per arrivare al supermercato, più consapevolezza di potersi creare concretamente il proprio cibo. L’orto deve essere qualcosa che porta del benessere materiale e spirituale a noi stessi, ma che diventa anche immediatamente utile alla collettività, all’ambiente. Non a chi deve vendervi la mini-serra di plastica che si irriga da sola e che finirà inevitabilmente in una discarica. I dubbi su estetica e inquinamento Il dubbio di alcuni verso un balcone trasformato in orto pensile è che l’insalata al posto dei fiori lo possa rendere meno accogliente e meno piacevole dal punto di vista estetico, oppure che le verdure possano essere ‘inquinate’. Un trucco per trasformare un balcone fiorito in uno spazio anche produttivo senza
penalizzarne l’estetica è quello di riservare il fronte del balcone alle piante da fiore mentre lo spazio interno verrà riservato agli ortaggi. Ricordiamo poi che molte verdure hanno bellissimi fiori, come zucche e zucchine, ma anche le fragole con i loro simpatici fiorellini bianchi. Un’altra idea è creare dei vasi misti: fragole e petunie, zucchine e geranei… perché no? Osare! L’altra domanda che mi sento spesso fare è se un orto sul balcone non produca solo verdure ‘inquinate’. Molte persone che vivono in città, infatti, pensano che non sia salutare avere un orto e soprattutto cibarsi di verdure coltivate in un posto considerato ad alto tasso di inquinamento. Nella realtà dei fatti, invece, le verdure, la frutta e le aromatiche coltivate in un orto cittadino possono essere tanto buone e salutari quanto quelle coltivate in un orto immerso nella campagna. Il sospetto di molti è che le particelle inquinanti presenti nell’aria, le famigerate “polveri sottili” si vadano a depositare sui loro ortaggi, rendendoli potenzialmente dannosi per la propria salute. Ma queste polveri viaggiano a un’altezza piuttosto bassa e si diffondono in un’area delimitata prima di posarsi, indicativamente tra i 20 e i 50 metri dall’emettitore. In realtà solo chi abita a piano terra verso una strada trafficata ha delle ragioni serie
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Speciale Autosufficienza Il progetto Nell’immagine è strutturato un orto per un classico balcone di 3 x 2 m con accesso centrale. Il balcone è organizzato in modo da essere comunque godibile per il relax e non avere solo la funzione di luogo di coltivazione. In particolare, l’area di accesso davanti alla porta-finestra e l’area con tavolo e sedie dovranno sempre restare libere per permettere movimenti agevoli. Un errore classico, infatti, è utilizzare un solo tavolo sia per i lavori orticoli che per altri usi, con la conseguenza che si smetterà di fare l’orto o si utilizzerà il balcone solo per quello. Meglio, invece, prevedere in un’area riparata un tavolino per i lavori, sotto il quale riporre anche attrezzi, vasi vuoti, sacchi di terriccio e tutto ciò che serve avere sempre a portata di mano. L’altro lato dell’accesso sarà invece occupato da un bidoncino per il compost o compostiera dove verranno man mano inseriti gli scarti vegetali della cucina e in cui si formerà nell’arco di una stagione un prezioso terriccio-fertilizzante naturale per le piante. Immediatamente vicino alla compostiera, a ridosso del muro, c’è un bidone da 60 cm, sostituibile con un sacco di iuta o canapa delle stesse dimensioni. Serve per la coltivazione delle patate che sul balcone diventa molto semplice utilizzando un bidone: basta inserire uno strato di terriccio, tre-quattro patate da coltivazione biologica o naturale, coprire con terriccio e attendere che spuntino le piantine. Una volta spuntate, coprire con terriccio fino al colletto, rincalzando e via così man mano che
di preoccupazione verso la coltivazione di verdure sul suo balcone. Già un balcone a piano terreno ma affacciato su un cortile interno, non ha questo problema di deposito delle polveri. Se il balcone è a più di 50 m in linea d’aria da una strada trafficata, non avete ragione di preoccuparvi particolarmente di un massiccio inquinamento del terreno e delle piante che coltivate: non è molto diverso dall’inquinamento che subisce un orto di campagna nei pressi di un centro abitato e soprattutto della quantità di polveri sottili che raccolgono le verdure trasportate per kilometri prima di arrivare sul banco del supermercato. Unica fonte
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le piante crescono fino ad arrivare a pochi centimetri dal bordo del bidone o comunque a fine stagione, quando rivoltandolo lo troveremo pieno di patate. Il resto dello spazio è occupato da vasi da 40 cm posti a terra (in verde) e altri appesi verso l’esterno (in arancio). Quelli a terra saranno utili per coltivare pomodori, piselli, fagioli e tutte quelle piante che hanno una crescita in altezza. I vasi appesi, al contrario, conterranno insalate da taglio, fragole, rapanelli e verdure che hanno poco sviluppo verso l’alto. I vasi tondi da 40 cm sono ottimi, invece, per ospitare zucchine, basilico, biete e tutte le aromatiche che possono essere anche consociate a formare composizioni esteticamente molto gradevoli. Infine, è una buona idea mettere in ogni vaso delle sementi da fiori profumati, quelli che preferite, che aiuteranno ad attirare insetti utili.
L’orto deve essere qualcosa che porta del benessere materiale e spirituale a noi stessi, ma che diventa anche immediatamente utile alla collettività, all’ambiente
reale di problemi sono le aree industriali. La vicinanza di grandi aziende, specialmente se responsabili di inquinamento dell’ambiente, deve purtroppo limitare la coltivazione sul balcone, in favore di pratiche alternative (germogliatore, idrocoltura, coltivazione in bidoni coperti ecc.). Per informazioni sullo stato della propria area urbana,
è sempre possibile rivolgersi alla sede locale dell’Agenzia Regionale per la Protezione del Territorio (ARPA). Vasi e contenitori
I vasi in terracotta sono imbattibili per traspirazione e freschezza del terriccio rispetto ai vasi di plastica. Sicuramente però, le balconette di plastica sono migliori rispetto a quelle
Speciale Autosufficienza in cotto se vogliamo piantarci l’insalata, le fragole o addirittura il ribes: dovendo spostarle di sovente, specialmente in previsione di temporali o per ripiantare frequentemente (come nel caso dell’insalata) è meglio che siano leggere. Vasi di piccolo diametro possono servire per coltivare piante singole come le aromatiche (timo, menta), ma sono da sconsigliarsi perché portano a un utilizzo dello spazio non ottimale; meglio scegliere contenitori di forma rettangolare o quadrata da mettere in fila o in serie, e non fossilizzarsi sull’equazione “1 pianta per 1 vaso”. Altrimenti lo spazio finisce subito! Non c’è bisogno di coltivare 3 kg di timo, si può fare un solo vaso con timo, menta e dragoncello per avere una scorta invernale, o ancora meglio piantarli alla base di pomodori e zucche, cosa che favorirà anche l’umidità del terreno. Per alcune perenni, come rosmarino e salvia, è bene prevedere un vaso dedicato visto che rimarranno lì per anni. La lunghezza e la larghezza sono a scelta, almeno 40 cm per 40 cm, mentre la profondità influenza non poco il tipo di pianta coltivabile. Le piante a elevato sviluppo fogliare, come le zucchine e i pomodori, hanno bisogno di vasi profondi: in soli 20 cm di terra crescono rachitiche o muoiono. Se si dispone di balconi di grandi dimensioni si possono adottare soluzioni diverse, come i cassoni di 1 metro per 1 metro che costituiscono una vera e propria aiuola slegando dalle scelte obbligate di monocoltura dei vasetti singoli. Per insalata,
Molte persone che vivono in città pensano che non sia salutare avere un orto e soprattutto cibarsi di verdure coltivate in un posto considerato ad alto tasso di inquinamento fragole e ortaggi a radice corta è possibile utilizzare una cassetta della frutta, di quelle di legno da ortolano. Si fodera con un sacchetto di plastica che si buchetta sul fondo. Poi si riempie di terra e si semina ottenendo... una cassetta di insalata fresca! Annaffiature e fertilizzazione
Gli apporti idrici devono essere frequenti, ma mai troppo abbondanti e in relazione allo stadio di sviluppo della pianta. Quando si bagnano le piante, è meglio non bagnarle mai a pioggia, ma versare sul terreno, preferibilmente sui bordi: l’acqua arriverà da sola alle piante senza creare uno shock termico come succederebbe invece innaffiandole direttamente sulle radici. Nel
periodo di produzione, se mancano le piogge, è necessario irrigare tutti i giorni. È meglio innaffiare di sera, dopo il tramonto. Le piante vengono sollecitate di meno e hanno tutta la notte per assorbire l’acqua, mentre innaffiando al mattino presto buona parte dell’acqua evaporerà con il sole. Se non avete la possibilità di utilizzare acqua piovana, usate acqua ferma, ovvero tenuta nell’innaffiatoio dalla sera prima in modo che il cloro si depositi sul fondo. Per fertilizzare e concimare, i prodotti migliori sono i macerati e il compost prodotti da noi stessi o in alternativa l’humus di lombrico, i preparati a base di neem e la melassa di barbabietola (spesso commercializzata con il nome improprio di ‘sangue di bue’).
Grazia Cacciola Esperta di agricivismo e ecosostenibilità, è autrice di articoli e saggi sugli stili di vita consapevoli, tra cui L’orto sul balcone. Coltivare naturale in spazi ristretti, FAG, 2009. Milanese di nascita, dopo anni di esperimenti sui balconi cittadini, ha lasciato la città per la campagna, dove conduce un orto e un terrazzo con tecniche naturali. Da anni si interessa attivamente di autoproduzione, riciclaggio, biodiversità e agricoltura naturale (www.erbaviola.com).
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Il frutteto
con la siepe Pratici consigli per coltivare melo e pero
Sergio Abram «Fin da bambino mi hanno sempre detto che il limite massimo della vita umana può essere considerato attorno al centinaio d’anni e che, normalmente, l’esistenza terrena degli umani è molto più breve. Allora, osservando ciò che riescono a fare molti alberi, si può dire che le piante siano notevolmente più evolute di noi» tratto da Dio è tutto e tutto è Dio di Sergio Abram
Il melo e il pero sono tra le più antiche piante da frutto coltivate. La loro origine è da collocare nelle vallate dell’Asia sud-orientale e nei territori caucasici, tra la Russia e la Turchia. La loro coltivazione per scopi alimentari risale alla notte dei tempi e la loro
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diffusione nelle regioni dell’Europa ebbe inizio con le migrazioni delle popolazioni asiatiche. In epoca romana erano tra i frutti più rappresentati sulle mense e furono introdotti in numerose varietà nelle regioni dell’impero. In Europa, nel medio evo, la loro coltivazione avveniva soprattutto entro i giardini della nobiltà e nei conventi, quindi il loro utilizzo alimentare era confinato a un numero ristretto di persone. Inizialmente le piante da frutto erano reperite principalmente nelle siepi o ai margini dei boschi, dove crescevano spontaneamente dai semi caduti, da frutti trasportati da vari animali o mangiati dall’uomo, i cui torsoli erano gettati a terra. In seguito alla raccolta di piante selvatiche con caratteristiche meritevoli ebbe inizio la loro coltivazione negli orti. La tecnica dell’innesto per
perpetuare le diverse varietà fornì un contributo notevole per la loro conservazione, il miglioramento e la diffusione, che per alcuni secoli avvennero soprattutto presso i monasteri e gli orti delle chiese, dove una parte delle varietà fu anche creata con la messa a dimora di semi originati da piante coltivate. Alcuni tipi, ancor oggi conosciuti, portano il nome di monasteri, di religiosi o di gente di cultura che ne curarono la selezione. Solo in tempi più recenti la ricerca di nuovi genotipi venne promossa da appositi centri di ricerca e da istituti universitari. Dalle stesse varietà, in seguito a mutazioni intervenute localmente, si generarono degli ecotipi o varietà locali, che tuttora si trovano in gran numero in vari luoghi, anche con nomi diversi, pur appartenendo alla stessa razza.
Speciale autosufficienza Portinnesti
Prima degli anni Sessanta del secolo scorso il portinnesto di melo e di pero più utilizzato erano il franco e il selvatico, rispettivamente derivato da seme e prelevato in natura, che solitamente favoriscono lo sviluppo di piante vigorose, possedendo un apparato radicale esteso e ben ancorato al terreno. Queste piante non abbisognano di alcun sostegno e sono adattabili a qualsiasi tipo di suolo. Il portinnesto, oltre a fornire un ancoraggio più o meno efficace al terreno, può influenzare la varietà fruttifera soprastante, inducendone l’adattabilità ai vari tipi di suolo, la vigoria, la precocità di produzione e alcune caratteristiche qualitative dei frutti, la resistenza ad alcune malattie crittogamiche e all’attacco di varie specie di insetti e di altri animali. Altri portinnesti clonali, quindi ottenuti per riproduzione asessuata
Curiosità Un tempo, in Svizzera nel cantone di Argovia, si usava mettere a dimora nel terreno un melo, quando nasceva un maschio, e un pero, se il pargolo era di sesso femminile.
Inizialmente le piante da frutto erano reperite principalmente nelle siepi o ai margini dei boschi, dove crescevano spontaneamente dai semi caduti, da frutti trasportati da vari animali o mangiati dall’uomo, i cui torsoli erano gettati a terra
o agamica, provengono perlopiù da stazioni sperimentali, che hanno operato un programma di selezione, che hanno modificato gli assetti e le pratiche colturali. Tra i portinnesti clonali, che a partire dalla metà degli anni Sessanta hanno avuto maggiore diffusione e che in qualche modo hanno contribuito alla trasformazione della melicoltura e della pericoltura da reddito, vanno ricordati: c per il melo (in ordine di vigoria e suddivisi tra i due centri sperimentali inglesi di East Malling e Malling Merton): EM 27, EM 9, EM 26, EM 4, EM 7, EM 11, MM 106 e MM 111; c per il pero alcune selezioni di cotogno (Cydonia oblonga), BA 29 (cotogno di Provenza), MB e MA, entrambi ottenuti presso la stazione di East Malling, ohxF-40 (semenzale di William x
Abate Fetel), resistente al colpo di fuoco batterico (Erwinia amylovora) e affine a tutte le varietà. Varietà
Le innumerevoli varietà di melo oggi coltivate e commercializzate appartengono alla speciefamiglia Malus domestica, che viene anche chiamata Malus x domestica, poiché deriva dall’incrocio di diverse forme di Malus. Anche le varietà di pero sono ascritte alla speciefamiglia Pyrus communis, denominata anche Pyrus domestica. Pure questa entità sistematica deriva da incroci tra diverse forme di Pyrus. Al fine di ottenere nuove varietà si provvide anche all’ibridazione tra cultivar europee e americane e altre di provenienza asiatica. Ancor oggi le antiche varietà hanno mantenuto il loro vecchio nome, con cui sono anche presentate
Consapevole 33
Speciale Autosufficienza
A sinistra un pero della famiglia Buona Lisa. A destra la varietà mela renetta ananas
Alcune antiche varietà di
melo e di pero
MELO: Abbondanza, Aranciata di Cox, Astrakan bianco, Astrakan rosso, Belfiore giallo, Bella
di maggio, Calvilla bianca invernale, Calvilla Garnier, Calvilla rosata autunnale, Calvilla rossa estiva, Calvilla royale, Campanino, Carla, Carlona, Carpendola reale, Commercio, Cumiana, Decio, Dolce piatto, Drappo dorato, Durello, Fiamma, Finocchietta gialla, Finocchietta grigia, Fior d’acacia, Gambafina, Giallo nobile, Golden delicius, Imperatore (Gran Alessandro), Jonathan, Lavina, Limoncella, Musetto pavese, Parmena dorata estiva, Pomellone, Puppino ferrarese, Renetta Canada, Renetta di Kassel, Renetta grigia appuntita tirolese, Renetta grigia di Torriana, Rosa romana, Rosmarina bianca, Rosmarina rossa, Rosso nobile, Rotella, Ruggine reale, Sant’Anna, Scodellino, Tavola bianca, Trasparente bianca ecc.
PERO: Abate Fétel, Alexander Lucas, Angelica (Santa Lucia), Bella di Giugno (Mirandino
rosso), Bella di Pirovano, Bergamotta d’Esperen, Butirra d’Amanlis, Butirra d’Anjou, Butirra d’Hardenpont, Butirra d’Hivier (Nelis d’Hivier), Butirra Diel, Butirra Durondeau, Butirra Giffard, Butirra Liegel, Butirra precoce Morettini, Butirra rosata Morettini, Butirra sopraffina, Conference, Coscia, Decana d’Alençon, Decana del Comizio, Jules Guyot, Duchessa d’Angoulème, Duchessa Elsa (Elsa), Favorita di Clapp, Fondente di Charneux, General Leclerc, Gentile bianca, Giovanna d’Arco, Gran Duca, Le Lectier, Madame Verté, Margherita Marillat, Monchallard, Mora di Faenza, Mora di Fiorano, Moscatella gialla d’estate, Olivier de Serres, Pero della lira, Precoce di Trévoux, President Roosvelt, Principessa Gonzaga, Re Carlo del Württemberg, San Giacomo, San Giovanni, Scipiona, William, Signore d’Esperen, Spadona, Spadona estiva, Spina Carpi, Trionfo di Vienne ecc.
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Speciale Autosufficienza favorisce l’anonimato. Il nome di ogni singola antica varietà può rappresentare una o più particolarità, che possono riguardare la forma, il colore, il profumo, il gusto, l’aroma, la consistenza e la succosità della polpa, l’epoca di maturazione e i tempi di conservazione. Altre hanno nomi di fantasia oppure che evocano il periodo in cui fioriscono, si raccolgono o arrivano a maturazione, ma anche che si riferiscono all’utilizzo cui sono destinate o alla
Per approfondire Sergio Abram e Leopoldo Tommasi Fruttiferi – Melo e Pero
Edizioni del Baldo, Castelnuovo del Garda/VR 2010
Queste piante non abbisognano di alcun sostegno e sono adattabili a qualsiasi tipo di terreno Sergio Abram Animali da cortile
sul mercato, a differenza di gran parte di quelle più recenti, commercializzate spesso sotto protezione di un marchio, che ne
loro produttività. Quelle che hanno avuto maggiore diffusione sono localmente chiamate anche con nomi diversi (sinonimi).
Edizioni del Baldo, Castelnuovo del Garda/VR
Sergio Abram Ricercatore, sperimentatore, fotografo, scrittore e divulgativo naturalistico. È l’ideatore del termine e dell’agricoltura eco-consapevole e del metodo “Aula Abram”, un’aula didattica naturalistica all’aperto. È anche ricercatore e sperimentatore in ambito florofaunistico-ambientale e divulga le proprie esperienze in scritti, conferenze e corsi. È un sostenitore della biodiversità ovunque. Per saperne di più visitate: www.sergioabram.altervista.org; per contatti sergio.abram@libero.it
Sergio Abram Dio è tutto e tutto è Dio Volpi, vipere, urogalli, alberi e uomini
Edizioni del Baldo, Castelnuovo del Garda/VR
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La conservazione casalinga degli
alimenti
Conservare e redistribuire il surplus: dal principio alla pratica in permacultura L’essiccazione, la fermentazione (che comprende anche la pratica degli alimenti sotto aceto) e la salatura sono metodi tradizionali, usati fin dall’antichità, per la conservazione di moltissimi alimenti fra i quali carne, pesce, latte, frutta e verdura. Si tratta di lavorazioni semplici che possono essere svolte fra le mura domestiche e che non necessitano né di energia elettrica né di particolari attrezzature; l’unico requisito necessario è avere tempo da dedicare alla cura dei passi essenziali alla loro riuscita. Attezzatura Per la preparazione di frutta e verdura: tagliere, coltello
da cucina, snocciolaolive, strofinacci, scolapasta, bacinelle, un imbuto con imboccatura larga (potete anche
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farvelo da voi tagliando e rifilando bene i bordi di un imbuto di misura grande), carta assorbente da cucina, penna indelebile e nastro adesivo di carta per scrivere il contenuto del vaso e la data di produzione. Per la salatura e la fermentazione:
un contenitore grande a bocca larga (in coccio o vetro), cucchiai di legno, un coperchio
Elena Parmiggiani
oppure una tavola di legno e un peso (sasso) con cui coprire gli alimenti da conservare. Per l’essiccazione: uno scaffale con ripiani di legno (non trattato) o con ripiani sostituiti da un telaio (sempre in legno non trattato) e una rete a maglie sottilissime (per alimenti) dove far essiccare gli ingredienti. Per evitare che le mosche
Alimenti fatti in casa entrino in contatto con i cibi, provvedete a porre una zanzariera tutto intorno allo scaffale. Per la conservazione:
contenitori in vetro da 250/500gr, a chiusura ermetica dove riporre e conservare i prodotti essiccati. I coperchi e i barattoli di vetro devono essere puliti, integri e pulitissimi, bolliti e asciugati. Per motivi di igiene, prima di procedere alla conservazione è bene utilizzare:
- barattoli di vetro a chiusura ermetica sterilizzati tramite bollitura e asciugati molto bene, - coperchi integri, senza muffe, ruggine, ammaccature. Altrimenti comprateli nuovi, - alimenti freschissimi, integri e senza ammaccature, che siano lavati e asciugati accuratamente. Sempre per motivi di igiene e sicurezza alimentare, vi presentiamo qui solo dei metodi semplici e collaudati,
che anche i principianti possono provare a fare. • Essiccazione
Lavare, asciugare le verdure e la frutta a fette sottili, porle sopra una mensola di legno oppure su un telaietto come descritto in precedenza (potreste riporla anche su carta oleata). Si può mettere direttamente al sole oppure in una zona molto arieggiata ma con leggera ombra. Girare la verdura e la frutta ogni giorno, avendo cura di non romperla. Una volta essiccata avrà la consistenza Ricetta veloce: basilico sotto sale Prendete un vasetto sterilizzato, sale, foglie di basilico. Alternare a strati nel vasetto il basilico e il sale. Chiudete con il coperchio e attendete almeno 2 settimane prima dell’uso. Potete provare anche: boccioli di capperi, di tarassaco/dente di leone, di nasturzio.
Ricetta veloce: aceto di maggiorana Procuratevi una bottiglia in vetro sterilizzato, sale, 1lt di aceto (quello che preferite), foglie e rametti di maggiorana (perfettamente asciutti). Portate ad ebollizione l’aceto, poi versatelo nella bottiglia e aggiungete la maggiorana. Chiudete il tappo e attendete almeno 5 giorni prima di usarlo. Potete provare anche: rosmarino, dragoncello, menta (in aceto di mele), alloro.
Ricetta veloce: crauti Vi occorrono vasi a bocca larga sterilizzati, sale, crauti, sia in foglie che tagliati a striscioline, cumino, bacche di ginepro, semi di finocchio. Iniziate con alcune foglie di cavolo intere, aggiungete una manciata di sale e proseguite alternando strati di cavolo cappuccio tagliato a striscioline, aromi e sale, fino a raggiungere il bordo del vaso. L’ultimo strato deve essere una manciata di sale seguita da uno strato di foglie intere di cavolo e da altro sale. I crauti devono essere ben pressati. Chiudete il vaso con una tavola di legno tenuta ferma da un peso ed attendere almeno 1 mese prima dell’uso. A questo punto si alza il coperchio, si eliminano le foglie di cavolo intere e il liquido in esubero, si lava il coperchio e si versa dell’acqua fresca nel vaso in modo da coprire il tutto per 10 cm. L’acqua deve essere rabboccata e il coperchio lavato ogni otto giorni. I crauti si conservano in locali freschi a 8-12° C, per questo motivo è più facile prepararli in autunno/inverno. Potete provare anche: cavolo rosso, verza, cavolo rapa tagliati molto sottili.
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Alimenti fatti in casa dell’uvetta, asciutta fuori ma morbida dentro. • Salatura
Usare sale grosso, preferibilmente integrale; evitate quello iodato. Il sale disidrata la verdura, che avendo meno acqua al suo interno si conserva meglio. Disporre a strati alternati con il sale gli ingredienti scelti. Lo strato di sale deve essere alto quanto gli alimenti che deve coprire. Le verdure prima del loro utilizzo possono essere anche sciacquate, per attenuare il sapore a volte eccessivamente salato. • Fermentazione
Ad eccezione della fermentazione di yogurt e kefir, con questo metodo si pone l’ingrediente da fermentare (tagliato a pezzetti o striscioline) a contatto con uno strato di sale, che però non è abbondante come nel caso della salatura, perché serve solo a bloccare fermentazioni non desiderate e a innescare un processo di espulsione per osmosi dell’acqua dalle verdure stesse. Il sale è sempre preferibile integrale, di qualsiasi tipo. • Sotto aceto
Si può usare sia l’aceto di vino bianco (incolore) che di vino rosso (dona alle verdure un simpatico colore rosé). Ottimi anche l’aceto di mele e di riso, che aggiungono una nota insolita ai nostri piatti. L’aceto si usa sia nella cottura delle verdure, mescolato di
40 Consapevole
solito all’acqua sia come liquido per riempire i vasi. Le verdure vanno riposte nei vasi asciutte e, senza essere molto schiacciate, devono colmare tutti gli spazi vuoti. Le si ricopre poi con l’aceto
e, se qualche giorno dopo l’invasamento, risultassero scoperte in superficie, dovete aggiungerne dell’altro in modo che siano ben coperte. Sarebbe bene bollire i vasi per 5 minuti, prima di riporli.
Ricetta veloce: pomodori secchi Prendete dei pomodori sodi da sugo, tagliateli a metà o a fette sottili, condite con un pizzico di sale e origano o basilico a piacere. Disponete le fette sopra il ripiano e spaziatele accuratamente (lasciate almeno 1,5 cm fra una fetta e l’altra), senza sovrapporle. Attendere la completa essiccazione, potrebbero volerci anche 3 o 4 giorni. Potete provare anche: albicocche, uvetta, prugne snocciolate e tagliate a metà, fichi, erbe aromatiche, aglio a fettine, cipolle a fettine, mele a fettine.
Attenzione ai pericoli nelle conserve
La tossina del botulino, e molti altri batteri che possono colonizzare a nostra insaputa i vasetti, è molto pericolosa e letale, perciò chiunque voglia cimentarsi nella conservazione deve sempre tenere a mente che in caso di:
- barattolo/vaso/bottiglia con chiusura difettosa o rotta, - fuoriuscite di liquidi o altro materiale vicino alla chiusura, anche se sembra integra, - muffa non solo nel contenuto ma anche intorno alla chiusura e sotto il coperchio, - presenza di bolle di aria nel contenuto, - fuoriuscita di liquido o di gas dovuta a pressione dall’interno all’apertura del barattolo, - sottaceti dalla consistenza molle e viscida, - liquido biancastro e opaco, - odori sgradevoli e sapore di muffa, sono la spia che i cibi non sono conservati nel modo giusto e potrebbero quindi causarci un’intossicazione. Se non siete sicuri del risultato gettatelo via, non utilizzatelo per il compost, non mangiatelo.
Cucina che ti passa
Ingredienti per 4 persone: 240 g di riso integrale (preferibilmente da agricoltura biologica) 2 cipollotti freschi 1 pezzetto di radice di zenzero fresca 1 scatola di ceci precotti (preferibilmente da agricoltura biologica) 3 cucchiai di olio extra vergine di oliva 50 g di uva passa sale e pepe quanto basta
Preparazione
Lessate il riso integrale in abbondante acqua salata. Nel frattempo tritate finemente i cipollotti e metteteli in una zuppiera (che dovrà ospitare tutta la preparazione) unite la radice di zenzero grattugiata, i tre cucchiai di olio, i ceci e l’uva passa precedentemente ammollata in acqua calda. Mescolate bene, aggiustate di sale e di pepe e lasciate riposare. Una volta cotto il riso, scolatelo e lasciatelo raffreddare. Quando risulta tiepido, unitelo al condimento nella zuppiera. Lasciate raffreddare bene prima di servire.
Insalata di riso integrale con ceci
allo zenzero
Una fresca variante della classica insalata di riso che unisce le virtù della combinazione “cereali e legumi” alle proprietà digestive dello zenzero. Un piatto veloce e facile da preparare, soprattutto se si utilizzano ceci in scatola precotti: se ne trovano diverse marche da agricoltura biologica sia nei negozi specializzati che al supermercato. Per approfondire Lo zenzero: un’efficace antinfiammatorio
La ricerca farmacologica ha chiaramente evidenziato che lo zenzero svolge nelle infiammazioni ossee e articolari un’azione antinfiammatoria comparabile a quella dei FANS (i farmaci anti-infiammatori non steroidei, come l’aspirina) ma senza gli effetti collaterali di questi ultimi. Come l’aspirina, lo zenzero svolge un’azione antinfiammatoria e anti-aggregante piastrinica. Fonte: www.lalungavitaterapie.it.
Ellen Heidbohmer Curarsi con lo Zenzero Un alimento sorprendente per la salute, la bellezza e la tavola Red Edizioni, 2007
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Consapevole 41
La turbina a vento su misura con la ruota della
bici
Beth Tilston e Will Harley estratto da: Permaculture Magazine n. 63, 2010 Traduzione di Nicoletta Cherubini
B
eth Tilston e Will Harley presentano una guida dettagliata alla costruzione di una turbina a vento partendo da una ruota di bicicletta. L’idea di costruire una turbina a vento servendosi di una ruota di bicicletta è iniziata, come la maggior parte delle buone idee, in un pub. Fortunatamente l’idea è sopravvissuta fino alla fredda luce del mattino seguente e, grazie all’apporto innovativo e alle conoscenze meccaniche
42 Consapevole
di Will, all’entusiasmo di Beth, a un paio di mani volonterose e a un capanno in cui montarla, è stata costruita una turbina a vento a caricatore (modalità di carica detta “tricklecharge”), ricavata dalla ruota di una bicicletta Sturmey Archer, dotata di mozzo a dinamo interna o “dynohub”. Abbiamo costruito la nostra turbina per usarla presso il lotto di terra dove lavoriamo insieme. Trattandosi di una turbina che funziona a caricatore, non rappresenterà mai una
fonte costante di energia (ad es. non potremmo usarla per alimentare l’illuminazione di un’abitazione) ma è perfetta per il nostro lotto di terra, visto che non siamo ininterrottamente sul posto. Essendo situata sul fianco di una collina battuta dal vento (non lo sono forse tutte?) la turbina carica lentamente la sua batteria, perciò nei giorni in cui ci rechiamo all’appezzamento possiamo ascoltare la radio, ricaricare i cellulari, far funzionare le luci LED e perfino alimentare i computer portatili.
Energia
La guida
Ecco la nostra guida dettagliata per la costruzione di una turbina a vento alimentata da un caricatore di tipo trickle-charge, ricavata da una ruota di bicicletta dotata di mozzo a dinamo interna.
1 Trovare
una ruota di
Fig. 1: Ruota con mozzo a dinamo interna di una bicicletta Sturmey Archer, su cui è fissata la prima pala della turbina.
Fig. 2: Fissaggio delle pale della turbina.
bicicletta con mozzo a
dinamo interna (dynohub)
Poiché facciamo volontariato presso Cranks, un laboratorio di riparazione bici senza scopo di lucro situato nell’area di Kempton a Brighton, ci è stato facile reperire ruote del tipo “dynohub”, ma anche senza avere a portata di mano la bottega di un ciclista non dovrebbe essere troppo difficile localizzare questo componente. Lo potete trovare su eBay o in un deposito di ferraglia locale e anche presso una rivendita di biciclette di seconda mano. Le ruote di questo genere si possono reperire anche nuove, ma sono un po’ più costose, quindi è più economico procurarvene una usata, se vi è possibile. Le dynohub delle biciclette Sturmey Archer si trovano facilmente poiché ne sono state prodotte tantissime, che poi sono tramontate a causa del loro peso e dell’epoca di fabbricazione. I mozzi a dinamo interna sono utili, poiché:
Avrete bisogno di: Attrezzi
smerigliatrice angolare o seghetto taglierina o cutter uno o più tipi di sega trapano pennelli per verniciare
Componenti
ruota di bicicletta dotata di mozzo a dinamo interna vecchia bicicletta con forcelle abbastanza lunghe da alloggiare la ruota un cavo elettrico bipolare morsetti tavola del tipo usato per cartelli plastificati fascette per cablaggio bulloni cavo da freni vernice per ambienti esterni palo di legno da 50 x 50 mm,
a) tendono a essere facilmente installabili su una ruota che consente il montaggio di pale, e b) costituiscono un generatore magnetico permanente, dotato di un magnete mobile e bobine statiche. Inoltre, essendo
lungo 2-3 m, da usare come palo di sostegno fascette metalliche a vite grandi
Componenti elettronici necessari per il rettificatore
condensatore (o capacitore) da 1.000 micro farad VH50E ponte rettificatore 60V 2A AQ98G diodo Schottky N91CA 3A basetta millefori su cui costruire il circuito
Altri componenti necessari
convertitore step-up (innalzatore di voltaggio) che funzioni a 12 V pila da 12 V
progettati per le biciclette, sono decisamente a prova di intemperie e hanno cuscinetti concepiti per sostenere il peso dei ciclisti, il che li rende molto robusti. Inoltre sono progettati anche per dare una buona resa a basso regime.
Consapevole 43
Fig. 3: Turbina che mostra il cavo inserito al centro dello sterzo per impedirne l’aggrovigliamento.
2
Trovate uno sterzo e delle forcelle, e collegate il cavo elettrico (fig.
3) Per reggere la ruota della turbina permettendole sfruttare il vento, sono state usate le forcelle e la serie sterzo di una vecchia bicicletta. Per svolgere questo compito abbiamo usato una smerigliatrice angolare allo scopo di risparmiare tempo, ma si potrebbe usare anche un seghetto dotato di lama nuova. Può essere utile conservare i moncherini del tubo superiore e di quello inferiore allo scopo di favorire il fissaggio della serie sterzo al palo di sostegno. L’unica misura fondamentale in questo caso è quella della forcella, che deve permettere l’alloggio della ruota utilizzata. Un cavo elettrico bipolare è stato collegato alle due appendici laterali del corpo del mozzo, è stato fatto scendere attraverso la parte centrale dello sterzo e assicurato con fascette per cablaggio lungo la parte inferiore della forcella. Questo consente alla turbina di ruotare di 360° senza provocare l’aggrovigliamento del cavo.
44 Consapevole
Fig. 4: Trapanazione dei fori per il fissaggio delle pale alla ruota.
3 Aggiungete le pale (fig. 4) Abbiamo ricavato le pale da un cartello esposto da una agenzia immobiliare e le abbiamo ritagliate affinché assumessero la giusta misura per essere collocate tra il mozzo e il cerchio della ruota che stavamo utilizzando. Si può utilizzare qualsiasi altro materiale durevole che abbia un minimo di flessibilità, ad esempio altri tipi di fogli in plastica o grondaie. Abbiamo fissato le pale mediante un filo di ferro, assicurandole ai raggi della ruota per mezzo di buchi praticati su di esse. La configurazione della vostra ruota probabilmente vi fornirà l’angolazione naturale in cui disporre le pale. È importante che le pale seguano tutte la medesima angolazione! Se riuscite a imprimere una certa curvatura alle pale (in modo da posizionare le loro estremità superiori più vicino all’angolazione del cerchio della ruota e le loro estremità inferiori più vicino all’angolazione dell’asse) è ancora meglio.
Fig. 5: Braccio di montaggio dell’aletta, imbullonato attraverso il foro di montaggio dei freni.
4
Aggiungete una aletta (fig. 5 e 5 bis) Avete bisogno di fissare una aletta alla vostra turbina per farle prendere il vento e per mantenercela. Noi abbiamo costruito la nostra con del compensato da 9 mm. È difficile indicare una sagoma precisa da seguire per l’aletta, ma come regola di base fatela grande la metà della superficie ricoperta dalla ruota. Più lungo è il braccio a cui l’aletta è assicurata, più piccola può essere quest’ultima. Se scoprite che la vostra turbina non prende bene il vento, aumentate le dimensioni dell’aletta o allungate il supporto al quale è fissata. Potete dare qualunque forma desideriate
Energia
Fig. 5 bis: L’aletta è installata.
alla vostra aletta, purché la sua superficie sia abbastanza estesa da poter orientare la turbina nel vento. Noi abbiamo usato un tubo di acciaio come sostegno per la nostra aletta e l’abbiamo imbullonata al tubo in due punti. L’altra estremità del tubo è stata perforata col trapano e imbullonata attraverso il foro dei freni presente sulle forcelle, usando un solo bullone. La parte posteriore dell’aletta è stata assicurata a un cavo da freni metallico fissato agli agganci del parafango presenti sulle forcelle.
5 Dipingete la vostra turbina
Idealmente la verniciatura dovrebbe tener conto del fatto che la turbina sarà costantemente esposta alle intemperie, giorno e notte, per molto tempo.
Fig. 6: La turbina è assicurata al palo di sostegno mediante fascette metalliche a vite.
6 Trovatele una
posizione esposta ai venti
La turbina ha bisogno di essere il più possibile in posizione ariosa, quindi applicate i principi della permacultura e dedicate un po’ di tempo a osservare dove si trova il punto meglio esposto al vento. Sulle Isole britanniche il vento prevalente in genere spira da sud-ovest, quindi se avete dei dubbi sistemate la turbina in un punto arioso qualsiasi, orientandola verso sud-ovest. Noi abbiamo usato un palo di sostegno in legno di pino da 50 mm2 per montarci la turbina, ma voi dovrete scegliere il vostro palo a seconda del peso e delle misure della vostra turbina e delle condizioni a cui sarà sottoposta. Se nutrite qualche dubbio, optate pure per una robustezza maggiore, poiché un palo
di sostegno più forte del dovuto non influenzerà il suo rendimento. I metodi di montaggio variano e dipendono dall’improvvisazione. Noi abbiamo avvolto delle fascette metalliche a vite intorno al tubo dello sterzo e al palo di legno, stringendole al massimo.
7 Collegate la vostra
turbina a una batteria
(fig. 7) Avrete bisogno di una batteria per conservare tutta quell’energia gratuita! La batteria comunemente più usata per i piccoli generatori sembra essere quella a 12 V. Gran parte delle automobili funziona a 12 V, quindi sono disponibili molti dispositivi compatibili con quel voltaggio. Quando collegate il mozzo a dinamo alla batteria, dovrete ricordare
Consapevole 45
Energia
Fig. 7: Rettificatore.
Fig. 8: Turbina situata nell’appezzamento e montata su un alto palo di sostegno per garantire ariosità.
che questi mozzi di solito generano corrente alternata, mentre la batteria richiederà corrente continua. Alcuni
vecchi mozzi hanno un rettificatore incorporato, ma se il vostro non ce l’ha dovrete usare un ponte
rettificatore per convertire la corrente da alternata a continua. Per questo motivo il voltaggio di 6 V prodotto
Gli autori Beth Tilston è un’attivista di Brighton impegnata nella mobilitazione rivolta a ottenere cambiamenti positivi. È fondatrice dell’impresa sociale Go Light (si veda il sito nei iferimenti) che collabora con enti e comunità al fine di realizzare azioni positive per la cosiddetta strategia di “energy descent”. Sta anche scrivendo un libro basato sulle sue esperienze personali in tema di alimentazione, raccolte nutrendosi per un anno di alimenti reperiti in un raggio di circa 160 km rispetto al luogo in cui viveva. Will Harley è ingegnere e project manager, lavora a Brighton e dimostra un particolare interesse verso la tecnologia su piccola scala di tipo fai-date e sostenibile. Will presta volontariato presso un laboratorio di riparazione biciclette che fornisce servizio gratuito e recentemente ha dato una mano a installare un sistema di energia eolica su piccola scala nell’appezzamento di terreno di suoi amici. Sarebbe interessato a ricevere notizie su qualunque altro progetto impegnato nel fare buon uso di materie di scarto. Contattate Will al seguente indirizzo email: will_harley@hotmail.com.
46 Consapevole
Energia dal mozzo a dinamo dovrà essere elevato a 12 V. Troverete istruzioni su Internet su come effettuare questa operazione (vedi Riferimenti). Sono un po’ più complicate da mettere insieme rispetto al rettificatore. I processi di carica in modalità tricklecharge della turbina sono raramente ottimali per la maggior parte delle batterie, quindi la durata e le prestazioni della batteria potranno variare. Esistono molte risorse su Internet in materia di batterie (vedi Riferimenti). Abbiate cura di ventilare bene l’area di alloggiamento della
batteria, poiché le batterie a piombo/acido in carica rilasciano idrogeno, che può dar luogo a una mistura esplosiva a contatto con l’aria se vengono custodite in uno spazio limitato.
8 Mettetevi comodi e
lasciate che il vento
faccia il suo lavoro...
Riferimenti www.reuk.co.uk/Sturmey-Archer-Dynohup.htm www.reuk.co.uk/12-volt-Deep-Cycle-Batteries-for-Solar.htm www.reuk.co.uk/Bridge-Rectifier.htm www.electronics-lab.com/projects/power/030/ www.dimensionengineering.com www.cranks. org.uk www.golight.org.uk
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Granarolo e Lucca città
in Transizione
T
rovare soluzioni concrete al picco del petrolio e al cambiamento climatico: ecco il principale scopo del movimento della Transizione. Le Transition Towns nascono in Gran Bretagna – sulla scia di alcuni apripista come la città di Totnes, nel Devon – e si diffondono a macchia d’olio in tutto il mondo, Italia compresa. Il successo del movimento della Transizione risiede nella sua capacità di delineare percorsi praticabili e risposte efficaci per ogni tipo di comunità: è la comunità stessa che viene spinta a sviluppare la propria resilienza, ovvero la capacità di far fronte in maniera autonoma ai propri bisogni (energetici, alimentari, produttivi). Permacultura, autoproduzione, autosufficienza sono alcune delle parole chiave del movimento che si declinano, nel concreto, nella realizzazione di orti sinergici condivisi, nella creazione o nel potenziamento di gruppi di acquisto solidali, nello sviluppo delle energie rinnovabili,
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La redazione
nell’autoproduzione di beni e servizi, nella condivisione della vita in comunità. In Italia sono ormai diverse le città in Transizione: alcune hanno intrapreso questo percorso già dal 2008, quando il movimento è approdato per la prima volta in Italia; altre si stanno avvicinando ora a questa avventura. Tra queste abbiamo scelto Granarolo e Lucca per un’intervista doppia in cui le due realtà in Transizione si raccontano e si confrontano. Patrizia Pappalardo di Lucca e Daria Casali di Granarolo ci raccontano la “loro” città in Transizione. Cosa significa per voi essere in Transizione? Perché avete scelto di sposare questo progetto? Lucca: Significa darci un’opportunità di ricostruire la nostra vita e il rapporto che abbiamo con il mondo che ci circonda, dal rapporto con l’ambiente alle relazioni umane. Sentiamo l’esigenza di costruire un altro modo di vivere: prima di avvicinarci al movimento della Transizione esprimevamo questa esigenza facendo parte di un GAS,
occupandoci dell’orto, auto producendo, scambiando fra amici oggetti e prodotti. Eravamo già in Transizione senza esserne consapevoli. Quello che ci ha colpiti è la visione di questo movimento, la capacità di dare un nuovo riferimento culturale che si allontana dall’individualismo e dal consumismo. Granarolo: Essere in Transizione significa soprattutto essere consapevoli che il modello occidentale e sviluppista non potrà continuare. Abbiamo sposato la filosofia della Transizione perché fornisce gli strumenti affinché una comunità di persone possa agire attivamente per giungere allo “sviluppo sostenibile”. Riuscire a creare comunità a “basso consumo” è l’obiettivo di ogni città in Transizione, ma la sfida per noi è riuscire a mantenere un’alta qualità della vita nonostante i ridotti consumi energetici. Questa sfida si basa sulla consapevolezza che gran parte del nostro benessere non deriva dal livello di consumi quanto dal grado di coesione sociale delle persone.
Comunità Come è nato il gruppo sulla Transizione nella vostra città? Lucca: È nato da un gruppo di amici che già si incontravano all’interno del GAS e nelle attività di piccole associazioni del territorio. Dopo il primo “Transition Training” a Monteveglio nel 2008 abbiamo iniziato a parlare di Transizione e abbiamo iniziato questo percorso. Granarolo: Il gruppo iniziale (o gruppo guida) di Granarolo è nato nello stesso periodo in cui ha preso forma anche l’associazione nazionale, nell’ottobre 2008. Era appena terminato il primo transition training, durante il quale abbiamo avuto il piacere di conoscere Naresh Giangrande e Sophy Banks, due dei fondatori del movimento della Transizione residenti a Totnes, Gran Bretagna. L’entusiasmo era tanto, la voglia di fare qualcosa ci aveva pervaso, il movimento della Transizione sembrava dare risposta a tante nostre domande.
Granarolo
La campagna di Granarolo Il Palazzo del Municipio - Granarolo
Che tipo di progetti state portando avanti? Lucca: In questo momento come gruppo stiamo lavorando con altre associazioni del territorio alla realizzazione di un progetto di agricoltura sostenuta dalla comunità. Stiamo organizzando un piano con un agronomo e tre aziende agricole definendo
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Comunità
Lucca
Non possiamo tornare ad un passato che non c’è più, ma possiamo creare un futuro dove permetteremo che il rispetto della vita avvenga mediante un’integrazione sinergica. E non saranno i bei discorsi e le buone intenzioni che ci porteranno le soluzioni, ma l’azione coerente di una società di persone coscienti e collaboranti Emilia Hazelip
Cinta muraria - LUCCA Veduta aerea - LUCCA
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un patto per cui chi acquista diventa co-produttore. Singolarmente ogni persona segue anche un suo personale percorso: un’amica sta realizzando una propria fattoria in permacultura, io partecipo allo sviluppo di un progetto di cohousing. Granarolo: Uno dei concetti chiave della filosofia della Transizione, mutuato dalla Permacultura, è “lavora con e non contro”. È così che grazie alla sinergia tra Transizione e Banca del Tempo tra dicembre 2008 e gennaio 2009 è nato un gruppo d’acquisto solidale a Granarolo. Da allora, la Transizione a Granarolo procede a piccoli passi e in varie direzioni: potenziamento del GAS, contatti con il gruppo nazionale GAS Energia per acquistare e produrre energia pulita e rinnovabile, adesione al progetto Gasbofai-da-te per imparare tecniche di autoproduzione alimentare e non.
Comunità In che modo cercate di coinvolgere la cittadinanza e di ampliare la condivisione del progetto? Lucca: Utilizzando alcune metodologie apprese dal movimento: attraverso la visione di film, facendo rete con le realtà locali, organizzando degli incontri di discussione, confrontandosi in ogni occasione con i nostri vicini, amici, conoscenti, partecipando e organizzando feste, cene a tema, banchetti informativi, organizzando degli scambi di lavoro negli orti. Granarolo: A Granarolo, il progetto di Transizione si sta ampliando sulla base delle reti di persone già esistenti. L’umanità oggi si trova ad affrontare due problemi di enorme portata: il picco del petrolio e i cambiamenti climatici. A Granarolo cerchiamo di diffondere la consapevolezza rispetto a questi problemi insieme alle soluzioni che la comunità è in grado di trovare. Fino La Transizione in Italia Il blog della rete italiana della Transizione http://transitionitalia.wordpress.com/ Granarolo in Transizione http://granaroloinTransizione.wordpress.com/ Lucca in Transizione http:// luccainTransizione.wordpress.com/ Marco e Daria in Transizione a Granarolo http://marcoedaria.blogspot. com/
ad oggi il coinvolgimento è avvenuto a livello personale e le iniziative avviate sono si sono rivolte ai temi dell’energia, del riciclo e del consumo critico. Questi progetti stanno funzionando particolarmente bene, proprio perché le persone sanno che la forza del progetto risiede nella condivisione dello stesso. Quali consigli vi sentite di dare a coloro che, in altre città, vogliono creare un gruppo sulla Transizione? Lucca: Di mettersi in contatto con Transition Italia, di vedere se ci sono realtà vicine con cui confrontarsi e scambiare idee, di seguire uno dei Transition Training organizzati durante l’anno. Ma soprattutto di iniziare a guardare con altri occhi quello che ci circonda e immaginare un mondo diverso. Granarolo: Avviare un’iniziativa di Transizione è semplice: basta solo la voglia di trovare soluzioni condivise ai problemi che la comunità affronta. Allo stesso tempo è difficile perché nella maggior parte dei casi occorre creare rapporti umani con le persone del paese in cui si vive. Il consiglio che possiamo dare da Granarolo è cercare i gruppi di persone più attivi sul territorio, siano essi i volontari di Amici della Terra, l’Arci, il GAS, la parrocchia, un gruppo di auto mutuo aiuto: l’importante è condividere
dei valori e il valore più importante è la voglia di affrontare insieme tutti i temi che un’iniziativa di Transizione comporta. Si ringraziano i Comuni di Granarolo e Lucca per la gentile concessione delle immagini a corredo dell’articolo.
Per approfondire
Rob Hopkins Manuale Pratico della Transizione Dalla dipendenza dal petrolio alla forza delle comunità locali Arianna Editrice, 2009 Pagine 283 – euro 18,50
Autori Vari Vivere Senza Petrolio The Power of Community (DVD) Macrovideo, 2009 DVD + Libretto – euro 19,50
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La fattoria dell’
autosufficienza A Bagno di Romagna prende il via un progetto in permacultura
A pochi km da Cesena, sull’Appennino Romagnolo sta nascendo un’isola autosufficiente sia dal punto di vista energetico che alimentare, un ciclo virtuoso dove i rifiuti diventano materie prime e concime, un’agricoltura dove si stimola la biodiversità e l’aiuto reciproco fra le piante, una cucina dove solo i cibi più buoni e salutari possono entrare, una scuola di buone pratiche per adulti e piccini Angelo Francesco Rosso
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oprattutto negli ultimi tempi, in Italia sempre più persone si stanno orientando verso un tipo di agricoltura che non danneggi l’ambiente, un modo di costruire ad alta efficienza energetica e sostenibile, e un uso razionale dell’energia che ha fatto sì che molti (soprattutto per business) si sono buttati nel mondo delle energie alternative. Nonostante questo però, i centri dove poter mettere in pratica tutte queste cose sono ancora pochi; così come sono pochi quelli che si occupano di permacultura.
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raggiungibile in automobile Il libro Introduzione alla permacultura di Bill Mollison (a 3 km di strada asfaltata dall’uscita della superstrada e il viaggio in Germania E45), sito nella Comunità all’EUZ hanno fatto Montana dell’Appennino crescere in me il desiderio di contribuire a portare anche in Cesenate nel Comune di Bagno di Romagna, ben Italia un grande esempio di progettazione in permacultura soleggiato perché esposto a sud-est, ricco di acqua perché che potesse essere di spinta provvisto di proprie fonti e per le istituzioni che stanno di biodiversità perché non pensando di orientarsi verso coltivato da anni. un programma più ecologico e per i privati e professionisti I primi passi nel presente che vogliono imparare a vivere nel rispetto della natura. Grazie alla collaborazione con esperti quali John Button Così nel gennaio del 2009 ho e Sergio Abram e al prezioso acquistato 68 ettari di pratoaiuto di Elena Parmiggiani, pascolo e bosco abbandonati nella primavera del 2010 da circa un decennio. Un abbiamo cominciato a posto bellissimo, facilmente
Aziende Virtuose muovere i primi passi verso la concretizzazione della fattoria. Un ettaro e mezzo ospita già 40 varietà antiche di meli della Val di Non, oltre a diverse varietà di frutti di bosco, varie specie di alberi da frutto e 600 metri di siepe ricca di piante fra le quali il biancospino, la pyracanta, l’olivello spinoso, il nocciolo, poncirus, berberis e sorbi. Sono anche stati installati i primi nidi per uccelli e presto saranno realizzati i primi swales (i canali per trattenere l’acqua), stagni e terrazzamenti. Entro l’estate contiamo di avere già una piccola struttura in legno dove potranno essere svolti i primi corsi, soprattutto di progettazione, in modo che chiunque vorrà, potrà contribuire con idee e intuizioni alla realizzazione della fattoria dell’autosufficienza. Prospettive per il futuro
Il mio sogno è che, con il tempo, si possa avere anche in Italia, come nel resto d’Europa, un grande centro di raccolta dati del settore legato all’autosufficienza, che possa essere una vetrina e di risalto per tutte le realtà che stanno intraprendendo questa strada e una spinta per le istituzioni che salvo rare eccezioni sembrano non accorgersi ancora del fermento provocato dalle persone che si sono stancate di mangiare cibi avvelenati, di respirare aria inquinata, bere acqua sporca ecc. Vorrei che in futuro la fattoria
Il mio sogno è che si possa avere anche in Italia un grande centro di raccolta dati del settore legato all’autosufficienza diventasse un luogo che possa essere un esempio pratico e non solo teorico di come si può fare agricoltura in un altro modo, dove i contadini – e non solo loro – possano rendersi conto che è possibile assecondare gli ecosistemi che esistono già in natura con minori sforzi e maggiori risultati. Un grande parco di sistemi per la produzione di energia e calore dal sole, dall’acqua, dal vento e dalla terra. Un insieme di costruzioni eco-efficienti il meno impattanti possibili in
legno, paglia, pietra ecc. a confronto con pregi e difetti in risalto. Una grande scuola aperta a tutti dove le cose prima si studiano poi si mettono in pratica, e dove i migliori insegnanti di tutto il mondo possano essere ospitati per tenere i loro seminari. Un luogo che permetta di unire sempre più le varie associazioni, scuole, iniziative ecc. per dargli maggiore forza in Italia e nel mondo. Tutto questo vuole essere la fattoria dell’autosufficienza.
Angelo Francesco Rosso Classe ’85, vive a Cesena ma conta di trasferirsi presto nella fattoria di Bagno di Romagna. È amministratore delegato di Macrolibrarsi (azienda etica che opera nella vendita online di libri), vicepresidente di LA.RI.CO (associazione di promozione sociale) e presidente della fattoria dell’autosufficienza. Crede fermamente che tornare ad auto-prodursi la maggior parte di ciò che si consuma sia l’unica strada per non andare incontro ad un imminente disastro ecologico e sociale.
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l sapone era già conosciuto circa 4500 anni fa presso i Sumeri dove veniva utilizzato a scopo terapeutico e cosmetico. Nel medioevo solo i ricchi lo usano per il bucato, mentre il resto della popolazione usava la cenere. Nei primi anni del ’900 viene messo a punto il “Persil”, il primo detersivo
completo a base di sapone, soda, silicato e perborato. Solo più tardi intorno agli anni ’60 vengono introdotte le prime sostanze detergenti sintetiche: trifosfato di sodio come addolcitore, regolatori di schiuma, sbiancanti ottici e ammorbidenti. Le sostanze primarie per la produzione del sapone sono la liscivia
(idrossido di sodio), grassi vegetali e animali. Mediante la cottura di queste sostanze si formano glicerina e sapone che con l’aggiunta di sale da cucina si separano in: sapone solido, glicerina e un residuo di liscivia. Usando ad esempio l’olio d’oliva come grasso vegetale, si ottiene il sapone di Marsiglia.
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Composizione di un detersivo da bucato convenzionale Tensioattivi anionici: sono la parte lavante del detersivo (i cosiddetti saponi) perché rimuovono le particelle di grasso riuscendo a rompere la tensione superficiale dell’acqua. Tensioattivi cationici: la sostanza attiva è costituita dal cosiddetto ammorbidente che forma una pellicola sulle fibre dei tessuti e ne riduce l’assorbenza di circa il 20%. Nel successivo lavaggio ciò comporta la necessità di aumentare la dose del detersivo. Essendo questi composti fortemente batterici, non solo modificano il funzionamento degli impianti di depurazione, ma distruggono anche la flora batterica della cute umana (manto protettivo). Sequestranti: riducono la durezza dell’acqua. Sono in genere tripolifosfati che creano problemi di eutrofizzazione nelle acque o l’EDTA (etildiamminoteracetato) che rende solubili i metalli pesanti inserendoli nella catena alimentare (branzino al mercurio!). Sbiancanti: candeggianti per togliere macchie di frutta o verdura come il perborato di sodio, velenoso perché libera boro nelle acque provocando moria di pesci. Sbiancanti ottici: coloranti fluorescenti alla luce ultravioletta che fanno sembrare bianco il tessuto, depositandosi sulla fibra come una patina. A contatto con il pH della pelle (5.5) si sciolgono e rallentano la coagulazione del sangue: sono infatti vietati nelle garze. Coprenti, coloranti e conservanti: profumi sintetici sono
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usati per coprire gli odori mentre la formaldeide (cancerogena) viene usata per conservare. Enzimi: servono a decomporre le proteine non idrosolubili (sangue, latte, cioccolata) e sono costituiti da proteasi ricavate dalla fermentazione di ceppi batterici in amido. Possono provocare asma allergico ed eczemi. Riempitivi: privi di potere lavante servono a fluidificare il prodotto e ad aumentare i margini di guadagno rendendo più economica la produzione. Inibitori del grigio: sono sostanze come la cellulosa che tengono in sospensione lo sporco risultante nel lavaggio, evitando che si depositi nuovamente nelle fibre.
Composizione di un detersivo ecocompatibile Componente tensioattiva: più costosi, ma composti da molecole biodegradabili, i tensioattivi amfoteri (a carica positiva e negativa) si utilizzano al posto dei tensioattivi anionici e cationici. Si ricavano dall’olio di palma, di cocco o dalla barbabietola da zucchero. Componente fosfatica: i silicati come le zeoliti o il citrato solido sostituiscono l’inquinante tripolifosfato di sodio (SPT). Sbiancanti: come sbiancante al posto del perborato di sodio viene usato il percarbonato di sodio. Il resto dei componenti non è presente perché completamente inutile!
Il sapone lo faccio
in casa!
Cambiamo il mondo partendo da un piccolo gesto
I
n un mondo sempre più globalizzato, una possibile risposta alle molteplici crisi che stiamo affrontando, passa anche attraverso la riscoperta di saperi antichi che possano tradursi in un moderno saper fare. Si fa strada, pur se lentamente, l’idea che la decrescita del pil sia il sentiero più sensato da percorrere per ridurre il nostro impatto sul pianeta e l’autoproduzione di beni essenziali rientra perfettamente in questo nuovo paradigma di stili di vita Fare il sapone in casa non è tra le cose più semplici da realizzare, ma con l’entusiasmo e la costanza che devono contraddistinguere chi davvero crede che un mondo diverso inizia pur sempre dai piccoli passi, possiamo ovviare al problema. Così come per ogni forma di autoproduzione anche i vantaggi del sapone fatto in
Andrea Bizzocchi
3 ingredienti Gli ingredienti di base del sapone naturale sono tre: z grassi e oli di origine vegetale o animale, z soda caustica, z un liquido in cui si dissolve la soda caustica. Bisogna utilizzarli tutti e tre perché altrimenti non c’è saponificazione, cioè non si fa il sapone. Partiamo dai grassi. Per fare il sapone si può utilizzare qualunque tipo di grasso, ma ognuno di essi conferisce al sapone una sua propria particolarità. Nella nostra prova utilizzeremo olio extravergine di oliva (meglio se biologico). Altri oli sono quello di mandorla, di cocco (che “schiuma” bene), di palma (che però presenta forti controindicazioni di carattere ambientale per via della deforestazione necessaria alle colture e ai lunghi trasporti) e altri ancora. Particolarmente buono, ma anche particolarmente costoso, è il burro di Karitè. La soda caustica, secondo ingrediente fondamentale, è il nome comune dell’idrossido di sodio (il cui simbolo chimico è NaOH). Utilizzate soda pura al 99%. Da ultimo l’elemento liquido che è necessario per sciogliere la soda caustica. Normalmente si utilizza acqua distillata ma anche quella del rubinetto va benissimo (a patto che non sia troppo carica di cloro). In alternativa all’acqua si può usare tè, spremute di frutta o verdura o addirittura latte. In aggiunta ai tre ingredienti base si possono utilizzare oli essenziali per la profumazione del sapone (decisamente da scartare l’impiego delle fragranze che sono profumazioni di origine sintetica) oppure coloranti e in tal caso potete lasciare galoppare la vostra fantasia: caffè, paprika, miele, curcuma (particolarmente indicata per disinfettare la pelle), argilla verde ventilata (che presenta qualità astringenti) ecc. Per la colorazione si possono anche utilizzare pigmenti destinati all’uso cosmetico.
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Autoproduzione casa sono numerosi: da quello economico alla possibilità di scelta di ingredienti naturali e locali, dalla diminuzione degli imballaggi a quella dei trasporti, per arrivare al mancato sostentamento economico degli inquinatori e sfruttatori di professione, spesso anche responsabili di esperimenti su cavie animali. Prima la sicurezza
Anzitutto, qualche cenno per preparare il sapone in assoluta sicurezza. Queste poche regole fondamentali sono da osservare scrupolosamente. 1) La soda caustica (utilizzata per i saponi solidi, mentre per quelli liquidi si utilizza potassio caustico) è altamente corrosiva e può provocare ustioni e ferite, ragion per cui va assolutamente conservata in un barattolo ermeticamente chiuso e al di fuori della portata dei bambini e anche di eventuali animali domestici. 2) Utilizzate guanti di gomma da cucina o in lattice usa e
I vantaggi del sapone fatto in casa sono numerosi: da quello economico alla possibilità di scelta di ingredienti naturali e locali, dalla diminuzione degli imballaggi a quella dei trasporti getta, maschera facciale filtrante (la si trova nei negozi che vendono articoli per la sicurezza) per evitare l’inalazione dei vapori della soda, occhialini (quelli da piscina vanno benissimo), camice (o abiti vecchi).
Utensili
Gli utensili necessari per il metodo a freddo
z Una bilancia elettronica, z un termometro in grado di misurare temperature da -10 °C a + 110 °C, z una pentola di acciaio inox, z un recipiente in vetro o ceramica resistente alle alte temperature per
dissolvere la soda nel liquido, z un cucchiaio di acciaio inox per dosare la soda caustica e uno di legno per miscelare. Ricordate di evitare assolutamente qualunque elemento in alluminio (che sarebbe corroso dalla soda), z un frullatore a immersione e vecchie coperte per avvolgere gli stampi e tenerli caldi una volta che vi è stato versato il sapone liquido. Come stampi utilizzate quello che vi pare, adattate vecchi contenitori, l’importante è che siano resistenti alle alte temperature e anche alla soda caustica. I migliori sono quelli in silicone.
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Facciamo il sapone
E ora vediamo come procedere per la preparazione del sapone. 1) Preparate l’area di lavoro: una stanza apposita o anche la cucina. Considerata la potenziale pericolosità dell’operazione è importante che non siano presenti i bambini. 2) Indossate guanti, mascherina, occhialini e camice. 3) Pesate la soda caustica utilizzando un cucchiaio di acciaio inox ed una bilancia elettronica di assoluta precisione. Pesate l’acqua. 4) Versate lentamente la soda nel liquido utilizzato facendo attenzione a non provocare schizzi. Mescolate adagio con il cucchiaio in modo che la soda si sciolga completamente. Per effetto della reazione chimica la temperatura del composto soda-liquido raggiunge gli 80 °C circa. Il contenitore va quindi coperto e lasciato raffreddare in un luogo sicuro. 5) Mettete una pentola di acciaio inox sulla bilancia e pesate l’olio. Mettete la pentola sul fornello. Scaldate a fuoco bassissimo fino a raggiungere una temperatura di 45 °C mescolando di tanto in tanto. 6) Misurare la temperatura della soda. Una volta che ha raggiunto i 45 °C, versatela lentamente nell’olio (e non viceversa). Mescolate bene con cucchiaio di legno. 7) Usate un frullatore ad immersione per far diventare il composto cremoso in tempi più rapidi. 8) Quando il composto ha raggiunto una sufficiente cremosità, aggiungete gli oli essenziali per la profumazione e pigmenti naturali o altro per la colorazione. Mescolare lentamente con il cucchiaio di legno. 9) Versate il sapone cremoso nello stampo prescelto e isolate bene con stracci o coperte perché stia al caldo. 10) Lasciare il sapone coperto nello stampo per 48 ore e poi per almeno un mese in luogo asciutto e fresco per la stagionatura. La stagionatura serve a far perdere umidità al sapone e a farlo solidificare. Più è lunga, meglio è.
Autoproduzione 3) Le attrezzature di sicurezza vanno indossate ogni volta che si pesa la soda, si prepara la soluzione di liquido e soda, si versa la soda nei grassi, si mescola il sapone, si versa il sapone nello stampo. Onde scongiurare possibili irritazioni cutanee, è consigliabile indossare i guanti fino ad un mese di stagionatura. Fate attenzione: con la soda non si scherza. Metodi di lavorazione
I metodi per fare il sapone in casa sono due: z il metodo a freddo che sfrutta il calore prodotto naturalmente dalla reazione chimica per produrre la saponificazione; z il metodo a caldo che utilizza invece fonti di calore esterne.
3 ricette facili Sapone all’olio di oliva Ingredienti: 1000 gr di olio (possibilmente extravergine) di oliva, 300 gr di acqua distillata, 128 gr di soda caustica. Si possono inoltre aggiungere 10/15 ml di olio essenziale a scelta. Sapone Mediterraneo Ingredienti: 50 gr di olio di germe di grano, 950 gr di olio extravergine di oliva, 300 gr di succo di carota puro e senza zucchero o additivi, 128 gr di soda caustica.
tracce di acqua. Questo sale si ottiene attraverso una reazione chimica, detta appunto saponificazione. La reazione che produce il sapone avviene ogni qualvolta In questa sede prenderemo in una base alcalina (soda considerazione unicamente il metodo di produzione a freddo caustica o potassio caustico per i saponi liquidi) viene perché è più facile e dunque diluita in un liquido e fatta maggiormente indicato per reagire con un acido (i grassi principianti. vegetali come nel nostro caso, Dal punto di vista chimico o altrimenti grassi di origine il sapone naturale è un animale). composto di sale sodico di acidi grassi, unito a glicerina e
Si possono inoltre aggiungere 20 ml di olio essenziale a scelta.
Sapone di olio di oliva e cocco Ingredienti: 750 gr olio di oliva, 200 gr di olio di cocco, 50 gr olio di ricino, 300 gr di acqua, 136 gr di soda caustica.
Si ringrazia “La Saponaria” di Fano (www.lasaponaria.it) per la preziosa collaborazione. Ulteriori dettagli sono consultabili sul sito www.ilmiosapone.it, nonché sul sito in lingua inglese www.soapnaturally.com. Da ultimo un ringraziamento ad un amico mastro saponaio che non desidera essere citato perché “tutti i saperi si perdono nella notte dei tempi e non sono ascrivibili ad alcun uomo”.
Per approfondire
Andrea Bizzocchi Vive fra l’Italia e il Costa Rica, paese a cui ha dedicato il suo ultimo libro Puravida e Altri Racconti Raminghi (Terra Nuova Edizioni 2010). Si interessa in particolare di ecologia profonda e popoli tradizionali. Ha pubblicato i saggi Piccole riflessioni di un criceto in gabbia e Ritorno al passato. La Fine dell’era del Petrolio e il Futuro che ci attende.
Patrizia Garzena-Marina Tadiello Il tuo sapone naturale. Metodi, ingredienti, ricette Edizioni Fag Pagine 230, euro 15,90
www.macrolibrarsi.it
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Gemmoderivati, come prepararli in casa
Nei gemmoderivati, un metodo semplice ed efficace che si può fare anche in casa, è racchiusa tutta l’energia degli alberi Lucilla Satanassi - Remedia
Ogni albero ritrova nel turgore delle proprie gemme primaverili l’innocenza del fanciullo; ripulito e sobrio riparte da zero dai suoi tessuti embrionali pronti a divenire ogni tessuto, ogni organo. In ogni gemma si racchiude tutto il divenire possibile. C’è un momento dentro la gemma in cui ogni cellula è giovane allo stato puro: è la rinascita che ogni albero vive ogni primavera. È possibile raccogliere questo messaggio dalle gemme degli alberi e mantenerlo inalterato nel tempo con la preparazione dei gemmo derivati
Per le loro caratteristiche particolari e grazie al loro contenuto di enzimi, fattori di crescita, vitamine, proteine, aminoacidi, acidi nucleici,
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auxine, ormoni vegetali ecc., i gemmoterapici esercitano un’azione molteplice nell’organismo: - a livello energeticovibrazionale apportano l’impulso della crescita oltre al messaggio particolare di ogni meristema; - drenano dall’organismo le scorie metaboliche e altre tossine accumulate; - armonizzano i processi biochimici dell’organismo; - stimolano i processi riparativi; - modificano gli squilibri del “terreno” in modo dolce e profondo. Il gemmoderivato raccoglie tutta l’energia contenuta nelle gemme o nelle parti in via di accrescimento e rappresenta l’idea concentrata della forma che la pianta assumerà. La raccolta delle gemme e degli altri meristemi avviene
a mano direttamente sulla pianta o al massimo da rami tagliati al momento della raccolta. Preparazione
La preparazione di un gemmoderivato è abbastanza semplice e può essere fatta da chiunque se si seguono poche regole ma fondamentali. Il momento della raccolta è determinante per la qualità e deve avvenire nel tempo balsamico (il periodo in cui la pianta medicinale presenta la più alta concentrazione di principi attivi, adatto quindi alla sua raccolta), che dipende dal meristema, cioè il tessuto vegetale le cui cellule sono in grado di riprodursi, utilizzato: - le gemme si raccolgono quando si sono gonfiate e prima che sboccino; - i giovani getti subito dopo lo sboccio delle gemme;
Curarsi con le piante - i boccioli prima della loro apertura; - la corteccia da piante o rami giovani al momento della montata della linfa; - la linfa prima che appaiano le foglie; - le radici di piante annuali da piante giovani; - le radici di piante perenni prima della lignificazione; - la corteccia di radici al momento della montata della linfa; - i semi a piena maturità. Per ottenere un prodotto di prima qualità bisogna procedere alla messa in macerazione subito dopo la raccolta. La macerazione avviene in una soluzione di glicerina e alcol etilico puro in parti uguali (in peso). La funzione dell’alcol etilico, che è il buongusto con cui si preparano liquori, è quella di estrarre profondamente e di penetrare dentro i tessuti spesso duri di alcune perule di gemme. L’alcol è una sostanza leggera e volatile e garantisce anche la conservazione del preparato. La glicerina deve essere assolutamente vegetale e si dovrebbe trovare in farmacia. È possibile sostituirla con una “ sostanza” molto più facile da reperire, ma ugualmente adatta, quale il miele. La glicerina o il miele hanno la funzione di estrarre le parti delicate dei cosiddetti fitoormoni. Le nostre gemme appena raccolte vanno messe dentro questa miscela di alcol e glicerina (o miele) che funge
da solvente. Consiglio di preparare a parte una certa quantità di solvente che si mantiene per un tempo illimitato: in un contenitore di vetro ben pulito mettete insieme alcol e glicerina (o miele) in rapporto 1:1,
- 1:20 in caso di semi secchi (1:10 se sono freschi); - 1:1 nel caso di linfa. Pesate le gemme e mettetele nel vaso di vetro. A parte, pesate la quantità di miscela necessaria e aggiungetela nel
C’è un momento dentro la gemma in cui ogni cellula è giovane allo stato puro: è la rinascita che ogni albero vive ogni primavera
calcolato in peso, pesate per esempio 500 grammi dell’uno e dell’altro e poi mescolate molto bene. Agitatela sempre molto bene prima di unirla alle gemme. Con un vaso di vetro e una bilancia procedete alla preparazione del vostro “ceppo”, cioè la macerazione delle gemme. Il rapporto gemme-soluzione dovrebbe essere 1:20 in peso, considerando però il peso secco delle gemme. Per determinarlo bisognerebbe essiccare una parte delle gemme raccolte, verificare quanta acqua contengono e sottrarla dal peso delle gemme fresche. Per il nostro uso possiamo, con buona approssimazione, usare i seguenti rapporti tra gemme fresche e solvente: - 1:10 nel caso di gemme, boccioli, corteccia, giovani radici; - 1:4 nel caso di giovani getti;
vaso. Per favorire l’estrazione dei principi attivi è utile frullare il tutto, soprattutto se le gemme sono dure o se si tratta di corteccia. Chiudete bene il vaso con chiusura ermetica. La macerazione avviene al buio. Durante questo periodo la soluzione viene scossa ogni tanto per estrarre meglio i principi attivi. Il tempo di macerazione dura almeno un mese lunare ma potrebbe protrarsi anche per il doppio, per esempio se le temperature sono basse. Quindi si procede alla torchiatura tramite torchietto e alla filtrazione del macerato con i filtri in cellulosa. Il prodotto così ottenuto si chiama souche che significa, appunto, ceppo e che deve essere conservata in bottiglie di vetro scuro e custodita ben chiusa al riparo della luce. Mantiene le sue proprietà per almeno 5 anni. Per ottenere il gemmoderivato pronto all’uso dobbiamo fare una diluizione di
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Curarsi con le piante
Assunzione
Il gemmoderivato va sempre diluito in mezzo bicchiere d’acqua e bevuto a sorsi, da tenere un attimo in bocca per favorire l’assimilazione sublinguale che ne aumenta l’efficacia. I momenti migliori per l’assunzione sono la mattina a digiuno e la sera prima di coricarsi. Possiamo anche imparare ad assumerli diluiti in un litro d’acqua da bere nell’arco della giornata, lontano dai pasti. L’associazione di due o più gemmoderivati potenzia il loro potere benefico per l’effetto sinergico che si crea. Alcuni sviluppano azioni diverse dipendenti dalla loro associazione con altri gemmoderivati. Per questo motivo è generalmente consigliabile assumere contemporaneamente due o più gemmoderivati, che possono essere messi nello stesso bicchiere oppure assunti singolarmente in momenti diversi della giornata.
Dosaggio
Si prendono 5-8 gocce per ogni 10 kg di peso corporeo in mezzo bicchiere d’acqua 2 o 3 volte al giorno. Quando si assumono più gemmoderivati il dosaggio va diviso tra di loro.
Durata della cura
Per problemi acuti i gemmoderivati si assumono fino a qualche giorno dopo la scomparsa del problema. Per problemi cronici consiglio di assumerli per almeno 2-3 mesi, tutti i giorni senza interruzione. Se al termine di questo periodo il problema non fosse risolto, si può continuare per un tempo più lungo, facendo attenzione a sospendere l’assunzione per circa 10 giorni al mese.
tipo omeopatico. Questo ci permette di preparare, con piccolissime quantità di gemme, un abbondante prodotto che useremo per la salute della famiglia e degli amici. La souche viene diluita in proporzione di 1:10 con una miscela di glicerinaalcol-acqua preparata a parte e scossa per 100 volte, come avviene nella preparazione di prodotti omeopatici. La miscela è composta da 50 parti in peso di glicerina, 30 di alcol e 20 di acqua. Si ottiene così il macerato glicerico o gemmoderivato pronto all’uso. Il gemmoderivato deve essere conservato in recipienti di vetro scuro e custodito ben chiuso al riparo della luce. La sua durata generalmente viene indicata in 5 anni dalla preparazione della souche. Il tipo di conservazione può aumentare o ridurre la durata del prodotto.
Per approfondire
Effetti collaterali e controindicazioni
La peculiarità dei gemmoderivati è proprio quella di non avere alcuna tossicità e di intessere una profonda rigenerazione a livello cellulare che si ripercuote sul benessere di tutto il corpo. Sono facili da utilizzare, gradevoli e possono essere adottati anche dalle donne in gravidanza e utilizzati da bambini, neonati e anziani. La forza degli alberi è sempre vicina a noi e con questi preparati facili da utilizzare possiamo contare sul loro aiuto in ogni momento della nostra vita.
Lucilla Satanassi Ha collaborato con la rivista “Erbe”, insegnato alla scuola di fitoterapia di Riza. Nel 1992 insieme a Hubert Bösch fonda Remedia, una piccola impresa nell’Appennino Tosco-Romagnolo realizzando il sogno di praticare l’erboristeria coltivando e trasformando fiori ed erbe. Conduce incontri e corsi nel suo giardino per divulgare il messaggio delle piante con particolare interesse alla cura del corpo e della Terra. Per maggiori informazioni: www.remedia.it, mail: info@remediaerbe.it.
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Lucilla Satanassi Hubert Bosch Erbe Buone Conoscerle, utilizzarle e trasformarle in ricette per la salute
Disponibile da Agosto su: www.macrolibrarsi.it
Il travaglio
in casa Intervista all’ostetrica Linda Manduchi Marianna Gualazzi
S
ono sempre piĂš numerose, anche nel nostro Paese, le donne che scelgono di vivere la gravidanza e il parto in prima persona e con maggiore consapevolezza. La pari sicurezza del parto in casa rispetto al parto in ospedale (avvalorata da
studi scientifici di rilievo), l’esperienza positiva di demedicalizzazione portata avanti nei Paesi del Nord Europa (in Olanda un terzo dei parti avviene in strutture extra-ospedaliere) dimostrano come il parto possa essere riportato nella sfera della fisiologia, con grande beneficio in termini di salute fisica
e psicologica sia per la coppia che per il bambino. Ogni donna e ogni coppia hanno il diritto di scegliere il luogo che ritiene sicuro e di fiducia per la nascita del proprio bambino: compito degli operatori sarebbe quello di offrire il ventaglio completo delle possibilitĂ , includendo e promuovendo il parto in
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Bambini e genitori lunga del parto e di essere sostenute e accompagnate in questo percorso dalla figura di un’ostetrica libera professionista, il cui sopporto non si esaurisce nell’evento parto, ma si prolunga nel delicato e importante momento del dopo parto. A questo proposito abbiamo intervistato Linda Manduchi – ostetrica libera professionista che opera in Romagna e che si occupa da anni di parto e travaglio in casa e della promozione della fisiologia in gravidanza.
Parto e travaglio in casa: dove? Sul sito del Coordinamento Nazionale Ostetriche Parto a Domicilio, alla sezione “Dove trovarci”, sono presenti i riferimenti delle associazioni e delle ostetriche che si occupano di travaglio e parto in casa su tutto il territorio nazionale. Per contatti: www.nascereacasa.it - info@nascereincasa.it
casa o percorsi alternativi simili e complementari. Molte donne non sanno che, oltre al parto in casa, esiste la possibilità di vivere solo in travaglio tra le mura domestiche e di trasferirsi
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in ospedale quando questo è già in fase avanzata. Questa modalità, scelta da diverse coppie e mamme, ha come punti di forza il fatto di vivere in casa, nel proprio ambiente, la fase più
Molte persone non sanno che cosa sia il travaglio di parto. Potresti spiegarci in cosa consiste questa fase? Il travaglio è un evento naturale che fa parte della vita della donna, un evento che segna la crescita, un cambiamento di ruolo, una maturazione che renderà quella donna diversa, più consapevole, più forte. Questo processo fisiologico ha un suo andamento, un suo ritmo ed è caratterizzato da fasi che aiutano la donna a capire quando la nascita del bambino si sta avvicinando. Quando si parla di travaglio ogni donna porta l’attenzione al concetto di dolore e alle contrazioni, alla fatica dell’apertura del proprio corpo per fare nascere il proprio bimbo/a. Tecnicamente si parla di travaglio attivo quando le contrazioni sono regolari
Bambini e genitori (tre contrazioni nell’arco di 10 minuti) e la dilatazione del collo dell’utero è di tre centimetri. Le ostetriche sanno che per arrivare a questo punto c’è un grosso lavoro che dura ore, a volte giorni e per il quale il supporto della mamma è fondamentale. Tutto ciò che avviene prima di questa fase è chiamato periodo prodromico. Durante questa fase molte mamme – non interpretando bene i segnali del proprio corpo – si recano in ospedale per poi essere rimandate a casa: tutto questo si traduce spesso in una perdita di tempo, di energie e di fiducia in se stesse. Dopo il periodo prodromico che aiuta la mamma ad entrare in travaglio e lasciarsi andare verso questa nuova esperienza, le contrazioni iniziano ad incalzare, prendono un ritmo più frequente e il dolore è più intenso: a questo punto il collo dell’utero si dilata ulteriormente. Perché scegliere il travaglio in casa? La casa offre l’intimità necessaria per un buon andamento del travaglio: è il luogo ideale nel quale un evento naturale di questo tipo può avere inizio nel pieno rispetto dei tempi della mamma, del bambino/a e della coppia. In questo ambiente ricco di colori, di odori conosciuti, di vissuti, la donna si sente
più libera, più tranquilla e rassicurata dalla presenza del proprio compagno e dell’ostetrica, di conseguenza più facilmente entra in contatto con il proprio bambino e il proprio
L’ostetrica come figura professionale è deputata a seguire la gravidanza, il travaglio e il parto fisiologico, è ovvio che tutto ciò che non lo è ha una gestione diversa.
La casa è il luogo ideale nel quale il travaglio può avere inizio nel pieno rispetto dei tempi della mamma, del bambino/a e della coppia
corpo. Le persone di fiducia (il compagno e l’ostetrica) che sostengono la mamma in questo percorso possono aiutarla con massaggi, con la preparazione di cibi, di tisane, nell’utilizzo dell’acqua e in tutto ciò che a lei fa piacere, che la rende libera di fare o di non fare. A casa viene rispettata la naturalità degli eventi e la sicurezza. L’ostetrica ausculta il battito cardiaco fetale e valuta il buon andamento del travaglio. La mamma si sente rispettata e sostenuta in un ambiente per lei sicuro e confortevole. Premessa indispensabile per il travaglio a casa è la presenza di un’ostetrica libera professionista che segue la donna durante questo percorso: quali sono i vantaggi del rapporto one to one che si instaura tra l’ostetrica e la donna?
L’ostetrica libera professionista instaura con la coppia un rapporto di fiducia, di comunicazione, di scambio reciproco durante tutto il corso della gravidanza. Questo le permette di rispondere alle necessità di quella coppia in un momento cosi importante, di promuovere la fisiologia, di sostenere emotivamente quella mamma e quel papà dedicandosi esclusivamente ad essi. Molte donne sono spaventate dal travaglio a casa per via del trasferimento in ospedale a travaglio inoltrato… Le coppie che scelgono l’ospedale come luogo per far nascere il proprio bambino e sempre per scelta vivono l’esperienza del travaglio a casa sanno che a una certa fase del travaglio li attende il trasferimento in ospedale, che sicuramente
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Bambini e genitori
segna un cambiamento. Se il travaglio è fisiologico e le condizioni lo permettono, la coppia può decidere di rimanere a casa con l’ostetrica di fiducia non solo durante la fase prodromica, ma anche durante il travaglio attivo, in concreto fino a che la dilatazione del collo dell’utero sia avanzata (56-7-8 centimetri) e la parte più lunga del travaglio è terminata. Lo spostamento a questo punto viene fatto in macchina e la mamma – in “preda” alle sue emozioni, ai suoi ormoni (endorfine e ossitocina), alla sua fatica – si sposta in ospedale, che
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In casa – un ambiente ricco di colori, di odori conosciuti, di vissuti – la donna si sente più libera, più tranquilla e rassicurata dalla presenza del proprio compagno e dell’ostetrica rappresenta per quella coppia il luogo prescelto, quindi il luogo di fiducia, per loro e il loro bambino. Una volta giunta in ospedale, la donna può contare sul supporto della propria ostetrica anche in sala parto?
In ospedale la coppia viene ancora aiutata dall’ostetrica libera professionista che rimane accanto alla coppia e svolge una funzione di sostegno emotivo e di supporto. La mamma può avvalersi dei suoi consigli, dei massaggi offerti e del
Bambini e genitori conforto emotivo, ma soprattutto della presenza costante e continua della propria ostetrica fino a che il bambino è nato e succhia al seno. Le strutture ospedaliere in genere accettano la presenza delle ostetriche libere professioniste senza alcun problema. Il rapporto con l’ostetrica continua anche nel dopo parto? Quali sono i benefici dell’assistenza ostetrica durante il puerperio? Nel dopo parto la coppia sa di poter contare sull’ostetrica di fiducia in qualsiasi momento e di poter ottenere da lei tutti i consigli utili per vivere con serenità il
puerperio e la vita con il bambino. L’ostetrica segue l’allattamento e risolve i piccoli e grandi problemi ad esso legati, monitora l’andamento delle lochiazioni (le perdite ematiche successive al parto), si assicura che l’involuzione uterina proceda senza anomalie, segue e sostiene la coppia nella cura del bambino (dal bagnetto, al cambio, alla cura del cordone ombelicale). Con questo tipo di assistenza la coppia può contare su un punto di riferimento sempre presente: il rapporto di fiducia che si crea con l’ostetrica rimane nel tempo.
Abbiamo intervistato Lisa Elsa Manduchi Ostetrica libera professionista, diplomata alla Scuola di Ostetricia dell’Università degli studi di Bologna nel 1995, ha lavorato per anni nelle strutture ospedaliere dedicandosi al lavoro di sala parto. Nel 2008 – in seguito ad un percorso di crescita e maturazione, e nella convinzione che il travaglio e il parto di mamme sane con gravidanza fisiologica si possano vivere all’interno delle mura domestiche – decide di lasciare l’ospedale e di iniziare a lavorare in regime di libera professione. Oggi lavora come ostetrica dedicandosi alle mamme e alle coppie durante la gravidanza, sostenendole durante il travaglio, promuovendo la fisiologia, e allo stesso tempo continuando la propria formazione con continui corsi di aggiornamento. Collabora con il centro Le Nove Lune di San Marino (http://www.lenovelune.sm/). È possibile contattare Linda Manduchi all’indirizzo mail simone.richi@libero.it.
Per approfondire Nascere in casa: i racconti delle mamme Un libro di racconti, di storie intense e cariche di emozioni. Il momento della nascita (nascita di un bambino, ma anche nascita di una mamma) è narrato dalle donne che hanno scelto la casa o altri luoghi diversi dall’ospedale (una spiaggia, un bosco) per dare alla luce il proprio bambino, accompagnate dall’ostetrica di fiducia, dal proprio compagno o in totale solitudine (parto non assistito). Un libro imperdibile per tutte le donne che hanno già sperimentato il parto a casa e che desiderano rivivere attraverso il racconto altrui le sensazioni di quel momento così unico; una lettura magica per tutte le donne e le coppie che stanno valutando la possibilità del parto a casa.
A cura di Francesco D’Ingiullo
Nati in casa
Le custodi della nascita raccontano Altica, 2008 Pagine 300 – euro 18,00
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Dire, fare,
giocare Viaggi per bambini con asinelli
L’Associazione “La Boscaglia”, impegnata nella diffusione della filosofia del viaggio a piedi nella natura e organizzatrice di viaggi, propone per il 2010 una linea di viaggi dedicati ai bambini e all’incontro con l’asino. I viaggi di Bimbotrek sono dedicati sia alle famiglia che ai soli bambini e si distinguono in avventurosi e soft. Nell’estate 2010 vengono proposti 6 viaggi Bimbotrek. Per info: www.boscaglia.it
Piccoli falegnami crescono
La Scuola di pratiche sostenibili del parco sud di Milano organizza tra giugno e luglio laboratori di falegnameria, bioedilizia, panificazione che avvicinano bambini e ragazzi al linguaggio del lavoro e alle risorse del proprio territorio, offrendo un’esperienza di lavoro collettivo. Per info: www.scuoladipratichesostenibili.it.
Un libro per conoscere più da vicino la Terra in cui viviamo dedicato alla curiosità di bambini e bambine. Andiamo a conoscere più da vicino il ciclo dell’acqua e del sole, l’atmosfera, l’effetto serra, la biodiversità, l’energia e il clima. In questo ci sono tante foto e spiegazioni da rimanere a bocca aperta!
Come realizzare una bambola Waldorf
Le bambole Waldorf (o bambole steineriane) sono bambole interamente fatte a mano, con cura e con amore, usando esclusivamente materiali naturali. «Il fatto che la bambola sia semplice, morbida e abbia, al posto degli occhi e della bocca, solo due puntini – scrive Karin Neuschutz in Bambini e Bambole – dà al bambino la libertà di concretizzare la sua fisionomia vaga in una rappresentazione personale, inoltre la bambola di stoffa è in grado di modificare, agli occhi del bambino, la sua espressione a seconda dello stato d’animo». L’ebook Come realizzare una bambola Waldorf contiene il cartamodello e le istruzioni per creare una bambola con maglioncino, pantaloni e pannolino (lavabile!). Per acquistare il libro: www.lacasanellaprateria.com.
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Tutti per la Terra
Marianne Lambrechts, Eric Luckx
Tutti per La Terra Capirla per aiutarla Macro Junior, 2009
Ricorda che…
I circa 6.000 pannolini che usiamo nei primi tre anni di vita del nostro bambino ci fanno spendere dai 1.500 ai 2.000 euro. Con i lavabili la spesa varia dai 200 agli 800 euro a seconda del modello che scegliamo. E se poi decidessimo di avere un altro bimbo? Allora la spesa sarà uguale a zero!
A due passi
dal confine La meta perfetta per chi vuole conciliare una vacanza naturalistica con un tour enogastronomico
Chiara Meriani
Sull’altipiano carsico, a pochi chilometri dalla Slovenia, dove la brezza spazza la pietra e porta i profumi di antichi sapori si trova Sgonico, un paesino che racchiude bellezze naturali e infinite possibilità di degustare i buoni prodotti locali
A pochi chilometri da quello che fu il confine con la Slovenia, sul Carso triestino, terra per certi aspetti arida e difficile, sorge Sgonico (Zgonik) dove gli abitanti, in larga maggioranza di madrelingua slovena, continuano a conservare tenacemente quell’ambiente originale – forse “ruvido” ad un primo impatto, ma schietto e genuino – creato dal duro lavoro degli abitanti d’un tempo. Arroccato sull’altopiano carsico,
Sgonico non si è lasciato trasformare in periferia di città, ma ha mantenuto viva la propria anima legata ad agricoltura ed allevamento, senza però chiudersi in se stesso: in fin dei conti è sempre stato un luogo di passaggio per viandanti e viaggiatori e già all’inizio del XV secolo ospitava una taverna adibita al cambio dei cavalli, conosciuta come ottimo luogo in cui fermarsi a mangiare e riposare.
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Eco Viaggi La grotta più grande del mondo
Chiuso ad Est da una fila di rilievi che segnano il confine con la Slovenia (la massima altitudine è rappresentata dal Monte Lanaro-Volnik di 544 m), il suo territorio è caratterizzato da numerose doline e dalla Grotta Gigante, la più grande cavità turistica al mondo: i suoi 600.000 metri cubi potrebbero contenere per intero la Basilica di San Pietro e han fatto guadagnare alla grotta l’ingresso nel Guinness dei Primati! Briščkova Jama in sloveno, la Grotta Gigante è meta turistica dal lontano 1908, quando fu organizzata a tal fine dal Club dei Turisti Triestini. Costituita da un’ampia ed unica caverna (alta 107 metri, lunga 280 e larga 65) in cui confluiscono molte gallerie, la sua visita dura circa un’ora e consente di ammirare le varie forme che caratterizzano questo particolare ambiente sotterraneo, tra cui le stalagmiti a “pila di piatti”, tipiche di questa grotta e risultato della notevole altezza dalla quale cadono le gocce d’acqua. Tra le più famose, la “colonna Ruggero”, una stalagmite alta ben 12 metri, e “la Palma” di 7 metri, formazione geologica che prende il nome dall’albero che ricorda. Particolarità della grotta sono anche due pendoli geodetici, i cui cavi sono fissati sulla volta della caverna e terminano sulla sua base: costituiscono una strumentazione utilizzata dall’Istituto di
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Geodesia dell’Università di Trieste per rilevare i movimenti della crosta terrestre. Sul fondo della grotta è presente anche una stazione sismografica, mentre la stazione meteorologica si trova nell’immediato esterno, dove si può visitare anche il museo di speleologia.
Sgonico non si è lasciato trasformare in periferia di città, ma ha mantenuto viva la propria anima legata ad agricoltura ed allevamento, senza però chiudersi in se stesso
Parchi naturali e delizie genuine
Altre attrazioni turistiche di Sgonico sono la Riserva naturale del Monte Lanaro, il Sentiero Riselce, il Giardino botanico Carsiana che ha sede in una dolina di 6.000 metri quadrati e ospita più di 600 specie botaniche, e l’antichissimo Castelliere di Rupinpiccolo. Il turismo del paese trova impulso anche – e soprattutto – nello sviluppo dell’agriturismo, che sa offrire prodotti di alta qualità. Uve pregiate danno vita a vini dalla per-
sonalità forte ed unica: negli ultimi anni molti produttori, rispettosi delle migliori tradizioni, han puntato sulla qualità, riducendo drasticamente la quantità e affinando il vino, nelle migliori occasioni, in fusti di legno. Caratteristici della zona, i vini DOC Carso Vitovska, Malvasia (bianchi) e Terrano (rosso) che si ottiene – nella sola provincia di Trieste – dai vitigni del Refosco. La terra rossa del Carso, unita al particolare clima dell’altopiano dove dall’interno soffia forte la Bora e dal mare giungono brezze leggere, regala al vino un colore rosso rubino carico di riflessi violacei e profumo di frutti di bosco. Per valorizzare questo tipico vino autoctono e favorire le escursioni turistiche, è stata creata la Strada del Vino Terrano, voluta e patrocinata dalla Provincia di Trieste. Ma non solo il vino caratterizza il sapore di questa terra: il miele è un altro prodotto d’eccellenza, soprattutto quelli di Marasca, Acacia e Millefiori. La peculiarità, infine, che contraddistingue i formaggi del Carso è il sapore che si potrebbe definire “alle erbe”, risultato dell’alimentazione del bestiame allevato che si nutre di erba carsica, ricca di essenze quasi montane. Andar per frasche
Quella che potrebbe sembrare una classica meta da turismo enogastronomico, offre però –insieme agli altri
Eco Viaggi
A turno, i contadini del Carso aprono le proprie cantine ed appendono delle frasche nelle vicinanze, in modo da guidare gli avventori alle proprie case
comuni carsici, sia italiani che sloveni – anche un’altra possibilità, davvero unica: quella di visitare le osmizze, luoghi dove si vendono e consumano vini e prodotti caserecci quali prosciutti, salami e formaggi, direttamente nei locali e nella cantine dei contadini che li producono. Diversi dagli agriturismi, risalgono addirittura all’epoca di Carlo Magno quando Tergeste entrò a far parte del Regno Franco. Un’ordinanza del tempo concedeva a tutti i viticoltori dell’Impero il diritto di vendere direttamente il proprio vino segnalando tale attività con l’esposizione di una frasca (pena la confisca). L’antica usanza fu restaurata con un decreto del 1784 emanato da Giuseppe II Asburgo che permetteva
agli agricoltori di vendere vino sfuso prodotto in casa per un periodo di otto giorni. Il termine osmizza, infatti, deriva da osem che in sloveno significa “otto” ed indicava appunto la durata del periodo di apertura. Ancor oggi, a turno, i contadini del Carso aprono le proprie cantine ed appendono delle frasche nelle vicinanze, in modo da guidare gli avventori alle proprie case. Oggi il periodo di apertura può essere superiore agli otto giorni e viene calcolato sulla base della quantità di vino prodotto. La scelta del periodo è a discrezione dei con-
tadini. Esistono guide e libri turistici dedicati a possibili “osmizze-tour” ed anche dei siti internet dedicati all’andar per frasche: ma censire tutte le osmizze, che variano di anno in anno, è quasi impossibile. L’unico vero modo per raggiungerle è seguire le stradine del Carso alla ricerca di qualche frasca e chiedere consiglio alle persone del posto: le migliori osmizze di solito son quelle più difficili da scovare! Come arrivare
Sul territorio di Sgonico passa il Raccordo Autostradale RA13 che lega Trieste con l’autostrada A4. Vi è una uscita nei pressi di Gabrovizza, frazione di Sgonico. Il comune è ben collegato al resto del territorio provinciale da una fitta rete di strade secondarie... ricche di osmizze!
Chiara Meriani È giornalista professionista specializzata in giornalismo di viaggio e turismo responsabile. Per contatti: ilsensodelviaggio@gmail.com.
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Cosa leggere ... e vedere
A cura di Romina Rossi
Alain Saury Il manuale della vita naturale Guida pratica all’autosufficienza Arianna Editrice pagg. 446, euro 28,00
Lucilla Satanassi, Hubert Bösch Petali e Rugiada Le piante per la cosmesi Humus Edizioni pagg. 168, euro 20,00 Se volete comprendere com’è fatto un cosmetico naturale questo libro è per voi. Per ognuna delle 16 piante troverete descrizioni dettagliate su riconoscimento, coltivazione, raccolta, trasformazione, utilizzo, proprietà, pianeta governante, messaggio della pianta e ricette. Il libro è completato da descrizioni chiare e sintetiche su come preparare estratti alcolici e idroalcolici, oleoliti, rimedi floreali, gemmo derivati, acque aromatiche, colliri, oli, creme e pomate. Grazia Cacciola L’orto sul balcone Coltivare naturale in spazi ristretti Fag Milano pagg. 221, euro 18,90 Volete coltivare eccellente frutta e verdura sul vostro balcone, con tutti Consapevole i trucchi e le tecniche per 74 ottenere, con poca spesa e fatica,
Un po’ guida pratica, dettagliata e ben illustrata per reimparare a vivere in armonia con la natura e un po’ poetico invito ad amare e rispettare tutto ciò che ci circonda e del quale facciamo parte, questo libro ci invita a riscoprire il piacere e il valore di una vita secondo natura. Di fronte alle crisi energetiche, economiche e ambientali che stiamo attraversando, l’unico modo di guardare al futuro è volgere uno sguardo consapevole al nostro passato.
Janet Balaskas Preparazione al parto naturale Macro Video, libro + dvd, euro 17,50
ottimi risultati? Grazia Cacciola vi spiega come fare e vi guida passo passo nella progettazione dell’orto urbano, consigliandovi cosa coltivare a seconda delle esigenze e disponibilità. Imparerete i trucchi per coltivare frutta e verdura, alberi da frutta o piante per l’erboristeria, e come trattarli con metodi naturali contro parassiti, malattie e problemi vari.
Con questo utile videocorso puoi prepararti in gravidanza migliorando le tue risorse di energia, fiducia, salute fisica ed emotiva, per arrivare al parto con serenità e consapevolezza. Un’utile guida anche per la scelta di un parto dolce, come il parto in acqua, spiegato insieme ai benefici di trattamenti naturali come l’omeopatia, l’osteopatia, la riflessologia plantare, massaggi e ipnoterapia adatti a questo importante momento della tua vita.
v Eventi, Corsi, Formazione
Giugno/Settembre 2010
EVENTI 6/15 agosto FestAmbiente, Ripescia (GR) Nel cuore della Maremma toscana, prende il via la XXII edizione del festival internazionale di ecologia e solidarietà organizzato da Legambiente. Nei dieci giorni di manifestazioni si svolgono dibattiti e conferenze, concerti e spettacoli, mostre e persino trattamenti naturali. 9/12 settembre SANA, Bologna Consueto appuntamento con il Salone dell’Alimentazione Naturale, che da anni porta avanti l’idea di benessere incentrata su un incrocio di percorsi fra cibo sano e buono, fra star bene e piacersi e mette in luce un abitare che, muovendosi fra tecnologie e design, rispetta l’ambiente senza rinunciare al bello. Quest’anno la manifestazione aprirà il dialogo con i Paesi del bacino del Mediterraneo che stanno entrando con forza nel mondo dei prodotti biologici e naturali.
CORSI 20 giugno / 25 luglio Campi estivi per ragazzi dai 6 ai 13 anni Anche quest’anno l’associazione “La casa nel Bosco in collina”, sita nella campagna pavese, a un’ora da Milano, organizza per il decimo anno consecutivo campi estivi per bambini, con educatori e animatori con una provata esperienza in pedagogia steineriana. Si dà molto spazio alla fantasia e alla creatività, con attenzione ai valori morali come la libertà, l’armonia sociale, il rispetto della natura, di se stessi e degli altri. Durante i corsi, della
durata di 1 settimana si svolgono attività di gruppo (artigianato, arte, escursioni, serate intorno al fuoco…) che stimolano insieme libertà e senso di responsabilità. Per maggiori informazioni: www.casadelbosco.org. 24/30 luglio Osservazione del paesaggio: il ciclo dell’acqua di una montagna Organizzato dall’ecovillaggio Basilico, il corso tenuto da Carlo Berni e Enzo Lainati, permette di approfondire le conoscenze sulla permacultura e l’osservazione nell’apprendimento attivo. Il corso si svolge all’interno dell’azienda agricola Biancospino, sui monti della Calvana (PO), in un’area attrezzata con piazzole per le tende, una struttura per cucinare con tavoli, 1 compost toilet e una doccia ad acqua fredda scaldata dal sole. Durante il corso i partecipanti avranno l’opportunità di osservare il territorio andando alla ricerca di acquiferi carsici, imparando a riconoscere le rocce, studiando il rapporto fra la roccia e la flora e fra la roccia e l’acqua, studiare la storia dell’uomo in quell’ambiente. Per info: www.associazionebasilico.it/eventi 6/15 agosto Energia, ambiente, lavoro Centro per l’Energia e l’Ambiente (EUZ) di Springe/ Eldagsen, Germania 21° corso per italiani su Bioedelizia, case passive, micro-cogenerazione, solare termico e fotovoltaico, fitodepurazione, tecniche di risparmio idrico, impianti eolici, materiali isolanti e alimentazione biologica. Include alcune visite guidate a località di eccellenza “energetica” nei dintorni, come la fabbrica dei pannelli solari Solvis e il quartiere Kronsberg di Hannover, esempio di edilizia popolare a basso consumo, con case passive, impianti solari e eolici.
7/12 agosto Scuola estiva della decrescita nella laguna di Venezia Giunta alla settima edizione, la scuola sulla decrescita quest’anno organizza un corso incentrato sull’agricoltura naturale attraverso una prima introduzione alle tecniche agricolurali per la creazione di un orto domestico. Tra i docenti del corso, che si svolgerà sull’isola di Sant’Eremo, all’interno del monumentale complesso della ottocentesca Torre Massimiliana si segnalano: Bruna Bianchi, Mauro Boaniuti, Marco Deriu, Ferruccio Nilia e Gianni Tamino. I partecipanti al corso saranno ospitati nella casa ostello Il lato azzurro che sorge sulla piccola isola della laguna veneziana. Per info e contatti scuoladecrescitavenezia@gmail.com. 21/27 agosto Settimana verde con l’orto biologico in cascina Organizzato dalla Scuola di Pratiche sostenibili di Milano, il corso è rivolto a tutti i neofiti che imparando le buone pratiche dell’orto biologico familiare. Alla mattina nell’orto e al pomeriggio imparare a fare le conserve (pesto, salsa di pomodoro, marmellate di more, zucchine, lamponi…). Per maggiori informazioni: info@scuoladipratichesostenibili.it. Memo: ____________________________ ____________________________ _______________________ _______________________ ______________________ ____________________ __________________
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Botta e risposta
La rubrica delle lettere
Corsi di permacultura cercasi Salve, vorrei avvicinarmi alla permacultura e mi piacerebbe frequentare un corso. Potete consigliarmene uno che sia valido? Mattia – Padova Caro Mattia, ci sono diversi posti in Italia dove regolarmente si tengono corsi di permacultura. Io personalmente ho fatto il corso di 72 ore con John Button che è uno degli insegnanti accreditati all’Accademia Italiana di Permacultura. John è di origine australiana e sicuramente è uno dei maestri con più esperienza in Italia oltre ad essere una persona amabile. Ha ancora un po’ di difficoltà con la lingua ma il suo italiano è migliorato molto negli ultimi tempi. Puoi trovare le date dei corsi, l’elenco degli insegnanti e tanto altro direttamente sul sito www.permacultura.it. Angelo Francesco Rosso
Calendula: essendo un prodotto non schiumoso rispetta l’epidermide del neonato e ha un’azione lenitiva e rilassante. Per il cambio del pannolino la Crema Protettiva alla Calendula è davvero eccezionale: i rossori spariscono nel giro di poche ore dall’applicazione. Personalmente la uso tuttora per la mia bambina che ha un anno e che, con questa crema, non ha mai avuto un arrossamento. I prodotti Weleda si trovano ormai in diverse farmacie e para-famacie. Puoi acquistarli anche in rete sul nostro sito partner di vendita on-line www.macrolibrarsi.it. Marianna Gualazzi Car-sharing all’italiana Sulla vostra rivista avevo letto di un progetto di car-sharing interessante e alternativo di cui però non ritrovo più i riferimenti. Mi piacerebbe mettermi in contatto con l’ideatore del progetto per proporlo anche nella mia città. Antonio – Pistoia
Caro Antonio, penso che tu ti riferisca a Jungo, il progetto Sto per diventare mamma e ho letto diverse di autostop sicuro ideato dal riminese Enrico informazioni sulla pericolosità dei para- Gorini e appoggiato dal Gruppo Editoriale beni e di altre sostanze tossiche contenute Macro. Un progetto pilota è partito in provinnei detergenti e nei saponi. Quali prodotti cia di Trento. Puoi trovare tutte le informasicuri posso scegliere per il mio bambino? zioni che cerci e contattare Enrico visitando il sito www.jungo.it. Anna - Ancona Igiene del neonato
Romina Rossi Ciao Anna, per l’igiene personale di tutta la famiglia e anche del tuo bambino in arrivo posso sicuramente consigliarti i prodotti Weleda. La linea di prodotti alla Calendula è stata studiata apposta per i più piccoli: i componenti dei saponi, delle creme e degli oli sono Per condividere interamente di origine naturale e provengocon noi le vostre riflessioni, no da oli essenziali naturali. Per il bagnetto per avere informazioni e consigli scriveteci a il prodotto secondo me migliore da usare info@ilconsapevole.it. nei primi mesi è certamente il Bagno alla
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Scegli il Consapevole per la tua pubblicità! Scegliendo il Consapevole come partner per la tua pubblicità scegli una realtà vitale, in grande espansione e in continuo miglioramento; un grande pubblico attento e ricettivo ad argomenti come la permacultura, l’autosufficienza e l’ecologia; appoggi e sostieni il nostro lavoro di divulgazione culturale. Il Consapevole si presenta: ecco la nostra carta d’identità! Il Consapevole è una rivista trimestrale a colori e illustrata edita dal Gruppo Editoriale Macro, casa editrice presente sul mercato dal 1987 e oggi leader in Italia nei settori delle terapie alternative, dell’alimentazione naturale e nel body mind spirit. Alla rivista cartacea si affianca il visitatissimo sito internet www.ilconsapevole.it con tantissimi iscritti alla newsletter!
Cosa facciamo Da anni il Consapevole porta avanti un progetto culturale importante. Autosufficienza, permacultura, decrescita, cultura della transizione, abitudine alle “buone pratiche”, risparmio energetico, riciclaggio dei rifiuti, bioarchitettura e bioedilizia, terapie naturali, genitorialità sono i nostri temi, le parole chiave che ci guidano nel lavoro quotidiano, la nostra inesauribile fonte di energia. L’approfondimento con cui trattiamo gli argomenti, la ricchezza delle informazioni, lo sguardo rivolto alle novità del panorama internazionale, il contatto diretto con i gruppi, le associazioni, i movimenti e le persone sono i punti di forza che ci contraddistinguono dalle altre pubblicazioni periodiche di matrice ecologista presente nel panorama editoriale italiano.
Il nostro pubblico Un pubblico sempre più vasto si sta avvicinando ai temi della decrescita, dell’autosufficienza e della permacultura, temi che nell’immediato futuro conosceranno un notevole aumento di interesse anche da parte delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni. I singoli individui sensibili al tema ecologico nel senso più ampio del termine; i gruppi come i GAS (gruppi di acquisto solidali) e i RES (reti di economia solidale); le associazioni impegnate nella diffusione di nuove forme di agricoltura (agricoltura sinergica, permacultura, biodinamica); le reti di diffusione della decrescita; i comuni virtuosi; le città in transizione; le imprese completamente rivolte allo sviluppo di economie rispettose dell’ambiente sono il pubblico cui il Consapevole si rivolge in maniera privilegiata. Contattaci! commerciale@ilconsapevole.it
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Punti Vendita in cui trovi la rivista Il Consapevole è distribuito per abbonamento, in libreria e in punti vendita selezionati (negozi di alimentazione biologica e naturale, di arredamento ecologico, erboristerie etc...) Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige LE LIBRERIE Padova (PD) – Feltrinelli, via S.Francesco, 17 Udine (UD) – Moderna, via Cavour, 13 Mestre (VE) – Feltrinelli, p.zza XX ottobre Vicenza (VI) – Galla 1880, c.so Palladio, 11 I PUNTI VENDITA Pordenone (PN) – Le Risorgive, piazzale S. Lorenzo, 14; tel. 0434.551424 Pordenone (PN) – Gaia, via S. Giuliano, 35; tel. 0434.28043, email: gaiapn@libero.it Cavalese (TN) – La Bottega delle Erbe, via Scario, 4; tel. 0462.340318 Rovereto (TN) – Cibi Sabi, Piazza D. Chiesa, 15; tel. 0464.434048 Santa Croce (TS) – Naturalia, Loc. Santa Croce, 204; tel. 040.220349 Pieve di Soligo (TV) – Ariele Pieve, via Aldo Moro, 11; tel. 0438.842675, email: arieline@libero.it Istrana (TV) – Erbosanit Erboristeria, Bioalimenti e Sanitari, piazzale Roma, 61; tel. 0422.832520 Udine (UD) – Aurora, via Bersaglio, 7; tel. 0432.26406 Udine (UD) – Cebi Centro Ecobiologico, via Tricesimo, 254; tel.0432.547688, email: info@cebi.ud.it Arcugnano (VI) – Pantheum, via G. Galilei, 2/5D; tel. 0444.965945 Lugagnano (VR) – Edicola Libreria Castioni Sergio, via Cao Prà, 28; tel. 045.514268 Pescantina (VR) – L’Albero, corso S. Lorenzo, 1/A; tel. 045.6703395, email: alberobio@gmail.it
Emilia-Romagna LE LIBRERIE Bologna (BO) – Feltrinelli, Piazza Ravegnana Bologna (BO) – Feltrinelli, Via Dei Mille Bologna (BO) – Ibis Bologna (BO) – Libreria Irnerio Bologna (BO) – Melbook Imola (BO) – Libreria Palazzo Monsignani Cesena (FC) – Libreria Bettini Cesena (FC) – Cappelli Libri Cesenatico (FC) – Libri Incontro Forlì (FC) – Cappelli Mega Ferrara (FE) – Fetrinelli Ferrara (FE) – Melbook Carpi (MO) – Libreria La Fenice Modena (MO) – Feltrinelli Modena (MO) – Libreria Nuova Tarantola Modena (MO) – Scienza dei Magi Sassuolo (MO) – Incontri Parma (PR) – Feltrinelli Faenza (RA) – Libreria Incontro Ravenna (RA) – Feltrinelli Ravenna (RA) – Libreria Modernissima
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Reggio Emilia (RE) – Libreria All’Arco Reggio Emilia (RE) – Associazione MAG 6 Reggio Emilia (RE) – Libri e Libri Dogana (Repubblica di San Marino) - Isola dei Libri I PUNTI VENDITA Cesena (FC) – Natura e Vita, via Cavalcavia, 805; tel. 0547.630534, email: natura.vita@virgilio.it Villalta di Cesenatico (FC) – Lionardo, via dei Tigli, 1/C; tel. 0547.678467, email: info@velosystem.com Comacchio (FE) – Erboristeria Il Fiordaliso, via Sambertolo, 17; tel. 0533.81569 Imola (BO) – Germoglio, via della Resistenza, 6/B; tel. 0542.20237 Modena (MO) – Terra e Sole, via Albinelli, 13/A; tel. 3281027328 Rosola di Zocca (MO) – Campeggio Montequestiolo Bio Campus, via Monte Questiolo, 184; tel. 059.986800 email: jagatt22@libero.it Borgonovo Val Tidone (PC) – Edicola tabacchi di Rigoni Paolo, Fraz. Castelnovo Val Tidone, 26; tel. 0523.869007, email: pablorigoni@libero.it Piacenza (PC) – Scrivani Antonella, via Stradella, 27/A; tel. 0523.480107 Piacenza (PC) – L’Albero del Pane, via X Giugno, 80; tel. 0523.334221 Lugo (RA) – La Bottega della Natura, vicolo del Teatro, 18; tel. 0545.32490 Rimini (RN) – Terra e Sole, via Bramante, 7/A; tel. 0541.783449 info@terraesole.it
Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta I PUNTI VENDITA Magenta (MI) – Il Melograno, via Petrarca, 43; tel. 02.9793488 Castiglione delle Stiviere (MN) – Mare Nostrum, via Desenzani, 1 – tel. 0376.632554 Vedano-Olona (VA) – Studio professionale di Binotto Alberto, via Patrioti, 5; tel. 0322 400071 Villar Dora (TO) – Erboristeria le Tre Nature, via Sant’Ambrogio, 94; tel. 011.19837379 Tirano (SO) – Karlik, via M. Quadrio, 3; tel. 0342.701529, email: lorenzo.giugni@alice.it Santa Maria Maggiore (VB) – Ass. Green Club Vigezzo, via R.Valentini, 55; tel. 0324.202312
Liguria LE LIBRERIE Genova (GE) – Assolibro, P.zza J. Da Varagine 10 r Genova (GE) – Synestesia, Via M.. Novaro 2-4-6 r Genova (GE) – Porto Antico, Porto Antico Genova (GE) – Buenos Ayres, C.so Buenos Ayres 5/r Lavagna (GE) – Sambuceti, Via Roma 96-98 r Finale Ligure (SV) – Cento Fiori, Via Ghiglieri 1 Mantova (MN) – Libreria Nautilus
Savona (SV) – Leggio, Via Montenotte 34 r Savona (SV) – Moneta, Via Boselli 8 r I PUNTI VENDITA Sarzana (SP) – Il Raggio Verde, Piazza Matteotti, 36; Tel. 0187 629460
Marche, Abruzzo, Umbria LE LIBRERIE Ancona (AN) – Libreria Fogola, Piazza Cavour Falconara (AN) – Tomodoro, Via Flaminia, 557/B Senigallia (AN) – Sapere Ufficio Srl, Via Panierini, 6 Serra De’ Conti (AN) – Urluberlù Srl, Via Mannucci, 10 Porto San Giorgio (AP) – Don Chisciotte, Viale Cavallotti, 145 Civitanova Marche (MC) – Ranieri Raniero, Piazza XX Settembre, 22 Pescara (PE) – Libreria Naturista, Via Ancona, 66 Foligno (PG) – Luna, Via Gramsci, 41 Ponte San Giovanni (PG) – Calzetti e Mariucci Srl, Via della Valtiera, 229/L/P Terni (TR) – Alterocca Snc, Via Cornelio Tacito 29 Terni (TR) – Laurentiana Srl. Via Garofoli, 6 I PUNTI VENDITA Spoltore/Villa Raspa (PE) – Biopolis, Via Europa 4/6; tel. 085 4154561
Toscana LE LIBRERIE Arezzo (AR) – Mecenate Edison Bookstore, Via G. Verdi, 22 Empoli (FI) – Rinascita, Via Ridolfi, 53 Firenze (FI) – Feltrinelli, Via de’ Cerretani, 30/32 Livorno (LI) – Gaia Scienza, Via Di Franco, 12 Piombino (LI) – Bancarella, Via Tellini, 21 Lucca (LU) – Karma, Corso Garibaldi, 54 Massa (MS) – Libri in armonia, Via Angelici, 19 Pisa (PI) – Feltrinelli, Corso Italia, 117 Prato (PR) – Al Castello, Viale Piave, 12/14 Poggibonsi (SI) – Biosfera, Via di Salceto, 85/A Siena (SI) – Feltrinelli, Via Banchi di Sopra, 64/66 Siena (SI) – Ticci Via delle Terme 5/7 I PUNTI VENDITA Arezzo (AR) – Sapore di Sole, via Po, 30; tel. 0575.940918, email: info@saporedisole.com Cerbaia (FI) – Il filo di paglia, via Empolese, 220/A; tel. 055.8259463, email: ilfilodipaglia@gmail.it Firenze (FI) – La Tua Erboristeria, via C. Franceschi Ferrucci 12/R; email: info@latuaerboristeria.it Castiglione della Pescaia (GR) – Erboristeria della Maremma, via Porto Canale, 9; tel. 0564.934635 Grosseto (GR) – Erboristeria Il Cielo Stellato, via Solferino, 10; tel. 0564.21304. Email: d.mucciareli@tiscalinet.it Porto S. Stefano (GR) – C’era una volta, Corso Umberto I, 54; tel. 0564.814038 Rosignano Solvay (LI) – Bio Transito, via Catalani, 131; tel. 0586.762952
Vallecchia (LU) – Bioversilia, via Provinciale Vallecchia, 103; tel. 0584.756289 mailto:anselmi.ermanno@tiscali.it Viareggio (LU) – Erboristeria La Manna, via A. Fratti, 226; tel. 3471368307, email: angelafranchini@hotmail.com Pistoia (PT) – Libreria Orsini, via Fiorentina, 69; tel. 0573. 358604, email:libreria.orsini@virgilio.it
Lazio I PUNTI VENDITA Roma – Il Salice, Via Reggio Emilia 61/a; tel. 06 85305174
Campania, Puglia, Basilicata, Calabria LE LIBRERIE Avellino (AV) – Petrozziello Sas di A. Petroziello e C., Corso V. Emanuele, 214 Ruvo di Puglia (BA) – L’agorà Sas di Bellifemine R.M. e Co., Corso Cavour, 48 Benevento (BN) – Alisei Libri S.r.l., Viale dei Rettori, 73f Benevento (BN) – Natura amica di Masi Sorrentina, Via dei Mulini, 31 Aversa (CE) – Quarto stato di Ernesto Rascato, Via Magenta, 78/80 Maglie (LE) – Universal Service di A.R. D’alba, Via Ospedale, 24 Cicciano (NA) – Canto della terra di S. Carbone,Via S. Anna, 17 Napoli (NA) – La Feltrinelli libri e musica, Via Santa Caterina a Chiaia, 23 Napoli (NA) – Evaluna Sas, Piazza Bellini, 72 – 80138 Salerno (SA) – Ar Libreria, Largo Dogana Regia Salerno (SA) – Arechi Libreria di Maria Giovanna Siniscalchi, Largo Cassa Vecchia 6 Salerno (SA) – Di.Pr.En. di Citro Oscar, Via P. del Pezzo, 10 Manduria (TA) – L’agorà libreria di Laura Pagano, Via Calvario, 1 Taranto (TA) – Filippi Concetta Libreria, Via Nitti, 8c Taranto (TA) – Dickens Libreria di Giorgi Tonino, Via Mezzetti, 17 I PUNTI VENDITA Salerno (SA) – L’orto biologico, viale Luigi Settembrini 26/36; tel. 086.725296, email: vincenzo_trezza@libero.it Cava de’ Tirreni (SA) – L’Orto Biologico, via V. Veneto, 318; tel. 089.344241, email: info@lortobiologico.it, www. lortobiologico.it Sava (TA) – Bottega del Mondo, via Vittorio Emanuele, 68 – tel. 099.9721249, email: colaosonia@tele2.it
Sardegna I PUNTI VENDITA Cagliari (CA) – Ecopharm srl, via Giaime Pintor 17/17A; tel. 070 42437 – email: ecopharmsrl@libero.it – www. ecopharmsrl.it
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