EyeSee 2/2021

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ANNO III

/2021

RIVISTA SCIENTIFICA E DI INFORMAZIONE OFTALMOLOGICA

LA CHIAVE UNIVERSALE

La Visualizzazione Aumentata in chirurgia oftalmica, dai demoni elettrici, ai jet, alla sala operatoria

CASI DA INCUBO Messi alle corde

RIFLETTORI SULL’ESPERTO Steve Charles

LARGO AI GIOVANI

Dall’Amazzonia alle Alpi

FGE S.r.l.-Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Redazione: via Petitti, 16 - 20149 Milano - Anno III - N. 2/2021 - Trimestrale


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Sommario Redazione Timothy Norris Laura Gaspari, MA redazione@eyeseenews.it www.eyeseenews.it Pubblicità info@fgeditore.it tel 01411706694 Direttore responsabile Ferdinando Fabiano f.fabiano@fgeditore.it Grafica e impaginazione Cristiano Guenzi Coordinamento scientifico Vittorio Picardo, MD Hanno collaborato a questo numero: Carlo Cagini, MD Francesco Carones, MD Steve Charles, MD, FACS, FICS Luca De Carlo, MD Matteo Forlini, MD Alessandro Franchini, MD Paolo Lanzetta, MD Anat Loewenstein, MD, MHA Antonio Marino, MD Luigi Mele, MD, PhD Paolo Miranda, MD Simonetta Morselli, MD Vincenzo Orfeo, MD Andrea Perdicchi, MD Andrea Piantanida, MD Diego Ponzin, MD Tommaso Rossi, MD Emilio A. Torres-Netto, MD, PhD Paolo Vinciguerra, MD

Editore FGE srl – Fabiano Gruppo Editoriale Redazione: Via Petitti, 16 – Milano Sede legale: Regione Rivelle, 7 14050 Moasca(AT) Tel 0141/1706694 Fax 0141/856013

2 Editoriale 4 Cover Topic

LA CHIAVE UNIVERSALE

10 Riflettori sull’Esperto

TEACHING, TECHNIQUE, TECHNOLOGY

14 Largo ai Giovani

DALL’AMAZZONIA ALLE ALPI

18 Casi da Incubo MESSI ALLE CORDE

24 Approfondimenti PASSI AVANTI

28 Approfondimenti

GLAUCOMA, VERSO UNA TERAPIA SENZA CONSERVANTI

32 Approfondimenti

L’IMPORTANZA DELLA PROTEZIONE RETINICA DAI RAGGI UV E LUCE BLU

36 Approfondimenti

LE VITAMINE DEL GRUPPO B PER IL TRATTAMENTO DELL’OMOCISTEINEMIA: UNA IMPORTANTE ARMA CONTRO LA DEGENERAZIONE MACULARE LEGATA ALL’ETÀ

40 Eventi Congressuali 42 Ottica Fisiopatologica LENTI FREE FORM, PARTE 1

46 Dal Mondo dell’Ottica 48 News dalle Aziende

Registrazione presso il Tribunale di Asti n. 1/2020 del 05/02/2020 Copia omaggio

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Editoriale

INNOVAZIONE IN OFTALMOLOGIA: OPPORTUNITÀ E RISCHI IN UNO SCENARIO CHE DIVIENE GLOBALE

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di Professor Tommaso Rossi, Direttore Unità Operativa Struttura Complessa di Oculistica, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino IST, Genova

Tutte le interviste contenute in questo numero sono consultabili collegandosi al sito:

www.eyeseenews.it 2

L’enorme progresso che l’oftalmologia ha conosciuto in ognuna delle sue subspecialità promette l’alba di una stagione emozionante e coinvolgente, densa di nuove e più raffinate opportunità terapeutiche, ma al contempo rischia di mostrare con maggiore evidenza i limiti e le aree critiche di un sistema non sempre pronto ad accogliere e sfruttare le opportunità offerte dal progresso, evidenziando i rischi connessi all’impreparazione. L’oftalmologia è una disciplina di enorme valenza sociale: preservare o ripristinare la funzione visiva in una popolazione che invecchia pur mantenendo piena attività sociale e professionale nella fascia di età una volta ritenuta “avanzata” è impresa ambiziosa, soprattutto se coniugata a ristrettezze di allocazione delle risorse umane e finanziarie e nel contesto di una preoccupante miopia (è il caso di dire) politica e istituzionale. Gli oftalmologi, dal canto loro, non hanno saputo valorizzare il patrimonio di cui sono custodi e ministri, se i pazienti ritengono “banale” e “semplice” la chirurgia della cataratta, giudicando inaccettabile qualsiasi risultato inferiore ai 10/10 in prima giornata e il legislatore ha ritenuto di attribuirle un valore oggi che ne copriva i costi forse negli anni 70-80. Questo uno dei temi principali: oggi la “semplice” cataratta si avvale di tecnologie complesse: lenti intraoculari di ottica raffinatissima, microscopi operatori 3D integrati di OCT e connettività a topografi corneali, strumentazione monouso, tempi operatori ridottissimi e riabilitazio-

ne nell’arco di ore, ma è valorizzata come quando tutto questo non esisteva: come dover gestire una Tesla al costo di una 600 multipla. Tutto raffinatissimo, complessità crescente, esasperazione di tecniche, preparazione maniacale dei chirurghi, dello staff, ottimizzazione dei percorsi. Una vera Formula Uno della chirurgia: tecnologia e competenze in perpetuo divenire. Tutto azzerato dal legislatore: una chirurgia che può durare 15 minuti è banale per definizione nella mente di chi decide i rimborsi irrisori accettati supinamente da un’intera classe professionale. L’intero sistema ha così raggiunto i propri limiti, erodendo ogni margine a danno del personale prima e promettendo di farlo successivamente a scapito di materiali e procedure, ponendo a rischio soprattutto la sicurezza oltre che il risultato. Se questo è lo scenario attuale della chirurgia più frequente al mondo e tra le più socialmente impattanti, capace di ripristinare una funzione visiva perfettamente efficiente e dare letteralmente una nuova vita a pazienti in età matura, ma completamente attivi e spesso in ruoli professionali importanti, per le chirurgie di maggiore complessità la strada promette di essere ancora più in salita. La chirurgia della retina è assediata da rimborsi del SSN che non coprono neppure i materiali nei casi di maggiore complessità, l’ammortamento della strumentazione e il valore del lavoro umano non sono contemplabili; lo stesso valga per la chirurgia del glaucoma che di fatto non prevede il costo degli shunt e


L’oftalmologia è una disciplina di enorme valenza sociale: preservare o ripristinare la funzione visiva in una popolazione che invecchia pur mantenendo piena attività sociale e professionale [...] è impresa ambiziosa

Tommaso Rossi

Il Dottor Tommaso Rossi

delle valvole di recente introduzione che pure hanno largamente migliorato la prognosi di questa difficile condizione e oggi rappresentano lo stato dell’arte. Non migliori sono le prospettive per le chirurgie della cornea, lamellari e penetranti, su cui gravano anche i costi di eye banking del trapianto di tessuto e di una strumentazione indispensabile. La pandemia ci ha obbligati quantomeno a due riflessioni sull’importanza della sanità in una società che si riteneva invincibile equiparando la spesa sanitaria a un necessario quanto oneroso costo sociale: 1) la spesa sanitaria è un investimento a tutti gli effetti, capace di produrre utili e non un costo vivo; 2) la ricerca in campo biomedico ha una ricaduta diretta e tangibile sulla vita di ognuno di noi e persino sul PIL di intere nazioni. Investire di più e meglio in ricerca sanitaria e indirizzare oculatamente

gli sforzi della ricerca possono determinare vantaggi strategici nazionali capaci di impattare su equilibri geopolitici internazionali. Da questo punto di vista sicuramente nulla sarà più uguale: il recovery plan voluto e vagliato dall’Europa pone la spesa sanitaria quale elemento qualificante e c’è da augurarsi che lo sia davvero. Gli attori di questa partita sono molteplici e spesso non hanno brillato per lungimiranza nel nostro Paese: università e mondo della ricerca, SSN e imprenditori privati della sanità devono imparare in fretta la lezione. Programmare gli investimenti nella ricerca e il sostenimento dei costi di assistenza con realismo e ambizione liberando l’intero sistema da clientele e parentele è urgente e necessario perché mancare questi obiettivi porterebbe inevitabilmente dal punto di vista internazionale a una sudditanza del sistema Paese rispetto al mondo industrializzato (abbiamo visto cosa significhi essere capaci o meno di produrre tecnologie vaccinali) e dal punto di vista della politica sanitaria nazionale a creare una sanità di serie B o, peggio ancora, tante sanità diverse. La rinascita post-pandemia può riaffermare un ruolo determinante della sanità nel vincere questa sfida ed esigere i mezzi per meglio affrontare sfide future, efficientare un intero sistema che ha completamente fallito nella sua risposta immediata al pericolo pandemico e farne una importante voce di investimento, non una miope defiscalizzazione di pochi spiccioli come elemosina utile a sopire le coscienze della politica. 3


Cover Topic

LA CHIAVE UNIVERSALE La Visualizzazione Aumentata in chirurgia oftalmica, dai demoni elettrici, ai jet, alla sala operatoria

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Intervista alla Professoressa Anat Loewenstein, Sackler Faculty of Medicine, Tel Aviv University e al Professor Paolo Lanzetta, Università di Udine e Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare

Anat Loewenstein è Professoressa alla Sackler Faculty of Medicine, Tel Aviv University

Paolo Lanzetta è Professore Ordinario all’Università di Udine e Fondatore e Responsabile Scientifico dell’Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare

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“Ecco qui il Character Marker. Si tratta di un paio di occhiali. Mentre li indossi chiunque tu incontrerai verrà segnalato sulla fronte con una lettera che ne indica il carattere. Le persone buone avranno una G sulla fronte, le malvagie una E. I saggi saranno marchiati con una W e gli stolti con una F. I gentili con una K e i crudeli con una C. Quando li guarderai capirai al volo la vera natura del loro carattere”. Con queste parole pronunciate nella novella “The Master Key” da un demone dell’elettricità, L. Frank Baum descrisse per la prima volta il concetto di Realtà Aumentata. Era il 1901 e Baum era bene in alto sulla cresta dell’onda data dall’acclamato “Il meraviglioso mago di Oz”. Per quanto nell’immaginario collettivo siano rimasti impressi Dorothy, il sentiero d’oro e l’immortale canzone cantata da Judy Garland sulle note di Harold Arlen, il vero fascino di Baum si nasconde nelle interessanti lungimiranze nascoste tra le pagine delle sue novelle. Oggi la tecnologia digitale, la capacità di calcolo e di trasmissione delle informazioni sono finalmente giunte ad un punto di svolta. La realtà aumentata non ha solo superato la magia del demone dell’elettricità; ha raggiunto una duttilità tale da guadagnarsi una diffusione globale, dalle esperienze videoludiche alle semplici applicazioni per la lettura dei codici QR presenti in tutti i cellulari degli ultimi anni. Una tecnologia oggi presente e molto in sordina, ma che nei roboanti anni ‘80, assieme alla tecnologia cugina della realtà virtuale, alimentava le fantasie delle nuove generazioni.

“Nel 1986 uscì nelle sale TopGun, un film probabilmente visto da tutti i ragazzi di una certa età. In quel film si poteva vedere benissimo durante i combattimenti il sistema head-up display, detto anche HUD, che ci faceva vedere proiettato sullo schermo del cinema il mirino che si agganciava ai caccia nemici, facendoci sentire a bordo dell’F-14. Questo è stato il primo esempio indiretto di realtà aumentata e la prima volta che mi sono immerso in un simile concetto”, spiega Paolo Lanzetta. “Curiosamente, molti anni dopo, la mia esperienza con la realtà aumentata in chirurgia oftalmologica è giunta proprio dalla tecnologia militare, e in particolare dall’aeronautica”, aggiunge. Paolo Lanzetta è Professore Ordinario all’Università di Udine e Fondatore e Responsabile Scientifico dell’Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare, una clinica sempre attenta alle innovazioni tecnologiche di ultima generazione. “Capita spesso in sala operatoria di usare della tecnologia di derivazione militare; pensiamo ad esempio al laser”, spiega Lanzetta. “Oggi abbiamo due soluzioni tecnologiche delle quali una è già stata testata in volo. Entrambe stanno via via sostituendo la necessità del tradizionale microscopio ottico operatorio. La prima è il sistema heads-up con cui il chirurgo non è appoggiato al microscopio operatorio, ma guarda il campo chirurgico su uno schermo 4K ad altissima definizione grazie alla presenza di videocamere 3D con specifiche tecniche apposite”, spiega Lanzetta. “L’altra tipo-


di Timothy Norris

Oggi ad esempio abbiamo due soluzioni tecnologiche delle quali una è già stata testata in volo. Entrambe stanno via via sostituendo la necessità del tradizionale microscopio ottico operatorio

Paolo Lanzetta

Anat Loewenstein durante un’operazione con Beyeonics

logia è la head-mounted, dove le informazioni vengono proiettate sul display di un elmetto in cui si possono visualizzare tutte le informazioni relative al campo chirurgico sempre catturate da speciali videocamere 3D”, aggiunge. “Ho avuto l’occasione di provare in ambito chirurgico il sistema heads-up NGENUITY di Alcon, mentre in ambito di simulazione ho provato il sistema head-mounted Beyeonics One di Beyeonics”, sottolinea Lanzetta. “Pur non avendo mai provato di persona il sistema di Alcon non metto in dubbio che rappresenti anch’esso un grande passo avanti per la chirurgia vitreoretinica. Finalmente. Erano molti anni che non si vedevano grosse innovazioni degne di nota in chirurgia vi-

treoretinica, non tante quante ne sta avendo la retina medica, che tra farmaci nuovi, dispositivi di ultima generazione e il concetto di home monitoring sta segnando passi incredibili”, osserva Anat Loewenstein. “In chirurgia abbiamo visto una riduzione progressiva del gauge, un generale miglioramento della visualizzazione analogica, ma niente che determinasse una svolta. Poi qualche anno fa le cose hanno iniziato finalmente a cambiare”, afferma. Anat Loewenstein MD, FARVO, è Professoressa di Oftalmologia alla Sackler Faculty of Medicine, Tel Aviv University. Considerata tra i più influenti e rinomati oftalmologi al mondo e da sempre in prima linea per lo sviluppo tecnologico nel campo dell’oftalmologia, Anat Loewenstein

ha attivamente collaborato allo sviluppo di Beyeonics One come capo consulente medico. “Tre anni fa fui contattata da Beyeonics, una suddivisione della ben più grande Elbit Systems, una delle maggiori compagnie di Israele che, oltre a vari dispositivi militari di ultima generazione, sviluppa elmetti di alta tecnologia in dotazione ai piloti di caccia. Questi elmetti sono dotati di tecnologia head-mounted con un visore integrato che proietta sul campo visivo del pilota delle informazioni essenziali, come dati di volo o parametri aerei, e che possono essere gestiti usando dei movimenti della testa, scegliendo di ingrandire o ridurre il campo visivo, e allo stesso tempo controllare in tempo reale i parametri dell’aereo. La suddivisione Beyeonics, sfruttando la stessa tecnologia, ha deciso di applicarla all’oftalmologia, e ha chiamato me per gestire tutta la parte clinica”, spiega Loewenstein. “In questo casi si tratta di un dispositivo diviso in tre parti: un elmetto dotato di display trasparente che viene indossato dal chirurgo e dall’assistente, un sistema con due videocamere tridimensionali ad alta risoluzione da mettere sopra l’area operatoria e, la cosa più importante, un software che permette di utilizzare una gran varietà di applicazioni e di gestire un’illimitata quantità di dati”, aggiunge. MEGLIO DI UN DEMONE La possibilità di fruire delle informazioni essenziali e di poter selezionare volta per volta quali sono gli strumenti virtuali più utili per garantire

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Cover Topic Sono abbastanza sicura che la realtà aumentata, assieme alla realtà virtuale, diventerà uno strumento essenziale per la formazione dei chirurghi del futuro

Anat Loewenstein

una migliore prestazione operatoria rappresenta una svolta importante per il futuro della chirurgia oftalmologica. Il Character Marker di Baum entra così nel microcosmo dell’oftalmologia, si supera, ed esplode in un macrocosmo di opzioni. “Le possibilità sono infinite. Puoi avere un’applicazione che emette un suono quando tocchi la retina, puoi ingrandire l’immagine e modificare il contrasto mentre aumenta la risoluzione, puoi mostrare un OCT intraoperativo a margine, oppure una topografia corneale. Il chirurgo è messo direttamente al centro della scena, in perfetto controllo della situazione e con la possibilità di usare i movimenti degli occhi e della testa per utilizzare tranquillamente il dispositivo, aprire o chiudere un’applicazione. Il sistema di fotocamere ad altissima risoluzione non offrono solo un ottimo ingrandimento, ma sono multispettro, quindi è possibile visualizzare in fluorescenza, in infrarossi. Potenzialmente stiamo parlando della concreta possibilità di eliminare una volta per tutte i liquidi di contrasto, e sarebbe davvero una svolta”, afferma Loewenstein. Spinti dalla necessità di un cambiamento radicale, i nuovi sistemi chirurgici di visualizzazione avanzata potrebbero un giorno rimpiazzare del tutto il microscopio ottico, ma non prima di aver superato alcune limitazioni di fondamentale importanza. “Bisogna tenere conto dei difetti sotto il punto di vista dell’ergonomia”, spiega Lanzetta. “Molti chirurghi sostengono che un sistema heads-up sia di gran lunga più ergonomico rispetto al microscopio ottico. Io la penso in maniera completamente diversa: il complesso di videocamere sta di fatto sopra il campo operatorio, davanti al chirurgo, e questo ren6

de impossibile mettere un monitor da cinquantacinque pollici in asse rispetto alla posizione del chirurgo. Questo obbliga chi sta eseguendo l’operazione a tenere la testa ruotata rispetto al corpo ed è un elemento che va tenuto in considerazione”, aggiunge. “Operare guardando uno schermo a lato non è per nulla comodo, e in più guardare verso uno schermo dà l’impressione di non star operando nel punto giusto”, osserva Loewenstein. “Il vantaggio del sistema head-mounted è che puoi leggere direttamente le informazioni sul campo visivo senza la necessità di tenere la testa ruotata in una direzione”. “Per quanto riguarda l’approccio head-mounted, l’ergonomia è decisamente migliore”, commenta Lanzetta, “ma bisogna considerare il peso dell’elmetto che può dare qualche fastidio in caso di interventi ripetuti o di una certa durata. È un problema su cui le aziende che lavorano sui sistemi head-mounted stanno sicuramente già risolvendo e sono certo che in futuro potremo avere dei modelli molto più leggeri”, aggiunge. Rispetto ai primi prototipi, la tecnologia e la potenza di calcolo dei nuovi modelli stanno risolvendo dei problemi che all’epoca rendevano difficile approcciarsi con sicurezza a questo tipo di sistemi. “I primi sistemi soffrivano di ritardo di immagine rispetto a ciò che avveniva sul campo operatorio”, spiega Lanzetta. “Non c’era allineamento tra il gesto chirurgico e la visualizzazione del gesto digitalizzato sullo schermo. Se il ritardo è eccessivo il sistema diventa inutile. Proprio per questo è stato fatto moltissimo dalle aziende in questi anni e oggi si può dire che nei sistemi heads-up la latenza oggi è pressoché impercettibile”, affer-

ma. “Con il sistema head-mounted di Beyeonics tra il movimento del chirurgo e la percezione del movimento non c’è proprio alcun ritardo percepibile”. “I primi sistemi avevano una latenza tale da poter provocare la nausea nel chirurgo”, osserva Loewenstein. “Fortunatamente i sistemi moderni hanno risolto questo problema riducendo il ritardo delle immagini a dei minimi impercettibili”, aggiunge. Un altro ostacolo da superare prima di poter soppiantare definitivamente il microscopio elettronico riguarda la risoluzione dell’immagine. Per Lanzetta, il problema è legato principalmente all’impossibilità attuale del digitale di competere con ‘l’alta definizione’ dell’occhio umano. “La risoluzione digitale al giorno d’oggi è ben lontana dalla risoluzione biologica di un occhio umano. Ragionando in termini di pixel, sebbene l’occhio umano non li veda, si può presumere che la nostra vista sia dotata di 576 megapixels ovvero 576 milioni di pixel. Viceversa uno schermo ad 8k ultra HD ha solamente un po’ più di trentatre milioni di pixel. È una bella differenza che coinvolge tutte le tipologie di visualizzazione avanzata. D’altra parte un microscopio ottico non garantisce il flusso di informazioni e la capacità di elaborazione dell’immagine del campo chirurgico che invece un dispositivo di visualizzazione aumentata ci può dare”, osserva Lanzetta. PER I CHIRURGHI DEL FUTURO I nuovi sistemi di visualizzazione si avvantaggiano di una curva di apprendimento estremamente rapida ed altissime potenzialità in ambito formativo. “Durante un’operazione è pos-


Dobbiamo adattarci e mantenere anche la chirurgia al passo con i tempi e le innovazioni tecnologiche

Anat Loewenstein

Paolo Lanzetta durante una dimostrazione di Beyeonics

sibile far indossare l’elmetto di Beyeonics anche ad un assistente, ma la maggior parte delle volte in cui ho fatto indossare un elmetto ho scelto di darlo ad uno specializzando durante un intervento; e mentre lo specializzando opera io, con un altro elmetto, posso osservare in tempo reale quello che sta facendo. Questo mi dà molte opportunità didattiche”, spiega Loewenstein. “Posso evidenziare alcuni punti, posizionare un indicatore, cambiare impostazioni, ingrandire su un punto. Inoltre gli specializzandi stanno dimostrando una curva di apprendimento del sistema impressionante. Indossano l’elmetto e capiscono immediatamente come funziona. Stia-

mo ancora parlando di un sistema head-mounted in fase di perfezionamento, quindi non abbiamo dati precisi sulla curva di apprendimento generale, ma per esperienza personale posso considerarla incoraggiante e sono abbastanza sicura che la realtà aumentata, assieme alla realtà virtuale, diventerà uno strumento essenziale per la formazione dei chirurghi del futuro”, afferma. “L’utilizzo di un monitor a cinquantacinque pollici con tecnologia tridimensionale è indubbiamente molto coinvolgente e molto avvolgente per tutti i presenti in sala operatoria”, spiega Lanzetta. “Specializzandi, ferristi, personale medico e assistenti possono infat-

ti vedere in 3D e in ultra HD ciò che in quel momento sta facendo il chirurgo e questo, sotto il punto di vista educativo e didattico, è estremamente prezioso”. Le nuove generazioni di oftalmologi saranno sempre più a contatto con questo tipo di tecnologia. Secondo Anat Loewenstein, siamo oggi ad un punto di svolta che cambierà radicalmente il mondo non solo della chirurgia vitreoretinica, ma della chirurgia in senso ampio. “Vent’anni fa ero assegnista alla John Hopkins, ed ero abituata ad osservare le angiografie alla fluorescina dall’alto attraverso la pellicola messa in una camera luminosa, analizzando ogni singolo dettaglio stereoscopicamente.

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Cover Topic La visualizzazione aumentata sta cambiando il futuro della chirurgia già ora

Paolo Lanzetta

Poi un giorno saltò fuori l’imaging digitale. Mi recai dal mio capo, Neil Bressler, e gli chiesi come ci si poteva considerare soddisfatti dall’imaging digitale e lui mi rispose che andava bene così, che il digitale avrebbe soppiantato del tutto la pellicola, facendomi capire che era necessario restare al passo”, racconta Loewenstein. “Questa trasformazione digitale arrivò presto, e la stessa cosa sta succedendo oggi. Così dobbiamo adattarci e mantenere anche la chirurgia al passo con i tempi e le innovazioni tecnologiche”, consiglia. “Penso sia quindi qualcosa che dobbiamo assolutamente padroneggiare. Bisogna accettare il fatto che questo tipo di tecnologia entrerà sempre più nella nostra professione e nella nostra vita quotidiana e che dobbiamo essere pronti a cambiare le nostre prospettive e il nostro modo di vedere le cose. Sarà questa mentalità di adattamento a cambiare per sempre e in meglio il volto non solo della chirurgia vitreoretinica, ma dell’oftalmologia in senso ampio”, aggiunge Loewenstein. “Con la Realtà Aumentata è già possibile modificare o amplificare digitalmente l’immagine e di conseguenza operare con maggiore tranquillità e sicurezza. Per esempio con i sistemi di visualizzazione avanzata è possibile lavorare a bassa luminosità riducendo il rischio di fototossicità. Con questi sistemi è possibile evidenziare parametri e strutture sia del segmento anteriore che del segmento posteriore con un’elaborazione digitale. Ad esempio posso mettere in evidenza la membrana epiretinica di un pucker maculare e facilitarne la rimozione, oppure posso visualizzare l’asse adeguato per l’impianto di una lente torica o proiettare le dimensioni adeguate per una capsuloressi e permettere ad uno spe8

cializzando di eseguirla al meglio”, spiega Lanzetta. “Beyeonics si sta già preparando a raggiungere altri campi della chirurgia, come la chirurgia neurale, spinale ed ortopedica, ma le potenzialità sono enormi in tutti i campi chirurgici”, osserva Loewenstein. “Sto pensando ad esempio alla cardiochirurgia, dove la visualizzazione avanzata potrebbe rivelarsi molto utile” aggiunge. TRE DONI “Permettimi di informarti che, avendo girato la Chiave Universale, sei libero di richiedere dal sottoscritto tre doni alla settimana per tre settimane consecutive. Ti garantirò questi doni a patto che rispettino la natura dell’elettricità” - L. Frank Baum, The Master Key Visualizzazione Aumentata, Robotica, Intelligenza Artificiale. Spinta dai recenti eventi globali e dal rapidissimo sviluppo tecnologico di questi anni, l’oftalmologia sembra puntare tutta verso queste tre coordinate per garantire al medico e al paziente efficacia, sicurezza ed accessibilità. “La visualizzazione aumentata sta cambiando il futuro della chirurgia già ora”, afferma Lanzetta. “L’immagine digitale può essere utilizzata dal chirurgo che si trova nella sala operatoria, ed il chirurgo sta effettivamente lavorando su un’immagine ottica riprodotta da dispositivi di derivazione militare con una potenza di calcolo impensabile per un normale personal computer odierno, come nel caso di Beyeonics. Siamo già al punto in cui è possibile sovrapporre al campo operatorio imaging OCT, topografie corneali o fluoroangiografie. Inoltre in futuro potrebbe essere possibile operare assistiti, con la possibilità di evitare complicazioni intraoperatorie inaspettate o imprevedibili grazie alla capacità di calcolo ed osservazione di un’Intelligenza

Artificiale. Il grosso passo è quello di associarlo alla robotica”, aggiunge. “Non siamo così distanti dalla possibilità non solo di operare a chilometri di distanza ma anche di ridurre il tremore fisiologico durante manovre chirurgiche micrometriche”, conclude Lanzetta. “Non so quanto ci vorrà per raggiungere la chirurgia da remoto. Ma so che la tecnologia è già alla nostra portata”, spiega Loewenstein. “Quello di cui sono certa è che la visualizzazione analogica diventerà obsoleta e che il mondo della chirurgia si sta muovendo verso una direzione sempre più digitalizzata. I vantaggi sono enormi, e anche se la vecchia guardia potrebbe dimostrarsi un po’ conservatrice in merito, sono sicura che una nuova avanguardia si formerà e si specializzerà nell’uso di queste nuove tecnologie”, afferma Loewenstein. “Il cambiamento è in atto e il cielo è l’unico limite”, conclude. CENTOVENT’ANNI DOPO “‘Lessi una volta in un libro che ogni cosa è regolata dalle precise leggi della natura. Se è così anche tu devi sottostare a queste leggi’. Il Demone annuì. ‘Senza dubbio si intende che quando l’umanità diventerà avanzata ed intelligente a sufficienza per padroneggiare la Chiave Universale, tu, e tutti i tuoi dispositivi non solo diventerete necessari ed accettabili, ma il mondo stesso sarà pronto per il suo uso. Non ti sembra ragionevole?’” Dopo aver usato sei dei nove doni per fare nuove scoperte e raggiungere luoghi sconosciuti, il protagonista, Rob Joslyn, congedò il Demone dell’Elettricità, concludendo la novella con delle parole che trasudano la lungimiranza del suo autore: “Ho imparato quel che mi serve. Non è divertente essere sempre un secolo avanti con i tempi!” Dopo cento vent’anni, e come previsto da Baum, la Chiave Universale potrebbe già essere nelle nostre mani.


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References: 1. Data on file, HOYA Medical Singapore Pte. Ltd, 2018. 2. Matsushima H, et al. Active oxygen processing for acrylic intraocular lenses to prevent posterior capsule opacification. J Cataract Refract Surg. 2006; 32:1035-1040; (PCO study in rabbit eye). 3. Comparative porcine eye study: study result. David J Apple International Laboratory for Ocular Pathology, University Hospital Heidelberg. Report on file. 4. Data on file, HOYA Medical Singapore Pte. Ltd, 2019. 5. Data on file, HOYA Medical Singapore Pte. Ltd, 2019.


Riflettori sull’Esperto

TEACHING, TECHNIQUE, TECHNOLOGY L’incredibile vita di una mente vulcanica

È

Intervista al Dottor Steve Charles, Charles Retina Institute, Memphis, Tennessee (USA)

Per collegarsi al video, scansionare il codice QR

Steve Charles, MD, in quarantasei anni di attività ha operato in venticinque paesi ed insegnato in cinquantuno, ha scritto più di centosettantaquattro articoli e cinquanta capitoli, un libro tradotto in sei lingue e alla sesta ristampa.

È difficile definire con precisione cosa si prova ad avere l’occasione e l’onore di intervistare una figura della levatura di Steve Charles e trovarsi di fronte, virtualmente, ad un uomo di grande gentilezza d’animo e disponibilità. Ci si trova in uno stato d’animo del tutto unico, che solo il termine inglese “humbled” può efficacemente descrivere. Steve Charles, MD, si presenta come un chirurgo vitreoretinico del Charles Retina Institute di Memphis, Tennessee, ma non è solo questo. Steve Charles è una delle persone più importanti del panorama oftalmologico internazionale. Con all’attivo quarantamila vitrectomie, in quarantasei anni di attività ha operato in venticinque Paesi ed insegnato in cinquantuno, ha scritto più di centosettantaquattro articoli e cinquanta capitoli, assieme ad un libro giunto alla sesta ristampa e attualmente tradotto in sei lingue. Chirurgo vitreoretinico ed ingegnere, ha registrato più di un centinaio di brevetti, molti dei quali vengono usati nella pratica quotidiana dei chirurghi di tutto il mondo, oltre ad aver fondato due aziende per lo sviluppo tecnologico in neurochirurgia e in chirurgia spinale. Con garbo e pragmatismo ha riassunto tutti questi numeri, distillando con grande precisione la sua raison d’être in una triade: “teaching, technique, technology”. Partiamo dagli inizi. Quali sono stati i suoi mentori, o le figure influenti per la sua carriera? I miei mentori si ricollegano a quelle tre parole che definiscono le tre categorie della mia vita professionale. Mio padre era un professore al college ed era un oratore incredibile, uno storico dell’arte, e io

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fin da giovane stavo ad ascoltare le sue lezioni prestando molta attenzione alla sua tecnica, fino ad imparare come gestire un discorso senza l’uso di appunti o annotazioni. Il secondo mentore è stato mio nonno paterno, un ingegnere meccanico che ho seguito fino in fabbrica fin dalle elementari, mentre passavo ore su un tavolo da disegno sognando di diventare un ingegnere progettista. È grazie a lui se oggi ho un centinaio di brevetti e mi occupo di progetti elettrici, meccanici e sistemi ottici. Infine, sotto il punto di vista accademico, mi sento molto fortunato nel dire di aver studiato medicina e di essere quindi riuscito ad entrare all’Università di Miami, che ospita l’eccellenza internazionale del Bascom Palmer Eye Institute, fondato da Edward W. D. Norton. Fu proprio Norton a prendermi sotto la sua ala protettiva, incoraggiandomi e guidandomi fin dall’inizio. Queste sono senza dubbio le tre persone più importanti che hanno contribuito alla mia carriera. Una menzione anche a mio zio paterno e padrino, al tempo Presidente della Società Americana di Chirurgia Colo-rettale, un medico gentile e un chirurgo straordinario. Quali sono stati i suoi contributi all’oculistica e i traguardi professionali che ha raggiunto? Parlando di onorificenze e riconoscimenti non posso non citare il Laureate Award dell’American Academy of Ophthalmology e il Wacker Medal al Club Jules Gonin. Inoltre ho avuto l’onore della Schepens Lecture per la Retina Society e la Charles T. Kelman Lecture per L’ASCRS. Parlando invece del mio contributo all’oftal-


di Timothy Norris

In 46 anni non ho fatto nulla per me, oltre a lavorare come chirurgo e avere il piacere di legare con i colleghi di tutto il mondo

Steve Charles

mologia, penso subito alla varietà di soluzioni meccaniche che ho sviluppato in questi anni come l’Accurus e il Constellation e le tecniche chirurgiche che vengono usate tutt’oggi dai chirurghi vitreoretinici di tutto il mondo come il peeling di membrana con forcipi, la delaminazione e segmentazione con forbici, lo scambio aria-fluido, l’endofotocoagulazione, il endo-drenaggio interno del liquido subretinico, l’aspirazione lineare, la chirurgia subretinica e la retinectomia. Immerso nella scena internazionale, protagonista di grandi progressi dell’oftalmologia. Quanto di tutto questo ha portato nella sua pratica clinica quotidiana? Mi ritengo fortunato di essere ancora “in pista”. Ho dato lezioni in cinquantuno Paesi e ho operato in venticinque e mi considero una persona estremamente fortunata ad aver conosciuto e ad essere amico e collega dei più grandi chirurghi vitreoretinici al mondo. Ho avuto l’onore di fare amicizia con specialisti dal Giappone, dall’Olanda, dalla Germania, dall’Italia e così via, tutta gente che ha dato un grande contributo alla letteratura medica. Far parte di una comunità internazionale è meraviglioso. Mi sono fatto ad esempio coinvolgere nel progetto dell’Orbis Flying Eye Hospital abbastanza a lungo da salire su tre generazioni di aeroplani, il DC-8, il DC-10 e l’MD-10, volando verso numerosissime nazioni con loro. In altre nazioni invece mi ci sono recato indipendentemente per operare e fare conferenze. In tutto questo non sono mai andato una volta all’estero in vesti di turista. In 46 anni non ho fatto nulla per

Steve Charles, MD, assieme al Presidente della Retina Society Mark W. Johnson, MD durante l’assegnazione dell’Award of Merit e la Charles L. Schepens Lecture, in occasione del 49° Congresso della Retina Society, San Diego 2016

me, oltre a lavorare come chirurgo e avere il piacere di legare con i colleghi di tutto il mondo. Quali sono i suoi traguardi ottenuti nella ricerca e nello sviluppo della microchirurgia e negli altri settori della medicina d’avanguardia? Ho iniziato studiando ingegneria, e, quando la gente mi chiede “ma non eri un ingegnere prima di diventare chirurgo?” io mi offendo. Perché sono tutt’ora un ingegnere. Continuo a registrare brevetti e qualcuno mi chiede se sono un inventore, e questo mi definisce in una categoria. Ma io non voglio essere categorizzato per i miei brevetti, gli ingegneri sono problem-solvers per definizione. Mi sono auto-formato in ingegneria elettronica, in ottica e fotonica, e non è affatto per avere una tacca nel curriculum, non è per una linea imprenditoriale. È tutta una questione di problem solving.

L’aspirazione lineare è una mia invenzione presente in qualsiasi facoemulsificatore e qualsiasi vitrectomo. Ho sviluppato i cutter vitreali monouso, l’endofotocoagulazione, tecniche che all’epoca erano un po’ semplicistiche e oggi sono sicuramente molto più complesse e precise. Ho lavorato per trent’anni con Alcon, assieme a tanti altri ingegneri, portando la mia esperienza da progettista e chirurgo. Ho letteralmente iniziato il mio percorso in medicina con lo scopo di disegnare dispositivi medici ed essere un chirurgo prolifico. Se non operi non sei un chirurgo, se sei un ingegnere e non sviluppi non sei un ingegnere. Quello che mi valorizza è la mia incapacità di prendermi delle ferie. Non ne ho presa una in venticinque anni. Non vado al cinema, non vado a teatro, non gioco a golf o a tennis, non vado a pescare. Lavoro e basta. Ogni momento libero della mia

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Riflettori sull’Esperto La vera prossima innovazione che attendo con trepidazione e il vero cambiamento della prossima decade riguarda i nuovi sistemi chirurgici di visualizzazione tridimensionale”

Steve Charles

Steve Charles ha sei jet type rating tra cui il Falcon 50.

vita lo passo a progettare, fine settimana compresi, e a scrivere per trasmettere le mie idee alla gente. Con una professione come pilastro fondante della sua vita, non ha neppure un hobby al di fuori della sua vita lavorativa? Se prendiamo per buona la definizione convenzionale di hobby, allora non ne ho neppure uno. Non ne voglio uno. Faccio un sacco di work-out, mi alleno come un pazzo. L’ho fatto per tutta la vita e onestamente son più forte oggi di quando giocavo a football alle superiori. Sollevare pesi però non è qualcosa che considero un hobby: lo considero un modo per mantenermi sano e per sostenere la mia carriera, per essere un padre e un nonno, un chirurgo, un ingegnere e un insegnante. Se mi ammalo rischio di non performare in nessuna di queste cose appena dette. Sì, so pilotare un jet, ma questo non mi porta a frequentare gli airshow. Non mi piacciono gli aerei per il lusso e ancora meno piloto aerei da guerra. Niente di tutto questo. Si tratta di un mezzo di 12

trasporto e grazie a questo posso programmare un’intera giornata in sala operatoria giovedì, salire poi sul mio jet che ormai ha i suoi quarant’anni ma è ancora bello sicuro e veloce, volare in California giusto per cenare con i colleghi ingegneri di Alcon e il giorno dopo lavorare otto, dodici ore con loro. Oppure posso operare alle sei di sera ed essere pronto per un congresso dall’altra parte degli Stati Uniti la mattina dopo. Volare un jet è una questione molto seria, ho sei type rating e posso far volare un Falcon 50 a tre motori ma non si tratta di divertimento o di un hobby e anzi, se non si mantiene un addestramento costante si finisce ammazzati. La Lampada di Aladino: Ci sarebbe un’innovazione che vorrebbe già oggi a disposizione dei suoi pazienti? La più grande innovazione da un secolo a questa parte nel settore retina è la possibilità di identificare i VEGF e produrre farmaci anti-VEGF. Ha rivoluzionato il trattamento di patologie come la degenerazione maculare, la retinopatia

diabetica, la ROP, la RVO e tante altre patologie. La vitrectomia va al secondo posto, fatta per la prima volta dal Prof. Robert Machemer, ha segnato una pietra miliare per tutte le successive generazioni di dispositivi e da cui sono nati nuovi vitrectomi sempre più complessi. La vera prossima innovazione che attendo con trepidazione e il vero cambiamento della prossima decade riguarda i nuovi sistemi chirurgici di visualizzazione tridimensionale. Finora ho avuto modo di usare NGENUITY di Alcon, che ha una visualizzazione elettronica tridimensionale al posto del microscopio. Questo garantisce una migliore profondità di campo e una superiore capacità di ingrandimento. Sto lavorando con loro per portare avanti delle migliorie che verranno rivelate più avanti, e più procedo, più mi rendo conto che stiamo avendo a che fare con il futuro della chirurgia. Una delle cose che vorrei oggi sarebbe un modo per far sparire del tutto gas e olio di silicone in favore di un modo più efficace di richiudere le rotture retiniche.


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Largo ai Giovani

DALL’AMAZZONIA ALLE ALPI Inseguire la passione di una vita tra sogni, viaggi e speranze

L

Intervista al Dottor Emilio A. Torres-Netto, Università Federale di São Paulo, Brasile e Università di Zurigo, Svizzera

Il Dottor Emilio A. Torres-Netto

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L’oftalmologia nel sangue, la voglia di imparare, viaggiare, scoprire, con lo sguardo rivolto sempre verso il futuro e un’attenzione particolare all’innovazione e alle nuove tecnologie. Questo è ciò che traspare in una giovane promessa della chirurgia del segmento anteriore come il Dottor Emilio Torres-Netto. Brasiliano, con la famiglia originaria di Piombino Dese, in provincia di Padova, il Dottor Torres-Netto è ‘figlio d’arte’, ma questo non gli ha impedito di prendere la sua strada e lavorare sodo per costruire una carriera brillante, tra fellowship all’estero per lavorare spalla a spalla di grandi nomi, tra premi e riconoscimenti, senza mai dimenticare il suo Paese e la sua enorme varietà interna. Dal Brasile, agli Stati Uniti, fino ad arrivare all’Europa, passando brevemente per la Foresta Amazzonica, il Dottor Torres-Netto ha raccontato e condiviso con noi l’entusiasmo e la passione di un giovane oftalmologo pronto a dare un enorme contributo alla ricerca medica e alla cura dei pazienti, anche in prima linea dove spesso nessun altro arriva. UNA VOCAZIONE DIFFICILE DA IGNORARE “La mia formazione è partita all’Università Federale di São Paulo, in Brasile, per poi proseguire con corsi e fellowship all’Ospedale Santa Casa, sempre a São Paulo e poi negli Stati Uniti, alla Stanford University, in Francia presso la Fondation Ophtalmologique Adolphe de Rothschild di Parigi per poi arrivare in Svizzera, a Zurigo, dove ho appena concluso il mio Dottorato di ricerca e dove lavoro nell’ospedale universitario”, spiega il Dottor Torres-Netto, parlando della sua formazione. L’amore per l’oftalmologia per il Dottor Torres-Netto risale a molto prima

dell’inizio della sua carriera universitaria. “Ho scelto da bambino: mio padre era un oftalmologo e da sempre mi sono abituato a vedere degli occhi. Il momento in cui mi sono avvicinato di più è stato quel periodo di passaggio tra le diapositive e le slide di Powerpoint”, racconta. “Mio padre non era molto pratico con il computer, quindi lo aiutavo a riportare tutto e man mano, slide dopo slide, lui mi spiegava il contenuto. Questo durava per ore e principalmente riguardava il glaucoma, e credo sia stato quello il momento in cui c’è stato il vero e proprio contatto stretto con l’oftalmologia”. Un imprinting difficile da togliere, che è rimasto con lui per tutta la formazione universitaria. “Ci ho provato durante l’università a evitare l’oftalmologia e spaziare su altre aree, ma una volta conclusa la scuola di medicina ho deciso definitivamente di diventare un oftalmologo. In verità, non mi sono mai immaginato diversamente”, spiega. SEGMENTO ANTERIORE, CHE PASSIONE! Nonostante il primo contatto sia stato con il glaucoma, Emilio Torres-Netto ha trovato la vera vocazione nella chirurgia del segmento anteriore, cataratta, refrattiva, ma soprattutto cornea. “Questa parte dell’occhio è sempre stata il mio vero interesse perché coinvolge moltissime tecnologie, sia dal punto di vista chirurgico che diagnostico”, spiega. “La chirurgia del segmento anteriore, dalla cataratta alla refrattiva al trapianto, è veramente in grado di rendere i pazienti felici, ed è meraviglioso avere la possibilità di migliorare la vista e la vita di queste persone”. Il grande interesse del Dottor Torres-Netto è, in particolare, il


di Laura Gaspari

Il Brasile è un Paese continentale: significa che c’è una grande varietà, in ogni senso, non solo in medicina e oftalmologia

Emilio Torres-Netto

Un’immagine dall’Amazzonia, scattata dal Dottor Torres-Netto

cheratocono. “Si tratta dell’argomento che mi interessa di più. La mia università a São Paulo ha grandissimi nomi in questo campo e inoltre ho avuto la fortuna di entrare in contatto con Damien Gatinel a Parigi e Farhad Hafezi qui a Zurigo. È un campo in cui c’è ancora tantissimo da sviluppare e ci sono sempre più nuove tecnologie”, commenta. Il cheratocono e il cross-linking sono diventati anche l’argomento centrale del suo Dottorato di ricerca. “Per il cheratocono si possono avere moltissime opzioni di trattamento. Se si chiede a diversi chirurghi, ognuno di loro ha un approccio diverso, anche per lo stesso caso. Per me è affascinante osservare quante possibilità abbiamo e continueremo ad avere in questo campo”.

BRASILE: DALL’ECCELLENZA DELLA GRANDE CITTÀ ALL’AMAZZONIA “Il Brasile è un Paese continentale: significa che c’è una grande varietà, in ogni senso, non solo in medicina e oftalmologia”, spiega Emilio Torres-Netto. Il territorio brasiliano infatti si estende per 8,5 milioni di km2, al quinto posto per grandezza al mondo e al sesto per popolosità. Le città metropolitane come São Paulo e Rio de Janeiro sono densamente popolate e presentano spesso disparità a livello socio-economico non indifferenti, che si riflettono anche nella pratica oftalmologica. “Il Brasile è noto per avere degli enormi centri d’eccellenza, come l’Università Federale di São Paulo, dove

ho avuto l’onore di studiare, che è un’importante realtà. Il Brasile è uno di quei Paesi, come l’India, che mandano moltissimi specialisti fuori ad imparare, ma ne ricevono anche altrettanti e l’oftalmologia è davvero all’avanguardia come in Europa o negli Stati Uniti”, commenta. Tuttavia c’è una parte della società brasiliana che non ha accesso a determinate prestazioni, nonostante la sanità sia pubblica e universale. “C’è molta disparità nel Paese e certe aree non hanno accesso in modo equo o non sono servite, come le città più piccole o i villaggi della Foresta Amazzonica. Sicuramente è un problema di allocazione di risorse, oltre che geografico in alcuni casi. Con il COVID sicuramente la cosa si

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Largo ai Giovani Il Dottor Torres-Netto esegue una cataratta ad un paziente in Amazzonia

è sicuramente intensificata e i problemi si sono probabilmente aggravati”, spiega il Dottor Torres-Netto. Proprio nella Foresta Amazzonica Emilio Torres-Netto ha avuto la possibilità di aiutare le popolazioni locali come volontario per un progetto di “oftalmologia umanitaria”. “Grazie a degli sponsor siamo partiti con la migliore strumentazione e le migliori condizioni e nel giro di un paio di settimane abbiamo fatto centinaia di chirurgie, specialmente la cataratta”, racconta. L’Amazzonia, uno dei più grandi ‘miracoli’ naturali presenti sul nostro pianeta, è un’area impervia in cui ci sono popolazioni che necessitano di cure anche oftalmologiche, e spesso non riescono ad ottenerle per via delle condizioni difficili del territorio. “Sono aree che normalmente non hanno un oftalmologo a disposizione, c’è a malapena Internet, non sono per nulla servite e, peggio ancora, sono inaccessibili sia in aereo che su ruote. Sono piccoli insediamenti di appena un migliaio di persone e vi si accede solo via fiume, quindi anche noi ci siamo spostati in barca”, spiega Emilio Torres-Netto. “In realtà alcuni insediamenti sono molto vicini in 16

linea d’aria, e se si viaggia in auto ci si impiegano poche ore per andare dal punto A al punto B; il problema è che non ci sono strade. Via fiume invece gli spostamenti sono più lenti, ma è l’unico modo per accedere a certi villaggi o piccole città. Pure io non me ne sono reso conto finché non l’ho sperimentato di persona, una volta arrivato lì”. Si tratta di realtà molto distanti da quelle che conosciamo o che possiamo immaginare, ma che hanno lasciato nel Dottor Torres-Netto il ricordo di un’esperienza indimenticabile, soprattutto come professionista. “Ho veramente visto pazienti che erano sulla soglia della cecità ritornare a vedere dopo molto tempo grazie alla chirurgia. La loro felicità è stata una delle esperienze più gratificanti per me come oftalmologo”. SOGNI, SPERANZE, CERTEZZE ED INCERTEZZE Sicuramente Emilio Torres-Netto ha moltissimo da dare all’oftalmologia, come ricercatore e come chirurgo. “Nel campo del cheratocono mi piacerebbe vedere in futuro lo sviluppo di una tecnologia che ci permetta di prevedere la progressione per tempo,

prima che questa avvenga. Intervenire sulla progressione, significa salvare la vista dei nostri pazienti. Questo potrebbe essere realizzabile con l’utilizzo di test genetici, o dell’imaging corneale, tramite l’osservazione di marker infiammatori che già sono stati studiati in realtà”, spiega. “Nel 2017 abbiamo pubblicato un paper identificando circa trecento geni influenzati dal cross-linking: sappiamo quali sono, ma non sappiamo ancora come usare questa informazione. Già ora siamo orientati sulla valutazione secondo parametri tarati sul paziente e sul cross-linking individualizzato. Questo è un ottimo punto di partenza che spero si sviluppi in futuro”. Alla domanda se gli piacerebbe tornare in Brasile ad esercitare dopo aver viaggiato così tanto, il Dottor Torres-Netto non ha una vera e propria risposta. “Vorrei contribuire in futuro all’avanzamento dell’oftalmologia, specialmente nel mio Paese d’origine, in presenza o da remoto. Continuo a tenere tantissimi contatti personali e professionali in Brasile e continuo a lavorare con loro nonostante la distanza. Non so se tornerò a lavorare là. È difficile da prevedere, solo il tempo lo deciderà”, conclude.


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Casi da Incubo

MESSI ALLE CORDE Quando i chirurghi si trovano sul ring, ferri e sangue freddo contro la sfortuna

T

Intervista al Dottor Matteo Forlini, Ospedale di Stato di San Marino

Per collegarsi al video, scansionare il codice QR

Talvolta la sorte rema contro, inesorabile. Talvolta la Legge di Murphy si impone in sala operatoria, mette il chirurgo alle corde, suona la campanella e impone un incontro a più round. Niente guantoni, solo ferri e sangue freddo. Questo caso è un incontro a quattro mani. Un “tag team” di due chirurghi messi di fronte ad un caso complicato e una buona dose di malasorte. Luogo dell’incontro: una sala operatoria dell’Ospedale di Stato di San Marino, sul ring il Dottor Alessandro Mularoni e il Dottor Matteo Forlini. “Il paziente, maschio di quarant’anni, miope elevato con l’occhio sinistro, fin da giovane affetto da una serie di complicanze concatenate che hanno portato al caso che stiamo trattando”, presenta Matteo

Forlini nella videointervista ad EyeSee. “L’occhio sinistro partiva ambliope ed associata miopia elevata con anisometropia. Il visus dell’occhio sinistro non è mai stato alto, sui tre o quattro decimi”. Matteo Forlini, MD, è consulente di chirurgia vitreoretinica presso l’Ospedale di Stato di San Marino. Nel caso che lui stesso ci presenta, ripercorre fin da subito l’anamnesi patologica del paziente, e di come è stato successivamente coinvolto nella situazione. Secondo quanto riportato da Forlini, il paziente aveva già subito un distacco di retina nel 2005, causato da un trauma contusivo, ed era stato operato di conseguenza con chirurgia episclerale, piombaggio e buckling per rimettere in posizione la retina. La sfortuna, tuttavia,

“È più facile far passare un cammello per la cruna di un ago che una Carlevale per una pupilla ristretta”. Potete vedere il video integrale sul canale Youtube Eyesee Channel o tramite il QRCode

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di Laura Gaspari

La sutura aveva mollato solo da un lato, con solo un’aptica ancora fissata alla sclera. La IOL galleggiava a penzoloni appena dietro l’iride

Matteo Forlini

aveva ancora qualcosa in serbo per il povero paziente. “Quattro, cinque anni dopo, nello stesso occhio la retina si distacca nuovamente e questa volta un chirurgo terzo opta per una vitrectomia con rimozione del cristallino ed impianto di lente intraoculare nel sacco”, racconta Forlini. Nel 2016 la sfortuna torna a bussare alla porta del paziente. “Cinque anni dopo il paziente si ripresenta in ospedale con una lussazione della lente intraoculare in camera vitrea, forse causata da un’instabilità del sacco dovuta alla miopia elevata. Il sacco era caduto e tutto era finito nel segmento posteriore, IOL compresa”, spiega Forlini. “Il chirurgo che lo seguiva porta il paziente in sala operatoria, estrae la IOL e ne impianta una a fissazione sclerale. Il classico prolene, con due punti. Così la situazione sembra rimanere stabile. Fino ad aprile di quest’anno”. Aprile 2021. Lo sfortunato paziente si presenta all’Ospedale di Stato di San Marino con l’ennesimo colpo inferto dalla malasorte, e viene accolto da Alessandro Mularoni. “Che era successo? La sutura aveva mollato solo da un lato, con solo un’aptica ancora fissata alla sclera. La IOL galleggiava a penzoloni appena dietro l’iride”, racconta Forlini. “Viene programmata subito la rimozione della IOL sublussata con un impianto di IOL Carlevale, una IOL a fissazione sclerale senza sutura”. La sorte avversa entra in sala operatoria insieme al paziente, attende il gong e fin da subito inizia a tirare i primi jab. “Mentre stiamo facendo la paracentesi in camera anteriore l’aptica si rompe e ci rimane in mano, la IOL di conseguenza

cade in camera vitrea”, racconta Forlini. “Diventa improvvisamente un caso di chirurgia del segmento posteriore”. Tag. Forlini entra nel ring ed afferra subito un 25 gauge. “Afferro l’unica aptica rimasta con la pinza da vitreoretina e tento di portarla in camera anteriore mentre con l’altra cerco di afferrare il piatto della IOL ed estrarla, ma la IOL è vecchia, e la seconda aptica si spezza”. La situazione si fa molto tesa. “Riesco ad afferrare il moncherino di aptica che rimane e provo nuovamente a far passare la IOL attraverso la pupilla con una pinza, che però non ha un morso molto ampio e ha una presa troppo scarsa. Ricade. Sento la fronte sudata”. La sfortuna a questo punto effettua un colpo da maestro contro Forlini, un dritto inaspettato che coglie il contendente di sorpresa. “La cosa peggiore che può capitare, capita proprio nel peggiore dei momenti: la pupilla improvvisamente si stringe. L’avevamo sollecitata troppo. Il caso diventa improvvisamente ancora più difficile”, racconta Forlini. “Abbiamo una IOL lussata in camera posteriore senza aptiche, e una pupilla stretta che ci impedisce di estrarla. Tentiamo nuovamente e la pupilla inizia a prolassare, la IOL ricade”. Forlini non si arrende. “Questa volta prendo una pinza più grande e apro la cornea a sei millimetri, riesco ad afferrare la IOL e finalmente riesco ad estrarla”. Campana. Fine del primo round. “Finisce così la prima parte ed inizia la seconda, l’impianto della IOL Carlevale. Una lente molto ampia che va inserita a pupilla dilatata”, spiega Forlini. La pupilla è chiusa, in difensiva. Una difesa che solo un colpo da

Matteo Forlini è consulente di chirurgia vitreoretinica presso l’Ospedale di Stato di San Marino

maestro potrebbe superare. “Difficile far passare un cammello per la cruna di un ago”, riflette Forlini. “La difficoltà maggiore è far passare l’aptica della Carlevale, la famosa ‘T’, da una mano all’altra e con la pupilla stretta non vedevo nulla”, ricorda. “Incrocio le dita prego un po’ e spero che alla fine della procedura nella mia pinza ci sia ancora quella ‘T’” Il vento inizia a tirare dalla parte di Forlini, che assesta il primo colpo decisivo. “Con grande sollievo, quando estraggo la pinza dalla sclerotomia scopro che l’aptica è al posto giusto. Il primo passo della Carlevale è riuscito”, Forlini fa un sospiro di sollievo. “Tocca alla seconda. Riesco ad estrarla al primo colpo e a questo punto mi reputo contento”. 19


Casi da Incubo La sfortuna ha fatto la sua parte, ma se avessimo preparato meglio prima l’apertura corneale, e avessimo magari messo un’infusione in camera anteriore già all’inizio, ci saremmo risparmiati manovre di troppo in camera anteriore

Matteo Forlini

In quel momento la malasorte, dopo aver subito due colpi pesanti, si lancia in un ultimo attacco disperato. “Vado in camera posteriore e vedo un distacco di coroide massivo. Ipotonia. Probabilmente c’era un leakage dall’apertura corneale che avevo suturato forse non sufficientemente bene. Ero troppo focalizzato sulla Carlevale”. Forlini alza la guardia e poi opta per un contrattacco. “Alzo la pressione e chiudo meglio la sutura corneale. Questo risolve il distacco di coroide”. Vittoria. “La retina è attaccata, la coroide è attaccata. Chiudo gli ultimi passaggi. La Carlevale è ben fissata, stabile e centrata”. Sfortuna al tappeto. Gong. Il postoperatorio è positivo e il paziente si avvia verso un buon recupero, riguadagnando il visus pre lussazione con una riuscitissima riduzione dell’astigmatismo. Oltre alla vittoria,

Forlini guadagna invece alcuni importanti punti su cui lavorare. “Il primo punto è che probabilmente abbiamo creato una condizione non perfettamente sicura, e questo ci ha complicato la vita. La sfortuna ha fatto la sua parte, ma se avessimo preparato meglio prima l’apertura corneale, e avessimo magari messo un’infusione in camera anteriore già all’inizio, ci saremmo risparmiati manovre di troppo in camera anteriore”, osserva Forlini. “Bisogna preparare prima il terreno. Fare tutto prima del momento delicato, preparare il taglio, la paracentesi e quando tutto è pronto contare fino a tre ed estrarre la IOL in un colpo solo. Punto due, la pinza aveva una bocca troppo piccola, con una IOL in PMMA che non è affatto morbida e schizza via facilmente. Terzo punto, mentre inserivo la IOL Carlevale pensavo proprio alle preziosissime parole del mio amico

Carlo Carlevale, e grazie ai suoi consigli non ho rotto le aptiche della lente anche se la stavo inserendo ‘ad occhi chiusi’. Ultimo punto, l’ipotonia è arrivata a metà intervento, e quella poteva essere evitabile”, osserva Forlini. “Meglio mettere un punto o due in più prima di passare alla fase successiva”. ‘Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può andare male, e si prevengono, immediatamente se ne rivelerà un quinto’ recita il quarto postulato della Legge di Murphy. La vera lezione è che si vince meglio quando se ne prevedono cinque. “Nei casi complessi, soprattutto per evitare che un caso difficile diventi un ‘caso da incubo’ conviene fare ogni passaggio senza fretta, prima di andare a quello successivo”, conclude Forlini. Ci si perfeziona, un round alla volta.

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5. Schoch C. J Ocul Pharmacol Ther 2003;19:75-81 6. Bielory L. et al. Curr Opin Allergy Clin Immunol 2005;5:437-440 7. Schoch C. J Ocul Pharmacol Ther 2003;19:153-159

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1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione KETOFTIL 0,5 mg/g gel oftalmico. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione 1 ml contengono 0,69 mg di ketotifene fumarato, pari a 0,5 mg di ketotifene. Ketoftil gel oculare 1 g contengono 0,69 mg di ketotifene fumarato, pari a 0,5 mg di ketotifene. Eccipiente con effetti noti Il flacone multidose e il gel oculare contengono benzalconio cloruro. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Collirio, soluzione (contenitore multidose). Collirio, soluzione (contenitori monodose). Gel oftalmico. 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche - Congiuntiviti e cheratocongiuntiviti acute e croniche di natura allergica (primaverili, atopiche ed altre). 4.2 Posologia e modo di somministrazione - Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione: 1 goccia nel sacco congiuntivale 2 o più volte al dì, secondo prescrizione medica. Ketoftil 0,5 mg/g gel oftalmico: 1 goccia nel sacco congiuntivale 2 volte al dì. 4.3 Controindicazioni - Ipersensibilità al ketotifene o ad uno qualsiasi degli eccipienti del prodotto o sostanze strettamente correlate dal punto di vista chimico. Generalmente controindicato in gravidanza (v. paragrafo 4.6). 4.4 Speciali avvertenze e precauzioni d’uso - Ketoftil collirio, soluzione (contenitori multidose) e Ketoftil gel - Le formulazioni di Ketoftil collirio multidose e Ketoftil gel contengono benzalconio cloruro come conservante che potrebbe depositarsi sulle lenti a contatto morbide; pertanto Ketoftil non deve essere usato se il paziente indossa questo tipo di lenti. Le lenti devono essere rimosse prima dell’applicazione ed è necessario attendere 15 minuti prima di rimetterle. I prodotti contenenti benzalconio cloruro come conservante potrebbero decolorare le lenti a contatto morbide. Il benzalconio cloruro può causare irritazione oculare, occhio secco, alterazione del film e della superficie corneali. Da usare con cautela nei pazienti con occhio secco e con compromissione della cornea. I pazienti devono essere monitorati in caso di uso prolungato. Ketoftil, nelle sue diverse forme farmaceutiche, può determinare al momento dell’applicazione un leggero e fugace bruciore. Ketoftil gel oftalmico, per la natura dei suoi eccipienti, può causare al momento dell’applicazione un lieve e transitorio offuscamento visivo. Ketoftil collirio, soluzione e gel - Nessuna particolare avvertenza. 4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione - Se Ketoftil viene utilizzato in concomitanza con altri medicamenti oculari, è necessario far intercorrere almeno 5 minuti tra un’applicazione e l’altra. La somministrazione orale di ketotifene può potenziare gli effetti dei medicinali depressivi sul SNC, degli antistaminici e dell’alcool. Anche se questi fenomeni non sono stati osservati con Ketoftil, la possibilità di tali effetti non può essere esclusa. 4.6 Fertilità, gravidanza ed allattamento - Gravidanza Non sono disponibili dati sull’uso di ketotifene in gravidanza. Studi su animali con dosi orali tossiche hanno mostrato un incremento della mortalità pre- e postnatale, ma non hanno evidenziato effetti teratogeni. I livelli sistemici di ketotifene dopo l’applicazione oftalmica sono molto più bassi di quelli raggiunti dopo somministrazione orale. Si dovrebbe comunque usare cautela nel prescrivere questo medicinale a donne in gravidanza. Allattamento Anche se i dati di studi su animali dopo somministrazione orale dimostrano l’escrezione del principio attivo nel latte materno, è improbabile che la somministrazione topica nella donna possa produrre quantità di principio attivo rilevabili nel latte materno. Ketoftil può essere usato durante l’allattamento. Fertilità Non sono disponibili dati relativi agli effetti del ketotifene fumarato sulla fertilità negli esseri umani. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare e di usare macchinari - In soggetti sensibili, Ketoftil, all’inizio del trattamento, potrebbe attenuare la capacità di reazione. Se il paziente avverte visione offuscata o sonnolenza a seguito della somministrazione di questo medicinale, non deve guidare veicoli o utilizzare macchinari. 4.8 Effetti indesiderati - Le reazioni avverse provenienti da studi clinici (tabella 1) sono elencate in base alla classificazione MedDRA per sistemi e organi. All’interno di ogni classe per sistemi e organi, le reazioni avverse sono riportate in ordine di frequenza, con le reazioni più frequenti per prime. All’interno di ogni gruppo di frequenza, le reazioni avverse sono riportate in ordine decrescente per gravità. In aggiunta, la corrispondente categoria di frequenza per ogni reazione avversa è basata sulla seguente convenzione (CIOMS III): Molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, <1/100), raro (≥1/10.000,<1/1.000); molto raro (<1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). Tabella 1. Reazioni avverse • Disturbi del sistema immunitario Non comune: ipersensibilità • Patologie del sistema nervoso Non comune: mal di testa • Patologie dell’occhio Comune: irritazione oculare, dolore oculare, cheratite puntata, erosione puntata dell’epitelio corneale Non comune: visione offuscata, (durante l’instillazione), occhio secco, disturbi palpebrali, congiuntiviti, fotofobia, emorragia congiuntivale. • Patologie gastrointestinali Non comune: secchezza della bocca • Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Non comune: rash, eczema, orticaria • Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Non comune: sonnolenza. Reazioni avverse dall’esperienza post-marketing (frequenza non nota) Sono state osservate anche le seguenti reazioni avverse post-marketing: • reazioni di ipersensibilità incluse reazioni allergiche locali (in prevalenza dermatiti da contatto, gonfiore della zona oculare, prurito palpebrale ed edema) • reazioni allergiche sistemiche con inclusi gonfiore/edema facciale (in alcuni casi associate a dermatiti da contatto) • riacutizzazioni di condizioni

allergiche pre-esistenti quali asma ed eczema. Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verifificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo https://www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse. 4.9 Sovradosaggio - Ketoftil multidose Non sono stati riportati casi di sovradosaggio. L’assunzione orale di questo medicinale non è raccomandata. L’ingestione per via orale del contenuto del flacone multidose da 10 ml o del tubo è equivalente a 5 mg di ketotifene (la dose giornaliera raccomandata per i bambini al di sopra dei 3 anni è di 2 mg). I risultati clinici non hanno indicato segni o sintomi gravi dopo l’ingestione di una dose fino a 20 mg di ketotifene. Ketoftil monodose Non sono stati riportati casi di sovradosaggio. L’assunzione orale del contenuto del contenitore monodose è equivalente a 0,25 mg di ketotifene (la dose giornaliera raccomandata per i bambini al di sopra dei 3 anni è di 2 mg). I risultati clinici non hanno indicato segni o sintomi gravi dopo l’ingestione di una dose fino a 20 mg di ketotifene. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche - Categoria farmacoterapeutica: Oftalmologici-altri antiallergici, codice ATC: S01GX08 Ketoftil è un medicinale antiallergico e antiistaminico attivo per via locale in tutte le forme di cheratocongiuntivite allergica. La sua attività antianafilattica, di tipo non steroideo, si esplica sia attraverso una inibizione del release dei mediatori chimici della allergia e flogosi locale dai mastociti (istamina, SRS-A, etc.),che attraverso una inibizione della attivazione degli eosinofili da parte degli antigeni o del fattore attivante piastrinico (PAF). L’effetto antistaminico si manifesta attraverso una inibizione degli effetti della istamina sui recettori H1 periferici. 5.2 Proprietà farmacocinetiche - Per via orale (nel ratto) l’emivita di assorbimento del ketotifene è di 0,5±0,2 ore e quella di eliminazione è di 8,4 ore. La sua eliminazione avviene per il 25%-30% attraverso l’emuntorio renale. Somministrazione oculare (coniglio): con ketotifene fumarato marcato con C14, la massima concentrazione nei tessuti oculari si rileva 15 minuti dopo la somministrazione; il livello massimo si raggiunge nell’epitelio corneale, seguito da congiuntiva, cornea, iride, sclera, corpo ciliare e umore acqueo. Il tempo di ritenzione medio a livello congiuntivale è di 5,7 ore. La concentrazione ematica per dosi oculari ripetute è stata calcolata essere pari a circa 1/70 di quella congiuntivale. 5.3 Dati preclinici di sicurezza - Il ketotifene presenta una bassa tossicità acuta. La DL50 è riportata nella tabella seguente: mg/Kg PER OS SOTTOCUTE ENDOVENA

TOPO 408±61 820±78 14,9±1

RATTO 468 ± 107 430 ± 54 5,4 ± 0,8

Nessun effetto tossico è stato riscontrato per dosi orali ripetute e largamente superiori a quelle utilizzabili per l’impiego clinico-terapeutico. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti - Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione (flacone multidose): Sorbitolo, benzalconio cloruro, TS- Polisaccaride e acqua per preparazioni iniettabili. Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione (con tenitori monodose): TS-Polisaccaride, sorbitolo e acqua per preparazioni iniettabili. Ketoftil 0,5 mg/g geloftalmico: Idrossietilcellulosa, sorbitolo, benzalconio cloruro e acqua per preparazioni iniettabili. 6.2 Incompatibilità - Non note. 6.3 Validità - Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione - flacone multidose da 10 ml 3 anni a confezionamento in tegro. Il flacone multidose non deve essere usato oltre 30 giorni dopo la prima apertura del contenitore. Ketoftil0,5 mg/ml collirio, soluzione - 25 contenitori monodose 0,5 ml 30 mesi a confezionamento integro. I fla concini monodose non contengono conservanti antimicrobici atti a preservarne la sterilità in fase d’uso e perciò,una volta aperto il contenitore, il prodotto in esso contenuto deve essere utilizzato immediatamente. Il prodotto che eventualmente dovesse avanzare deve essere gettato. Ketoftil 0,5 mg/g gel oftalmico 3 anni a confe zionamento integro. Il prodotto non deve essere usato oltre 30 giorni dopo la prima apertura del contenitore. 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione - Nessuna. 6.5 Natura e contenuto del contenitore - Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione (flacone multidose) Un flaco ne contagocce in polietilene da 10 ml, dotato di tappo ad apertura razionale e non istintiva. Ketoftil 0,5 mg/mlcollirio, soluzione (contenitori monodose) Scatola da 25 contenitori in polietilene da 0,5 ml. I contenitori, in stecche da 5 unità, sono racchiusi in bustine di politene-alluminio-poliestere. Ketoftil 0,5 mg/g gel oftalmico Tubo in alluminio da 10 g, internamente ricoperto da resine epossidiche, con punta oftalmica. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione - Collirio Flacone multidose Per apri re, premere la capsula di chiusura e contemporaneamente svitare. Dopo l’uso richiudere avvitando a fondo.Contenitore monodose Separare un flaconcino dalla stecca e aprire. Dopo l’uso, gettare anche se rimane del contenuto. Gel oftalmico Per ottenere un migliore gocciolamento, durante l’applicazione tenere il tubetto perpendicolare e non obliquo. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO POLIFARMA S.p.A. - Viale dell’Arte 69 - 00144 Roma 8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO KETOFTIL 0,5 mg/ ml collirio, soluzione - flacone da 10 ml: A.I.C. 029278013 KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione - 25 contenitori monodose: A.I.C. 029278025 KETOFTIL 0,5 mg/g gel oftalmico: A.I.C. 029278037. 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/ RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE Data della prima autorizzazione: 13 Maggio 2000 Data del rinnovo più recente: 13 Maggio 2010. 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO Giugno 2020. FASCIA C SOP KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione - flacone da 10 ml: A.I.C. 029278013 €14,50 KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione - 25 contenitori monodose: A.I.C. 029278025 €16,20 KETOFTIL 0,5 mg/g gel oftalmico: A.I.C. 029278037 €15,00 Prezzi di vendita a discrezione e soggetti a possibili variazioni SISTEMA DI GESTIONE DELLE ATTIVITÀ DI INFORMAZIONE SCIENTIFICA CERTIFICATO


Approfondimenti

PASSI AVANTI

Funzione correttiva, lenti a contatto e sviluppo corretto del bulbo oculare

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Intervista al Dottor Diego Ponzin, Direttore della Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ONLUS

Il Dottor Diego Ponzin

Tra le sfide dell’oftalmologia degli ultimi decenni, la miopia occupa una posizione di rilievo e si sta cercando in tutti i modi di trovare soluzioni che vadano ad agire in primis sulla sua progressione in giovane età. Oltre ad una predisposizione genetica, le cause della miopia sono attribuibili anche alle nostre abitudini, e l’impennata di casi degli ultimi vent’anni sembra dovuta anche all’uso intensivo della vista da vicino per via degli schermi, come cellulari, computer, tablet. Anche il trascorrere meno tempo all’aria aperta è stato identificato come fattore di rischio per la progressione miopica. Tra le ultime frontiere, si utilizzano sempre più le lenti a contatto bifocali e multifocali come presidio in grado di aiutare fin dalla giovane età ad arrestare questa progressione. Di un ulteriore passo avanti di questa tecnologia, che unisce alla funzione ottica quella biochimica per favorire il corretto sviluppo del bulbo oculare, ci ha parlato il Dottor Diego Ponzin, Direttore Sanitario di Fondazione Banca degli Occhi del Veneto Onlus. Da una collaborazione tra questa importante realtà e Safilens, è nata DELIVERY TYRO, la nuova lente a contatto che può favorire i processi metabolici dell’occhio coinvolti nello sviluppo regolare bulbo oculare. VERSO UN NUOVO APPROCCIO Fondazione Banca degli Occhi Veneto Onlus è da trent’anni in prima linea nella ricerca e nello studio di nuove opzioni di trattamento per le patologie della cornea e della superficie oculare, così come spiega lo stesso Dottor Ponzin. “Abbiamo molto a cuore ciò che succede sulla superficie oculare e per noi di Fondazione Banca degli Occhi le lenti a contatto sono un pre-

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sidio in taluni casi insostituibile, che utilizziamo molto dal punto di visto riabilitativo e terapeutico”. La riflessione di Fondazione Banca degli Occhi è partita da come l’oftalmologia sta trattando la miopia al momento attuale, dalla cura alla prevenzione. “Come oculisti abbiamo fatto una riflessione su quella che è la gestione della miopia e sugli aspetti che riguardano la sua manifestazione, l’evoluzione e la prevenzione. Ciò che abbiamo oggi, dalle lenti alla chirurgia refrattiva, non agisce dal punto di vista eziologico e non rappresenta una cura alla miopia in senso stretto. Ci sono anche terapie di tipo farmacologico nel medio e lungo periodo, con la somministrazione di sostanze come l’atropina a bassa concentrazione che però non è scevra da potenziali effetti collaterali o possibilità di rebound una volta sospeso il trattamento”, spiega Ponzin. “Ci sono anche nuovi approcci, anche utilizzando le lenti a contatto, che servono a correggere il defocus ipermetropico, arrestando l’evoluzione della miopia”. Da questo razionale, si è capito che di tutte le possibilità che oggi ci vengono offerte contro la miopia, nessuna tiene conto di un aspetto molto importante. “Niente di tutto ciò affronta l’aspetto più metabolico e biochimico legato al normale sviluppo del bulbo oculare. Siamo partiti da un ragionamento: le lenti a contatto, in particolare quelle a ricambio frequente, sono costituite da polimeri molto ricchi di acqua: questo le rende adatte a veicolare qualcosa o sulla superficie dell’occhio o addirittura al suo interno”, spiega il Dottor Ponzin. Da questo assunto è nata la collaborazione con Safilens che ha portato all’ideazio-


di Laura Gaspari

La dopamina è una molecola importante, è un neurotrasmettitore del cervello, ed è dotata di una spiccata azione farmacologica

Diego Ponzin

Le lenti DELIVERY TYRO di Safilens

ne di una nuova famiglia di lenti a contatto giornaliere. IL RUOLO CHIAVE DELLA TIROSINA L’elemento innovativo di questa nuova famiglia di lenti a contatto è l’unione tra la funzione meramente ottica e quella biologica. “Abbiamo pensato di progettare una lente che affrontasse il problema della miopia dalla prospettiva più metabolica, facendo nostro l’approccio che si usa nel mondo dell’integrazione. Si interviene quindi sui cicli metabolici naturali, in modo da favorirli”, spiega Ponzin. Per questo motivo, è stata messa in campo la dopamina, sulla base degli studi 1 che sono stati fatti negli ultimi anni sulla sua capacità di influenzare il corretto sviluppo, in particolare in lunghezza, del bulbo oculare. “La dopamina è una molecola importante, è un neurotrasmettitore del cervello, ed è dotata di una spiccata azione farmacologica. Partendo da questo assunto, abbiamo cercato di utilizzare le benefiche proprietà della dopamina, ossia la scoperta che una corretta concentrazione

di essa a livello del bulbo oculare garantisce lo sviluppo fisiologico dello stesso”, afferma Ponzin. Poste queste premesse, si è dovuto ragionare su quale sostanza potesse garantire ad un occhio giovane un apporto sufficiente di dopamina senza utilizzare un farmaco e avere a che fare con le sue potenziali criticità. Proprio qui scende in campo la tirosina. “La tirosina è un aminoacido, una molecola molto maneggevole che assumiamo anche con la dieta. Ha delle proprietà interessanti perché attraversa facilmente le barriere naturali e ha una tossicità trascurabile” spiega il Dottor Ponzin. La tirosina, se assunta con la dieta, ha una buona biodisponibilità (capacità di entrare direttamente nel sangue), e attraversa la barriera ematoencefalica, finendo nel cervello e nelle strutture oculari, dove si comporta da precursore della dopamina, che viene sintetizzata da specifici enzimi. “Se noi abbiamo una lente a contatto che ogni giorno dà all’occhio una piccola integrazione di tirosina, possiamo dedurre che l’occhio non si troverà mai in deficit da dopamina”, afferma Ponzin. “La lente quindi ha una

piccola carica di tirosina che passa la barriera della superficie oculare e, se non dovesse essere utilizzata perché il metabolismo che deve portare la dopamina è saturo, può essere riutilizzata come fonte energetica in alternativa”. LE CARATTERISTICHE TECNICHE DELLE NUOVE LENTI A CONTATTO Le lenti DELIVERY TYRO, progettate da Safilens sulla base di questi ragionamenti e dei rigorosi dati scientifici sulle proprietà della dopamina, hanno dunque un’importante duplice funzione: quella correttiva della miopia e quella di favorire un corretto sviluppo del bulbo oculare. Si tratta dunque di lenti progettate per pazienti giovani in quella fascia d’età dove la miopia non è ancora normalizzata, ma è in progressione. “Queste lenti sono pensate per soggetti giovani, e che abbiano già raggiunto la maturità necessaria per un corretto uso di lenti a contatto giornaliere. L’importante è che vi sia un utilizzo sicuro e consapevole, come con tutte le lenti a contatto”, raccomanda Ponzin. Per quanto riguarda la composi-

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Approfondimenti

zione tecnica, le lenti a contatto DELIVERY TYRO sono fatte appositamente per permettere un buon rilascio di tirosina nell’occhio, e sono arricchite di sostanze naturali che permettono di dare benessere all’occhio e alla visione. “La lente è fatta di un polimero hydrogel misto a sostanze che inglobano un grande contenuto di acqua, al cui interno noi sciogliamo molecole molto piccole, come la stessa tirosina. Il processo di scambio tra il liquido all’interno della lente e la parte acquosa del film lacrimale permette alla tirosina di permeare direttamente l’epitelio della cornea, raggiungendo le strutture extra e intraoculari. Si tratta di uno scambio che avviene in base ai movimenti fisici delle molecole che, essendo in grande quantità dentro la lente, si muovono più facilmente e fuoriescono dalla stessa”, spiega Diego Ponzin. Queste lenti non presentano grosse controindicazioni, soprattutto considerata la fascia d’età a cui si rivolgono. “Possono non essere indicate per dislacrimie importanti, occhi a rischio di infezioni, o con problemi contestuali irrisolti come le blefariti croniche, o con patologie della superficie oculare. Tutti casi relativamente rari in oc26

chi giovani. Ciò a cui bisogna stare attenti ovviamente è il corretto utilizzo giornaliero”, afferma Ponzin. UN BRILLANTE FUTURO L’innovazione che porta questa famiglia di lenti rappresenta un passo avanti nell’approccio alla miopia, ma non solo. Esse infatti possono essere il primo mattoncino verso un nuovo utilizzo delle lenti a contatto anche in altri campi. “Sono molto fiducioso del fatto che questa modalità di costruzione delle lenti e del loro utilizzo sia solo l’inizio”, confida Ponzin. “Sono sicuro che impareremo a progettare lenti che possano rilasciare non solo sostanze utili per il metabolismo, ma anche veri e propri farmaci. Si tratta di un’opportunità straordinaria per veicolare sostanze utili sull’occhio, ma anche al suo interno, mitigando eventuali effetti collaterali delle terapie classiche”. Il risultato di queste lenti è dunque tutto da vedere e, secondo il Dottor Ponzin, potrebbero essere in futuro utilizzate anche per la correzione della miopia negli adulti. “Sono molto curioso dei risultati. Se ci sarà un uso estensivo, avremo sicuramente delle sottopopolazioni di pazienti in cui potremo

misurare e pesare l’eventuale effetto sulla progressione miopica, ed è questa la parte più interessante dal punto di vista scientifico e clinico”, conclude.

1 Jackson, Chad R et al. “Retinal dopamine mediates multiple dimensions of light-adapted vision.” The Journal of neuroscience : the official journal of the Society for Neuroscience vol. 32,27 (2012): 9359-68. doi:10.1523/JNEUROSCI.0711-12.2012; Zhou, Xiangtian et al. “Dopamine signaling and myopia development: What are the key challenges.” Progress in retinal and eye research vol. 61 (2017): 60-71. doi:10.1016/j.preteyeres.2017.06.003; Thomson, Kate et al. “Effectiveness and safety of topical levodopa in a chick model of myopia.” Scientific reports vol. 9,1 18345. 4 Dec. 2019, doi:10.1038/s41598019-54789-5; Thomson, Kate et al. “Levodopa inhibits the development of lens-induced myopia in chicks.” Scientific Reports 10 (2020): DOI:10.1038/ s41598-020-70271-z;



Approfondimenti

GLAUCOMA, VERSO UNA TERAPIA SENZA CONSERVANTI Optare per un collirio preservative-free è l’opzione migliore per il paziente e per il medico in termini di sicurezza, efficacia ed aderenza al trattamento

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Intervista al Professor Andrea Perdicchi, Dipartimento di Oftalmologia della Sapienza di Roma, e al Dottor Antonio Marino, UOC di Oftalmologia, Ospedale Garibaldi-Nesima, Catania

Antonio Marino con un paziente

Non c’è alcun motivo per non optare per un farmaco topico ipotonizzante senza conservanti. Recenti studi hanno associato gli agenti chimici conservanti ad una maggiore aggressività del farmaco sulla superficie oculare, in grado non solo di causare complicazioni, con conseguente decremento dell’aderenza del paziente alla terapia, ma anche di mettere a rischio l’esito di una successiva chirurgia filtrante. Sensibilizzare gli oftalmologi all’argomento e convincerli ad optare per i colliri ipotonizzanti preservative-free, già da tempo presenti sul mercato, comporta notevoli benefici non solo per il paziente, ma anche per lo specialista: un argomento fortemente sostenuto da professori e clinici come Andrea Perdicchi e Antonio Marino. “Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito allo sviluppo di numerosi principi attivi per la terapia farmacologica del glaucoma. Questo ha spostato mol-

tissimo la presa in carico di questa patologia verso una prevalente terapia farmacologica piuttosto che chirurgica, rimandando a fasi molto tardive la terapia chirurgica stessa” afferma Antonio Marino, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oftalmologia dell’Ospedale Garibaldi-Nesima di Catania. “Accanto allo sviluppo di questi principi attivi si è manifestato un sempre maggiore interesse verso il ruolo di dannosità e tossicità dei conservanti contenuti nelle formulazioni dei farmaci antiglaucomatosi. Se da un lato riducono il rischio di contaminazione batterica, dall’altro hanno un’azione dannosa sulla superficie oculare”. “Quando si tratta di patologie croniche come il glaucoma, la terapia non può che essere cronica. La presenza di conservanti in una terapia a lungo termine come il trattamento per il glaucoma con un farmaco topico ipotonizzante può portare ad alti tassi di drop-out”, afferma il Professore del Dipartimento di Oftalmologia della Sapienza di Roma Andrea Perdicchi. “Per garantire l’efficacia del trattamento è molto importante optare per un prodotto con il maggior grado possibile di tollerabilità per il paziente”. PROTEGGERE LA SUPERFICIE OCULARE Uno dei principali responsabili dell’insorgenza di effetti collaterali secondari alla terapia è il cloruro di benzalconio, uno dei conservanti più diffusi nei farmaci topici per la superficie oculare. Inizialmente impiegato per favorire l’efficacia e la sicurezza del farmaco, si è ben presto osservato quanto invece ne comporti un peggioramento farmacodinamico.

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di Timothy Norris

La presenza di conservanti in una terapia a lungo termine come il trattamento per il glaucoma con un farmaco topico ipotonizzante può portare ad alti tassi di drop-out

Andrea Perdicchi

“Il cloruro di benzalconio, o BAK, è probabilmente il conservante più diffuso nei farmaci che usiamo solitamente nella nostra professione”, osserva Perdicchi. “È una componente utilizzata principalmente per sterilizzare il farmaco, ma ha anche la funzione di favorire l’ingresso del principio attivo in camera anteriore”, aggiunge. “È ben noto che i conservanti come il BAK determinano una serie di effetti dannosi sulla superficie oculare in termini di danno sul film lacrimale, sulla cornea e sulla congiuntiva”, spiega Antonio Marino. “Sulla superficie oculare i conservanti reagiscono con lo strato lipidico con una conseguente maggiore evaporazione del film lacrimale, riduzione della lubrificazione e conseguente secchezza oculare”, afferma. “Che i conservanti incidano sugli effetti collaterali è dimostrato dall’altissima frequenza, fino al 30%, con cui si riscontrano malattie della superficie oculare in pazienti con glaucoma”, osserva Andrea Perdicchi. “Questi pazienti lamentano difficoltà nelle attività quotidiane come la lettura o la guida notturna”. “Un punto in ultimo estremamente importante è che questi danni che i conservanti determinano sulla superficie sono in un certo senso tempo-dipendenti”, spiega Marino. “Ciò significa che sono strettamente connessi alla durata della somministrazione e a quanto e per quanto la superficie viene esposta a questi composti chimici”, osserva. “Un paziente glaucomatoso deve seguire una terapia cronica e deve essere quindi seguito per lungo tempo. Questo provoca ovviamente un’esposizione prolungata ai conservanti del farmaco e proprio per questo il danno alla superficie oculare può diventare estremamente serio”, aggiunge Marino. L’alterazione del film lacrimale causata dai conservanti provoca un effetto a cascata sull’intera superficie oculare, spiega Marino. “La secchezza oculare

come effetto collaterale di una terapia cronica si traduce in un danno diretto su tutte le strutture della superficie”, spiega. “Sulla cornea è stata evidenziata una minore capacità di proliferazione dello strato epiteliale che porta inesorabilmente ad un danno della sua superficie. Ancor più rilevante è l’effetto sulla congiuntiva, dove si manifestano tutta una serie di processi infiammatori cronici, di metaplasia cellulare e fibrosi profonda che alterano la struttura della membrana”, osserva Marino. “Questo è un importante fattore di rischio in vista di un’eventuale operazione chirurgica”. “Le patologie della superficie oculare non hanno sempre una coincidenza di segni e sintomi. Per questo motivo ciò che inizialmente può non essere segnalato dal paziente può avere ripercussioni in un secondo momento, e questo è un punto molto importante che necessita di essere tenuto presente”, aggiunge Perdicchi. ALLEATI DEL CHIRURGO Rispettando la superficie oculare, i farmaci topici antiglaucomatosi preservative-free avvantaggiano lo specialista, garantendo migliori risultati in caso di intervento chirurgico. “Una superficie oculare sana favorisce un buon recupero post-operatorio”, afferma Perdicchi. “Gli effetti positivi dei farmaci preservative-free rispetto agli omologhi con conservanti sono stati approfonditi in un interessante studio retrospettivo condotto in Francia1, che ha preso in esame circa 12.500 pazienti sottoposti ad un intervento di chirurgia filtrante, mostrando come il recupero funzionale dei pazienti precedentemente curati con farmaci preservative-free sia superiore rispetto a quanto riscontrato nei pazienti sotto cura con farmaci che contengono conservanti”, aggiunge. Oltre alle osservazioni sopra citate, lo studio condotto da Chamal et al e pubblicato da Acta Oftalmologica ha

Andrea Perdicchi è Professore del Dipartimento di Oftalmologia della Sapienza di Roma

confermato un legame tra i conservanti utilizzati nei colliri per il glaucoma e l’aumento della necessità di ricorrere al trattamento chirurgico rispetto ai pazienti trattati con farmaci preservative-free. “L’azione dannosa dei conservanti si concentra molto sulla congiuntiva, la sede dove si agisce più di frequente per ridurre chirurgicamente la pressione oculare”, osserva Marino. “La trabeculectomia - a tutt’oggi il gold standard - ma anche l’impiego di stent e dispositivi per la formazione di una bozza filtrante richiedono il coinvolgimento chirurgico della congiuntiva. Una congiuntiva sana ha un ruolo determinante nell’efficacia della terapia, in particolare quella chirurgica”, afferma. “È estremamente importante infatti che un paziente arrivi in sala operatoria con una congiuntiva nel migliore stato possibile, perché potrebbe dimostrarsi determinante per la buona riuscita del trattamento chirurgico”, aggiunge Marino. IN MATERIA DI ADERENZA ED ABBANDONO L’assenza di conservanti ha anche un ruolo determinante nell’aderenza del paziente alla terapia. “L’aderenza alla terapia è uno dei

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Approfondimenti La compliance, l’aderenza alla terapia, è strettamente connessa alla stabilizzazione della patologia. Una maggiore tollerabilità del farmaco porta ad una migliore gestione di tutti gli aspetti patologici e terapeutici

Antonio Marino

Antonio Marino è Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oftalmologia dell’Ospedale Garibaldi-Nesima di Catania

problemi principali delle patologie croniche ed è molto sentito nei pazienti affetti da glaucoma”, osserva Perdicchi. “Ad oggi la disponibilità di farmaci senza conservanti ha determinato livelli minori di drop-out, a fronte di un maggior numero di pazienti che continua la terapia a lungo termine e di una maggiore aderenza del singolo paziente alla terapia”. “Può capitare che l’oftalmologo si focalizzi troppo sull’efficacia del principio attivo e non sugli effetti collaterali del farmaco, che possono portare ad un aumento del rischio che il paziente abbandoni la terapia”, spiega Marino. “Inoltre è molto difficile capire quando l’aderenza alla terapia da parte del paziente inizia a venire meno, cosa che diventa più palese solo quando la patologia inizia nuovamente a progredire”, aggiunge. L’aderenza alla terapia può essere migliorata proprio con l’abbandono dei farmaci con conservanti in favore di un’opzione terapeutica preservative-free. “I pazienti a cui è stato proposto uno shift verso un farmaco senza conservanti hanno avuto un graduale miglioramento sintomatologico, con una migliore tollerabilità. Come conseguenza sono migliorate nettamente sia l’ade30

renza sia la persistenza della terapia con un basso drop-out”, afferma Marino. “Questo è un aspetto estremamente importante che va tenuto in gran conto dagli oftalmologi: la compliance, l’aderenza alla terapia, è strettamente connessa alla stabilizzazione della patologia. Una maggiore tollerabilità del farmaco porta quindi ad una migliore gestione di tutti gli aspetti patologici e terapeutici”. TUTTO DA GUADAGNARE Cambiare farmaco contribuisce in maniera significativa ad alleviare il peso della terapia per il paziente, che tuttavia deve essere informato del fatto che le sue condizioni miglioreranno gradualmente. “La differenza si nota nel tempo”, afferma Marino. “Lo shifting da una terapia con conservanti ad una preservative-free non dà dei segni di miglioramento dal giorno alla notte. È qualcosa che si manifesta molto gradualmente e via via che la terapia prosegue. I primi benefici si notano solo nell’arco di qualche settimana, e questo è un elemento che a volte sfugge all’oftalmologo”, osserva. Gli effetti positivi riscontrabili sul piano clinico e sintomatologico si traducono in un sensibile miglioramento della

qualità di vita del paziente. “Numerosi studi hanno evidenziato come lo shifting dalle terapie con i conservanti alle terapie senza conservanti abbiano portato i pazienti a manifestare tutta una serie di riduzioni di sintomi importanti come l’irritazione, l’iperemia e il senso di corpo estraneo, e questo ha portato ad un miglioramento della tollerabilità e del quadro sintomatologico del paziente”, afferma Marino. In conclusione, l’utilizzo dei farmaci senza conservanti rappresenta un’opzione terapeutica sicura ed efficace che garantisce una migliore compliance del paziente rispetto agli omologhi con conservanti, e spiana la strada ad una migliore efficacia del trattamento chirurgico. Esiste oggi in commercio un intero portfolio terapeutico senza conservanti, che va dalla prostaglandina in monoterapia, alla combinazione fissa di prostaglandina e betabloccante, sino all’inibitore dell’anidrasi carbonica (CAI) più betabloccante. “Abbiamo oggi a disposizione prodotti senza conservanti che ci consentono di gestire il paziente a tutti gli stadi della patologia”, afferma Marino. “Come oftalmologi dobbiamo essere più sensibili a questo tema, rivolgendo la nostra attenzione a prodotti che a parità di efficacia riducono il peso della terapia in favore di una maggiore tollerabilità. Ad oggi non ha più molto senso optare per i farmaci con conservanti”, conclude Marino.

1 Chamard C, Larrieu S, Baudouin C, Bron A, Villain M, Daien V. Preservative-free versus preserved glaucoma eye drops and occurrence of glaucoma surgery. A retrospective study based on the French national health insurance information system, 2008-2016. Acta Ophthalmol. 2020 Nov;98(7):e876-e881. doi: 10.1111/ aos.14410. Epub 2020 Mar 31. PMID: 32232968.



Approfondimenti

L’IMPORTANZA DELLA PROTEZIONE RETINICA DAI RAGGI UV E LUCE BLU

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A cura del Dottor Paolo Miranda, BIO SCIENZE, ambulatori medici specialistici, ricerca e formazione scientifica, Borgo San Lorenzo (Firenze)

Dottor Paolo Miranda

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Grazie al genio di Isaac Newton e alla sua scoperta pubblicata nel 1672, sappiamo che la luce non è uniforme, ma si compone di una serie di onde di diversa intensità e colore. I suoi successori giunsero ad una più precisa definizione dello spettro del visibile, che va dal rosso al viola, e le onde luminose invisibili all’occhio umano, i raggi infrarossi (IR) al di sopra del rosso, e i raggi ultravioletti (UV) al di sotto del viola. La principale sorgente di UV è il sole. L’eccessiva esposizione ai raggi UV può essere dannosa per la salute degli occhi se non si adottano delle norme precauzio-

nali, come degli occhiali da sole con appositi filtri. Infatti, gli occhi sono estremamente sensibili a questo tipo di radiazioni e, fra le conseguenze più importanti annoveriamo la cheratocongiuntivite attinica, lo pterigio, la pinguecola, il carcinoma squamoso della congiuntiva, la cataratta e danni di varia entità a carico della retina. Come sappiamo, il cristallino filtra gli UV a protezione della retina, ma ne lascia filtrare comunque una piccola parte. La retina è sensibile alle radiazioni ad alta energia, a partire dalle componenti blu del visibile, che insieme ai raggi UV possono contribuire a provocare danni irreparabili ad essa, quali la degenerazione maculare senile. Pertanto scegliere occhiali da sole o da vista con protezione totale da UV è consigliato a tutti, anche ai bambini. La luce blu viene emessa dagli schermi a retroilluminazione, come quelli di televisori, smartphone, computer e tablet. Tutti strumenti che sono entrati a far parte a pieno regime della vita quotidiana e che, senza le eventuali accortezze, possono mettere sotto stress la vista in modo considerevole. Numerosi studi stanno prendendo in considerazione l’influenza della luce blu sui nostri cicli circadiani e si stanno studiando anche gli eventuali danni alla retina in situazioni di esposizione prolungata. La pandemia di COVID-19 ha determinato un incremento del tempo passato davanti ai digital device. Questo fenomeno ha riguardato sia i lavoratori in smart


La pandemia ha incrementato l_uso quotidiano di digital device

working, che gli studenti impegnati nella didattica a distanza, fino a 8-9 ore al giorno e con rare pause mal distribuite nell’arco della giornata. Questo ha sicuramente inasprito un problema già presente: la Computer Vision Syndrome, un insieme di sintomi visivi, oculari e muscolo-scheletrici associati con un uso prolungato del videoterminale. L’EFFETTO DEI DIGITAL DEVICE SUGLI OCCHI La lunga permanenza davanti ai videoterminali riduce la frequenza di ammiccamento, come dimostrato da molti studi che hanno evidenziato una frequenza di 18-22 volte al minuto su supporto cartaceo, contro le 3,6-10 volte al minuto davanti ad un videoterminale. Inoltre, l’uso di questi dispositivi richiede un prolungato sforzo per la messa a fuoco a distanza ravvicinata, che mette sotto stress l’occhio e la vista, con conseguenze molto importanti su di essi. Tra i sintomi oculari e visivi troviamo visione offuscata, secchezza oculare, e astenopia. L’astenopia è

una condizione causata da affaticamento dell’apparato muscolare oculare intrinseco ed estrinseco, dovuto ad un sovraccarico lavorativo, secondario ad una messa a fuoco continua e ad una eccessiva convergenza richiesta in risposta allo sforzo visivo necessario per ottenere un’immagine distinta. Può essere classificata in astenopia accomodativa, quando l’accomodazione richiesta è superiore a quella disponibile nel soggetto in un dato momento; astenopia da sovraccarico, nei bambini e nei ragazzi in età scolare fisiologicamente ipermetropi ed impegnati per molte ore in attività da vicino; astenopia occupazionale, che si riscontra nei soggetti che svolgono un lavoro prossimale impegnativo e in coloro che usano molto il videoterminale. A livello visivo il paziente può presentare fotofobia, visione sfuocata/sdoppiata, dolore e fastidio perioculare, riduzione dell’acuità visiva e dell’ampiezza visiva, allontanamento del punto prossimo di accomodazione, comparsa o aumento di forie, lacrima-

zione, prurito, bruciore, secchezza, iperemia congiuntivale, sensazione di corpo estraneo. Fra i sintomi sistemici ricordiamo cefalea, astenia, nausea, dispepsia, vertigine, e sintomi da alterata postura, come cervicalgia e lombalgia. PREVENIRE, PROTEZIONE E CURA Come indicato dalla medicina del lavoro, sarebbe necessario fare una pausa di dieci minuti ogni due ore di lavoro continuativo. Durante tale pausa bisognerebbe cercare di stare alla luce naturale e non usare altri digital device, guardare lontano per rilassare l’accomodazione e, al bisogno, instillare una goccia di lacrima artificiale. La qualità del monitor è molto importante: maggiore è il numero di pixel, più chiara e delineata sarà l’immagine. Inoltre, è meglio evitare una illuminazione intensa circostante che può provocare riflessi sullo schermo. Per prevenire l’astenopia è importante partire dalla correzione dei difetti refrattivi del paziente,

➧ 33


Approfondimenti ottenere un buon bilanciamento binoculare, calcolare l’errore accomodativo alla distanza di lavoro e l’ampiezza accomodativa monoculare e binoculare. Possiamo consigliare delle lenti office che consentono di mettere a fuoco con la parte superiore della lente il videoterminale, e nella parte inferiore hanno un potere maggiore per la lettura per vicino. Altrettanto importante è correggere le anomalie della vergenza che possono causare difficoltà nel mantenere la visione singola e distinta per vicino. Pertanto si dovrebbe valutare il punto prossimo di convergenza, le eteroforie per vicino, il deficit di fissazione ed associate forie nella fissazione orizzontale e verticale oltre alla valutazione della stereopsi. L’occhio secco è tuttavia il grande nemico che può contribuire in maniera importante allo sviluppo di astenopia. Come sappiamo, sono molto importanti i fattori ambientali: i computer spesso sono posti in ambienti a bassa umidità e dotati di riscaldamento o condizionamento dell’aria, entrambi esacerbano i sintomi dell’occhio secco. Inoltre, l’anamnesi del paziente è di estrema importanza per capire l’origine dell’occhio secco. Per questo occorre sapere se il paziente sta seguendo determinate terapie che possono causare come effetto indesiderato lo sviluppo di secchezza oculare. Instillare lacrime artificiali nei momenti di pausa dal lavoro può dare sollievo, soprattutto a chi passa molte ore davanti al videoterminale. I sostituti lacrimali sono molto importanti in quanto consentono un ripristino della fisiologica composizione del film lacrimale. Come dimostrato da tanti studi, un’alterazione prolungata del film lacrimale porta allo sviluppo di infiammazione cronica della superficie oculare con conseguente peggioramento della astenopia Oggi possiamo contare su diversi tipi di sostituti lacrimali, ognuno con caratteristiche differenti. È compito dell’oculista diagnosticare la causa dell’occhio secco per poi scegliere quello più appropriato, come nel caso della sindrome astenopica. La scelta di un sostituto lacrimale a base di Inositolo, ad azione antios34

sidante, e Ipromellosa, ad azione idratante e protettiva, può rappresentare un trattamento mirato nel migliorare i sintomi oculo-visivi correlati allo stress digitale come astenopia e sforzo accomodativo. Negli ultimi anni sono stati messi in commercio integratori da utilizzare in sinergia con il sostituto lacrimale, allo scopo di aiutare la componente accomodativa, che possono essere assunti dai videoterminalisti nei periodi di maggiore lavoro. Tra gli integratori disponibili, è opportuno effettuare una scelta mirata al miglioramento della sintomatologia oculo-visiva, muscolo-scheletrica e psico-fisica correlabile alla sindrome astenopica. Principi attivi specifici come estratti di frutti rossi e sambuco, ricchi di antocianosidi e polifenoli, possono supportare l’attività foto-recettoriale retinica. Zinco e carnitina possono supportare la funzionalità muscolo-scheletrica visiva, e l’eleuterococco mostra un’azione contro la fatica. Per quanto riguarda la luce blu, ricordiamo che i device di ultima generazione permettono l’attivazione di uno speciale filtro, purtroppo la maggior parte degli utenti non ne è a conoscenza. Pertanto l’uso di sostituti lacrimali, integratori e lenti con il filtro per la luce blu, oltre ad una regolamentazione corretta dell’uso dei device, sono le armi che abbiamo per contrastare la comparsa della astenopia.

Bibliografia Bogdănici CM, Săndulache DE, Nechita CA. Eyesight quality and Computer Vision Syndrome. Rom J Ophthalmol. 2017;61(2):112-116. doi:10.22336/rjo.2017.21 Sánchez-Valerio MDR, Mohamed-Noriega K, Zamora-Ginez I, Baez Duarte BG, Vallejo-Ruiz V. Dry Eye Disease Association with Computer Exposure Time Among Subjects with Computer Vision Syndrome. Clin Ophthalmol. 2020; 14:4311-4317. Published 2020 Dec 8. doi: 10.2147/OPTH.S252889 Parihar JK, Jain VK, Chaturvedi P, Kaushik J, Jain G, Parihar AK. Computer and visual display terminals (VDT) vision syndrome (CVDTS). Med J Armed Forces India. 2016;72(3):270-276. doi: 10.1016/j. mjafi.2016.03.016 Bahkir FA, Grandee SS. Impact of the COVID-19 lockdown on digital device-related ocular health. Indian J Ophthalmol. 2020;68(11):23782383. doi: 10.4103/ijo.IJO_2306_20 Mohan A, Sen P, Shah C, Jain E, Jain S. Prevalence and risk factor assessment of digital eye strain among children using online e-learning during the COVID-19 pandemic: Digital eye strain among kids (DESK study-1). Indian J Ophthalmol. 2021;69(1):140-144. doi: 10.4103/ ijo.IJO_2535_20 Gowrisankaran S, Sheedy JE. Computer vision syndrome: A review. Work. 2015;52(2):303-314. doi: 10.3233/WOR-152162 Cristian Talens-Estarelles, José Vicente García-Marqués, Alejandro Cervino, Santiago García-Lázaro, Use of digital displays and ocular surface alterations: A review, The Ocular Surface, Volume 19, 2021, Pages 252-265, ISSN 15420124, https://doi.org/10.1016/j. jtos.2020.10.001. Xinli Ouyang, Jing Yang, Zexin Hong, Yide Wu, Yongfang Xie, Guohui Wang, Mechanisms of blue light-induced eye hazard and protective measures: a review, Biomedicine & Pharmacotherapy, Volume 130, 2020, 110577, ISSN 07533322, https://doi.org/10.1016/j. biopha.2020.110577 O’Hagan JB, Khazova M, Price LL. Low-energy light bulbs, computers, tablets and the blue light hazard. Eye (Lond). 2016;30(2):230-233. doi:10.1038/eye.2015.261


Una gamma di lenti sviluppata per i bambini KIDS è la nuova gamma di lenti realizzate da Ital-Lenti appositamente progettate per i bambini. Il design delle lenti Kids è ottimizzato con speciali parametri preconfigurati per bambini che hanno esigenze visive diverse rispetto ad un adulto, perché visualizzano il vicino a distanze ridotte e con parametri ergonomici ridotti. Il risultato sono lenti completamente personalizzate che garantiscono ai bambini un’eccezionale qualità di visione, associata alla massima protezione dalle radiazioni UV e dalla luce Blu dannosa emessa dai dispositivi digitali.

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Approfondimenti

LE VITAMINE DEL GRUPPO B PER IL TRATTAMENTO DELL’OMOCISTEINEMIA: UNA IMPORTANTE ARMA CONTRO LA DEGENERAZIONE MACULARE LEGATA ALL’ETÀ

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a cura del Dottor Luca De Carlo, Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata, Roma

Dottor Luca De Carlo

IPEROMOCISTEINEMIA: UN FATTORE DI RISCHIO L’iperomocisteinemia (HHcy) è associata a diversi disturbi visivi, come la degenerazione maculare legata all’età (DMLE), attualmente considerata la prima causa di cecità centrale nei Paesi industrializzati e la terza in assoluto. Circa il 5% della cecità mondiale è attribuibile a DMLE, percentuale che sale al 41% nei Paesi benestanti. L’incidenza di DMLE è rara prima dei 55 anni, aumentando soprattutto dopo i 75 anni. L’eziologia non è stata tuttora dimostrata, ma numerosi sono i fattori di rischio esogeni ed endogeni associati alla patologia. Tra i fattori di rischio è necessario porre attenzione sull’iperomocisteinemia che induce alterazioni funzionali della barriera emato-retinica (BRB) con neoangiogenesi indotta da aumento di stress ossidativo. OMOCISTEINA E PROGRESSIONE Uno studio pubblicato su Nature ha identificato l’iperomocisteinemia (HHcy) come potenziale fattore angiogenico in numerose patologie degenerative retiniche 1, tra cui la DMLE. Lo studio mostra come elevati livelli ematici di omocisteina (Hcy) esercitino effetti dannosi sul-

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la BRB, sulla funzionalità e sulla struttura delle cellule endoteliali retiniche. Inoltre, lo studio mostra come l’iperomocisteinemia induca un incremento dei valori delle specie reattive dell’ossigeno (ROS) e un aumento dello stress ossidativo in vivo e in vitro, come potenziale responsabile dell’alterazione della permeabilità retinica e della disfunzione endoteliale Hcy-indotti. L’identificazione di molecole ad azione antiossidante e con regolazione del metabolismo di Hcy sono da identificare come strategie terapeutiche mirate per le patologie retiniche. REGOLARE L’OMOCISTEINA: L’IMPORTANZA DELLE VITAMINE DEL GRUPPO B Trials clinici2 europei e internazionali hanno evidenziato come il trattamento con l’intero gruppo delle vitamine B –B1, B2, B6, B9, B12 – riduca i livelli ematici di omocisteina3 con incremento dell’attività antiossidante e riduzione della produzione di ROS. L’IMPORTANZA DI UN SUPPORTO TERAPEUTICO La DMLE richiede un monitoraggio attento e una continuità terapeutica. Nella sua forma neovascolare, insieme a una terapia intravitrea-


Formula scheletrica dell_omocisteina (da Wikimedia Commons)

le, è spesso raccomandata dagli specialisti una terapia integrativa a base di vitamine del gruppo B, luteina, zeaxantina, selenio, zinco

Retina con DMLE (sopra) e retina normale (sotto). Da Wikimedia Commons

e rame, a cui associare le proprietà emoreologiche e protettive del Ginkgo Biloba. Questa può rappresentare una strategia terapeutica da seguire per raggiungere gli obiettivi di riduzione di stress ossidativo, per avere un’azione antinfiammatoria e la regolazione del metabolismo di Hcy. NUTRIENTI A SUPPORTO La luteina offre protezione antiossidante con riduzione dei livelli di ROS e dei biomarkers infiammatori. Mostra inoltre un importante ruolo di “schermo retinico” con protezione dalle radiazioni UV, importante fattore di rischio in DMLE. La Zeaxantina, in combinazione con la luteina, ha un’azione di protezione di macula e fovea, e rappresenta un coadiuvante essenziale nel rallentare la progressione di DMLE. È importante per un’integrazione efficace la triade zinco-rame-selenio, minerali essenziali nella produzione di antiossidanti endogeni, correlati ad una possibile riduzione della neovascolarizzazione. L’Estratto di Ginkgo Biloba è importante nella riduzione di stress ossidativo e ROS, con minore incidenza di apoptosi cellulare4. Il complesso delle vitamine del gruppo B risulta avere un ruolo

chiave nella regolazione del metabolismo di Hcy, di forte rilevanza nella DMLE.

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ohamed R. et al.HyperhomocyM steinemia Alters Retinal Endothelial Cells Barrier Function and Angiogenic Potential via Activation of Oxidative Stress. SciRep. 2017Sep 20;7(1):11952 L indschinger M et al. A Randomized Pilot Trial to Evaluate the Bioavailability of Natural versus Synthetic Vitamin B Complexes in Healthy Humans and Their Effects on Homocysteine, Oxidative Stress, and Antioxidant Levels. OxidMedCellLongev. 2019 Dec 12;2019:6082613 DiFrancisco-Donoghue J et al.Effects of Exercise and B Vitamins on Homocysteine and Glutathione in Parkinson’s Disease: A Randomized Trial. NeurodegenerDis 2012;10:127-134 L abkovich M, Jacobs EB, Bhargava S, Pasquale LR, Ritch R. Ginkgo Biloba Extract in Ophthalmic and Systemic Disease, With a Focus on Normal-Tension Glaucoma. Asia Pac J Ophthalmol (Phila). 2020;9(3):215-225. doi:10.1097/ APO.0000000000000279 37


LENTI MULTIFOCALI NOVITÀLEEDITORIALI

Presente e futuro dell’Ottica Oftalmica Gianmario Reverdy

Redazione: Via Petitti 16 – 20149 Milano Sede operativa: FGE srl − Regione Rivelle 7/F − 14050 Moasca (AT) - Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013 e-mail: info@fgeditore.it − www.fgeditore.it

FGE srl − Regione Rivelle 7/F − 14050 Moasca (AT) Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013 e-mail: info@fgeditore.it − www.fgeditore.it


Riducono la progressione miopica in media del 1

60%

MiYOSMART: le lenti intelligenti per la gestione della miopia nei più giovani Hoya è leader nella gestione della miopia nei più giovani. MiYOSMART è la prima lente oftalmica con esclusiva Tecnologia D.I.M.S. che gestisce la progressione della miopia in modo semplice, efficace e non invasivo. La sua efficacia è dimostrata da uno studio clinico di due anni su bambini dagli 8 ai 13 anni1 e da un terzo anno di follow-up2. 1 Lam CSY, Tang WC, Tse DY, Lee RPK, Chun RKM, Hasegawa K, Qi H, Hatanaka T, To CH. Le lenti per occhiali con tecnologia DIMS (Defocus Incorporated Multiple Segments) rallentano la progressione della miopia: uno studio clinico randomizzato di 2 anni. British Journal of Ophthalmology. Pubblicato online per la prima volta il 29 maggio 2019. doi: 10.1136/bjophthalmol-2018-313739. 2 Lam CS, Tang WC, Lee PH, et al. Effetto delle lenti per occhiali a segmenti multipli di defocus incorporati (D.I.M.S.) sul controllo della miopia nei bambini cinesi: risultati di uno studio di follow-up sul terzo anno. British Journal of Ophthalmology Pubblicato Online per la prima volta: 17 marzo 2021. doi: 10.1136/ bjophthalmol-2020-317664.

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Eventi Congressuali

CONGRESSO AICCER VIRTUALE 2021 ASSOCIAZIONE ITALIANA DI CHIRURGIA DELLA CATARATTA E REFRATTIVA

Un’edizione del Congresso tutta particolare quella che si è svolta dal 19 al 21 marzo 2021. Tre giornate completamente online in cui non sono mancate discussioni, relazioni, aggiornamenti tra gli specialisti italiani di chirurgia della cataratta e di chirurgia refrattiva. Abbiamo intervistato alcuni dei protagonisti di AICCER 2021, raccogliendo opinioni e impressioni da questo importante Congresso.

Per vedere tutte le video interviste integrali

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IMPRESSIONI DALLA PRIMA EDIZIONE VIRTUALE AICCER Paolo Vinciguerra, Presidente di AICCER, ha commentato la prima edizione virtuale del congresso dedicato agli specialisti del segmento anteriore. Un vero successo dopo lo stop dell’anno scorso a causa della pandemia di COVID-19.

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AICCER 2021, RIFLETTORI ACCESI SULLA CHIRURGIA DELLA CATARATTA E SULLE IOL Alessandro Franchini, Vice Presidente AICCER, ha parlato del successo della prima edizione virtuale del congresso, dai simposi alla parte “educational”. La chirurgia della cataratta è stata grande protagonista, con una particolare attenzione alle nuove generazioni di IOL, sia multifocali che monofocali e al loro futuro.


QUANDO FARE L’ESTRAZIONE DEL CRISTALLINO TRASPARENTE NELLA CHIRURGIA REFRATTIVA? Simonetta Morselli ha parlato della sua relazione su quando fare l’estrazione del cristallino trasparente nella chirurgia refrattiva. La Dottoressa Morselli ha condiviso con il pubblico consigli, suggerimenti e raccomandazioni su come e quando utilizzare questa tecnica.

UNA NUOVA IOL EDOF TUTTA DA SCOPRIRE Francesco Carones ha parlato della sua relazione ad AICCER 2021, dove ha presentato Vivity, una nuova IOL EDOF prodotta da Alcon, i suoi vantaggi, i suoi utilizzi e le sue caratteristiche.

ANTIBIOTICO-RESISTENZA: UN VERO PROBLEMA PER IL FUTURO DELLA MEDICINA L’intervento di Vincenzo Orfeo ad AICCER 2021 si è concentrato sull’abuso e l’uso degli antibiotici e sulla resistenza di alcuni batteri ad essi, un problema che riguarda l’oftalmologia e tutta la medicina. È bene che gli specialisti conoscano il fenomeno a fondo e cambino le abitudini nella prescrizione degli antibiotici, dalla tipologia, alle tempistiche di somministrazione.

SECCHEZZA OCULARE POST-OPERATORIA NELLA CATARATTA: CHE FARE? Carlo Cagini, da AICCER 2021, ha esposto un problema molto importante che attanaglia gli oculisti: la secchezza oculare post-operatoria in pazienti operati di cataratta, anche se la chirurgia è andata a buon fine. Anche senza sintomi manifesti precedenti la chirurgia, è bene tenere in considerazioni alcuni aspetti che possono scatenare questa situazione di discomfort per il paziente e un vero e proprio cruccio per l’oftalmologo. 41


Ottica Fisiopatologica

LENTI FREE FORM, PARTE 1 Geometrie nitide, soluzioni sartoriali: Il mondo dell’ottica alla ricerca del massimo grado di personalizzazione

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Intervista al Dottor Luigi Mele, U.O.C Oculistica, Servizio Trapianti Corneali della A.O. Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli e Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Salmoiraghi & Viganò, e al Dottor Andrea Piantanida, Segretario dell’Associazione Italiana Strabismo (AIS) e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Salmoiraghi & Viganò.

Il dottor Andrea Piantanida

Il dottor Luigi Mele

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EyeSee inaugura una nuova sezione dedicata all’ottica fisiopatologica, con una serie di tre articoli che mirano ad approfondire le caratteristiche, i vantaggi e le indicazioni delle lenti progressive e monofocali Free Form. Questo primo articolo descrive l’innovazione nella costruzione e i vantaggi della personalizzazione garantiti dalla geometria a forma libera. La missione di garantire il massimo gradimento per chi porta gli occhiali passa attraverso un singolo concetto: personalizzazione. Grazie alle più recenti innovazioni nel campo dell’ottica è oggi possibile costruire delle lenti perfettamente calcolate in base alle esigenze del paziente per la correzione di ametropie associata ad una drastica riduzione di aberrazioni ed altri disturbi visivi. Grazie a questa nuova tecnologia a forma libera, chiamata Free Form, trovare l’occhiale più adatto al paziente non è più una scelta tra una molteplicità di misure standard, ma una vera e propria opera di ‘sartoria ottica’. “Questa è una tecnologia che consente di costruire una lente e lavorare la sua superficie sui molteplici punti”, spiega Andrea Piantanida. “Si potrebbe considerare una lente di sartoria, proprio perché il principio di personalizzazione si basa sulla misurazione di numerosi parametri non solamente ottici del paziente”, aggiunge. Il Dottor Andrea Piantanida, MD, è Oftalmologo Pediatrico esperto in Strabismo e Disturbi della Motilità Oculare, Segretario dell’Associazione Italiana Strabismo (AIS) e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Salmoiraghi & Viganò. “Si tratta di un sistema unico che considera contemporaneamente sia la lente, sia la montatura, e che per massimizzare la personalizzazione in fase di progettazione richiede para-

metri legati anche allo stile di vita, alle abitudini quotidiane, l’età, l’etnia, la forma dell’occhio e molti altri indici specifici”, spiega Piantanida. “Tutti dati raccolti allo scopo di massimizzare le prestazioni di una lente costruita in Free Form”. “Una lente costruita con una geometria a forma libera porta con sé moltissimi vantaggi rispetto ad una lente standardizzata di vecchia generazione”, spiega il Dottor Luigi Mele. “Il primo vantaggio è sicuramente l’ampliamento del campo visivo, seguito da una riduzione drastica delle aberrazioni, in particolar modo quelle laterali”, aggiunge Mele. “Questo è particolarmente evidente nei modelli di lente progressiva”. Luigi Mele, MD, PhD, è Oculista presso l’U.O.C Oculistica, Servizio Trapianti Corneali della A.O. Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli e Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Salmoiraghi & Viganò. “Stiamo parlando di un processo che rende obsoleta la costruzione di una lente su due assi principali, per scomporre la superficie in tanti piccoli punti su cui viene fatta una lavorazione millimetrica”, spiega Mele. “Questo garantisce un risultato decisamente ottimale”, aggiunge. Il processo di lavorazione di una lente Free Form avviene grazie ad un sistema computerizzato che, tenendo conto di tutti i parametri essenziali al suo perfezionamento, effettua meticolosamente delle incisioni su un numero elevato di punti ottici. Secondo Andrea Piantanida, questo apre ad un ventaglio di possibilità impressionante. “Sulla lente vengono lavorati più di quarantamila punti ottici in grado di compensare i difetti di rifrazione a seconda della posizione dell’occhio. Questo significa avere circa ottocen-


di Timothy Norris

Una lente costruita con una geometria a forma libera porta con sé moltissimi vantaggi rispetto ad una lente standardizzata di vecchia generazione

Luigi Mele

to milioni di diverse combinazioni”, osserva Piantanida. “Stiamo parlando della possibilità di fornire un paio di occhiali a quasi un miliardo di persone con differenti ametropie o disturbi ottici senza che un singolo paio sia identico all’altro”. Grazie alle lavorazioni mirate sulla superficie della lente, per il paziente è possibile godere di una vista nitida a prescindere dalla posizione dell’occhio, dando modo di seguire con lo sguardo un oggetto senza dover mantenere la centratura dell’occhio. “Una Free Form di qualità è una lente che segue lo sguardo. Questo significa che, a seconda della distanza che l’occhio ha rispetto alla superficie interna della lente, lo stesso punto avrà una modifica di decimi, o anche centesimi di diottria”, spiega Piantanida. “Questo vuol dire mantenere l’immagine sempre a fuoco in tutte le posizioni di sguardo: guardando in alto a destra verrà calcolato il potere corretto tra la distanza dell’apice corneale e della superficie interna e si vedrà nitidamente tanto quanto muovendo l’occhio in basso a sinistra o tenendo l’occhio puntato al centro della lente”, afferma. “È possibile mantenere una vista nitida in ogni posizione proprio grazie alle misure precise in fase di lavorazione”, aggiunge Mele. “Per fare ciò servono una serie di parametri specifici come l’avvolgimento frontale, l’angolo pantoscopico, la distanza tra l’apice corneale e la lente. Quando tutti questi dati antropometrici vengono calcolati correttamente si ottiene una lente Free Form individuale e in grado di dare il massimo in termini di prestazione”. Una lente di alto livello di raffinatezza, in grado di rispondere senza problemi alla maggior parte dei pazienti con disturbi visivi.

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Ottica Fisiopatologica Stiamo parlando della possibilità di fornire un paio di occhiali a quasi un miliardo di persone con differenti ametropie o disturbi ottici senza che un singolo paio sia identico all’altro

Andrea Piantanida

Le coordinate di lavorazione di una superficie free form.

“Grazie alla sua natura migliorativa, le lenti a Free Form tendono ad essere indicate per la quasi totalità dei pazienti con diverse tipologie di ametropia, in particolare astigmatismi di grado elevato”, spiega Mele. “Specialmente per quanto riguarda le lenti progressive, questo tipo di tecnologia permette un più rapido e comodo adattamento alla lente e un minore tasso di abbandono proprio grazie alla riduzione di tutti i disturbi causati dall’astigmatismo di superficie della lente stessa”, aggiunge e conclude. “Prescrivere questo tipo di lente richiede un’attenzione particolare verso il paziente”, consiglia Piantanida. “Una lente a geometria variabile può essere particolarmente adatta ad un paziente pseudofachico o ad un paziente con un astigmatismo elevato. Tuttavia occorre prestare una particolare attenzione ad un paziente con disturbi della motilità oculare, dunque con strabismi latenti e forme di motilità non perfettamente simmetriche tra i due occhi”, spiega. “A questo tipo di pazienti, giovani adulti e specialmente in età pediatrica, sarebbe meglio evitare la prescrizione di questo tipo di lenti ma si tratta di un’unica controindicazione. Quando i disturbi non 44

Le componenti orizzontali e verticali del potere addizionale di una lavorazione punto a punto free form.

sono legati alla motilità oculare queste lenti lavorano benissimo, anche quando si parla di ametropie di elevato ordine”, conclude. Nata per rinnovare ed evolvere la lente progressiva, la tecnologia Free Form è oggi utilizzata anche nella costruzione delle lenti monofocali. Nel prossimo articolo verranno analizzate le differenze ed i vantaggi mirati della tecnologia applicata a questi due tipi di lente.

Scarica il filmato.

A cura del supporto tecnico Salmoiraghi & Viganò


Aspetti non convenzionali della patogenesi del glaucoma Sergio Claudio Saccà – Alberto Izzotti

NOVITÀ EDITORIALE

Redazione: Via Petitti 16 – 20149 Milano Sede operativa: FGE srl − Regione Rivelle 7/F − 14050 Moasca (AT) - Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013 e-mail: info@fgeditore.it − www.fgeditore.it


Dal Mondo dell’Ottica - Tecnologie di Produzione LENTI INDOOR BY RODENSTOCK. Con il presente articolo desideriamo condividere i vantaggi offerti dalle lenti per utilizzo in ambienti circoscritti.

di Mauro Nocera Product Manager Lenti & Strumenti Rodenstock Italia

I design Ergo Book, PC e Room: ampiezza dei campi visivi e profondità di focalizzazione.

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Quando occorre: • un’estensione della messa a fuoco oltre la normale distanza di lettura offerta dalle lenti monofocali • un campo da vicino e per le distanze intermedie più ampio rispetto a quello delle lenti progressive • mettere a fuoco alle distanze intermedie con sguardo dritto in avanti (situazione tipica davanti allo schermo di un computer) Rodenstock con Ergo ha sviluppato un programma di lenti progressive specifiche per impiego negli ambienti circoscritti. Sono tutte freeform a progressione interna destinate ad un utilizzo preferenziale per vicino e le distanze intermedie, con un design naturalmente diverso dalle progressive convenzionali. Ogni utente presenta necessità visive e funzionali diverse: • c’è chi svolge attività alle distanze ravvicinate entro la normale lunghezza delle braccia • chi lavora tutto il giorno alla scrivania e davanti allo schermo di un PC necessitando di avere a fuoco tutto quanto si trova sul piano di lavoro • chi, all’interno del proprio ambiente, ha un lavoro dinamico con frequenti cambi di attività a distanze differenti e con necessità di dover focalizzare fino a 3-4 metri. Rodenstock, tenuto conto di queste differenti necessità, ha rispettivamente sviluppato i design Book, PC e Room nei quali i campi visivi, in ampiezza e posizione, e le distanze di messa a fuoco si adattano alle diverse esigenze. Indipendentemente dal design i campi visivi delle lenti Ergo sono ulteriormente incrementati: • dalla tecnologia EyeModel, che tiene conto dell’effettivo cilindro da vicino e dei movimenti torsionali degli occhi durante la convergenza

• dalla personalizzazione sull’intera componente ottica della prescrizione (anche in presenza di alti cilindri e prescrizioni prismatiche) e dalla corretta convergenza delle aree visive da vicino e intermedio (Multigressiv Ergo) • dall’ottimizzazione della lente anche sui parametri individuali, cioè nella posizione che la lente assume davanti agli occhi, sulle reali distanze funzionali e sulla determinazione della lunghezza del canale di progressione (Impression Ergo). Qualora i tre design Book, PC o Room non dovessero totalmente soddisfare le esigenze dell’utente, è disponibile la versione Impression Ergo FS (FreeSign) che prevede la possibilità di personalizzare la posizione e l’ampiezza dei campi visivi nelle aree vicino, intermedio e ambiente e le relative distanze di messa a fuoco. I centri ottici equipaggiati con DNEye® Scanner, grazie alle misurazioni rifrattive e oculari, determinano i parametri biometrici individuali che vengono trasferiti nel calcolo e produzione delle lenti. Questo permette loro di fornire le Multigressiv e Impression Ergo nella versione biometrica, offrendo ancora migliori performance come: • un’eccezionale definizione delle immagini attraverso la riduzione degli effetti indotti dalle aberrazioni oculari e la sicurezza di una perfetta focalizzazione dell’immagine sulla retina • il massimo comfort visivo nelle differenti condizioni luminose e alle diverse distanze indoor • un immediato adattamento e un’elevata ergonomia nelle attività in ambienti circoscritti, grazie ai facili passaggi alle diverse distanze di messa a fuoco e alla ridotta necessità di rotazione della testa.


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MiYOSMART: GLI STUDI CLINICI DIMOSTRANO LA CONTINUA EFFICACIA DELLE LENTI NEL RIDURRE LA PROGRESSIONE DELLA MIOPIA NEI PIÙ GIOVANI

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LO STUDIO CLINICO DI 2 ANNI1 Nel 2014 Hoya ha iniziato uno studio controllato randomizzato in doppio cieco per due anni su 183 bambini cinesi di età compresa tra gli 8 e i 13 anni con una miopia da -1.00 a -5.00 diottrie e astigmatismo ≤1.50 diottrie. Ai bambini sono state assegnate in modo casuale le lenti D.I.M.S. (n=93) o quelle monofocali (SV) (n=90). Le lenti D.I.M.S. presentavano segmenti incorporati con un defocus miopico di + 3.50 diottrie. L’errore rifrattivo (autorefrazione ciclopegica) e la lunghezza assiale sono stati misurati ogni sei mesi. Lo studio è stato portato a termine su 160 bambini, 79 appartenenti al gruppo D.I.M.S. e 81 al gruppo SV. La progressione della miopia nell’arco di due anni è stata in media (SE – standard error) di −0.41±0.06 diottrie nel gruppo D.I.M.S. e −0.85±0.08 diottrie in quello SV. La lunghezza assiale media (SE) era rispettivamente di 0.21±0.02 mm nel gruppo D.I.M.S. e 0.55 ±0.02 mm in quello SV. La miopia avanzava il 52% più lentamente nei bambini del gruppo D.I.M.S. rispetto a quelli del gruppo SV (differenza media −0.44±0.09 diottrie, 95% CI −0.73 a −0.37, p<0.0001). Allo stesso modo, i bambini del gruppo D.I.M.S. hanno mostrato avere un allungamento assiale

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inferiore del 62% rispetto a quelli del gruppo SV (differenza media 0.34±0.04 mm, 95% CI 0.22 a 0.37, p<0.0001). Il 21.5% dei bambini che hanno indossato le lenti D.I.M.S. non ha mostrato avere una progressione della miopia per i due anni successivi, mentre solo per il 7.4% di quelli del gruppo SV non vi è stato un peggioramento. Portare quotidianamente la lente D.I.M.S. può ridurre in modo significativo l’avanzamento della miopia e l’allungamento assiale nella miopia infantile. I risultati dello studio hanno dimostrato come una visione nitida insieme ad un defocus miopico costante possano rallentarne la progressione. LO STUDIO CLINICO DEL TERZO ANNO DI FOLLOW-UP 2 Il nuovo studio, pubblicato nel marzo 2021 sul British Journal of Ophthalmology, è stato condotto dal prestigioso Centre for Myopia Research presso la Hong Kong Polytechnic University e fa seguito allo studio di due anni che aveva precedentemente dimostrato l’efficacia della lente nel ridurre la progressione della miopia in media del 60% nei bambini dagli 8 ai 13 anni1 . I bambini che avevano precedentemente portato le lenti con tecnologia D.I.M.S. hanno continuato a portare le lenti


mm e 0,12 mm rispettivamente. Nell’80% dei soggetti nel gruppo D.I.M.S. la miopia è progredita meno di 0,5D nel terzo anno. Il 52% e il 58% nei gruppi D.I.M.S. e Control-to-D.I.M.S. hanno avuto un allungamento assiale inferiore a 0,1 mm.

Gruppo D.I.M.S.

Gruppo Control - to - D.I.M.S.

Cambiamenti nella Lunghezza Assiale nei 3 anni

Progressione della miopia (D)

Lunghezza assiale (mm)

Distribuzione della progressione della miopia e dell’allungamento assiale nel terzo anno

con tecnologia D.I.M.S. (gruppo D.I.M.S.), e i bambini che avevano portato in precedenza lenti monofocali sono passati alle lenti con tecnologia D.I.M.S. (gruppo Control-to-D.I.M.S.). Sono state misurate a intervalli di 6 mesi la refrazione cicloplegica sferica equivalente (SER) e lunghezza assiale (AL). Alla fine del terzo anno, 120 soggetti hanno completato lo studio di 3 anni. Per quanto riguarda i cambiamenti della SER nel gruppo D.I.M.S., l’effetto di riduzione delle lenti MiYOSMART sulla progressione della miopia rimane sostenuto in 3 anni. La progressione annuale è rispettivamente di -0,18D, -0,16D

e -0,18D. I bambini che sono passati dalle lenti monofocali alle lenti MiyoSmart hanno mostrato un significativo effetto di riduzione della miopia. Dunque, il beneficio è mantenuto in qualsiasi momento di inizio del trattamento. La progressione annuale è rispettivamente di -0,49D, -0,38D -0,05D. L’allungamento assiale non è cambiato significativamente nel gruppo D.I.M.S., con una progressione annuale di 0,1 mm, 0,1 mm e 0,11 mm rispettivamente. Per il gruppo che è passato dalla lente monofocale alla lente D.I.M.S. dopo 24 mesi, l’effetto di rallentamento è significativo con allungamento assiale annuale di 0,29 mm, 0,20

In conclusione, la progressione della miopia e l’allungamento assiale sono stati minori nei soggetti che indossavano lenti D.I.M.S. durante i 3 anni, rispetto al gruppo di controllo iniziale (successivamente diventato il gruppo Control-to-D.I.M.S.). I soggetti del gruppo Control-toD.I.M.S. hanno mostrato riduzioni significative della progressione della miopia e dell’allungamento assiale dopo il passaggio da lenti monofocali a lenti con tecnologia D.I.M.S.. I loro cambiamenti di SER e AL nel terzo anno sono paragonabili ai cambiamenti del primo anno nel gruppo D.I.M.S., anche se questi soggetti erano diventati più grandi di 2 anni.

1 Lam CSY, Tang WC, Tse DY, Lee RPK, Chun RKM, Hasegawa K, Qi H, Hatanaka T, To CH. Le lenti per occhiali con tecnologia DIMS (Defocus Incorporated Multiple Segments) rallentano la progressione della miopia: uno studio clinico randomizzato di 2 anni. British Journal of Ophthalmology. Pubblicato online per la prima volta il 29 maggio 2019. doi: 10.1136/ bjophthalmol-2018-313739.

Lam CS, Tang WC, Lee PH, et al. Effetto delle lenti per occhiali a segmenti multipli di defocus incorporati (D.I.M.S.) sul controllo della miopia nei bambini cinesi: risultati di uno studio di followup sul terzo anno. British Journal of Ophthalmology Pubblicato Online per la prima volta: 17 marzo 2021. doi: 10.1136/ bjophthalmol-2020-317664 2

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FOCUS SUPERFICIE OCULARE: LE CONGIUNTIVITI ALLERGICHE Di Stefano Barabino, Responsabile Centro Superficie Oculare e Occhio Secco, Ospedale L. SaccoUniversità di Milano e Maurizio Rolando, Centro Superficie Oculare e Occhio Secco, Is.Pre Oftalmica, Genova

Stefano Barabino

Maurizio Rolando

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C

Con questo primo articolo iniziamo una serie di approfondimenti sulle malattie della superficie oculare, tra cui le congiuntiviti allergiche, le blefariti e la malattia dell’occhio secco. In tutti i casi, come sappiamo bene dalla nostra pratica clinica, si tratta di malattie sempre più frequenti e motivo di una visita da parte dei pazienti. Il denominatore comune a queste malattie è sicuramente il fatto che si tratta di malattie di un sistema. Chiediamo aiuto al Prof. Maurizio Rolando per capire che cos’è la superficie oculare, perché questo ci è di aiuto sia per la diagnosi che per il trattamento di congiuntiviti allergiche e malattia dell’occhio secco. “Fino alla fine degli anni Settanta la cornea, la congiuntiva, il bordo palpebrale ed il film lacrimale venivano considerate come unità a sé stanti e l’oculista le analizzava singolarmente descrivendo separatamente malattie della cornea e della congiuntiva, trascurando possibili collegamenti e non ponendo attenzione al film lacrimale. Nel 1977 Richard Toft e Judy Friend nel libro “The ocular surface” racchiusero in uno stesso libro dedicato, seppur in capitoli separati, le componenti di questa struttura, identificandone in qualche modo un ruolo unitario ed aprendo le porte a quella che all’inizio degli anni novanta sarebbe stata definita come un’unità morfo-funzionale costituita da epiteli corneale e congiuntivale, ghiandola lacrimale, film lacrimale e ghiandole di Meibomio tra loro strettamente collegate sia dal punto di vista anatomico che funzionale.1,2 Questo insieme di strutture forma un sistema estremamente

dinamico capace di reazioni multiple simultanee atte a garantire l’omeostasi, la difesa e la riparazione di un apparato che per la sua posizione e le sue specifiche funzioni è esposto a stimoli continui. Se questi stimoli alterano il sistema in maniera importante, la superficie oculare perde le sue caratteristiche di normalità e causa sintomi e segni clinici.” E’ questo il caso delle congiuntiviti allergiche. Vengono infatti definite “congiuntiviti” perché evidente è l’interessamento della congiuntiva, ma a ben vedere in queste malattie si ha anche un’alterazione del film lacrimale, del bordo palpebrale e in alcune forme anche degli epiteli corneale e congiuntivale. Quando parliamo di congiuntiviti allergiche ci riferiamo a: - c ongiuntivite allergica, stagionale e perenne - cheratocongiuntivite primaverile - cheratocongiuntivite atopica - congiuntivite gigantopapillare anche se una recente revisione della classificazione considera quest’ultima non appartenente alle forme allergiche perché non dovuta ad allergeni ma a contatto diretto con alcune sostanze (suture, lenti a contatto, protesi oculari) ed in cui il ruolo delle Ig-E sembra parziale. Per semplicità approfondiamo qui il tema della congiuntivite allergica, la forma più frequente che interessa circa il 15-20% della popolazione. Maurizio, come si riconosce un paziente affetto da congiuntivite allergica? “La sintomatologia è caratterizzata dal prurito congiuntivale e tipicamente al canto interno. Altri sintomi sono la lacrimazione,


Figura 1A

Figura 1B

la fotofobia, il bruciore e la sensazione di corpo estraneo. Stefano sei d’accordo?” “D’accordissimo, aggiungo solo che a volte il prurito può trarre in inganno, perché in alcuni casi anche i pazienti con blefarite si lamentano di prurito, ma se si chiede di specificare qual è la parte dell’occhio che prude in quest’ultimo caso dicono il bordo palpebrale e non la congiuntiva”. “Giusto, altro elemento utile per differenziale le congiuntiviti allergiche per esempio dalla malattia dell’occhio secco è chiedere se i pazienti stanno meglio con gli occhi chiusi: un paziente con congiuntivite allergica non dirà mai di si, a differenza di quello con il dry eye. Importanti sono poi la familiarità per allergie, e l’età, generalmente

sono interessati soggetti giovani. I segni obiettivi sono i seguenti (Figura 1 A e B): iperemia congiuntivale, edema palpebrale (soprattutto nei bambini), chemosi congiuntivale, iperplasia papillare, raramente si osserva sofferenza dell’epitelio corneale. I segni clinici sono per lo più bilaterali e simmetrici. Maurizio, cosa consigli quando si visita un paziente con questi segni clinici? “L’iperemia congiuntivale è un segno molto importante ma può anche trarre in inganno. Il consiglio è di guardare dove è localizzata. Se su tutta la congiuntiva bulbare allora indica allergia, se solo nella congiuntiva bulbare esposta potrebbe essere malattia dell’occhio secco, se circoscritta alla parte superiore potrebbe trattarsi di

una cheratocongiuntivite limbica superiore, una condizione spesso sottovalutata che invece può essere molto ben visualizzata utilizzando il verde di lissamina liquido (Lissagreen, Polifarma) oggi disponibile. “Maurizio: se me lo consenti aggiungerei anche la sindrome della palpebra lassa (floppy eyelid syndrome”) perché a volte i pazienti parlano di prurito e la congiuntiva può apparire iperemica.” “Stefano: non dimentichiamoci l’importanza della stagionalità e dell’intensità dei sintomi, come si vede dalla tabella 1 (nella pagina successiva) ci fanno distinguere tra forme stagionali e perenni. Questo è molto importante per la terapia e soprattutto la prevenzione.” Un elemento molto importante nelle congiuntiviti allergiche sia stagionali che perenni è l’assenza di danni corneali, se non in rari casi . Per capire questo aspetto dobbiamo pensare alla patogenesi della malattia. La prima fase della reazione allergica è costituita dal processo di sensibilizzazione durante il quale l’allergene viene processato dalle cellule presentanti l’antigene della congiuntiva dando origine ad una cascata di eventi che coinvolge linfociti Th2, linfociti B che si trasformano in plasmacellule capaci di produrre IgE. Queste ultime ricoprono la superficie di mastcellule e basofili e quando l’allergene viene di nuovo a contatto con la congiuntiva si lega a due molecole contigue di IgE si ha il rilascio di fattori come l’istamina, il più importante dei mediatori. Questo perché l’istamina una volta che si lega ai recettori H1 provoca vasodilatazione, aumento della permeabiità capillare, 51


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prurito. Successivamente si ha anche richiamo ed attivazione di eosinofili nel tessuto ed in circolo. La reazione è però in queste forme di allergia limitata alla congiuntiva. Nella congiuntivite primaverile, invece, oltre ad aumento dell’azione e della durata dell’istamina, si ha un accumulo di cellule infiammatorie nella congiuntiva tarsale (tipico è l’aspetto ad acciottolato romano) con rilascio ed il richiamo di sostanze epitelio tossiche come la proteina cationica degli eosinofili e le metalloproteasi (la più comune è la 9, MMP9) che inducono difetti epiteliali marcati e ulcere corneali, soprattutto nella parte superiore della cornea. I test utili per lo studio delle allergie sono il prick test, il dosaggio delle IgE totali (PRIST), dosaggio delle IgE specifiche (RAST), il test di provocazione congiuntivale, la citologia congiuntivale e lo studio delle citochine nelle lacrime. Purtroppo di questi quello con maggior sensibilità e specificità è il test di provocazione congiuntivale, che però viene utilizzato ormai raramente. In pratica però, sintomi e quadro clinico consentono una diagnosi corretta nella maggior parte dei casi. La terapia della congiuntivite allergica si basa su 3 fattori: 1. Terapia preventiva ambientale 52

2. I mmunoterapia specifica (limitata efficacia nelle forme solo oculari)3 3. Terapia farmacologica Quest’ultima comprende sia farmaci sistemici che topici. Va subito precisato che nelle forme allergiche stagionali e perenni l’uso di steroidi topici non è consigliato, perché a prevalere sono i meccanismi legati all’azione dell’istamina. Nelle cheratocongiuntiviti primaverili invece gli steroidi topici sono invece efficaci, cosi come il collirio contenente ciclosporina. Maurizio, cosa utilizzi nella tua pratica clinica nei pazienti con congiuntivite allergica? “L’azione antiistaminica è fondamentale, bloccando il suo recettore H1 si ha un miglioramento dei sintomi. E’ poi importante avere a disposizione molecole con ulteriori meccanismi d’azione come la stabilizzazione della membrana dei mastociti e l’inibizione degli eosinofili, perché in questo modo l’azione del nostro trattamento sarà più completa. “Concordo pienamente con te, credo siano stati fatti molti passi avanti e molecole come il Ketotifene hanno tutti questi meccanismi d’azione. Numerosi studi pubblicati in letteratura dimostrano come il Ketotifene 0,05% sia efficace nel trattamento delle congiuntiviti allergiche.4,5

Non dimentichiamoci che anche gli antistaminici sistemici possono essere importanti quando oltre alla congiuntivite siano presenti anche rinite e sintomi respiratori, anche se sappiamo bene come questi farmaci possano indurre secchezza oculare, ma di questo ci occuperemo con te nella prossima puntata”.

Bibliografia 1. R olando M, Calabria G. “Superficie Oculare e Sostituti Lacrimali” 1994, pag 1–4, SAGEP ed. Genoa, Italy. ISBN: 88-7058-540-9 2. Tseng SC, Tsubota K. Important concepts for treating ocular surface and tear disorders. Am J Ophthalmol 1997 3. Calderon MA, Penagos M, Sheikh A, Canonica GW, Durham S. Sublingual immunotherapy for treating allergic conjunctivitis. Cochrane Database Syst Rev. 2011 4. B ielory L., Ghafoor S. Histamine receptors and the conjunctiva. Current Opinion in Allergy and Clinical Ophthalmology, 2006 5. F ujita et al. J. Clinical Efficacy and Optimal Concentration of Ketotifen Ophthalmic on Allergic Conjunctivitis and Vernal Conjunctivitis. Clin. Ther. And Med.1989.


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MYOGA, LA MONOFOCALE INTELLIGENTE PER LA COMPENSAZIONE DELLA MIOPIA NEI PIÙ PICCOLI

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La miopia sta aumentando vertiginosamente sia in età adulta che tra i bambini. Si stima che questo difetto refrattivo interesserà cinque miliardi di persone nel mondo entro il 2050, mentre in Europa la popolazione miope aumenterà dal 22% al 56% entro i prossimi 50 anni. Ciò significa che una persona su due sarà miope. In risposta a questa crescente esigenza, DAI Optical, ha progettato MYOGA, la monofocale intelligente per la gestione della progressione miopica nei bambini e negli adolescenti. Con Myoga la correzione non passa più attraverso la visione centrale, ma si concentra sul defocus ipermetropico periferico, consentendo alla luce di raggiungere esattamente la retina (anche attraverso la rotazione oculare). Questo consente di rallentare l’allungamento dell’occhio che, senza correzione, avrebbe continuato il lavoro di accomodazione per adattarsi al punto focale periferico, provocando la sfuocatura nella visione degli oggetti a distanza medio/lontana. Myoga consente di effettuare un efficace controllo della miopia, favorendone il rallentamento della progressione. Il processo di correzione è verificabile a lungo termine, attraverso il trattamento comfort che consiste nell’uso costante della lente (tempo consigliato: 2 anni, con refrazione e lunghezza assiale misurata ogni 6 mesi). Myoga è utilizzabile dai 6 ai 16-18 anni al fine del

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contenimento del vizio refrattivo. La monofocale intelligente Myoga è utilizzabile dai 6 ai 16-18 anni, è progettata con tecnologia freeform e, come le altre monofocali intelligenti della famiglia Yoga Tech, è potenziata da un aiuto accomodativo nella parte circolare della lente (zona di defocus) che consente una visione rilassata e priva di sforzi causati dalla intensa visione prossimale. E’ disponibile dall’indice 1.5 a 1.74 anche in versione Safer e Fotocromatica. Garantisce un adattamento veloce ed una visione nitida priva di ogni forma di distorsione. La lente è caratterizzata da tre zone ottiche: ZONA DI CORREZIONE, con diametro correttivo di 12mm, in cui la lente agisce come una monofocale tradizionale. ZONA DI TRANSIZIONE o di defocus, con raggio di 22mm, con addizione da 2.00 a 3.00D ZONA A POTERE COSTANTE per un adattamento extra comfort durante i movimenti oculari Al fine di raggiunge l’obiettivo della riduzione della progressione della miopia, il paziente dovrà indossare le lenti MYOGA per un periodo di 24 mesi, avvalendosi della consulenza del professionista della visione e del medico oculista. Per una gestione ottimale del percorso, infatti, sarà necessario effettuare controlli refrattivi e di salute oculare ogni semestre, con l’obiettivo di valutare i miglioramenti sul paziente e la necessità di cambiare le lenti.



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UN FILM LACRIMALE STABILE È SEGNO DISTINTIVO DI SALUTE OCULARE

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In un occhio sano, il film lacrimale ed i suoi componenti lavorano in COMBINAZIONE per lubrificare, ossigenare, nutrire, idratare e proteggere la superficie oculare. La stabilità del film lacrimale, che è un segno distintivo di un occhio sano, è minacciata quando le interazioni tra i componenti sono compromesse da una ridotta secrezione, iperevaporazione o alterata composizione della lacrima; conseguenza di tutto ciò, sarà l’infiammazione oculare e il danno epiteliale. Una COMBINAZIONE di molecole che operano in SINERGIA per ricostituire tutti gli strati del film lacrimale e interagire con l’epitelio della superficie oculare, può essere di ausilio nel semplificare la gestione e il trattamento dell’occhio secco. TriMIX è una COMBINAZIONE AD AZIONE MULTIPLA a base di Acido Ialuronico cross-linkato, Trealosio, Stearilamina e Liposomi, formulata per il ripristino delle proprietà fisiologiche della superficie oculare. • L’Acido Ialuronico crosslinkato, assicura un alto grado

di idratazione e permanenza sulla superficie oculare, tale da alleviare i sintomi associati all’occhio secco e all’irritazione oculare che ne consegue • Il Trealosio ha proprietà stabilizzanti e protettive delle membrane delle cellule dell’epitelio corneale prevenendo la denaturazione delle proteine e la degradazione dei lipidi e contribuendo a mantenere e migliorare la loro funzione fisiologica nei rapporti con il film lacrimale e a ridurre i fenomeni infiammatori • I Liposomi stabilizzano la componente lipidica del film lacrimale, aumentando lo spessore della componente lipidica ed ancorando la fase lipidica alla fase acquosa. Inoltre migliorano la lubrificazione • La Stearilamina, veicolata dai liposomi, per la sua carica positiva e le interazioni elettrostatiche, permette una migliore adesività sulla superficie epiteliale e contribuisce a stabilizzare lo strato lipidico

TRIMIX GOCCE OCULARI: Ia Ia COMBINAZIONE ad azione multipla che semplifica la gestione del paziente con occhio secco

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