Aggiornare la dispensazione dei farmaci intravitreali per una sanità più vicina ai pazienti e per tagliare le diseguaglianze
INNOVAZIONI
Verso la luna
CASI DA INCUBO Due lunghissimi giorni
TECNICHE CHIRURGICHE
Bag in the Lens per il trattamento della dislocazione di una IOL
Il kit essenziale per la gestione della presbiopia
Il kit contiene:
Manuale “La compensazione della presbiopia con lenti progressive: oftalmiche e a contatto”
Opuscolo “Le prime cause di perdita della vista”
Opuscolo “La presbiopia e le lenti progressive”
Ricettario
Modulo di accompagnamento
Per info: info@fgeditore.it
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Redazione
Timothy Norris
Laura Gaspari, MA redazione@eyeseenews.it www.eyeseenews.it
Pubblicità info@fgeditore.it tel 01411706694
Direttore responsabile
Ferdinando Fabiano f.fabiano@fgeditore.it
Grafica e impaginazione Cristiano Guenzi
Copertina Silvia Schiavon
Coordinamento scientifico Vittorio Picardo, MD
Hanno partecipato a questo numero
Amar Agarwal, MD,FRCS, F.R.C.Ophth
Alessandra Balestrazzi, MD
Francesco Bandello, MD, FEBO
Stefano Barabino, MD, PhD
Davide Borroni, MD, PhD
Massimo Busin, MD,
Anna Caricato, MD
Renzo Colombo
Anna D’Ambrosio, MD
Paolo Lanzetta, MD
Danilo Mazzacane, MD
Cosimo Mazzotta, MD, PhD, FWCRS
Alessandro Mularoni, MD
Paolo Nucci, MD
Vincenzo Orfeo, MD
Giorgio Parisotto
Sir Peng Tee Khaw, MD, PhD, FARVO
Diego Ponzin, MD
Giorgio Santin, MD
Marie-José Tassignon, MD, PhD, FEBO
Aldo Vagge, MD, PhD
Luca Vigo, MD
Silvia Visentin, MD
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EditorialE
CovEr topiC
SUL FILO DELLA MODERNIZZAZIONE largo ai giovani
LA MEDICINA TRA I BANCHI DI SCUOLA
innovazioni
VERSO LA LUNA
CaSi da inCubo
DUE LUNGHISSIMI GIORNI nEwS
approfondimEnti
ARRIVA DALL’ITALIA UNA NUOVA CORNEA ARTIFICIALE PER I PAZIENTI PIÙ A RISCHIO
tECniChE ChirurgiChE
“BAG IN THE LENS” PER IL TRATTAMENTO DELLA DISLOCAZIONE
DI UNA LENTE INTRAOCULARE
EvEnti CongrESSuali
nEwS dallE aziEndE
Editore
FGE srl – Fabiano Gruppo Editoriale
Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI)
Sede legale: Regione Rivelle, 7 - 14050 Moasca(AT)
Tel 0141/1706694 - Fax 0141/856013
Registrazione presso il Tribunale di Asti - n. 1/2020 del 05/02/2020
Copia omaggio
SPERANZE AL CAPOLINEA PER L’APPROVAZIONE
DI SYFOVRE IN EUROPA
A cura di
Professor Francesco Bandello, Ospedale San Raffaele, Milano
CRisale a qualche mese fa un mio editoriale sulla mancata approvazione di Syfovre (pegcetacoplan, Apellis) da parte dell’EMA. Ho spiegato in quell’occasione le motivazioni di quella scelta, e le valide ragioni che avevamo per non ritenerle coerenti. Ho comunicato la mia speranza che, a seguito delle innumerevoli, accorate richieste presentate da società scientifiche e associazioni di pazienti, l’EMA avrebbe modificato le proprie posizioni. Due domande di riesame sono state presentate da Apellis, e a entrambe ha fatto seguito la riconferma del parere negativo del CHMP alla commercializzazione del farmaco.
di per sé irreversibile. I fotorecettori che si sono spenti non possono essere riattivati. Si può rallentare, o in qualche caso arrestare il processo, e questo è già un grande risultato per noi e per i nostri pazienti. Ma chiedere di dimostrare un recupero della vista già perduta è chiedere l’impossibile. Per questo siamo infinitamente amareggiati. I nostri pazienti ci domandano ogni giorno giustificazione del perché non possiamo dar loro accesso a un farmaco che sanno essere da tempo disponibile negli Stati Uniti, e ogni giorno dobbiamo affrontare il loro risentimento e la loro delusione.
Tutte le interviste contenute in questo numero sono consultabili collegandosi al sito: www.eyeseenews.it
Mi si perdoni se ripeterò oggi cose già scritte in precedenza, ma la sorpresa e lo sconcerto a fronte di questo ormai definitivo rifiuto sono troppo grandi per non essere espressi. Tutti noi, medici e pazienti, confidavamo nella possibilità di disporre finalmente e per la prima volta di un farmaco in grado di rallentare la progressione di una malattia che gradualmente e ineluttabilmente evolve verso la cecità. La decisione dell’EMA ci condanna nuovamente alla rassegnazione e all’impotenza, tanto più inaccettabili ora che potremmo, se ci fosse consentito, fare qualcosa, migliorare la prognosi, offrire una speranza. Quella dell’EMA è una decisione sbagliata che si basa su presupposti sbagliati. L’EMA non ha ritenuto che ci fossero sufficienti benefici funzionali derivanti dall’assunzione del farmaco, ma non ha tenuto conto che non si può avere come obiettivo il miglioramento della funzione visiva intervenendo su un processo di degenerazione che è
Qualche paziente, avendo i mezzi per farlo, potrà procurarsi il farmaco a costi inaffrontabili per i più, e questo creerà una disuguaglianza che, nella nostra Europa del diritto universale alla salute, confligge con la mentalità, la cultura e le consuetudini di noi medici. Purtroppo, non c’è niente che si possa fare, nessuna possibilità di appello, e dovremo accettare questa decisione pur non approvandola. Molti dei farmaci attualmente in uso, e regolarmente approvati, non sono in grado di far regredire la malattia. Come oculisti, usiamo abitualmente terapie topiche per il glaucoma che non riparano il danno alla vista, ma ne rallentano la progressione. In oncologia usiamo trattamenti che non eliminano il tumore, ma lo tengono sotto controllo. Per questo ritengo incoerente e ingiustificata la decisione dell’EMA, e vedo la necessità di un confronto per sollecitare una revisione dei criteri per l’approvazione delle terapie per le patologie degenerative della retina.
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SUL FILO DELLA MODERNIZZAZIONE
Aggiornare la dispensazione dei farmaci intravitreali per una sanità più vicina ai pazienti e per tagliare le diseguaglianze
È
Intervista al Professor Paolo Lanzetta, Università di Udine e Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare (IEMO), e alla Dottoressa Anna Caricato, Clinica Oculistica dell’Ospedale di Perugia
DA sinistra, il Professor Paolo Lanzetta, e la Dottoressa Anna Caricato
È ormai noto che patologie retiniche come la degenerazione maculare senile o la retinopatia diabetica, e le complicanze a esse annesse, siano tra le principali condizioni oculari che compromettono la visione delle persone, specialmente le più anziane. Le stime disponibili sono inquietanti: una persona su otto sopra i sessant’anni soffre di degenerazione maculare legata all’età; al mondo si contano almeno 200 milioni di persone affette da questa patologia, che è la prima causa di cecità legale irreversibile nei Paesi sviluppati1. Per la retinopatia diabetica, le stime del 2020-2021 riportano 103 milioni di soggetti affetti, e 19 milioni per l’edema maculare diabetico2. In tutti i casi, i numeri sono destinati ad aumentare vertiginosamente anche a causa di un progressivo invecchiamento della popolazione
mondiale e dell’aumentata incidenza del diabete. È questa una situazione che richiede l‘applicazione di soluzioni che premino l’efficienza del processo diagnostico terapeutico, la qualità della vita dei pazienti, e un’ottimizzazione del rapporto costo/efficacia. Le iniezioni intraoculari di farmaci anti-VEGF sono oggi la terapia d’elezione per rallentare il decorso di un alto numero di patologie retiniche. La ricerca che vede protagoniste queste terapie ha fatto dei passi enormi negli ultimi anni e non ha mai subìto vere e proprie battute d’arresto, aprendo la strada a nuovi farmaci di seconda generazione che permettono di aumentare l’intervallo tra i trattamenti e dunque di ridurre non solo il numero di iniezioni, ma anche le visite di monitoraggio.
Quanto la ricerca di questa efficienza e ottimizzazione va di pari passo con la situazione “sul campo”, ovvero nei centri di cura? Soluzioni della scienza ed esigenze amministrative possono camminare sulla stessa strada o sono ancora troppo distanti? A queste rilevanti domande abbiamo provato a rispondere insieme a Paolo Lanzetta, Professore Ordinario dell’Università di Udine e Direttore Scientifico dell’Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare (IEMO) di Udine e alla Dottoressa Anna Caricato della Clinica Oculistica dell’Ospedale di Perugia, diretta dal Professor Carlo Cagini.
AUMENTARE LA DOSE
“Il trattamento con farmaci anti-VEGF ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nella cura di molte patologie retiniche, salvando dalla cecità milioni di persone nel mondo”, afferma la Dottoressa Anna Caricato. Negli ultimi anni la ricerca si è indirizzata verso la
L’incremento del dosaggio di anti-VEGF può aumentarne l’efficacia in termini di spessore retinico, a volte di acuità visiva e soprattutto può
garantire una riduzione della frequenza iniettiva
Paolo Lanzetta
possibilità di utilizzare dosi più elevate dei farmaci con lo scopo di ridurre la frequenza delle iniezioni.
“L’incremento del dosaggio di anti-VEGF può aumentarne l’efficacia in termini di spessore retinico, a volte di acuità visiva e soprattutto può garantire una riduzione della frequenza iniettiva”, afferma il Professor Paolo Lanzetta. Come infatti ricorda il docente, “già nel 2013 lo studio SAVE, condotto in pazienti con forme resistenti di degenerazione maculare legata all’età neovascolare, dimostrò che il trattamento con ranibizumab 2 mg, rispetto al dosaggio standard di 0,5 mg, permette miglioramenti significativi sia dell’acuità visiva
che dello spessore retinico. Lo studio HARBOR ha anch’esso valutato i due dosaggi dimostrando che ranibizumab 2 mg permette una minor frequenza di trattamento con il dosaggio più elevato rispetto a ranibizumab 0,5 mg”. Per quanto riguarda aflibercept, l’innovazione è arrivata con gli studi PHOTON e PULSAR. “Questi studi hanno preso in esame l’efficacia del trattamento con anti-VEGF sia nell’edema maculare diabetico, che nella degenerazione maculare senile di tipo neovascolare valutando l’efficacia e la sicurezza di un alto dosaggio di aflibercept pari a 8 mg, quattro volte più elevato della dose di 2 mg utilizzata da molti
anni”, spiega Anna Caricato. I risultati di questi studi sono stati sorprendenti. “È stata dimostrata la possibilità di estendere l’intervallo tra un trattamento e l’altro anche per sedici settimane dopo la loading phase di tre iniezioni mensili”, continua Caricato. “Entrambi gli studi hanno confrontato aflibercept 8 mg somministrato ogni 12 o 16 settimane e aflibercept 2 mg somministrato ogni 8 settimane dimostrando la parità di efficacia dei due dosaggi, ma soprattutto evidenziando a due anni di follow-up una media di circa otto iniezioni nei pazienti trattati con aflibercept 8 mg nel braccio di trattamento ogni 16 settimane rispetto
di Laura Gaspari
Cover TopiC
I risultati degli studi PHOTON E PULSAR sono di notevole valenza clinica perché implicano un risparmio di risorse sanitarie e una riduzione del numero di controlli effettuati dal paziente, con tutti i disagi che questi controlli possono comportare per il paziente stesso Anna Caricato
a circa tredici iniezioni di aflibercept 2 mg ogni 8 settimane. Tali risultati confermano come si possa ridurre il costo del trattamento utilizzando la nuova molecola aflibercept 8 mg”, osserva Lanzetta, primo autore dello studio PULSAR pubblicato sulla rivista The Lancet. Il profilo di sicurezza dei due farmaci è risultato sovrapponibile. Sia nello studio PHOTON che nello studio PULSAR i pazienti assegnati a trattamento con aflibercept 8 mg ogni 12 o 16 settimane potevano ricevere iniezioni più frequenti nel primo e secondo anno o a intervalli più estesi nel secondo anno sulla base di criteri predefiniti. “A due anni di follow-up quasi il 90% dei pazienti con edema maculare diabetico e
quasi l’80% di quelli con degenerazione maculare legata all’età assegnati al trattamento con aflibercept 8 mg ogni 16 settimane ha mantenuto o incrementato questo intervallo di trattamento”, sottolinea Lanzetta. In entrambe le patologie quasi il 30% dei pazienti ha raggiunto un intervallo di trattamento di 24 settimane.
LA RIMBORSABILITÀ
Si comprende dunque che questi risultati siano molto importanti per le implicazioni che possono avere nella pratica clinica quotidiana. “I risultati degli studi PHOTON E PULSAR sono di notevole valenza clinica perché implicano un risparmio di risorse sanita-
rie e una riduzione del numero di controlli effettuati dal paziente, con tutti i disagi che questi controlli possono comportare per il paziente stesso”, spiega Anna Caricato. La rimborsabilità dei farmaci anti-VEGF nel nostro Paese è normata dalla Nota 98 AIFA, che definisce le modalità di prescrizione, somministrazione intravitreale e utilizzo a carico del Sistema Sanitario Nazionale3. La stessa Nota 98 è stata recentemente aggiornata lo scorso 8 ottobre inserendo tra i farmaci rimborsabili proprio aflibercept 8 mg. “Tale Nota sancisce di fatto l’equivalenza dei diversi farmaci anti-VEGF, incluso il farmaco off label bevacizumab, nell’ambito della degenerazione
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*Professore Associato, Clinica Oculistica, Università di Genova, IRCCS Policlinico San Martino
La disponibilità attuale di farmaci di seconda generazione come aflibercept 8 mg mette certamente in discussione la superiorità economica dell’impiego del farmaco off label bevacizumab
maculare legata all’età neovascolare e nell’edema maculare diabetico” ricorda il Professor Lanzetta. Inoltre la Nota 98 specifica che “dato l’ampio fabbisogno da parte dei pazienti assistiti a carico del SSN e le differenze di prezzo attualmente esistenti tra i precitati trattamenti farmacologici, al fine di garantire il più ampio accesso alle cure, si raccomanda al medico prescrittore di privilegiare la scelta della somministrazione economicamente più vantaggiosa”. Per anni il trattamento con bevacizumab ha rappresentato il percorso economicamente più vantaggioso. Precisa Lanzetta, “tuttavia, tale farmaco off label è oggi da considerarsi obsoleto rispetto agli anti-VEGF cosiddetti di se-
conda generazione (brolucizumab, faricimab, aflibercept 8mg) caratterizzati da una prolungata durata d’azione”. “Purtroppo in vari ospedali d’Italia esiste un forte condizionamento economico imposto dall’apparato amministrativo. Le risorse che l’ospedale deve tenere in conto sono i costi dei ripetuti trattamenti, i successivi controlli strumentali a cui si sottopone il paziente, l’impiego di personale sanitario, sia medico che infermieristico”, precisa Anna Caricato.
Il Professor Lanzetta sottolinea come “la disponibilità attuale di farmaci di seconda generazione come aflibercept 8 mg mette certamente in discussione la superiorità economica dell’impiego
Paolo Lanzetta del farmaco off label bevacizumab, che richiede un maggior numero di somministrazioni, di visite di monitoraggio e di accertamenti strumentali tanto che valutazioni di farmaco economia ritengono che l’utilizzo di anti-VEGF a minor frequenza iniettiva rappresenti la scelta migliore in termini di costo-efficacia”.
ESIGENZE ECONOMICHE
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Sono senza dubbio una gestione da proporre e da adottare, che metterebbe d’accordo l’ottica del risparmio con i risultati clinici più soddisfacenti
Anna
Caricato
auspicabile. Una prospettiva già in parte realizzata, secondo quanto affermato dalla Dottoressa Caricato parlando dell’Ospedale di Perugia. “Nella clinica oculistica di Perugia abbiamo redatto un protocollo terapeutico che tende a valutare, a seconda dei casi clinici, il trattamento più appropriato da un punto di vista scientifico, tenendo conto delle limitazioni imposte, ma sempre nel rispetto e nell’interesse della salute del paziente”, spiega. “Da noi, l’Amministrazione Sanitaria e la Farmacia dell’Azienda Ospedaliera, pur nella loro ottica di contenimento della spesa, sono attente alle innovazioni terapeutiche nella tutela della salute del paziente e sono aperte a nuove terapie purché siano scientificamente consolidate”.
La cosa importante è il dialogo. Un dialogo che metta l’evidenza scientifica prima di qualsiasi cosa.
“Quasi due decenni di terapie intravitreali delle maculopatie ci hanno dato la prova che un corretto utilizzo dei farmaci anti-VEGF permette di dimezzare il tasso di cecità legale. È questa l’esperienza di molti Paesi, non solo europei. A questo dobbiamo mirare nel nostro Paese”, spiega Lanzetta. “Per questo motivo è urgente potenziare i servizi di terapia intravitreale migliorando la collaborazione ospedale-territorio e facilitando l’accesso tempestivo dei pazienti alla diagnosi e a tali trattamenti. Pazienti che oggi sono molto ben informati sulle patologie retiniche e maculari e sulle possibilità di trattamento”, aggiunge. Secondo Lanzetta, questo è uno dei due elementi cardine per un cambio di passo nella giusta direzione. “La Nota 98 da tempo ci ricorda che la somministrazione di queste terapie deve essere effettuata in regime ambulatoriale in un ambiente assimilabile a quello autorizzato per la chirurgia della cataratta”, spiega. “Rendere i farmaci intravitreali somministrabili in un ambiente extra-ospedaliero territoriale permetterebbe di rendere più accessibile il trattamento
ai pazienti con una riduzione delle liste d’attesa e di ottimizzare la collaborazione ospedale-territorio”, prosegue. “D’altra parte è noto come la riforma dell’assistenza territoriale e il programma PNRR/M6 definiscano un nuovo modello organizzativo del Servizio Sanitario Nazionale che mira a una sanità più vicina alle persone e al superamento delle disuguaglianze”, aggiunge.
L’attuale obbligatorietà sancita dalla Nota 98 di somministrare i farmaci intravitreali in un ambiente ospedaliero, secondo Lanzetta, stona con le attuali evidenze scientifiche e con quanto avviene a livello internazionale. “È davvero anacronistico che questa normativa ponga la moltitudine di oculisti italiani che non si attengono a questo obbligo e che, viceversa, eseguono le terapie intravitreali in strutture extra-ospedaliere in una situazione di fatto perseguibile e sanzionabile”, osserva.
Il secondo elemento cardine riguarda il riconoscimento di bevacizumab come un farmaco ormai obsoleto, quando confrontato con la maggiore durata d’azione degli anti-VEGF di seconda generazione.
“Il rapporto costo-efficacia una volta a favore del farmaco off-label si è spostato oggi verso i farmaci più innovativi che permettono un minor numero di accessi del paziente nelle strutture sanitarie”, osserva Lanzetta. “Ciò rappresenta dunque un risparmio e, non ultimo, una migliore qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari”, afferma.
Una soluzione congeniale deve dunque essere trovata. I farmaci ad alto dosaggio possono essere una risposta. “Sono senza dubbio una gestione da proporre e da adottare, che metterebbe d’accordo l’ottica del risparmio con i risultati clinici più soddisfacenti”, afferma Anna Caricato. “Si tratta di un impegno che noi oculisti dovremmo perseguire sia per la maggiore efficacia dei nuovi anti-VEGF, sia perché riducendo il numero dei controlli, i nuovi farmaci ci facilitano la gestione del paziente”.
Ci sono sicuramente margini di apertura, e il mondo oculistico e quello amministrativo devono continuare a dialogare tenendo sempre in mente in prima battuta il benessere dei pazienti. “La nostra realtà è un’amministrazione non ermetica e ascolta molto quello che proponiamo perché, essendo una clinica oculistica universitaria, siamo in continuo aggiornamento; prendono in considerazione le nostre proposte e si cerca di venirsi incontro. Questo facilita il nostro lavoro, perché quello che studiamo, proponiamo e scegliamo per il paziente viene tenuto in conto. Noi siamo pronti ad adottare questi nuovi trattamenti”, conclude la Dottoressa Caricato.
“E’ venuto il tempo di adeguare le terapie intravitreali agli standard internazionali e di superare barriere e disuguaglianze oggi non più giustificate. Lo dobbiamo ai nostri pazienti”, conclude il Professor Lanzetta.
BIBLIOGRAFIA
1 Vyawahare H, Shinde P. Age-Related Macular Degeneration: Epidemiology, Pathophysiology, Diagnosis, and Treatment. Cureus. 2022;14(9):e29583. Published 2022 Sep 26. doi:10.7759/cureus.29583
2 Tien Yin Wong, Tien-En Tan; The Diabetic Retinopathy “Pandemic” and Evolving Global Strategies: The 2023 Friedenwald Lecture. Invest. Ophthalmol. Vis. Sci. 2023;64(15):47. https:// doi.org/10.1167/iovs.64.15.47.
3 AIFA, Istituzione della Nota AIFA 98 relativa alla prescrizione e alla somministrazione intravitreale di anti-VEGF nella AMD e DME. (Determina n. DG/1379/2020), (GU n.323 del 31-12-2020), disponibile a https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1728119/Determina_28-12-2020_ nota98.pdf
a AIFA, Istituzione della Nota AIFA 98 relativa alla prescrizione e alla somministrazione intravitreale di anti-VEGF nella AMD e DME. (Determina n. DG/1379/2020), (GU n.323 del 31-12-2020), disponibile a https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1728119/Determina_28-12-2020_ nota98.pdf
LA MEDICINA TRA I BANCHI DI SCUOLA
La formazione medica parte fin dalla scuola dell’obbligo, tra l’alfabetizzazione sanitaria e preparazione alla facoltà di medicina
Intervista al Dottor
Danilo Mazzacane,
Segretario e fondatore di GOAL e Revisore dei Conti e Referente Area Strategica
Medicina del Territorio dell’Ordine dei Medici
NChirurghi e Odontoiatri di Milano
Nonostante ai più piccoli e ai giovani non piaccia un granchè, la scuola è uno di quei luoghi che impattano moltissimo sulla nostra crescita e formazione. Proprio per questo motivo può essere anche quel luogo in cui i più giovani iniziano a sentir parlare di sanità e medicina, prevenzione e buone pratiche, grazie alla guida di insegnanti e operatori. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha inaugurato la WHO’s Global School Health Initiative quasi trent’anni fa, nel 1995, per incentivare i Paesi a creare scuole che promuovessero la salute, strutture che rafforzino costantemente la loro capacità di essere ambienti sani in cui vivere, apprendere e lavorare. A tutto ciò si lega il concetto di alfabetizzazione sanitaria, promosso sempre nel quadro dell’iniziativa dell’OMS e che consiste nel rendere accessibili e comprensibili le informazioni e i servizi sanitari per mantenersi in buona salute. Far entrare questo concetto nelle scuole significa non solo educare studenti e personale a leggere e cercare informazioni, o seguire le prescrizioni degli specialisti, ma anche accumulare quella conoscenza necessaria a prevenire patologie e disturbi derivati da cattivi comportamenti in modo equo, inclusivo e continuo. Per rendere questo possibile, le scuole sono dunque cruciali proprio come primo luogo di apprendimento e confronto, soprattutto per arrivare a situazioni di svantaggio economico e marginalizzazione e cercare di migliorare eventuali disuguaglianze sanitarie.
Gli ultimi anni, specialmente quelli pandemici, ci hanno dimostra-
to quanto poco le persone, anche quelle con alta istruzione, conoscano o abbiano false convinzioni intorno alle informazioni mediche. La vista è tra queste importantissima da salvaguardare perché attraverso di essa avviene proprio l’apprendimento, il gioco, e qualsiasi attività quotidiana. La scuola, quindi, diventa un luogo di incontro non solo per quanto riguarda l’alfabetizzazione sanitaria, ma anche per l’avviamento dei più giovani alle professioni sanitarie fin dal liceo: una ricetta per contribuire all’avanzamento della medicina e dell’oftalmologia nel nostro Paese e, se si vuole, a livello globale.
L’ALFABETIZZAZIONE
SANITARIA IN ITALIA
L’Italia è un Paese con un’aspettativa di vita abbastanza alta, ma che purtroppo registra moltissimi casi di comorbilità negli anziani sopra i 65 anni. Le malattie croniche sono spesso aggravate o predisposte da cattivi comportamenti che possono essere evitati con una corretta educazione sanitaria fin da piccoli. Prevenzione è quindi la parola fondamentale quando si parla di alfabetizzazione sanitaria. Nel nostro Paese, 3 scuole su 5, poco più del 60%, hanno aderito formalmente al programma dell’OMS. Questo è quello che riporta un recente report della Fondazione GIMBE, “Scuole che promuovono salute: status di attuazione in Italia del programma dell’Organizzazione Mondiale della Sanità”1. Tuttavia, di queste, almeno un quarto non possiede piani ad hoc per sostenere programmi effettivi. Dati non del
Dottor Danilo Mazzacane
La
realizzazione di un gioco di squadra sanitario in ambito scolastico a supporto della salute degli studenti e di conforto per i genitori non può che porre le basi per una futura generazione in buona salute
Danilo Mazzacane
tutto positivi, ma che sottolineano un margine di miglioramento, come ha suggerito il Presidente della Fondazione GIMBE, Nino Cartabellotta. Il punto su cui però c’è ancora molto da lavorare è proprio l’alfabetizzazione sanitaria: in quasi il 40% delle scuole prese a campione dallo studio di GIMBE, non ci sono programmi di formazione e supporto dell’alfabetizzazione sanitaria per il personale scolastico. La causa, secondo il report, è la difficoltà degli istituti a reperire i fondi sufficienti a implementare certi programmi. I nostri non sono però tempi facili:
viviamo sulla scia della pandemia di COVID-19, che ha messo a dura prova anche le scuole e ora più che mai c’è bisogno di una riorganizzazione sanitaria per garantire anche i più piccoli l’accesso alle cure, anche e soprattutto quelle oftalmologiche. Gli anni della scolarizzazione sono quelli dove è più facile sviluppare difetti refrattivi come la miopia o l’astigmatismo, alcuni bambini possono soffrire di ambliopia o avere problemi collegati allo strabismo. Danilo Mazzacane, Segretario e fondatore di GOAL (Gruppo Oculisti Ambulatoriali Liberi) e Revisore dei Conti e
Referente Area Strategica Medicina del Territorio dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Milano, scriveva nel 2020 che riproporre la medicina scolastica con compiti di sorveglianza e prevenzione e educazione sanitaria poteva essere un’idea reintrodotta a tal proposito. Presente negli anni Sessanta e tolta vent’anni dopo, la proposta era di ricrearla in chiave moderna. “Il medico scolastico avrebbe il compito di insegnare le elementari norme igieniche, alimentari e comportamentali costituendo una figura amica alla quale fare riferimento in prima istanza per ogni
di Laura Gaspari
Largo ai giovani
Una scelta orientativa corretta e consapevole non può che produrre una professionalità appassionata, degna di una società civile e responsabile
Danilo
Mazzacane
necessità”, scrive Mazzacane. “In supporto e in collaborazione con le altre figure mediche del territorio e affiancato ad altre professionalità sanitarie per l’attività di screening a favore degli studenti per svariate condizioni patologiche, prevenendo e riducendo l’insorgenza di condizioni dannose per la salute, a loro volta potenzialmente determinanti situazioni di disabilità per il resto della vita”. Per quello che riguarda la salute visiva, messa a dura prova da cattive abitudini con i device elettronici, sempre più presenti nell’attività di apprendimento, e lo scarso tempo passato all’aria aperta, Mazzacane auspicava l’impiego a livello scolastico di un ortottista, che sarebbe in grado di intercettare precocemente le condizioni di deficit visivo degli studenti e indirizzarli verso una visita oftalmologica approfondita e completa, alleggerendo il lavoro dei pediatri, categoria che scarseggia di personale rispetto alle esigenze dei pazienti. “La realizzazione di un gioco di squadra sanitario in ambito scolastico a supporto della salute degli studenti e di conforto per i genitori non può che porre le basi per una futura generazione in buona salute e in condizione di affrontare al meglio le avversità della vita”, spiega.
MEDICI FIN DAL LICEO
La scuola è anche il luogo dove nuovi potenziali medici iniziano la loro vera e propria formazione. Ci si può dunque mettere alla prova già alle scuole superiori in vista della facoltà di medicina? La risposta è sì ed è confermata dal progetto sperimentale, esistente dal 2017, intitolato “Biologia con curvatura biomedica”, promosso congiuntamente dal Ministero dell’Istruzione e dalle Federazione Nazionale Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri. Il progetto
prevede un percorso di orientamento che, a partire dal terzo anno di liceo scientifico e classico, introduce nel piano di studi un potenziamento didattico pari a 150 ore triennali, scandite in 50 ore annuali di cui 40 presso i laboratori degli istituti e 10 presso le strutture sanitarie individuate dagli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri Provinciali, secondo le modalità afferenti ai PCTO, o Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento. Le 40 ore presso gli istituti scolastici sono ulteriormente suddivise in 20 ore svolte dai docenti di scienze e 20 da esperti medici selezionati. Un’iniziativa volta a orientare gli studenti delle facoltà scientifiche fornendo loro le modalità per autovalutare le motivazioni e le inclinazioni verso le professioni in ambito chimico-biologico e sanitario. Un aiuto quindi che può risultare utile per entrare nelle facoltà di medicina. “L’obiettivo del progetto è quello di promuovere sinergia tra l’istruzione e la salute ponendo in rilievo il valore dell’essere medico e la passione per questa professione complessa, intensa e bellissima”, spiega Mazzacane. “Non solo, ma anche evidenziando il valore di una cultura responsabile verso la salute” L’istituto capofila del progetto è il Liceo “Leonardo Da Vinci” di Reggio Calabria, il quale ha condiviso con altri licei aderenti in rete il modello organizzativo e i contenuti didattici del percorso grazie alle risorse tecnologiche di una piattaforma di condivisione informatica. L’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Milano ha fornito il suo supporto al progetto sperimentale fornendo la disponibilità dei propri iscritti per le diverse branche specialistiche, tra cui anche il Dottor Mazzacane per oftalmologia. “Sin dal biennio 2020/2022 mi è stato conferito l’incarico di trattare
di oftalmologia, previa esposizione dell’occhio come organo di senso da parte del docente di scienze”, racconta. “In quest’occasione ho avuto modo di presentare le principali patologie oculari. A causa della pandemia si è svolto attraverso la modalità online, ma ciò non ha diminuito l’interesse e la partecipazione degli studenti, supportati efficacemente dai loro docenti. Dallo scorso anno per il biennio 2023-2024 vi è finalmente il potere essere in presenza, con una maggiore interazione e con un contatto interumano insostituibile”. Dal monitoraggio dei test di valutazione dati agli studenti si è prodotto un risultato soddisfacente e con un 90% di popolazione studentesca aderente che ha poi affrontato il test di medicina con successo. Il progetto è stato rinnovato anche per il prossimo anno, denotando dunque un grande successo e l’interesse verso un approccio più ravvicinato tra studenti e mondo medico sanitario. “Si auspica che questo progetto diventi finalmente strutturale. La novità è però che il Ministero dell’Istruzione e del Merito quest’anno aprirà un tavolo tecnico per monitorare l’andamento del progetto. La mia esperienza con esso è stata gratificante. Una scelta orientativa corretta e consapevole non può che produrre una professionalità appassionata, degna di una società civile e responsabile”, ha concluso Danilo Mazzacane.
BIBLIOGRAFIA
1 Fondazione GIMBE, Report Osservatorio GIMBE 3/2024, “Scuole che promuovono salute: status di attuazione in Italia del programma dell’Organizzazione Mondiale della Sanità”, disponibile a https://www. gimbe.org/osservatorio/Report_Osservatorio_GIMBE_2024.03_Scuole_che_promuovono_salute.pdf
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VERSO LA LUNA
Una nuova tecnica per migliorare l’erogazione del trattamento del glaucoma, la trabeculoplastica laser selettiva diretta (DSLT)
Intervista al Professor
Sir Peng Tee Khaw, UCL Institute of Ophthalmology, Londra e Moorsfields Eye Hospital, Londra
NNonostante il significativo aumento delle opzioni terapeutiche per il trattamento del glaucoma e la gestione dell’ipertensione oculare negli ultimi anni, l’esistenza di una terapia che soddisfi perfettamente le esigenze sia degli oftalmologi che dei pazienti rimane speculativa. Ogni diversa soluzione, presentata come una grande innovazione, ha purtroppo portato con sé problematiche in termini di effetti collaterali, selezione dei pazienti, durata della procedura ed efficacia del trattamento stesso. Ancora oggi, uno dei trattamenti di prima linea più considerati rimane uno dei più collaudati: la trabeculoplastica laser selettiva (SLT), una procedura che è stata preferita dagli oculisti per molti anni, ma che potrebbe presto essere sostituita da una sua nuova e innovativa versione di questa tecnologia, più veloce e altrettanto efficace.
La trabeculoplastica laser selettiva diretta, o DSLT, è una procedura non invasiva che non richiede alcun contatto con i tessuti del paziente e viene applicata direttamente senza che il chirurgo debba utilizzare un gonioscopio. Il paziente posiziona semplicemente il mento davanti al dispositivo e mantiene lo sguardo fisso, in modo simile a un rifrattometro di routine.
“Negli ultimi vent’anni, la trabeculoplastica laser selettiva è stata ampiamente utilizzata per migliorare il deflusso dell’umore acqueo attraverso il trabecolato, riducendo di fatto la pressione intraoculare”, osserva il Professor Sir Peng Tee Khaw. “La sua efficacia è stata recentemente confermata anche dai risultati dello studio LiGHT, condotto dal mio collega, il Professor Gus Gazzard, dove è stato dimostrato che è possibile mantenere la pressione intraoculare target nel 74,2% dei casi a tre anni e nel 69,8% a sei anni senza l’uso di eventuali farmaci ipotensivi”, aggiunge.
Sir Peng, Professore di Glaucoma e Rigenerazione Oculare presso l’UCL Institute of Ophthalmology di Londra e
Consulente Chirurgo Oftalmico presso il Moorfields Eye Hospital di Londra, è uno degli oftalmologi più rinomati a livello internazionale, nonché Cavaliere del Regno Unito per i suoi servizi all’oftalmologia. Secondo Sir Peng, la DSLT non solo ha dimostrato di avere un’efficacia di riduzione della pressione simile a quella della precedente SLT, ma è anche più veloce, più semplice e più conveniente sia per il paziente che per il medico. “La vera innovazione è l’applicazione del laser direttamente all’esterno dell’occhio”, spiega. “Ciò consente al laser di raggiungere la rete trabecolare in modo non invasivo e riduce la durata della sua erogazione effettiva a pochi secondi”, afferma.
Una procedura sviluppata non solo per garantire un processo rapido, ma anche per fornire al medico curante tutti i vantaggi e le potenzialità della semi-automazione. “In termini di equivalenza, stiamo parlando di una differenza minima in millimetri di mercurio, e, tuttavia, l’efficacia è simile almeno per i primi due anni”, spiega Sir Peng. “Il vantaggio più grande è sicuramente la velocità della procedura, ma la possibilità di monitorare a distanza ed eseguirla con un tecnico specializzato in sala non è trascurabile, considerando il potenziale volume di pazienti in alcuni Paesi del mondo”, osserva. Un passo avanti nell’affrontare un problema crescente, afferma: “Gestire i pazienti affetti da glaucoma in tutto il mondo è la nostra sfida più grande”, spiega. “A livello globale, il numero di pazienti continua ad aumentare e ognuno di essi richiede un monitoraggio e una gestione costante e permanente di una condizione che peggiora solo nel tempo” Abbiamo quindi bisogno di opzioni terapeutiche che siano veloci, efficienti ed economicamente vantaggiose. DSLT a questo proposito ha il potenziale per essere un eccellente trattamento di prima linea, grazie alla sua capacità di gestire in modo efficace volumi mol-
Professor Sir Peng Thee Khaw
di Timothy Norris
Anche se è come puntare allo sbarco sulla Luna, è comunque estremamente importante disporre di nuovi trattamenti come il DSLT e una chirurgia ancora migliore
Sir Peng Thee Khaw
to elevati di pazienti”, afferma. Per Sir Peng, vale la pena menzionare il posizionamento dei pazienti, preferito dagli stessi e che quindi l’azienda laser Belkin ha deciso di adottare per ridurre i tempi della procedura. “Questo è molto interessante: l’azienda ha scoperto che i pazienti che si sottoponevano alla DSLT preferivano non sedersi o sdraiarsi”, spiega. “Invece entrano, si avvicinano alla macchina, si sottopongono al trattamento in piedi e pochi istanti dopo escono dalla stanza. Semplicemente non è necessario sedersi durante il laser”, aggiunge.
Le soluzioni che contribuiscono ulteriormente alla praticità e alla rapidità della procedura sono dunque importanti.
“Semplicemente sedersi e mettere i pazienti in posizione può richiedere una notevole quantità di tempo se ne vengono trattati molti. Non è un problema logistico minore”, osserva. Incrementi di questo tipo contribuiranno a rendere le cure più disponibili per le persone affette da glaucoma in tutto il mondo. Pertanto, l’uso del DLST ci avvicina potenzialmente a trattamenti unici per il glaucoma che possono essere implementati rapidamente e avere un’efficacia che dura anni, il che è molto entusiasmante.
Al di là del laser, e passando alla chirurgia, ecco perché Sir Peng Tee Khaw ha proposto il target del glaucoma, che ha chiamato 10-10-10. “È un obiettivo te-
orico. Quando parliamo di chirurgia del glaucoma, vogliamo trovare un metodo che riduca la pressione oculare del paziente a 10 mmHg per 10 anni e ottenere questo risultato con una procedura che non duri più di 10 minuti, sufficienti per arrestare la progressione del campo più del 90-95% dei pazienti”, spiega. “Anche se è come puntare allo sbarco sulla Luna, è comunque estremamente importante disporre di nuovi trattamenti come il DSLT e una chirurgia ancora migliore. Questo perché seguiamo i nostri pazienti da decenni e perché dobbiamo prepararci sempre più all’esplosione dei casi che ci attendono in futuro. Stiamo andando nella direzione giusta”, conclude.
DUE LUNGHISSIMI GIORNI
Un caso che da semplice diventa da incubo. Una sequela di errori e sfortune gestita a nervi saldi dall’esperienza di Amar Agarwal
Intervista al Professor Amar Agarwal, Dr. Agarwal’s Eye Hospital and Eye Research Centre
Per collegarsi al video, scansionare il codice QR
NAmar Agarwal, M.S., FRCS, F.R.C.Ophth, è stato un pioniere di numerose tecniche chirurgiche del segmento anteriore e posteriore utilizzate dai chirurghi di tutto il mondo.
Nella vita e nella routine professionale di un chirurgo può accadere di finire vittima di un caso di difficile soluzione, a volte complicato da variabili che sfuggono al controllo e all’osservazione, e altre volte per sfortuna o per errori iatrogeni che possono essere letteralmente millimetrici. La maggior parte di questi si risolve immediatamente; altri, come quello presentato da Amar Agarwal all’ultimo Congresso ESCRS a Barcellona, danno il via a una sequela di eventi che possono prendere più di una giornata. Due lunghe giornate, in questo caso. Inizia tutto con una normale routine. Al massimo il livello di complessità era relativamente maggiore rispetto alla norma. Un occhio con sindrome da pseudoesfoliazione e una cataratta avanzata (NS3) che non può certamente costituire una sfida per un chirurgo di lunga esperienza come Agarwal. “Ho pensato: ok, ‘no problem!’ e mi sono messo all’opera” , racconta. Amar Agarwal, M.S., FRCS, F.R.C.Ophth, è Presidente e Direttore del Dr. Agarwal’s Eye Hospital and Eye Research Centre, con più di 213 ospedali in undici nazioni del mondo. Insieme al primo impianto di una Glued IOL, Agarwal è stato un pioniere di numerose tecniche chirurgiche del segmento anteriore e posteriore, come la Phakonit, le pupilloplastiche Pinhole e Single Pass 4 Throw, la IOL Scaffold e molto altro. “Ho quindi iniziato con la capsuloressi e tutto stava andando bene, procedendo con la facoemulsificazione subito dopo aver effettuato l’idrodissezione” . Mentre Agarwal tentava di portare il nucleo in camera anteriore per facilitare la rottura e l’asportazione del cristallino
opaco, ecco arrivare il primo imprevisto. “Con nostro sgomento, l’intero nucleo cade in camera vitrea, svanendo improvvisamente davanti ai nostri occhi” , racconta. “A questo punto ho pensato a David Chang, a Richard Packard e a Charlie Kelman, optando per una PAL” . Agarwal, dunque, innesta un trocar a livello della pars plana e usando entrambe le mani effettua una levitazione posteriore assistita (PAL) spostando il nucleo in camera anteriore. “Una volta che il nucleo è stato spostato davanti all’iride mi sono sentito al sicuro” , afferma. “Ho quindi prima iniettato del viscoelastico, e poi lentamente inserito una IOL a tre pezzi tra il nucleo e l’iride, tenendo un’aptica fuori anche se non è strettamente necessario” , prosegue. “La lente ha quindi agito come un supporto a sostituire la capsula posteriore, permettendomi di emulsificare e asportare in tutta sicurezza il nucleo catarattoso. Fin qui tutto bene” , aggiunge Agarwal. Rimosso il nucleo, il passo successivo è stato quello di inserire dei ganci per l’iride e un secondo trocar, e far così scendere la lente nel solco. “Mentre rimuovevo i rimasugli di corteccia, mi sono accorto che la capsula era sublussata” , spiega Agarwal. “Essendo la lente ben piazzata nel solco ho comunque pensato di chiudere qui la giornata, optando per una pupilloplastica 4 throw a passaggio singolo per sistemare l’iride leggermente danneggiata e ho concluso così l’operazione”
Il giorno dopo, tuttavia, l’amara sorpresa. “Alla visita postoperatoria c’era un evidente decentramento della lente, assieme alla presenza di una cheratite striata” ,
di Timothy Norris
Bisogna essere sempre preparati a qualsiasi eventualità e pronti a cambiare il proprio gioco; pianificare al meglio basandosi sul caso Amar Agarwal
racconta Agarwal. “Ho quindi riportato il paziente in sala operatoria, rimosso un po’ di epitelio per poter vedere meglio e ricominciato a operare” . Immediatamente, Agarwal sceglie di creare due flap sclerali con all’interno una sclerotomia da 22 gauge, 1mm dietro al limbus. “A questo punto opto per una handshake technique. Tenendo ferma l’aptica con la pinza MST destra, mi preparo ad afferrarla con la sinistra attraverso la sclerotomia, ma l’aptica mi sfugge” Durante il tentativo di recuperare l’aptica, la situazione precipita. Letteralmente. “Credevo di aver afferrato l’aptica con la pinza destra, ma con orrore mi accorgo di aver invece afferrato la capsula, e a quel punto posso solo osservare la lente non più supportata cadere in camera posteriore” , racconta. “In due giorni ho fatto cadere un nucleo e una IOL nella camera posteriore dello stesso paziente. Immaginatevi lo stato d’animo!” Agarwal tuttavia non si arrende. “Sì, ero chiaramente nei guai. Ho quindi riposizionato i trocar e ho iniziato una vitrectomia e infine posizionato una lente SSV per vedere la retina”
A questo punto per Agarwal la migliore opzione è quella della tecnica sviluppata con il figlio, Ashvin Agarwal, MD: la ECAL technique, detta anche Sleeveless-Extrusion Cannula Assisted Levitation. “Inve -
ce di usare le pinze, questa tecnica usa la suzione del vitrectomo per agganciare e sollevare la lente intraoculare. Così ho sollevato la lente e usato una pinza per afferrare l’aptica e riportare il tutto in posizione e finalmente riesco a inserire le aptiche attraverso le sclerotomie ripetendo la handshake technique” , racconta. “A questo punto inserisco le aptiche nelle tasche di Scharioth opportunamente create, inietto un po’ di aria in camera anteriore per controllare la presenza
Con nostro sgomento, l’intero nucleo cade in camera vitrea, svanendo improvvisamente davanti ai nostri occhi
Amar Agarwal
di optic capture e una volta assicurato la buona riuscita dell’impianto chiudo tutto con l’aggiunta di colla di fibrina sotto i flap e finalmente chiudo con l’operazione” . Dopo una settimana, l’acuità visiva del paziente era di 6/9 Snellen, “un buon risultato, considerata la caduta del nucleo al giorno 1, della lente al giorno 2” , osserva, riflettendo cosa questo caso può insegnare. “Bisogna essere sempre preparati a qualsiasi eventualità e pronti a cambiare il proprio gioco; pianificare al meglio basandosi sul caso” , aggiunge. “Alla fine, apprendere e conoscere tecniche come la ISHF, la Glued IOL o la Yamane e le tecniche di pupilloplastica come il 4-Throw a singolo passaggio possono davvero essere essenziali per evitare lunghe e stressanti giornate di lavoro come queste” , conclude.
Il momento appena antecedente alla caduta della IOL in camera vitrea
LA RICHIESTA ALL’EMA PER
AVACINCAPTAD PEGOL (ACP) PER L’ATROFIA GEOGRAFICA
A ASTELLAS PHARMA RITIRA
Astellas Pharma, azienda farmaceutica giapponese, ha annunciato lo scorso 28 ottobre l’intenzione di ritirare la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio inoltrata all’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) per avacincaptad pegol (ACP), un trattamento intravitreale sperimentale progettato per inibire la proteina C5 del complemento per l’atrofia geografica (GA) associata alla AMD. La decisione da parte dell’azienda è avvenuta dopo dei colloqui con il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’agenzia europea. Secondo il comunicato stampa di
Astellas, l’azienda si dice fiduciosa nel profilo clinico dell’ACP e ritiene che la sua capacità di rallentare la malattia sia un vantaggio per le persone che vivono con atrofia geografica. “Vorremmo sottolineare la nostra fiducia nel profilo clinico dell’ACP, come dimostrato in due studi randomizzati e controllati con simulazione, e nel suo potenziale di apportare benefici alle persone che vivono con atrofia geografica” , ha sottolineato Marci English, Vicepresidente e Responsabile dello sviluppo bio-farmaceutico e oftalmologico di Astellas. “L’atrofia geografica è una malattia progressiva devastante, che porta a un danno visivo grave e irreversibile e alla cecità. Anche se siamo delusi dalla risposta del CHMP, abbiamo visto l’impatto che questo medicinale ha avuto per i pazienti affetti da GA negli Stati Uniti e restiamo impegnati a soddisfare le esigenze insoddisfatte dei pazienti a livello globale” . Astellas ha affermato che resta impegnata a collaborare con le agenzie di regolamentazione in Europa e in altre regioni per trovare modalità per rendere l’ACP accessibile ai pazienti con atrofia geografica in tutto il mondo. La società ha dichiarato che sta valutando le potenziali implicazioni finanziarie di questa decisione sull’anno fiscale che terminerà il 31 marzo 2025.
Fonte: https://www.astellas.com/en/ news/29531
EYEPOINT PHARMA ANNUNCIA
RISULTATI POSITIVI DALLO STUDIO
DI FASE 2 VERONA PER L’EDEMA MACULARE DIABETICO
E
EyePoint Pharmaceuticals ha annunciato i dati positivi a 16 settimane dello studio clinico di fase 2 VERONA, che valuta Duravyu per pazienti con edema maculare diabetico. Duravyu è un inserto intravitreale che somministra vorolanib, un inibitore della tirosina chinasi.
“Siamo incoraggiati ed entusiasti da questi risultati intermedi altamente positivi che dimostrano un miglioramento funzionale e strutturale clinicamente significativo, con un profilo di sicurezza favorevole continuato di Duravyu”, ha dichiarato Jay S. Duker, M.D., Presidente e CEO di EyePoint in un comunicato stampa. “I dati intermedi dello studio VERONA dimostrano che, dopo un singolo trattamento con Duravyu 2,7 mg, c’è stato un miglioramento significativo, precoce e mantenuto nella BCVA, accompagnato da un forte miglioramento anatomico nello spessore retinico,
dimostrando il potenziale di Duravyu come terapia a rilascio sostenuto per l’edema maculare diabetico”. Secondo il comunicato stampa dell’azienda, tutti i 27 pazienti hanno completato la visita a 16 settimane, durante la quale la miglior acuità visiva corretta è migliorata di +8,9 lettere nel gruppo Duravyu 2,7 mg rispetto a +3,2 lettere nel gruppo di controllo con aflibercept. Inoltre, lo spessore del sottocampo centrale (CST) è migliorato di 68,1 micron rispetto a 30,5 micron, rispettivamente, e l’82% contro il 50% degli occhi sono risultati senza supplementi. L’azienda ha anche segnalato guadagni visivi e anatomici già alla quarta settimana. Inoltre, tra i pazienti che hanno raggiunto la visita alla ventiquattresima settimana, sono stati osservati trend positivi continuati nella migliore acuità visiva corretta e anatomia, con un buon profilo di sicurezza e senza eventi avversi oculari o sistemici gravi correlati a Duravyu. “Ridurre il carico terapeutico nei pazienti con DME è una necessità critica non soddisfatta”, ha dichiarato Adam Gerstenblith, M.D., investigatore principale dello studio e chirurgo vitreoretinico presso il Mid Atlantic Retina Specialists, nel comunicato. “Come clinico impegnato nell’avanzamento delle cure retiniche, sono incoraggiato dai dati clinici intermedi che dimostrano il potenziale di Duravyu 2,7 mg di estendere gli intervalli di trattamento migliorando la visione senza compromettere l’anatomia”
Uno studio della Stanford University presentato al congresso dell’American Academy of Ophthalmology (AAO) a Chicago ha rivelato che il mirvetuximab soravtansine (Elahere) è associato a tossicità corneale e a cambiamenti nella visione correlati. Il mirvetuximab fa parte di una nuova classe di farmaci antitumorali approvato dalla FDA per il trattamento del cancro ovarico nel 2022. I ricercatori hanno voluto raccogliere per la prima volta dati reali sul suo profilo di tossicità oculare.
Il team di oftalmologia di Stanford, guidato dal Dottor Prithvi Mruthyunjaya, ha collaborato con il Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia per monitorare 18 donne (36 occhi) sottoposte al trattamento con mirvetuximab per circa 6 mesi. Lo studio ha evidenziato che il 47% degli occhi presentava segni di tossicità corneale moderata o severa e il 22% mostrava tossicità lieve. L’effetto collaterale più comune è stato l’accumulo di depositi corneali come depositi
cistici subepiteliali a forma di anello paracentrale, opacità corneale e cheratite filamentosa. Queste condizioni possono provocare visione offuscata, dolore oculare, sensibilità alla luce e sensazione di corpo estraneo. In questa coorte, oltre la metà delle pazienti ha avuto una riduzione della vista, mentre solo il 31% degli occhi è rimasto indenne dal trattamento. La maggior parte delle pazienti ha visto un miglioramento o una risoluzione completa dei sintomi dopo il trattamento con colliri corticosteroidi ad alta potenza in combinazione con una riduzione del dosaggio o della frequenza delle infusioni di mirvetuximab; il 65% degli occhi è tornato alla visione basale dopo il trattamento, e la tossicità corneale si era significativamente risolta nella quasi totalità delle pazienti all’ultima visita di controllo. “È necessario un attento monitoraggio oftalmologico per i pazienti oncologici in trattamento con mirvetuximab, poiché potrebbero essere necessari corticosteroidi topici ad alta potenza insieme a una riduzione della dose o della frequenza per preservare o ripristinare la vista”, ha dichiarato il Dottor Filippos Vingopoulos, MD, PhD, nel comunicato stampa dell’AAO. “Man mano che nuovi trattamenti promettenti vengono integrati nei nostri algoritmi di cura contro il cancro, la sorveglianza post commercializzazione con studi basati su dati reali e una stretta collaborazione tra oftalmologia e altre discipline mediche permetteranno di offrire un’assistenza ottimale ai nostri pazienti”
CELLULE IMMUNITARIE POSSONO DIFENDERE L’OCCHIO CONTRO
LE INFIAMMAZIONI
I
In uno studio pubblicato sul The American Journal of Pathology, i ricercatori guidati dalla Dottoressa Sue Menko, PhD, dell’Università di Thomas Jefferson di Philadelphia, hanno rivelato come le cellule immunitarie svolgano un ruolo critico nella risoluzione dell’infiammazione sulla superficie del cristallino. La ricerca si basa sui risultati precedenti raccolti della Dottoressa Menko, secondo cui le cellule immunitarie vengono ingaggiate sulla superficie del cristallino durante lesioni acute e infiammazioni prolungate altrove nell’occhio, come l’uveite autoimmune.
Il team ha scoperto che specifiche cellule immunitarie — macrofagi con un fenotipo immunoregolatorio e cellule T regolatorie (Tregs) — vengono attivamente attirate sulla superficie del cristallino durante i periodi di infiammazione. Queste cellule immunitarie lavorano insieme per ristabilire l’equilibrio e ridurre l’infiammazione. In particolare,
esse rimangono sulla superficie del cristallino fino a quando l’infiammazione non viene risolta.
“Demistificare l’idea che l’occhio non possa prendersi cura di sé stesso è un grande passo avanti”, ha affermato la Dottoressa Menko. “Questo ci aiuta a comprendere i processi patologici come l’uveite e come vengono risolti nell’occhio. Mantenere una condizione non infiammatoria nell’occhio è fondamentale per preservare la vista, e ora sappiamo che l’occhio ha meccanismi intrinseci per farlo”
Lo studio evidenzia l’importanza di comprendere le difese naturali dell’occhio, che potrebbero portare, in futuro, a strategie terapeutiche più efficaci per l’uveite autoimmune. Secondo un articolo sul sito della Thomas Jefferson University, i prossimi passi nella ricerca della Dottoressa Menko si concentreranno sullo scoprire i meccanismi che reclutano le cellule immunitarie verso il cristallino e sull’identificare i primi sistemi di allerta che attivano questa infiammazione immunoregolatoria nell’uveite e in altre condizioni oculari infiammatorie.
Fonti: https://nexus.jefferson.edu/ science-and-technology/jefferson-investigates-equity-in-liver-transplantation-immunity-in-the-eye-inflammation-in-multiple-sclerosis/#eye-lens ; Le PM, Mattapallil MJ, Caspi RR, Stepp MA, Menko AS. Immunoregulatory Properties of Immune Cells that Associate with the Lens Capsule Surface during Acute and Resolution Phases of Experimental Autoimmune Uveitis. Am J Pathol. 2024;194(11):2194-2211. doi:10.1016/j.ajpath.2024.07.021
Appunti di semeiOTTICA fisiopatologica
Massimo Camellin Umberto Camellin
Volume 1
Volume 2
FABIANO GRUPPO EDITORIALE
Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI)
TRATTAMENTO CON CELLULE STAMINALI SENZA PRECEDENTI
RESTITUISCE LA VISTA A TRE PERSONE
TTre persone ipovedenti con cornee altamente danneggiate che hanno ricevuto un trapianto di cellule staminali riprogrammate hanno registrato dei miglioramenti della vista che durano da più di un anno. Questo è quanto riporta Nature , riprendendo un articolo di The Lancet che descrive il trattamento dei quattro pazienti da parte del Dottor Kohji Nishida, oftalmologo dell’Università di Osaka, Giappone.
Lo strato più esterno della cornea è mantenuto da un serbatoio di cellule staminali situato nell’anello limbare, la circonferenza scura attorno all’iride. Quando questa fonte di rigenerazione viene esaurita, condizione nota come deficienza di cellule staminali limbare (LSCD), il tessuto cicatriziale che riveste la cornea, portando infine alla cecità. Può derivare da traumi all’occhio o da malattie autoimmuni o genetiche. I trattamenti per l’LSCD sono limitati. Di solito, comportano il trapianto di cellule corneali derivate da cellule staminali prelevate dall’occhio sano di una persona, una procedura invasiva con risultati incerti. Quando entrambi gli occhi sono colpiti, i trapianti corneali da donatori deceduti sono un’opzione, ma a volte vengono rifiutati dal sistema immunitario del ricevente.
Il Dottor Nishida e il suo gruppo hanno utilizzato una fonte alternativa di cellule staminali, le Cellule Staminali Pluripotenti Indotte (iPSC), per eseguire il trapianto di cornea. Hanno prelevato cellule del sangue da un donatore sano e le hanno riprogrammate in uno stato simile a quello embrionale, trasformandole poi in un sottile
strato trasparente di cellule epiteliali corneali a mosaico. Come parte dell’intervento, lo strato di tessuto cicatriziale che copriva la cornea danneggiata in un solo occhio è stato raschiato. Si è proceduto poi a cucire sopra gli strati epiteliali derivati da un donatore, posizionando una lente a contatto protettiva morbida sopra. Due anni dopo il trapianto, nessuno dei riceventi ha registrato effetti collaterali gravi. I trapianti non hanno formato tumori — un rischio noto della crescita delle cellule iPSC — e non sono stati attaccati dai sistemi immunitari dei riceventi, anche in due pazienti che non avevano ricevuto farmaci immunosoppressori. Nell’articolo di Nature si riporta che non è chiaro cosa abbia esattamente causato i miglioramenti della vista. È possibile che le stesse cellule trapiantate si siano proliferate nelle cornee dei riceventi. Ma i guadagni visivi potrebbero anche essere dovuti alla rimozione del tessuto cicatriziale prima del trapianto, o al fatto che esso ha innescato le cellule del ricevente a migrare da altre regioni dell’occhio e rigenerare la cornea. Il Dottor Nishida ha affermato che sono in programma nuovi studi clinici per valutare l’efficacia del trattamento.
Samsung Bioepis Co., Ltd. e Biogen Inc. hanno annunciato l’approvazione da parte della Commissione Europea di OPUVIZ™ 40 mg/mL soluzione iniettabile in flaconcino, un biosimilare che fa riferimento a aflibercept. OPUVIZ, noto anche come SB15, è stato approvato per il trattamento di pazienti adulti affetti da degenerazione maculare legata all’età neovascolare, deficit visivi causati da edema maculare secondario a occlusione venosa retinica (RVO; sia branchiale che centrale), deficit visivi dovuti a edema maculare diabetico e deficit visivi dovuti a neovascolarizzazione coroideale miopica.
“Questa approvazione è una pietra miliare significativa per i pazienti e i sistemi sanitari europei. OPUVIZ potrebbe offrire una nuova opzione terapeutica ai pazienti idonei, alleviando al contempo i costi associati a queste patologie retiniche”, ha affermato Wolfram Schmidt, Responsabile per l’Europa di Biogen, in un comunicato stampa aziendale. “Siamo entusiasti di continuare la nostra
partnership con Samsung Bioepis con l’approvazione del nostro quinto trattamento biosimilare in Europa”. Uno studio di fase 3 randomizzato, in doppio cieco, a gruppi paralleli e multicentrico condotto in 56 centri in 10 Paesi da giugno 2020 a marzo 2022 ha dimostrato un’efficacia equivalente e profili di sicurezza, immunogenicità e farmacocinetica comparabili tra SB15 e aflibercept. L’endpoint primario è stato raggiunto in termini di variazione della baseline nella migliore acuità visiva corretta (BCVA) alla settimana 8, mentre le analisi intermedie alla settimana 32 e finale alla settimana 56 hanno confermato la comparabilità per altri endpoint secondari relativi a efficacia, sicurezza, immunogenicità e farmacocinetica.
Una nuova speranza per permettere a più pazienti di tornare a vedere
Intervista al Professor Massimo Busin, Università degli Studi di Ferrara e al Dottor Diego Ponzin,Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ETS
UUna nuova cornea parzialmente artificiale per dare speranza a chi non riesce a sottoporsi con successo al trapianto di cornea. È quanto ha sviluppato un team tutto italiano guidato dai Professori Massimo Busin e Marco Mura, ordinari di Malattie dell’Apparato Visivo presso l’Università degli Studi di Ferrara in collaborazione con la Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ETS, l’Università degli Studi di Catania e l’Università degli Studi Magna Græcia di Catanzaro.
Si tratta di un dispositivo ibrido, costituito da una protesi sintetica che viene preparata all’interno di due strati di tessuto corneale, e successivamen-
te innestato nell’occhio del paziente: una soluzione sintetica intracorneale, in grado di offrire stabilità e sicurezza, riducendo le complicanze dei trapianti per i pazienti più a rischio. Il progetto è stato presentato in una recente conferenza stampa, ed è ancora in fase sperimentale, ma i primi trapianti, fra cui uno eseguito su una profuga siriana, Rasha, praticamente cieca, hanno avuto successo e hanno posto le basi per continuare la sperimentazione. L’obiettivo? Ottenere già il prossimo anno la certificazione come dispositivo medico.
PERCHÉ CE N’ERA BISOGNO
“Questa tecnica nasce dall’esigenza di trattare pazienti che non possono più contare sui trapianti tradizionali, a causa di diversi fattori che rendono questi interventi destinati al fallimento,” spiega il Professor Busin. “Alcuni pazienti, dopo due o tre trapianti, non riescono a mantenere stabile la trasparenza della cornea trapiantata, probabilmente per questioni immunologiche o per un decadimento delle cellule endoteliali. Il nostro obiettivo era sviluppare un’opzione che garantisse risultati a lungo termine evitando le complicanze del rigetto.”
COME FUNZIONA LA CORNEA ARTIFICIALE
“La nostra protesi artificiale è avvolta in un involucro biologico preparato dalla Banca degli Occhi,” continua Busin, “e una volta posizionata, resta trasparente e stabile per sempre, riducendo drasti-
Il Dottor Diego Ponzin, Rasha e il Professor Massimo Busin
Questa tecnica nasce dall’esigenza di trattare pazienti che non possono più contare sui trapianti tradizionali, a causa di diversi fattori che rendono questi interventi destinati al fallimento
Massimo Busin
I relatori presenti alla conferenza stampa del 10 ottobre 2024 presso la sede della Banca degli Occhi del Veneto ETS
camente il rischio di complicanze”. La nuova cornea evita il rischio di glaucoma e altri problemi oculari, che invece affliggono le protesi attualmente disponibili, “come la KPro di Boston che può portare a gravi complicanze intraoculari”, spiega Busin. “Questa, infatti, mette in comunicazione l’interno dell’occhio con l’esterno, aumentando il rischio di infezioni e necessitando di un intervento estremamente invasivo” L’innovativa cornea artificiale è il frutto di una collaborazione tra la startup Intra-Ker, fondata dal Professor Busin e la Banca degli Occhi del Veneto. La lente è in polimetilmetacrilato (PMMA), lo stesso impiegato per le IOL, e che ha il vantaggio di essere rigido e durevole. In Italia, vale la pena ricordarlo, il sistema delle banche degli occhi è un fiore all’occhiello della sanità, con una raccolta di cornee sufficientemente ampia da coprire quasi completamente il fab-
bisogno nazionale, e consentire talvolta di aiutare anche altri Paesi. “Grazie a questa organizzazione siamo uno dei pochi Paesi al mondo a poter esportare tessuti oculari”, ha affermato il Dottor Diego Ponzin, Presidente della Banca degli Occhi del Veneto.
C’è anche un interessante aspetto etico che non va sottovalutato: “Le cornee che possiamo utilizzare per questo tipo di preparazioni non devono per forza avere le caratteristiche cellulari che hanno quelle per il trapianto tradizionale, la cosa importante è che abbiano uno stroma di buona qualità”, ha aggiunto Ponzin. “Pertanto, possiamo usare tessuti donati che altrimenti verrebbero smaltiti, perché non idonei per il trapianto tradizionale”
L’INCONTRO CON RASHA
Uno dei primi pazienti a beneficiare di questa nuova tecnica è stata Rasha, una
di Timothy Norris
profuga siriana giunta in Italia grazie a un programma di assistenza umanitaria, dopo aver perso la vista a causa di un’esplosione, in uno dei tanti conflitti che attanagliano il Paese. La donna, madre di tre figli, aveva già affrontato due trapianti di cornea in Libano, entrambi falliti, rendendo impossibile un ulteriore intervento con le tecniche tradizionali. “Dopo averla visitata e aver verificato la compatibilità con la nostra tecnica, le abbiamo proposto l’intervento e Rasha ha accettato con entusiasmo”, ha raccontato Ponzin. L’intervento, eseguito pochi mesi fa, è stato un successo. A distanza di alcuni giorni, Rasha ha iniziato a percepire la luce e, con il tempo, è arrivata a vedere 4 decimi, un risultato inaspettato e incoraggiante. “Ora può orientarsi da sola senza bisogno del bastone”, spiega Busin. “Per una persona che era praticamente cieca, la possibilità di muoversi autonomamente rappresenta una rinascita”. Rinascita che ha voluto sottolineare anche la stessa Rasha durante la conferenza stampa, trasmettendo la potenza della sua gioia di poter vedere anche solo pochi decimi. “Le sue parole ci hanno emozionato profondamente”, hanno detto i due esperti.
VERSO UNA SPERIMENTAZIONE SU LARGA SCALA
Attualmente, la nuova cornea è stata impiantata su tre pazienti. Il team medico sta ora lavorando per ottenere il marchio CE, necessario per una sperimentazione su larga scala e una successiva applicazione clinica in ambito nazionale e internazionale. “Stiamo completando la documentazione necessaria e confidiamo di avviare uno studio più ampio entro l’anno prossimo”, dichiara Busin. “I risultati preliminari sono promettenti, ma serve una verifica a lungo termine per garantire che la protesi possa essere un’alternativa valida al trapianto tradizionale”
Tecniche chirurgiche
“BAG IN THE LENS” PER IL TRATTAMENTO DELLA DISLOCAZIONE DI UNA LENTE INTRAOCULARE
Marie-José Tassignon presenta un caso pediatrico complesso
all’ESCRS 2024
Intervista alla Professoressa Marie-José Tassignon, Università di Anversa, Belgio
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Professoressa Marie-José Tassignon
DDurante l’ultimo Congresso della European Society of Cataract and Refractive Surgeons (ESCRS) a Barcellona, è stata discussa l’applicazione della tecnica “Bag in the Lens” in relazione a un caso di dislocazione della lente intraoculare (IOL) in un paziente pediatrico di 4 anni. La presentazione è stata tenuta dalla Professoressa Marie-José Tassignon, inventrice della tecnica e rinomata chirurga del segmento anteriore. Tassignon è Professoressa emerita presso l’Università di Anversa (Belgio), ex Direttrice del Dipartimento di Oftalmologia e mentore presso l’Ospedale Universitario di Bruxelles, nonché Presidente dell’ESCRS nel periodo 2004–2005.
LA TECNICA “BAG IN THE LENS” La tecnica “Bag in the Lens” rappresenta un’alternativa all’impianto tradizionale di lenti intraoculari (IOL). Questa procedura sfrutta lo spazio di Berger, situato tra la capsula posteriore del cristallino e la membrana ialoidea anteriore. Consiste nel posizionare le capsule anteriore e posteriore del cristallino all’interno della IOL, anziché viceversa. Questo metodo è stato progettato per ridurre il rischio di opacizzazione secondaria e per prevenire complicazioni associate al trattamento con laser YAG. Inoltre, consente un migliore centraggio della IOL, aspetto parti -
colarmente vantaggioso nei casi complessi o pediatrici.
IL CASO PRESENTATO ALL’ESCRS
La Professoressa ha riportato il caso di un bambino di quattro anni con dislocazione del cristallino causata da insufficiente supporto zonulare. La dislocazione del cristallino è una condizione piuttosto rara, spesso associata a malattie genetiche come la sindrome di Marfan, che colpisce circa una persona su 3000/5000 e che comportano un’alterazione della struttura delle zonule. Nei bambini con questa sindrome, il supporto zonulare si deteriora progressivamente, fino a permettere alla lente di dislocarsi, generando un aumento di astigmatismo, instabilità visiva e altre complicazioni. Per affrontare questo problema, la Professoressa Tassignon ha utilizzato la tecnica “Bag in the Lens”
LA PROCEDURA
La procedura inizia con un’analisi approfondita dell’anatomia del paziente per valutare il grado di dislocazione e la posizione del cristallino. Un laser a femtosecondi è stato utilizzato per creare una piccola apertura decentrata nella capsula anteriore del cristallino, con un diametro non superiore a 2-3 mm. Successivamente, la lente è stata centrata utilizzando due uncini iridei posizionati sul bordo più dislo -
Gli anelli in PMMA forniscono una struttura di supporto robusta e duratura, sostituendo le zonule compromesse con una soluzione a lungo termine che non richiede manutenzione Marie-José Tassignon
cato della capsuloressi anteriore. Questi retrattori sono stati temporaneamente utilizzati per compensare la lassità zonulare. Il passo successivo ha previsto lo svuotamento attento della capsula e l’inserimento di un anello di tensione capsulare al termine della rimozione del cristallino. Questo intervento ha migliorato la stabilità capsulare, fornendo una base solida per la capsuloressi posteriore e le manovre successive. Una volta raggiunta una centratura preliminare, i retrattori sono stati rimossi per consentire il posizionamento di anelli a forma di fagiolo in PMMA (bean segments). Questi anelli sono stati inseriti con la parte più grande nel solco e la parte interna nella scanalatura della lente. Se la centratura richiede un supporto aggiuntivo, si aggiunge un filo di Prolene 6-0 nella scanalatura della lente e fissato alla sclera in corrispondenza di marcature sclerali predefinite nel meridiano della maggiore dislocazione del cristallino.
Rispetto alle procedure tradizionali, questo approccio offre una piena integrità dell’interfaccia vitreale anteriore, una maggiore durata e stabilità del complesso capsula/ cristallino, riducendo il rischio di distacco retinico postoperatorio e di eventuali interventi chirurgici successivi.
LA PAROLA AL CHIRURGO
Come spiegato dalla Professoressa Tassignon: “Questa tecnica si applica particolarmente nei casi di dislocazione del cristallino causata da un supporto zonulare compromesso, come accade in condizioni come la sindrome di Marfan” . A differenza delle cataratte congenite, dove il cristallino è opaco, questi casi presentano un cristallino trasparente, ma instabile a causa della disfunzione zonulare. “Preservare la capsula ed evitare la rimozione in toto del cristallino e della sua capsula offre una stabilità visiva a lungo termine significativa nei pazienti pediatrici” , ha aggiunto.
Finora, non sono stati riscontrati casi di distacco retinico postoperatorio, a differenza del gruppo afachico. Il legame stretto tra la capsula posteriore e il vitreo anteriore in caso di dislocazione del cristallino potrebbe spiegare l’incidenza più alta di distacco retinico postoperatorio nel gruppo afachico, mentre nella tecnica “Bag in the Lens” l’interfaccia anteriore viene preservata.
“Gli anelli in PMMA forniscono una struttura di supporto robusta e duratura” , prosegue Tassignon, “sostituendo le zonule compromesse con una soluzione a lungo termine che non richiede manutenzione” . A differenza delle tecniche tradizionali, che prevedono la rimozione in toto del cristallino, la vitrectomia anteriore e l’impianto di una lente artificiale fissata all’iride o alla sclera, l’approccio della Professoressa Tassignon preserva la capsula del cristallino e l’interfaccia anteriore. Questo riduce l’incidenza di cataratte secondarie e minimizza il rischio di distacco retinico post-operatorio. Tassignon ha sottolineato inoltre che i metodi di fissazione tradizionali possono comportare sfide a lungo termine, poiché la IOL non si adatta alla crescita della sclera o dell’iride, aumentando il rischio di dislocazione della lente nel tempo.
RISULTATI PROMETTENTI E PROSPETTIVE FUTURE
Con oltre 120 pazienti trattati in centri specializzati in Norvegia, Germania, Polonia e Belgio, la tecnica ha mostrato risultati promettenti con minime complicazioni. Tuttavia, il monitoraggio a lungo termine rimane fondamentale, in particolare per valutare gli effetti sulla crescita e sullo sviluppo oculare nei pazienti più giovani.
di Laura Gaspari
Gli anelli a forma di fagiolo (bean segments) inseriti con la parte grande nel solco e la più interna nella scanalatura della lente per procedere con l’operazione Bag in the Lens.
EvEnti
CongrEssuali
TALK EYESEE @AIMO 2024
Talk EyeSee è arrivato anche ad AIMO 2024, che si è svolto dal 14 al 16 novembre presso il Palazzo dei Congressi a Roma, con la conduzione del Dottor Alessandro Mularoni e, per la prima volta, del Professor Vincenzo Orfeo e del Professor Cosimo Mazzotta. Un ciclo di interessanti interviste peer-to-peer agli esperti dell’oculistica italiana, riuniti in uno spazio di condivisione e con un focus particolare su innovazioni, tecnologie e nuove frontiere dell’oftalmologia.
Per vedere tutte le video interviste integrali www.eyeseenews.it oppure accedi direttamente utilizzando il codice QR
LA POLITICA DELL’OCULISTA
Vincenzo Orfeo intervista la Presidente di AIMO, Alessandra Balestrazzi sulla politica dell’oftalmologia. Una sfida difficile, ma vincente, che si deve basare sulla collaborazione tra tutte le realtà coinvolte per arrivare alle istituzioni e farsi ascoltare.
IL DRY EYE TRA OGGI E DOMANI Alessandro Mularoni intervista Stefano Barabino, tra i massimi esperti italiani e internazionali di dry eye e patologie della superficie oculare su tutto quello che attualmente esiste in campo diagnostico e terapeutico e quello che c’è di nuovo.
IL MICROBIOTA IN OFTALMOLOGIA
Cosimo Mazzotta intervista Davide Borroni, esperto dello studio sul microbiota oculare, un campo innovativo e rivoluzionario che sta avendo sempre più spazio nelle ricerche in oftalmologia.
IL MONDO DELL’IPOVISIONE
Vincenzo Orfeo intervista Anna D’Ambrosio, Presidente di P.R.I.S.M.A. sull’importanza di accompagnare un paziente ipovedente verso un processo riabilitativo con ausili, esercizi e nuove tecnologie per permettergli di vivere al meglio nonostante la sua condizione
LO STRABISMO E L’IPOVISIONE NEI BAMBINI
Vincenzo Orfeo intervista Aldo Vagge sullo strabismo e l’ipovisione nei pazienti pediatrici. Il Professor Vagge si è concentrato soprattutto su quando l’ipovisione causa strabismo, e tutti i casi in cui ci sono correlazioni tra di esso e altre patologie oculari pediatriche.
COSA FARE PER EVITARE IL DRY EYE POSTOPERATORIO?
Alessandro Mularoni ha intervistato Luca Vigo , oculista esperto di superficie oculare. Il Dottor Vigo ha parlato dell’importanza di diagnosticare il dry eye, grazie anche a nuove tecnologie e l’ascolto attivo del paziente, per evitare problemi nel postoperatorio della cataratta.
EvEnti CongrEssuali
CONTROLLO DELLA PROGRESSIONE MIOPICA NEI GIOVANI PAZIENTI
Una tavola rotonda per discutere dell’impatto sociale di un fenomeno in continua evoluzione. L’evento, organizzato dal Dottor Giorgio Santin, Direttore dell’ U.O.C. Oculistica AULSS4 dell’Ospedale di San Donà di Piave con il supporto di Essilor Luxottica, si è svolto a Villa Braida di Mogliano Veneto (TV), lo scorso 18 ottobre. Di seguito, le interviste di EyeSee con gli esperti:
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LA COLLABORAZIONE TRA OCULISTI, ORTOTTISTI
E OTTICI OPTOMETRISTI: UNA CATENA IN CUI
OGNI ANELLO È IMPORTANTE PER PRESERVARE LA MIGLIOR VISIONE NEI GIOVANI PAZIENTI
Giorgio Santin, organizzatore dell’evento, parla dell’importanza di collaborare tra oculisti, ortottisti e ottici optometristi e di come questo debba essere il vero motore che spinga verso sempre più soluzioni per i pazienti.
COLLABORAZIONE E RICERCA CON ESSILORLUXOTTICA, PER SOLLECITARE LA CATEGORIA MEDICA ALL’UTILIZZO DELLE LENTI PER IL CONTROLLO DELLA PROGRESSIONE MIOPICA
Paolo Nucci insiste sull’importanza di trattare la miopia senza lasciare nulla al caso. Importantissimo è fare ricerca in collaborazioni con aziende come EssilorLuxottica per espandere le possibilità terapeutiche per questo problema refrattivo dalle caratteristiche epidemiche.
LE LENTI A DEFOCUS PERIFERICO: UN’ESPERIENZA CLINICA POSITIVA, CON RISULTATI QUANTIFICABILI
Silvia Visentin parla della sua esperienza clinica con i bambini miopi nel prescrivere le lenti Stellest per il controllo della progressione miopica, anche in combinazione con farmaci come l’atropina. I risultati ottenuti dalla Dottoressa Visentin sono stati gratificanti e in linea con la letteratura.
IL RUOLO DELL’AZIENDA NEL CONTROLLO DELLA PROGRESSIONE MIOPICA
Giorgio Parisotto parla del ruolo di EssilorLuxottica nel controllo della progressione miopica. Favorire la ricerca e mettere in contatto figure professionali come medici oculisti e ottici optometristi, ognuno con il proprio ruolo, è lo scopo principale, e la collaborazione è fondamentale per il bene dei pazienti miopi.
LA SOLUZIONE CON LENTI A CONTATTO
Renzo Colombo parla dell’utilità e dell’esistenza delle lenti a contatto per controllare la progressione miopica, che è una problematica che coinvolge anche il nostro Paese e tutto il mondo. La collaborazione tra figure professionali, ricorda Colombo, è dunque sempre più fondamentale.
10 OTTOBRE 2024 GIORNATA
MONDIALE DELLA VISTA
ESSILORLUXOTTICA HA PUNTATO I RIFLETTORI SULLA GESTIONE DELLA MIOPIA: SIAMO ALL’ALTEZZA DELLA SFIDA?
La miopia nei bambini sta crescendo rapidamente in tutto il mondo, favorita da stili di vita sedentari e dall’uso eccessivo di dispositivi digitali. Si prevede che entro il 2050, un bambino su due sarà miope.
NNella giornata della vista l’azienda ha organizzato un simposio sul tema della “Gestione della miopia nei bambini”
È questo il focus dell’incontro organizzato da EssilorLuxottica, proprio in occasione della Giornata Mondiale della Vista, dal titolo “Gestione della miopia nei bambini: siamo all’altezza della sfida?”. Il simposio - condotto dal Prof. Paolo Nucci, Professore Ordinario dell’Università Statale di Milano affiancato dalle dottoresse Monica Stoppani, Responsabile di Strabologia all’IRCCS Ospedale San Raffaele e Marika dello Strologo, specialista in oftalmologia pediatrica all’Ospedale Vittore Buzzi di Milano - ha esplorato, le attuali strategie di gestione del difetto visivo, ponendo l’accento su come migliorare l’approccio terapeutico e la comunicazione tra professionisti della visione e famiglie per ridurne l’impatto a lungo termine. È stata l’occasione per analizzare le soluzioni oggi disponibili per contrastare questa problematica. Le più recenti ricerche scientifiche, unite all’esperienza clinica, offrono strumenti efficaci per identificare precocemente i bambini a
rischio e per scegliere i trattamenti più adeguati. “È un piacere avervi qui, è una giornata importante, la Giornata Mondiale della Vista promossa dall’OMS”, ha aperto così l’incontro, Maurizio Ferrante, Medical Affairs Manager Wholesale EssilorLuxottica Italia. “Dai dati raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità, 250 milioni di persone hanno una disabilità visiva, un dato impressionante, e nel 2050 la miopia colpirà circa 5 miliardi di persone. La nostra sfida è evitare che un bambino miope diventi un adulto con problematiche visive più gravi.”
E non è solo questione di genetica. “In Italia non abbiamo studi epidemiologici specifici, quindi dobbiamo basarci sui dati internazionali. In alcune aree come Taiwan, dove il 95% dei bambini di 12 anni è miope, possiamo notare l’impatto della scolarizzazione intensiva” ha affermato Paolo Nucci, Professore Ordinario di Oculistica dell’Università Statale di Milano. “Questo fenomeno non è legato esclusivamente alla genetica, ma principalmente agli stili di vita moderni, come l’eccessivo uso di
dispositivi digitali.”
Marika dello Strologo, specialista in oftalmologia pediatrica all’Ospedale Vittore Buzzi di Milano, ha sottolineato: “Non basta più correggere il difetto refrattivo, dobbiamo rallentare il vizio miopico. La miopia non è solo un problema di visione, ma comporta rischi maggiori di glaucoma e cataratta, oltre a distacchi di retina nei casi più gravi.” Ecco allora che medicina e tecnologia si sono mossi in concerto per trovare una soluzione. La letteratura scientifica ha fornito le basi per trovare una soluzione.
“Il defocus miopico è efficace nel rallentamento della crescita bulbare. Una geometria innovativa ad anelli concentrici, che crea un volume di luce davanti alla retina, contribuisce ulteriormente a questo effetto”, ha spiegato la Dott.ssa Monica Stoppani, Responsabile di
Strabologia all’IRCCS Ospedale San Raffaele. “La costruzione delle lenti a defocus che rallentano la progressione miopia è dunque un risultato che non avremmo potuto raggiungere da soli. È solo grazie alla collaborazione con un’azienda specializzata che è stato possibile. La zona centrale della lente corregge perfettamente la miopia, senza interferire nella quotidianità, garantendo un campo visivo impeccabile. Non ho mai riscontrato difficoltà nell’adattamento.”
E ha aggiunto la Dottoressa Dello Strologo: “In precedenza, su un miope di -0.25D, aspettavo di vedere un peggioramento prima di agire, ora intervengo subito con la lente. La prediligo anche rispetto all’atropina in quanto riscontro una compliance maggiore nelle famiglie e, dal momento che il bambino un occhiale deve averlo, questa lente - oltre a correggere il difetto - ha anche una
funzione di controllo.”
Infine, Giorgio Parisotto, Business Manager Professional EssilorLuxottica, ha spiegato in dettaglio le innovazioni tecnologiche delle lenti Stellest®, che “grazie alla tecnologia HALT, integrano 1021 microlenti asferiche creando un volume visivo e distribuendo i segnali luminosi su un’area più ampia piuttosto che su un punto focale, contribuendo a rallentare la progressione miopica.” Nel corso della serata, Parisotto ha parlato anche della sua doppia vesta di OtticoOptometrista e Manager dell’azienda: “Ho riscontrato un’apertura totale nei confronti dell’optometrista da parte dei relatori medici. Oggi come non mai c’è un’alleanza terapeutica tra i due mondi. Molto spesso l’otticooptometrista è il primo interlocutore a cui le famiglie richiedono informazioni prima della prima visita oculistica e dopo la prescrizione del trattamento. Il trattamento, in quanto tale, richiede grande professionalità in termini di centraggio, scelta montatura ed abbiamo anche visto nel corso di questi anni anche un efficace supporto alla classe medica nei follow up attraverso la lettura biometrica”. La Giornata Mondiale della Vista ha rappresentato dunque un’occasione per riflettere su come affrontare la crescente diffusione della miopia nei bambini. “Grazie alle nuove tecnologie e alle ricerche scientifiche avanzate, abbiamo oggi a disposizione strumenti concreti per contrastare questo fenomeno, migliorando il futuro della salute visiva globale”, conclude il team EssilorLuxottica.
Iscriviti al meeting “Incontra l’Esperto” con il Prof. Vagge al congresso Floretina
DALTONS, LA NUOVA FAMIGLIA DI LENTI DEDICATA ALLA GESTIONE
DELLE DISCROMATOPSIE, PIÙ COMUNEMENTE DEFINITE DALTONISMO
LLe lenti DALTONS-1 e DALTONS-2 incarnano la tecnologia più avanzata del Centro Ricerca e Sviluppo di DAI OPTICAL nella gestione delle discromatopsie. In Italia, circa il 5% della popolazione è daltonica, infatti, la difficoltà di percezione rosso-verde è particolarmente diffusa. Grazie alle lenti DALTONS sarà possibile apprezzare i colori dell’autunno, riconoscere i segnali semaforici, distinguere il rosso dal verde, aumentando la risposta agli stimoli cromatici e rafforzando il contrasto nella visione. Già da decenni DAI OPTICAL è impegnata in questo fronte e ottimi risultati sono stati raggiunti con il filtro New SunBlocker 600, capace di ripristinare il contrasto cromatico rosso-verde in soggetti con visione bicromatica. Recenti sviluppi tecnologici hanno permesso una modulazione più fine delle curve di trasmittanza dei polimeri,
permettendo la realizzazione di lenti più performanti nel migliorare il contrasto cromatico rosso-verde. Le lenti DALTONS-1 e DALTONS-2 presentano, infatti, uno spettro in trasmittanza calibrato sui picchi di sensibilità dei fotorecettori, massimizzando la trasmittanza intorno ai 430 nm nella regione del blu, 530 nm nel verde.
La regione del rosso, invece, viene trattata con attenzione, dedicando un picco di trasmittanza maggiore nelle lunghezze d’onda superiori ai 600 nm, in modo da accentuare il contrasto cromatico rosso-verde. In casi di protanopia e deuteranopia la visione bicromatica è generata dall’incapacità, totale o parziale, di distinguere il contrasto rossoverde. Tradizionalmente queste discromatopsie sono racchiuse nel termine Daltonismo e rappresentano la maggior parte dei difetti della percezione dei colori.
Le lenti DALTONS-1 e DALTONS-2 cercano di compensare la mancanza di sensibilità dei fotorecettori dovuta a ragioni genetiche, alterando in maniera puntuale lo spettro della radiazione di luce visibile che raggiunge la retina. New Sunblocker 600, invece, permette di ripristinare il contrasto cromatico nelle persone con discromatopsia rosso-verde. Presenta un taglio netto nello spettro in trasmittanza intorno ai 600 nanometri, in maniera tale da lasciar passare soltanto la radiazione rossa. Utilizzando
questa strategia gli oggetti verdi sono percepiti grigi e saranno dunque distinti da quelli rossi. L’approccio di SunBlocker 600 alla gestione ottica della discromatopsia rosso-verde è efficace anche nei casi più severi poiché ridona la capacità di distinguere gli oggetti altrimenti percepiti dello stesso colore. Il ripristino della capacità di distinguere la figura dallo sfondo permette di migliorare il punteggio nelle tavole di Ishihara.
GLAUCOMA: INNOVAZIONE NELLA
NEUROPROTEZIONE
HOYA A FIANCO DEL MONDO SCIENTIFICO CONTRO LA MIOPIA
GIOVANILE: AL VIA IL DELPHI SULLA MIOPIA COORDINATO DAL PROF. PAOLO NUCCI
L’evento “Miopia e Dintorni” a Roma ha riunito figure di spicco dell’oculistica pediatrica in un confronto scientifico unico per definire linee guida per il trattamento e la prevenzione della miopia nei giovani.
LL’obiettivo di questo evento sarà di dar vita a uno studio “Delphi”, metodo d’indagine interattivo, utilizzato nella ricerca scientifica per ottenere risposte a questioni complesse attraverso il confronto tra esperti. Moderatori e specialisti condivideranno infatti esperienze, studi e prospettive per definire linee guida e soluzioni efficaci per il trattamento e la prevenzione della miopia nei giovani.
L’iniziativa, coordinata dal Prof. Paolo Nucci, vedrà la partecipazione di figure di spicco, tra cui il Prof. Luca Buzzonetti, il Dott. Roberto Caputo, il Prof. Massimiliano Serafino, il Prof. Aldo Vagge, la Dott.ssa Irene Schiavetti e il Prof. Edoardo Villani. La loro partecipazione garantirà un approccio multidisciplinare e l’inclusione di competenze diverse ma complementari.
“Siamo molto soddisfatti di aver contribuito alla realizzazione di un’iniziativa di tale portata scientifica e sociale,” ha dichiarato Maurizi Veroli, Amministratore Delegato di Hoya. “La miopia nei giovani è un tema urgente e in continua evoluzione. È importante agire subito, è per questo che non perdiamo occasione per confrontarci e collaborare con la classe medica. L’impegno di Hoya
in questo evento rispecchia il nostro obiettivo di sostenere la ricerca e promuovere con MiYOSMART una migliore qualità di vita delle giovani generazioni.”
Secondo il Prof. Nucci “questo evento sarà un momento di grande valore scientifico e umano, una tappa fondamentale per condividere esperienze e costruire soluzioni concrete per il futuro dei nostri giovani. Un ringraziamento speciale va a Hoya per aver creduto in questo progetto”.
I risultati dello studio saranno successivamente pubblicati e condivisi con la comunità scientifica, contribuendo a rafforzare la consapevolezza e a migliorare le strategie di contrasto alla miopia giovanile.
Paolo Nucci
Maurizio Veroli
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Riduce la densità dei corpi mobili e favorisce il ripristino della matrice vitreale, migliorando la qualità visiva dei pazienti.
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DRUSENoffEVO: EVOluzione IN VISTA NELLA DMLE
LEVOLUZIONE NELLA SCELTA DELLE
SOSTANZE ATTIVE
Le sostanze attive utilizzate per la formulazione di DRUSENoffEVO sono scelte considerando le più autorevoli pubblicazioni scientifiche internazionali, prendendo come riferimento lo studio AREDS 2, il cui ultimo report di giugno 2022 conferma l’utilità di Luteina, Zeaxantina, Zinco, Vitamine C ed E nella prevenzione della DMLE.
L’evoluzione della composizione è stata cercata operando proprio in direzione di un completamento della formula AREDS 2, puntando su sostanze che agissero direttamente sulla protezione dell’Epitelio Pigmentato Retinico (EPR)
La scelta è così caduta sulla Cyanidin 3 O-Glucoside (C3G), una antocianina comunemente presente nel riso nero che raggiunge il tessuto oculare dopo somministrazione orale. (1)
Tra gli antociani il C3G è quello che possiede le più forti proprietà antiossidanti utili ad inibire la fotossidazione anche a livello delle cellule della retina.
Il C3G si è dimostrato essere un valido supporto al mantenimento dell’efficienza funzionale dell’EPR
• C3G aumenta la vitalità delle cellule dell’Epitelio Pigmentato Retinico (EPR) contrastando l’apoptosi indotta da stress ossidativo.(2)
• C3G migliora la funzione di barriera delle cellule dell’EPR sovra regolando l’espressione di proteine delle tight junction.(2)
Un ulteriore aspetto importante del C3G è che evidenziato la capacità di accelerare la rigenerazione della rodopsina apportando un contributo utile alla qualità della visione,
andando così a sinergizzare con la Luteina che si è dimostrata capace di ridurre il fastidio da abbagliamento. (3,4)
EVOLUZIONE NELLA TECNOLOGIA FARMACEUTICA
Le compresse di DRUSENoffEVO sono preparate con una tecnologia farmaceutica innovativa, la “NEW MICRONIZATION TECNOLOGY”
Tale sistema prevede la micronizzazione dei principi attivi e consente un maggiore contatto delle sostanze attive con i villi intestinali migliorandone notevolmente la biodisponibilità, ottimizzando l’assorbimento e di conseguenza l’efficacia.
EVOLUZIONE NELLA COMPLIANCE DEL PAZIENTE
Le dimensioni delle compresse ed il loro numero per confezione possono costituire fattori limitanti per la compliance del paziente alla terapia prescritta. Ecco perché DRUSENoffEVO è caratterizzato da:
• compresse di facile deglutizione grazie alle dimenzioni ridotte
• ìconfezione da 30 compresse per la terapia di un’intero mese
DRUSENoffEVO: l’EVOluzione della formula AREDS mirata alla protezione dell’EPITELIO PIGMENTATO RETINICO
BIBLIOGRAFIA
1) Amato R, Canovai A, Melecchi A, Pezzino S, Corsaro R, Dal Monte M, Rusciano D, Bagnoli P, Cammalleri M. Dietary Supplementation of Antioxidant Compounds Prevents Light-Induced Retinal Damage in a Rat Model. Biomedicines. 2021 Sep 7;9(9):1177. doi: 10.3390/biomedicines9091177
2) W. Peng et al. “Cyanidin-3-glucoside improves the barrier function of retinal pigment epithelium cells by attenuating endoplasmic reticulum stress-induced apoptosis.” FoodResearch International, Volume 157 July 2022 3)
3) Matsumoto H, Nakamura Y, Tachibanaki S, Kawamura S, Hirayama M. Stimulatory effect of cyanidin 3-glycosides on the regeneration of rhodopsin. J Agric Food Chem. 2003 Jun 4;51(12):3560-3. doi: 10.1021/jf034132y. PMID: 12769524.
4) James M Stringham, Paul V Garcia, Peter A Smith, Leon N McLin, Brian K Foutch Macular pigment and visual performance in glare: benefits for photostress recovery, disability glare, and visual discomfort. Invest Ophthalmol Vis Sci. 2011 Sep 22;52(10):7406-15. doi: 10.1167/iovs.10-6699.
ATLANTE DI DIAGNOSTICA OCULARE
Guida alla interpretazione delle immagini: Ecografia, OCT, OCTA, Fluorangiografia
Luisa Pierro
Volume 1
Volume 2
Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI)
Sede operativa: FGE srl − Regione Rivelle 7/F − 14050 Moasca (AT) Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013
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NEL “QUADRO” DELL’EDEMA
MACULARE INFIAMMATORIO
Compresse con matrice lipidica gastroresistente
Sostanze ad e etto nutritivo o siologico Scutellaria e.s.
e.s.
e.s.
La tecnologia T-Matrix Lipid™ è caratterizzata da una matrice lipidica a base di sostanze alimentari in grado di conferire gastroresistenza alle molecole in essa contenute.
Inoltre, permette il graduale e prolungato assorbimento degli attivi, ottimizzandolo così durante l'intera giornata.