LA VOCE
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ASSOCIAZIONE ITALIANA di CHIRURGIA della CATARATTA e REFRATTIVA
RIVISTA SCIENTIFICA DI INFORMAZIONE
EDITORIALE di Paolo Vinciguerra INTERAZIONI di Vincenzo Orfeo Chirurgia della cataratta
2 2019
• Pearls per il chirurgo della cataratta • Un approccio “di precisione” in pazienti con cataratta congenita mediante l’analisi dell’esoma • Il ruolo dell’ozono veicolato da liposomi nella terapia infettiva e riepitelizzante della superficie oculare • La cataratta nel grande anziano: gestione della chirurgia della cataratta in pazienti più fragili e con comorbidità oculari e sistemiche. Consensus Conference Crosslinking • Consensus Conference congresso SITRAC 2019 Quando fare il crosslinking e quando aspettare o non fare
FGE S.r.l. - Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Trimestrale nr. 1/19 - Anno XXI
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ASSOCIAZIONE ITALIANA DI CHIRURGIA DELLA CATARATTA E REFRATTIVA Responsabile Editoriale Scipione Rossi
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LA VOCE
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ASSOCIAZIONE ITALIANA dI CHIRURGIA dELLA CATARATTA E REFRATTIVA
Vice-Direttore Editoriale Dario Aureggi
RIVISTA SCIENTIFICA DI INFORMAZIONE
Direttore Responsabile Ferdinando Fabiano
EDITORIALE di Paolo Vinciguerra INTERAZIONI di Vincenzo Orfeo
Comitato Pubblicazioni AICCER Giovanni Alessio, Roberto Bellucci, Vincenzo Orfeo, Riccardo Sciacca Redazione Segreteria AICCER AIM Group International - Milan Office Via G. Ripamonti 129 - 20141 Milano tel. 02 56601.1 - fax 02 70048578 e-mail: segreteriaaiccer@aimgroup.eu Scipione Rossi e-mail: scipione.rossi@gmail.com
ChIRuRgIA DELLA CATARATTA
2 2019
• Pearls per il chirurgo della cataratta • Un approccio “di precisione” in pazienti con cataratta congenita mediante l’analisi dell’esoma • Il ruolo dell’ozono veicolato da liposomi nella terapia infettiva e riepitelizzante della superficie oculare • La cataratta nel grande anziano: gestione della chirurgia della cataratta in pazienti più fragili e con comorbidità oculari e sistemiche. CONsENsus CONfERENCE CROssLINkINg • Consensus Conference congresso SITRAC 2019 Quando fare il crosslinking e quando aspettare o non fare
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ISSN 1973-9419 Registrazione presso il Tribunale di Asti n° 5/98 del 15/12/1998
Segreteria di Redazione Segreteria AICCER
Chiuso in redazione: Luglio 2019
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Il contenuto degli articoli pubblicati è di esclusiva responsabilità degli autori. La riproduzione di articoli o parte di essi deve essere autorizzata dall’Editore.
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SOMMARIO EDITORIALE..................................................................................................................................................... 5 di Paolo Vinciguerra
INTERAZIONI.................................................................................................................................................. 7 di Vincenzo Orfeo
Chirurgia della cataratta Pearls per il chirurgo della cataratta.........................................................................................................8 di Vincenzo Orfeo e Luca D’Andrea
Chirurgia della cataratta Un approccio “di precisione” in pazienti con cataratta congenita mediante l’analisi dell’esoma....................12 di Edoardo Errichiello, Lucia Mauri, Alessandra Del Longo, Elena Piozzi, Ugo Cavallari, Orsetta Zuffardi
Chirurgia della cataratta Il ruolo dell’ozono veicolato da liposomi nella terapia infettiva e riepitelizzante della superficie oculare.........14 di Gianpaolo Carlini, Anna Cutarelli, Francesca Garofalo, Lucia Altucci, Angela Nebbioso, Federica Sarno, Federica Corrado
Chirurgia della cataratta La cataratta nel grande anziano: gestione della chirurgia della cataratta in pazienti più fragili e con comorbidità oculari e sistemiche...................................................................................................20 di Gian Maria Cavallini, Francesco Bruni, Fabio Stiro, Tommaso Verdina, Luca Campi
Consensus conference crosslinking Consensus Conference congresso sitrac 2019 Quando fare il crosslinking e quando aspettare o non fare.......................................................................28 di Aldo Caporossi
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di Paolo Vinciguerra
La vocazione a migliorarsi Aiccer ha la volontà di migliorarsi costatatemene per i propri soci. La attenzione del direttivo si sposta, dopo aver introdotto la near live surgery ( ovvero la sessione delle chirurgie registrate integralmente di casi complessi quest’anno) a sviluppare un codice etico del chirurgo che effettui interventi in diretta. Abbiamo interrogato i pazienti che si sono sottoposti alla chirurgia nelle passate edizioni e abbiamo chiesto loro cosa li avesse messi a disagio. Poi ho chiesto ad esperti di legge del settore cosa potesse essere considerato colpevole o poco etico nei nostri congressi. Inizio a condividere con tutti voi le prime osservazioni. Il chirurgo deve visitare prima della chirurgia il paziente, assicurarsi che abbia ben compreso lo scopo della chirurgia, visitarlo almeno una volta dopo di essa rendersi disponibile a rivisitarlo nella propria sede se lo desiderasse, deve assicurarsi prima dell’inizio della chirurgia di avere a disposizione tutto il necessario per strumentazione e materiali essere realmente esperto della metodica, verificare la lateralità dell’occhio e prendere attenta visione degli esami eseguiti e , se lo ritiene richiedere ( in giusto anticipo) quanto ritiene necessario debba essere eseguito. Poi le osservazioni dei pazienti I pazienti sono a disagio se operati prima di aver stabilito un rapporto umano,e conosciuto il proprio futuro curante, desiderano che gli sia presentato. Se durante la chirurgia non si sentono proseguire quel rapporto personale anche nel momento per loro così importante, ma sentono il chirurgo più dedicato alla spiegazione didattica, si sentono trattati come oggetti. Ancor più sgradito e, aggiungo rischioso da un punto di vista giudiziario, quando il chirurgo esprime durante la chirurgia affermazioni allarmanti per il paziente come :” è la prima volta che uso questo strumento, o impianto questa IOL”. Quando avviene una complicanza o un imprevisto desiderano che sia il chirurgo a illustrarla e non i curanti ospiti. Gradiscono la visita di dimissione e ricevere le raccomandazioni per il proseguimento della cura Ci adopereremo per stilare un capitolare del chirurgo AICCER in modo da preservare la qualità della docenza e il rispetto etico dei nostri pazienti
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INTERAZIONI NOTIZIE DAL CONSIGLIO DIRETTIVO di Vincenzo Orfeo La chirurgia della cataratta nel 2020 Cari amici dell’Aiccer, riprendiamo il discorso del mio precedente editoriale sui cambiamenti che le nuove conoscenze e le nuove raccomandazioni ci impongono di fare (vedi anche le nuove Linee Guida della Cataratta SOI - AICCER) Vi rammentavo che tra le raccomandazioni di EMA per combattere il dilagante e grave problema delle resistenze, si consiglia un uso limitato degli antibiotici a 5, massimo 7 giorni, a dosi piene. Da ciò deriva che la consuetudine di molti colleghi di prescrivere antibiotico collirio da instillare 3 giorni prima di un intervento di cataratta è certamente da evitare perchè bisogna concentrare l’utilizzo degli antibiotici ai 7 giorni seguenti l’intervento. La motivazione sta nel fatto che gli antibiotici che usiamo non eliminano tutta la flora presente nell’occhio del nostro paziente ma, essendo attivi solo su una parte della popolazione batterica esistente, potrebbero facilitare l’aumento di patogenicità di quella parte della flora residente non responsiva all’antibiotico prescritto. E allora cosa utilizzare nei 3 giorni precedenti all’intervento? Tranne casi particolari, consiglierei di non utilizzare nulla se è evidente dalla visita che il paziente è in un buon equilibrio con la sua flora batterica saprofita. Si intende che bisogna curare le congiuntiviti e le blefariti con attenzione. Al momento dell’intervento, in sala operatoria, è obbligatoria la disinfezione con lo Iodopovidone al 5 %, l’unico presidio universalmente riconosciuto per essere efficace nell’abbattere la flora batterica della superficie oculare ed evitarne la pericolosa penetrazione intraoculare. Volendo utilizzare uno dei nuovi prodotti ad azione antisettica che il mercato ci sta utilmente proponendo, può essere consigliabile, 30 - 60 minuti prima della chirurgia, una o più somministrazioni per ridurre ulteriormente la flora batterica presente. L’utile azione dell’antisettico è del tutto momentanea e non ha alcun senso scientifico iniziare la somministrazione giorni prima (parlatene con un infettivologo...). L’antibiotico ha necessità di giorni perché si esplichi il suo effetto terapeutico mentre l’antisettico per definizione agisce in pochi secondi o minuti. Una o due somministrazioni di antisettico subito prima dell’intervento chirurgico può essere una buona precauzione, ma non ha senso iniziare questa pratica giorni prima. Anche perchè alcuni antisettici sono tossici per la superficie oculare. Dopo l’intervento la maggioranza di noi usa una associazione antibiotico-cortisonica per cui, ove il paziente necessiti di cortisone dopo i primi 7 giorni, sarà necessario prescrivere al paziente un nuovo collirio contenente il solo cortisonico magari scegliendo un preparato più maneggevole e di potenza e penetrazione minore a seconda del quadro clinico. Un altro aspetto che mi preme sottolineare è che tutti noi siamo oggi obbligati ad una corretta ed esaustiva informazione al paziente sulle opportunità che potrebbe avere riguardo alla sua capacità visiva dopo la chirurgia della cataratta. Quando le caratteristiche fisiche dell’occhio lo consentono, l’utilizzo di una lente Premium, Torica o Multifocale (Trifocale o Edof) è sempre da proporre. Quando non è consigliabile, ad esempio in presenza di glaucoma, maculopatia ecc, bisogna spiegare bene al paziente il perchè non gliela si può proporre. Oggi il paziente che ha un problema si documenta sul web ma non sempre ne ricava informazioni corrette. In ogni caso per ogni paziente dobbiamo valutare le possibilità visive future dell’occhio da operare e poi cercare in tutti i modi di migliorare la qualità della vista del paziente. E’ un nostro dovere etico. Le Iol Premium se impiantate con precisione a pazienti idonei, migliorano la vita e di molto. Persone che si lamentano dopo un impianto ben fatto sono rarissime. D’altro canto la vita di coloro che usano multifocali, soprattutto se sono anziani, è enormemente facilitata. Chi di noi pensando ad un anziano genitore non vorrebbe vederlo camminare come quando aveva 50 anni? Magari con un impianto chirurgico che permetta tutto questo? Ebbene per gli occhi è la stessa cosa. Abbiamo la possibilità di ringiovanirli e di tanto...e scegliamo di non farlo. E perchè? Per paura degli aloni?...secondo me non è eticamente corretto! La paura è soprattutto nostra, forse di non riuscire a fare un impianto preciso. Non la dobbiamo ribaltare sui pazienti. Gli aloni sono un “effetto collaterale” lieve. I pazienti, se correttamente avvisati prima, lo accettano senza difficoltà perchè sono “ piccoli difetti” insiti nel meccanismo particolare che gli permette di vedere anche da vicino. Spiegando questo, è ben difficile che un paziente rinunci alla libertà di vedere nell’intermedio e da vicino per dei piccoli aloni attorno alle luci di sera. Ma siamo sempre sicuri che il “pericolo” aloni non sia uno spauracchio che sbanderiamo, anche inconsapevolmente, per evitarci delle difficoltà? Pensiamoci...
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Chirurgia della cataratta di Vincenzo Orfeo e Luca D’Andrea
Pearls per il chirurgo della cataratta ENDOTELIO, CORNEA GUTTATA E DISTROFIA DI FUCHS Quando la Conta Endoteliale diventa un esame “pericoloso”…
L’Endotelio Corneale, lo strato più interno della cornea riveste una funzione essenziale per il mantenimento della trasparenza corneale. L’endotelio è costituito da un monostrato di cellule esagonali con una bassa capacità replicativa. Queste cellule condividono estese interdigitazioni laterali e possiedono “gap junctions” e “tight junctions” lungo i loro bordi laterali. Inoltre, hanno la caratteristica di allargarsi, aumentando di dimensioni (polimegatismo) e perdendo la loro forma esagonale (pleomorfismo), per coprire gli spazi lasciati liberi dalle cellule contigue morte o degenerate.1 Svolgono una precipua funzione, quella di assicurare la deturgescenza corneale, cioè di portare via, con un meccanismo di pompa, le molecole di acqua dall’interno della cornea per permettere una perfetta trasparenza di questo fondamentale mezzo diottrico.1,2 Si stima che alla nascita l’endotelio conti più di 3.500 cellule per mm2.1 Generalmente, quando il numero delle cellule endoteliali scende al di sotto di un valore soglia (circa 500600 cell/mm2), l’endotelio non riesce più ad assolvere a questo compito, per cui l’acqua resta “intrappolata” all’interno dello stroma corneale. Anche la morfologia delle cellule endoteliali (dimensione e forma) è correlata alla funzione di pompa che queste svolgono. Infatti, un aumento delle dimensioni delle cellule e un aumento nella variazione della loro forma sono correlati ad una riduzione dell’attività dell’endotelio di deturgescenza corneale. La diminuzione della funzione di pompa delle cellule endoteliali può quindi determinare edema della cornea, che, imbibendosi di acqua, risulterà di spessore aumentato.1,2
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Le linee guida SOI/AICCER per la Chirurgia della Cataratta, suggeriscono, nella valutazione preoperatoria, di eseguire la conta delle Cellule Endoteliali.3 Gli apparecchi oggi in uso per determinare la “Conta Cellulare Endoteliale”, i Microscopi Speculari, fanno una stima della Densità Cellulare complessiva. In altre parole, non fanno altro che determinare la grandezza di un certo numero di cellule selezionate manualmente o automaticamente dall’apparecchio e rapportarlo all’intera superficie corneale. In tal modo, cellule di grandi dimensioni (che si sono allargate per coprire la mancanza delle cellule contigue) evidenzieranno un patrimonio endoteliale minore; cellule piccole, invece, indicheranno un maggior patrimonio cellulare e di conseguenza una buona salute endoteliale.4 La distrofia corneale di Fuchs (FCD) è una patologia corneale progressiva, ereditaria e bilaterale descritta per la prima volta un secolo fa dall’oftalmologo austriaco Ernst Fuchs. È principalmente una condizione che interessa la faccia posteriore della cornea.5 L’endotelio corneale nella distrofia endoteliale di Fuchs è caratterizzato dalla presenza di condensazioni di escrescenze collagene irregolari, materiale derivato dalla membrana basale, che prendono il nome di guttae. L’esame con il riflesso speculare evidenzia piccoli punti neri, con aspetto a “metallo picchiettato”, causati dalla distruzione del normale mosaico endoteliale. Nelle prime fasi della malattia, le guttae sono disperse e appaiono solo in una piccola porzione dell’area endoteliale.2 Quando la distrofia di Fuchs progredisce, le guttae diventano confluenti soprattutto nella cornea centrale fino ad essere poi visibili sull’intero endotelio corneale.2,4 Le cellule endoteliali che sono visibili negli spazi tra le guttae, possono mostrare polimegatismo e pleomorfismo ma possono anche apparire di dimensioni e forma normali (Figura 1). Il Microscopio Speculare fornisce una sovrastima del numero delle cellule endoteliali, a volte drammaticamente lontana
Chirurgia della cataratta
Figura 1. Le cellule tra le guttae possono anche apparire normali (foto Orfeo – D’Andrea).
Figura 2. L’area occupata dalle guttae è prevalente rispetto all’area di cellule sane (foto Orfeo – D’Andrea).
Figura 3. Le guttae sono erroneamente conteggiate come cellule (foto Orfeo – D’Andrea).
Figura 4. Esempio di conta endoteliale normale in paziente con guttae evidenti (foto Orfeo – D’Andrea).
dalla realtà, per due ragioni. La prima perchè riporta ad un numero totale un’area esaminata anche piccola e non può sottrarre le aree, non funzionalmente utili, occupate dalle guttae; a volte le guttae sono tanto numerose da essere predominanti sulle cellule sane (Figura 2). La seconda perchè spesso interpreta male i bordi cellulari e considera come cellule endoteliali anche le aree interne alle guttae (Figura 3).6,7 Le guttae sono aree dove l’endotelio sottostante le escrescenze collagene della Descemet non è ben funzionante; le cellule endoteliali sono ridotte in corrispondenza delle guttae anche se il monostrato endoteliale non si interrompe. Le cellule endoteliali sotto le guttae presentano un citoplasma alterato, fagocitano granuli di melanina e vanno incontro a trasformazione
fibroblastica.8,9 Quando il numero delle guttae diventa rilevante, anche se le cellule endoteliali residue tra le guttae sono piccole tali da apparire nella norma, il loro numero complessivo può essere così basso da non consentire più una normale funzionalità endoteliale e potrebbe, ad un minimo insulto, determinarsi un edema cronico.2 La funzionalità endoteliale può essere meglio indagata con la valutazione della Pachimetria Corneale. Un aumento dello spessore corneale rappresenta un precoce indice di edema o subedema corneale. La cornea ha uno spessore medio di circa 540 micron ma nella variabilità della curva gaussiana di probabilità statistica, cornee comunque normali possono avere una pachimetria maggiore e raggiungere ed
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Chirurgia della cataratta anche superare i 600 micron; un esame pachimetrico che riporti valori maggiori o uguali a 600 micron deve sempre insospettirci perché può rappresentare un segno di subedema non evidenziabile facilmente alla lampada a fessura. Riassumendo: in una cornea con molte guttae, il patrimonio endoteliale globale è ovviamente fortemente ridotto anche se le cellule tra le guttae possono erroneamente apparire normali.4,6 Il Microscopio Endoteliale, facendo solo una stima della densità cellulare in base al dato della grandezza delle cellule presenti tra le guttae, può riportare, erroneamente, una conta endoteliale normale (Figure 1-4). In conclusione, in questo tipo di patologia, quando ci
troviamo di fronte ad un numero di guttae consistente, può essere molto più utile e veritiera una Pachimetria Corneale che non la Conta Endoteliale, che può dare risultati fallaci e pericolosi prima di un intervento di Cataratta. Il report in cartella clinica di una stima endoteliale erronea in una distrofia di Fuchs non diagnosticata e ben studiata potrebbe essere un’arma a doppio taglio con possibili serie conseguenze medico-legali. È quindi necessario relazionare la conta endoteliale in presenza di cornea guttata, come “Non Attendibile” ed accludere il risultato di una Pachimetria Corneale certamente più indicativo della funzionalità endoteliale.
Bibliografia 1. DelMonte, D. W., & Kim, T. (2011). Anatomy and physiology of the cornea. Journal of Cataract & Refractive Surgery, 37(3), 588–598. doi:10.1016/j.jcrs.2010.12.037 2. Eghrari, A. O., Riazuddin, S. A., & Gottsch, J. D. (2015). Fuchs Corneal Dystrophy. Molecular Biology of Eye Disease, 79–97. doi:10.1016/bs.pmbts.2015.04.005 3. Esami preliminari per intervento di cataratta e chirurgia refrattiva- Approvato dalla Società Oftalmologica Italiana – https:// www.sedesoi.com/pdf/esami-prelim-cataratta.pdf 4. McLaren, J. W., Bachman, L. A., Kane, K. M., & Patel, S. V. (2014). Objective Assessment of the Corneal Endothelium in Fuchs’ Endothelial Dystrophy. Investigative Opthalmology & Visual Science, 55(2), 1184. doi:10.1167/iovs.13-13041 5. Fuchs E. Dystrophia epithelialis corneae. Graefes Arch Clin
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CHIRURGIA DELLA CATARATTA di Edoardo Errichiello, Lucia Mauri, Alessandra Del Longo, Elena Piozzi, Ugo Cavallari, Orsetta Zuffardi
Un approccio “di precisione” in pazienti con cataratta congenita mediante l’analisi dell’esoma La cataratta congenita (CC) ha un’incidenza di 1-6:10000 nati vivi nei paesi industrializzati, mentre di 5-15:10000 nei paesi in via di sviluppo.1 La diagnosi precoce tramite i test genetici e la messa in atto di adeguate terapie possono notevolmente ridurre e migliorare il risultato visivo e lo sviluppo psicomotorio del paziente. Dal punto di vista genetico, l’8-25% di cataratte congenite sono causate da alterazioni di un unico gene (“monogeniche”), e possono presentare un’ereditarietà autosomica dominante, autosomica recessiva o legata al cromosoma X - o “X-linked”.2 Studi genetici di grandi famiglie con più soggetti affetti da cataratta congenita e in più generazioni è stata fondamentale per comprendere i meccanismi molecolari e cellulari che stanno alla base della patologia. I geni causativi, ad oggi 47 secondo il database OMIM (Online Mendelian Inheritance in Man, https://www.omim.org), sono stati tuttavia identificati soltanto in una parte dei casi, per cui non è stato finora possibile ricostruire l’intero pathway che, qualora alterato, impedisce il corretto sviluppo dell’occhio, e segnatamente del cristallino, durante lo sviluppo embrionale. In studi recenti è stato dimostrato che varianti in geni che codificano per proteine del cristallino e connessine sono responsabili di circa il 60% dei casi familiari di CC.3 In alcuni casi la cataratta rappresenta soltanto uno dei segni associati a sindromi plurimalformative caratterizzate da un fenotipo clinico molto complesso ed eterogeneo. La cataratta congenita è infatti contraddistinta da un’ampia eterogeneità genetica e fenotipica: pazienti con varianti genetiche nello stesso locus possono presentare un fenotipo differente, mentre pazienti con caratteristiche cliniche molto si12
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mili possono avere varianti in geni diversi.4,5 Tale eterogeneità genetica rende difficile l’identificazione di varianti causative in pazienti con cataratta congenita e, ad oggi, non esiste ancora una chiara correlazione genotipo-fenotipo.6 In collaborazione con le Unità di Genetica Medica e di Oculistica Pediatrica dell’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, è stata avviato un progetto che riguarda l’analisi sistematica del DNA (estratto da campioni di sangue periferico in EDTA) di soggetti affetti da CC (prevalentemente bilaterale), sia isolata che sindromica, e nei loro genitori e eventuali altri familiari affetti (in più generazioni). Questo studio rientra in un progetto più ampio di screening genetico in soggetti affetti da diverse patologie oculari, incluse microftalmia ed anoftalmia, a partire dal gennaio 2017. In questo articolo descriviamo il caso di una famiglia affetta da CC bilaterale in tre generazioni. Il caso indice (o probando) è un ragazzo di 14 anni a cui è stata diagnosticata all’età di un anno una CC bilaterale nucleare totale. Il primo intervento correttivo è stato effettuato all’età di 2 anni e mezzo, in seguito è stato sottoposto ad altri tre interventi, due dei quali a seguito di cataratta secondaria. Il paziente è andato incontro ad un recupero della visione binoculare e ad oggi ha un visus di 7-8/10. La madre del probando è affetta da CC bilaterale nucleare totale diagnosticata a 3 mesi di vita. È stata sottoposta ad un primo intervento chirurgico con cui ha recuperato 4/10 nell’occhio sinistro; è stata operata all’occhio destro a 12 anni ma non ha mai recuperato la funzionalità visiva. È stata sottoposta ad un terzo intervento chirurgico all’occhio sinistro in seguito al quale ha recuperato 9/10. Il nonno paterno del ragazzo è affetto da CC bilaterale nucleare totale fin dalla nascita. È stato
chirurgia della cataratta
Figura 1. Albero genealogico della famiglia con cataratta congenita bilaterale (CC) che mostra una trasmissione autosomica-dominante (verticale) e relativi elettroferogrammi che mostrano come la mutazione frameshift c.269_271delGAG nel gene CRYBA1 sia presente in tutti i soggetti affetti da CC (II-1, III-2, IV-1) mentre assente in quelli sani (II-2, III-1, III-3, IV-2).
sottoposto ad un primo intervento all’età di 4 anni e mezzo ad entrambi gli occhi. In seguito, ha effettuato altri due interventi chirurgici correttivi. Lo studio del pedigree suggeriva una trasmissione verticale (autosomica dominante) con una chiara familiarità per CC nel ramo materno del probando (inclusi uno zio ed un cugino del nonno materno, entrambi deceduti). L’analisi dell’intero esoma (“Who-
le-exome sequencing, o WES) dei tre soggetti affetti (probando, madre e nonno materno) ha identificato una variante in eterozigosi nell’esone 4 del gene CRYBA1 (OMIM *123610) sul cromosoma 17q11.2: NM_005208.4:c.269_271delGAG (NP_005199.2:p. Gly91del) (Figura 1). Tale variante, una delezione inframe di tre basi nucleotidiche che comporta la delezione di un residuo aminoacido di Glicina nel codone 91, era presente in tutti i soggetti affetti da CC mentre assente in quelli sani, questi ultimi analizzati tramite analisi di sequenziamento di tipo Sanger. Studi in vitro hanno precedentemente dimostrato come varianti del gene CRYBA1 siano associate a misfolding e formazione di aggregati proteici nel cristallino,7 fenomeno alla base della cataratta congenita. Lo studio di questa famiglia, suggerisce che il codone 91 della proteina β-crystallin A3 (codificata dal gene CRYBA1) ha un ruolo biologico/funzionale fondamentale e la sua alterazione è sufficiente a determinare il fenotipo patologico, probabilmente modificando la struttura proteica di β-crystallin A3 (Figura 1). Il nostro studio dimostra come le moderne tecniche di sequenziamento di nuova generazione (Next Generation Sequencing, NGS) consentano in prima battuta un rapido screening dei geni noti associati a patologia (nella fattispecie i 47 presenti in OMIM) e l’estensione dell’analisi a tutte le altre regioni codificanti del genoma umano nei casi risultati negativi, con la possibilità di identificare nuove associazioni genotipo-fenotipo o nuovi geni malattia. Inoltre, dallo studio in corso ci attendiamo di definire in maggior dettaglio correlazioni genotipo-fenotipo garantendo una migliore prognosi ed una gestione consapevole delle gravidanze a rischio, in un’ottica moderna di medicina di precisione.
Ringraziamenti Si ringrazia l’Associazione Cataratta Congenita (http://www.catarattacongenita.it) ed i pazienti coinvolti nello studio
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Chirurgia della cataratta di Gianpaolo Carlini, Anna Cutarelli, Francesca Garofalo, Lucia Altucci, Angela Nebbioso, Federica Sarno, Federica Corrado
Il ruolo dell’ozono veicolato da liposomi nella terapia infettiva e riepitelizzante della superficie oculare INTRODUZIONE
L’aumento della resistenza agli antibiotici è una vera emergenza in medicina generale e in oftalmologia1. Identificare nuove molecole in grado di svolgere un’efficace azione antibatterica, che non inducano resistenza agli antibiotici e che siano ben tollerate dai tessuti oculari può essere un punto di svolta nelle scelte terapeutiche dell’oculista. Gli agenti ossidanti sono comunemente utilizzati per la loro capacità di disinfettare efficacemente sia la cute che le superfici solide. La loro introduzione sotto forma di collirio per la disinfezione della superficie oculare è invece molto recente. I vantaggi offerti dal loro utilizzo sono essenzialmente due: agiscono contro tutti i microrganismi e non inducono antibiotico-resistenza. L’ozono, il più potente agente ossidante presente in natura, da oltre un secolo viene utilizzato in medicina sotto forma di gas O3 per le sue proprietà antisettiche ed antinfiammatorie2. “L’ozono è un potente antibatterico, un antivirale e un antimicotico. Può rappresentare il futuro della lotta alle infezioni” *. L’ozono gassoso, come tale, è però altamente instabile, ma può essere stabilizzato sotto forma di ozonide, una forma organica ottenuta facendo reagire l’ozono gassoso con i doppi legami degli atomi di carbonio degli oli vegetali: l’olio ozonizzato che ne deriva conserva le proprietà dell’ozono. Per renderlo tollerato dalla superficie oculare è stata recentemente immessa sul mercato, sotto forma di collirio, una nanoemulsione con olio ozonizzato all’interno di liposomi in soluzione con ipromellosa e acqua deionizzata3-4. Lo Staphylococcus aureus è tra i più frequenti agenti patogeni dell’occhio ed è causa di infezioni acute e
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croniche della superficie oculare. Negli ultimi anni la sua capacità di resistere alle comuni terapie antibiotiche è molto cresciuta, principalmente per l’abuso che di queste terapie viene fatto5-6. Lo Pseudomonas aeruginosa è un temibile patogeno opportunista che può, specie nei portatori di lenti a contatto, infettare la cornea causando gravi ulcere corneali7. Risulta di difficile eradicazione per la sua elevata capacità di resistere alle terapie antibiotiche8. Da circa un anno, presso il Centro di Patologia della Cornea e della Superficie Oculare del PO San Giovanni Bosco di Napoli, utilizziamo con soddisfacenti risultati clinici questa soluzione oftalmica a base di olio ozonizzato da sola o, in associazione alla terapia tradizionale, nelle patologie microbiche della superficie oculare. Provare in maniera inequivocabile che una soluzione di olio ozonizzato in liposomi instillata sulla superficie oculare avesse proprietà antimicrobiche e non creasse danno è stato lo scopo di questo studio. Bisogna infatti tener conto che una soluzione di olio ozonizzato in liposomi si presenta opalescente, e quindi con le consuete e consolidate tecniche per diluizioni seriali non è stato possibile leggere la torbidità, “indice di crescita batterica”9. Andava quindi individuata una metodica ad hoc che rispettasse tutti i criteri di scientificità. Questa metodica è stata testata appunto su Staphylococcus aureus e Pseudomonas aeruginosa. In particolare, in questo studio, abbiamo testato la capacità antisettica dell’ozono veicolato da liposomi nei confronti di questi due batteri, la sua non tossicità e la sua possibile attività riepitelizzante.
Chirurgia della cataratta MATERIALI E METODI Ceppi batterici
Presso il Dipartimento degli Alimenti dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno sono stati testati in questo studio: lo Staphylococcus aureus ATCC25923 e lo Pseudomonas aeruginosa ATCC27853. I ceppi batterici sono stati diluiti con soluzione salina per raggiungere la concentrazione a 150x10^6 CFU. La torbidità della sospensione è stata determinata con un densitometro a 600 nm (spettrofotometro Lambda-25, Perkin-Elmer, USA) secondo lo standard Mc Farland 0.5. La sospensione batterica di Staphylococcus aureus e Pseudomonas aeruginosa è stata diluita fino a ottenere 150 CFU. La sospensione batterica di Pseudomonas aeruginosa è stata diluita fino a ottenere 15 CFU. Sono stati aggiunti diversi volumi di olio ozonizzato veicolato da liposomi (400 μl, 200 μl, 100 μl e 50 μl) a 100 μl di sospensione batterica, sia dello Staphylococcus aureus che dello Pseudomonas aeruginosa e incubate in termostato a 37°C per 10 minuti. È stato scelto questo tempo per simulare il più possibile le condizioni che si realizzano dopo l’instillazione di una singola goccia di collirio in un occhio. In seguito, 100 μl delle quattro soluzioni precedentemente preparate (inoculo A, inoculo B, inoculo C e inoculo D), sono state seminate su piastre di Agar sangue per lo Staphylococcus aureus e Agar nutrient per lo Pseudomonas aeruginosa. Inoltre, sono stati aggiunti per ogni ceppo batterico, un controllo positivo (solo Staphylococcus aureus e solo Pseudomonas aeruginosa) e un controllo negativo per ogni ceppo batterico consiste solo di olio ozonizzato veicolato da liposomi, al fine di escludere qualsiasi contaminazione. Le piastre di Staphylococcus aureus sono state quindi incubate over night a 37°C. Mentre quelli di Pseudomonas aeruginosa sono stati incubati a 25°C per 48 ore.
Saggio MTT
Il saggio MTT [3-(4,5-dimetiltriazolo)-2,5-difeniltetrazolio bromuro] (Sigma) è stato utilizzato al fine di determinare la vitalità cellulare dopo trattamento con il collirio. Le HaCaT sono state piastrate ad una confluenza di 6×104 cellule per punto, in piastre da 24 pozzetti, e trattate, in triplicato, con tre diverse quantità della soluzione di olio ozonizzato in liposomi a diverse concentrazioni (50 µl, 100 µl e 200 µl) tre volte al giorno per 3 giorni. Il trattamento con il collirio è stato effettuato per 10 min, al seguito dei quali il farmaco è stato rimosso dalla piastra e le cellule sono state nuovamente incubate con del mezzo fresco. Dopo 72 ore di trattamento, la soluzione di MTT viene aggiunta ad una concentrazione di 0.5 mg/ ml, e incubata per 3 ore a 37°C. I cristalli di formazano vengono infine solubilizzati in DMSO (Sigma) e l’assorbanza viene letta con TECAN M-200 ad una lunghezza d’onda di 570 nm.
Conta cellulare
Le cellule sono state contate con una soluzione di trypan blue allo 0.5 % in cameretta di Burker.
Acquisizione delle immagini
Le immagini cellulari sono state acquisite con Cytation™ 5 Cell Imaging Multi-Mode Reader (BioTeK).
RISULTATI Attività antimicrobica
L’attività battericida per lo Staphylococcus aureus è stata dell’80% con 400 µl di olio ozonizzato veicolato da liposomi, 76% con 200 µl di olio ozonizzato veicolato da liposomi, 54% con 100 µl di olio ozonizzato veicolato da liposomi, 46% con 50 µl di olio ozonizzato veicolato da liposomi (Figure 1, 1a, 1b e Figura 2).
Cultura cellulare
Presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Dipartimento di Medicina della Precisione, si è proceduto allo studio della citotossicità dell’olio ozonizzato veicolato da liposomi. La linea cellulare cheratinocitica epiteliale HaCaT (ATCC, USA) viene fatta crescere in Dulbecco’s Modified Eagle Medium (Euroclone) con l’aggiunta del 10% di siero di feto bovino (FBS) (Euroclone), 2mM di L-glutammina (Euroclone) a antibiotici (100U/ml penicillina, 100g/ml strptomicina) (Euroclone).
Figura 1. Controllo positivo Staphylococcus aureus ATCC25923
Figura 1a. Controllo negativo
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A
B
C
D
Figura 1b. Effetto dell’olio ozonizzato in liposomi su Staphylococcus aureus ATCC25923
Figura 2. Azione battericida di olio ozonizzato in liposomi su Staphylococcus aureus ATCC25923
A
B
Figura 3. Controllo positivo Pseudomonas aeruginosa ATCC27853
C
Figura 3a. Controllo negativo
D
Figura 3b. Effetto dell’olio ozonizzato in liposomi su Pseudomonas aeruginosa ATCC27853
Figura 4. Azione battericida di olio ozonizzato veicolato da liposomi su Pseudomonas aeruginosa ATCC27853
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L’attività battericida per lo Pseudomonas aeruginosa è stata dell’60% con 400 µl di olio ozonizzato veicolato da liposomi, 46% con 200 µl di olio ozonizzato veicolato da liposomi, 28% con 100 µl di olio ozonizzato veicolato da liposomi, con 50 µl di olio ozonizzato veicolato da liposomi la crescita superava 400 CFU (~1%) (Figure 3, 3a, 3b e Figura 4).
Chirurgia della cataratta
Figura 5a. Saggio MTT su cellule cheratinocitiche HaCaT dopo 72 ore di trattamento
Figura 5b. Conta cellulare su cellule cheratinocitiche HaCaT
Valutazione tossicità
Al fine di valutare la tossicità dell’olio ozonizzato in liposomi, la soluzione oftalmica è stata testata su cellule normali cheratinocitiche epiteliali, HaCaT. Dall’analisi di vitalità cellulare ottenuta mediante saggio MTT10, è stato possibile osservare come l’olio ozonizzato in liposomi non inibisce assolutamente la crescita cellulare, come viene mostrato in Figura 5a. Al contrario, una valutazione quantitativa, ottenuta mediante conta cellulare, dimostra come 100 µl e 200 µl di soluzione oleosa ozonizzata in liposomi è in grado di favorire la crescita cellulare dopo 72 ore di trattamento rispetto al controllo (Figura 5b). Tale dato è supportato dall’analisi visiva mediante Cytation™ 5 Cell Imaging Multi-Mode Reader (BioTeK) (Figura 5c).
Discussione
I risultati microbiologici dimostrano in maniera chiara l’efficacia antimicrobica dell’olio ozonizzato veicolato dai liposomi verso ceppi batterici come Staphylococcus aureus e Pseudomonas aeruginosa. Inoltre, gli studi condotti in vitro sulla linea cheratinocitica hanno evidenziato come l’olio ozonizzato in liposomi non manifesti alcuna tossicità cellulare, e che dopo 3 giorni di trattamento, favorisce la
Figura 5c. Immagini HaCaT (Cytation™ 5 Cell Imaging Multi-Mode Reader) dopo trattamento con olio ozonizzato in liposomi.
crescita cellulare rispetto al controllo positivo. I risultati ottenuti supportano quello che già l’esperienza clinica, con la somministrazione di una goccia di collirio quattro volte al giorno, aveva evidenziato, confermando sia la tollerabilità della soluzione sia la sua efficacia da sola o, in associazione alla terapia tradizionale, nella terapia e nella prevenzione delle patologie microbiche della superficie oculare.
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Chirurgia della cataratta Bibliografia 1. Asbell PA DeCory HH ,Antibiotic resistance among bacterial conjunctival pathogens collected in the Antibiotic Resistance Monitoring in Ocular Microorganisms (ARMOR) surveillance study. PLoS One. 2018 Oct 18;13(10):e0205814. 2. Travagli V., Zanardi I., Bocci V. Topical applications of ozone and ozonated oils as anti-infective agents: An insight into the patent claims. Recent Pat. Anti-Infect. Drug Discov. 2009;4:130–142. 3. Lamberto R., Mawsouf M.N., Menéndez S., Olga S., León Sánchez G.M., Hernández F. Ozone therapy: Clinical and basic evidence of its therapeutic potential. Arch. Med. Res. 2008;39:17–26. 4. Spadea L.,Tonti E.,Spaterna A., Marchegiani A.:Use of Ozone-Based Eye Drops: A Series of Cases in Veterinary and Human Spontaneous Ocular Pathologies. Case Rep Ophthalmol. 2018 May 24;9(2):287-298. 5. Jang HJ, Chung IY, Lim C, Chung S, Kim BO, Kim ES, Kim SH, Cho YH. Redirecting an Anticancer to an Antibacterial Hit Against Methicillin-Resistant Staphylococcus aureus. Front Microbiol. 2019 Feb 25;10:350. 6. Dinesh Subedi, Ajay Kumar Vijay, Gurjeet Singh Kohli, Scott A. Rice, Mark Willcox. Association between possession of
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PATOLOGIE INFIAMMATORIE VITREO RETINICHE diagnosi clinica terapia NOVITÀ EDITORIALE
Redazione: Via Petitti 16 – 20149 Milano Sede operativa: FGE srl − Regione Rivelle 7/F − 14050 Moasca (AT) - Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013 e-mail: info@fgeditore.it − www.fgeditore.it
Chirurgia della cataratta di Gian Maria Cavallini, Francesco Bruni, Fabio Stiro, Tommaso Verdina, Luca Campi
La cataratta nel grande anziano: gestione della chirurgia della cataratta in pazienti più fragili e con comorbidità oculari e sistemiche. Introduzione La popolazione dei grandi anziani: un nuovo popolo in crescita nella nostra penisola
Il grande anziano viene definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come un “soggetto con età superiore a 85 anni”. Questi soggetti, all’interno della popolazione italiana, hanno superato i 2 punti percentuali e sono in netto aumento. In una provincia come quella modenese abbiamo ad oggi più di 15.000 modenesi che superano gli 85 anni. Quella dei grandi anziani è la fascia con la maggior velocità di crescita, destinata ad assorbire la maggior parte delle risorse del SSN. Si stima infatti che nel 2040 la popolazione degli over 85 supererà il 5,8% della popolazione complessiva1. Si prevede, secondo il report del 3 maggio 2018 dell’ISTAT, “un picco di invecchiamento che colpirà l’Italia nel 204550, quando si riscontrerà una quota di ultrasessantacinquenni vicina al 34%.” La crescita considerevole della quota di anziani ha due conseguenze in tema di reti sociali. Da una parte l’aumento dell’orizzonte di vita e le migliori condizioni di salute permettono loro una maggiore attività all’interno della rete sociale. Dall’altra comportano una crescita degli anni di una compresenza intergenerazionale, aumentando il numero di membri potenzialmente bisognosi di aiuto in quanto in età avanzata. Essendo la prevalenza della cataratta correlata con l’età, il rapido invecchiamento e l’aumentata aspettativa di vita fanno sì che il numero di grandi anziani
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Figura A. Piramide demografica italiana stimata per l’anno 2065. A livello dell’asse delle ascisse il numero di abitanti in migliaia, sull’asse delle ordinate, l’età Fonte: ISTAT (3/05/2018) IL FUTURO DEMOGRAFICO DEL PAESE Previsioni regionali della popolazione residente al 2065 (base 1.1.2017)
che si sottoporranno a chirurgia della cataratta sia inevitabilmente in aumento. Questo cambiamento, rapportato all’epidemiologia della cataratta invalidante, ci offre la possibilità di capire come cambierà
Chirurgia della cataratta la tipologia della professione di uno specialista oftalmologo rispetto ad oggi. Nei prossimi vent’anni ci sarà un aumento complessivo del 50% del numero di interventi di cataratta in tutta la penisola. Per una provincia come Modena questo si traduce in un passaggio da 800 interventi su pazienti oltre 85 anni a ben 1200.
Invecchiamento sensoriale e decadimento cognitivo
L’invecchiamento della popolazione porta ad un decadimento visivo che è dovuto, come abbiamo visto, ad un aumento di incidenza della cataratta, ma anche ad altre caratteristiche proprie dell’età avanzata quali blefarocalasi, dislacrimia, alterazioni vitreali e perdita di funzione delle cellule retiniche. Esiste tuttavia anche un decadimento non visivo dovuto all’invecchiamento. L’avanzare dell’età, infatti, porta a un decadimento sensoriale generalizzato e parallelamente ad un decadimento cognitivo con deficit di attenzione, percezione, memoria e linguaggio2. All’interno del grande capitolo delle patologie neurocognitive distinguiamo: la demenza e il MCI (Mild Cognitive Impairtment) o anche definito disturbo cognitivo lieve o minore (DSM-V). Nella popolazione over 80, la prevalenza dei disturbi cognitivi supera il 25%3. Questa alta prevalenza è da tenere in considerazione per il chirurgo, il quale potrà trovare un paziente poco collaborante, estremamente agitato o con un alto rischio di manifestare episodi di delirium post-operatorio.
Sicurezza dell’intervento di cataratta nel grande anziano
È fondamentale considerare la presenza di comorbilità sistemiche all’interno di questa sottopopolazione a rischio. Il 75% dei pazienti sottoposti a intervento di cataratta presenta infatti almeno una patologia di interesse internistico. Sia McKibbin vent’anni fa che Wong dieci anni fa2 analizzarono le principali comorbidità sistemiche, dimostrando come le principali co-patologie dei pazienti operati di cataratta sono quelle cardiovascolari e respiratorie come ipertensione (47% dei pazienti operati) e ostruzione delle vie aree superiori (36% dei pazienti operati)3. Schein4 invece ha studiato l’impatto di tali comorbidità sulla sicurezza dell’intervento, dimostrando come solo il 3% dei pazienti trattati manifestano nel corso della facoemulsificazione complicanze severe, sia durante che dopo l’intervento escluso l’exitus. In uno studio statunitense del 19925 condotto su ultracentenari, il tasso di sopravvivenza post-operatoria
è stato pari al 100% a 1 anno dall’intervento. Solo sei soggetti hanno presentato un arresto cardiaco in questo studio ma l’evento non è stato associato alla chirurgia, in quanto avvenuto in un lasso temporale compreso tra i 6 mesi e i 5 anni. Gli eventi avversi transitori (cioè momenti in cui si registrano un picco ipertensivo, difficoltà respiratorie da parte del paziente o agitazione psicomotoria) si registrano mediamente nel 30% dei pazienti sottoposti all’intervento di cataratta. A fronte di questa alta incidenza di co-patologie nel paziente grande anziano, vista l’estrema sicurezza dell’intervento di cataratta, si è sviluppata una corrente di ricerca volta a valutare l’utilità e l’impatto economico in termini di costi sulla salute pubblica, degli esami pre operatori come ECG ed esami di laboratorio. Nel 2004 presso la nostra Clinica Universitaria abbiamo condotto uno studio che ha dimostrato come la mancata valutazione da parte del chirurgo non sia associata a un aumento delle complicanze intra e post-operatorie statisticamente significativo6. Recentemente è stato pubblicato un importante lavoro7 che ha dimostrato come sarebbe sufficiente utilizzare gli esami di routine pre operatori solo in riferimento a pazienti ad alto rischio come i grandi anziani, pazienti cardiopatici, diabetici, con insufficienza renale cronica (IRC), pazienti oncologici o soggetti che necessitano di un’anestesia generale. Per la restante popolazione definita a “basso rischio”, basterebbe una valutazione anestesiologica basata su una corretta valutazione anamnestica e un esame obiettivo completo la mattina dell’intervento. Secondo Farhan, la riduzione del numero di esami pre operatori potrebbe ridurre i costi della sanità statunitense di ben 500 milioni di dollari. Parallelamente a patologie sistemiche, dobbiamo ricordare che una percentuale rilevante di pazienti può presentare patologie oculari croniche, che possono influenzare in modo significativo il miglioramento funzionale ricercato dalla chirurgia della cataratta8. Dal punto di vista strutturale/anatomopatologico, l’occhio subisce modificazioni a carico di tutte le sue componenti, provocando un progressivo impoverimento della funzionalità visiva nell’individuo9: Orbita: perdita progressiva del grasso periorbitario fino al rischio di enoftalmo; Palpebre: ectropion delle palpebre inferiori ed entropion della palpebra superiore provocato da uno spasmo del margine palpebrale il quale può portare alla trichiasi, causando così irritazione corneale; Ghiandole lacrimali: progressiva atrofia fino con riduzione del volume e della qualità del film lacrimale; Cornea: Impoverimento del numero di cellule a cari-
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Chirurgia della cataratta co dello strato epiteliale. Riduzione e degenerazione delle fibre collagene con riduzione dello spessore corneale. Comparsa di gerontoxon causato dalla deposizione di colesterolo e da jalinosi dello stroma. Corpi ciliari: riduzione del numero delle cellule muscolari con progressiva riduzione dell’accomodazione. Si manifesta parallelamente una riduzione della camera anteriore, la quale aumenta il rischio di glaucoma per riduzione del deflusso a livello dell’angolo iridocorneale. Negli anni inoltre l’inserzione zonulare si anteriorizza e l’area libera della capsula anteriore si reduce portando ad un maggior rischio di fuga della ressi nella chirurgia della cataratta e ad un maggior shrinkage postoperatorio. Iride: riduzione del diametro pupillare con riduzione del controllo da parte del SNV (S. nervoso vegetativo). Il paziente geriatrico di sesso maschile spesso assume farmaci con azione alfa-litica allo scopo di facilitare il flusso urinario con aumento dell’incidenza della sindrome dell’iride a bandiera intraoperatoria (IFIS)10,11. Corpo vitreo: minore idratazione e sinchisi a livello del polo posteriore del globo oculare. Questo provoca la formazione di accumuli di collagene che alterano la visione (miodesopsie) con retrazione o distacco posteriore del vitreo. Retina: appiattimento della fovea per perdita progressiva delle cellule ganglionari. Alterazioni a carico dei fotorecettori e delle cellule dell’epitelio pigmentato retinico, parallelamente si ha un aumento delle cellule del Muller con gliosi retinica. Comparsa di drusen. Nervo ottico: perdita progressiva delle fibre nervose pari a circa 2000/anno. Il paziente geriatrico, quindi, per l’oftalmologo è un paziente più esposto al rischio di numerose patologie: Degenerazione maculare legata all’età (DMLE), sindrome dell’occhio secco, glaucoma cronico ad angolo aperto, disturbi a carico della componente palpebrale (entropion, ectropion e trichiasi), cataratta avanzata. Questo corredo di disturbi può presentarsi in maniera sincrona o in maniera del tutto casuale, sulla base di co-patologie del paziente geriatrico come il diabete mellito (17% dei pazienti operati), ipertensione arteriosa (47%), angina (19%), patologie ostruttive delle vie aeree (36%), dislipidemie, obesità, sindrome metabolica oppure da pregresse patologie o traumatismi a carico dell’apparato visivo. In base all’entità dell’alterazione e in base alla presenza di uno o più disturbi, il paziente geriatrico può manifestare una menomazione visiva più o meno reversibile. Un paziente su 10 dei pazienti grandi anziani sot-
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toposti a facoemulsificazione presenta un quadro di glaucoma mentre il 15% presenta una DMLE, portando ad uno scarso esito in termini di miglioramento del visus in quasi un terzo dei pazienti operati12. Dobbiamo tuttavia tenere in considerazione che non esiste una differenza statisticamente significativa dimostrata nel peggioramento della maculopatia tra chirurgia differita e immediata. Questi pazienti non ci offrono risultati brillanti in termini di miglioramento del visus, tuttavia è bene intervenire chirurgicamente per ottenere miglioramento della visione periferica con una riduzione del tasso di cadute e traumi13.
Corretta strategia chirurgica
Il grande anziano, nella chirurgia della cataratta, è un paziente sicuramente a maggior rischio di sviluppare complicanze post-operatorie come rottura della capsula posteriore, infezioni post-operatorie, aumento della IOP con rischio di sviluppo di glaucoma facolitico secondario ad ostruzione del trabecolato ed edema corneale. In particolare, uno studio condotto dall’Università di Copenhagen ha dimostrato come il rischio di endoftalmite aumenti di ben 3,6 volte nei pazienti over 90 a seguito dell’intervento di facoemulsificazione14,15. Date le peculiarità dell’occhio dell’anziano, risulta fondamentale quindi una corretta scelta della strategia operatoria adottando tecniche e strumentazioni per affrontare al meglio un intervento in un paziente molto anziano. Ad esempio, è possibile pianificare: l’uso di uncini iridei, l’uso di un colorante capsulare come il Trypan Blu, il tipo di viscoelatico (dispersivo per maggior protezione endotelio corneale), il tipo di IOL, la tecnica microincisionale bimanuale (minori turbolenze intraoperatorie e stabilità di camera) o l’utilizzo del femtolaser16. La tecnica femtolaser si sta dimostrando una potenziale alternativa per la chirurgia della cataratta nell’anziano, visti i minori traumatismi corneali e al ridotto utilizzo di ultrasuoni17. Particolarmente utile inoltre risulta essere il l’anello di tensione aiutando il chirurgo a stabilizzare il sacco capsulare nei casi di lassità zonulare18,19. Non secondario è anche il tipo di anestesia da utilizzare: l’oftalmologo ha disposizione non solo l’anestesia topica (ad es. Lidocaina 2%, soluzione di proparacaina allo 0,5% o soluzione di tetracaina allo 0,75%), ma anche un’anestesia locoregionale peribulbare o subtenoniana con Lidocaina 2% + Bupivacaina 0,75%, utili a garantire una corretta acinesia del bulbo oculare soprattutto nei pazienti poco collaboranti e con scarse capacità di fissazione durante la procedura chirurgica. Tuttavia, una seppur esigua percentuale di pazienti
Chirurgia della cataratta anziani sottoposti a chirurgia della cataratta necessita di anestesia generale ad esempio quelli affetti da disfunzione neurocognitiva, grave ansia o claustrofobia che non sono in grado di comunicare né di cooperare. L’anestesia generale risulta essere una valida scelta anche in pazienti che non sono in grado di stare supini (ad esempio, pazienti con insufficienza cardiaca congestizia grave e sintomatica, malattia polmonare ostruttiva cronica o mal di schiena) o incapaci di rimanere immobili (ad esempio, pazienti con disturbi da tremore come il Parkinson, grave ansia o claustrofobia). Durante l’anestesia generale per la chirurgia oculare, viene mantenuto un piano profondo di anestesia per evitare laringospasmo, tosse o altri movimenti che possono causare lesioni oculari dirette e/o aumentare la pressione intraoculare (IOP)20. E’ bene sempre soppesare i pro e i contro di una anestesia generale. Se da un lato questa rende l’intervento più sicuro e il chirurgo più tranquillo, dall’altro richiede una ospedalizzazione e fa aumentare gli effetti negativi post-operatori quali delirium e declino cognitivo.
Gestione psicologico emotiva del paziente grande anziano nel periodo peri operatorio
Come ha suggerito un importante studio dal gruppo di Jefferis, l’equipe di reparto deve affrontare insieme al grande anziano l’esperienza chirurgica in modo personalizzato e multi disciplinare. All’interno dell’elaborato di Jefferis sono state proposte le seguenti tecniche21: • Parlare al paziente e rassicurarlo • Posizionarlo nella posizione più confortevole possibile in relazione anche allo stato di salute generale • Portare un familiare nella saletta preoperatoria o nella sala operatoria stessa • Supporto infermieristico che può tenere la mano al paziente e rassicurarlo durante l’intervento • Valutare sedazione anestesiologica insieme a medico anestesista
Scopo dello studio
Il nostro studio intende misurare l’evoluzione nel tempo della capacità cognitiva dei pazienti sottoposti alla chirurgia della cataratta in una popolazione considerata a rischio di degenerazione neurocognitiva.
Materiali e metodi
Stiamo svolgendo presso la Struttura Complessa del Policlinico di Modena uno studio prospettico, osser-
vazionale approvato dal Comitato Etico Area Vasta Nord dell’Emilia-Romagna (Num. Prot. 1005/2018/ OSS/AOUMO). Lo studio prevede una raccolta di informazioni cliniche già normalmente raccolte durante le visite preoperatorie, le visite ambulatoriali e durante i controlli di follow-up. La ricerca è stata impostata come studio osservazionale di tipo longitudinale nel quale confrontiamo in ogni singolo paziente i parametri analizzati nei 6 mesi precedenti all’intervento di cataratta e nei 3 mesi successivi all’intervento stesso. Criteri di inclusione: pazienti con età ≥ 65 anni sottoposti a chirurgia della cataratta. Criteri di esclusione: rifiuto del paziente, diagnosi di demenza da parte dello specialista in malattie neurocognitive (neurologo e/o geriatra), concomitanti patologie oculari che possano limitare il recupero visivo (secondo diagnosi dello specialista oftalmologo), pazienti che hanno eseguito intervento di cataratta almeno in un occhio con buon recupero visivo. I pazienti sono stati divisi per sesso e per fascia di età (>81 anni nei pazienti di sesso maschile e > 85 anni per i partecipanti di sesso femminile). La scelta di un’età inferiore per i soggetti di sesso maschile si è basata sull’aspettativa di vita della popolazione italiana secondo i dati ISTAT. Sulla base di questo, ciascuno dei pazienti è stato allocato in quattro gruppi sperimentali (A, B, C e D) e le misure state monitorate sino a quattro tempi. • Gruppo A: Soggetti di sesso femminile con età superiore a 65 anni e inferiore a 85 anni • Gruppo B: Soggetti di sesso femminile con età superiore a 85 anni (grandi anziani) • Gruppo C: Soggetti di sesso maschile con età superiore a 65 anni e inferiore a 81 anni • Gruppo D: Soggetti di sesso maschile con età superiore a 81 anni (grandi anziani) Lo stato cognitivo è stato misurato nel tempo: durante l’arruolamento (T0), il giorno dell’intervento chirurgico (T1), a 20 giorni dall’intervento (T2) e 3 mesi dopo l’intervento chirurgico (T2). Sono stati forniti questionari ai pazienti arruolati per misurare la capacità cognitiva funzionale del soggetto quali: • Qualità della vita (CATQUEST 9SF) • Scala di valutazione dell’attività di vita quotidiana (Barthel Index) • Stato cognitivo (Six Item Cognitive Impairment Test , 6-CIT, test indipendente dalla visione). Come outcomes secondari sono stati valutati: • Best Corrected Visual Acuity (BCVA) • Spessore maculare e RNFL all’OCT • Microscopia endoteliale
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Chirurgia della cataratta
Figura B. Disegno dello studio
• Valutazione dell’incidenza di episodi di delirium perioperatorio (CAM Test) Lo studio vuole verificare se i gruppi influenzino significativamente gli outcomes, eventualmente nella loro dinamica temporale. A tal fine è stata eseguita un’ANOVA a misure ripetute secondo l’approccio degli effetti misti. In particolare, lo schema sperimentale ha modellato le risposte come funzione del gruppo e quando presente del tempo e della loro interazione. Si considererà significativo il gruppo se anche l’effetto di interazione con il tempo risulterà tale. Le analisi sono state condotte con il software statistico e pacchetti dedicati quali lme4 e emmeans. La significatività è stata valutata utilizzando come soglia per l’errore di primo tipo p=0.05.
Risultati e analisi statistica
Nel percorso di studio svolto a partire da gennaio a giugno 2019 sono stati raccolti dati completi a 3 mesi di 79 pazienti. L’età media dei partecipanti è risultata 80,20 +/- 6,05. All’interno della casistica raccolta ed
analizzata, sono state ricevute n° 7 rinunce da parte dei partecipanti. In tutti i pazienti è stato effettuato intervento di facoemulsificazione con posizionamento di IOL divisi in 15 pazienti che hanno svolto l’intervento in entrambi gli occhi e 49 pazienti che hanno svolto l’intervento in un solo occhio. All’interno della casistica esaminata, non sono stati svolti interventi bilaterali in un unico tempo operatorio. Sono emerse le seguenti evidenze: • BCVA: significatività effetto tempo, non di interazione; • CATQUEST (qualità della vita): significativo solo l’effetto tempo. • BARTHEL Index (attività vita quotidiana): nessun effetto significativo. • 6-CIT (funzione cognitiva visione-indipendente): significativi effetti gruppo e tempo. • CONTA ENDOTELIALE: effetto tempo significativo. Per quanto riguarda le variabili rilevate solo al T2: • OCT RNFL: nessun effetto significativo; • OCT SPESSORE MACULARE: significativo effetto gruppo; Per quanto riguarda le variabili raccolte solo al tempo T1: • CAM: nessun evento positivo registrato
Discussione dei risultati
I risultati preliminari raccolti nel corso di questi mesi sono stati particolarmente interessanti data l’attualità della tematica della chirurgia del grande anziano. Dalla nostra analisi è emerso infatti che il tempo è un elemento che influenza in modo statisticamente significativo l’andamento di alcune varianti misurate. Il tempo si è dimostrato un elemento influenzante sulle
Figura C. Andamento punteggio medio CATQUEST 9SF
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Figura D. Andamento 6CIT SCORE con Cut-off clinico. L’area rossa corrisponde a punteggi che richiedono un ulteriore inquadramento diagnostico da parte dello specialista geriatra o neurologo. L’area verde invece corrisponde a punteggi associati a una normale funzione cognitiva
componenti legate alla funzione visiva, sia in termini soggettivi (CATQUEST 9SF) che rilevabili dallo sperimentatore attraverso la valutazione del visus (BCVA). Perciò l’intervento di cataratta ha avuto un impatto significativo sulla popolazione studiata sia dal punto di vista clinico con evidenza statisticamente significativa. Inoltre, i miglioramenti si sono dimostrati più marcati nel passaggio da T0 a T2, e con un tasso di variazione decisamente inferiore dal tempo T2 al tempo T3. È interessante notare come, seguendo la letteratura, il visus dei pazienti grandi anziani siano peggiori dei pazienti più “giovani” ma al contempo, il percepito del paziente, in termini di miglioramento della qualità della vista e della vita quotidiana sia estremamente alto (Figura C). Non vi è infatti una proporzionalità diretta tra aumento del visus e aumento della qualità della vita analoga tra i due gruppi. Quindi, sebbene non siano stati raggiunti risultati in termini di visus alla pari dei pazienti più giovani, i grandi anziani rimangono altamente soddisfatti dell’esito dell’intervento. Per quello che riguarda invece l’autonomia del paziente (BARTHEL INDEX) il tempo non ha avuto un effetto statisticamente significativo sulle variazioni, visto che il campione raccolto non presentava al tempo T0 dipendenze assistenziali da parte di persone o dispositivi. Il 6-CIT (funzione cognitiva) ha mostrato variazioni statisticamente significative in tutti i gruppi, ma dal punto di vista clinico, il vero impatto del tempo si è
registrato per la popolazione grande anziana, la quale ha mostrato, soprattutto nel gruppo D una tendenza alla regressione da punteggi suggestivi un MCI (Mild Cognitive Impairment) a punteggi considerati normali (Figura D). Rispetto ai risultati ottenuti in letteratura, lo studio ha mostrato cambiamenti clinicamente significativi. Il nostro lavoro si differenzia dalle precedenti ricerche svolte per il metodo di valutazione utilizzato: in letteratura infatti, il test più utilizzato è stato il MMSE (Mini Mental State Examination), il quale prevede l’utilizzo della funzione visiva22. Utilizzando il 6-CIT, che si basa solo su domande dirette senza valutare la componente visiva, abbiamo avuto la possibilità di valutare esclusivamente la funzione cognitiva ottenendo dati più purificati. Per quello che riguarda invece i parametri misurati tramite i macchinari descritti nel protocollo, è stato riscontrato un andamento dei parametri condiviso da i 4 gruppi, con una deflessione dal tempo T0 al tempo T2 dei valori di densità cellulare con una successiva tendenza alla stabilizzazione passando dai valori in T2 a quelli in T3, in linea con la letteratura sia nei pazienti anziani che grandi anziani. Le osservazioni raccolte con la metodica OCT hanno permesso di valutare, nel periodo di massimo rischio di danno retinico (T2), lo spessore maculare e le dimensioni del nervo ottico riscontrando valori nella norma, con una maggiore eterogeneità nei pazienti di sesso maschile rispetto alle partecipanti di sesso femminile ma senza significatività statistica.
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Chirurgia della cataratta Considerazioni finali
In conclusione, l’età avanzata non risulta essere una controindicazione alla chirurgia della cataratta. Se le condizioni sistemiche generali sono stabili, l‘intervento risulta essere sicuro ed efficace. Tuttavia è bene che il chirurgo che si accinge ad operare un paziente grande anziano ponga attenzione alle particolari caratteristiche anatomiche oculari del grande anziano cercando di dotarsi di tutta la strumentazione e l’equipe necessaria ad affrontare in sicurezza l’intervento. Le comorbidità associate renderanno la chirurgia più complessa dovendo gestire il paziente insieme ad altre figure professionali come l’aneste-
sista o il geriatra. La possibilità di utilizzare un team multidisciplinare costituito da figure professionali come geriatra, il medico del territorio, anestesista rianimatore e il chirurgo oftalmologo, potrà consentire di gestire al meglio il paziente grande anziano. Il nostro studio conferma come l’intervento di rimozione di cataratta migliori l’attività cognitiva del paziente rallentando il decadimento psichico del grande anziano dimostrando come possa essere una procedura utile nel trattamento preventivo e sintomatico per i pazienti anziani con Mild Cognitive Impairment, al fine di poter mediare una regressione o un miglioramento della stessa.
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Storia ed evoluzione della chirurgia della cataratta in Italia NOVITÀ EDITORIALE
Il presente e il futuro della moderna chirurgia della cataratta hanno avuto dei pionieri e dei ricercatori che questo volume vuole ricordare e onorare. Lucio Buratto
Redazione: Via Petitti 16 – 20149 Milano Sede operativa: FGE srl − Regione Rivelle 7/F − 14050 Moasca (AT) - Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013 e-mail: info@fgeditore.it − www.fgeditore.it
consensus conference crosslinking Presidente della Consensus Conference, Aldo Caporossi
Consensus Conference congresso sitrac 2019 Quando fare il crosslinking e quando aspettare o non fare La Società Italiana Trapianti di Cornea e Superficie Oculare (S.I.TRA.C.) ha voluto concretamente valutare gli orientamenti di diagnosi, terapia e comportamento degli oculisti italiani che si occupano nella loro professione di cheratocono e che hanno sviluppato più conoscenza ed esperienza. a) Inviando un questionario via mail con una serie di domande relative alle indicazioni del crosslinking; b) Con una Consensus tramite votazione in aula durante il Congresso SITRAC 2019 che si è svolto a Mestre.
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Questa Consensus trova la motivazione più diretta nell’individuare il comportamento più usuale e più scelto per favorire le decisioni comportamentali in sede di programma con il paziente. Riportiamo di seguito la scaletta della “Consensus Conference” e nel riquadro di ogni tabella le domande e le risultanze in sede di Consensus e quelle sulle risposte del questionario inviato alle persone più esperte e con un commento di sintesi del Presidente della “Consensus”. Le due valutazioni si discostano sui numeri talvolta in
consensus conference crosslinking maniera più incisiva ma di base c’è un accordo totale sui comportamenti e sul modo di affrontare questa importante condizione. Il programma della “Consensus Conference” durante il Congresso SITRAC 2019 tenutosi a Mestre è stato studiato per favorire la decisione comportamentale al momento, discutendo i modelli e lo stato dell’arte nell’esperienza degli esperti ed in bibliografia subito prima della votazione. Il questionario con le domande relative alle indicazioni al crosslinking è stato inviato via mail prima del Congresso SITRAC a 90 oculisti che si occupano di Cheratocono e Crosslinking in Italia. Di seguito l’elenco degli Oculisti che hanno risposto al questionario, che il Consiglio Direttivo ringrazia per la collaborazione e il tempo dedicato: E. Albè, S. Baiocchi, S. Barabino, A. Bedei, M. Camellin, A. Caporossi, O. Caporossi, S. Cillino, U. Cimberle, R.
Colabelli Gisoldi, M. Fantozzi, M. Fioretto, L. Fontana, A. Franch, S. Fruscella, C. Genisi, G. Genitti, L. Gualdi, L. Guccione, A. Iovieno, A. Malandrini, L. Menabuoni, L. Mosca, M. Nardi, V. Orfeo, E. Pedrotti, V. Petitti, V. Ramovecchi, A. Rapisarda, M. Rechichi, A. Romani, P. Rosetta, S. Rossi, S. Sbordone, V. Scorcia, L. Spadea, C. Traversi, C. Tredici, A. Villano, P. Vinciguerra. Un ringraziamento ancora a tutti i partecipanti alla Consensus, che con la loro presenza e la loro affermazione ne hanno consentito la riuscita.
1. La Consensus Conference: le risposte e le risultanze
In ogni riquadro sono riportate le domande poste e le risposte ottenute dai questionari inviati via mail e dalla votazione in aula. Inoltre, al lato del riquadro è riportato un breve commento di sintesi del Presidente della Consensus, Prof. Aldo Caporossi.
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consensus conference crosslinking 1. INDICAZIONI AL CROSSLINKING, COSA MODIFICARE? Ritieniamo opportuno alla diagnosi di cheratocono: trattare i pazienti con cheratocono al di sotto dei 18 anni subito, senza attendere un peggioramento; tra i 18 e i 30 anni effettuare un controllo e se c’è stata progressione dare indicazione al crosslinking; invece al di sopra dei 30 anni, poiché è già stabile nella maggior parte dei casi, riteniamo giusto controllare il paziente e, in caso di progressione, effettuare il crosslinking. Ritieni che tali indicazioni debbano essere modificate in relazione ad età e progressione?
Forse la domanda era meno comprensibile delle altre e l’esitazione in aula non rende giustizia degli orientamenti. Come nel passato tante critiche per la chirurgia refrattiva bilaterale, oggi non c’è ancora totale maturità per effettuare il crosslinking senza ulteriore controllo sotto i 18 anni.
2. L’IMPORTANZA DELLO SPESSORE CORNEALE PRE-OPERATORIO Il crosslinking epi-off può essere effettuato in pazienti che abbiano uno spessore corneale (thinnest point) di almeno 400 micron prima della procedura di crosslinking. Ritieni che possa essere comunque giusto trattare pazienti con spessore al di sotto dei 400 micron, soprattutto molto giovani, con un protocollo epi-off accelerato (modificando i parametri in modo da avere una minore profondità di trattamento) al posto del transepiteliale, a seconda dello spessore (se maggiore di 370 micron) e dell’età del paziente?
Questa risposta dà evidenza di maturità e confidenza nell’uso della tecnica crosslinking. In pazienti con spessore al di sotto dei 400 micron, soprattutto molto giovani, si può effettuare un protocollo epi-off accelerato (modificando i parametri in modo da avere una minore profondità di trattamento) al posto del crosslinking transepiteliale, a seconda dello spessore (se maggiore di 370 micron) e dell’età del paziente.
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consensus conference crosslinking 3. VISUS UTILIZZABILE CON LENTE A CONTATTO E MIGLIORAMENTI DEL TRATTAMENTO In un paziente con Cheratocono in stadio II-III con visus corretto inferiore a 5/10 intollerante alle LAC non è opportuno dare indicazione al crosslinking. RItieni che sia comunque giusto effettuare un crosslinking in questi casi, soprattutto in un paziente giovane, nella possibilità (seppur non elevata) di un miglioramento del visus dopo il crosslinking?
Meglio avere le idee chiare, un risultato non fruibile lascia il paziente insoddisfatto. Può essere giustificato effettuare un crosslinking in questi casi, soprattutto in un paziente giovane, nella possibilità (seppur non elevata) di un miglioramento del visus dopo il crosslinking. 4. QUALE TRATTAMENTO EFFETTUARE IN BASE ALL’EVOLUTIVITà Riteniamo opportuno effettuare sempre un crosslinking epi-off in un cheratocono progressivo al di sotto dei 30 anni quando sia presente un thinnest point di almeno 400 micron. In cheratoconi scarsamente progressivi, sopra i 30 anni, esistono altre modalità di trattamento (transepiteliale, TE con iontoforesi), che seppur meno efficaci, potrebbero essere considerate come alternative al crosslinking standard epi-off. Ritieni giusta tale affermazione? a. Si, sempre b. Si, ma in un cheratocono progressivo, indipendentemente dall’età, preferisco effettuare sempre un crosslinking epi-off perché lo ritengo più efficace nello stabilizzare il cheratocono c. No, ritengo giusto effettuare il crosslinking transepiteliale (con o senza iontoforesi) in cheratoconi progressivi anche al di sotto dei 30 anni ma mai in pazienti pediatrici d. No, ritengo giusto effettuare il crosslinking transepiteliale (con o senza iontoforesi) in cheratoconi progressivi sempre, anche in pazienti pediatrici e. Ritengo giusto effettuare un trattamento crosslinking anche in un cheratocono in cui non c’è evidenza di progressione clinica e topografica
Decisa condizione questa che dà ragione di questi anni di esperienza e sperimentazione. In un cheratocono progressivo, indipendentemente dall’età, preferiamo effettuare sempre un crosslinking epioff perché lo riteniamo più efficace nello stabilizzare il cheratocono. La quasi unanimità alla fine chiude la discussione sul transepiteliale, da relegare alle cornee molto sottili.
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consensus conference crosslinking 5. COME VALUTI LA PROGRESSIONE DEL CHERATOCONO La progressione del cheratocono è stabilita sulla base di dati clinici e dati topografici, che con i moderni tomografi si avvalgono anche della valutazione della superficie posteriore e dello spessore corneale. Nella decisione di stabilire la progressione di un cheratocono, e quindi dare indicazione al trattamento crosslinking, valuti: a. Indici topografici: Kmax, Kmin, K medio b. Mappe differenziali: Progressione nelle mappe sagittali anteriori, tangenziale anteriore, elevazione posteriore, spessore corneale c. Visus non corretto e corretto del paziente d. Tutte le precedenti e. Altro
Il giudizio di progressione è basilare per trattare e fondarlo su più parametri è corretto. La progressione del cheratocono è stabilita sulla base di dati clinici e dati topografici, che con i moderni tomografi corneali si avvalgono anche della valutazione della superficie posteriore e dello spessore corneale, valutando le variazioni degli indici topografici (Kmax, Kmin, Kmedio), delle mappe differenziali e dei dati funzionali.
6. TERAPIA POST-OPERATORIA La terapia post-operatoria dopo trattamento crosslinking si avvale dell’uso di una terapia con cortisonici topici a scalare, al fine di ridurre la possibilità di haze post-operatorio. Per quanto tempo effettui tale terapia? a. 15 giorni b. 1 mese c. Più di 1 mese
La terapia post-operatoria dopo trattamento crosslinking si avvale dell’uso di una terapia con cortisonici topici a scalare da effettuarsi per un mese ed oltre, al fine di ridurre la possibilità di haze post-operatorio. Ad oggi, non abbiamo trials clinici randomizzati in doppio cieco che confermino la soluzione migliore.
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consensus conference crosslinking 7. IL RITRATTAMENTO Se un cheratocono già sottoposto a crosslinking dovesse manifestare nuovamente una progressione a distanza di tempo dal crosslinking, è possibile effettuare un ritrattamento con crosslinking, in relazione sempre a spessore corneale e visus utilizzabile. Ritieni giusta tale affermazione? a. Si, sempre b. Si, ma solo al di sotto dei 30 anni di età c. No, non effettuo mai ritrattamenti d. Valuto caso per caso l’opportunità di effettuare un ritrattamento, valutando vantaggi e svantaggi di un ritrattamento nel singolo caso specifico
Forse è bene la prudenza, ma un ritrattamento anche in epi-off non deve dare indecisione a nessuno. Se un cheratocono già sottoposto a crosslinking dovesse manifestare nuovamente una progressione a distanza di tempo dal crosslinking, è possibile effettuare un ritrattamento con crosslinking, da valutare caso per caso in base al decorso e ben realizzabile. Saremmo più interventisti ma una breve osservazione può essere convalidata. 8. PROGRESSIONE DEL CHERATOCONO E GRAVIDANZA Il cheratocono dopo una gravidanza e allattamento può avere nuovamente una progressione, anche dopo anni di stabilità clinica e topografica. Come ti comporti in questi casi? a. Effettuo un crosslinking sempre quando c’ è una progressione dopo una gravidanza b. Effettuo dei controlli stretti durante e dopo la gravidanza e l’allattamento per valutare se tale progressione è solo temporanea e quindi non necessiti di crosslinking e solo se la progressione continua anche a 6 mesi di distanza dal termine della gravidanza effettuo un crosslinking c. Non effettuo mai il crosslinking in questi casi d. Se la paziente manifesta l’intenzione di avere una gravidanza futura preferisco effettuare un trattamento preventivo di crosslinking per scongiurare un possibile peggioramento
Il cheratocono dopo una gravidanza e allattamento può avere nuovamente una progressione, anhe dopo anni di stabilità clinica e topografica: in tali casi è opportuno effettuare dei controlli stretti durante e dopo la gravidanza e l’allattamento per valutare se tale progressione è solo temporanea e quindi non necessiti di crosslinking e solo se la progressione continua anche a 6 mesi di distanza dal termine della gravidanza effettuare un crosslinking.
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consensus conference crosslinking 9. DIFFERENTI TIPOLOGIE DI CROSSLINKING Ad oggi esistono differenti protocolli di crosslinking: epi-off (standard ed accelerato), epi-on (con o senza iontoforesi), e topoguidato. Nella tua casistica quali tipologie di crosslinking effettui e in che percentuale rispetto agli altri trattamenti?
L’orientamento verso l’epi-off è sempre più confermato con un crosslinking transepiteliale in scomparsa.
Invece, in pazienti pediatrici al di sotto dei 18 anni, quali tipologie di crosslinking effettui?
Valutazione eclatante questa, che sancisce gli orientamenti in maniera decisa. Nei pazienti pediatrici è mandatorio effettuare un trattamento crosslinking epi-off.
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consensus conference crosslinking 10. I TRATTAMENTI COMBINATI Il trattamento crosslinking può ad oggi essere effettuato in combinazione con tecniche di chirurgia refrattiva (PRK, LASIK). Se si, quale tipo di trattamenti combinati e in che percentuale effettui questo tipo di trattamenti? a. PRK + CXL b. LASIK + CXL c. ALTRO
Queste alternative sono in crescita ma necessitano di conferme.
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1. Data on File, Johnson & Johnson Surgical Vision. Inc. Sep 2018. DOF2018CT4015.
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FIRENZE 19-21 marzo 2020
CONGRESSO 2020 AICCER
Associazione Italiana di Chirurgia della Cataratta e Refrattiva