LA VOCE
AICCER
ASSOCIAZIONE SOCIAZIONE ITALIANA DI CHIRURGIA DELLA CATARATTA E REFRATTIVA
RIVISTA ISTA SC SCIENTIFICA CIENTIFICA D DII IINFORMAZIONE NFORMAZIONE E
EDITORIALE di Paolo Vinciguerra INTERAZIONI di Daniele Tognetto
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA • Lenti intraoculari trifocali e soddisfazione del paziente: 5 anni d’esperienza • Gestione del vitreo nella rottura della capsula posteriore: cosa fare per evitare l’erniazione anteriore, quando e come fare la vitrectomia anteriore • Cosa non fare in caso di rottura della capsula posteriore durante l’intervento di cataratta • Che sorprese possibile durante la estrazione con laser a femtosecondi? • Biometria per sostituzione della lente intraoculare SUPERFICIE OCULARE • Vecchi amici, nuove prospettive. Trattare le malattie della superficie oculare sulla base delle nuove conoscenze CHIRURGIA DELLA CATARATTA • Chirurgia refrattiva della cataratta: rendiamola semplice con l’alta tecnologia INTERAZIONI • Le resistenze antibiotiche in ambito oftalmologico e l’effetto antisettico dell’olio ozonizzato in liposomi per uso topico su ceppi multi-resistenti
FGE S.r.l. - Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Trimestrale nr. 1/19 - Anno XXI
XXII CONGRESSO AICCER Associazione Italiana di Chirurgia della Cataratta e Refrattiva
1 4 - 1 6 m a r z o 2019 - Mi l an o , Mi C o
Presidente del Congresso Prof. Paolo Vinciguerra Professore Associato in Oftalmologia Dipartimento di Scienze Biomediche – Humanitas University Responsabile Unità Operativa di Oculistica dell’Istituto Clinico Humanitas
Deadline Abstract 14/11/2018 Scadenza iscrizioni a quota ridotta 14/12/2018 www.aiccer.it/congresso2019
www.aiccer.it/congresso2019
Segreteria Organizzativa AIM Group International – Sede di Milano – Via G. Ripamonti, 129 – 20141 Milano Tel. 02 56601.1 – Fax. 02 70048578 – aiccer2019@aimgroup.eu
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ASSOCIAZIONE ITALIANA DI CHIRURGIA DELLA CATARATTA E REFRATTIVA
Responsabile Editoriale Scipione Rossi
RIVISTA SCIENTIFICA DI INFORMAZIONE
1
2019
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AICCER
ASSOCIAZIONE SOCIAZIONE ITALIANA DI CHIRURGIA DELLA CATARATTA E REFRATTIVA
Vice-Direttore Editoriale Dario Aureggi
RIVISTA ISTA SCIENTIFICA SCIE CIENTIFICA DI INFORMAZIONE INFORM INFOR MAZIONE E
Direttore Responsabile Ferdinando Fabiano
EDITORIALE di Paolo Vinciguerra
Comitato Pubblicazioni AICCER Giovanni Alessio, Roberto Bellucci, Vincenzo Orfeo, Riccardo Sciacca
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Redazione Segreteria AICCER AIM Group International - Milan Office Via G. Ripamonti 129 - 20141 Milano tel. 02 56601.1 - fax 02 70048578 e-mail: segreteriaaiccer@aimgroup.eu Scipione Rossi e-mail: scipione.rossi@gmail.com
INTERAZIONI di Daniele Tognetto
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SUPERFICIE OCULARE UÊ6iVV Ê> V ]Ê Õ ÛiÊ«À ëiÌÌ Ûi°Ê/À>ÌÌ>ÀiÊ iÊ > >ÌÌ iÊ`i >ÊÃÕ«iÀwV iÊ VÕ >ÀiÊÃÕ >ÊL>ÃiÊ`i iÊ Õ ÛiÊV ÃVi âi CHIRURGIA DELLA CATARATTA UÊ ÀÕÀ} >ÊÀivÀ>ÌÌ Û>Ê`i >ÊV>Ì>À>ÌÌ>\ÊÀi ` > >Ê Ãi « ViÊV Ê ½> Ì>ÊÌiV } > INTERAZIONI UÊ iÊÀià ÃÌi âiÊ> Ì L Ì V iÊ Ê> L Ì Ê vÌ> } V Ê iÊ ½ivviÌÌ Ê> Ì ÃiÌÌ V Ê`i ½ Ê â ââ>Ì Ê Ê « à ʫiÀÊÕà ÊÌ « V ÊÃÕÊVi«« Ê Õ Ì Àià ÃÌi Ì
FGE S.r.l. - Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Trimestrale nr. 1/19 - Anno XXI
ISSN 1973-9419 Registrazione presso il Tribunale di Asti n° 5/98 del 15/12/1998
Segreteria di Redazione Segreteria AICCER
Chiuso in redazione: febbraio 2019
FGE S.r.l. tel. 0141 1706694 e-mail: f.fabiano@fgeditore.it
Il contenuto degli articoli pubblicati è di esclusiva responsabilità degli autori. La riproduzione di articoli o parte di essi deve essere autorizzata dall’Editore.
Grafica e Stampa FGE S.r.l. Pubblicità FGE S.r.l. Reg. Rivelle 7/F - Moasca (AT) tel. 0141 1706694 e-mail: info@fgeditore.it
Inserzionisti: Alcon Alfa Intes FB Vision Johnson & Johnson Vision
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© 2017 Novartis MP462.11.17 È un dispositivo medico CE0123. Leggere attentamente le istruzioni d’uso.
SOMMARIO EDITORIALE .................................................................................................................................................... 5 di Paolo Vinciguerra
INTERAZIONI................................................................................................................................................. 7 di Daniele Tognetto
CHIRURGIA DELLA CATARATTA Lenti intraoculari trifocali e soddisfazione del paziente: 5 anni d’esperienza .................................................... 8 di Roberto Bellucci, Miriam Cargnoni
CHIRURGIA DELLA CATARATTA Gestione del vitreo nella rottura della capsula posteriore: cosa fare per evitare l’erniazione anteriore, quando e come fare la vitrectomia anteriore................................................................................................... 14 di Daniele Tognetto, Riccardo Merli, Chiara De Giacinto
CHIRURGIA DELLA CATARATTA Cosa non fare in caso di rottura della capsula posteriore durante l’intervento di cataratta .............................. 20 di Alessandro Franchini, Iacopo Franchini, Andrea Passani
CHIRURGIA DELLA CATARATTA Che sorprese possibile durante la estrazione con laser a femtosecondi? ......................................................... 24 di Leonardo Mastropasqua, Lisa Toto, Luca Vecchiarino, Gennaro Falconio
CHIRURGIA DELLA CATARATTA Biometria per sostituzione della lente intraoculare........................................................................................... 28 di Roberto Bellucci
SUPERFICIE OCULARE Vecchi amici, nuove prospettive. Trattare le malattie della superficie oculare sulla base delle nuove conoscenze ................................................................................................................. 32 di Maurizio Rolando
CHIRURGIA DELLA CATARATTA Chirurgia refrattiva della cataratta: rendiamola semplice con l’alta tecnologia ............................................... 38 di Edoardo Ligabue
INTERAZIONI Le resistenze antibiotiche in ambito oftalmologico e l’effetto antisettico dell’olio ozonizzato in liposomi per uso topico su ceppi multi-resistenti ............................................................................................................ 42 di Giuseppe Grandi, Raffaella Cipriani, Claudio Panico, Rossana Cavallo
NEWS DALLE AZIENDE.............................................................................................................................. 46
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di Paolo Vinciguerra
Ho ripercorso la storia della chirurgia in diretta in vista dell’appuntamento AICCER 2019. Ai suoi albori la chirurgia in diretta forniva un’educazione chirurgica irraggiungibile dai testi editoriali a disposizione, pochi erano gli atlanti illustrati, spesso superati e in ogni caso non fornivano alcuna percezione della complessità o dell’impegno richiesto durante la chirurgia. Le aule congressuali erano molto partecipate durante le sessioni e l’interesse verso la novità era grandissimo. Spesso le sessioni erano organizzate da un gruppo di amici (ricordiamo le sedute davvero interessanti del Prof. Vito De Molfetta, del Prof. Egidio Dal Fiume, del Dr Umberto Merlin, del Dr Fabio Dossi, e del Dr Lucio Buratto) che decidevano di dedicare un sabato in un ospedale e operare con trasmissione in diretta sia per osservarsi l’un l’altro (e condividere le novità in modo amichevole) sia per insegnare le nuove tecniche chirurgiche come l’extra capsulare prima, poi l impianto delle IOL, poi la facoemulsificazione, i trapianti, la vitrectomia….. Non vi erano limiti di tempo poiché il congresso era questo. Poi si è iniziato a intervallare le sessioni chirurgiche con relazioni scientifiche a cui si sono aggiunte relazioni per le novità da parte degli sponsor. A questo punto le sessioni con presentazioni e le sedute di chirurgia hanno ulteriormente reso difficoltosa la programmazione delle sessioni. Questo ha determinato alcuni cambiamenti sui programmi congressuali. Infatti per poter effettuare i molti interventi chirurgici è stato necessario ridurre il rischio di imprevisti (complicanze) che avrebbero, per i ritardi conseguenti, impedito lo svolgimento di tutti gli interventi, e causato una serie di ritardi del programma congressuale. Ricordiamo infatti un congresso che, alcuni anni fa, al posto di concludersi come da programma il sabato alle ore 13, è terminato domenica tarda mattinata. Necessariamente per un’attenta programmazione congressuale, la scelta delle casistiche operatorie si è ridotta e sempre più si scelgono per la chirurgia in diretta casi semplici ed agevoli (a basso rischio di complicanze): questo ha reso le sessioni di chirurgia meno attraenti. In aggiunta il chirurgo fuori sede propria, spesso, non riesce ad esprimere tutte le sue qualità chirurgiche poiché non ha il suo personale, il microscopio a cui è abituato non è il medesimo, e non per ultimo la confusione della diretta crea una distrazione notevole. A questo si aggiunge che la premura di finire a tempo, l’essere incalzati dagli eventi e i ritmi, non gli consentono di spiegare, raccontare, e illustrare ciò che fa nei dettagli. E tutto questo porta sicuramente un impoverimento di dettagli essenziali, e in conclusione di ottenere un apprendimento utile. In aggiunta a questo, i casi complessi spesso vanno risolti quando arrivano alla nostra osservazione e quindi non sono disponibili per la diretta. In molti stati, anche europei, la chirurgia in diretta non è più consentita poiché considerata poco etica nei confronti del paziente per i motivi appena illustrati Aiccer 2019, con l’aiuto di due sponsor lungimiranti, introduce una novità: la “near live surgery” ovvero chirurgia complessa registrata dallo stesso team della diretta con alcuni scopi: consentire la stessa qualità della diretta, poter illustrare casi complessi senza limiti di tempo di accesso alle cure, mostrare come il chirurgo opera nella sua sede operativa mostrando il team, l’organizzazione della sala, quali strumenti usa e come vengono usati. È una svolta: poter tornare a vedere la complessità e poter discutere con il chirurgo non più distratto dall’evento senza tuttavia introdurre tagli che occulterebbero la verità, le difficoltà e anche un parziale successo. Lo scopo non è addolcire ma tornare al vero, quello che ci appassiona: la chirurgia vera senza filtri. Serve tornare a poter vedere ciò che vorremmo vedere risolvere dagli esperti esperti vedendo come la complessità diventa semplice attraverso “i trucchi” che mani esperte riescono ad affrontare e risolvere. Raramente infatti si riesce a vedere e capire in fondo la difficoltà. La chirurgia “Standard” ognuno di noi la conosce bene. Spero divenga l’inizio di una svolta. Alcuni mesi fa chiacchierando con un importante chirurgo italiano a cui chiedevo il motivo della sua assenza nelle sessioni chirurgiche mi ha risposto: “Che serve? Gli interventi di cataratta nelle dirette congressuali sono come quelle che fanno i miei giovani assistenti ogni giorno”...
LA VOCE AICCER 1/2019
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CE0123 Medical Devices. Read carefully the directions for use.
MP293.05.17
INTERAZIONI NOTIZIE DAL CONSIGLIO DIRETTIVO di Daniele Tognetto
Care Colleghe e Cari Colleghi, l’aggiornamento scientifico è uno strumento indispensabile per il medico, soprattutto in una realtà moderna nella quale l’evoluzione delle procedure diagnostico-terapeutiche subisce tumultuosi e continui cambiamenti. La possibilità di utilizzare il web per un apprendimento attivo dell’informazione sta diventando sempre più concreta e molti sono i professionisti che acquisiscono crediti formativi a distanza. Sembra, dunque, che la partecipazione a corsi e congressi stia diventando una forma di aggiornamento meno efficace, richiedendo lo spostamento dalla propria sede e un’assenza dal lavoro talvolta anche prolungata per diversi giorni. Il fiorire di piattaforme on-line per l’aggiornamento pare consolidare questa tendenza. Tuttavia, di pari passo, si assiste a una crescita degli eventi formativi tradizionali, con un moltiplicarsi di corsi, congressi e incontri di ogni genere. Benché tale continuo incremento di occasioni di aggiornamento sia indubbiamente eccessivo, e senza approfondire le motivazioni all’origine di questo fenomeno, la costante presenza di partecipanti richiede un’ulteriore riflessione. L’occasione di vedere e ascoltare direttamente il docente e la possibilità di interagire con i colleghi ponendo quesiti e intervenendo attivamente nell’ambito della discussione sono opportunità uniche che continuano ad avere un valore insostituibile e giustificano gli sforzi organizzativi di tutti gli eventi di questo genere. Anche nell’era della diffusione capillare delle informazioni per via telematica, il rapporto diretto tra gli individui, nella sua unicità, rimane sempre di primaria ed essenziale valenza. In accordo con queste considerazioni il Congresso AICCER 2019 ha ampliato l’interattività nell’ambito delle diverse sessioni, nella volontà di offrire un utile scambio d’informazioni tra tutti gli oculisti, per un aggiornamento scientifico efficace e produttivo. Tutti i partecipanti troveranno dunque le opportunità per arricchire e consolidare il proprio bagaglio di conoscenze. Buon Congresso a tutti!
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA di Roberto Bellucci, Miriam Cargnoni
Lenti intraoculari trifocali e soddisfazione del paziente: 5 anni d’esperienza Introduzione Le lenti intraoculari trifocali rappresentano una concreta evoluzione nella ricerca della correzione della presbiopia dopo intervento per cataratta1. L’aggiunta di un potere intermedio fra quello per lontano e quello per vicino ha permesso una diversa e migliore distribuzione della luce refratta. In pratica una percentuale variabile dal 4% al 6% di quella totale trasmessa è stata recuperata per la visione, con riduzione dei fenomeni fotici e aumento della sensibilità al contrasto2. Per questi motivi le lenti trifocali si sono diffuse rapidamente, occupando tutto il segmento “lenti multifocali” della chirurgia della cataratta. L’ottimo riscontro da parte dei chirurghi però non è ancora ben supportato da studi clinici “sul campo” che considerino un grande numero di pazienti, che sono indispensabili per comprendere quale sia il ruolo attuale delle lenti trifocali, quali i vantaggi e quali i limiti: tutte informazioni che possono aiutare i chirurghi nel consigliare gli operandi. Per questo motivo abbiamo pensato di riferire la nostra esperienza di 5 anni, raccolta a partire da febbraio 2014 e fino a dicembre 2018.
dilatata (Figura 2). Il diametro dell’ottica è di 6.0 mm, mentre la lunghezza totale è di 11.40 mm. La lente è disponibile in poteri che vanno da 6.0 D a 35.0 D in intervalli di 0.50 D, le versioni toriche hanno cilindri da 1.00 D a 6.00 D in intervalli di 0.75 D. Questa lente è stata impiantata in una serie consecutiva di pazienti, a seguito di chirurgia della cataratta e di chirurgia refrattiva del cristallino. Tutti i pazienti erano liberi da malattie oculari o generali che comportassero pericolo per la visione, come glaucoma, degenerazione maculare, diabete ed altro. I pazienti miopi elevati sono stati accettati purchè liberi da maculopatia e con acutezza visiva potenziale di almeno 7/10. Il desiderio di indipendenza dagli occhiali è stato verificato in almeno due colloqui preoperatori,
Materiali e metodi La lente trifocale utilizzata è la FINE Vision Pod F / Pod FT (Physiol, Liegi, Belgio) (Figura 1). Si tratta di una lente acrilica idrofila, con piattaforma a “doppia C loop” per una migliore stabilità, con ottica diffrattiva che introduce due poteri addizionali per la visione intermedia (+1.75 D) e per la visione vicina (+3.50 D). I poteri addizionali sono apodizzati in maniera da ottenere una distribuzione della luce che non penalizzi troppo la visione per lontano a pupilla mediamente
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Figura 1. La lente intraoculare Physiol POD F impiegata nello studio.
CHIRURGIA DELLA CATARATTA nei quali sono stati spiegati i possibili disturbi fotici, la possibile necessità di un occhiale per la visione ravvicinata, la possibile necessità di un secondo trattamento per perfezionare il risultato refrattivo. Il calcolo del potere sferico dell’impianto è stato eseguito secondo la formula Barrett Universal II disponibile sul sito apacrs.org, utilizzando una costante A di 119.0. Tutti gli astigmatismi superiori ad 1 D hanno ricevuto una lente torica. Il calcolo del potere cilindrico è stato eseguito con la formula di Abulafia-Koch, dal 2015 disponibile anche sul sito physioltoriccalculator.com. La chirurgia è stata assistita da laser a femtosecondi Victus (Technolas PV, Monaco, Germania). Il diametro della capsulotomia è variato da 4.5 mm a 5.5 mm in dipendenza del diametro pupillare. La frammentazione ha seguito il pattern “croce più due cerchi”. L’incisione principale era di 2.2 mm, e la secondaria di 1 mm. Per la rimozione delle masse è stato impiegato il facoemulsificatore Stellaris (Bausch & Lomb, Milano). Le lenti sono state iniettate mediante iniettore Medicel 1.8 se di potere inferiore a 23 D, e 2.2 se di potere superiore (Medicel, Thal, Svizzera). L’impianto è stato assistito dall’incisione, appena allargata con bisturi nei casi di pupilla stretta per consentire la penetrazione del cartridge. Nel caso di lente torica, l’allineamento è stato guidato dalla marcatura preoperatoria dell’asse orizzontale, e dalla marcatura con laser a femtosecondi dell’asse di impianto. I pazienti sono stati seguiti per 2-60 mesi nel postoperatorio; i risultati refrattivi ad un mese sono stati considerati definitivi. Per questo studio sono state considerate le complicanze intra e postoperatorie, la soddisfazione dei pazienti in relazione ai livelli di acutezza visiva raggiunti e alla tolleranza dei fenomeni fotici, la necessità di procedure secondarie, il numero di pazienti insoddisfatti anche dopo le pro-
cedure secondarie. Particolare attenzione è stata posta alle segnalazioni dei fenomeni fotici ed al loro decorso nel tempo.
Risultati Sono stati analizzati 363 impianti di 188 pazienti. L’età dei pazienti all’intervento era di 68±12 anni34-86. Le caratteristiche cliniche sono riportate nella Tabella 1. Nessuna complicanza si è verificata durante il trattamento laser della cataratta. Durante l’intervento sono state riscontrate 4 rotture della capsula anteriore e 2 rotture della capsula posteriore che non hanno impedito il corretto posizionamento dell’impianto. In un caso l’impianto della lente ha provocato una dialisi zonulare, con necessità di ricentrare la lente a distanza di tempo. Nel postoperatorio 168 pazienti (89.4%) si sono dichiarati soddisfatti dell’esito chirurgico, avendo ottenuto una buona visione con indipendenza completa dagli occhiali. In questi pazienti l’equivalente sferico dell’occhio più ametrope era sempre compreso fra -0.50 D e +0.75 D, e l’astigmatismo residuo sempre inferiore a 1.0 D. Degli altri 20, 4 pazienti (2.1%) si sono dichiarati parzialmente soddisfatti, non ritenendo di aver raggiunto del tutto il livello di visione cui aspiravano (Tabella 2). Due di loro segnalano disturbi fotici ancora presenti dopo un anno, per quanto meno fastidiosi che all’inizio. In due altri occhi la lente è risultata decentrata in alto di 1.5 mm circa pur con capsulotomia in-
Pazienti Impianto bilaterale Impianto monolaterale Precedente chirurgia refrattiva Lunghezza assiale > 27 mm Lunghezza assiale < 21 mm Lente torica (su 363 impiantate)
N. 188 183 5 8 13 8 62
% 100.0 97.34 02.66 04.25 06.01 04.25 17.08
Tabella 1. Pazienti inclusi nello studio
N. Impianti N. Pazienti Soddisfatti Parzialmente soddisfatti Insoddisfatti Di cui per Visione per lontano Visione per vicino Fenomeni fotici (Visione per lontano e fotopsie) Figura 2. Distribuzione della luce refratta dalla lente trifocale Physiol POD F in relazione al diametro di apertura.
363 188 168 4 16 11 2 3 2
100% 89.4% 2.12% 8.51% 5.85% 1.06% 1.60% 1.06%
Tabella 2. Soddisfazione ed insoddisfazione con lenti intraoculari trifocali Physiol prima delle procedure secondarie.
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA N. paz.
9
N. occhi
9
Lamentela
UDVA scarsa (2 ex Lasik)
Causa
Soluzione
Esito
1
Cambio IOL + Lasik
Soddisfatto
1
Rifiuta provvedimenti
Parz. Sodd.
2
PRK
Soddisfatto
4
Lasik
Soddisfatto
Dialisi zonulare
1
Ricentratura IOL
Parz. Sodd.
Calcolo IOL
1
1
UDVA scarsa
IOL torica ruotata
1
Riposizionamento
Parz. Sodd.
1
1
UDVA scarsa
Occhio secco
1
Lacrime artificiali
Soddisfatto
1
Lasik con target -0.5 D
Insoddisfatto
1
Nessun provvedimento
Insoddisfatto
1
Cattura ottica + Lasik IOL add-on
Parz. Sodd.
1
Lasik
Parz. Sodd.
1
Lacrime artificiali
Soddisfatto
2
2 1
4
4 1
UNVA scarsa
Fotopsie Fotopsie
Miopia elevata
Angolo K elevato Occhio secco
UDVA: Acutezza visiva per lontano non corretta; UNVA: Acutezza visiva per vicino non corretta; PRK: Fotocheratectomia refrattiva
Tabella 3. Procedure secondarie in 188 pazienti/363 occhi impiantati con lenti trifocali
tegra, forse per imprecisione all’impianto. L’acutezza visiva per lontano era di 9/10 in questi occhi, senza correzione. Nessun provvedimento è stato richiesto da questi pazienti. I pazienti insoddisfatti che hanno richiesto parecchie visite o almeno una procedura aggiuntiva sono stati 16 e pari allo 8.51% (Tabella 3). Di essi, 11 hanno segnalato scarsa visione per lontano in almeno un occhio, 2 hanno segnalato insoddisfacente visione per vicino, e 3 hanno segnalato disturbi fotici persistenti. Una procedura secondaria chirurgica è stata richiesta da 7 pazienti (3.72% del totale), e due procedure da 2 pazienti (1.06%). In un solo caso un paziente ha chiesto di sostituire la lente trifocale torica con altra lente trifocale torica, ma comunque una Lasik è stata poi necessaria per correggere una miopia residua di 0.5 D. I due pazienti con fotopsie positive ed angolo K elevato hanno preferito mantenere comunque la lente multifocale torica impiantata, che offriva una visione di 10/10 non corretta e quindi molto migliore di quella che avevano in precedenza quando erano molto ipermetropi. Di tutta la coorte di 188 pazienti, solo 2 si sono dichiarati insoddisfatti, pari allo 1.06% (Tabella 4). Entrambi erano miopi medio elevati prima dell’intervento. Un paziente maschio con visione postoperatoria di 10/10 non corretta segnalava come molto
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negativa l’impossibilità di leggere le stampe piccole dei giornali senza occhiali (es. le quotazioni di borsa professionali). Una seconda paziente femmina con visione di 6-7/10 non meglio correggibile segnalava come deludente la necessità di un occhiale per lettura e cucito. In totale, 9 pazienti si sono dichiarati parzialmente soddisfatti, di cui 4 per motivi legati al persistere delle fotopsie oltre i sei mesi. Sono persone molto impegnate nella guida, per quanto non autisti professionisti, che hanno visto ridursi comunque i disturbi progressivamente. Uno di questi aveva richiesto dopo 3 mesi la sostituzione della lente, che è stata programmata a 6 mesi dall’impianto per attendere un eventuale adattamento che poi si è verificato. Sui 188 pazienti di questa serie, 186 pari al 98.94% sono risultati soddisfatti o parzialmente soddisfatti, e solo 2 sono i pazienti che non si sottoporrebbero più all’intervento perché non hanno raggiunto l’indipendenza dagli occhiali. I pazienti pienamente soddisfatti sono stati 177, pari allo 94.15%. Tra essi 5 pazienti con impianto monolaterale e altro occhio con lente monofocale hanno dichiarato di poter leggere senza occhiali, che hanno di fatto abbandonato. I pazienti con lunghezza assiale superiore a 27 mm in entrambi gli occhi erano 13, ed 11 di essi si sono dichiarati pienamente soddisfatti. Gli ipermetropi elevati con lunghezza assiale inferiore a 21 mm
CHIRURGIA DELLA CATARATTA N. Pazienti
%
Soddisfazione
Causa
177
94.15
Soddisfatti
Buona visione per lontano e vicino 1 Errore refrattivo in 1 occhio
9
4.79
Parzialmente soddisfatti
3 Decentramento IOL in 1 occhio 5 Fotopsie in entrambi gli occhi
2
1.06
Insoddisfatti
2 Visione per vicino insufficiente
Tabella 4. Soddisfazione ed insoddisfazione finale dopo le procedure secondarie.
nei due occhi erano 8, di cui 6 del tutto soddisfatti. Tre pazienti miopia inferiore a 5 D hanno richiesto chirurgia refrattiva della lente, tra cui un ingegnere miope di 3 D, tutti soddisfatti dell’esito visivo. I pazienti già operati con Lasik erano 8, di cui 6 ex miopi, 1 ex ipermetrope ed 1 operato per ipermetropia e presbiopia. Le lenti toriche sono state 62 (17.08%), con un solo caso di riallineamento postoperatorio. Durante il periodo di follow-up, 5 occhi di tre pazienti hanno sviluppato una variazione ipermetropica della refrazione fra il primo mese ed il primo anno dopo l’intervento. La variazione ipermetropica è arrivata a +0.75 D in un occhio. Al momento nessun provvedimento è stato richiesto dai pazienti.
Discussione Lo scopo principale dello studio era quello di verificare la capacità delle lenti trifocali di correggere con efficacia e soddisfazione la presbiopia in una serie di pazienti con aspettative elevate privi di condizioni che potessero ridurre l’acutezza visiva. A nostro parere i risultati dello studio confermano questa capacità ed allo stesso tempo permettono alcune riflessioni. La lente trifocale PhysIOL FINE Vision funziona come trifocale in tutti gli occhi nei quali viene impiantata, consentendo l’abbandono degli occhiali quando la condizione refrattiva è prossima all’emmetropia. Per quanto una leggera ipermetropia è stata molto ben tollerata nei nostri pazienti, la possibilità che la contrazione del sacco sposti appena indietro l’ottica consiglia di scegliere un target 0.25 D miopico all’impianto3. La versione idrofoba di questa lente, sviluppata di recente, dovrebbe eliminare questo raro inconveniente. La lente procura indipendenza dagli occhiali anche quando impiantata in un solo occhio4. Per quanto la nostra esperienza in tal senso sia positiva, consigliamo sempre ai pazienti già pseudofachici con lente
monofocale, e che chiedono l’impianto multifocale, di considerare il successivo impianto di lente multifocale add-on nel solco nell’occhio già operato. I disturbi fotici provocati dalla lente sono presenti in tutti i pazienti operati e vanno anticipati in sede di discussione preoperatoria. La loro riduzione nel tempo è certa e dimostrata in varie sedi5, ma personalità particolarmente sensibili possono avvertirne il disturbo in maniera severa. È vero però che solo un paziente ci ha chiesto la rimozione di questi impianti, per poi soprassedere una volta ridotti i disturbi. La presenza di un elevato angolo K è ancora da considerare fonte di disturbo quando si esegue un impianto di lenti multifocali in generale, e quindi anche di lenti trifocali in particolare6. Anche la centratura nasale delle lenti, proposta a più riprese, non offre garanzie che poi la lente rimanga effettivamente in quella sede nel postoperatorio. Tutti i nostri pazienti con lente decentrata hanno segnalato disturbi, che in un caso hanno reso necessario un complesso intervento di ricentraggio. È da notare che i due pazienti insoddisfatti sono entrambi miopi elevati, per quanto solo uno di loro presenta una riduzione della acutezza visiva legata alla miopia. A nostro parere tutte le lenti multifocali vanno impiegate con cautela nella miopia elevata, nonostante lavori pubblicati di recente sembrino indicare il contrario7. Al contrario il successo riscontrato nei miopi lievi, anche quando operati per chirurgia refrattiva della lente, è stato per certi versi sorprendente e probabilmente legato all’abbandono degli occhiali ottenuto. Un ruolo importante nell’ottenere questi ottimi risultati è quello delle formule scelte per il calcolo del potere dell’impianto. È ormai noto che la formula di Barrett è fra le migliori disponibili se non la migliore, e la nostra esperienza con un numero molto basso di imprecisioni refrattive lo conferma. La formula di Abulafia è anche assai valida per il calcolo del potere
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA cilindrico: solo in un caso la rotazione della IOL ha richiesto il reintervento. La chirurgia refrattiva corneale si è confermata un valido interlocutore della chirurgia della lente per correggere le inevitabili imprecisioni refrattive. I nostri 7 pazienti che hanno richiesto la correzione se ne sono dichiarati soddisfatti. Per contro, i pazienti che erano già stati operati di chirurgia refrattiva hanno tratto uguale beneficio dei non operati dall’impianto di lenti trifocali, per quanto con una percentuale più elevata di ricorrezioni laser8. Questo studio ha alcune limitazioni. Ad esempio non abbiamo considerato in dettaglio lo stato della capsula posteriore, limitandoci a notare la necessità di capsulotomia laser in 26 occhi di 15 pazienti. Per disporre di dati più significativi è necessario un follow-up maggiore, per quanto l’opacità della capsula posteriore non è una caratteristica di queste lenti, pur essendo più importante che non con lenti monofocali. Inoltre abbiamo sottoposto a questionario solo il gruppo di 22 pazienti operati nella primavera del 2014, limitandoci in seguito a raccogliere le lamentele senza suggerirle. Riteniamo comunque che le lenti trifocali, unite alle migliorate formule di calcolo del potere sferico e cilindrico, siano protesi di grande efficacia per tutti i pazienti operati di chirurgia refrattiva della cataratta. Al momento offriamo questi impianti come standard ai nostri pazienti che abbiano condizioni oculari e sociolavorative adatte. Le sconsigliamo ancora agli autisti professionisti, per quanto la letteratura recente stia pian piano rivedendo anche questa limitazione9.
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ATLAS OF ANTERIOR SEGMENT OCT NOVITÀ EDITORIALE
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA di Daniele Tognetto, Riccardo Merli, Chiara De Giacinto
Gestione del vitreo nella rottura della capsula posteriore: cosa fare per evitare l’erniazione anteriore, quando e come fare la vitrectomia anteriore Introduzione Sebbene la rottura della capsula posteriore del cristallino rappresenti una delle maggiori preoccupazioni per il chirurgo della cataratta, essa, se gestita correttamente, può risolversi con ottimi risultati sia anatomici che funzionali. In letteratura l’incidenza di questo evento, potenzialmente drammatico, è molto variabile ed è compresa tra lo 0.45% e il 9.6%1-5. Sono stati identificati numerosi fattori di rischio alla base della rottura capsulare, alcuni modificabili altri non modificabili, legati sia al paziente che al chirurgo. La complessità del caso clinico, come ad esempio la presenza di una sindrome pseudoesfoliativa, la cataratta totale, brunescente o polare posteriore, l’età del paziente, l’esperienza del chirurgo ed il volume di chirurgie (numero annuo di interventi per chirurgo), sono i principali elementi in grado di influenzare l’incidenza della rottura capsulare con o senza perdita vitreale6,4,7. A questo riguardo, negli ultimi anni sono stati proposti dei modelli per la stratificazione preoperatoria del rischio di rottura capsulare utili alla corretta assegnazione dei casi più complicati a chirurghi più esperti e alla corretta informazione del paziente sulle possibili complicanze intraoperatorie8,9. La corretta gestione della rottura capsulare è fondamentale in quanto tale evenienza può comportare ulteriori complicanze intraoperatorie, come la lussazione in camera vitrea di frammenti lenticolari, e postoperatorie, come il distacco di retina, l’endoftalmite e l’edema maculare, tutte complicanze
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in grado di determinare uno scarso recupero visivo postoperatorio10-12. In particolare, l’incidenza di distacco di retina dopo rottura capsulare con o senza perdita vitreale risulta aumentato dalle 30 alle 40 volte nei 3 mesi successivi all’intervento di estrazione di cataratta rispetto agli interventi non complicati11-13. L’incidenza di endoftalmite risulta invece aumentata di circa 8 volte rispetto ad una chirurgia non complicata11. Altre complicanze postoperatorie relativamente frequenti sono l’edema maculare cistoide post-chirurgico (Sindrome di Irvine-Gass) e il glaucoma secondario, le cui incidenze aumentano ulteriormente se il prolasso vitreale si accompagna alla lussazione di frammenti lenticolari in camera vitrea14. Infine è necessario ricordare che il verificarsi della perdita vitreale ha un importante impatto in termini economici poiché aumenta il numero delle visite postoperatorie, prolunga e rende più complessa la terapia farmacologica e in alcuni casi impone ulteriori interventi chirurgici come l’impianto secondario della IOL oppure una chirurgia per distacco di retina15.
Riconoscere la complicanza Il primo passo per la corretta gestione della rottura della capsula posteriore consiste nel riconoscerne i segni. L’identificazione precoce di questa complicanza permette di mettere in pratica delle manovre atte ad evitare o ridurre il prolasso vitreale in camera anteriore. I segni più evidenti di rottura capsulare sono rap-
CHIRURGIA DELLA CATARATTA presentati dall’improvviso e/o asimmetrico aumento della profondità della camera anteriore, dalla visualizzazione diretta dell’interruzione capsulare (Figura 1) o del gel vitreale, dalla discoria, dalla migrazione posteriore del nucleo e dall’improvvisa e marcata riduzione dell’aspirazione per ingresso di gel vitreale nella punta del manipolo.
Gestione del vitreo È bene ricordare che non sempre la rottura capsulare si accompagna a prolasso anteriore del vitreo12. Per rotture di piccole dimensioni e/o nel caso di integrità della ialoide anteriore il prolasso vitreale può essere evitato. Nel momento in cui viene identificata una rottura capsulare è di fondamentale importanza fermarsi e ragionare sulla situazione reologica in atto. È necessario mantenere una pressione in camera anteriore maggiore rispetto a quella presente in camera posteriore al fine di evitare l’erniazione anteriore del vitreo. A questo proposito è importante non rimuovere il manipolo del facoemulsificatore, ma mantenerlo in camera anteriore con infusione attiva e contestualmente iniettare attraverso l’apertura di servizio del viscoelastico dispersivo. In questo modo vengono ridotte le turbolenze fluidiche in camera anteriore che potrebbero allargare ulteriormente la rottura capsulare e determinare l’erniazione anteriore del gel vitreale. L’iniezione di viscoelastico dispersivo in prossimità dell’interruzione capsulare è fortemente raccomandata16. Questa monovrea infatti è in grado
Figura 1. Rottura della capsula posteriore
Figura 2. Azione compartimentante del viscoelastico
di compartimentare le due camere riducendo da un lato il rischio di prolasso vitreale e dall’altro la lussazione di materiale lenticolare in camera vitrea (Figura 2). Inoltre il viscoelastico aiuta a mantenere una buona pressione in camera anteriore e protegge la capsula posteriore durante le successive manovre. L’uso di un viscoelastico dispersivo è da preferirsi rispetto a quello di un viscoelastico coesivo in quanto il primo resiste maggiormente all’aspirazione e all’espulsione dalla camera anteriore durante le manovre di rimozione di eventuali frammenti lenticolari residui. Inoltre il basso peso molecolare di un viscoelastico dispersivo ne rende più rapida l’eliminazione attraverso il trabecolato riducendo così il rischio di ipertono postoperatorio17. Come sottolineato in precedenza, se la rottura capsulare si verifica durante la fase di facoemulsificazione o durante quella di irrigazione/aspirazione, il viscoelastico va iniettato in camera anteriore prima di estrarre la punta del manipolo. Ciò al fine di evitare un improvviso calo pressorio in camera anteriore con un inevitabile prolasso di vitreo in avanti. Solo dopo aver stabilizzato la situazione chirurgica si procederà alla rimozione di eventuali frammenti nucleari o corticali residui. I frammenti di piccole dimensioni possono essere rimossi manualmente tramite una tecnica a secco (“dry technique”) o mediante facoemulsificazione con tecnica “slow-motion” dopo averli portati in camera anteriore iniettando viscoelastico posteriormente ad essi (Figura 3). I frammenti più grandi possono essere rimossi con ansa irrigatrice dopo aver allargato l’accesso principale. Al termine della rimozione dei frammenti lenticolari, nel caso di rotture capsulari centrali e di piccole dimensioni, l’apertura capsulare può essere convertita in una capsuloressi circolare posteriore che, se sufficientemente piccola, permetterà l’impianto della IOL nel sacco1. Prima di iniziare la capsuloressi posteriore è buona pratica iniettare viscoelastico nello spazio di Berger attraverso la rottura capsulare per
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA tenere il vitreo lontano dalla capsula fino all’impianto della IOL. Qualora le manovre sopra descritte non bastassero a scongiurare l’erniazione del vitreo anteriormente o qualora l’erniazione anteriore del vitreo si fosse verificata sin da subito, è necessario procedere con la vitrectomia anteriore. La vitrectomia anteriore viene effettuata con lo scopo di evitare trazioni vitreali intraoperatorie, che potrebbero indurre la formazione di rotture retiniche, di ridurre l’incidenza di complicanze post-operatorie, di completare la rimozione di frammenti lenticolari intrappolati nel gel vitreale prolassato e infine di permettere l’impianto della IOL.
Come fare la vitrectomia anteriore In primo luogo è necessario individuare il gel vitreale migrato in camera anteriore. Alcuni autori consigliano l’iniezione in camera anteriore di una piccola quantità di una sospensione di triamcinolone acetonide (TA) in soluzione salina bilanciata (BSS) per evidenziare il materiale vitreale20,21. Le piccole particelle di TA, insolubili in acqua, vengono intrappolate nella matrice vitreale consentendo di visualizzare anche i tralci più sottili e rendendo la pulizia della camera anteriore più meticolosa. Il TA ha inoltre un noto effetto antinfiammatorio, mentre non risulta avere conseguenze significative sulla IOP post-operatoria quando utilizzato a questo scopo21,23. Eventuali tralci vitreali incarcerati nelle incisioni chirurgiche vanno rimossi con molta cura. Questi ultimi, se non identificati, possono indurre forti trazioni vitreoretiniche al momento dell’impianto della IOL o nel postoperatorio con un elevato rischio di rotture retiniche e di edema maculare cistoide. Inoltre, il vitreo incarcerato nelle incisioni corneali rappresenta un’ottima via d’ingresso per i batteri con un aumentato rischio di endoftalmite16. Per ridurre al minimo le trazioni, i tralci incarcerati vanno rimossi con l’ausilio del vitrectomo, mentre è assolutamente da evitare la rimozione manuale con forbice di de Wecker o spugna di cellulosa19. Per condurre una corretta vitrectomia anteriore i parametri del vitrectomo devono essere settati con attenzione in modo da ridurre al minimo le trazioni vitreali e le turbolenze in camera anteriore. La trazione vitreale causata dal vitrectomo è direttamente proporzionale al vuoto e inversamente proporzionale alla velocità di taglio. È consigliabile quindi utilizzare una velocità di taglio di almeno 800 tagli/minuto e ridurre il vuoto ai valori più bassi compatibilmente con la situazione clinica. Tali impostazioni, sebbene possano prolungare leggermente i tempi chirurgici,
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Figura 3. Rimozione manuale di piccoli frammenti mediante “dry technique”
permettono una vitrectomia anteriore più sicura e controllata. Esistono diverse tecniche di vitrectomia anteriore utilizzabili in caso di rottura capsulare: 1. La vitrectomia anteriore a secco 2. La vitrectomia anteriore coassiale 3. La vitrectomia anteriore bimanuale 4. La vitrectomia anteriore via pars plana La vitrectomia a secco evita l’irrigazione all’interno dell’occhio ed evita quindi l’ingresso di acqua in camera vitrea, fatto che potrebbe spingere in vitreo in avanti. La vitrectomia a secco richiede tuttavia il ripristino
Figura 4. Vitrectomia anteriore coassiale
CHIRURGIA DELLA CATARATTA
Figura 5. Vitrectomia anteriore via pars plana
del volume all’interno dell’occhio. L’impiego di sostanza viscoelastica può essere utilizzato a questo scopo. Esso tuttavia può rendere difficoltosa la rimozione del vitreo stesso, dal momento che può intasare la via di aspirazione. L’uso di acqua può quindi trovare migliore impiego, anche se richiede un iniezione più frequente. Nella vitrectomia anteriore coassiale la linea di irrigazione e quella di taglio sono adiacenti (Figura 4). Ciò rende più agevole la procedura, ma aumenta il rischio di prolasso vitreale a causa di maggiori turbolenze e di idratazione vitreale24. In questo caso il vitrectomo può essere inserito tramite l’accesso principale. In questi casi è consigliabile restringere l’incisione apponendo un punto di sutura per evitare l’eccessiva fuoriuscita di liquido o addirittura di vitreo durante le manovre di vitrectomia16. Nella tecnica bimanuale per via limbare la linea di irrigazione e quella di taglio sono separate. Il vantaggio di questa tecnica risiede nella possibilità di direzionare la linea di irrigazione verso l’angolo iridocorneale, riducendo le turbolenze, e di mantenere una pressione positiva costante in camera anteriore, riducendo così il rischio di ulteriore prolasso del gel vitreale. Questa tecnica richiede tuttavia un allargamento dell’apertura di servizio e la creazione di un ulteriore accesso limbare per l’inserimento del vitrectomo, della cannula di irrigazione o di un anterior chamber mantainer. In entrambe le procedure è fondamentale posizionare il vitrectomo in camera vitrea attraverso la rottura capsulare. In questo modo è possibile eseguire una completa pulizia del vitreo presente in camera anteriore ed evitare di richiamare ulteriore vitreo dalla
camera posteriore. Utilizzando la tecnica coassiale questa manovra può risultare particolarmente rischiosa in quanto, l’irrigazione in camera vitrea tende a spingere il gel vitreale verso la camera anteriore. Una volta rimosso il vitreo che si trova posteriormente alla capsula, il vitrectomo deve essere portato nel sacco capsulare per la rimozione di eventuali frammenti lenticolari residui. Piccoli frammenti nucleari possono essere rimossi riducendo la velocità di taglio tra i 200 e i 400 tagli/minuto e aumentando il vuoto, mentre i residui corticali possono essere rimossi utilizzando la sola aspirazione. La vitrectomia anteriore via pars plana, sebbene sia meno agevole per il chirurgo della cataratta, consente un maggior accesso al vitreo anteriore, risulta più efficace soprattutto nei casi di prolasso vitreale esteso e riduce il rischio di complicanze postoperatorie25 (Figura 5). Il posizionamento di un anterior chamber mantainer per l’infusione durante la vitrectomia via pars plana permette di creare un flusso invertito che spinge il vitreo prolassato verso il vitrectomo in camera vitrea. Al termine della vitrectomia anteriore, l’induzione della miosi consente di mettere in evidenza aree di irregolarità pupillare che indicano la persistenza di vitreo prolassato.
Gestione dei frammenti lenticolari nel vitreo La presenza di frammenti lenticolari residui in camera vitrea aumenta il rischio di infiammazione cronica e ipertono postoperatori. Per il recupero di questi frammenti alcuni autori propongono la Posterior-Assisted Levitation (PAL) technique, tecnica che consiste nella spinta in camera anteriore dei frammenti lenticolari lussati tramite una spatola introdotta via pars plana o tramite l’iniezione, sempre via pars plana, di viscoelastico al di sotto di tali frammenti26,27. Tuttavia questa tecnica sembra essere associata ad un aumentato rischio di distacco di retina sebbene la letteratura a riguardo sia attualmente controversa28. In generale i frammenti lenticolari lussati in camera vitrea vanno rimossi tramite vitrectomia via pars plana (PPV) da un chirurgo del segmento posteriore. Per quanto concerne il timing chirurgico, sarebbe ideale eseguire la PPV nell’ambito dello stesso intervento. In questo modo viene evitato al paziente un successivo intervento chirurgico eseguendo una vitrectomia posteriore in condizioni anatomiche ottimali. In assenza di condizioni adatte alla vitrectomia immediata, l’intervento può comunque essere posticipato in altro momento senza pregiudicare il suo
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA esito. Da un’ampia meta-analisi il timing ideale per la vitrectomia e la rimozione dei frammenti lenticolari lussati in camera vitrea cui si associa una minor incidenza di complicanze, risulta essere tra i 3 e i 7 giorni dall’intervento29. Laddove ciò non fosse realizzabile è comunque consigliata la rimozione delle masse residue il più precocemente possibile.
Impianto della IOL Non sempre l’impianto della IOL a fine intervento è la scelta migliore. La IOL va impiantata nei casi in cui si è portata a termine la vitrectomia anteriore ed è stata completa la rimozione delle masse lenticolari. La permanenza di tralci vitreali in camera anteriore potrebbe determinare forti trazioni vitreoretiniche durante le manovre di posizionamento della lente. L’afachia è da preferire anche in quei casi in cui grossi frammenti lenticolari non siano stati rimossi dalla camera vitrea in quanto la comunicazione con la camera anteriore potrà essere utilizzata dal chirurgo vitreoretinico per l’estrazione delle masse residue. Come già detto, la IOL può essere impiantata nel sacco capsulare solo nel caso di rotture di piccole dimensioni dopo aver convertito la rottura in una capsuloressi circolare posteriore. L’impianto di una IOL (IOL a tre pezzi) nel solco ciliare è possibile se la ressi e la periferia della capsula anteriore sono integre. Inoltre, se la ressi anteriore ha un diametro inferiore al piatto della IOL la cattura capsulare migliorerà la stabilità e la centratura della lente. In caso contrario le anse della IOL possono essere fissate all’iride per evitare il possibile successivo decentramento. Nel caso di una grossa rottura capsulare o di una disinserzione del sacco capsulare, la fissazione iridea della IOL rappresenta un’ottima soluzione. L’impianto della lente, laddove consentito, permette di separare efficacemente le due camere impedendo il successivo passaggio di materiale vitreale in camera anteriore.
Conclusioni La rottura capsulare con prolasso vitreale è una condizione potenzialmente drammatica che tuttavia, se gestita con la giusta calma e consapevolezza, può risolversi con ottimi risultati. Un’accurata valutazione preoperatoria permette la corretta stratificazione del rischio di rottura capsulare, l’assegnazione del caso al chirurgo più adatto e la corretta informazione del paziente. Nell’eventualità si verifichi la rottura capsulare è necessario procedere per gradi, evitando manovre azzardate ed eventualmente richiedendo l’aiuto di un chirurgo del segmento posteriore. La
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vitrectomia anteriore coassiale, sebbene risulti più agevole per il chirurgo della cataratta, è la meno indicata. La corretta gestione della perdita vitreale non si conclude con la fine dell’intervento chirurgico. È infatti fondamentale non sottovalutare le possibili complicanze postoperatorie a breve e lungo termine e mettere quindi in pratica una serie di misure atte a prevenirle e diagnosticarle precocemente tramite terapie farmacologiche appropriate e controlli postoperatori ad hoc.
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA di Alessandro Franchini, Iacopo Franchini, Andrea Passani
Cosa non fare in caso di rottura della capsula posteriore durante l’intervento di cataratta
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razie ai moderni facoemulsificatori ed alle nuove tecniche chirurgiche la rottura della capsula posteriore durante l’intervento di cataratta è diventata un evenienza talmente rara che anche chirurghi esperti e dagli alti volumi operatori possono avere problemi nella sua gestione e compiere errori banali vista la scarsa pratica a gestire l’evento. Oggi abbiamo giovani specializzandi che partendo da zero sotto la guida di un chirurgo esperto arrivano ad eseguire un intervento perfetto senza avere mai rotto una capsula risultando quindi incapaci di gestire una evenienza del genere. E quindi molto importante appare sottolineare non solo cosa fare, ma anche cosa assolutamente non fare in caso di rottura capsulare onde evitare di aggravare una situazione già in parte compromessa, anche se certe manovre possono sull’emotività del momento sembrare le più corrette. Molti e variegati sono gli errori che possono essere fatti, ma i più comuni e frequenti sono riportati nel decalogo riportato nella tabella 1.
Visualizzazione della rottura In caso di rottura capsulare il primo errore che possiamo fare è quello di non accorgersi di essa e quindi non sospendere tutte le manovre in camera anteriore per evitare un suo allargamento e nel caso in cui la ialoide sia ancora integra una sua rottura. Per esempio è fondamentale mantenere gli strumenti in camera anteriore evitando una loro rapida rimozione che comporterebbe una istantanea diminuzione della tensione che potrebbe favorire il passaggio del vitreo attraverso la rottura ed anche spingerlo ad uscire dalla incisione. In caso di non visualizzazione diretta della rottura, i segni indiretti della sua presenza, che il chirurgo dovrebbe ben conoscere, sono riportati nella tabella 2.
Rimanere calmi e ragionare Rimanere calmi e ragionare, non affrettare i tempi per l’ansia di portare a termine l’intervento pensando
Mancata visualizzazione della rottura Rimanere calmi e ragionare Non avventurarsi in manovre incongrue Errori nella scelta della anestesia Errori nella scelta del viscoelastico Errori nel settaggio della fluidica Errori nella gestione della fluidica Errori al momento dell’impianto Errori nella scelta della sede di impianto Errori nella scelta della IOL e nel suo posizionamento
Complicanze durante l’esecuzione della rexi Improvviso approfondimento della camera anteriore Improvviso allargamento o restringimento della pupilla Difficoltà nell’ingaggiare ed aspirare i frammenti Improvvisa scomparsa di materiale lenticolare Deformazione della rexi al movimento degli strumenti Visualizzazione diretta della rottura o di fibre vitreali in camera anteriore Aumento dello spazio fra la capsula anteriore e la faccia posteriore dell’iride Diminuzione della followability e della holdability Improvvisa incapacità di ruotare un nucleo che prima era perfettamente mobile
Tabella 1. Errori più comuni in caso di rottura capsulare
Tabella 2. Segni indiretti di rottura della capsula posteriore
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA che la rapidità migliori le cose e riduca i rischi.
Non avventurarsi in manovre incongrue Sempre sull’onda dell’emotività non avventurarsi in manovre incongrue che riguardano soprattutto il tentativo di recuperare residui di cristallino con anse o con il faco o con manipoli di irrigazione aspirazione. Tutto ciò è molto rischioso e può portare a complicanze retiniche ed emorragiche.
Non volere a tutti i costi continuare l’intervento in anestesia topica Un altro errore sta nel mal o non valutare a seconda della situazione se una anestesia topica è ancora sufficiente e non convenga invece passare ad una anestesia sottotenoniana, parabulbare o nei casi più complessi generale. Tutto questo per evitare che sia il paziente che il chirurgo abbiano un altro motivo di tensione.
termini di proprietà chimico-fisiche ed è la comprensione di queste ultime che consente al chirurgo di scegliere il prodotto più adatto per ogni tempo ed ogni situazione chirurgica. Pertanto che OVD scegliere? Un visco coesivo con alto peso molecolare ed alta viscosità che mi crea e mantiene gli spazi ma che fuoriesce tutto insieme dalla camera anteriore anche per flussi di media entità, o un dispersivo che mi protegge i tessuti ma con ridotta capacità compartimentale per la bassa viscosità ma che presenta il vantaggio di essere difficilmente rimosso dal flusso? Meglio scegliere in viscoelastico di quella categoria definita dei viscoadattivi, cioè molecole ad altissimo peso molecolare ed alta viscosità che a bassi flussi si comportano come dispersivi e non vengono rimossi mentre a flussi più alti si comportano come coesivi.
Errori nel settaggio della fluidica
Una volta diagnosticata la presenza di rottura con perdita di vitreo un errore importante può essere fatto nella scelta del viscoelastico da usare per come si dice compartimentare la camera anteriore cioè suddividere gli spazi all’interno della camera anteriore e lavorare in completa sicurezza. Un celebre aforisma recita: “I never lose vitreous: I always know where I have put it” Tutto questo dà una idea molto chiara di cosa è importante fare per tenere sotto controllo ogni ulteriore fase dell’intervento. (Figura 1) Le sostanze viscoelastiche differiscono tra loro in
Sia nel caso in cui la rottura sia di dimensioni contenute e non vi sia perdita di vitreo e sia quinsi possibile portare a termine la facoemulsificazione e la rimozione della corticale che nel caso in cui invece la presenza di vitreo in camera anteriore imponga l’esecuzione di una vitrectomia anteriore un errore può essere quello di continuare ad utilizzare i settaggi della fluidica preimpostati all’inizio dell’intervento provocando così una ulteriore fuoriuscita di vitreo. Il vitreo infatti è una sostanza che di per se si muove con difficoltà ad eccezione di quando è idratato e di quando avendo una via di uscita viene sottoposto ad un brusco cambiamento di pressione. È pertanto necessario ridurre il flow rate, il vacuum e
Figura 1. “I never lose vitreous: I always know where I have put it”
Figura 2. Evitare la fluid misdirection sindrome
Errori nella scelta del viscoelastico
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA
Figura 3. Esecuzione della rexi posterior
Figura 4. Impianto della lente nel solco con incarceramento del piatto nella rexi
sorattutto l’irrigazioni a valori che consentano solo il la sostituzione dei volumi che vengono rimossi, o a volte aperta solo a momenti o nei casi più complessi chiusa ripristinando via via la camera anteriore con la sostanza viscoelastica.
pletare l’intervento e non dover riportare una seconda volta il paziente in sala operatoria puo essere portato ad impiantare a tutti i costi, anche quando le condizioni lo sconsiglino cioè per esempio quando non tutti i frammenti sono stati asportati e la camera anteriore non è vuota di vitreo. Inoltre posticipare l’impianto significa anche poter fare con calma tutte quelle valutazioni strumentali (conta endoteliale, gonioscopia, UBM etc.) che ci permetteranno di scegliere l’impianto secondario più indicato in ogni singolo caso (e quindi nel sacco nel solco, in camera anteriore fissazione iridea o sclerale) ed anche valutare il tipo di sedazione più idonea.
Errori nella gestione della fluidica Per quanto riguarda la irrigazione l’utilizzo di una irrigazione controllata sia da un punto di vista quantitativo che di direzione è fondamentale anche per evitare la cosiddetta fluid misdirection sindrome (Figura 2). Questa sindrome può verificarsi sia in presenza di foro capsulare con ialoide integra sia in presenza di prolasso vitreale. Nel primo caso il liquido si può incuneare posteriormente tra ialoide e capsula posteriore determinando una spinta in avanti che porterà ad uno spostamento del diaframma irido-lenticolare,simulando una sindrome da blocco capsulare posteriore se non addirittura una pseudoemorragia espulsiva con il rischio di un improvviso abbassamento od appiattimento della camera anteriore ed aumento della tensione endoculare. Nel caso invece di ialoide interrotta il fluido penetrerà in camera posteriore dove l’idratazione vitreale tenderà a perpetuare il prolasso del vitreo.
Errori al momento dell’impianto Svariati errori abbastanza comuni possono essere effettuati al momento dell’inserimento della IOL il primo dei quali può essere fatto già nel prendere la decisione se impiantare o no. Molto spesso il chirurgo spinto dal desiderio di com-
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Errori nella scelta della sede di impianto Un secondo errore frequentissimo durante l’inserimento della lente è quello di volere impiantare nel sacco anche in caso di rotture estese o dai bordi non regolari o di impiantare nel solco in assenza di un adeguato supporto capsulare. Nel sacco si può impiantare solo nel caso di rotture piccole e dal bordo continuo e laddove questo è possibile, lo si può ottenere tramite l esecuzione di una rexi posteriore (Figura 3). Per un impianto nel solco, accanto alla situazione ideale e cioè quando esiste tutto il supporto della capsula anteriore con una rexi integra cosi che possiamo impiantare incarcerando poi il piatto della IOL nella rexi (Figura 4), occorrono almeno 6 ore residue ampie di capsula anteriore, di cui almeno la metà situate nel quadrante inferiore per garantire un adeguato supporto capsulare.
CHIRURGIA DELLA CATARATTA Errori nella scelta della IOL e nel suo posizionamento Un altro frequente errore può essere fatto al momento della scelta del modello della lente da impiantare. Può capitare che la lente da sacco per esempio sia stata già aperta e non si voglia buttare via, o quella da solco non sia al momento disponibile. Una lente da sacco nel solco è troppo morbida e corta per garantire una corretta centratura e stabilità nel tempo. In questi casi infatti va scelta una lente 3 pezzi con anse in prolene di almeno 13 mm di diametro ed in materiale acrilico (una lente in silicone potrebbe creare problemi in caso di successiva vitrectomia) e con una angolazione posteriore delle loops di almeno 5 gradi. Inoltre è molto importante fare attenzione che la lente sia ben posizionata, in quanto sembra che in più del 40% dei casi una loop sia malposizionata favorendo fenomeni infiammatori cronici e difetti refrattivi come shift miopici od ipermetropici se la lente
è spostata simmetricamente in avanti o indietro e coma in caso di decentramento asimmetrico o tilting. Questi, descritti in questo decalogo sono solo alcuni, forse i più importanti e frequenti, degli errori che possono essere fatti al verificarsi di questo tipo di complicanza. Da una parte pertanto è necessario che i giovani prendano dimestichezza con queste situazioni sia visionando video di eventi avversi sia impratichendosi con le moderne tecniche di vitrectomia posteriore che oltre che a prepararli ad una buona gestione delle complicanze possano liberare il chirurgo del segmento anteriore dal terrore di cimentarsi con il vitreo. Inoltre pensiamo che sia opportuno che anche i chirurghi esperti del segmento anteriore che si sono già cimentati mentalmente con queste situazioni siano capaci di ripetersi saltuariamente e mentalmente quello che deve essere fatto al verificarsi di queste che sono diventate evenienza molto rare.
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA di Leonardo Mastropasqua, Lisa Toto, Luca Vecchiarino, Gennaro Falconio
Che sorprese possibile durante la estrazione con laser a femtosecondi? applicazione della tecnologia laser a femtosecondi alla chirurgia della cataratta costituisce una delle principali innovazioni della moderna chirurgia oftalmica. Attualmente, le principali fasi chirurgiche della chirurgia della cataratta, anche se sicure ed efficaci, sono considerate correlate all’abilità e all’esperienza del chirurgo. La chirurgia della cataratta assistita da laser a femtosecondi (FLACS) consente di effettuare alcuni passaggi della chirurgia in maniera robotizzata riducendo la variabilità del risultato con una standardizzazione della procedura.1,2 Il laser a femtosecondi ha una lunghezza d’onda nel vicino infrarosso e una durata dell’impulso molto breve (dell’ordine di 10-15 secondi). Le incisioni sono prodotte mediante un processo fotodistruttivo che vaporizza la materia, creando un plasma seguito dalla formazione di bolle di cavitazione, che si espandono e collassano separando così il tessuto. La FLACS consiste in quattro fasi: pianificazione del trattamento, aggancio del paziente alla piattaforma laser (docking), visualizzazione/personalizzazione del trattamento e trattamento. Le diverse fasi dell’intervento sono rese possibili dalla presenza di un sistema di visualizzazione del segmento anteriore che può essere di due tipi: 1) tomografia a coerenza ottica (OCT); 2) sistema Scheimpflug-simile. Le incisioni realizzate dalla piattaforma laser sono la capsulotomia, la frammentazione del cristallino, le incisioni corneali in cornea chiara (CCI dall’inglese clear corneal incision) e le incisioni astigmatiche (AK dall’inglese arcuate keratotomy). I dati di letteratura confermano la maggior precisione e riproducibilità dei tagli rispetto alla chirurgia convenzionale con capsulotomie circolari e più centrate,
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incisioni corneali multiplanari e con ridotta variabilità dell’astigmatismo chirurgico indotto e cheratotomie arcuate accuratamente posizionate.3-5 Ciononostante anche la FLACS può associarsi a complicanze chirurgiche in parte correlate ai livelli di energia laser utilizzata, agli errori della fase di pianificazione e/o customizzazione del trattamento, o a anomalie correlate al trattamento laser e/o chirurgico post laser.6-8 Negli ultimi anni l’incidenza delle problematiche chirurgiche associate alla procedura si è notevolmente ridotta con l’evoluzione dei software e della tecnologia laser ma dalle evidenze della pratica clinica e dai dati di letteratura tale tecnologia non risulta ancora scevra da complicanze. La miosi pupillare è una delle complicanze riportate durante FLACS correlata alla iperespressione di citochine infiammatorie dopo la chirurgia laser, particolarmente se dopo uso di energie elevate (Figura 1). Alcuni autori hanno dimostrato una maggior concentrazione di citochine infiammatorie nell’acqueo di pazienti dopo il trattamento laser rispetto alla concentrazione di citochine presenti nell’acqueo di controlli candidati a chirurgia tradizionale dopo l’incisione corneale.9,10 La miosi post laser può essere gestita con midriatici intracamerulari o con viscomidriasi ed essere prevenuta con l’uso di antinfiammatori non steroidei topici prima della chirurgia.11,12 Il processo di fotodistruzione ad elevati livelli di energia durante la frammentazione del cristallino può essere causa dell’accumulo di bolle di gas a livello della capsula posteriore con ulteriore aumento della pressione all’interno della capsula in seguito alla manovra di idrodissezione configurando il quadro della sindrome da blocco capsulare (in inglese Capsular block syndrome) e rischio di rottura della capsula posteriore. Tale complicanza è ormai piuttosto rara
CHIRURGIA DELLA CATARATTA
Figura 1. Miosi post trattamento laser a femtosecondi nella chirurgia FLACS.
grazie all’uso di energie più basse che determinano la formazione di un minor numero di bolle di cavitazione e a manovre di liberazione delle bolle prima dell’idrodissezione o all’esecuzione di una idrodissezione più delicata (Figura 2).13,14 Altra complicanza della chirurgia FLACS riportata con un’incidenza tra lo 0.0% e il 5.3% e la lacerazione radiale della ressi anteriore o fuga della ressi. Il laser a femtosecondi può creare una capsulotomia fluttuante (free floating) ideale per la seconda fase chirurgica del trattamento o può creare un trattamento impreciso o incompleto lasciando delle microadesioni e/o intaccature del bordo della ressi (in inglese tag).15,16 Quest’ultima evenienza generalmente si verifica quando l’occhio o l’interfaccia del paziente si spostano durante la capsulotomia laser assistita.
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Figura 2. Manovra di rilascio delle bolle di gas intrappolate all’interno del sacco capsulare e tra i frammenti del cristallino prodotte dal trattamento laser prima di procedere alla manovra di idrodissezione.
In presenza di microadesioni la capsulotomia deve essere completata manualmente con pinza in maniera circonferenziale seguendo il contorno della capsulotomia, evitando di tirare il lembo verso il centro poiché tale manovra potrebbe determinare la formazione di una fuga anteriore della ressi con il rischio di estensione posteriore della fuga e rottura della capsula quando la pressione endocapsulare aumenta durante l’idrodissezione (Figura 3). Altra complicanza della procedura FLACS è rappresentata dal mal posizionamento delle CCI con possibilità di localizzazione troppo periferica o troppo centrale. Le incisioni corneali troppo marginali rispetto alla pianificazione potrebbero coinvolgere la congiuntiva/limbus ed in tal caso il taglio potrebbe essere incompleto (Figura 4). Le incisioni posizio-
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Figura 3. Completamento della capsulotomia laser in maniera circonferenziale con pinza da ressi (A,B).
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA nate troppo centralmente complicano la fase chirurgica successiva e possono influire sull’outcome visivo.17 Durante la fase di docking le coordinate x ed y sono determinate rispetto al riferimento interno del laser, mentre la coordinata z, cioè la profondità dell’ablazione, è correlata alla valutazione accurata effettuata mediante il sistema di visualizzazione OCT o Scheimpflug-simile dell’interfaccia paziente, della quantità di fluido nell’interfaccia (relativo ai sistemi con interfaccia ad immersione liquida), e dello spessore corneale. La localizzazione errata dell’incisione rispetto al centro pupillare può essere causata da un’errata procedura di pianificazione del trattamento o da piccoli movimenti oculari nel periodo che intercorre tra la pianificazione del trattamento ed il trattamento stesso. Le complicanza relativa all’esecuzione delle AK con laser a femtosecondi è la possibile perforazione corneale che si verifica quando la profondità ottenuta dell’incisione supera quella attesa. Generalmente la profondità delle AK viene pianificata dal chirurgo tenendo in considerazione lo spessore corneale misurato in fase di pianificazione con il sistema di visualizzazione integrato nella piattaforma laser a femtosecondi. La perforazione è causata generalmente da piccoli movimenti oculari successivi alla misurazione con OCT o sistema Scheimpflug-simile o ad un errata identificazione delle superfici corneali anteriore e posteriore di riferimento e generalmente si evidenzia nella fase chirurgica successiva con le variazioni pressorie intraoculari durante la facoemulsificazione o la manovra di irrigazione/aspirazione (Figura 5).
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Figura 4. Localizzazione periferica in prossimità del limbus di una CCI effettuata con laser a femtosecondi
Figura 5. Perforazione di una AK effettuata con laser a femtosecondi che si evidenzia durante la procedura di facoemulsificazione con uscita di umor acqueo (freccia nera).
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA di Roberto Bellucci
Biometria per sostituzione della lente intraoculare ella maggioranza dei casi la lente intraoculare viene sostituita per dislocazione con impossibilità di correzione chirurgica, per le fotopsie causate, e per errore rilevante nel potere stimato quando non sia possibile o disponibile una correzione laser. Cercheremo di esaminare alcuni accorgimenti che ci aiutano a stimare con precisione il potere del nuovo impianto, anche valendoci di citazioni ed esempi tutti reali e tratti dalla nostra esperienza personale.
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La revisione critica della biometria originaria In tutte le situazioni di sostituzione della IOL il calcolo del potere del nuovo impianto è aiutato dalla biometria originaria, dalla conoscenza delle caratteristiche ottiche della lente da sostituire, e dal risultato refrattivo ottenuto con il primo impianto. L’analisi del risultato refrattivo in relazione alla biometria può spiegare una parte delle sorprese refrattive. Dalla formula originaria SRK (P= “A” – 2.5 x AL – 0.9 x K) sappiamo
che 1 mm di errore nella lunghezza assiale induce un errore di circa 2.5 D nel potere dell’impianto, e che un errore di 1 D nella cheratometria ne induce uno di 0.9 D. Se consideriamo invece la formula di Barrett Universal II (www.apacrs.org) l’influenza dell’errore nella misura sul potere dell’impianto e sulla refrazione è circa quella indicata nella Figura 1. Quando abbiamo avuto una sorpresa refrattiva con il primo impianto dobbiamo anche controllare che le condizioni di esecuzione della biometria originaria fossero corrette. Talvolta le macchine mantengono le impostazioni particolari adottate per occhi specifici, ed il tecnico che esegue la biometria può non accorgersene. La Figura 2 riporta una biometria dove era stata lasciata l’impostazione per “olio di silicone” usata per il paziente precedente, con ovvio errore refrattivo risultante. Altre volte è l’obiettivo di una leggera miopia a permanere nello strumento. In un’altra situazione non fu rimossa dal tecnico la lente corneale di -5 D portata dalla paziente, che non la menzionò, con ovvio esito refrattivo miopico. L’errore fu scoperto analizzando a posteriori la biometria che riportava cheratometrie assai più piatte che nell’occhio controlaterale.
L’analisi delle altre cause di errore
Figura 1. Effetto della variazione di un parametro (in rosso) sul foglio di calcolo Barrett Universal II e conseguenze attese sulla refrazione postoperatoria.
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A volte la causa dell’errore non si trova nella biometria originaria, ma nell’analisi clinica dell’occhio pseudofachico. È il caso dell’occhio secco, che può alterare la refrazione anche di 1 D sferica o astigmatica, o di una lente impiantata rovescia o per errore del chirurgo o per compensare una possibile ipermetropia residua. In questi casi l’osservazione della lente in midriasi o la comparazione della profondità di camera nei due occhi può aiutarci a definire la diagnosi.
CHIRURGIA DELLA CATARATTA
Figura 2. Errore dovuto a biometria dove la specifica “Olio di silicone” non era stata tolta.
La nuova biometria Non tutti gli elementi biometrici, di impianto, e refrattivi sono sempre disponibili, ma anche quando li abbiamo è comunque opportuno procedere ad una nuova biometria utilizzando i dati vecchi solo per confronto. La nuova biometria si avvarrà giocoforza di strumenti diversi, che offriranno risultati solo grossolanamente confrontabili con quelli originari. Macchine diverse misurano in maniera diversa stesse entità biologiche, e la stessa ripetibilità della misura con stessa macchina e stesso osservatore è questionabile. Vi è poi da considerare l’effetto della lente intraoculare, calcolato in -0.12+/-0.01 mm da Haigis1 e in 0.1 mm da Chang2. Nella definizione dell’astigmatismo occorre poi tener conto della superficie posteriore della cornea, che ha prodotto fino a 0.75 D al piano dell’occhiale in un nostro paziente. L’errore refrattivo può essere usato per confermare il
potere del nuovo impianto se si conoscono i fattori di refrazione delle lenti, cioè quanto vale 1 D di IOL al piano dell’occhiale. Se non lo si conosce con precisione può essere adottato il fattore 0.6, ad esempio un errore di -0.75 D al piano occhiale è di circa +1.25 D al piano IOL (la IOL è troppo forte). Quando sostituiamo una lente in un occhio con buon risultato refrattivo, ad esempio per fotopsie, diviene talvolta difficile mantenere una refrazione emmetropica. La nuova lente avrà una costante “A” diversa e diverse caratteristiche ottiche, facilitando nuove e diverse insoddisfazioni. Ad esempio nel 2003 una lente asferica di silicone con visus 10/10 naturali fu sostituita per fotopsie con una lente idrofila, con esito in lieve miopia che rese la paziente pur ottantenne molto reattiva. È sempre meglio discutere di queste evenienze con i pazienti, eventualmente accennando alla possibilità di una ulteriore correzione laser, per quanto non gradita e non sempre efficace. Un aiuto può derivare dalla disponibilità della formula di Barrett per il calcolo del potere nei casi di sostituzione della IOL, disponibile sul sito www.apacrs.org, che ci aiuta a tener conto dell’astigmatismo indotto dalla chirurgia. La stampa del relativo foglio di calcolo può aiutarci a documentare con precisione il perché delle nostre scelte.
L’influenza della chirurgia
Figura 3. La sezione della IOL permette la rimozione attraverso incisioni di 2.2 mm.
La rimozione di una lente intraoculare è una procedura molto complessa quando siano trascorsi mesi dall’intervento originario (Figura 3), e frequentemente richiede delle aperture della camera anteriore che sono un poco più ampie di quelle necessarie all’impianto. Come risultato l’astigmatismo indotto dall’incisione è più elevato e difficilmente prevedibile, intro-
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA ducendo un altro elemento di imprecisione refrattiva che diviene spesso importante. La nostra tecnica di rimozione deve quindi essere standardizzata, e può essere preferibile ampliare l’incisione anche un poco in eccesso ma con una lama calibrata per introdurre una quantità più precedibile di astigmatismo.
Conclusione Solo la rara sostituzione della IOL con una identica ma di potere diverso ed impiantata nella stessa sede ci permette di prevedere l’esito refrattivo. In tutti gli altri casi l’analisi critica della vecchia biometria e della refrazione ottenuta, l’esecuzione di una nuova biometria, e l’accurata programmazione chirurgica ci avvicineranno solo a quell’obiettivo refrattivo che i
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pazienti ormai si attendono da noi. Una franca discussione con loro delle difficoltà anche nel calcolo del potere del nuovo impianto è spesso indispensabile.
Bibliografia 1. Haigis W. Pseudophakic correction factors for optical biometry. Graefes Arch Clin Exp Ophthalmol. 2001 Aug;239(8):58998. PubMed PMID: 11585315. 2. Chang SW, Yu CY, Chen DP. Comparison of intraocular lens power calculation by the IOLMaster in phakic and eyes with hydrophobic acrylic lenses. Ophthalmology. 2009 Jul;116(7):1336-42. doi: 10.1016/j.ophtha.2009.01.035. Epub 2009 May 8. PubMed PMID: 19427697.
ATLANTE DELLE INFIAMMAZIONI OCULARI NOVITÀ EDITORIALE
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SUPERFICIE OCULARE di Maurizio Rolando
Vecchi amici, nuove prospettive. Trattare le malattie della superficie oculare sulla base delle nuove conoscenze a Superficie Oculare è un sistema instabile ad alta reattività, capace di adattarsi e gestire, mediante rapide modificazioni anatomiche e funzionali gli stress provenienti dall’ambiente esterno ed interno all’organismo, garantendo il mantenimento dell’integrità anatomica e la corretta funzione. Tuttavia, quando l’insulto è di elevata entità o è persistente il sistema può perdere la capacità di adattarsi e ciò provoca l’insorgenza della malattia, che attraverso circoli viziosi peggiorativi tende ad automantenersi. Nel tempo, la malattia può coinvolgere tutte le componenti del sistema, in modo progressivo, modificando l’anatomia e la funzione in un processo evolutivo verso il peggioramento.1
L
le, dalla pinguecola alla malattia di Stevens Johnson, dalla malattia dell’occhio secco al pemfigoide cicatriziale oculare, è quella di avere uno sviluppo con tendenza all’automantenimento attraverso la formazione di un circolo vizioso caratterizzato sempre da almeno tre componenti patogenetiche: 1) instabilità lacrimale, 2) malfunzionamento o danno epiteliale, 3) infiammazione più o meno clinicamente evidente. Qualunque sia la causa iniziale nel corso della malattia, l’aumentato stato infiammatorio, a cascata, danneggia il funzionamento e l’anatomia dei recettori nervosi, può inoltre estendersi alle strutture del bordo palpebrale che entrano a far parte della malattia diventando a loro volta un serbatoio di infiammazione dell’intero sistema.2 (Figura 1)
Diverse patologie, un unico meccanismo patogenetico: Il circolo vizioso delle disfunzioni lacrimali
Un circolo vizioso che si sviluppa in una malattia cronica
A parte le patologie su base genetica ereditaria, la maggior parte delle malattie della superficie oculare trova origine proprio nella incapacità del sistema “Superficie Oculare” nel suo insieme di compensare all’inerzia o all’iperreattività del sistema immune, vascolare, nervoso od ormonale sotto stress per stimoli fisiologici prolungati o condizioni patologiche. Le più frequenti malattie della superficie oculare sono caratterizzate dalla presenza di fenomeni infiammatori e sono sempre associate a fenomeni di instabilità lacrimale. (Tabella 1) Una delle caratteristiche di tutte le patologie della superficie oculare, dall’allergia alla infezione cornea-
Fino un certo livello, in queste patologie si possono avere cambiamenti ciclici di peggioramento e miglioramento, dipendenti dalla capacità delle strutture neuroanatomiche, immunitarie e secernenti di rispondere alle differenti condizioni ambientali e dell’organismo che intervengono nel tempo. Mentre l’infiammazione reattiva è una risposta fisiologica e generalmente benigna, un processo infiammatorio eccessivo o prolungato può portare a un danno tissutale e ad uno stato di malattia. In risposta ad un insulto esterno di lieve entità, l’epitelio della superficie oculare sana produce modiche quantità di cortisolo per mantenere depressa la ri-
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SUPERFICIE OCULARE Le più frequenti malattie della superficie oculare sono caratterizzate dalla presenza di fenomeni infiammatori e sono sempre associate a fenomeni di instabilità lacrimale: • Cheratiti infettive, tossiche, traumatiche, immuni superficiali • Malattia dell’Occhio Secco • Blefarite cronica • Cherato-congiuntivite allergica • Cherato-congiuntivite tossica (da farmaci topici, da inquinanti ambientali, etc.) • Congiuntivocalasi • Pinguecola • Pterigio e altre neoformazioni corneo congiuntivali rilevate • Anomalie palpebrali (forma e funzione), lagoftalmo, entropion, ectropion • Epiteliopatie • Difetti epiteliali persistenti ed ulcere neurotrofiche,
• Malattie immuno mediate (PUK, ulcere corneali marginali) • Lid wiper syndrome (sindrome del tergicristallo) • Sindrome delle erosioni recidivanti • Iperalgesia corneale • Floppy eye lid syndrome (sindrome della palpebra molle) • Cherato-congiuntivite attinica cronica • Epiteliopatia sand-like • Cherato-congiuntivite limbica superiore • Congiuntivite lignea • Sindrome del muco in fili (mucus fishing syndrome) • Pseudopemfigoide iatrogeno • Pemfigoide oculare cicatriziale • Sindrome di Stevens Johnson
Tabella 1
sposta infiammatoria e in questo modo garantire l’omeostasi del sistema della superficie oculare anche in condizioni di difficoltà che potrebbero scatenare (come succede in altri distretti corporei) reazioni infiammatorie clinicamente rilevanti. Tuttavia, quando le stimolazioni esogene sono persistenti, si verifi-
ca un’eccessiva stimolazione dei recettori Toll-like (TLR), che induce il blocco della sintesi del cortisolo a livello delle cellule epiteliali della superficie oculare.3 (Figura 2) Si parla di para-infiammazione o infiammazionesubclinica, per definire la risposta di adattamento dei
Figura 1. Se il sistema della superficie oculare non riesce ad adattarsi agli stimoli esterni o indotti da eventi avversi si innescano circoli viziosi che tendono ad auto-mantenersi.2
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Figura 2. L’epitelio della superficie oculare normale produce modiche quantità di cortisolo per mantenere depressa la risposta infiammatoria e in questo modo garantire l’omeostasi del sistema della superficie oculare anche in condizioni di difficoltà che potrebbero scatenare (come succede in altri distretti corporei) reazioni infiammatorie clinicamente rilevanti. Tuttavia l’eccessiva stimolazione dei recettori Toll-like (TLR) che avviene in corso di stimolazioni esogene persistenti, riconosciute come patogene, induce il blocco della sintesi del cortisolo a livello delle cellule epiteliali della superficie oculare.3
tessuti allo stress o al malfunzionamento che ha caratteristiche intermedie fra lo stato di calma e lo stato infiammatorio vero e proprio. Se lo stress dannoso o la cattiva funzione è prolungata e non viene rimossa, allora la para-infiammazione (senza più il controllo del cortisolo endogeno) progredisce verso una condizione cronica attraverso le vie classiche ben conosciute e definite dell’infiammazione e porta al danno tissutale. Entra infatti in gioco, il sistema immunitario specifico, dotato di memoria, che riduce in modo significativo le possibilità di recupero.4 In genere, questa condizione infiammatoria, non sempre visibile oggettivamente, in particolare in corso di malattia dell’occhio secco, alterando le condizioni anatomiche e funzionali epiteliali, rende spesso inefficace una terapia con sostituti lacrimali tradizionali ed è alla base dell’insoddisfazione del paziente. Difficilmente quindi, esistono malattie esclusive delle lacrime, della cornea, delle palpebre o della con-
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giuntiva, ma in realtà, tutte le componenti del sistema, dalla lacrimazione all’ammiccamento, sono più o meno coinvolte e devono essere considerate nell’ approccio terapeutico.5 In particolare è utile considerare tutti i fattori che mantengono il circolo vizioso (instabilità lacrimale, malfunzionamento e danno epiteliale, infiammazione che possono essere più o meno associati ad alterazioni palpebrali e cambiamenti funzionali dei nervi) e agire, se possibile simultaneamente, su ciascuno di essi.6 (Figura 3) È necessario pertanto modificare il concetto attuale di terapia della superficie oculare che prende in considerazione gli elementi del sistema considerati separatamente. Se da un lato quindi una terapia con sostituti lacrimali o farmaci con attività non solo stabilizzanti il film lacrimale, ma anche capaci di proteggere l’epitelio ed il suo ambiente, associata al trattamento delle
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Figura 3. I cinque aspetti fondamentali della patogenesi delle malattie della superficie oculare rappresentano i punti imprescindibili della diagnosi ed il bersaglio della terapia.6
alterazioni palpebrali è indispensabile; dall’altro bisogna sottolineare che in tutte le malattie della superficie oculare la gestione dell’infiammazione subclinica o clinicamente manifesta assume un ruolo fondamentale. Di seguito sono elencati i 10 principi che sono alla base della necessità di un approccio terapeutico corretto, per tempi e strumenti, all’infiammazione nei pazienti con malattie a carico della superficie dell’occhio: 1) La superficie oculare è un sistema in equilibrio (omeostasi) instabile. 2) Le malattie della superficie oculare derivano dall’ incapacità del sistema di adattarsi a stress ambientali interni ed esterni all’organismo. 3) Il sistema di regolazione dell’infiammazione è la via principale attraverso la quale si mantiene l’omeostasi fisiologica del sistema. 4) L’infiammazione quindi è un evento benefico per la superficie oculare. L’eccesso di infiammazione per quantità e durata è il vero nemico del sistema. 5) Per proteggersi dal possibile eccesso, per entità e tempo, di infiammazione legato a condizioni ambientali difficili (esterne od interne all’organismo), le cellule degli epiteli della superficie oculare producono cortisolo (idrocortisone).3 6) Quando il sistema percepisce l’insulto come pericoloso o troppo persistente, si ha l’attivazione di recettori specifici a scopi difensivi, la produzione di cortisolo viene sospesa e viene consentito lo sviluppo dell’infiammazione.
7) La Para-infiammazione4 (una infiammazione subclinica) è una reazione immune locale sub clinica e di basso livello causata da induttori endogeni (che possono non essere riconoscibili utilizzando i bio-marcatori comuni dell’infiammazione), in modo da adattare il tessuto all’ambiente dannoso e mantenerne una funzionalità adeguata. In altre parole la para-infiammazione è uno stato intermedio tra l’omeostasi salutare e l’infiammazione cronica. 8) Se lo stress dannoso o la cattiva funzione sono prolungati e non vengono rimossi, la para-infiammazione progredisce verso una condizione cronica attraverso le vie classiche, ben conosciute e definite, dell’infiammazione e porta al danno tissutale. 9) Le strutture anatomiche e i processi funzionali della superficie oculare sono alterati e i tempi di recupero per ricostruirne l’omeostasi, interrompendo in più punti il circolo vizioso, sono lunghi. 10) Dal momento che il fine della terapia è quello di inibire l’auto-mantenimento di un circolo vizioso, spesso presente da tempo, associato ad alterazioni anatomiche, e ricreare la calma del sistema, la terapia anti infiammatoria non può essere violenta e tantomeno breve. I prodotti disponibili sul mercato italiano con attività antiinfiammatoria sono gli steroidi, la ciclosporina, gli acidi grassi polinsaturi omega-3 ed i FANS. I più conosciuti ed efficienti tra questi sono sicuramente gli steroidi, la ciclosporina oggi è riservata a casi specifici: malattia dell’occhio secco con chera-
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SUPERFICIE OCULARE titi gravi non rispondenti alle terapie convenzionali, e cherato-congiuntivite allergica primaverile, i FANS sono poco usati, per tempi lunghi, per la loro tossicità epiteliale intrinseca, e l’attività degli omega-3 è volta ad accelerare la risoluzione fisiologica dell’infiammazione più che a contrastarla.7-8 Tuttavia, l’indice terapeutico del trattamento prolungato con gli steroidi è generalmente basso. Infatti il trattamento topico protratto nel tempo con corticosteroidi può indurre lo sviluppo di una cataratta sotto capsulare posteriore, di una infezione, di ipertensione oculare e glaucoma. La propensione dei corticosteroidi ad indurre effetti collaterali avversi dipende in gran parte dalla loro struttura, dalla loro potenza, dalla dose utilizzata e soprattutto dalla durata del trattamento. In altre parole, il corticosteroide ideale per le patologie che consideriamo dovrebbe essere capace di fornire un’attività antinfiammatoria a livello della superficie anteriore dell’occhio, per tempi prolungati, mantenendo una buona tollerabilità. Per ridurre la frequenza degli effetti avversi, sono stati sviluppati i cosiddetti steroidi soft (per esempio lotprednolo)9, che sebbene non capaci di evitare completamente gli effetti avversi, riducono il rischio di alcuni di essi, soprattutto l’aumento della pressione oculare. Inoltre sono stati sviluppati i cosiddetti “steroidi di superficie” (ad esempio: fluorometolone e clobetasone). Sulla base delle loro proprietà farmacocinetiche, la loro difficoltà di penetrare la cornea indenne assicurerebbe una frequenza minore di effetti avversi a livello della pressione oculare o della trasparenza del cristallino. Nondimeno non può essere trascurato che probabilmente, nella maggior parte delle patologie della superficie oculare, la permeabilità dell’epitelio è aumentata e la capacità di mantenere “di superficie” questo tipo di steroidi è molto ridotta. L’idrocortisone (cortisolo) è un corticosteroide naturale ad azione veloce, prodotto in condizioni normali dalle ghiandole surrenali, ma anche dall’epitelio della superficie oculare, percepito di bassa potenza, il cui uso topico come collirio è generalmente considerato avere una ridotta prevalenza di effetti oculari collaterali con un ottimo profilo di sicurezza.10 Dati recenti sperimentali suggeriscono che l’utilizzazione di formulazioni a bassissima concentrazione di cortisolo (es. 0,001%) associate a ialuronato di sodio che ne favorisce la permanenza in situ, siano in grado di fornire una sufficiente attività in presenza di stimoli infiammatori a livello delle cellule della superficie, senza passaggio in camera anteriore, garantendo quindi dal rischio dei più temibili effetti collaterali del cortisone.11-12
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Dal momento che le malattie della superficie oculare sono spesso persistenti e possono presentare episodi recidivanti di infiammazione, sarebbe utile nella pratica clinica avere un preparato efficace e sicuro da poter usare liberamente per quanto riguarda il numero ed il tempo delle instillazioni, in modo da ridurre il fenomeno infiammatorio ed in questo modo migliorare la qualità della vita dei pazienti. Nel quadro di un approccio dinamico alla terapia, la disponibilità di sostituti lacrimali associati a dosaggi minimi di cortisolo (idrocortisone) per questo estremamente modulabili nella frequenza di instillazione così da coprire oltre che i problemi di instabilità lacrimale anche l’eccesso di infiammazione, appare oggi una delle più interessanti opzioni di trattamento disponibili per la ricostruzione dell’omeostasi della superficie oculare. Una ipotesi di trattamento potrebbe dunque prevedere: 1) eliminare, correggere o limitare l’agente causale (infezione, tossicità, trauma locali, reazioni immuni locali o malattie sistemiche) 2) proteggere gli epiteli: ridurre la frizione palpebrale, l’eccesso di evaporazione (osmolarità) aumentare il turnover dei fluidi al davanti della superficie, in modo di allontanare i fattori tossici, ripristinare le capacità di difesa dell’epitelio fisica (secrezione di mucine trans-membrana, giunzioni strette, etc.) e immune (migliorare la capacità secernente e i livelli di cortisolo) 3) ridurre lo stato infiammatorio: a. utilizzando anti infiammatori più o meno potenti in modo da ridurre il più velocemente possibile la sorgente del danno e la risposta riparatrice violenta e veloce che spesso si associa a fenomeni cicatriziali lesivi per la visione e l’omeostasi del sistema. b. quando la risposta infiammatoria maggiore è almeno parzialmente sotto controllo, passare ad una terapia con attività diluente, lubrificante, protettiva, anti infiammatoria prolungata e facilmente dosabile in modo da: i. impedire recrudescenze dell’infiammazione; ii. ridurre la frequenza e l’entità dei possibili “spikes” infiammatori; iii. poter modularne la frequenza a seconda delle necessità della superficie oculare, scalando in modo progressivo il trattamento in periodi di “decalage” lunghi in modo da consentire la ricomparsa delle condizioni anatomiche e funzionali utili alla ricostruzione ed al mantenimento dell’omeostasi della superficie oculare.
SUPERFICIE OCULARE Bibliografia
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2. Report of the International Dry-Eye WorkShop (DEWS) 2007
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12. Bucolo C. et al EVER congress Nizza (FR) 4 – 6 ottobre 2018. Poster n. S043 Acta Ophthalmologica Volume 96, Issue S261 December 2018.
11. Bucolo C. et al. EVER congress Nizza (FR) 4 – 6 Ottobre 2018. Poster n. S033 Acta Ophthalmologica Volume 96, Issue S261 December 2018.
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA di Edoardo Ligabue
Chirurgia refrattiva della cataratta: rendiamola semplice con l’alta tecnologia intervento di cataratta è diventato negli ultimi anni una delle procedure chirurgiche con il più alto tasso di sofisticazione tecnologica.1 Le mutate necessità visive e la diminuzione dell’età media di insorgenza della cataratta hanno cambiato in maniera importante le finalità dell’intervento, non è più puro e semplice recupero funzionale, ma è soprattutto miglioramento della qualità della vita grazie alla maggior indipendenza dall’utilizzo degli occhiali. Da qui la definizione di chirurgia refrattiva della cataratta per sottolineare la particolare e diversa attenzione che viene posta dal chirurgo nelle scelte prima, durante e dopo l’intervento.
L’
Il paziente al centro Il paziente con il passare del tempo è diventato sempre più protagonista, complice soprattutto la crescente quantità di informazioni reperibili su internet. Una situazione che, oggi più che mai, il chirurgo deve gestire attentamente per non lasciarsi trascinare dai desideri del paziente, a volte impossibili da esaudire. Il rapporto chirurgo-paziente diventa dunque fondamentale e richiede un attento lavoro di condivisione e di spiegazione non solo delle varie soluzioni disponibili e della tecnologia/tecnica utilizzata, ma anche dei vantaggi e delle eventuali complicanze che eventualmente potrebbero insorgere. Ogni informazione condivisa assume un ruolo fondamentale ed è importante per mantenere la tranquillità nei confronti dell’intervento, ma soprattutto nell’evitare fraintendimenti e false aspettative.
L’alta tecnologia disponibile La chirurgia della cataratta negli ultimi anni ha subito una grande evoluzione raggiungendo livelli impor-
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tanti soprattutto in termini di precisione, efficacia e sicurezza, grazie anche un costante sviluppo tecnologico. Analizzando le fasi chirurgiche, per la buona riuscita di un intervento quella diagnostica pre-operatoria assume sicuramente un ruolo fondamentale, perchè bisogna esplorare tutte le componenti oculari coinvolte. È ben noto quanto il film lacrimale possa influenzare i calcoli biometrici generando “noise”, artefatti ed imprecisione dei risultati refrattivi2; partiamo dunque dalla superficie oculare, con una analisi delle condizioni del film lacrimale utilizzando un sistema dedicato che consenta di oggettivare il menisco lacrimale, il NIBUT, lo stato delle ghiandole di Meibomio ed infine la osmolarità lacrimale. Successivamente è importante un’analisi della cornea con una topografia, possibilmente Scheimpflug o l’OCT, per ottenere i dati della superficie anteriore e posteriore. (Figura 1) Oggi attraverso un sistema di acquisizione, pianificazione e guida come VERIONTM Image Guided System è possibile sia raggiungere il risultato refrattivo desiderato in maniera sistematica, eliminando le variabili manuali legate alle fonti di errore refrattivo (misurazioni dell’occhio, selezione della IOL, incisioni, posizionamento della IOL), sia eseguire un piano chirurgico personalizzato3. (Figura 2) Nell’intervento di cataratta l’utilizzo di un laser a femtosecondi come LenSx® Laser System consente di ottenere incisioni corneali ripetibili, una capsulotomia precisa e centrata per un miglior posizionamento della IOL nel sacco capsulare ed una facoemulsificazione semplificata ed affidabile per evitare
CHIRURGIA DELLA CATARATTA
Figura 1. Analisi aberrometrica IOL multifocale post op
rotture della capsula e risparmiare l’energia dissipata con gli ultrasuoni indipendentemente dalla tecnica di divisione del nucleo che viene utilizzata. Docking e programmazione del laser sono diventati ormai ancora più semplici, mentre la migliorata definizione dell’OCT consente un perfetto posizionamento delle incisioni, della capsulotomia e del pattern di frammentazione. Il docking si avvale adesso della possibilità di scegliere l’interfaccia SoftFit più adatta alla conformazione della cornea del paziente: piatta (< di 40 dt.) normale (tra 40 e 47 dt.) oppure curva (> di 47 dt.). Infine l’interfaccia con il VERIONTM Image Guided System allinea il trattamento con le immagini acquisite in sede pre operatoria cosi da
rispettare perfettamente la posizione prevista per la IOL e soddisfare i calcoli programmati.3-4 La fase chirurgica di facoemulsificazione ritrova ancora protagonista la tecnologia del VERIONTM Image Guided System, attraverso la quale è possibile riallineare il bulbo come programmato nella fase preoperatoria e procedere successivamente all’impianto della IOL rispettando l’asse dell’astigmatismo calcolato e l’asse visivo, centrandolo perfettamente nel caso dell’impianto di una lente multifocale.3 Una tecnologia dunque che permette di eseguire un intervento sicuro, preciso e con risultati refrattivi ottimali sfruttando al massimo le prestazioni delle IOLs ad alta tecnologia.
Perché è più semplice
Figura 2. VERIONTM Image Guided System
Ad un primo approccio tutta questa tecnologia può far storcere il naso ma se vogliamo ottenere dei risultati affidabili ed in linea con i desideri e le aspettative dei pazienti dobbiamo sviluppare e seguire una routine che comprenda tutta la tecnologia descritta fino ad ora. Superata la necessaria fase di apprendimento sarà poi intuitivo utilizzarla, apprezzandone l’aiuto nel prendere le decisioni ed il controllo nella procedura chirurgica che mette al riparo da possibili sorprese e complicazioni. Nonostante la chirurgia standard sia consolidata dal punto di vista della sicurezza e dell’efficacia, ricorrere
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA alle nuove tecnologie come l’utilizzo del femtolaser permette di raggiungere livelli di precisione e ripetibilità irraggiungibili anche dalla mano del chirurgo più esperto. Migliorare dunque lo standard chirurgico non può che dare nuovo impulso alla professionalità del chirurgo rendendo nuovamente interessante una chirurgia che, forse, era diventata un pò monotona.5
Perché i risultati sono migliori Dopo tanti anni, le discussioni su chi afferma la superiorità dell’intervento femtoassistito e su chi lo giudica una inutile complicazione, non sono ancora sopite. Andando a rivedere i dati in letteratura si scopre che le due procedure si equivalgono solo se nel caso in cui vengano confrontati dati semplici come l’acutezza visiva e le complicanze. Al contrario, analizzando gli aspetti più fini dell’intervento, come la conta delle cellule endoteliali6, la precisione del risultato refrattivo, le aberrazioni post operatorie e la quantità di ultrasuoni utilizzata, si scopre che in realtà il femtolaser offre dei vantaggi. Indubbiamente la tecnica chirurgica standard produce dei risultati molto buoni e per ottenere anche solo un poco di più bisogna impegnarsi con una tecnologia complessa ma efficace. L’utilizzo dell’alta tecnologia richiede investimenti economici e l’iniziale dedizione per superare la curva di apprendimento, ma i risultati parlano da sè. La certezza di ottenerli è
Figura 3. Programmazione LenSx® Laser System
legata al fatto di avere a disposizione degli aiuti tecnologici che riducano moltissimo la variabilità nell’esecuzione dei vari passaggi chirurgici pur lasciando al chirurgo il suo fondamentale valore, indispensabile per un corretto utilizzo della tecnologia.7
Esperienza personale Sono ormai quasi 8 anni che che utilizzo la tecnologia femtolaser nella cataratta ed ormai effettuo quasi
Figura 4. Immagine video microscopio con immagine OCT correlata del LenSx® Laser System
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA il 100% degli interventi femtoassistiti. Da diversi anni ho iniziato ad utilizzare sistemi di guida intraoperatori per il posizionamento della IOL e incrementando l’impianto di IOLs toriche fino al 76% dei pazienti. La mia filosofia è quella di considerare la IOL da impiantare esattamente come se si trattasse di un occhiale, correggendo sempre il cilindro, là dove presente, e fornendo al paziente una qualità di visione superiore. Ad ogni paziente vengono sempre eseguiti tutti gli esami pre operatori per avere dei dati più congruenti possibili, ed in caso contrario, per avere un campanello d’allarme ed approfondirne i motivi. Il sistema computerizzato di acquisizione immagini ed allineamento IOL è collegato in rete con la sala operatoria, con il femto laser, con il faco e con il microscopio in modo da seguire sempre l’occhio del paziente, riconoscerlo e procedere step by step a tutte le fasi chirurgiche come programmato nel planning operatorio. Durante la facoemulsificazione cerco sempre di sfruttare le caratteristiche della fluidica attiva del faco di ultimissima generazione per aspirare il nucleo lavorando più con il vacuum che con gli ultrasuoni. La aspirazione delle masse corticali a volte può essere più difficoltosa nella femtocataratta perché bisogna andarle a prendere bene sotto la capsula anteriore, l’utilizzo dei manipoli a due vie rende molto più semplice questo passaggio perché utilizzo un manipolo trasformabile che consente di passare in un attimo dalla tecnica coassiale alla bimanuale quando necessario. Dopo l’intervento oltre ai consueti controlli effettuo sempre una analisi aberrometrica per verificare il corretto allineamento e centratura della IOL.
Conclusioni Il progresso tecnologico negli ultimi decenni ha contribuito decisamente al miglioramento della
qualità della vita delle persone. Nel nostro campo l’alta tecnologia applicata alla chirurgia della cataratta ne ha modificato la finalità rendendola refrattiva e permettendo al paziente di migliorare la propria qualità visiva ed anche di vita liberandolo dalla necessità di occhiali correttivi. Il chirurgo oftalmologo ha oggi a disposizione una suite di strumentazione ormai matura ed efficiente in grado di garantire risultati che mantengono le aspettative, ripetibili e sicuri.8
Bibliografia 1. Geetha Davis, MD . The Evolution of Cataract Surgery. 5862, 113:1, January/February 2016 Missouri Medicine 2. Yuli Park, Hyung Bin Hwang, Hyun Seung Kim Observation of Influence of Cataract Surgery on the Ocular Surface PLoS One. 2016; 11(10): e0152460 3. VERIONTM Image Guided System DFU Alcon 4. LenSx® Laser System DFU Alcon 5. Geetha Davis, MD. The Evolution of Cataract Surgery. 5862, 113:1, January/February 2016 Missouri Medicine 6. Pahlitzsch M, Torun N, et al.Impact of the Femtosecond Laser in Line with the Femtosecond LaserAssisted Cataract Surgery (FLACS) on the Anterior Chamber Characteristics in Comparison to the Manual Phacoemulsification. Semin Ophthalmol. 2017;32(4):456-461. doi: 10.3109/08820538.2015.1119859. 7. Baciu, P, Farley, N, Komati, R, et al Comparison of refractive outcomes after cataract surgery with toric intraocular lens implantation: Traditional phacoemulsification with and without intraoperative aberrometry versus laser assisted cataract surgery with intraoperative aberrometry; a retrospective review. Investigative Ophthalmology and Visual Science; 57 (12):1311. (2016) 8. TV Roberts, M Lawless, ,G Sutton, C Hodge, Update and clinical utility of the LenSx femtosecond laser in cataract surgery Clin Ophthalmol. 2016; 10: 2021–2029.
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INTERAZIONI di Giuseppe Grandi, Raffaella Cipriani, Claudio Panico, Rossana Cavallo
Le resistenze antibiotiche in ambito oftalmologico e l’effetto antisettico dell’olio ozonizzato in liposomi per uso topico su ceppi multi-resistenti Introduzione In uno studio condotto su 15.517 casi positivi riscontrati negli ultimi trent’anni (1988-2017) presso l’Ospedale Oftalmico di Torino, il 73% delle infezioni oculari è risultato essere sostenuto da Gram positivi. Lo Staphylococcus aureus (SA) è stata la specie più isolata (30%), seguita dagli Streptococcus spp. (STR) (24%), Streptococcus pneumoniae (SP) (10%), Stafilococchi coagulasi negativi (CoNS) (5%) e Pseudomonas aeruginosa (PA) (6%). Nel periodo analizzato per SA si è registrato un aumento della resistenza verso gli Amminoglicosidi (dal 10% al 30%), verso i Fluorochinoloni (dal 10% al 30%) e un lieve trend in diminuzione per il Cloramfenicolo. Per i CoNS è stato invece registrato un aumento verso alcuni Flurochinoloni (dal 20% al 50%). Per gli STR un aumento per i Fluorochinoloni (dal 1% al 12%), mentre solo per lo SP è stato evidenziato un trend in diminuzione per Tetraciclina e Cloramfenicolo. Per le Enterobacteriaceae è stato registrato un trend in aumento verso gli Amminoglicosidi (dal 10% al 30%) e l’Ampicillina (dal 70% al 90%). Per lo PA non sono stati registrati aumenti statisticamente significativi1. Tenendo conto del progressivo aumento delle antibiotico-resistenze2,3,4,5 e della necessità di trovare delle molecole in grado di combatterle in maniera efficace, si è avviato presso l’Ospedale Molinette di Torino uno studio sull’azione antisettica degli oli ozonizzati per uso topico oculare. Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare qualitativamente e quantitativamente l’attività anti-
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batterica della soluzione di olio ozonizzato in liposomi per uso oftalmico6,7 su ceppi batterici multiantibiotico-resistenti, ovvero resistenti ad almeno 3 classi di antibiotici.
Materiali e Metodi Dalla ceppoteca batterica della Struttura Complessa di Microbiologia e Virologia dell’Università “Città della Salute e della Scienza” di Torino – P.O. Molinette, sono stati selezionati 70 microrganismi tra i ceppi frequentemente coinvolti nell’insorgenza di infezioni oculari, comprese le endoftalmiti: - 20 Pseudomonas aeruginosa (PA MDR) - 20 Staphylococcus aureus meticillino resistenti (MRSA) - 20 Staphylococcus epidermidis meticillino resitenti (MRSE) - 10 Streptococcus species. Tutti i microrganismi selezionati presentano profili di multi-antibiotico resistenza e sono quindi dotati di un elevato livello di patogenicità, ad eccezione dei ceppi di Streptococcus spp.. Per valutare qualitativamente l’attività antibatterica al centro della piastra di Mueller Hinton (BD) seminata per spatolamento con una concentrazione batterica 0,5 McFarland* sono stati depositati 75 µl di olio ozonizzato in liposomi ed è stata osservata la crescita dei microrganismi dopo incubazione a 37°C a 2, 4, 6, 8 e 24 ore. La valutazione quantitativa dell’attività antibatterica della soluzione ozonizzata è stata ottenuta confron-
INTERAZIONI
Tabella 1. Risultati del test di suscettibilità alla formulazione a base di olio ozonizzato in liposomi di vari strain microbici multi-antibiotico resistenti
tando la popolazione in esame con quella di controllo. Per la popolazione in esame sono stati aggiunti a 500 µl di olio ozonizzato in liposomi 5 µl di una soluzione 0,3 McFarland* diluita 1:10. Le soluzioni così ottenute sono state incubate per 5, 15, 30, 60 minuti e overnight. Dopo i diversi tempi di incubazione sono stati seminati su una piastra di agar sangue (BD) 10 µl di soluzione e la lettura delle piastre è stata effettuata dopo 24 ore di incubazione a 37°C. Per la popolazione di controllo invece dell’olio ozonizzato in liposomi è stata utilizzata fisiologica.
Figura 1. Effetto dell’olio ozonizzato in liposomi dopo 8 ore su colture di batteri multi-antibiotico resistenti in terreno di coltura favorente la crescita
Risultati Nella valutazione qualitativa a 2 e 4 ore nessun ceppo batterico presentava crescita nella piastra, di conseguenza non è stato possibile valutare ancora l’efficacia della soluzione ozonizzata. A 6 ore, in presenza della soluzione ozonizzata, è stata osservata un’assenza della ricrescita per tutti i ceppi di batteri multiresistenti, ed a 8 ore solo il 20% dei ceppi di PA MDR iniziava a ricrescere dove era stata depositata la soluzione ozonizzata (Tabella 1). Ad 8 ore, pertanto, il 94% dei ceppi batterici multiantibiotico resistenti presi in esame non presentava ricrescita, nonostante la presenza del terreno di coltura favorente la loro proliferazione (Figura 1). In particolare, nel 70% dei ceppi di Streptococcus spp. la crescita batterica è risultata inibita anche a
24 ore. Il restante 30% (ceppi di Streptococcus agalactiae), presentavano inibizione della crescita a 6 e 8 ore, ma a 24 ore risultavano essere ricresciuti dove era stata deposta la goccia di olio ozonizzato in liposomi. Nella valutazione quantitativa per Staphylococcus aureus multi-antibiotico resistente, nel 40% dei ceppi si è registrata una diminuzione della conta microbica già a 5 minuti, ed una seconda ulteriore diminuzione a 30-60 minuti in media del 20% circa, ed una terza diminuzione dopo incubazione overnight di un ulteriore 10% circa (Figura 4). Nella valutazione quantitativa per Pseudomonas aeruginosa multi-antibiotico resistente si è registrata nell’80% dei ceppi un’inizia-
Figura 2. Effetto dell’olio ozonizzato in liposomi dopo 8 ore su colture di batteri multi-antibiotico resistenti in terreno di coltura favorente la crescita
Figura 3. Effetto dell’olio ozonizzato in liposomi dopo 24 ore su colture di batteri multi-antibiotico resistenti in terreno di coltura favorente la crescita
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INTERAZIONI Dallo studio qualitativo e quantitativo si deduce che la somministrazione ripetuta di ozono in collirio, come avviene nella normale pratica clinica, consente una significativa inibizione della carica microbica di patogeni multiresistenti. In base a questi risultati microbiologici incoraggianti, si è intrapreso uno studio multicentrico internazionale per valutare l’attività del collirio nei pazienti da sottoporre ad intervento di cataratta (Studio ELOOOM).
Figura 4. Effetto dell’olio ozonizzato in liposomi dopo 5minuti di incubazione e dopo 60 minuti
le diminuzione della carica del 10-20% rispetto alla popolazione in esame nella fascia temporale dei 3060 minuti, mentre una seconda ulteriore diminuzione della carica microbica (dal 40% al 100%) è registrata dopo la fase overnight. I dati per Staphylococcus epidermidis e Streptococcus spp. non sono ancora a nostra disposizione, essendo il lavoro ancora in corso nel momento della stesura dell’articolo.
Conclusioni Nonostante la presenza del terreno di coltura favorente la proliferazione microbica, è stata osservata un’assenza di crescita per 6 ore dalla deposizione della soluzione a base di olio ozonizzato su tutti i ceppi microbici multi-antibiotico resistenti presi in esame, e per 8 ore nel 94% dei ceppi totali. I microrganismi testati presentano una diversa capacità di ricrescere dove era stata deposta la goccia di olio ozonizzato in liposomi a seconda del tipo di ceppo batterico e del profilo di antibiotico resistenza. Per alcuni ceppi batterici multi-resistenti presi in esame è stato registrato un abbattimento della carica microbica variabile a seconda della specie batterica e del singolo microrganismo. Sembra quindi confermata l’attività antibatterica dell’ozono anche nei confronti di microrganismi multi-antibiotico resistenti.
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Bibliografia 1. Grandi G., Bianco G., Costa C., et al. “Bacterial aetiology and antimicrobial resistance trends in ocular infections: a 30year study, Turin, Italy” - in corso di pubblicazione 2. Asbell PA, Pandit RT, Sanfilippo CM. “Antibiotic Resistance Rates by Geographic Region Among Ocular Pathogens Collected During the ARMOR Surveillance Study”- Ophthalmol Ther. 2018 Dec;7(2):417-429 3. Giardini F, Grandi G, De Sanctis U, et al. ”In vitro susceptibility to different topical ophthalmic antibiotics of bacterial isolates from patients with conjunctivitis” - Ocul Immunol Inflamm. 2011 Dec;19(6):419-21 4. Attisano C, Cibinel M, Strani G, et al. “Severe Ocular Bacterial Infections: A Retrospective Study Over 13 Years” - Ocul Immunol Inflamm. 2017 Dec;25(6):825-829 5. Grandi G. Attisano C. Strani G. et al. “Antibiotic susceptibility: a 20 years experience” - 7° International Conference of Ocular Infections - Barcellona Sept. 2015 6. Sechi L.A., Lezcano I., Nunez N., et al. “Antibacterial activity of ozonized sunflower oil (Oleozon)” Journal of Applied Microbiology 2001; 90:279-284 7. Spadea L., Tonti E., Spaterna A., et al. ”Use of Ozone-Based Eye Drops: A series of Cases in Veterinary and Human Spontaneus Ocular Pathologies”- Case Rep Ophtalmol 2018; 9:287-298
* La concentrazione 0,5 Mc Farland è uno standard microbiologico che corrisponde a 1,5X108 UFC, 0,3 Mc Farland corrispondono a 1X108 UFC. La scelta della concentrazione batterica è stata fatta per rendere lo studio significativo in vitro pur non rappresentando, date le alte concentrazioni delle soluzioni batteriche impiegate, la situazione che si avrebbe in vivo. Quest’ultimo aspetto verrà approfondito in ulteriori studi ad ora in corso.
ANGIO OCT NELLA PRATICA QUOTIDIANA NOVITÀ EDITORIALE
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NEWS DALLE AZIENDE
La significativa prevalenza delle patologie della superficie oculare e la profonda conoscenza dei loro meccanismi patogenetici portata alla luce dal consesso scientifico internazionale, hanno attirato l’attenzione di numerose aziende oftalmiche negli ultimi anni alimentando lo sviluppo di farmaci anche innovativi. Queste patologie comportano un disagio notevole per il paziente sia dal punto di vista sintomatologico che visivo. La superficie oculare è una sorta di “sistema integrato”, con un cross-talk biologico che in condizioni patologiche risulta alterato. In questo contesto, il film lacrimale rappresenta “il perno” attorno al quale si deve ristabilire l’omeostasi e quindi l’equilibrio del sistema. Non esiste condizione patologica oculare (allergica, traumatica, infettiva, iatrogena) che non comporti un’alterazione del film lacrimale. Questa, se ricorrente o protratta nel tempo, innesca un circolo vizioso e quindi una condizione patologica subdola, caratterizzata da instabilità lacrimale, da un’alterazione degli epiteli e da una flogosi subclinica, lieve ma tendente alla cronicizzazione, che esprime il tentativo del “sistema” di recuperare l’omeostasi in condizioni critiche. Questa condizione infiammatoria, per lo più non manifesta clinicamente, non è sensibile all’azione dei sostituti lacrimali tradizionali e di conseguenza alimenta la patologia spingendo il paziente sofferente costantemente alla ricerca di una terapia risolutiva. D’altra parte, di fronte ad una flogosi subclinica, l’impiego di farmaci antinfiammatori steroidei o FANS per uso topico, per la loro scarsa tollerabilità, potrebbe essere non appropriato. Questi farmaci infatti sarebbero una soluzione troppo potente e aggressiva rispetto all’entità del problema. Alfa Intes da oggi mette a disposizione dell’Oftalmologo uno strumento terapeutico innovativo, specifico per questo quadro clinico. Con questo intento, ha infatti progettato e sviluppato la formulazione di una “Lacrima Farmacologicamente Attiva”, in grado di intervenire sui prodromi di un quadro patologico infiammatorio della superficie oculare. È nato così Idroflog, e con esso una nuova classe di sostituti lacrimali, la P.A.T. (Pharmacological Artificial Tears). Idroflog è un collirio monodose a base di acido ialuronico 0.2% e di idrocortisone sodio fosfato 0,001%. Questo dispositivo medico di classe III, con farmaco con funzione accessoria, è un sostituto lacrimale innovativo. Interviene su tutte le componenti patogenetiche della malattia grazie alla sua “doppia anima”, stabilizzante il film lacrimale da una parte e antinfiammatoria dall’altra. Idroflog è un collirio sicuro (non supera la cornea) ed è estremamente maneggevole. L’acido ialuronico 0,2% stabilizza il film lacrimale, favorisce i processi riparativi in modo fisiologico e diluisce la “lacrima tossica”, ricca di agenti tossici e proteine infiammatorie. L’idrocortisone 0,001%, conferisce al collirio la capacità di prevenire o controllare la flogosi subclinica correlata alle disfunzioni lacrimali con un ottimo profilo di sicurezza.
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Campagna di prevenzione dellâ&#x20AC;&#x2122;ambliopia NTE A T R O P M I Ã&#x2C6; Ã&#x2030; H SCOPRI PERC ARE GLI OCCHI CONTROLL ANNI DI VITA! SIN DAI PRIMI INIZIATIVA PROMOSSA DA
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FIRENZE 19-21 marzo 2020
CONGRESSO 2020 AICCER
Associazione Italiana di Chirurgia della Cataratta e Refrattiva