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ANNO II
/2020
RIVISTA SCIENTIFICA E DI INFORMAZIONE OFTALMOLOGICA
RACCONTI DAL FRONTE
I volti e le testimonianze dell’oftalmologia nell’occhio del ciclone COVID-19
LI WENLIANG Un eroe ordinario
LARGO AI GIOVANI
Reinventarsi per non fermarsi
APPROFONDIMENTI Una nuova sfida per la ricerca medica
FGE S.r.l.-Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Redazione: via Petitti, 16 - 20149 Milano - Anno II - N. 2/2020 - Trimestrale
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Sommario Redazione Timothy Norris Laura Gaspari, MA redazione@eyeseenews.it www.eyeseenews.it Pubblicità commerciale@fgeditore.it tel 01411706694 Direttore responsabile Ferdinando Fabiano f.fabiano@fgeditore.it Grafica e impaginazione Cristiano Guenzi Coordinamento scientifico Vittorio Picardo, MD Hanno collaborato a questo numero: Pasquale Aragona, MD, PhD Alessandro Arrigo, MD Massimo Camellin, MD Emilia Cantera, MD Francesco Carones, MD David F. Chang, MD Ugo Cimberle, MD M. Francesca Cordeiro, MD, PhD Filippo Cruciani, MD Philip Dockery, MD, MPH Roberto Dossi, MD Eleonora Favuzza, MD Matteo Forlini, MD Angelo Galano, MD Bruno Lumbroso, MD John Marshall, MD, MBE, FMedSci, PhD, DSc, FRCPath, FRSB, FRCOphth(Hon), FRCOptom(Hon), FARVO Cosimo Mazzotta, MD, PhD Rita Mencucci, MD Eugenia Moix Gil, MD Simonetta Morselli, MD Giovanni Oliverio, MD Vincenzo Orfeo, MD Alfredo Pece, MD Matteo Piovella, MD Nathan M. Radcliffe, MD Mario Romano, MD, PhD Giovanni Staurenghi, MD Fotis Topouzis, MD, PhD Roberto Vignapiano, MD Elizabeth Yang, MD Marco Zarbin, MD, PhD, FARVO Editore FGE srl – Fabiano Gruppo Editoriale Redazione: Via Petitti, 16 – Milano Sede legale: Regione Rivelle, 7 14050 Moasca(AT) Tel 0141/1706694 – Fax 0141/856013 Stampa: Giuseppe Lang – Arti grafiche srl - Genova Registrazione presso il Tribunale di Asti n. 1/2020 del 05/02/2020 Copia omaggio
2 Editoriale 4 Cover Topic
RACCONTI DAL FRONTE
12 Riflettori dull’Esperto LI WENLIANG, UN EROE ORDINARIO
16 Largo ai Giovani
REINVENTARSI PER NON FERMARSI
20 Casi da Incubo
UNA COMPLICANZA INASPETTATA IN UN IMPIANTO DI INTACS CON TECNICA MANUALE
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Approfondimenti UNA NUOVA SFIDA PER LA RICERCA MEDICA
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DIMOSTRATA L’EFFICACIA DI DARC COME BIOMARKER PER IL GLAUCOMA
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L’OCCHIO AI TEMPI DEL CORONA (VIRUS)
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LUXOTTICA E L’UNIVERSITÀ DI PADOVA INSIEME PER LA FASE 2
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UN PROTOCOLLO PER LA DISINFEZIONE DEGLI OCCHI CONTRO IL SARS-COV-2
32 Tavola Rotonda
LA RIPARTENZA DEI CENTRI OCULISTICI PRIVATI: CRITICITÀ, CAMBIAMENTI E PROSPETTIVE
34 Eventi Congressuali 38 Dal Mondo dell’Ottica 40 News dalle Aziende 1
Editoriale
UN IMPEGNO COLLETTIVO CONTRO LA CRISI SANITARIA
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di Dott. Matteo Piovella, MD Presidente Società Oftalmologica Italiana
Tutte le interviste contenute in questo numero sono consultabili collegandosi al sito:
www.eyeseenews.it 2
L’Oftalmologia è stata una delle specialità più colpite dagli effetti della pandemia. Noi tutti dobbiamo prenderne atto e impegnarci insieme per trovare la luce alla fine di un tunnel che dimostra di essere sempre più profondo ed articolato. Dobbiamo partire dalle criticità in cui versano i pazienti affetti da patologie visive in conseguenza della prolungata sospensione - a livello ospedaliero e privato - dell’attività chirurgica e delle visite oculistiche, fatto salvo per le prestazioni d’emergenza/urgenza. È noto, purtroppo, che i pazienti non sono in grado di rendersi conto da soli della presenza di una patologia oculare capace di danneggiare la vista. Molti sono coloro che, a causa della pandemia, non hanno effettuato per mesi le visite e gli interventi necessari. La paura del contagio ha trattenuto molti dal recarsi in ospedale e soprattutto al Pronto Soccorso, con la conseguenza che, in fase di lockdown, non è stato possibile prestare assistenza a 9 persone su 10 affette da distacco di retina. Dei 7000 medici oculisti, che salvano la vista a 1.300.000 persone ogni anno, solo il 30% sono dipendenti del SSN: la maggior parte dei 15 milioni di visite oculistiche annue si svolge al di fuori del settore pubblico, così come il 20% del milione annuo di interventi chirurgici salva vista. La sospensione delle attività da parte di molti centri oculistici privati ha comportato perciò la perdita del proprio punto di riferimento per un gran numero di pazienti. Si aggiunga che la stessa definizione di urgenza/emergenza ha indotto e ancora induce i pazienti a ritenere di non possedere i requisiti necessari per sottoporsi a visita medica oculistica. Per i cittadini è maggiormente comprensibile parlare di “prestazioni necessarie e non differibili”.
UN’ONDA D’URTO INCONTENIBILE Dall’inizio della pandemia è stato fondamentale fare quanto necessario per evitare il diffondersi del contagio. Per operare in sicurezza, si è reso indispensabile evitare la commistione tra soggetti potenzialmente contagiosi e soggetti sani che non hanno contratto l’infezione da SARS-CoV-2. Da qui le maggiori difficoltà, anche in fase di ripartenza. La situazione è confusa e i cittadini non sanno più cosa pensare e soprattutto a chi credere. Per mesi, i soggetti a rischio sono stati fortemente e ripetutamente scoraggiati dall’uscire di casa per evitare di entrare in contatto con chi li poteva contagiare. Tra questi vi sono gli anziani e i diabetici, che costituiscono una grande parte dei pazienti con patologie oculari. La paura di accedere a luoghi di cui si era spesso esageratamente enfatizzata la potenziale infettività, ha fatto venir meno il controllo delle necessità elementari fondanti il diritto alla salute. La burocrazia, nel frattempo, ha preso forza: negli ospedali SSN risulta obbligatorio, principalmente per tutela legale degli amministratori, l’effettuazione del tampone per ogni paziente chirurgico entro il termine delle 24 ore. Nei centri chirurgici esterni agli ospedali, invece, è proibita l’esecuzione degli stessi tamponi. Il punto non è se fare i tamponi funziona o meno. Quello che personalmente contesto è che sia lo Stato a decidere chi può tutelarsi e chi no, chi può operare in “sicurezza” e chi no; in altre parole: chi deve operare e chi non deve e non può operare. Ma andiamo oltre. L’oculistica paga un prezzo eleva-
tissimo in conseguenza dei numeri enormi che produce e che deve tutelare. Le regole attuali, finalizzate al distanziamento e alla protezione di pazienti e operatori, insieme all’enorme numero di casi arretrati conseguenti alla disattivazione dei servizi per tre mesi interi, sono tali da determinare con certezza il default del sistema. Ci troviamo oggi a fronteggiare un’onda d’urto incontenibile. Non è prevedibile la fine del CO-
VID-19, ma è sicuro che il virus rimarrà tra noi ancora a lungo, il che significa che per tanto tempo permarrà la necessità di non mischiare persone potenzialmente contagiose con soggetti sani. I TAMPONI, STRATEGIA INDISPENSABILE L’unica indicazione possibile e sostenibile è quella di effettuare dei tamponi per monitorare in modo inequivoco l’esistenza della pos-
Dott. Matteo Piovella, MD
sibilità di contagio. La migliore sicurezza consiste nel far entrare nei centri oculistici solo pazienti documentatamente non contagiosi, visitati in un ambiente sanificato da operatori non potenzialmente contagiosi. Non va sottovalutato che una tale gestione virtuosa limiterebbe e di molto i punti deboli e poco gestibili dei sistemi di protezione individuale, ponendo fine alla fiera delle opinioni spesso contrastanti che in molti casi hanno reso inutili gli sforzi (a volte anche molto costosi) messi in campo per contenere i contagi. I necessari distanziamenti devono fondarsi su un tempo standard di visita o di intervento, a cui va aggiunto un tempo dedicato ad attivare le norme di protezione individuale necessarie. Questo percorso inizialmente lento e macchinoso, si avvale di rapide finalizzazioni salva-tempo che sono in grado di far raggiungere un obiettivo di prestazioni fino all’80% di quelle ottenute nell’era pre-COVID-19. Quindi oltre a consolidare la raccomandazione primaria per l’individuazione dei pazienti potenzialmente contagiosi in modo da informarli dell’impossibilità d’accesso allo studio medico o all’ambulatorio chirurgico, occorre impegnarsi per far applicare e diffondere la necessaria attenzione nell’identificare le potenziali situazioni di contagio per poi isolarle e renderle inattive. Oggi appare molto complesso, ma è indispensabile. Se non si sosterrà adeguatamente l’accesso alle cure ai numeri elevatissimi di pazienti che da sempre impegnano il nostro settore, si assisterà ad un radicale ridimensionamento dell’oftalmologia pubblica e al soffocamento di quella privata. 3
Cover Topic
RACCONTI DAL FRONTE I volti e le testimonianze dell’oftalmologia nell’occhio del ciclone COVID-19
L
Interviste alla Dott.ssa Eugenia Moix Gil, Ospedale Universitario Bellvitge di Hospitalet, Barcellona, alla Dott.ssa Elizabeth Yang, Northwick Park University, Londra, al Prof. Mario Romano, MD, PhD, Dipartimento di Oculistica Humanitas Castelli, Dipartimento di Scienze Biomediche Humanitas University, Bergamo, al Dott. Nathan M. Radcliffe, MD, Mount Sinai Health System, New York City.
Il Prof. Mario Romano, Bergamo
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La pandemia di COVID-19 ha cambiato e sta tuttora cambiando il mondo come lo conoscevamo. Il virus non rappresenta solo una crisi sanitaria, ma politica, sociale, dell’individuo, capace di coinvolgere nell’arco di pochi mesi miliardi di persone nella sua folle corsa da continente a continente. L’oftalmologia stessa si è trovata alla frontiera di una nuova realtà. Non una frontiera verso esaltanti territori inesplorati, ma una cupa trincea di una guerra difficile. Una guerra che ha visto cadere il collega Li Wenliang, primo di molti. Una guerra che coinvolto gli oftalmologi di tutto il mondo nella vita e nell’esercizio della loro professione. Tra i paesi più colpiti al mondo figurano l’Italia, la Spagna, il Regno Unito e gli Stati Uniti. Abbiamo raccolto le testimonianze dirette di medici e specializzandi di queste zone del mondo e di come la loro vita professionale e personale è radicalmente cambiata nell’arco di pochissime settimane. PROF. MARIO ROMANO Mario Romano, direttore del Dipartimento di Oculistica dell’Humanitas Castelli e Professore Associato di Oftalmologia al Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Humanitas University racconta la sua esperienza al centro di uno dei primi e più gravi punti caldi dell’epidemia: la provincia di Bergamo. “Tutto è partito così. Il 30 gennaio è partito questo allarme SARS-CoV-2 e intorno al 20 febbraio è arrivato da noi”, racconta Romano. “In quella ventina di giorni c’era nell’aria quella percezione che tutto fosse molto lontano, legato alla Cina, alla città di Wuhan, al mercato del pesce e alle discussioni su quale potesse essere stato l’ospite intermedio - pangolino o pipistrello che sia
- comunque qualcosa di ben distante da noi. Il caso della coppia dello Spallanzani all’inizio di febbraio non aveva allarmato moltissimo. Durante la terza settimana di febbraio c’è stato il primo caso a Codogno e le due settimane successive hanno visto lo scontro tra Governo e Regione che ha causato un ritardo nell’adottare contromisure, facilitando la diffusione del virus.. Noi abbiamo continuato ad esercitare fino al lockdown lombardo del 6 marzo”, prosegue. Complice la scarsità di informazioni sul virus, agli inizi dell’epidemia era molto difficile prevedere cosa sarebbe accaduto da lì ad un mese. “Non la percepivo come qualcosa che sarebbe potuta diventare una pandemia in così breve tempo, perché consideravo gli altri precedenti coronavirus SARS e MERS che erano stati contenuti in un tempo relativamente breve”, riflette Romano. “La percezione è stata sbagliata e la certezza di poter contenere questo virus ha portato a risvolti fallimentari”. L’arrivo dell’epidemia nel bergamasco ha spinto la sanità pubblica e privata ad adeguarsi di conseguenza, passo a passo. “La maturazione di un atteggiamento e di comportamenti adeguati prevedono una corretta informazione, uno studio delle norme e dei comportamenti più adatti; non è una cosa che si può adottare in un solo giorno”, premette Romano. “Noi abbiamo preso provvedimenti man mano che arrivavano input e direttive a livello nazionale. Dal 20 febbraio, data in cui c’è stato il caso a Codogno e forse casi anche ad Alzano e Nembro, ci siamo resi conto di non poter fermare una situazione che poteva essere frenata solo con un lockdown, ma ci siamo dotati il prima possibile di mascherine ffp2, ffp3, guanti e gli schermi protettivi per le lampade a fessura”, racconta Romano.
di Timothy Norris
È una questione di tempestività: la chiusura e la consegna dei DPI adatti il prima possibile possono salvare vite umane
Mario Romano
Il picco ha colpito Bergamo con estrema durezza. A quel punto tutte le attività medico sanitarie differibili erano sospese a livello nazionale, mentre nella provincia anche le operazioni urgenti non erano più praticabili in sicurezza. “La nostra attività è stata del tutto soppressa. L’oftalmologia all’Humanitas non poteva più essere erogata a causa del numero altissimo di pazienti COVID positivi ricoverati nelle strutture”, ricorda Romano; “e a questo punto non potevamo proprio rischiare di esporre al pericolo di contagio i pazienti di oculistica, che per la maggiore rientrano nella fascia più a rischio”, prosegue. “Abbiamo quindi deciso di ripiegare tutte le forze disponibili dell’ospedale allo scopo di fronteggiare l’epidemia, ed evitare un aumento del numero dei morti”. Insieme ai colleghi, il Prof. Romano ha deciso di mettere a disposizione il suo tempo e le sue capacità per aiutare il personale direttamente coinvolto. “L’oculistica è stata ovviamente considerata molto marginalmente, quindi in quel momento in cui la necessità era quella di aiutare in ogni modo possibile io ed altri colleghi abbiamo garantito prima una continuità in ospedale nonostante le nostre attività fossero chiuse, e pian piano abbiamo fatto tutto quello che era in nostro potere fare per aiutare”, racconta Romano. “Potevano chiederci consulenze in terapia intensiva, ci mettevamo le tute di tyvek e andavamo a fare esami del fondo e valutavamo la presenza di sovrainfezioni, occlusioni ed altre complicanze”, spiega. Oltre alle attività di ordine medico e sanitario, il Prof. Romano ha contribuito a mantenere un filo diretto tra l’ospedale e i parenti dei pazienti ricoverati. “L’altra attività che ci era possibile svolgere era quella di supporto”,
spiega Romano. “Ossia il mantenere aperta la comunicazione con i parenti che non possono avere un contatto con il loro caro a causa del ricovero. Questo è stato un servizio molto importante perché ha impedito la scissione emotiva. Per un famigliare che ha visto il proprio caro essere prelevato in ambulanza, e sa che potrebbe non vederlo più in vita, la comunicazione con l’ospedale è importantissima. Dare una mano in questo senso da parte nostra è stato comunque assolutamente un moto spontaneo” spiega Romano. Alla conclusione del lockdown, l’oftalmologia in Italia ha potuto riprendere con le dovute precauzioni. Per Mario Romano l’epidemia avrebbe avuto un impatto sicuramente meno grave se la reazione al problema fosse stata più tempestiva. “Questo problema della percezione non ci ha permesso di capire che ogni giorno trascorso senza lockdown faceva crescere il numero di riproduzione di base, l’R0, e di conseguenza il numero di infezioni che conseguentemente hanno portato ad un maggiore numero di decessi. La provincia di Bergamo è stata un epicentro, perciò siamo tuttora in contatto con esperti di tutto il mondo, e stiamo contribuendo a capire meglio questa pandemia. Una delle lezioni più importanti in assoluto è che in queste circostanze non si può perdere un singolo giorno sottostimando il problema. È una questione di tempestività: la chiusura e la consegna dei DPI adatti il prima possibile possono salvare vite umane”, riflette Romano. “Soprattutto chi ha avuto paura di chiudere subito ne avrà ancora di più a riaprire dopo, in quanto il processo di contagio è logaritmico e il danno è incrementale per ogni giorno perso”, conclude.
DR. EUGENIA MOIX GIL La Dottoressa Eugenia Moix, al termine del secondo anno di specializzazione in oftalmologia all’Ospedale Universitario Bellvitge di Hospitalet, Barcellona, racconta di come è passata dalla normale routine ad uno dei momenti più difficili della sua carriera. “Lavoro in una sezione staccata rispetto al complesso ospedaliero, e all’inizio sentivamo qualche mormorio di corridoio, ma era molto difficile capire il quadro generale. Ero in un turno prolungato nel fine settimana. La prima giornata è trascorsa normalmente, la seconda era già tutto completamente diverso”, racconta Moix. “Agli inizi di febbraio avevo sentito di questo virus che iniziava a diffondersi, ma veniva generalmente considerata come un’influenza bella pesante, e nessuno stava prendendo la cosa con la dovuta serietà, poi ad un certo punto abbiamo visto le nostre urgenze diminuire di colpo, mentre il numero di ricoveri del blocco principale iniziavano ad aumentare enormemente. Poco dopo la cosa ci ha coinvolto direttamente ed è stato necessario riorganizzare tutto il più velocemente possibile”. I primi casi di contagio in Spagna seguono di poco i contagi in Italia. “Ad un certo punto ci arrivavano notizie dall’Italia ed è stato lì che abbiamo iniziato a pensare che la cosa si muovesse molto più velocemente del previsto. Il nostro ospedale tra l’altro è il più vicino all’aeroporto di El Prat e quindi i primi casi sarebbero arrivati dritti da noi. Non si parlava neppure di quali sarebbero stati i DPI più consoni per affrontare la cosa, e già stavamo pensando a come difenderci al meglio. Sono andata in cartoleria, ho comprato una cartellina di plastica trasparente e l’ho modificata per adattarla alla lampada a fessura”. L’arrivo del COVID in Spagna ha coin-
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Cover Topic
È stata dura e sarà ancora più dura tornare davvero alla normalità. Non abbiamo ancora visto le reali conseguenze di questa pandemia, e questo a livello non solo medico
Eugenia Moix Gil
volto la Dott.ssa. Moix anche oltre la sua vita professionale. “Il mio compagno è specializzando in oncologia medica, e in quel momento era impegnato in Pronto Soccorso. Mi aveva confessato che non c’erano abbastanza DPI per proteggere tutti e che era sicuro che si sarebbe infettato da un momento all’altro. Tre giorni dopo ha iniziato a mostrare i primi sintomi. Abbiamo chiamato il centro di prevenzione ed è risultato positivo al tampone”, racconta Moix. “Fortunatamente avevamo mascherine e gel disinfettante a casa e stavamo già tenendo il distanziamento, e per questo io tutt’oggi risulto negativa al sierologico”. Il rigore nel quarantenare il personale medico aveva inizialmente ridotto eccessivamente le file di medici e infermieri sul campo. Pur essendo non infetta, solo un successivo allentamento ha reso possibile alla Dr. Moix di ritornare in campo, e di prestare servizio in un reparto COVID. “Abbiamo diviso i nostri turni lavorativi in parte lavorando nel reparto di oftalmologia, che nel frattempo era stato spostato, per le urgenze non La Dottoressa Eugenia Moix Gil, Barcellona
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differibili, e in parte facendo il nostro dovere nel reparto COVID”, racconta Moix. “Mentre lavoravo in reparto ho saputo che mio fratello, anche lui medico e volontario, era risultato positivo al tampone. Lui vive con mia madre e ho dovuto lavorare con la preoccupazione costante che anche lei potesse di conseguenza infettarsi. Non ho potuto vedere entrambi per un mese”, racconta. “Con il compagno malato a casa, un fratello malato, una madre a rischio, ho tenuto duro ma ero contemporaneamente attanagliata dai dubbi su cosa dovevo fare e come dovevo comportarmi per minimizzare i rischi per me e per tutti quelli che avevo attorno. È stato estremamente stressante”, confessa. Una volta passato il momento di picco, Eugenia Moix ha iniziato a tornare gradualmente alla sua normalità professionale, ma non senza delle legittime preoccupazioni per il futuro. “Penso che la gente stia già iniziando a dimenticare. Sono ovviamente molto sollevata che tutto stia andando un po’ meglio, ma ho il timore che la gente non si sia davvero del tutto resa conto della gravità della situazione che si è creata. Siamo anche gente molto sociale, non siamo fatti per mantenere le distanze ma per uscire e incontrare sempre persone nuove. La gente sta iniziando a minimizzare e ad abbassare la guardia molto prima del necessario. Questo mi preoccupa non poco”, confida Moix. “È stata dura e sarà ancora più dura tornare davvero alla normalità. Non abbiamo ancora visto le reali conseguenze di questa pandemia e questo a livello non solo medico”, afferma Moix. “Noi abbiamo visto fermarsi tutto e sappiamo che molti pazienti che avevamo in cura probabilmente non torneranno più, specialmente pazienti che necessitano
di cure continuative. Abbiamo perso molto”, conclude. DR. NATHAN M. RADCLIFFE Nathan M. Radcliffe, specialista di glaucoma e di cataratta, attivo a New York City nel Bronx e Manhattan, racconta la sua storia nei giorni della pandemia in una delle città più critiche al mondo. “Sono sempre stato molto prolifico nella mia attività, con una media routinaria di settanta, ottanta pazienti al giorno, di cui una gran parte affetti da glaucoma e quindi in una fascia di rischio rispetto ad un’infezione da COVID”, spiega Radcliffe. “Nel Bronx inoltre ho un’alta concentrazione di pazienti che soffrono di obesità, problemi cardiaci e asma”. Il Bronx è tristemente noto per essere il punto più caldo di New York, con dei picchi di mortalità altissimi causati dalle condizioni socioeconomiche ed ambientali del quartiere. In breve tempo il virus SARS-CoV2 ha serpeggiato tra gli abitanti della Grande Mela superando in pochissimo tempo la totalità dei casi dichiarati dalla Germania. “Era circa il 12 di marzo e stavamo adattando la pratica all’epidemia in arrivo, quando ho notato che un mio collega mostrava dei sintomi sospetti”, racconta Radcliffe. “Diceva di avere una semplice influenza, ma io ero seriamente preoccupato che fosse COVID e ho insistito che facesse il test. È risultato positivo e questo ci ha costretto a chiudere tutte le attività immediatamente”, prosegue. “Vedo decine di pazienti al giorno, e mi occupo giornalmente di almeno altrettanti casi di glaucoma. Chiudere tutto così senza preavviso è stato agghiacciante, ma ho comunque notato che la gente iniziava ad essere terrorizzata all’idea di presentarsi in
Il Dottor Nathan M. Radcliffe, New York City
clinica: comprensibilmente se avessi tenuto aperto non avrei avuto neanche un paziente”. In tutto il mondo l’attività privata si è velocemente spostata verso un approccio di consulenza telefonica e di contatto telematico con il paziente, prima di tornare in attività con una prassi del tutto nuova. “Per due mesi ho tenuto tutto chiuso, ma ho tenuto costante il contatto con i pazienti rispondendo a telefonate e messaggi, inviando ricette mediche virtuali. Ho ricominciato da poco e mi sono reso conto di quanto la mia professione sia cambiata così radicalmente, con tutte le precauzioni, l’assenza di contatto con il paziente, le maschere, le barriere di plastica, l’interazione verbale limitata, disinfettante ovunque”, spiega Radcliffe. “È diventato tutto più difficile ora. Ho pazienti con una IOP di quaranta, cinquanta millimetri di mercurio che necessitano di essere operati, ma al momento è difficile anche solo visitarli”.
La difficoltà nel garantire la salute del paziente non è unicamente legata alle procedure di profilassi, ma anche alle conseguenze sociali della pandemia, spiega Radcliffe. “Molti pazienti con un glaucoma severo stanno al momento perdendo gradualmente ed irrimediabilmente la vista e non si stanno presentando per una visita per paura del contagio”, racconta. “Non posso dire che il loro timore sia infondato. Al momento stiamo viaggiando sul centinaio di casi, ben distante dalle migliaia di casi giornalieri di aprile, ma vedo in giro per Manhattan gente camminare per strada senza mascherina e distanziamento e capisco che il rischio non è per nulla passato”, confessa Radcliffe. “Ci dobbiamo adattare e fortunatamente la mia filosofia della diagnosi e dell’intervento precoce si sta rivelando utile: con la scelta attenta di alcuni farmaci e trattamenti specifici è possibile ridurre le visite da bimestrali a semestrali. Questo è il momento di essere proattivi”, conclude. DR. ELIZABETH YANG Elizabeth Yang, specializzanda di oftalmologia al Northwick Park University di Londra, racconta in dettaglio la sua esperienza in un reparto di terapia intensiva. “Era all’incirca la metà di marzo a Londra, avevo da poco compiuto trent’anni e proprio in quel periodo i casi hanno iniziato ad aumentare esponenzialmente, con un alto numero di morti”, racconta Yang. “ L’ospedale dove lavoro è stato uno dei primi ospedali del Regno Unito ad essere coinvolti nell’epidemia, con un quantitativo impressionante di casi di ammissione all’ICU che in pochissimo tempo ha dovuto espandere la sua capacità fino a cinque volte rispetto alla norma”, ricorda. “Tutto
è esploso all’improvviso”. A seguito dell’arrivo dell’epidemia, l’attività di apprendistato della Dottoressa Yang subisce una brusca frenata. Il sistema sanitario britannico, messo a dura prova, è corso subito ai ripari. “Nello stesso periodo ci è arrivata l’indicazione dalle autorità sanitarie che non si potevano più fare attività elettive. Questo ha portato alla cancellazione di tutte le visite e nel giro di un paio di giorni abbiamo ricevuto una richiesta d’aiuto dal dipartimento di terapia intensiva che iniziava a non avere più personale sufficiente. Ho deciso di accettare, spinta dal desiderio di aiutare i miei colleghi”, racconta Yang. Per la Dottoressa Yang il primo impatto con la terapia intensiva è stato fin da subito molto difficile da gestire professionalmente ed emotivamente. “All’inizio è stato abbastanza spaventoso, anche perché mi sono formata come oftalmologa senza alcuna esperienza precedente in terapia intensiva. Temevo di ammalarmi e contagiare la mia famiglia”, confessa Yang, “ma ho capito che la cosa migliore che potevo fare era prendere la cosa di petto ed mantenere rigorosamente le distanze dalla mia famiglia e i miei amici. Inoltre avevo bene in chiaro in testa che questa sarebbe stata un’esperienza molto importante da fare”, racconta. Il primo impatto con il reparto COVID, per Elizabeth Yang è molto intenso. “Sembrava uno scenario di guerra: il reparto COVID era un mondo avvolto in tende di plastica, con quelle doppie entrate ovunque per permettere di indossare i DPI. Ricordo la straniante sensazione di non riuscire a riconoscere i volti di medici ed infermieri, indistinguibili sotto tutte quelle protezioni. I pazienti erano messi ovunque ci fosse lo spazio sufficiente per tenere un letto e un
Molti pazienti con un glaucoma severo stanno al momento perdendo gradualmente ed irrimediabilmente la vista e non si stanno presentando per una visita per paura del contagio
Nathan Radcliffe
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Cover Topic
In assenza di una cura, la sensazione costante era di trovarsi sempre un passo indietro rispetto al virus, nel costante tentativo di raggiungerlo e sconfiggerlo, e questo era immensamente frustrante
Elizabeth Yang
La Dottoressa Elizabeth Yang, Londra
respiratore. L’intero spazio sembrava immenso, con tutti i pazienti stesi uno a fianco all’altro, silenziosamente intubati. Nonostante la gravità della situazione, tutto lo staff continuava a lavorare instancabilmente”, descrive Yang. Nei due mesi di attività in terapia intensiva, la Dottoressa Yang ha dovuto affrontare ogni giorno l’ineluttabilità del virus. “Ai pazienti intubati veniva somministrato un gran numero di farmaci per aiutarli a fronteggiare il virus. Molti di questi non rispondevano adeguatamente e andavano spesso in insufficienza multiorgano. Spesso sedati o in coma farmacologico, venivano messi frequentemente in posizione prona e poi supina per facilitare la ventilazione. Molti pazienti venivano sottoposti a dialisi e a terapia anti8
coagulante. In assenza di una cura, la sensazione costante era di trovarsi sempre un passo indietro rispetto al virus, nel tentativo di raggiungerlo e sconfiggerlo, e questo era immensamente frustrante”, racconta Yang. “Spero che una volta trovata una cura efficace tutto questo non si debba più ripetere”, aggiunge. Per quanto emotivamente provante questo periodo ha comunque dato a Yang l’occasione di crescere professionalmente ed umanamente. “I consulenti dell’ICU erano davvero in prima linea contro questa pandemia, e anche loro hanno dovuto adattarsi in fretta e furia. Sono sempre stata affascinata da quanto velocemente riuscissero a migliorarsi a vicenda e di quanto efficiente e professionale fosse il loro approccio ai pazienti più gravi. Ho imparato così tanto in così poco tempo, come ad esempio trattare un paziente in ventilazione controllata con modalità tramite parametri specifici, riconoscere e controllare gli effetti collaterali dei sedativi e tenere sotto controllo e gestire in modo sistematico ogni singolo organo del paziente. Tutta una serie di concetti che in quattro anni da oftalmologa non avevo mai incontrato; è stato professionalmente gratificante riuscire ad apprendere tutto questo”, spiega Yang. “L’oftalmologia è una materia complessa di per sé, ed ora posso meglio comprenderne la più cristallina fisiopatologia. È stato proprio grazie a questa esperienza in ICU che ho riscoperto la fisiologia, gli effetti della respirazione polmonare sull’ossigenazione del sangue e come gestirli,
mantenere sotto controllo tutto il quadro cardiocircolatorio. Tutto ciò senza distogliere lo sguardo dalla funzionalità di fegato e reni, la neurologia, l’ematologia, e tutti i fattori che interagiscono tra loro all’interno di un singolo paziente ammalato”, descrive Yang. “Come parte del nostro lavoro c’era la comunicazione con i parenti dei pazienti, che non potevano presentarsi di persona dato l’altissimo rischio di contagio negli ospedali. Molte volte ho dovuto spiegare ad un figlio o una figlia che il loro genitore stava lentamente peggiorando e che le possibilità di sopravvivenza ad una settimana erano molto ridotte. È stata dura, davvero dura. Faccio tanta fatica anche solo ad immaginare di essere nei loro panni: essere un trentenne, con i genitori che stanno morendo e non poterli neppure vedere un’ultima volta”, rammenta Yang. “Dall’altra parte poter vedere i pazienti guarire ed uscire dal reparto sulle proprie gambe e con un sorriso sul volto è stato motivo di grandissima gioia”. Per Yang l’esperienza, per quanto intensa, ha portato con sé la soddisfazione di aver fatto la propria parte nella lotta contro la pandemia. “La situazione si è di nuovo tranquillizzata in terapia intensiva e la medicina non urgente ha ripreso le sue attività, ed io sono tornata in oftalmologia”, spiega Yang. “Non dimenticherò mai questa esperienza, e sarò sempre molto orgogliosa di aver fatto parte “dell’ICU team” in questa battaglia contro la pandemia”, conclude.
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KETOFTIL 0,5 mg/g gel oftalmico
€ 15,00
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1. Kidd M. et al. Br J Ophthalmol 2003;87:1206-1211 2. Ganz M. et coll. Advances in Therapy 2003;20:79-91 3. Greiner J.V. et al. Clin Ther 2003;25(7):1988-2005 4. Ketoftil. Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto
5. Schoch C. J Ocul Pharmacol Ther 2003;19:75-81 6. Bielory L. et al. Curr Opin Allergy Clin Immunol 2005;5:437-440 7. Schoch C. J Ocul Pharmacol Ther 2003;19:153-159
Materiale promozionale destinato ai medici. Vietata la distribuzione e l’esposizione al pubblico. PROPRIETÀ ESCLUSIVA DI POLIFARMA SPA
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Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione KETOFTIL 0,5 mg/g gel oftalmico. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione 1 ml contengono 0,69 mg di ketotifene fumarato, pari a 0,5 mg di ketotifene. Ketoftil gel oculare 1 g contengono 0,69 mg di ketotifene fumarato, pari a 0,5 mg di ketotifene. Eccipiente con effetti noti Il flacone multidose e il gel oculare contengono benzalconio cloruro. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Collirio, soluzione (contenitore multidose). Collirio, soluzione (contenitori monodose). Gel oftalmico. 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche - Congiuntiviti e cheratocongiuntiviti acute e croniche di natura allergica (primaverili, atopiche ed altre). 4.2 Posologia e modo di somministrazione - Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione: 1 goccia nel sacco congiuntivale 2 o più volte al dì, secondo prescrizione medica. Ketoftil 0,5 mg/g gel oftalmico: 1 goccia nel sacco congiuntivale 2 volte al dì. 4.3 Controindicazioni - Ipersensibilità al ketotifene o ad uno qualsiasi degli eccipienti del prodotto o sostanze strettamente correlate dal punto di vista chimico. Generalmente controindicato in gravidanza (v. paragrafo 4.6). 4.4 Speciali avvertenze e precauzioni d’uso - Ketoftil collirio, soluzione (contenitori multidose) e Ketoftil gel - Le formulazioni di Ketoftil collirio multidose e Ketoftil gel contengono benzalconio cloruro come conservante che potrebbe depositarsi sulle lenti a contatto morbide; pertanto Ketoftil non deve essere usato se il paziente indossa questo tipo di lenti. Le lenti devono essere rimosse prima dell’applicazione ed è necessario attendere 15 minuti prima di rimetterle. I prodotti contenenti benzalconio cloruro come conservante potrebbero decolorare le lenti a contatto morbide. Il benzalconio cloruro può causare irritazione oculare. Ketoftil, nelle sue diverse forme farmaceutiche, può determinare al momento dell’applicazione un leggero e fugace bruciore. Ketoftil gel oftalmico, per la natura dei suoi eccipienti, può causare al momento dell’applicazione un lieve e transitorio offuscamento visivo. Ketoftil collirio, soluzione e gel - Nessuna particolare avvertenza. 4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione - Se Ketoftil viene utilizzato in concomitanza con altri medicamenti oculari, è necessario far intercorrere almeno 5 minuti tra un’applicazione e l’altra. La somministrazione orale di ketotifene può potenziare gli effetti dei medicinali depressivi sul SNC, degli antistaminici e dell’alcool. Anche se questi fenomeni non sono stati osservati con Ketoftil, la possibilità di tali effetti non può essere esclusa. 4.6 Fertilità, gravidanza ed allattamento - Gravidanza Non sono disponibili dati sull’uso di ketotifene in gravidanza. Studi su animali con dosi orali tossiche hanno mostrato un incremento della mortalità pre- e postnatale, ma non hanno evidenziato effetti teratogeni. I livelli sistemici di ketotifene dopo l’applicazione oftalmica sono molto più bassi di quelli raggiunti dopo somministrazione orale. Si dovrebbe comunque usare cautela nel prescrivere questo medicinale a donne in gravidanza. Allattamento Anche se i dati di studi su animali dopo somministrazione orale dimostrano l’escrezione del principio attivo nel latte materno, è improbabile che la somministrazione topica nella donna possa produrre quantità di principio attivo rilevabili nel latte materno. Ketoftil può essere usato durante l’allattamento. Fertilità Non sono disponibili dati relativi agli effetti del ketotifene fumarato sulla fertilità negli esseri umani. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare e di usare macchinari - In soggetti sensibili, Ketoftil, all’inizio del trattamento, potrebbe attenuare la capacità di reazione. Se il paziente avverte visione offuscata o sonnolenza a seguito della somministrazione di questo medicinale, non deve guidare veicoli o utilizzare macchinari. 4.8 Effetti indesiderati - Le reazioni avverse provenienti da studi clinici (tabella 1) sono elencate in base alla classificazione MedDRA per sistemi e organi. All’interno di ogni classe per sistemi e organi, le reazioni avverse sono riportate in ordine di frequenza, con le reazioni più frequenti per prime. All’interno di ogni gruppo di frequenza, le reazioni avverse sono riportate in ordine decrescente per gravità. In aggiunta, la corrispondente categoria di frequenza per ogni reazione avversa è basata sulla seguente convenzione (CIOMS III): Molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, <1/100), raro (≥1/10.000,<1/1.000); molto raro (<1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). Tabella 1. Reazioni avverse • Disturbi del sistema immunitario Non comune: ipersensibilità • Patologie del sistema nervoso Non comune: mal di testa • Patologie dell’occhio Comune: irritazione oculare, dolore oculare, cheratite puntata, erosione puntata dell’epitelio corneale Non comune: visione offuscata, (durante l’instillazione), occhio secco, disturbi palpebrali, congiuntiviti, fotofobia, emorragia congiuntivale. • Patologie gastrointestinali Non comune: secchezza della bocca • Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Non comune: rash, eczema, orticaria • Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Non comune: sonnolenza. Reazioni avverse dall’esperienza post-marketing (frequenza non nota) Sono state osservate anche le seguenti reazioni avverse post-marketing: • reazioni di ipersensibilità incluse reazioni allergiche locali (in prevalenza dermatiti da contatto, gonfiore della zona oculare, prurito palpebrale ed edema) • reazioni allergiche sistemiche con inclusi gonfiore/edema facciale (in alcuni casi associate a dermatiti da contatto) • riacutizzazioni di condizioni allergiche pre-esistenti quali asma ed eczema. Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verifificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto
permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili. 4.9 Sovradosaggio - Ketoftil multidose Non sono stati riportati casi di sovradosaggio. L’assunzione orale di questo medicinale non è raccomandata. L’ingestione per via orale del contenuto del flacone multidose da 10 ml o del tubo è equivalente a 5 mg di ketotifene (la dose giornaliera raccomandata per i bambini al di sopra dei 3 anni è di 2 mg). I risultati clinici non hanno indicato segni o sintomi gravi dopo l’ingestione di una dose fino a 20 mg di ketotifene. Ketoftil monodose Non sono stati riportati casi di sovradosaggio. L’assunzione orale del contenuto del contenitore monodose è equivalente a 0,25 mg di ketotifene (la dose giornaliera raccomandata per i bambini al di sopra dei 3 anni è di 2 mg). I risultati clinici non hanno indicato segni o sintomi gravi dopo l’ingestione di una dose fino a 20 mg di ketotifene. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche - Categoria farmacoterapeutica: Oftalmologici-altri antiallergici, codice ATC: S01GX08 Ketoftil è un medicinale antiallergico e antiistaminico attivo per via locale in tutte le forme di cheratocongiuntivite allergica. La sua attività antianafilattica, di tipo non steroideo, si esplica sia attraverso una inibizione del release dei mediatori chimici della allergia e flogosi locale dai mastociti (istamina, SRS-A, etc.),che attraverso una inibizione della attivazione degli eosinofili da parte degli antigeni o del fattore attivante piastrinico (PAF). L’effetto antistaminico si manifesta attraverso una inibizione degli effetti della istamina sui recettori H1 periferici. 5.2 Proprietà farmacocinetiche - Per via orale (nel ratto) l’emivita di assorbimento del ketotifene è di 0,5±0,2 ore e quella di eliminazione è di 8,4 ore. La sua eliminazione avviene per il 25%-30% attraverso l’emuntorio renale. Somministrazione oculare (coniglio): con ketotifene fumarato marcato con C14, la massima concentrazione nei tessuti oculari si rileva 15 minuti dopo la somministrazione; il livello massimo si raggiunge nell’epitelio corneale, seguito da congiuntiva, cornea, iride, sclera, corpo ciliare e umore acqueo. Il tempo di ritenzione medio a livello congiuntivale è di 5,7 ore. La concentrazione ematica per dosi oculari ripetute è stata calcolata essere pari a circa 1/70 di quella congiuntivale. 5.3 Dati preclinici di sicurezza - Il ketotifene presenta una bassa tossicità acuta. La DL50 è riportata nella tabella seguente: mg/Kg TOPO RATTO PER OS 408±61 468 ± 107 SOTTOCUTE 820±78 430 ± 54 ENDOVENA 14,9±1 5,4 ± 0,8 Nessun effetto tossico è stato riscontrato per dosi orali ripetute e largamente superiori a quelle utilizzabili per l’impiego clinico-terapeutico. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti - Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione (flacone multidose): Sorbitolo, benzalconio cloruro, TS- Polisaccaride e acqua per preparazioni iniettabili. Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione (contenitori monodose): TS-Polisaccaride, sorbitolo e acqua per preparazioni iniettabili. Ketoftil 0,5 mg/g gel oftalmico: Idrossietilcellulosa, sorbitolo, benzalconio cloruro e acqua per preparazioni iniettabili. 6.2 Incompatibilità - Non note. 6.3 Validità - Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione - flacone multidose da 10 ml 3 anni a confezionamento integro. Il flacone multidose non deve essere usato oltre 30 giorni dopo la prima apertura del contenitore. Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione - 25 contenitori monodose 0,5 ml 30 mesi a confezionamento integro. I flaconcini monodose non contengono conservanti antimicrobici atti a preservarne la sterilità in fase d’uso e perciò, una volta aperto il contenitore, il prodotto in esso contenuto deve essere utilizzato immediatamente. Il prodotto che eventualmente dovesse avanzare deve essere gettato. Ketoftil 0,5 mg/g gel oftalmico 3 anni a confezionamento integro. Il prodotto non deve essere usato oltre 30 giorni dopo la prima apertura del contenitore. 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione - Nessuna. 6.5 Natura e contenuto del contenitore - Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione (flacone multidose) Un flacone contagocce in polietilene da 10 ml, dotato di tappo ad apertura razionale e non istintiva. Ketoftil 0,5 mg/ml collirio, soluzione (contenitori monodose) Scatola da 25 contenitori in polietilene da 0,5 ml. I contenitori, in stecche da 5 unità, sono racchiusi in bustine di politene-alluminio-poliestere. Ketoftil 0,5 mg/g gel oftalmico Tubo in alluminio da 10 g, internamente ricoperto da resine epossidiche, con punta oftalmica. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione - Collirio Flacone multidose Per aprire, premere la capsula di chiusura e contemporaneamente svitare. Dopo l’uso richiudere avvitando a fondo. Contenitore monodose Separare un flaconcino dalla stecca e aprire. Dopo l’uso, gettare anche se rimane del contenuto. Gel oftalmico Per ottenere un migliore gocciolamento, durante l’applicazione tenere il tubetto perpendicolare e non obliquo. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO POLIFARMA S.p.A. - Viale dell’Arte 69 - 00144 Roma 8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO KETOFTIL 0,5 mg/ ml collirio, soluzione - flacone da 10 ml: A.I.C. 029278013 KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione - 25 contenitori monodose: A.I.C. 029278025 KETOFTIL 0,5 mg/g gel oftalmico: A.I.C. 029278037. 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/ RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE Data della prima autorizzazione: 13 Maggio 2000 Data del rinnovo più recente: 13 Maggio 2010. 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO Aprile 2018. FASCIA C SOP KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione - flacone da 10 ml: A.I.C. 029278013 €14,50 KETOFTIL 0,5 mg/ml collirio, soluzione - 25 contenitori monodose: A.I.C. 029278025 €16,20 KETOFTIL 0,5 mg/g gel oftalmico: A.I.C. 029278037 €15,00 Prezzi di vendita a discrezione e soggetti a possibili variazioni SISTEMA DI GESTIONE DELLE ATTIVITÀ DI INFORMAZIONE SCIENTIFICA CERTIFICATO
Riflettori sull’Esperto
LI WENLIANG, UN EROE ORDINARIO Un oftalmologo che ha messo la verità davanti a tutto
L In questa pagina e in quella a fianco due immagini del Dottor Li Wenliang
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La sezione Riflettori sull’Esperto di questo numero è dedicata a Li Wenliang, giovanissimo oftalmologo di Wuhan morto a soli 33 anni per SARS-CoV-2 lo scorso 7 febbraio 2020. Essere esperti non significa solamente avere raggiunto traguardi che assicurano una meritata visibilità, ma anche avere le competenze cliniche che permettono di interpretare i segni e compiere il salto intuitivo necessario alla diagnosi di un fenomeno ancora sconosciuto. Li Wenliang era un medico giovanissimo e, come ci ricorda il Dottor Parrish nel suo editoriale sull’American Journal of Ophthalmology, non poteva vantare grandi numeri di pubblicazioni e studi peer-reviewed su prestigiosi giornali specialistici. Tuttavia, questo non lo rende meno degno di rice-
vere un doveroso tributo per tutto quello che il suo coraggio e il suo sacrificio hanno dato alla comunità scientifica e all’umanità tutta. Li Wenliang era originario di Beizhen, città della regione del Liaoning, nel nord est della Cina. Aveva frequentato la Wuhan University School of Medicine, laureandosi nel 2011. Aveva lavorato per un periodo al Xiamen Eye Center dell’Università di Xiamen, esercitando poi come oftalmologo a Wuhan a partire dal 2014. Era sposato, con un figlio e una bambina in arrivo. Quello che sappiamo di Li Wenliang forma il ritratto di una vita tranquilla, quella di un ragazzo normale che, a detta dei suoi compagni di corso, era appassionato di pallacanestro, e di un medico diligente, onesto e dedito al lavoro. Così dedito da diventare un simbolo nella lotta all’epidemia da coronavirus, sia in Cina che nel resto del mondo. La vita di Li Wenliang cambia quando verso la fine di dicembre 2019, iniziano a registrarsi casi di polmonite dall’origine sconosciuta a Wuhan. Il Dottor Li è venuto a contatto nello stesso periodo con un report confidenziale redatto alla Dottoressa Ai Fen, direttrice del dipartimento di emergenza dell’ospedale di Wuhan e prima ‘whistleblower’, allarmata da alcuni risultati di laboratorio che mostravano sintomi influenzali resistenti ai trattamenti convenzionali e in cui si menzionava la frase “coronavirus di tipo SARS”. Il 30 Dicembre 2019, il Dottor Li condivide un messaggio in un gruppo privato di compagni di corso della scuola di medicina sull’applicazione di messaggistica WeChat, invitandoli
di Laura Gaspari
L’esperienza del Dottor Li ci dimostra che anche il più insospettabile può aiutare il mondo ad alzare la testa e che, citando l’American Journal of Ophthalmology, gli oftalmologi sono molto più che solo dottori degli occhi.
alla cautela poiché “ci sono sette casi confermati di SARS riportati in ospedale e provenienti dal mercato del pesce di Huanan”. In allegato al messaggio, condivide con i suoi colleghi il referto di un esame su un paziente e l’immagine di una TAC, mettendoli in guardia e invitandoli a prendere tutte le precauzioni necessarie per loro, le loro famiglie e amici e a non condividere l’informazione all’esterno. Presto gli screenshot con i messaggi su WeChat finiscono sui social media cinesi, catturando l’attenzione anche dei supervisori dell’ospedale. Li Wenliang viene convocato e accusato di fuga di notizie false. Il 3 gennaio 2020 il Dottor Li viene prelevato dalla polizia di Wuhan con l’accusa di aver diffuso commenti falsi su Internet, viene interrogato e costretto a firmare una lettera di ammonimento in cui si impegna a non reiterare l’atto, con la minaccia di una punizione più severa. Insieme a lui, vengono censurate altre sette persone. Il Dottor Li riesce a rientrare al lavoro l’8 gennaio successivo, giorno in cui, visitando una paziente con glaucoma ad angolo aperto che lavorava al mercato di Huanan e risultata poi positiva al COVID-19, contrae l’infezione sviluppando febbre, tosse e difficoltà respiratorie. Alla comparsa dei primi sintomi, per evitare di contagiare la famiglia, il Dottor Li si isola in una camera d’albergo. In seguito all’aggravarsi dei sintomi, viene ricoverato i primi di febbraio in ospedale a Wuhan. Pochi giorni dopo, la notte del 7 febbraio, nonostante gli sforzi per salvarlo e tra smentite e comunicati stampa ufficiali dell’ospedale, il Dottor Li
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Riflettori sull’Esperto Il Dottor Li Wenliang omaggiato dai cittadini di Wuhan
Wenliang muore per complicanze respiratorie del COVID-19, mentre più di 17 milioni di cinesi stavano seguendo gli sviluppi sulle sue condizioni di salute. La morte del Dottor Li ha suscitato dolore, sgomento e rabbia sui social media, scatenando una vera e propria reazione a catena culminata nella richiesta unanime al governo di Pechino di più libertà di parola e meno censura. Prima di essere rimosso dai censori, l’hashtag #wewantfreedomofspeech ha totalizzato in cinque ore circa due milioni di visualizzazioni e 5500 post. I cittadini di Wuhan si sono recati, in cordoglio, davanti l’ospedale di Wuhan per omaggiare il Dottor Li con fiori e tributi. L’ultimo post del giovane oftalmologo di Wuhan su Sina Weibo, un sito di microblogging sulla falsariga di Twitter utilizzato in Cina, ha ricevuto più di 870.000 commenti, molti dei quali lo chiamavano “eroe”. Le autorità di Wuhan hanno subito espresso le loro condoglianze alla famiglia del giovane oftalmologo, senza però presentare scuse ufficiali per il trattamento precedentemente riservatogli. Le commemorazioni e i tributi per il Dottor Li sono usciti dai confini della Cina, coinvolgendo nume14
rose società oftalmologiche e autorità politiche. Il governo cinese ha deciso successivamente di conferire a questo giovane medico le più alte onorificenze, definendolo un “martire” morto per servire la Cina, insieme ad altri tredici specialisti morti per COVID-19. Li Wenliang era un oftalmologo che stava svolgendo il suo lavoro. Il suo senso del dovere e la grande deontologia professionale lo hanno elevato ad essere pubblicamente riconosciuto come un simbolo di una categoria professionale in prima linea in questa drammatica situazione, primo tra i tanti altri medici, infermieri e operatori sanitari che hanno affrontato la pandemia e sono caduti in servizio, anche nel nostro Paese. Il coraggio di un giovane dottore che fino al giorno prima poteva essere “uno dei tanti” ha aiutato il mondo intero ad aprire gli occhi di fronte a ciò che stava succedendo in Cina, ha accelerato anche la corsa ai ripari delle stesse società oftalmologiche internazionali nel prendere precauzioni per tutelare specialisti e pazienti. Se ora sappiamo che gli occhi sono la terza via di contagio, lo dobbiamo indirettamente a Li Wenliang. Pochi giorni prima di morire, il Dottor Li
aveva dichiarato a Caixin, agenzia di stampa cinese, che, pur essendo preoccupato per una punizione da parte dell’ospedale, credeva che “in una società sana debba esserci più di una voce”. In uno degli ultimi post dichiarava di voler tornare in corsia il prima possibile. Non si era arreso alla censura e aveva scelto la verità, raccontando ancora una volta la sua storia sui social media nei suoi ultimi giorni di vita. L’esperienza del Dottor Li ci dimostra che anche il più insospettabile può aiutare il mondo ad alzare la testa e che, citando l’American Journal of Ophthalmology, gli oftalmologi sono molto più che solo dottori degli occhi. Due sono gli insegnamenti che ci trasmette la tragica vicenda del Dottor Li. Il primo è un richiamo al valore e al potenziale spesso rivoluzionario del saper esercitare l’osservazione, il ragionamento critico e l’intuizione, basi fondanti della medicina come di ogni scienza. Il secondo, non meno importante e complementare al primo, come testimoniano i tanti esempi nella storia, è il coraggio delle proprie idee. Se si è certi del valore di una propria intuizione, e si può metterla al servizio della comunità, è giusto combattere per difendere il diritto ad esprimerla.
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Largo ai Giovani
REINVENTARSI PER NON FERMARSI Come le Scuole di Specializzazione hanno affrontato l’emergenza COVID-19
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Intervista al Dott. Roberto Vignapiano, MD, AOUC Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze, Dott. Alessandro Arrigo, MD, Università Vita e Salute San Raffaele di Milano, Dott. Giovanni Oliverio, Università di Messina
Nella foto in basso, il Dott. Giovanni Oliverio, Università di Messina
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Il COVID-19 è stato responsabile di numerosi cambiamenti nelle nostre azioni quotidiane durante la fase lockdown. Gli ospedali hanno dovuto riorganizzare l’erogazione delle loro prestazioni per gestire al meglio l’emergenza e impegnare risorse principalmente nei reparti COVID. I dipartimenti di oculistica hanno subito delle pesanti modifiche per riprogrammare il lavoro, dando esclusiva priorità alle urgenze e alle attività non differibili. Anche la formazione dei giovani medici iscritti alle scuole di specializzazione ha subito un profondo cambio di rotta nell’impatto con la pandemia, e ha richiesto un completo ripensamento sia dei metodi didattici, che del tirocinio in reparto. Un’esperienza unica e straordinaria di cui abbiamo discusso con tre specializzandi all’ultimo anno, di tre scuole diverse d’Italia, mettendo in risalto luci e ombre, punti di forza e di debolezza.
RIORGANIZZARSI IN UNA SITUAZIONE D’EMERGENZA “Fin da subito abbiamo capito di essere nell’occhio del ciclone, si percepiva che la situazione stava degenerando, nonostante le zone rosse fossero ancora confinate a Codogno e nel bergamasco”, afferma il Dottor Alessandro Arrigo, specializzando al quarto anno presso l’Università Vita e Salute San Raffaele di Milano. “Sono stati presi rapidamente importanti provvedimenti al fine di fornire una continuità assistenziale alle patologie oculari non differibili, garantendo la sicurezza sia per i medici che per i pazienti. Nonostante la riduzione dell’affluenza dei pazienti in ospedale e lo stop dell’attività chirurgica programmata, la nostra formazione non si è fermata del tutto”. Fin dall’inizio, dunque, ogni struttura ospedaliera ha riorganizzato completamente il lavoro, compresa la formazione degli specializzandi, cercando di adattarsi il più velocemente possibile alla situazione a cui si stava andando incontro. “La pandemia ha rappresentato un’opportunità per ripensare la formazione degli specializzandi”, spiega il Dottor Roberto Vignapiano, specializzando presso l’AOUC Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze. “Il nostro grande ospedale, Careggi, rappresenta un centro di riferimento per la Toscana ed oltre. Chiaramente in epoca Covid-19 c’è stata una sostanziale riduzione delle nostre attività pur garantendo tutti i casi urgenti e le visite indifferibili.”. “La nostra formazione si è completamente stravolta perché è venuto meno il contatto diretto con il paziente”, aggiunge il Dottor Giovanni Oliverio, specializzando presso l’Università di Messina. “La nostra è nella maggior parte un’attività ambulatoriale e anche noi specializzandi abbiamo risentito della
di Laura Gaspari
Fino ad ora non avevamo avuto modo di utilizzare questi strumenti e credo siano un metodo di crescita fondamentale per confrontarsi e conoscere gli ultimi aggiornamenti in letteratura, di solito messi in evidenza nelle attività congressuali
Giovanni Oliverio
la riduzione o sospensione dei servizi erogati. Eravamo abituati a ruotare per un determinato periodo all’interno di un preciso servizio, e all’improvviso ci siamo ritrovati a lavorare con una logica connessa all’urgenza, selezionando i pazienti in base a fattori di rischio che prima non valutavamo”. NUOVE METODOLOGIE, NUOVE OPPORTUNITÀ Insieme alla formazione in reparto, un grosso cambiamento nella metodologia l’ha subito anche la parte didattica, che ha dovuto adattarsi alle esigenze del lockdown, evitando assembramenti di persone e rischi di contagio. “La didattica frontale è stata vietata con il lockdown”, afferma il Dott. Vignapiano. “A partire dal 16 marzo c’è stata la ferma volontà da parte dell’Università degli Studi di Firenze e dei direttori della scuola di specializzazione di surrogarla con la formazione a distanza, dapprima incentrata sull’approfondimento delle sub-specialità dell’oftalmologia con il personale docente, e successivamente sfruttando la rete internazionale consolidata della scuola, dandoci la possibilità di dialogare con personaggi di fama internazionali come il Dott. Michael Engelbert e il Prof. Michel Paques”. Non solo oftalmologia, ma anche corsi di potenziamento per le lingue straniere. “Ho apprezzato molto l’organizzazione di corsi online per migliorare la padronanza delle lingue straniere, soprattutto l’inglese”, prosegue Vignapiano. “L’utilizzo delle piattaforme online ha consentito una maggiore organizzazione con classi da tre o quattro persone, dando la possibilità di una maggiore interazione con la docente. Spero si mantenga questa formula.” Lo strumento virtuale e l’utilizzo delle piattaforme online sono diventati quindi fondamentali per colmare i vuoti e
le distanze rese necessarie dalle misure di contenimento del virus. Con l’andare del tempo, tutti si sono adattati a questo nuovo tipo di strumenti, non solo all’interno delle scuole di specializzazione. “Stanno diventando sempre più frequenti i webinar organizzati e promossi sia da case farmaceutiche, che da società scientifiche”, aggiunge Arrigo. “Dal punto di vista teorico il COVID non ci ha danneggiato, la nostra formazione è continuata. C’è stato un sostanziale incremento delle attività formative online, tutt’ora in crescita. Mi ritrovo ad avere tanti inviti a webinar focalizzati su tutti gli ambiti dell’oculistica”. “L’attività didattica si è intensificata di più rispetto al passato grazie agli strumenti online, andando a sostituire anche l’attività congressuale, che è molto importante per la nostra crescita”, spiega Oliverio. Sfruttare in modo così intenso l’online ha dato anche la possibilità per alcune scuole di unirsi e organizzare attività insieme, in momenti di incontro e scambio di idee. “Abbiamo organizzato degli incontri insieme alla scuola di Palermo in cui settimanalmente e online ci incontriamo per discutere di argomenti che vengono assegnati. Si tratta di una buona occasione di crescita”, afferma il Dott. Oliverio. “Una bella iniziativa è partita dai cinque direttori delle scuole di specializzazione di Firenze, Siena, Perugia, Ancona e Pisa, che hanno organizzato dei seminari congiunti su diversi temi, dandoci la possibilità di un confronto con le altre strutture per capirne limiti e punti di forza, oltre che avere la possibilità di conoscere delle vere eccellenze italiane dell’oftalmologia”, spiega Vignapiano. Il lockdown ha rappresentato anche un’opportunità in più per alcuni di fare ricerca, in un momento in cui questa ha iniziato a soffrire della mancanza di
pazienti dovuta all’emergenza. Fondamentale è stato il lavoro sulla correlazione tra occhio e coronavirus, come ci ha spiegato il Dottor Vignapiano. “In questo momento c’è un bisogno disperato di ricerca. Ho avuto modo di partecipare e organizzare webinar e FAD sull’argomento occhio e coronavirus. Mi ha dato l’opportunità di affrontare in modo più sereno questa tematica, in modo da approfondire un aspetto, come il contagio trans-congiuntivale, che per noi oculisti è fondamentale, ora e nel prossimo futuro”, commenta.
Nella foto, il Dott. Alessandro Arrigo, Università Vita e Salute San Raffaele di Milano
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Largo ai Giovani LA FORMAZIONE CHIRURGICA La parte formativa che più ha risentito del lockdown è sicuramente la formazione chirurgica degli specializzandi. Molte chirurgie, come quella della cataratta o refrattiva, sono state sospese e rinviate, impedendo agli specializzandi di potersi formare in tal senso. “Il danno consistente lo abbiamo avuto per la parte chirurgica, ma per cause di forza maggiore non si poteva fare altrimenti”, spiega Arrigo. “La nostra è una scuola chirurgica, e l’attività in sala operatoria rappresenta un elemento fondamentale della nostra pratica clinica”. Si è tentato di trovare delle soluzioni, come la visione di video chirurgici spiegati dal chirurgo stesso in differita o l’utilizzo di simulatori chirurgici nelle scuole che ne sono dotate. “Abbiamo adottato delle metodiche di virtual surgery, tramite il simulatore e la visione di video chirurgici in differita. Pur non avendo accesso alla sala operatoria ab-
biamo comunque avuto questa opportunità di mantenere un minimo di esercitazione pratica, e approfondire alcuni aspetti della formazione chirurgica”, afferma Vignapiano. “La nostra scuola ha il vantaggio di avere un simulatore chirurgico, che in questo periodo ha consentito di
“Abbiamo avuto modo di seguire miti dell’oculistica che capita di vedere solamente ai congressi internazionali. Certo, mancano i congressi, ma questa metodologia online è un buon surrogato”. L’augurio e l’auspicio è che non si abbandoni lo strumento della didattica online e che questo sopravviva come complementare anche quando tutto sarà tornato alla normalità. “Questa metodologia poteva arrivare anche prima, c’erano webinar prima dell’era COVID, Alessandro Arrigo ma meno rispetto alle attività congresmantenere un livello di attività non suali. Si tratta di una metodologia da poco”, spiega Giovanni Oliverio. che deve sopravvivere e che va ulte“Il simulatore che abbiamo noi ha riormente migliorata, perché rappredue moduli, uno per il segmento senta una via in grado di agevolare anteriore e uno per la chirurgia vi- la nostra partecipazione ad eventi treoretinica. Si tratta di un model- scientifici”, afferma il Dottor Arrigo. lo abbastanza realistico costituito “Tuttavia, mi auguro sia complemenda alcuni manipoli, che simulano tare e non sostitutiva alle vie tradigli strumenti chirurgici e un occhio zionali di formazione ed incontro. poggiato su un supporto, che ricrea Inoltre, per ovvi motivi, rappresenta gli spazi del campo operatorio. Per- uno strumento inadeguato per una mette non solo di simulare l’inter- corretta formazione chirurgica” vento, ma anche le sue complicanze Lo strumento online è stato soin modo molto realistico”. prattutto un modo per confrontarsi davvero anche tra specializzandi di FORMAZIONE A DISTANZA E diverse scuole e realtà. “All’inizio RITORNO ALLA NORMALITÀ: UN questa situazione è sembrata peNUOVO FUTURO? nalizzante, perché è come se fosse Ci si è dovuti adattare in fretta e venuta meno la possibilità di formareinventarsi in questa situazione di zione e crescita. Tuttavia il virus ha emergenza, sperimentando anche aperto alla possibilità di parlare di metodi che prima erano del tutto più al mondo e alle altre scuole di inesistenti nella formazione specia- specializzazione”, commenta il Dotlistica. “Fino ad ora non avevamo tor Vignapiano. “Avere l’occasione avuto modo di utilizzare questi stru- di interfacciarsi con persone e vedementi e credo siano un metodo di re i diversi modi di fare o approcci è crescita fondamentale per confron- fondamentale; è stato come si fostarsi e conoscere gli ultimi aggiorna- sero abbattute le distanze formatimenti in letteratura, di solito messi ve. Quando c’è comunicazione miin evidenza nelle attività congres- gliora la formazione e, a cascata, il suali”, commenta il Dottor Oliverio. sistema sanitario”, conclude.
Dal punto di vista teorico il COVID non ci ha danneggiato, la nostra formazione è continuata. C’è stato un sostanziale incremento delle attività formative online, tutt’ora in crescita
Nella foto sopra, Il Dott. Roberto Vignapiano, AOUC Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze
All’inizio questa situazione è sembrata penalizzante, perché è come se fosse venuta meno la possibilità di formazione e crescita. Tuttavia il virus ha aperto alla possibilità di parlare di più al mondo e alle altre scuole di specializzazione
Roberto Vignapiano
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Casi da Incubo
UNA COMPLICANZA INASPETTATA IN UN IMPIANTO DI INTACS CON TECNICA MANUALE Cosa può aver causato una perforazione corneale posteriore?
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In questo video, il Dott. Philip Dockery, MD, MPH, ci presenta un caso di impianto di Intacs con tecnica manuale, che però incontra un problema in corso d’opera, poi risolto nel migliore dei modi. Il Dott. Philip Dockery è un giovane medico che ha appena concluso la sua formazione alla University of Alabama School of Medicine, ma ha lavorato come ricercatore alla Parker Cornea, dove è stata praticata la chirurgia presentata nel video. Al momento, il Dott. Dockery sta svolgendo un internship presso il Wills Eye Hospital a Philadelphia. L’impianto di Intacts richiede la misurazione preliminare dello spessore corneale tramite pachimetria a
circa 1 mm dal limbus. La cornea viene marcata con una penna viola genziana e successivamente si procede con l’incisione radiale utilizzando un bisturi di diamante precalibrato, ad una profondità di circa l’80% dello spessore corneale. Si applica la suzione e si apre una piccola tasca stromale alla base dell’incisione, in cui verranno introdotti i dissettori per l’esecuzione dei canali semicircolari. Vengono infine inseriti i segmenti e l’incisione viene suturata se necessario. L’impianto di Intacs manuale è un’operazione rapida ed elegante, come ci spiega Dockery nel video, ma la paura di errori o complicanze intraoperatorie è sempre presente. “Una di queste è la perforazione corneale anteriore quando si disseziona il canale semicircolare”, spiega Philip Dockery. “In questo caso invece, la perforazione è avvenuta posteriormente, mentre si stava aprendo la tasca stromale”. Nel video è possibile vedere come ad un certo punto, dopo l’incisione radiale, l’applicazione della suzione e l’apertura della tasca stromale utilizzando un uncino di Sinskey, vi sia una fuoriuscita di umor acqueo sotto la superficie corneale dovuta alla perforazione. “La prima cosa da fare è fermarsi e decidere cosa fare”, spiega il Dott. Dockery. “Interrompere o continuare? Per rispondere a questa domanda è necessario comprendere se è possibile continuare in sicurezza, e per questo il chirurgo reinserisce l’un-
di Timothy Norris
Il Dottor Philip Dockery
cino di Sinskey e disseziona ancora un po’ la stroma”. Una volta constatato che il bulbo rimane intatto e che non c’è più perdita di umor acqueo, il chirurgo continua con l’operazione spostando la tasca stromale un po’ più anteriormente per non interferire con la perforazione e procedendo poi alla dissezione dei canali. Questi ultimi risulteranno lievemente spostati verso l’asse visivo rispetto alla marcatura. Si conclude applicando un punto di sutura per accertarsi che l’incisione sia ben chiusa e che non vi siano
fuoriuscite di liquido. “L’operazione si è conclusa con successo e il paziente è stato visto anche il giorno seguente. Era elettrizzato per il risultato e mostrava una UCVA di 20/25”, commenta Dockery. Cosa può aver causato la perforazione posteriore della cornea? Se lo domanda anche il Dott. Dockery, che ripercorre tutti gli stadi della chirurgia individuando quindi l’errore che ha causato la complicanza. Lasciamo a voi scoprire, insieme al Dott. Dockery, il perché di questo incidente intraoperatorio, e trovare
la strategia per evitarlo. Questo video è un bell’esempio di come rivedere e analizzare passo per passo una chirurgia possa aiutare il chirurgo a capire quei più piccoli errori che possono portare anche la più semplice e veloce delle operazioni a complicanze più o meno risolvibili. Il metodo comunicativo del video è poi molto efficace per veicolare il messaggio e aiutare i colleghi a riflettere sui passaggi delle operazioni chirurgiche, migliorando così le proprie tecniche.
ATLANTE DELLE INFIAMMAZIONI OCULARI E. Miserocchi - G. M. Modorati - F.M. Bandello
Ad un anno dalla pubblicazione della prima parte dell’Atlante delle infiammazioni oculari, che riguardava il segmento anteriore, vede la luce il secondo volume di questo progetto, che tratta delle infiammazioni del segmento posteriore dell’occhio. Negli ultimi anni vi è stato un significativo aumento delle conoscenze di base riguardo forme di uveite posteriore un tempo sconosciute: vari meccanismi immunologi sono stati delucidati e diversi agenti eziologici di uveiti infettive, come quelli della malattia di Lyme o della malattia di Whipple, sono stati scoperti. Ma è soprattutto sul versante clinico che si sono realizzati i maggiori progressi. Le infiammazioni di retina e coroide sono fra le patologie oculari che più di tutte si sono avvantaggiate dei recenti progressi tecnologici in campo diagnostico e terapeutico. L’introduzione e il diffondersi di tecniche diagnostiche come la fotografia wide-angle del fundus, l’OCT ad alta risoluzione e l’angio-OCT, insieme con l’applicazione della PCR nell’identificazione di vari agenti patogeni, ha permesso una più pronta e precisa diagnosi di molte infiammazioni corioretiniche. Ciò è fondamentale in quanto una diagnosi precoce, quando la malattia è ancora in fase iniziale, può permettere di instaurare misure adeguate atte ad evitare il prodursi di danni irreversibili. Sul versante terapeutico poi è stato osservato un fondamentale progresso con le iniezioni intravitreali di vari farmaci che permettono di fornire a quel santuario farmacologico che è la retina una quantità di medicamento non ottenibile con altre vie di somministrazione. Ed infine, l’uso più esteso della vitrectomia via pars plana, oggi eseguita con strumenti molto sofisticati e mini-invasivi, permette di affrontare casi di endoftalmite o talune forme di panuveite altrimenti non aggredibili. L’impostazione di questo atlante ricalca quella del precedente, con una breve descrizione delle varie patologie seguita da un’ampia parte iconografica in cui vengono presentati sia casi scolastici come anche casi meno tipici delle varie forme di uveite. La speranza è che questo secondo volume possa avere lo stesso successo riscosso dal precedente, il che ripagherebbe l’impegno dei vari collaboratori, giovani e meno giovani, che hanno contribuito alla sua realizzazione. Francesco Bandello
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Approfondimenti
UNA NUOVA SFIDA PER LA RICERCA MEDICA La ricerca medica non deve perdere il ritmo
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Intervista al Prof. Marco Zarbin, MD, PhD, FARVO, Alfonse A.Cinotti MD/ Lions Eye Research, Rutgers New Jersey Medical School di Newark, Translational Vision Science e Technology.
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Durante la pandemia di COVID-19 anche il mondo della ricerca medica ha cambiato le proprie prospettive nel breve e nel lungo periodo. Nuove strategie sono emerse per garantire continuità ai trial clinici più importanti e nuove idee saranno presto necessarie per mantenere in moto lo sviluppo di nuove terapie e nuove tecnologie per la salute del paziente. Secondo Marco Zarbin, MD, PhD, FARVO, questo periodo non rappresenta una catastrofe per la ricerca medica, quanto più un’occasione per innovarsi e per rafforzare l’intero assetto. “Due idee che sono emerse durante la pandemia e che potrebbero essere essenziali per il futuro dei trial clinici sono l’approccio telemedico in sostituzione delle visite di controllo e l’idea di portare la clinica direttamente dal paziente e non viceversa”, afferma Zarbin.
Professore di Oftalmologia e Neuroscienze e Presidente dell’Alfonse A.Cinotti MD/Lions Eye Research alla Rutgers New Jersey Medical School di Newark, New Jersey, e membro ex officio del National Advisory Eye Council del National Eye Institute, Vicepresidente dello Scientific Advisory Board della fondazione Fighting Blindness, Dottor Zarbin vanta una carriera trentennale con 227 pubblicazioni peer-reviewed, 121 capitoli, 214 abstracts e svariati libri sulla degenerazione maculare senile, la retinopatia diabetica, e la terapia cellulare per il trattamento di patologie retiniche degenerative. Il Dottor Zarbin è inoltre editor in chief dell’ARVO e della rivista medica digitale e open access Translational Vision Science & Technology. “Questo è stato un periodo impegnativo per la ricerca medica”, afferma Zarbin. “Ciò nonostante, durante la pandemia, il rischio di esposizione al COVID-19 in clinica durante le visite di follow-up era molto basso se comparato a molti altri ambienti con cui i nostri pazienti sono venuti a contatto, come ad esempio i supermercati”, racconta Zarbin. “Questo in primis perché il volume di pazienti nelle cliniche era molto basso, e in secondo luogo perché tutte le precauzioni di sanificazione necessarie venivano adottate, oltre all’implementazione del distanziamento sociale, all’obbligo della mascherina e la presenza di gel disinfettante”, aggiunge. “Il ridotto numero di pazienti nelle cliniche ha reso più facile dedicare molto più tempo ai soggetti di studio e alla possibilità di ottimizzare i dati raccolti”, spiega Zarbin.
di Timothy Norris
Il Prof. Marco Zarbin, MD, PhD, FARVO
Per il Dottor Zarbin il maggior freno inferto dalla pandemia alla ricerca medica non è legato alla logistica, ma alla paura del contagio. “La percezione della sicurezza è davvero una cosa che può in questo periodo definire la buona riuscita o meno del follow-up programmato di un paziente. Chi conduce un trial non è solo responsabile della gestione dei costi delle infrastrutture, ma anche della creazione di un ambiente protetto e mirato alla massima tutela del paziente e del personale medico e sanitario coinvolto. Così facendo, si tutela anche l’integrità del trial clinico stesso. È tuttavia necessario trasmettere questi concetti al paziente e fargli superare il timore del contagio per garantire una continuità nella partecipazione al trial clinico, senza timori per la salute”, spiega Zarbin. Il futuro per Zarbin porta con sé le opportunità di ripartire, ma non senza tenere un occhio aperto alle problematiche che la pandemia ha innescato. “Bisognerebbe osservare cosa l’umanità ha fatto in questo periodo, cosa ha portato avanti, come ha reagito alla pandemia”, spiega Zarbin. “E una volta che la pandemia ha terminato del tutto il suo
corso, dobbiamo far nostre le pratiche che si sono dimostrate efficaci e svilupparne di nuove che possano meglio venire incontro alle esigenze specifiche dei pazienti, sia nella cura del paziente standard, che di quello coinvolto nel trial clinico. In particolare elaborare strategie che possano ancor più garantire continuità nel caso simili cataclismi possano ripetersi in futuro”, aggiunge. Attraverso il mantenimento delle innovazioni nate e potenziate in seno all’emergenza e alla ricerca di nuove soluzioni è possibile scongiurare il rischio di perdere ciò che si è ottenuto fino ad oggi, mantenendo una buona rincorsa per il futuro della ricerca e della medicina. “Una delle pratiche più importanti che deve essere mantenuta in futuro è proprio la telemedicina. Un’altra che necessita di essere ripensata riguarda gli ambienti sanitari”, spiega Zarbin. “In futuro non sarà più possibile avere sale d’attesa piene e lunghe code; questo ci deve spingere a massimizzare l’efficienza organizzativa e ottimizzare la sicurezza del paziente durante la visita medica tramite la messa in atto di nuove strategie. Questo può essere raggiunto
proprio grazie alla telemedicina”, osserva. “La telemedicina permetterebbe al paziente di sottoporsi ad uno screening preliminare prima di presentarsi in clinica. In questo modo è possibile avere già in anticipo informazioni essenziali come patologie attive e pregresse, terapie in corso, dati demografici, allergie e familiarità. Un protocollo per un più veloce processo di check-in e check-out che riduce sensibilmente i tempi di attesa, e che potrebbe addirittura risparmiare al paziente qualche visita in loco in favore di una virtuale tramite videochiamata”, afferma. Secondo Zarbin, permettere alla clinica di recarsi direttamente dal paziente è una soluzione congeniale per il mantenimento degli standard dei trial clinici. “Ho sentito per la prima volta l’idea di una clinica mobile dallo stimato collega e Professore Francesco Bandello”, afferma Zarbin. “Si tratta di un furgone ben equipaggiato che si reca nel quartiere, o direttamente nella casa del paziente che per motivi di salute o rischio di contagio non può presentarsi alla clinica di persona. Questa idea ha un costo molto esiguo se comparata ai costi di un trial il cui risultato è stato compromesso da
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Approfondimenti Dobbiamo far nostre le pratiche che si sono dimostrate efficaci e svilupparne di nuove che possano meglio venire incontro alle esigenze specifiche dei pazienti
Marco Zarbin
trattamenti o da follow-up discontinui. I costi medi di un trial clinico di fase tre possono facilmente raggiungere i milioni di dollari. Ci sono inoltre numerosi vantaggi nel garantire trattamento e follow-up al paziente in tempi ben precisi”, sostiene Zarbin. “In genere ridurre il tempo richiesto nel completare la fase di iscrizione dei pazienti e migliorare l’ottemperamento al protocollo terapeutico sono obiettivi importantissimi per gli sponsor dei trial. Quindi c’è un comune beneficio sia per il paziente che per casa farmaceutica o l’azienda produttrice; specialmente quando queste aziende investono enormi capitali di rischio per garantire trial adeguatamente condotti”, aggiunge. L’impatto futuro della pandemia non ha solo coinvolto l’esecuzione dei trial clinici, ma anche la stabilità economica delle cliniche e delle case farmaceutiche. “Negli Stati Uniti il ridotto volume di pazienti nelle cliniche combinate con i costi di gestione e il pagamento degli stipendi hanno avuto un impatto pesante sulla sopravvivenza delle pratiche oftalmologiche. Questo è stato causato non solo dai timori dei pazienti ma anche per la chiusura di tutte le attività elettive a causa della quarantena. Ciò ha portato le case farmaceutiche a vedere un crollo nelle vendite di tutti i loro prodotti oftalmici. Per molte case farmaceutiche questa perdita non è recuperabile in quanto non è possibile somministrare ad un paziente mesi e mesi di trattamenti posticipati in una singola seduta. Le visite e i trattamenti posticipati sono visite e trattamenti perduti. Questa perdita di entrate può impattare negativamente sulla decisione delle case farmaceutiche 24
di investire nello sviluppo e nella ricerca”, osserva Zarbin. “Questo è un fenomeno che non si limita solo alle cliniche e alle case farmaceutiche. La disoccupazione negli Stati Uniti è salita vertiginosamente. Più della pandemia di COVID è la contrazione dell’economia che potrebbe colpire duramente la ricerca medica” La crisi economica prevista nel periodo successivo alla pandemia porta con sé enormi incertezze. “Un’azienda che produce mascherine di sicuro aumenta molto le vendite durante una pandemia, e potrebbe crescere economicamente di conseguenza”, spiega Zarbin. “Ma dall’altra parte molte più aziende vedono crollare le proprie vendite”, osserva. “Anche un futuro rimbalzo dell’economia post-crisi non arriverà senza grosse incognite. Una ripresa delle attività economiche potrebbe infatti non giovare affatto alle aziende che non hanno i mezzi per adattarsi in fretta ai cambiamenti repentini di questo periodo storico. Se l’azienda non riesce a sopravvivere al periodo di depressione economica, un ritorno della domanda post-COVID per essa non ha alcun valore”, aggiunge Zarbin. Secondo il Dottor Zarbin uno dei modi per scongiurare un rallentamento della ricerca medica in un mondo post-pandemico è proprio quello di partire dal basso. “Bisogna partire dai pazienti. Dobbiamo rivolgere l’attenzione alle loro preoccupazioni. Li dobbiamo rassicurare sul fatto che l’ambiente clinico è tra i più sicuri in assoluto. I pazienti devono capire come gestire la propria paura del contagio se messi di fronte al fatto che posticipando visite e trattamenti potrebbero perdere inesorabilmente la vista. La loro paura è compren-
sibile, specialmente perché gran parte dei pazienti oftalmologici hanno più di sessantacinque anni o possono avere comorbidità come ipertensione e diabete, patologie che sono associate ad un incremento della letalità dell’infezione”, consiglia Zarbin. “Dobbiamo aiutare il paziente a capire che può farsi visitare in un ambiente sicuro e protetto. I pazienti devono capire che ogni giorno facciamo sempre di più per garantire la loro protezione nella clinica e devono capire che questi sforzi non sono meramente una campagna pubblicitaria, ma che riflettono una realtà che applichiamo quotidianamente. Una comunicazione educativa simile richiede uno sforzo enorme, ma se fatta in modo efficace permette di riaccendere i motori”, spiega Zarbin. All’approccio dal basso deve senza dubbio seguire un riadattamento delle strutture ‘dall’alto’. “Le case farmaceutiche d’altra parte hanno ancora del capitale di esercizio, che può essere utilizzato per innovare il processo di progettazione dei trial clinici a beneficio del paziente, e che può risultare in trial futuri molto più robusti rispetto a quelli attuali”, osserva Zarbin. “In un futuro prossimo mi aspetto che i trial incorporino la telemedicina in modo più decisivo, così da ridurre alcuni costi relativi alle vecchie procedure. Incorporare il monitoraggio telemedico nei trial clinici richiederebbe inoltre una maggiore flessibilità degli enti regolatori che dovrebbero modificare alcune delle loro politiche e delle loro procedure a favore di una più snella acquisizione dei dati. Così facendo si faciliterebbe un approccio al mercato meno rigido e molto più dinamico, a vantaggio di tutti”, conclude.
La protezione dal danno fototossico D
è un Dispositivo di Protezione Individuale (DPI) brevettato utile a filtrare i raggi UV e la Luce Blu La protezione dai raggi UV e dai radicali liberi formati durante i processi fotoindotti è abbinata ad una maggiore penetrazione stromale della riboflavina Contrasta lo stress ossidativo indotto dall’esposizione ai raggi UV Contrasta gli effetti dannosi dei raggi UV e della luce blu sui tessuti oculari
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Approfondimenti
di Timothy Norris
DIMOSTRATA L’EFFICACIA DI DARC COME BIOMARKER PER IL GLAUCOMA
U In questa foto la Professoressa M. Francesca Cordeiro MD, PhD
Il gruppo di studio guidato dalla Professoressa M. Francesca Cordeiro, MD, PhD, dell’Imperial College di Londra, ha dimostrato come l’unione della tecnologia DARC (Detection of Apoptosing Retinal Cells) e della tecnologia CNN (Convoluted Neural Network) può rendere possibile la diagnosi del glaucoma con un anticipo di diciotto mesi rispetto ad un’analisi con OCT. I risultati sono stati pubblicati in uno studio di fase II nel prestigioso giornale Expert Review of Molecular Diagnostics.
“Questi sono risultati elettrizzanti”, afferma M. Francesca Cordeiro. “Dimostrano come la combinazione di Intelligenza Artificiale e DARC rappresenti a tutti gli effetti un biomarker efficace, ed apre contemporaneamente allo sviluppo di nuovi farmaci per il glaucoma, incluso il Sacro Graal della neuroprotezione”, aggiunge. “Questo sistema può allargare la popolazione dei trial con l’individuazione immediata dei pazienti ad alto rischio di progressione e di conseguenza massimizzare le possibilità di ottenere un trattamento efficace. Inoltre può ridurre notevolmente la durata degli stessi trial clinici per lo studio dei neuroprotettori, permettendo l’ottenimento dei risultati in poche settimane; un’enorme differenza rispetto agli anni e i mesi precedentemente previsti, che nel caso di studi proof-of-concept si concretizza in una notevole riduzione dei costi”, spiega Cordeiro. Il biomarker retinico DARC Technology è stato sviluppato dalla start-up biotecnologica britannica Novai, nata appositamente in seno al progetto. “Penso che questa tecnologia abbia delle enormi potenzialità future per quanto riguarda non solo il glaucoma, ma anche la degenerazione maculare senile e altre patologie non strettamente correlate all’ambito oftalmologico”, afferma il Dr. Berwyn Clarke, Presidente Esecutivo di Novai. “Grazie agli altissimi standard tecnici e clinici alla base dello sviluppo della DARC Technology, Novai può ora procedere alla sua messa sul mercato e io sono davvero onorato di fare la mia parte nella diffusione a livello mondiale di questa grande innovazione”, conclude. Fonte: https://doi.org/10.1080/147371 59.2020.1758067
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Approfondimenti
L’OCCHIO AI TEMPI DEL CORONA (VIRUS)
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La Professoressa Rita Mencucci insieme ai suoi collaboratori, il Dottor Roberto Vignapiano e la Dottoressa Eleonora Favuzza, e con la collaborazione del Dottor Angelo Galano, microbiologo, danno in questo video un’informativa ampia e scientificamente accurata per meglio comprendere la natura del SARS-CoV-2, i suoi complessi rapporti con l’occhio, le strategie per difenderci e prevenirne la diffusione. Partendo dall’esplosione dell’epidemia a Wuhan, nell’Hubei, la Professoressa Mencucci e il Dottor Galano ripercorrono quelle che sono state le tappe della pandemia in corso, con uno sguardo retrospettivo sulle precedenti epidemie da coronavirus. Il Dottor Galano, inoltre, fornisce utili
informazioni sulla struttura del virus, le metodologie di diagnosi e le tecniche di disinfezione utili. Di particolare importanza per gli oculisti è sapere che il virus si trasmette anche per la cosiddetta via transcongiuntivale, e che tra i possibili sintomi registrati vi è anche la congiuntivite follicolare. Per questo motivo è bene fare attenzione nell’esaminare i pazienti che si rivolgono a loro per ricevere cure oftalmologiche, comprese le chirurgie. Una guida utile rivolta agli oculisti, che sintetizza i risultati della ricerca, i consigli, le normative e le linee guida delle società scientifiche per la pratica professionale nel contesto dell’emergenza coronavirus e delle fasi successive, per tutta la durata del periodo pandemico.
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Approfondimenti
LUXOTTICA E L’UNIVERSITÀ DI PADOVA INSIEME PER LA FASE 2
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Luxottica è entrata nella Fase 2 con un piano di gestione e monitoraggio delle sue sedi di lavoro in sinergia con il Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova e del Laboratorio di Microbiologia e Virologia Università/Azienda Ospedale di Padova diretti dal Prof. Andrea Crisanti. Un nuovo modello che prevede un pacchetto di misure straordinarie da attuare in tutte le sedi di Luxottica per affrontare in modo efficiente e sicuro la nuova normalità, tenendo sempre al primo posto la salute e la sicurezza dei lavoratori e dei consumatori. “Quando il potenziale di innovazione e conoscenze dell’Università, agevolato anche da uno stato di emergenza, incontra il meglio dell’imprenditoria, si aprono orizzonti e opportunità assolutamente inaspettate e di un’ampiezza tale che ci spingono a pensare che una soluzione positiva a questa crisi è possibile”, afferma il Prof. Andrea Crisanti. Al centro del nuovo modello c’è la combinazione tra misure di sicurezza e prevenzione passiva e il nuovo “protocollo tamponi” per mantenere un servizio di monitoraggio attivo e dinamico, minimizzando i rischi di contagio. Il Gruppo Luxottica si appoggerà su un nuovo Laboratorio COVID-19 diretto dal Prof. Crisanti presso l’Università/ Azienda Ospedale di Padova, sostenuto dalla Fondazione Leonardo Del Vecchio e che potrà gestire a regime fino a 40mila tamponi diagnostici al mese. “Assieme a Luxottica e grazie al generoso contributo del Presidente Del Vecchio e della sua Fondazione, l’Università di Padova e UOC di Microbiologia e Virologia dell’Azienda Ospedale ha sviluppato un modello innovativo e sostenibile per prevenire la trasmissione
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di COVID-19 nei luoghi di lavoro che combina protocolli di sicurezza passiva e misure di sorveglianza attiva”, spiega Crisanti. “La dimensione unica di questa crisi richiede risposte e strumenti nuovi, non adattamenti di vecchi modelli. Quello che oggi cambia e costituisce la vera novità è l’evoluzione del concetto di comunità e di responsabilità aziendale. Una responsabilità che si amplia a tutelare l’intero sistema sociale ed economico di riferimento”, commenta l’Amministratore Delegato di Luxottica, Francesco Milleri. Tutta la popolazione aziendale, dagli stabilimenti ai negozi, avrà la possibilità di sottoporsi gratuitamente a un tampone su base volontaria per comprovare la positività al SARS-CoV-2. Capofila dell’iniziativa, partita lo scorso 11 maggio, sono state le sedi di Agordo e Sedico, e la stessa opportunità verrà ora estesa in tutta Italia ai dipendenti, ai loro familiari e anche ad alcune comunità locali. La prima fase di testing sarà in grado di dare il quadro della popolazione Luxottica e isolare subito i casi positivi asintomatici. Contemporaneamente, l’azienda e l’Università di Padova stanno mettendo a punto un sistema digitale di mappatura del livello di rischio di ogni dipendente. Questo strumento permetterà di dare una risposta tempestiva attraverso l’uso di “tamponi mirati” o “intelligenti” poiché eseguiti con la giusta frequenza e indirizzati alle situazioni più significative registrate. La piattaforma digitale, grazie ad un cosiddetto “algoritmo COVID-19”, sarà così in grado di alimentarsi con il tempo di informazioni utili per individuare in tempo reale tutte le situazioni critiche su cui intervenire, non
dimenticando mai il rispetto della privacy del singolo dipendente. L’azienda chiederà di aggiornare le proprie informazioni utili, i fattori di rischio e altre variabili, avvalendosi di un questionario, incrociando i risultati con altri dati significativi, come i dati epidemiologici dei comuni di residenza o domicilio. “Grazie all’impiego sistematico di diagnosi molecolare mirata (tamponi), al supporto di applicazioni informatiche e alla collaborazione indispensabile dei dipendenti, potremo tenere sotto controllo giorno per giorno i punti più vulnerabili della cintura di protezione sanitaria messa a punto dall’azienda, e intervenire preventivamente per arginare eventuali problematiche”, commenta il Prof. Crisanti. Una novità introdotta è il “badge di prossimità” che andrà ad affiancarsi con i già implementati dispositivi di sicurezza, protocolli interni e misure affinate e validate dal gruppo di ricerca del Prof. Crisanti. I badge di prossimità permetterà ai dipendenti di Luxottica di osservare il distanziamento sociale e gestire in forma anonima eventuali contatti a rischio. Sarà equipaggiato di un sensore digitale, senza funzione di geolocalizzazione, che indicherà
con un allarme acustico ai dipendenti il superamento della distanza di sicurezza di 1,5 metri. Ogni badge sarà identificato con un codice crittografato e genererà nel tempo una cronologia dei contatti sul luogo di lavoro. Qualora venga trovato un caso di positività, questo strumento permetterà di intervenire con tempestività per isolare tutti i contatti e sottoporre tutti al tampone. “Ci auguriamo che questo approccio possa contribuire all’emersione e a una migliore comprensione del fenomeno degli asintomatici, critico per tutto il sistema sanitario, e che questa soluzione innovativa possa essere adottata da altre realtà produttive del territorio. La collaborazione pubblico-privato in questo caso porta a sintesi esigenze spesso contrapposte come quelle economico-produttive, di salute pubblica e di tutela dei diritti e della sicurezza dei lavoratori, tracciando una rotta condivisa per affrontare un inevitabile periodo di convivenza forzata con il virus”, osserva il Prof. Andrea Crisanti. Tra le altre iniziative nel nuovo piano Luxottica vi è l’attivazione di un Numero Verde da contattare per conforto e rassicurazione durante la Fase 2 e per una consulenza medica per dipenden-
Guida alla comprensione dell’angiografia OCT Dalla fisiopatologia all’imaging clinico Marco Rispoli Maria Cristina Savastano Bruno Lumbroso David Huang Yali Jia Eric H Souied
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Redazione: Via Petitti 16, Milano FGE srl − Regione Rivelle 7/F − 14050 Moasca (AT) - Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013 e-mail: info@fgeditore.it − www.fgeditore.it
ti e familiari. Inoltre, Luxottica è ora parte del pool di aziende coinvolte nel nuovo progetto pilota per la riapertura delle attività produttive della Regione Veneto, che prevede l’introduzione dei primi test sierologici qualitativi per la ricerca degli anticorpi anti-SARSCoV-2 (IgM/IgG) per la prevenzione nei luoghi di lavoro. Alle sperimentazioni, si affiancherà anche una nuova organizzazione del lavoro concordata tra azienda e Organizzazioni Sindacali per estendere il periodo di cassa integrazione, in linea con le disposizioni del Decreto Rilancio, un potenziamento dello smart working e l’integrazione al 100% della retribuzione netta mensile di tutti i lavoratori che dovranno accedere all’ammortizzatore sociale. “Deve cambiare il ruolo delle aziende per la loro stessa sopravvivenza come dovrà evolvere e adattarsi a questa nuova realtà il ruolo dello Stato, della politica e delle Organizzazioni Sindacali. Solo la convergenza di modelli organizzativi innovativi, tecnologie digitali, nuova legislazione del lavoro e adeguati meccanismi di stimolo dell’economia potrà garantire una solida risposta a questa crisi globale”, ha concluso Milleri.
Approfondimenti
UN PROTOCOLLO PER LA DISINFEZIONE DEGLI OCCHI CONTRO IL SARS-COV-2:
COSIMO MAZZOTTA PRESENTA SHYPIO-L Per collegarsi al video, scansionare il codice QR
Tabella riassuntiva del Protocollo SHYPIO-L del Prof. Mazzotta
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In questo video, Cosimo Mazzotta, Chirurgo Oftalmologo, Specialista dell’Unità Dipartimentale di Oculistica della USL Toscana Sud Est e Professore della Scuola di Specializzazione dell’Università di Siena, uno dei massimi esperti internazionali della cura del cheratocono e del crosslinking corneale, propone SHYPIO-L (Sodium Hypoclorite Povidone-iodine Ozonized oil - Lactoferrin), un nuovo protocollo multi-azione di disinfezione degli occhi e dell’area perioculare per minimizzare il pericolo di infezione da SARS-Cov-2 per via trans-congiuntivale, partendo dagli studi che hanno dimostrato un’alta analogia filogenetica (75%) ed un’omologia strutturale (90%) di questo virus con quello della SARS.
PRINCIPI ATTIVI: - S oluzione di Ipoclorito di sodio spray 0.02% (Septavis ®, Medivis, Catania) - Iodio-povidone collirio 0.6% (Iodim ®, Medivis, Catania) - O lio Ozonizzato 10,50% con Liposomi ed HPMC (Ozodrop®, FB Vision, Ascoli Piceno) - L attoferrina 0.1% con HPMC (LTF ®, Offhealth Firenze) L’oculista ha individuato quattro categorie basate sul livello di rischio per l’utilizzo di SHYPIO-L. Tra coloro che necessitano dell’applicazione piena del protocollo troviamo: a) P azienti con congiuntivite follicolare acuta;
di Laura Gaspari
Il Prof. Cosimo Mazzotta, MD, PhD
b) Coloro che indossano lenti a contatto durante la pandemia, i.e. pazienti con cheratocono, difetti irregolari e miopie elevate; c) Pazienti operati di chirurgia oculare di superficie ed intra-bulbare, in associazione con antibiotici e antinfiammatori per estendere l’attività microbicida ai virus; d) Personale Sanitario ad alto rischio di infezione poiché a stretto contatto con pazienti sintomatici. Anestesisti, rianimatori, oculisti, dentisti, otorinolaringoiatri, ortottisti, infermieri, ottici e contattologi applicatori. Il protocollo è basato sul risk assessment e necessita della prescrizione del medico oculista, specialmente per il povidone-iodio che deve essere utilizzato in pazienti ad alto rischio (congiuntivite acuta, chirurgia oculare), mentre degli altri prodotti possono beneficiare i portatori di lenti
a contatto e le categorie a basso rischio professionale ed ambientale. METODO DI APPLICAZIONE: Nebulizzare su garza la soluzione di ipoclorito di sodio 0.02% ed applicare sulle ciglia e sulla cute palpebrale due volte al giorno (mattina e sera) nei pazienti con congiuntivite follicolare acuta, portatori di lenti a contatto e pazienti sottoposti a chirurgia oculare. Il prodotto si può usare una volta al giorno alla fine della giornata lavorativa per gli operatori sanitari. Prescrivere le gocce di povidone-iodio 0.6% due volte al giorno solo nei pazienti con congiuntivite follicolare acuta unitamente alla terapia antiflogistica e lubrificante, nei pazienti da sottoporre e sottoposti a chirurgia oculare, unitamente alla terapia antibiotica ed antiflogistica standard. Il povidone-iodio
allo 0.6% non è indicato sulle lenti a contatto. Il collirio a base di olio ozonizzato 10.50% in collirio, si può somministrare tre volte al giorno sia nei pazienti con congiuntivite follicolare, nei portatori di lenti a contatto e nei pazienti sottoposti a chirurgia oculare e può essere utilizzato anche con le lenti a contatto già indossate. Esso è raccomandato durante ed alla fine della giornata lavorativa anche per gli operatori sanitari. La recente introduzione della lattoferrina allo 0.1% in collirio, svolge un’azione sinergica nel meccanismo multi-azione del protocollo grazie alla sua attività immunomodulante, antinfiammatoria ed antiossidante, si può usare con le lenti a contatto in sede, inibisce l’adesione del virus al recettore ACE-2 delle cellule epiteliali e la sua internalizzazione utile contro la carica virale residua. 31
Tavola Rotonda
LA RIPARTENZA DEI CENTRI OCULISTICI PRIVATI: CRITICITÀ, CAMBIAMENTI E PROSPETTIVE La parola agli esperti per orientarsi verso una ‘nuova normalità’ in sicurezza e con cautela
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L
Ripartire significa adeguare ad una nuova normalità anche i centri di oftalmologia privata. Sabato 23 maggio ne hanno parlato in un webcast di EyeSee cinque specialisti da cinque regioni diverse: Emilia Cantera (Roma), Massimo Camellin (Rovigo), Francesco Carones (Milano), Ugo Cimberle (Ravenna) e Roberto Dossi (Torino). Insieme hanno discusso dei problemi, delle soluzioni e delle questioni ancora aperte nel riaprire i loro centri dopo il lockdown, e delle misure di sicurezza e prevenzione da adottare. Numerosi i temi discussi, tra cui le misure di protezione e di distanziamento, la sanificazione degli ambienti, la possibilità di eseguire o meno procedure differibili in questa fase, la gestione del flusso dei pazienti, e
l’adattamento al cambio di ritmo della propria vita professionale. Tra gli aspetti da non sottovalutare in fase di ripartenza sono le misure per ridurre la prossimità e il contatto richiesti da gran parte degli esami diagnostici e di monitoraggio, e l’insostituibilità degli stessi con la diagnostica a distanza, almeno allo stato attuale delle tecnologie. Gli specialisti hanno elaborato ipotesi e previsioni su ciò che si aspettano nella fase tre, in cui si dovrà tener conto di qualsiasi dettaglio per evitare nuove ondate e aumenti dei contagi. Infine, come cambierà la vita degli oculisti? La chiave sta nell’adattarsi e nel saper cogliere le nuove opportunità che questa grossa sfida ci ha posto, affrontando il futuro con serenità e professionalità.
Aspetti non convenzionali della patogenesi del glaucoma Sergio Claudio Saccà – Alberto Izzotti
NOVITÀ EDITORIALE
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Eventi Congressuali
1° CONGRESSO VIRTUALE SOI 2020 Si è svolto dal 29 al 31 maggio 2020, per la prima volta completamente online, il Congresso Virtuale SOI 2020. Una vera novità, per far fronte alle esigenze imposte dall’emergenza COVID-19, che subentra nella tradizione congressuale che tutti conosciamo. Un modo per non fermarsi e rimanere sempre aggiornati sul mondo dell’oftalmologia anche in un periodo così delicato. Abbiamo intervistato alcuni dei suoi protagonisti, raccogliendo per voi informazioni, novità, storie e opinioni.
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IL PUNTO SUL 1° CONGRESSO VIRTUALE SOI 2020 Il Presidente della Società Oftalmologica Italiana Matteo Piovella fa un bilancio sull’esperienza del primo congresso virtuale SOI 2020. Tra gli argomenti trattati nei simposi, di particolare interesse sono stati i problemi affrontati dall’oculistica durante l’emergenza COVID-19, e le sfide che si preparano per il futuro. 34
IL RAPPORTO TRA CIECO E L’OCULISTA Filippo Cruciani parla della relazione, a volte difficile, tra una persona cieca o ipovedente e il mondo degli oculisti. Una storia lunga, che si sta scrivendo tuttora, di due mondi che devono camminare assieme per il bene dei pazienti e della loro riabilitazione, ma anche degli oculisti e della loro conoscenza della cecità.
IL DISALLINEAMENTO DELLE IOL TORICHE David F. Chang, vincitore della International SOI Medal Lecture 2020, parla della sua presentazione sulle IOL toriche, su come effettuare e mantenere l’allineamento, e su come riposizionarle in caso di rotazione post operatoria, anche con l’uso di nuove tecnologie.
LE IOL MULTIFOCALI ADDON/OFF Simonetta Morselli parla delle lenti intraoculari AddOn e AddOff, lenti che esistono da poco sul mercato, del loro utilizzo per la chirurgia della cataratta e la correzione dei difetti refrattivi. Questo tipo di lente può essere rimosso senza provocare danni anatomici all’occhio, anche su richiesta del paziente.
QUALI SONO I REGIMI DI TRATTAMENTO PER LE INIEZIONI INTRAVITREALI? Alfredo Pece parla dei regimi di trattamento per le iniezioni intravitreali, e a come operare la scelta in base al singolo paziente. Parla anche delle iniezioni intravitreali durante l’emergenza COVID, delle difficoltà incontrate e delle metodologie per mettere in sicurezza il paziente.
COLORANTI PER IL DRY EYE Vincenzo Orfeo riassume i suoi interventi al Congresso SOI 2020, dove ha portato all’attenzione questioni riguardanti la superficie oculare e il suo studio preliminare in preparazione alla chirurgia della cataratta, soprattutto con l’uso di lenti ad avanzata tecnologia. Si tratta di una pratica necessaria per capire se il paziente ha un dry eye senza sintomi ed è possibile grazie l’uso di coloranti durante l’esame alla lampada a fessura.
UN CASO DI TRAUMATOLOGIA OCULARE PEDIATRICA Matteo Forlini presenta un caso di traumatologia pediatrica: un ragazzino, giocando con gli amici, viene ferito ad un occhio da un pallino di plastica, che gli causa trauma contusivo, midriasi e cataratta traumatica. L’intervento provvede all’aspirazione dell cristallino danneggiato e all’impianto di una IOL EDOF, con una sorpresa finale: l’iride spontaneamente si riposiziona sotto lo stimolo dell’acetilcolina, ricreando la pupilla.
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Eventi Congressuali
AMARCORD In questo periodo in cui i Congressi in presenza sono rinviati per l’emergenza COVID, riproponiamo dei video inediti girati durante le edizioni del 2019, nella speranza di poterci vedere di nuovo al più presto ai prossimi importanti incontri dell’oftalmologia italiana e internazionale.
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SCACCO MATTO IN QUATTRO MOSSE: (DA SOI NAZIONALE 2019) Rita Mencucci ci illustra quattro semplici mosse per far sì che il paziente non soffra di occhio secco dopo un’operazione di cataratta, evitando un disagio non indifferente e l’impressione che la chirurgia non sia andata bene. Per collegarsi al video, scansionare il codice QR
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L’ATROFIA GEOGRAFICA NELLA DEGENERAZIONE MACULARE SENILE (DA EURETINA 2019) Giovanni Staurenghi parla di un problema molto complesso come l’atrofia geografica nella degenerazione maculare senile, purtroppo ancora orfana di un vero proprio trattamento. Un gruppo di clinici, ricercatori di base e ingegneri sta attualmente lavorando per perfezionare la classificazione, la diagnosi e il riconoscimento delle fasi iniziali di evoluzione verso l’atrofia, in vista di soluzioni terapeutiche meglio mirate.
L’IMPORTANZA DELL’ANGIOGRAFIA OCT PER UN OCULISTA (DA FLORETINA 2019) Bruno Lumbroso ci parla dell’angiografia OCT, delle sue potenzialità e degli sviluppi che ne hanno fatto uno strumento indispensabile per l’esame delle malattie vascolari dell’occhio e per le degenerazioni maculari. Una tecnica in continua evoluzione, fino ad un possibile utilizzo dell’intelligenza artificiale per rendere l’esame più facile e rapido, con diagnosi più precise.
DEGENERAZIONE MACULARE SENILE E LASER, UNA PORTA PER IL FUTURO (DA SOI INTERNAZIONALE 2019)
L’ideatore del laser ad eccimeri John Marshall confida che la sua passione è la degenerazione maculare senile e ci spiega gli ultimi sviluppi della ricerca del suo team nel campo delle laserterapie per il trattamento di questa patologia.
GLAUCOMA E NEUROPROTEZIONE
L’IMPORTANZA DELLA SUPERFICIE OCULARE
Fotis Topouzis dell’Università di Thessaloniki sintetizza i principali i argomenti di un simposio sulla terapia del glaucoma, con particolare attenzione alla neuroprotezione. Lo studio internazionale multicentrico sulla citilcolina, attualmente in corso, darà importanti informazioni sull’impatto di questa terapia neuroprotettiva sulla qualità di vita dei pazienti.
Pasquale Aragona parla dell’importante ruolo della superficie oculare nell’ottimizzazione dei risultati visivi della chirurgia della cataratta, soprattutto con lenti premium.
(DA SOI INTERNAZIONALE 2019)
(DA AICCER 2019)
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Dal Mondo dell’Ottica - Tecnologie di Produzione AGGIORNAMENTI SULLE LENTI OFTALMICHE Servizio Informazione Scientifica Rodenstock Con il presente articolo desideriamo riassumere le principali peculiarità e il campo di applicazione delle lenti monofocali con supporto accomodativo messe a punto dalla Ricerca e Sviluppo Rodenstock.
di Mauro Nocera Product Manager Lenti & Strumenti Rodenstock Italia
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Rodenstock con Plus intende identificare le lenti monofocali a supporto accomodativo facendo riferimento al potere “plus” addizionale oggi disponibile nelle varianti 0.50, 0,80 e 1.10. Vediamo ora quali sono gli altri “plus” che contraddistinguono questa speciale categoria di lenti oftalmiche. • Le versioni Multigressiv® e Impression ® Mono Plus 2 sono lenti “monofocali” freeform con Accommodation Assistant e con design multiasferico rispettivamente personalizzato, cioè ottimizzato sull’intera componente ottica della prescrizione, o individualizzato, cioè che considera, nel calcolo ottico, anche i parametri individuali della lente in posizione di utilizzo.
• Nella visione da lontano presentano lo stesso comfort delle lenti monofocali convenzionali grazie all’assenza degli effetti di ondeggiamento. • Grazie al supporto accomodativo, offrono le migliori performance anche da vicino, sia in termini di nitidezza, sia di ampiezza dei campi visivi grazie all’esclusiva tecnologia EyeModel che ridefinisce il potere e l’asse del cilindro da vicino. • Sono disponibili in una vasta gamma di materiali dall’1.5 all’1.74 e con poteri disponibili al centesimo di diottria (Maximum Precisium). • Su richiesta possono essere ordinate con curvatura esterna personalizzabile, la speciale lavorazione per ridurre pesi e spessori, fino alla loro possibilità di realizzazione nella versione biometrica (Biometric Intelligent Glasses). Negli stadi iniziali della presbiopia le Mono Plus 2 rappresentano una soluzione alternativa alle lenti progressive con tutti i vantaggi delle monofocali in termini di adattamento e a parità di costo. Il loro campo di applicazione in realtà non ha limiti di età in quanto si dimostrano molto efficaci ogni qualvolta si rende necessario offrire un supporto all’accomodazione, un controllo posturale, un miglior bilanciamento del sistema accomodazione-convergenza, una prevenzione nella progressione miopica, ma anche quando si vuole favorire una visione senza stress nonostante l’utilizzo prolungato di dispositivi digitali.
News dalle aziende
GLAUCOMA E DISFUNZIONE DELLA SUPERFICIE OCULARE
(OCULAR SURFACE DISEASE, OSD)
I
INTRODUZIONE OSD La disfunzione della superficie oculare – in inglese Ocular Surface Disease (OSD) – può rappresentare un problema nella gestione della terapia topica, specialmente nei pazienti glaucomatosi in terapia ipotonizzante topica cronica. È stato riportato che circa il 56.9% delle donne e il 45,7% degli uomini in terapia per il glaucoma presenta sintomi di OSD. 1 Le classiche manifestazioni cliniche di OSD legate alla terapia antiglaucoma sono: secchezza, arrossamento, lacrimazione, irritazione, bruciore, sensazione di corpo estraneo, fotofobia e visione distorta.2 Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta ai pazienti con glaucoma con precedenti casi di OSD o a coloro che nel tempo sviluppano sintomi di occhio secco e/o irritazioni. È fondamentale un’attenta valutazione in presenza di: arrossamento del margine palpebrale, colorazione con fluoresceina positiva della cornea e della congiuntiva e riduzione dei tempi di rottura del film lacrimale.3 Tali effetti collaterali sono legati alla
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riduzione dell’integrità del film lacrimale causata da alcuni principi attivi e/o dalla presenza di conservanti nei colliri. Per questo motivo, l’incidenza e il grado di severità della OSD aumentano all’aumentare del numero di gocce ipotonizzanti/die in pazienti con glaucoma o ipertensione oculare. La percentuale di pazienti afflitti da disturbi della superficie oculare passa dal 38%, in pazienti che fanno uso di un solo collirio/die ipotonizzante, al 71% in pazienti con tre colliri/die ipotonizzanti. L’OSD può essere uno dei motivi che più frequentemente causa la sospensione o la scarsa aderenza alla terapia anti-glaucoma.4 L’aderenza alla terapia è il presupposto fondamentale per l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti oltre al contenimento dei costi del sistema sanitario.5 Un altro aspetto da non sottovalutare in pazienti con glaucoma ed OSD è quello della ridotta efficacia del trattamento topico ipotonizzante. Infatti, una superficie oculare alterata presenta infiammazione che la rende un tessuto attraverso il quale le molecole ipotonizzanti hanno ridotta capacità di penetrazione, con conseguente ridotta efficacia farmacologica ed aumentata tossicità.6 Questo ha portato ad alternative terapeutiche come:4 • Ridurre il numero di colliri, ad esempio mediante l’utilizzo di combinazioni fisse • Utilizzare formulazioni monodose o multidose senza conservanti • Ricorrere alla laser/chirurgia FORMULAZIONI SENZA CONSERVANTI L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha suggerito che l’uso di conservanti dovrebbe essere evitato nei pazienti che non tollerano colliri contenenti conservanti e in coloro che seguono un trattamento
a lungo termine.7 Alla luce di queste indicazioni e di conseguenza ad una sempre maggiore attenzione al miglioramento della qualità di vita dei pazienti, Glaucoom B.U. di SOOFT ITALIA, in questi ultimi anni, ha rivolto la propria ricerca a prodotti privi di conservanti. Nello specifico la linea Glaucoom possiede un listino con formulazioni monodose e multidose senza conservanti. Quest’ultimo, grazie all’innovativa tecnologia OSD (Ophtalmic Squeeze Dispenser), consiste in un flaconcino multidose con un sistema di valvole unidirezionali che protegge la soluzione da contaminazioni microbiche permettendo di eliminare i conservanti. Questo flaconcino di 10 ml, oltre ad essere maneggevole, ha un costo/ terapia vantaggioso per il paziente. TRATTAMENTO CO-ADIUVANTE CON SOSTITUTI LACRIMALI È pertanto buona pratica documentare la salute della superficie oculare sia al momento della prescrizione della terapia ipotonizzante, sia periodicamente durante il follow-up. Ciò si può fare monitorando il break-up time (BUT), il test di Schirmer, la presenza di iperemia congiuntivale, etc. È inoltre consigliata la prescrizione di colliri lubrificanti (privi di conservanti) insieme a un’accurata igiene del bordo palpebrale.6 Una volta diagnosticata la tipologia di occhio secco correlato alla tera-
pia ipotonizzante, il paziente glaucomatoso beneficerà certamente dell’utilizzo di sostituti lacrimali idratanti. Glaucoom, da sempre si è distinta anche per il trattamento co-adiuvante nella terapia del glaucoma con sostituti lacrimali. Nello specifico la linea Glaucoom possiede da sempre nel proprio listino sostituti lacrimali per migliorare la sintomatologia da occhio secco. In particolare, il sostituto lacrimale IRIDIUM A FREE a base di acido ialuronico, estratto di Echinacea e aminoacidi ha proprietà idratanti e lubrificanti mitigando gli effetti delle risposta infiammatoria causata da colliri ipotonizzanti. La soluzione oftalmica IRIDIUM A FREE è in formulazione multidose senza conservanti per rispettare la delicata fisiologia della superficie oculare. Glaucoom ha da poco immesso in commercio anche IRIDIUM A GEL monodose senza conservanti a base di Carbopol 980, estratto di Echinacea, estratto di Aloe e aminoacidi. Il Carbopol 980 è un polimero con elevata viscosità che migliora e prolunga il tempo di permanenza del sostituto lacrimale sulla superficie oculare.8 L’effetto idratante e lubrificante è aumentato dalla presenza dell’estratto di Aloe, conosciuto per le sue innumerevoli proprietà benefiche sulla superficie oculare.9 Il vantaggio sarà tanto maggiore quanto maggiore sarà la permanenza del sostituto lacrimale sulla superficie oculare, quindi le formulazioni in gel risultano certamente le più indicate nelle forme di OSD severe.
Bibliografia 1. J ose Alvaro P. Gomes et al. “TFOS DEWS II iatrogenic report”. The Ocular Surface. 2017; 15: 511-538 2. A nwar Z et al. “Glaucoma Therapy and Ocular Surface Disease”. Current Literature and Recommendations. 2013;24(2):136-143. 3. T ielsch JM et al. “A population-based evaluation of glaucoma screening: the Baltimore Eye Survey”. Am J Epidemiol. 1991; 134 (10): 1102-10. 4. Kaštelan S. et al. “How ocular surface disease impacts the glaucoma treatment outcome”. Biomed Res Int. 2013; 2013: 696-328 5. Q uaderni del Ministero della Salute : Appropriatezza nella prevenzione, diagnostica e terapia in oftalmologia. n. 11, settembre-ottobre 2011 Testata di proprietà del Ministero della Salute 6. S uperficie oculare, n. 2 luglio-dicembre 2018. Giacinto Triolo. “Disfunzione della superficie oculare e glaucoma” 7. E MEA/622721/2009 - EMEA PUBLIC STATEMENT ON ANTIMICROBIAL PRESERVATIVES IN OPHTHALMIC PREPARATIONS FOR HUMAN USE – Dicembre 2009 8. X iao Q, et al. “A comparative assessment of the efficacy of carbomer gel and carboxymethyl cellulose containing artificial tears in dry eyes”. J Huazhong Univ Sci Technolog Med Sci. 2008t; 28 (5): 592-5. 9. Samer n. Samarh et al. “Evidence based medical use of aloe vera extracts, short review of literature”. Int J Res Med Sci. 2017; 5 (10): 4198-4202. COD: 029M-G0420 41
News dalle aziende
LA LATTOFERRINA Un componente fisiologico fondamentale nella difesa della superficie oculare
A
Alla lattoferrina sono state riconosciute numerose funzioni biologiche, tra cui un ruolo di difesa dell’organismo come componente del sistema immunitario e per l’azione diretta su agenti patogeni come batteri e virus. Essa è presente anche nel film lacrimale dove costituisce circa il 25% in peso del totale delle proteine. ATTIVITÀ IMMUNOMODULANTE La lattoferrina ha dimostrato avere la capacità di stimolare il sistema immunitario per contrastare al meglio invasori patogeni e lesioni, ma, al contempo, può prevenire reazioni eccessive dello stesso, che possono essere dannose per l’ospite. ATTIVITÀ ANTIBATTERICA La lattoferrina ha attività antibatterica verso un ampio spettro di diversi patogeni, con meccanismi che includono: • sequestro del ferro che risulta essenziale anche per limitare lo sviluppo e la crescita del biofilm batterico. • destabilizzazione della membrana batterica. Tale attività, inoltre, è in grado di aumentare l’effetto antibatterico di determinati antibiotici, ripristinando in alcuni casi la suscettibilità di ceppi resistenti.
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ATTIVITA’ ANTIVIRALE Molti studi hanno dimostrato l’attività antivirale della lattoferrina contro i più comuni virus patogeni agendo principalmente attraverso l’inibizione dell’adesione virale alle cellule bersaglio. Nel caso dei coronavirus, per esempio, questi usano in sequenza: 1 recettori di adesione (eparan-solfato proteoglicani - HSPG) 2 recettori di ingresso (recettore enzima di conversione dell’angiotensina 2 - ACE2). Evidenze in vitro mostrano che la Lattoferrina è in grado di prevenire l’infezione virale con un effetto dose-dipendente, proprio agendo attraverso un’interazione primaria con gli HSPG essenziale per l’interazione successiva con gli ACE2. La presenza della Lattoferrina nelle lacrime, quindi, svolge un importante ruolo per mantenimento del delicato equilibrio che deve caratterizzare la superficie oculare costantemente esposta ad insulti ambientali di varia natura. LTF collirio a base di Lattoferrina costituisce un contributo fisiologico alla difesa della superficie oculare contro agenti microbici quali batteri e virus.
ATLAS OF ANTERIOR SEGMENT OCT vol 2
NOVITÀ EDITORIALE I feel honored to present to my ophthalmology colleagues this second edition – just a year after the initial appearance – of the Atlas of Anterior Segment OCT, which was strongly promoted by the CSO management board. The volume collects, in the form of clinical cases, a series of contributions by prominent, experienced international colleagues, who had the opportunity to use this new instrument in their clinical practice. The ample iconographic documentation and the uniqueness of some of the described cases give evidence of the fundamental role played by this instrument – the result of Italian technology and research – in helping international colleagues solve their clinical challenges. I am certain that readers of this rich and comprehensive Atlas will find great pleasure in browsing through its pages, possibly finding correlations between the cases described and their daily clinical practice. Many thanks also to our colleagues for their contributions, as well as to the editorial team, and most of all to the CSO management for sponsoring and strongly promoting the realization of this educational enterprise which started a year ago with the first volume of the Atlas, and is now successfully completed with the addition of this second volume. Vittorio Picardo, september 2019
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STORIA ED EVOLUZIONE della CHIRURGIA DELLA CATARATTA IN ITALIA E NEL MONDO
NOVITÀ EDITORIALI Il presente e il futuro della moderna chirurgia e microchirurgia della cataratta hanno avuto “pionieri” e “sperimentatori” in Italia e nel mondo che ho voluto ricordare e onorare in questi volumi. Lucio Buratto
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MS39 è il nuovo Tomografo per l’analisi del segmento anteriore, che si avvale della combinazione della tecnologia OCT e disco di Placido. MS39 è il nuovo Tomografo per l’analisi del segmento L’acquisizione tomografica è estremamente rapida e la anteriore, che si avvale della combinazione della sua elaborazione è immediata. tecnologia OCT e disco di Placido. La sezione tomografica copre una larghezza di 16 mm L’acquisizione tomografica è estremamente rapida e la di diametro. Il dispositivo consente l’acquisizione sua elaborazione è immediata. di più meridiani simultaneamente o di una sezione raster della cornea. La sezione tomografica copre una larghezza di 16 mm di diametro. Il dispositivo consente l’acquisizione Il dispositivo è in grado di fornire una serie di mappe di più meridiani simultaneamente o di topografiche e aberrometriche, visualizzate in sommari una sezione raster della cornea. che ne standardizzano l’interpretazione, tra le quali mappe di spessore corneale, stromale ed epiteliale. Il dispositivo è in grado di fornire una serie di mappe topografiche e aberrometriche, visualizzate in sommari MS39 consente la valutazione del tessuto congiuntivale che ne standardizzano l’interpretazione, tra le quali sclerale perilimbare e fornisce sia informazioni mappe di spessore corneale, stromale ed epiteliale. gonioscopiche della camera anteriore, che dell’area sottesa tra il trabecolato ed il piano irideo. MS39 consente la valutazione del tessuto congiuntivale sclerale perilimbare e fornisce sia informazioni gonioscopiche della camera anteriore, che dell’area sottesa tra il trabecolato ed il piano irideo.
Tomographic Section Tomographic Section
Corneal Thickness
Stromal Thickness
Epithelial Thickness
Corneal Thickness
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