La Voce Aiccer 3/2017

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LA VOCE

AICCER

ASSOCIAZIONE SOCIAZIONE ITALIANA DI CHIRURGIA DELLA CATARATTA E REFRATTIVA

RIVISTA ISTA SC SCIENTIFICA CIENTIFICA D DII IINFORMAZIONE NFORMAZIONE E

EDITORIALE di Roberto Bellucci INTERAZIONI di Vincenzo Orfeo SURVEY AICCER La midriasi ed analgesia intra camerale, cosa ne pensano i chirurghi

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LA PAROLA all’ANESTESISTA Ruolo e responsabilità dell’anestesista nella chirurgia della cataratta CHIRURGIA DELLA CATARATTA IOL EDOF nel miope: una non controidicazione SUPERFICIE OCULARE Sindrome dell’occhio secco: protocollo diagnostico terapeutico CHERATOCONO Cheratocono e allergia, un mix esplosivo Chirurgia della CATARATTA Lente intraoculare “trifocale” contro lente “a profondità di fuoco continua”: risultati di uno studio comparativo

FGE S.r.l. - Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Trimestrale nr. 3/17 - Anno XIX


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ASSOCIAZIONE ITALIANA DI CHIRURGIA DELLA CATARATTA E REFRATTIVA

Responsabile Editoriale Scipione Rossi

RIVISTA SCIENTIFICA DI INFORMAZIONE

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2017

LA A VOCE VOCE VO CE

AICCER

ASSOCIAZIONE SOCIAZIONE ITALIANA DI CHIRURGIA DELLA CATARATTA E REFRATTIVA

Vice-Direttore Editoriale Dario Aureggi

RIVISTA ISTA SCIENTIFICA SCIE CIENTIFICA DI INFORMAZIONE INFORM INFOR MAZIONE E

Direttore Responsabile Ferdinando Fabiano Comitato Pubblicazioni AICCER Giovanni Alessio, Roberto Bellucci, Vincenzo Orfeo, Riccardo Sciacca Redazione Segreteria AICCER AIM Group International - Milan Office Via G. Ripamonti 129 - 20141 Milano tel. 02 56601.1 - fax 02 70048578 e-mail: segreteriaaiccer@aimgroup.eu Dr. Scipione Rossi e-mail: scipione.rossi@gmail.com

EDITORIALE di Roberto Bellucci INTERAZIONI di Vincenzo Orfeo SURVEY AICCER La midriasi ed analgesia intra camerale, cosa ne pensano i chirurghi LA PAROLA all’ANESTESISTA Ruolo e responsabilità dell’anestesista nella chirurgia della cataratta

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CHIRURGIA DELLA CATARATTA IOL EDOF nel miope: una non controidicazione SUPERFICIE OCULARE Sindrome dell’occhio secco: protocollo diagnostico terapeutico CHERATOCONO Cheratocono e allergia, un mix esplosivo Chirurgia della CATARATTA Lente intraoculare “trifocale” contro lente “a profondità di fuoco continua”: risultati di uno studio comparativo

2017

FGE S.r.l. - Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Trimestrale nr. 3/17 - Anno XIX

ISSN 1973-9419 Registrazione presso il Tribunale di Asti n° 5/98 del 15/12/1998

Segreteria di Redazione Segreteria AICCER

Chiuso in redazione: ottobre 2017

FGE S.r.l. tel. 0141 1706694 e-mail: f.fabiano@fgeditore.it

Il contenuto degli articoli pubblicati è di esclusiva responsabilità degli autori. La riproduzione di articoli o parte di essi deve essere autorizzata dall’Editore.

Grafica e Stampa FGE S.r.l. Pubblicità FGE S.r.l. Reg. Rivelle 7/F - Moasca (AT) tel. 0141 1706694 e-mail: info@fgeditore.it

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SOMMARIO EDITORIALE .................................................................................................................................................... 7 di Roberto Bellucci

INTERAZIONI................................................................................................................................................. 9 di Vincenzo Orfeo

SURVEY AICCER La midriasi ed analgesia intra camerale, cosa ne pensano i chirurghi ............................................................ 10 Sscipione Rossi

LA PAROLA ALL’ANESTESISTA Ruolo e responsabilità dell’anestesista nella chirurgia della cataratta.............................................................. 14 Alberto Leone

CHIRURGIA DELLA CATARATTA IOL EDOF nel miope: una non controidicazione ............................................................................................. 18 Emilio Pedrotti, Pietro M. Talli, Giorgio Marchini

SUPERFICIE OCULARE Sindrome dell’occhio secco: protocollo diagnostico terapeutico ...................................................................... 22 Luca Vigo

CHERATOCONO Cheratocono e allergia, un mix esplosivo ....................................................................................................... 28 Cosimo Mazzotta, Claudio Traversi, Raffaella Corvino, Marco Ferrise

CHIRURGIA DELLA CATARATTA Lente intraoculare “trifocale” contro lente “a profondità di fuoco continua”: risultati di uno studio comparativo .................................................................................................................. 38 Antonio Scialdone, Gaspare Monaco


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di Roberto Bellucci

Dal congresso ESCRS nuovi stimoli per AICCER e per la nostra professione Il recente congresso della Società Europea di Chirurgia della Cataratta e della Refrazione si è svolto a Lisbona in un clima di grande euforia. Il numero record di oculisti partecipanti, 9870 alla conta finale, e il numero di nazioni rappresentate, oltre 140, sono solo la cornice di un evento che è divenuto il congresso di oculistica più importante al mondo. La partecipazione massiccia dei produttori di macchinari e materiale per oftalmologia ha sottolineato ulteriormente che oggi l’innovazione in oftalmologia è europea, e non occorre più recarsi oltreoceano per aggiornarsi puntualmente. Il gruppo Italiano era il più numeroso, con oltre 700 colleghi presenti da tutta Italia. Tra loro il direttivo AICCER, che anzi si è riunito in sede congressuale, ed il prof. Massimo Busin di recente confermato nel board dell’ESCRS. Dovunque si vada in Europa, l’oculistica Italiana è riconosciuta come una delle migliori, se non la migliore in assoluto. Dispiace che vi sia ancora per molti di noi la barriera della lingua, e c’è veramente da augurarsi che le giovani generazioni facciano propria quella lingua inglese che a molti di noi richiede uno sforzo continuo per un adeguamento mai riuscito del tutto. Il congresso ESCRS si è però caratterizzato soprattutto per due eventi importanti. Il primo è la pubblicazione dello studio PRE-MED sulla importanza dei farmaci steroidei e FANS nella prevenzione dell’Edema Maculare Cistoide dopo chirurgia della cataratta in pazienti diabetici e non diabetici. I risultati erano molto attesi, e il prof. Rudy Nujits di Maastricht non ha deluso l’uditorio. Lo studio ha infatti dimostrato che, posto 1 il rischio di EMC dopo chirurgia della cataratta in chi riceve bromfenac e desametasone in collirio, il rischio è fino a 5 volte superiore per chi riceve solo lo steroide. Nei pazienti diabetici l’iniezione intravitreale di Anti VEGF su è rivelata inutile, mentre qualche utilità è stata dimostrata dalla iniezione sottocongiuntivale di triamcinolone (al momento ancora off-label però). Lo studio Pre-med ha dimostrato ancora di più l’importanza della collaborazione multicentrica nella ricerca clinica anche nella nostra specialità, e mi auguro che presto anche in Italia si possano svolgere ricerche coordinate dalla nostra società. Il secondo evento è stato lo svolgimento del primo esame per ottenere la certificazione di super specialista in chirurgia della cataratta e refrattiva, il titolo FEBOS-CR consegnato dall’European Board of Ophthalmology, ente riconosciuto dalla comunità europea. Dei 33 candidati, ben 17 hanno superato il test ed hanno ricevuto la relativa Fellowship. Si tratta di un esame complesso ed abbastanza severo, ma non impossibile per chi ha esperienza di chirurgia: tutte le informazioni per l’esame 2018 sono sul sito dell’ESCRS. Tre i membri di AICCER coinvolti a vario titolo tra i docenti oltre a me: i molto apprezzati prof. Vinciguerra, dott. Morselli e prof. Mencucci che ringrazio per il valido e costruttivo apporto. L’augurio è che questa positiva esperienza sia di stimolo per il futuro, e possa essere trasferita in Italia al prossimo congresso di Bari. Ci saranno molte novità, con un maggiore accento sulle parti scientifiche e didattiche. La chirurgia in diretta verrà “concentrata” per lasciare più spazio a casi complicati, a relazioni, a discussioni. Vi attendiamo!

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INTERAZIONI NOTIZIE DAL CONSIGLIO DIRETTIVO di Vincenzo Orfeo

Oggi “Obiettivo 10/10”... 50 anni fa nasceva l’idea della Facoemulsificazione A Bari il XXI congresso Aiccer dall’8 al 10 Marzo 2018. I Presidenti Alessio e Mastropasqua si sono impegnati per indicare la corretta via, il percorso da seguire per far ottenere al paziente il sospirato traguardo dei 10/10. Dal colloquio col paziente, alle analisi diagnostiche più semplici fino a quelle più sofisticate, fino alla migliore terapia chirurgica da proporre e come eseguirla. Guardando il prossimo futuro non possiamo però non ricordare da dove è partita l’evoluzione che ha portato all’Oculistica moderna. Siamo infatti ad una ricorrenza: compie oggi 50 anni l’idea della Facoemulsificazione! Proprio 50 anni fa, nel 1967 iniziava l’era della Faco, la tecnica che avrebbe rivoluzionato la vita degli oculisti e la vista dei nostri pazienti. Era il 1967 quando a New York, Charles Kelman, giovane ed innovativo chirurgo oculista americano formatosi in Svizzera, ebbe l’intuizione, sulla sedia del suo dentista, di mutuare la sonda ad ultrasuoni usata per la cura dei denti in uno strumento che permettesse di frantumare con le sue vibrazioni, il cristallino dentro l’occhio senza più doverlo asportare in toto con una incisione di grandi dimensioni (era l’epoca della Intracapsulare). L’intuizione dell’ importanza della piccola incisione aprirà poi la strada all’introduzione dell’Healon negli anni 80, allo sviluppo delle IOL pieghevoli, all’idea della capsuloressi, fino ai giorni nostri dove assistiamo all’avanzare di un importante alleato della Faco che è il Femtolaser in grado di preparare l’occhio con pretagli e ridurre ancora il già minimo tempo di ultrasuoni. Il futuro è già oggi quando nei congressi impariamo tecniche nuove o recepiamo dei suggerimenti su tecniche chirurgiche o mediche in evoluzione; perchè oggi tutto è in continua evoluzione ed in miglioramento. Tutto ciò avviene in modo così veloce che sentiamo come obbligatorio il dovere di informarci e di crescere per dare un servizio migliore al nostro paziente, l’utente finale di tutto il mondo dell’Oculistica che gira attorno a medici, ortottisti e tante benemerite Aziende che con il loro lavoro e la loro ricerca sponsorizzano ed aiutano le nostre riunioni. I congressi sono tanti, troppi, è vero, ma finchè chi segue con interesse un congresso tornerà a casa con una conoscenza in più, un pensiero nuovo, l’obiettivo di una società scientifica è raggiunto. Guai a chi si ferma convinto di sapere tutto con la presunzione che le relazioni presentate ai congressi dicono sempre le stesse cose... poveri i loro pazienti.

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SURVEY AICCER di Scipione Rossi

La midriasi ed analgesia intracamerale, cosa ne pensano i chirurghi a midriasi pupillare efficace e stabile rappresenta da sempre un requisito indispensabile nella maggior parte degli interventi chirurgici, sia del segmento anteriore che posteriore. La recente disponibilità in Italia di un prodotto per la midriasi intracamerale rappresenta per i chirurghi un’opportunità per rivalutare la gestione della midriasi pre ed intraoperatoria nella cataratta. A tale proposito il consiglio direttivo dell’AICCER ha già avuto modo di prendere in considerazione il potenziale impatto di questa nuova metodica mediante una indaginecondotta in seno al Consiglio Direttivo, oggetto di pubblicazione nel primo numero 2017 della Voce AICCER. L’impegno di AICCER su questo tema prevedeva una seconda fasedi coinvolgimento di tutti i Soci su questa tematica, proponendo una indagine on line nel periodo aprile-giugno 2017, mediante un questionario di 18 domande articolate sui seguenti argomenti: importanza della midriasi e preparazione del paziente, gestione della midriasi preoperatoria inadeguata, gestione della miosi intraoperatoria, analgesia intraoperatoria. Hanno partecipato all’indagine 447 colleghi che ringraziamo del loro contributo e siamo veramente molto soddisfatti dell’elevato numero di adesioni all’iniziativa che dimostra quanto sia importante e sentito questo argomento. Complessivamente i riscontri emersi da questa indagine allargata risultano concordi con quelli dell’indagine condotta in seno al consiglio direttivo dell’AICCER. Nelle tre tabelle sono illustrate le domande e le relative risposte raggruppate per omogeneità di argomenti. Per quanto riguarda la midriasi e preparazione del paziente si evidenzia anche in questa indaginela quasi unanimità di pareri sul fatto che una buona

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midriasi possa avere un importante impatto sulla valutazione della difficoltà del singolo intervento (Tabella 1), ma anche sulla affidabilitàdel test di midriasi alla visita di controllo pre operatoria per identificare i pazienti con midriasi inadeguata il giorno dell’intervento. Come prevedibile l’indagine conferma una relativa difformità di pareri sull’entità minima della midriasi necessaria per effettuare un intervento in sicurezza, chemolto spesso dipendeanche dall’esperienza del singolo chirurgo, i 2/3 degli intervistati considerano una soglia minima compresa tra 6.0 e 6.5 mm, circa 1/5 collocano tale soglia a 5 mm ed i rimanenti (17%) necessitano di una midriasi minima di 7 mm. Pareri invece quasi unanimi (89,3%) sul fatto che sia molto più importante avere una midriasi stabile per tutta la durata dell’intervento piuttosto che una midriasi iniziale massimale. In merito all’eventuale impatto di ritardi o difficoltà di dilatazione sul flussodei pazienti in sala operatoria, solo la metà degli intervistati la considera la principale causa di rallentamento delflusso regolare della chirurgia, ma quasi l’80% ritiene che poter gestire direttamente in sala operatoria la midriasi possa migliorare la gestione dell’intera seduta operatoria (Tabella 1). Nei casi di difficoltà di dilatazione la maggior parte degli intervistati (70%) ritiene che un maggior numero di istillazioni di midriatici possa rendere l’epitelio meno trasparente per la chirurgia. In tali situazioni di midriasi pre-operatoria inadeguata i 3/4 degli intervistati ritiene l’iniezione intracamerale di adrenalina o fenilefrina/tropicamide una procedura efficace nella maggior parte dei casi, anche se la quasi totalità dei chirurghi ritiene che l’iniezione in camera anterioredi formulazioni non autorizzate per uso intracamerale (esempio colliri a base di


SURVEY AICCER 1. Ritiene affidabile il test di midriasi alla visita di controllo pre operatoria per identificare i pazienti con midriasi inadeguata il giorno dell’intervento?

SI 89,81%

NO 10,19%

2. Ritiene che una buona midriasi possa cambiare la sua visione della difficoltà di un intervento?

SI 97,88%

NO 2,12%

7mm 17,0%

7,5mm 0,85%

Massimale 10,62%

Stabile 89,38%

5. Ritiene che ritardi o difficoltà di dilatazione fuori dalla sala operatoria siano la principale causa di rallentamento del flusso regolare della chirurgia?

SI 52,90%

NO 47,10%

6. Ritiene che poter gestire direttamente in sala operatoria la midriasi possa cmigliorare la gestione dell’intera seduta operatoria?

SI 78,51%

NO 21,49%

7. Ritiene che quando occorra ripetere più del solito la istillazione dei midriatici o per più tempo l’epitelio sia meno trasparente durante la chirurgia?

SI 69,43%

NO 30,57%

8. Ritiene l’iniezione intracamerale di adrenalina o fenilefrina/tropicamide una procedura efficace nella maggior parte dei casi di midriasi pre-operatoria inadeguata?

SI 76,38%

NO 23,62%

9. Ritiene che le formulazioni non autorizzate per iniezione intracamerale (esempio colliri a base di fenilefrina e tropicamide) possano rappresentare un importante problema di sicurezza per il paziente quando iniettate in camera anteriore?

SI 84,80%

NO 15,20%

3. Quale ritiene essere la dimensione minima indispensabile della pupilla per effettuare un intervento di cataratta in sicurezza?

5mm 18,94%

6mm 29,15%

4. Ritiene più importante una midriasi massimale ad inizio intervento o una midriasi stabile per tutta la durata dell’intervento?

6,5mm 34,04%

Tabella 1

fenilefrina e tropicamide) possa rappresentare un importante problema di sicurezza per il paziente (Tabella 1). La miosi indotta chirurgicamente durante l’intervento di cataratta rappresenta una criticità maggiore rispetto alla midriasi iniziale inadeguata ed è vissuta dal chirurgocomeun problema importante in sala operatoria per il maggior rischio di complicanze intra-operatorie. Si tratta di un evento tutt’altro che raro, visto che oltre 1/3 degli intervistati lo osserva nel 5-10% degli interventi ed 1/3 degli intervistati lo osserva con una frequenza compresa tra 10% e 15% dei pazienti (Tabella 2). A parere quasi unanime gli intervistati la dilatazione con midriatici intracamerali dovrebbe essere sempre tentata prima di quella meccanica e risulta sicuramente meglio accettata dal paziente rispetto a quella meccanica. Infatti 2/3 dei chirurghi ritiene l’iniezione intracamerale di adrenalina o fenilefrina/tropicamide una procedura efficace nella maggior parte dei casi di miosi intraoperatoria. Mentre la dilatazione con dispositivi meccanici è ritenuta quasi unanimemente una procedura che può danneggiare l’orletto pu-

pillare e talvolta lasciare un segno visibile sull’iride anche tempo dopo. A tale proposito oltre il 90% dei chirurghi ritiene indispensabile avere in sala operatoria un midriatico intracamerale autorizzato e pronto all’uso per i casi di midriasi pre-operatoria inadeguata e miosi intraoperatoria. (Tabella 2) Per quanto riguarda l’analgesia intracamerale, la maggioranza degli intervistati la considera una procedura da adottare regolarmente nella chirurgia della cataratta (Tabella 3), in quanto l’effetto analgesico intraoperatorio garantito da questa procedura è considerato molto rilevante da oltre la metà degli intervistati ai fini della collaborazione del paziente e della sua soddisfazione a fine intervento e nei giorni successivi. Oltre la metà degli intervistati non considera però semplice da preparare e sicura per il pazientela procedura di preparazione estemporanea in sala operatoria dell’anestetico locale per la somministrazione intracamerale, per i possibili errori di diluizione. La disponibilità di una specialità medicinale autorizzata e pronta all’uso può sicuramente agevolare il ricorso all’analgesia intraoperatoria. Quasi

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SURVEY AICCER

15-20% 10,62%

>20% 3,40%

11. Ritiene che nella miosi intraoperatoria la dilatazione intracamerale debba sempre essere tentata prima di quella meccanica?

SI 91,24%

NO 8,76%

12. Ritiene che la dilatazione con dispositivi meccanici possa danneggiare l’orletto pupillare e talvolta lasciare un segno visibile sull’iride anche tempo dopo?

SI 88,27%

NO 11,73%

13. Nella maggior parte dei casi di miosi intraoperatoria ritiene l’iniezione off label di adrenalina o fenilefrina/tropicamide una procedura efficace?

SI 66,31%

NO 33,69%

14. Ritiene indispensabile avere in sala operatoria un midriatico intracamerale autorizzato e pronto all’uso per i casi di midriasi pre-operatoria inadeguata e miosi intraoperatoria?

SI 91,24%

NO 8,76%

SI 64,74%

NO 35,26%

Abbastanza 36,46%

Molto 51,17%

17. Ritiene la somministrazione intracamerale di anestetico locale (off label) una pratica semplice da preparare e sicura per il paziente?

SI 52,58%

NO 47,42%

18. Ritiene che midriasi ed analgesia intracamerale combinata debba essere sempre preferibile alla midriasi topica associata ad analgesia intracamerale?

SI 58,71%

NO 41,29%

10. In che percentuali di casi deve affrontare problemi di miosi intraoperatoria?

<5% 12,31%

5-10% 38,64%

10-15% 35,03%

Tabella 2

15. Ritiene l’analgesia intracamerale una scelta da adottare regolarmente nella chirurgia della cataratta? Poco 12,37%

16. Quanto è rilevante l’analgesia intraoperatoria ai fini della collaborazione del paziente e della sua soddisfazione a fine intervento e nei giorni successivi?

Tabella 3

i 2/3 dei chirurghi ritengono inoltre che midriasi ed analgesia intracamerale combinata debba essere sempre preferibile alla midriasi topica associata ad analgesia intracamerale (Tabella 3). Questa indagine oltre ad avere il pregio della rapidità e semplicità di esecuzione ci fornisce spunti di riflessione molto importanti sulla realtà della midriasi per la chirurgia della cataratta in Italia. La prima considerazione da fare sui risultati di questa indagine allargata è relativa alla distribuzione delle risposte sui principali quesiti proposti che fa emergere una notevole unanimità di opinioni sulla maggior parte degli argomenti. C’è stata inoltre una notevole sovrapponibilità di opinioni tra la prima indagine ristretta e quelli di questa allargata. Se il notevole consenso sull’importanza di una buona midriasi iniziale, stabile fino al termine dell’intervento per agevolare inserimento della IOL e rendere

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l’intervento esente da rischi di complicanze intraoperatorie era un riscontro ampiamente atteso, ci dovrebbe far riflettere la convergenza di opinioni sulla possibilità di gestire direttamente in sala operatoria la midriasi al fine di migliorare la gestione dell’intera seduta operatoria. Questa esigenza può oggi essere soddisfatta dalla midriasi intracamerale, che migliora significativamente la gestione preoperatoria del paziente sia in termini di impegno del personale sanitario che di flessibilità nell’accesso dei pazienti in sala operatoria. Oltre ai benefici per il paziente a livello locale per assenza di esposizione dell’epitelio corneale al collirio e per minor rischio di effetti collaterali da assorbimento sistemico dei midriatici. Un altro aspetto meritevole di attenzione è il largo consenso sulla gestione dei casi di midriasi preoperatoria inadeguata, che pur individuando nell’iniezione intracamerale di adrenalina o fenilefrina/tropi-


SURVEY AICCER camide una tecnica efficace nella maggior parte dei casi, aveva fino ad ora delle limitazioni oggettive dovute all’indisponibilità di una specialità medicinale autorizzata per questa via di somministrazione che metteva il chirurgo nella condizione di dover ricorrere all’uso off label di midriatici non autorizzati per tale via di somministrazione. La gestione della midriasi intraoperatoria è poi l’altro aspetto critico, poco prevedibile e per nulla infrequente, durante l’intervento di cataratta perché rende difficile ciò che è generalmente ritenuto agevole alla luce dei progressi tecnici e strumentali degli ultimi anni, perché può comportare un aumentato rischio di complicanze ed è spesso vissuta dal chirurgo come causa di stress oltre che di ritardo nel completamento dell’intervento. Fino ad oggi i principali strumenti a disposizione sono stati i dispositivi meccanici come uncini, anelli e retrattori rigidi multipli, oppure nuovamente il ricorso all’iniezione intracamerale di midriatici off label. La comune consapevolezza che i dilatatori meccanici oltrechè costosi, non sono scevri dal rischio di complicanze post operatorie giustifica la pressoché unanime opinione degli intervistati sull’opportunità di ricorrere in prima istanza alla dilatazione con iniezione intracamerale di midriatici. Opzione resa oggi più agevole e sicura dalla disponibilità in commercio di un midriatico intracamerale autorizzato e pronto all’uso, che quasi unanimemente i chirurghi ritengono indispensabile avere in sala operatoria per i casi di midriasi pre-

operatoria inadeguata e miosi intraoperatoria. Su questo aspetto dobbiamo sicuramente tutti adoperarci per rendere il midriatico per uso intracamerale disponibile in tutte le sale operatorie, perchè la novità del midriatico intracamerale, pur essendo molto meno onerosa dei dispositivi meccanici, non è ancora stata recepita come reale una opportunità cost effective nella gestione dell’intervento di cataratta. Se considerassimo infatti globalmente tutti i costi di gestione della midriasi per tutti gli interventi di catarattaeseguiti ogni anno, includendo quelli correlati alla midriasi inadeguata e alla miosi intraoperatoria, ci renderemmo conto che l’impiego sistematico del midriatico intracamerale ha costi per singolo paziente abbastanza vicini a quelli della midriasi topica. A tale proposito non possiamo non considerare anche i costi correlati al frequente ricorso all’analgesia intracamerale, che previene il discomfort intraoperatorio e favorisce la collaborazionedel paziente durante intervento. Prassi che richiede opportuna diluizione estemporanea di un anestetico, che può essere evitata dall’impiego del midriatico intracamerale che associa anche l’anestetico. Possiamo pertanto concludere che i risultati di questa indagine concordano sulla necessità di migliorare la gestione della midriasi ed analgesia intraoperatoria con gli strumenti innovativi che ci vengono proposti, per renderla sempre più adeguata all’evoluzione tecnologica delle apparecchiature e dei dispositivi per la chirurgia della cataratta.

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LA PAROLA ALL’ANESTESISTA di Alberto Leone

Ruolo e responsabilità dell’anestesista nella chirurgia della cataratta a presenza dell’Anestesista nella chirurgia della cataratta viene recentemente messa in discussione per motivi di risparmio economico, senza tener conto che tale chirurgia, pur se affrontata in regime ambulatoriale, si colloca in un ambito che richiede aspetti assistenziali peculiari. Quali sono le peculiarità della chirurgia della cataratta? I pazienti trattati sono quasi sempre anziani, presentano concomitanza di più patologie, non hanno idoneità socio anagrafica per accedere al trattamento, il chirurgo operatore è altamente impegnato, l’occhio è un organo altamente reflessogeno e molto frequentemente è necessario gestire l’ansia preoperatoria che accompagna questi pazienti. Le problematiche assistenziali nel paziente anziano non sono da sottovalutare. Spesso infatti questi pazienti presentano difficoltà motorie, difficoltà sensoriali, difficoltà ad assumere la corretta posizione sul lettino operatorio, difficoltà a comprendere le istruzioni. Il tutto si traduce in una diminuzione del grado di collaborazione. L’Idoneità socio anagrafica per accedere a questo tipo di chirurgia, pur se ambulatoriale, è spesso carente. Ci troviamo frequentemente di fronte pazienti con assenza di care giver, in stato di indigenza, affetti da senilità e molto spesso con notevoli difficoltà a raggiungere la struttura. Le comorbidità complicano notevolmente il quadro clinico. Molto frequentemente la concomitanza di più patologie sistemiche, il degrado delle funzioni cognitive, lo stato di sindrome ansioso-depressiva, elevano il rischio anestesiologico, per cui ci troviamo sempre più frequentemente ad affrontare l’intervento chirurgico in pazienti con rischio anestesiologico elevato (ASA III – IV). L’elevato impegno del chirurgo operatore è un’altra caratteristica di questo tipo di chirurgia. Infatti il chirurgo è altamente impegnato, anche se per un perio-

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do breve, dovendo utilizzare entrambi gli arti superiori, quelli inferiori e senza poter distogliere lo sguardo dal microscopio. Ne consegue che è impossibilitato a gestire eventi avversi che si potrebbero verificare durante l’atto operatorio. Inoltre l’occhio è un organo riccamente innervato e la sua stimolazione può indurre riflessi pericolosi soprattutto a livello dell’apparato cardiovascolare e respiratorio. Notoriamente la stimolazione di tale organo può indurre bradicardia, broncocostrizione e secrezione delle ghiandole salivari, per cui in alcuni casi potrebbe verificarsi una bradicardia estrema fino all’arresto cardiaco con broncospasmo e ingombro dell’albero respiratorio dovuto all’elevata secrezione. La gestione dell’ansia pre-intervento al giorno d’oggi, dove si impone una concezione moderna della medicina, diventa una condizione dalla quale non si

Classificazione ASA


LA PAROLA ALL’ANESTESISTA può prescindere. L’occhio viene considerato nell’immaginario collettivo un organo delicato, per cui già questa condizione è sufficiente a generare ansia. Inoltre il fatto che si possa ottenere un’anestesia con delle semplici gocce (funzionerà?) o che sia possibile effettuare una puntura attraverso la palpebra, contribuisce ad elevare lo stato di ansia preoperatorio. L’ansia di vedere subito dopo l’intervento e la possibilità di non riuscirci perché abbagliati dalla luce del microscopio complica la gestione del quadro. Per cui si impone una gestione dell’ansia preoperatoria ECG che solo l’anestesista, aiutato da farmaci estremamente maneggevoli, può adeguatamente dominare. La figura dell’Anestesista ricopre un ruolo importante anche in questo tipo di chirurgia. Il suo ruolo si esplica durante tutte le fasi del processo di cura del paziente: – Fase preoperatoria – Fase intraoperatoria – Fase post operatoria immediata. La fase Preoperatoria può essere Emocromo con formula considerata la fase più delicata del processo. Infatti in questa fase si svolge la Visita Anestesiologica preoperatoria. E’ dimostrato che l’85% degli incidenti intraoperatori sono dovuti ad una scarsa attenzione nella fase pre-intervento, quindi durante l’arruolamento del paziente. La Visita Anestesiologica preoperatoria consente di: – inquadrare il paziente nella sua Assetto emocoagulativo complessità clinica; – quantificare il rischio operatorio (Classificazione ASA); – identificare e correggere patologie misconosciute; ziente ed il grado di complessità chirurgica dell’in– ridurre il rischio operatorio; tervento, è possibile stilare alcune tabelle che ci – intervenire nella fase intraoperatoria in maniera raconsentono di stabilire l’utilità di un esame o di un pida, mirata ed efficace. accertamento diagnostico per il tipo di chirurgia deLa domanda che molti si fanno, anche in considerasiderato, in questo caso la chirurgia della cataratta zione dell’impatto economico e del fatto che l’inter(Linee guida nazionali di riferimento sulla valutazione vento di cataratta viene svolto in regime di chirurgia preoperatoria del paziente da sottoporre a chirurgia ambulatoriale è la seguente: gli accertamenti preoelettiva). peratori devono essere effettuati o no? Per rispondeL’applicazione di questo metodo consente di risparre a tale domanda è necessario effettuare un grading miare sugli accertamenti diagnostici e strumentali chirurgico/anestesiologico che comprenda quindi la preoperatori. classificazione ASA e la complessità degli interventi Nella Fase intraoperatoria i compiti dell’anestesista chirurgici. Come è possibile notare dalla tabella sucsono facilmente individuabili: cessiva, la chirurgia della cataratta è inquadrata nel – È responsabile del mantenimento dell’omeostasi livello 1. del paziente Confrontando quindi la classificazione ASA del pa– Effettua il monitoraggio delle funzioni vitali

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LA PAROLA ALL’ANESTESISTA

Funzionalità renale

Glicemia

– Previene l’insorgenza degli eventi avversi – Interviene tempestivamente e in modo mirato ed efficace nella gestione degli eventi avversi – Garantisce un maggior comfort al paziente attraverso tecniche di sedazione rapidamente reversibili. Constatata la particolare fragilità dei pazienti che si sottopongono a questo tipo di chirurgia, è consigliabile la presenza dell’Anestesista anche in fase postoperatoria immediata, perché spesso è necessaria assistenza. In questa fase l’Anestesista si occupa della sorveglianza del paziente insieme a personale infermieristico addestrato, della gestione del dolore postoperatorio, della gestione di eventuali compli-

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canze di pertinenza anestesiologica e da ultimo della gestione della fase di dimissione. Alla luce di quanto esposto sino ad ora è possibile fare alcune considerazioni: – la chirurgia della cataratta presenta alcune specificità rispetto ad altri tipi di Chirurgia Ambulatoriale; – il medico oculista non si può assumere responsabilità che non gli competono; – il medico oculista è impossibilitato ad intervenire e a controllare le condizioni generali del paziente; – la presenza dell’anestesista abbatte il verificarsi degli eventi avversi e ne garantisce la tempestiva e qualificata risoluzione; – non esiste una figura di Infermiere specializzato che possa sostituire il medico anestesista. In conclusione possiamo sicuramente affermare che la presenza dell’anestesista nella chirurgia della cataratta: – consente di quantificare il rischio operatorio; – consente di monitorare con elevata competenza i parametri vitali del paziente; – consente di prevenire e/o far fronte tempestivamente agli eventi avversi; – rende più confortevole la tecnica chirurgica; – eleva il profilo di sicurezza dell’intervento. Il mantenimento del livello di sicurezza negli interventi di chirurgia della cataratta risulta essere una priorità, e questa priorità è garantita solo dalla presenza dell’Anestesista.


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CHIRURGIA DELLA CATARATTA di Emilio Pedrotti, Pietro M. Talli, Giorgio Marchini

IOL EDOF nel miope: una non controidicazione l miope affronta l’intervento chirurgico di cataratta in età più precoce rispetto ai coetanei per la progressione più rapida di opacità nucleari e sotto-capsulari posteriori e per questo l’intervento viene spesso eseguito in pazienti più giovani e con vita attiva. Il desiderio di una buona acuità visiva e di una indipendenza da occhiali porta il chirurgo a consigliare una IOL in grado di correggere la presbiopia pseudofachica, anche se l’impianto di MIOL nel miope elevato ha sempre suscitato non poche perplessità per una serie di problematiche non precedentemente risolvibili.

I

Calcolo della Lunghezza Assiale (LA) La presenza di Stafiloma rende difficoltoso il calcolo della lunghezza assiale. Nel miope elevato si stima che lo stafiloma sia presente nel 96,6% dei pazienti di età superiore ai 50 anni.1 Gli stafilomi possono coinvolgere la macula e rendere difficoltosa la misurazione. Calcolo del potere della IOL La lassità zonulare e l’ampiezza del sacco capsulare rende difficile prevedere la Effective Lens Position (ELP).2 La lassità zonulare determina delle alterazioni prevalentemente sull’asse antero-posteriore mentre l’ampiezza del sacco provoca decentramenti della IOL con conseguenti errori nella previsione del target refrattivo.

Figura 1. IOL EDOF con zone anulari a differente aberrazione sferica

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Quale formula scegliere nel calcolo? Le formule tradizionali perdono affidabilità in presenza di elevata LA e tendono a sovra o sottostimare il potere della IOL. Attualmente Il problema è risolto con l’utilizzo di formule di III o IV generazione che minimizzano gli errori anche in presenza di LA elevate (Holladay I o II, Hoffer Q, SRK/T, Haigis)3 senza purtroppo riuscire ad eliminarli del tutto. Aberrazioni di alto e basso grado Il paziente miope presenta notevoli aberrazioni di alto e basso grado. Il miope presenta valori di RMS più elevati rispetto al paziente emmetrope. La presenza di pupilla generalmente più ampia, inoltre, amplifica il problema rispetto al paziente emmetrope.4-5 Ridotta sensibilità al contrasto Il paziente affetto da Miopia elevata presenta una sensibilità al contrasto (CS) generalmente ridotta rispetto al paziente emmetrope di pari età6. La presenza di aberrazioni di alto grado e di distrofia degli strati retinici esterni determina una riduzione della CS, che viene ulteriormente ridotta in caso di IOL Multifocali. Quale IOL preferire? Il miope è abituato ad una buona visione per vicino. L’utilizzo di IOL con “low near addition” rende il paziente scontento per la necessità di occhiali per lettura, le IOL con “high near addition” generano una serie di aberrazioni che sono mal tollerate. La nostra esperienza nel campo delle IOL Multifocali ci ha spinto a credere che Miopia elevata e IOL EDOF non siano incompatibili come credevamo, e l’utilizzo di MINI WELL® nel miope possa garantirci una ottima indipendenza da occhiali con buona soddisfazione del paziente. Le IOL EDOF MINI WELL® sono state pensate con tre zone anulari a diversa aberrazione sferica: una aberrazione sferica positiva centrale (D1), una aberrazione sferica negativa (D2)


CHIRURGIA DELLA CATARATTA e una zona anulare monofocale nella porzione più esterna (D3) (Fig. 1). La IOL presenta tre zone distinte dell’ottica nelle quali si generano aberrazioni sferiche differenti che garantiscono un fuoco continuo alle varie distanze. Abbiamo reclutato 15 pazienti miopi elevati (>6.50 D) con astigmatismo corneale < 1 D candidabili a chirurgia della cataratta. Tutti i pazienti non segnalavano patologie oculari in atto e pregressi interventi chirurgici oculari. Gli interventi sono stati eseguiti in anestesia topica dallo stesso operatore e prevedevano un impianto di IOL MINI WELL® con target refrattivo all’emmetropia. L’impianto di IOL è stato bilaterale in tutti i pazienti a distanza di una settimana tra un occhio e l’altro. A 3 mesi è stata misurata l’Acuità Visiva a 40 cm, 60 cm e 4 m, curva di defocus, sensibilità al contrasto (CSV-1000), analisi della qualità ottica (OQUAS) e questionario sulla qualità della vista e della vita quotidiana (NEI-RLQ 42). Lo studio è attualmente in corso e i risultati preliminari a 3 mesi mostrano dati incoraggianti e ci fanno pensare che le caratteristiche della IOL MINI WELL® ci permettano di risolvere le problematiche che rendevano le IOL EDOF poco indicate nel paziente miope. La ampia profondità di fuoco infatti permette un continuum foci (Fig. 2) che sopperisce ad errori di calcolo della LA che non sono prevedibili. La grandezza dell’ottica centrale permette una buona acuità visiva anche in caso di decentramenti o tilting della lente che talvolta possono verificarsi in presenza di sacco capsulare ampio.7 L’impossibilità di prevedere la ELP non deve condizionare la scelta del chirurgo, in quanto la qualità visiva è solo parzialmente condizionata da questo fattore. La prolatura centrale della MINI WELL® permette una buona indipendenza da occhiali nella visione a 40 cm, soprattutto in presenza di una accentuata prolatura corneale tipica del soggetto miope: i nostri pazienti infatti presentano mediamente una visione a 40 cm migliore di 20/40 che permette una ottima indipendenza da occhiali nel paziente con vita attiva. In particolare riteniamo che una buona acuità visiva per vicino sia raggiungibile da pazienti con aberrazione sferica corneale e k centrali elevati. Abbiamo inoltre riscontrato come nel caso della MINI WELL® la sensibilità al contrasto sia paragonabile alle IOL Monofocali e come la porzione monofocale esterna garantisca una qualità visiva indipendente dal diametro pupillare che permette assenza di sintomi anche nelle ore notturne.8-9 L’analisi della qualità visiva mediante OQUAS ha riscontrato valori di MTF nel range di normalità che confermano le ottime perfor-

Figura 2. Curva di defocus media binoculare in occhi con elevata miopia

mance riscontrate alla misurazione della sensibilità al contrasto. Per quanto riguarda i valori di RMS, questi risultano contenuti e possono essere paragonabili a quelli di un impianto monofocale (ad esclusione dell’aberrazione sferica). Il questionario sulla qualità della vista e della vita quotidiana (NEI-RLQ 42) conferma i risultati strumentali, con buona soddisfazione dei nostri pazienti che non lamentano la visione di aloni e glare significativi.

Bibliografia 1. Spaide Richard F, Ohno Matsui et al. Pathologic Myopia. Springer. 2014 2. High myopia and cataract surgery. American Academy of Ophthalmology. 2014 3. Zuberbuhler B, Seyedian M, Tuft S. Phacoemulsification in eyes with extreme axial myopia. J Cataract Refract Surg. 2009;35(2):335-40. 4. Wang L, Santaella RM, Higher-order aberrations from the internal optics of the eye. J Cataract Refract Surg. 2005 5. Kasahara et al.Characteristics of higher-order aberrations and anterior segment tomography in patients with pathologic myopia.Int Ophthalmol. 2016 6. Poulere E. et al. Effect of blur and subsequent adaptation on visual acuity using letter and Landolt C charts: differences between emmetropes and myopes. Ophtalmic and Physiological Optics. 2013 7. Kretz et al. CRST_The Lens Mini Well Ready_January 2017 8. Alberto Dominguez-Vincent et al. In vitro optical quality comparison between the Mini WELL Ready progressive multifocal and the TECNIS Symfony. Graefes Arch Clin Exp Ophthal. 2015 9. R. Bellucci et al. A new extended depth of focus intraocular lens based on spherical aberration. J Refractive Surg. 2017

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8 - 10 marzo Bari, Fiera del Levante

2018 XXI

CONGRESSO AICCER

Associazione Italiana di Chirurgia della Cataratta e Refrattiva


8 - 10 marzo 2018

XXI CONGRESSO AICCER

20 novembre 2017 termine ultimo per l’invio di abstract

11 dicembre 2017 scadenza iscrizione a quota ridotta

Comitato Organizzatore Consiglio Direttivo e Comitato Tecnico-Scientifico AICCER - www.aiccer.it

Presidenti del Congresso Prof. Leonardo Mastropasqua Direttore CNAT (Centro Nazionale di Alta Tecnologia in Oftalmologia), Università degli Studi “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara Prof. Giovanni Alessio Direttore Oftalmologia Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico Giovanni XXIII, Bari

Segreteria Organizzativa:

AIM Group International – Sede di Milano Via G. Ripamonti, 129 – 20141 Milano Tel.: 02 56601.1 - Fax: 02 70048578 e-mail: aiccer2018@aimgroup.eu

www.aiccer.it/congresso2018


SUPERFICIE OCULARE di Luca Vigo

Sindrome dell’occhio secco: protocollo diagnostico terapeutico a condizione patologica o parafisiologica di “occhio secco” ha spesso un’origine polifattoriale. La sindrome dell’”occhio secco” infatti può essere causata da fattori esterni all’occhio, che interessano il sistema metabolico, ormonale ed immunologico e i disturbi associati possono inoltre non manifestare una reale secchezza della superficie oculare ma essere invece spesso correlati ad un’eccessiva lacrimazione o sensazione di occhio bagnato. Da qui l’importanza e la difficoltà di una corretta diagnosi di “occhio secco” per poter di conseguenza associare una terapia mirata, specifica ed efficace per ogni singolo caso. Per prima cosa è necessario ricondurre e classificare i segni e i sintomi del paziente in uno o talora più di uno tra questi tre diversi gruppi associati a problematiche di lacrimazione: 1) Occhio secco da ridotta produzione di componente acquosa da parte della ghiandola lacrimale 2) Occhio secco da aumentata evaporazione 3) Occhio secco associato a disfunzione delle ghiandole di Meibomio. Spesso l’identificazione di un paziente risulta complessa in quanto la sua condizione sintomatologica ed i risultati ottenuti con gli esami diagnostici possono classificarlo in due o anche tutti e tre i gruppi di classificazione e conseguentemente anche la terapia può risultare difficoltosa e richiedere un approccio multifattoriale. La prima cosa in assoluto importante per capire le condizioni del paziente ed eventuali origini della sintomatologia è una corretta anamnesi e l’utilizzo di questionari (Speed, OSDI,...) Una anamnesi approfondita ci può far capire se il paziente soffre di patologie metaboliche, endocrinologiche od immunologiche che possono essere correlate alla sua sintomatologia od ha avuto in passato

L

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interventi chirurgici che possono aver coinvolto le strutture importanti ai fini di una corretta lacrimazione o protezione della superficie oculare. L’anamnesi ed i questionari ci permettono già di capire se i disturbi possono essere realmente associati ad una condizione di alterata lacrimazione e determinare la gravità (soggettiva) della stessa. Il primo esame strumentale importante sempre per determinare se i sintomi del paziente sono effettivamente da associare ad un disturbo della lacrimazione è il “test dell’Osmolarità”. Questo test eseguito correttamente, prelevando il campione di lacrima nel modo giusto e con le condizioni ambientali ottimali e prima di eseguire altri test diagnostici, ci fornisce un valore discriminante o comunque molto rilevante ai fini di una corretta classificazione del nostro paziente. I valori di osmolarità del film lacrimale variano tra 280 e i 340 mOsm/l. Una lacrima sana ha un’osmolarità simile a quella del sangue e compresa tra 280 e 300 mOsm/l e c’è poca variabilità tra i due occhi e tra le diverse misurazioni. Tra 300 e 320 mOsm/l vi è un grado medio di compromissione del film lacrimale mentre oltre 320 mOsm/l la lacrimazione è fortemente compromessa; particolare attenzione si deve inoltre prestare in caso di una differenza dei valori di osmolarità tra i due occhi superiori a 8 mOsm/l. Avendo quindi il valore dell’Osmolarità del film lacrimale un ruolo cruciale ma non determinante per classificare il tipo di problematica legata alla lacrimazione, da qui l’importanza di altri esami diagnostici; quelli che reputo più importanti sono: – Osservazione alla lampada a fessura per valutare la dinamica del film lacrimale – Il grado di Staining dopo colorazione con fluorescina per il grado di compromissione della superficie oculare – Il BUT o NIBUT (break up time o Non Invasive bre-


SUPERFICIE OCULARE

Rappresentazione grafica dei valori ottenuti con gli esami diagnostici

ak up time) per valutare la permanenza del film lacrimale sulla superficie corneale – La valutazione dello strato lipidico del film lacrimale (da <15nm fino a >120 nm) per valutare il grado di integrità dello stesso e funzionalità delle ghiandole di Meibomio

– La Meibomiografia per quantizzare la percentuale di ghiandole di Meibomio funzionanti – Inflammadry test: per valutare il biomarker mmp-9 (metalloproteinasi), positivo in caso di infiammazione cronica della superficie oculare – Test di Schirmer basale per valutare la componen-

Meibomiografia: analisi delle ghiandole di Meibomio con percentuale di perdita funzionale

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SUPERFICIE OCULARE

Spessore del menisco lacrimale per la valutazione della quantità della componente acquosa del film lacrimale

te acquosa prodotta dalla ghiandola lacrimale – Test di felcizzazione (Ferning test) per valutare la componente mucosa. Un valore di osmolarità normale ed una sintomatologia di disconfort importante riferita dal paziente possono essere associate ad una condizione di alterata lacrimazione allo stadio iniziale oppure dipendere da una condizione patologica o parafisiologica del paziente quali una distrofia della membrana basale epiteliale (EBMD) o a condizioni di tipo infiammatorio cronico quali una congiuntivite di tipo allergico, una blanda blefarocongiuntivite od un’intolleranza alle lenti a contatto. In questo caso, con o senza altri valori (comunque nella norma) del film lacrimale (in quanto può in tal caso non essere richiesto un approfondimento diagnostico relativo alla lacrimazione ad eccezione dell’Inflammadry test che può risultare positivo) la terapia consiste in sostituti lacrimali idratanti a base di acido ialuronico e gel lacrimali nelle ore notturne associati ad una terapia specifica con colliri antistaminici o cortisonici se presente una condizione infiammatoria della congiuntiva anche lieve con caratteristiche di cronicizzazione. In caso di valori di osmolarità alterati è invece molto importante proseguire con l’iter diagnostico anche in caso di paziente non sintomatico; infatti un valore di osmolarità alterato può ad esempio compromettere la precisione di alcuni esami pre chirurgici o rendere più lento e meno ottimale il recupero visivo postoperatorio a seguito di interventi di chirurgia refrattiva o della cataratta. Un valore di osmolarità elevato in paziente asintomatico potrebbe inoltre avere un valore predittivo sulla possibile evoluzione patologica della lacrimazione ed anche per questo motivo merita quindi attenzione ed un trattamento appropriato. Tali ap-

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profondimenti sono oltremodo necessari in caso di paziente sintomatico e che lamenta sensazione di occhio secco, bruciore o prurito, scarsa o eccessiva lacrimazione, arrossamenti, fotofobia, fluttuazioni della vista... Di seguito alcuni casi clinici ed approccio terapeutico in presenza di elevata osmolarità del film lacrimale indipendentemente dal grado di sintomatologia raccolto con i questionari: 1) Buona dinamica del film lacrimale, grado 0 o 1 di Staining, NIBUT oltre i 10-12 secondi secondi, strato lipidico tra 80 e 120nm, buona Meibomiografia con percentuale di perdita di ghiandole di Meibomio <10% e test di Schirmer > 15-20mm ed inflammadry negativo; iniziale dislacrimia aspecifica. Terapia: sostituti lacrimali idratanti ed ipotonizzanti a base di acido ialuronico o carbossimetilcellulosa e gel lacrimali più volte al giorno. 2) Alterazione della dinamica lacrimale con eccessivo ammiccamento e film lacrimale con formazione di filamenti orizzontali, Staining 2, NIBUT tra 8 e 10 sec, strato lipidico tra 30 e 80nm, Meibomiografia con perdita sotto il 20%, test di Schirmer >15-20mm, Inflammadry negativo; dislacrimia di tipo evaporativo con lieve carenza di strato lipidico ma buona funzionalità ghiandolare. Terapia: sostituti lacrimali a base di acido ialuronico/carbossimetilcellulosa e con acidi grassi o liposomi alternati più volte al giorno, luce pulsata. 3) Alterata dinamica lacrimale, Staining 3-4, NIBUT tra 4 e 8 sec, strato lipidico tra 15 e 30nm, Meibomiografia con perdita fino al 40-45%, test di Schirmer >15-20 mm, Inflammadry negativo: dislacrimia da eccessiva evaporazione con disfunzione delle ghiandole di Meibomio. Terapia: sostituti lacrimali a base di acido ialuronico e carbossimetilcellulosa e di acidi grassi o liposomi più volte al giorno, gel lacrimali alla sera, integratori dietetici a base di omega 3, luce pulsata. – I casi 2 e 3 ma in presenza anche di Inflammadry positivo (blefariti, blefarocongiuntiviti o congiuntiviti croniche): stessa diagnosi di dislacrimia con una gravità maggiore. Terapia: come per i quadri clinici 2 e 3 ma in aggiunta impacchi caldi asciutti, antibiotici colliri (tetracicline) e/o sistemici, corticosteroidi topici. 4) Alterata dinamica lacrimale, Staining 0-1, NIBUT 8-10 sec, strato lipidico 80-120nm, Meibomiografia con perdita <20%, test di Schirmer 10-


SUPERFICIE OCULARE

NIBUT: Non Invasive Break up Time, mappa colorimetrica di un film lacrimale omogeneo e regolare

NIBUT: Non Invasive Break up Time, mappa colorimetrica che dimostra un film lacrimale instabile con una prima rottura dopo 4 secondi

15mm, Inflammadry negativo: dislacrimia con evaporazione accentuata e scarsa produzione acquosa. Terapia: sostituti lacrimali a base di acido ialuronico e carbossimetilcellulosa e gel lacrimali piĂš volte al giorno e di sera, plugs per chiudere i puntini nasolacrimali inferiori.

5) Alterata dinamica lacrimale, Staining 2-3, NIBUT 6-8 sec, strato lipidico >80nm, Meibomiografia con perdita <20-30%, test di Schirmer 5-10mm, Inflammadry negativo: dislacrimia con eccessiva evaporazione e scarsa produzione acquosa di grado moderato. Terapia: sostituti lacrimali a base di carbossime-

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SUPERFICIE OCULARE tilcellulosa ed acido ialuronico ad elevato peso molecolare, gel lacrimali più volte al giorno, plugs inferiori e talora superiori, approfondimenti diagnostici immunologici e/o endocrinologici, ciclosporina. 6) Alterata dinamica lacrimale, Staining 4-5, NIBUT <6sec, strato lipidico >80nm, test di Schirmer <5mm, Inflammadry positivo: severa dislacrimia di tipo evaporativo e scarsissima produzione di componente acquosa da parte della ghiandola lacrimale. Terapia: accertamenti immunologici sistemici, sostituti lacrimali ad elevato peso molecolare e gel lacrimali più volte al giorno, lente a contatto sclerale, plugs superiori ed inferiori, corticosteroidi topici e ciclosporina topica, eventuale terapia immunosoppressiva sistemica. Esistono ovviamente casi clinici che possono avere caratteristiche con deficit sia di tipo acquoso che lipidico o con disfunzione delle ghiandole di Meibomio. In questi casi complicati dopo aver effettuato approfondimenti diagnostici sistemici è opportuno combinare le terapie farmacologiche (lacrime arti-

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Fabiano Edito

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MP293.05.17


CHERATOCONO di Cosimo Mazzotta, Claudio Traversi, Raffaella Corvino, Marco Ferrise

Cheratocono e allergia, un mix esplosivo Introduzione Il cheratocono (KC) è una patologia degenerativa della cornea da sempre descritta come “non-infiammatoria” ad esordio generalmente puberale, caratterizzata da assottigliamento ed astigmatismo irregolare progressivi con conseguente riduzione dell’acuità visiva e rischio di trapianto.1,2 Il KC è una malattia del collagene corneale di tipo multifattoriale nella quale gli aspetti genetici, molti ancora da decifrare, giocano un ruolo fondamentale, tuttavia molti fattori alla base della progressione dell’ectasia rimangono oscuri. In particolare recentemente la teoria “infiammatoria” non come fattore eziologico ma come meccanismo scatenante o favorente la progressione del cheratocono, specialmente in età pediatrica ma non esclusivamente, sta assumendo una notevole importanza in relazione alla evidence-based medicine ed alle osservazioni cliniche che dimostrano sempre più frequentemente la presenza di comorbidità della superficie oculare quali occhio secco, allergia e strofinamento oculare (eye-rubbing). Sono associati al cheratocono: l’atopia, lo sfregamento oculare e numerosi fattori infiammatori.3,4 Una correlazione tra le allergie e la progressione del KC era già stata suggerita da precedenti studi.5,6 La prima associazione riportata tra allergie oculari e KC fu descritta addirittura nel 1937.7 Un importante studio “case control”8 aveva rilevato una correlazione positiva tra atopia, sfregamento oculare e presenza nelle lacrime dei pazienti cheratoconici di alti livelli di citochine pro-infiammatorie, molecole di adesione cellulare (I-CAM) e metalloproteinasi della matrice (MMPs) rispetto ai controlli.9,10 Gli enzimi della famiglia delle MMP mediano la degradazione delle proteine della matrice extracellulare, tipicamente in risposta a stress o traumi della superficie oculare.11 La Metalloproteinasi della Matrice-9 (MMP9) o p Gelatinasi B, è un enzima Ca++/Zn-dipendente, rilevante per il rimodellamento tissutale all’interno di processi

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fisiologici come lo sviluppo osseo e la guarigione delle ferite.12 La MMP-9 gioca un ruolo importante nelle patologie infiammatorie. L’attività della MMP-9 è regolata da processi epigenetici, interazioni cellula-cellula, e pathways citochino-mediati. La regolazione della MMP-9 da parte dell’Interleuchina-6 (IL6) è stata implicata nella degradazione delle fibre collagene di tipo I e IV della cornea.13 La MMP-9 viene secreta in forma di proenzima legata ad inibitori tissutali endogeni delle metalloproteinasi (TIMPs), ed è attivata per via extracellulare da altre proteasi.14 In questo studio abbiamo valutato la progressione clinica e tomografica del KC in pazienti allergici vs pazienti cheratoconici non allergici. Inoltre abbiamo applicato per la prima volta nei pazienti affetti da KC il test InflammaDry® (RPS, Sarasota, FL, USA), per l’individuazione delle MMP-9 della matrice di superficie per la identificazione della presenza di collagenasi nel film lacrimale, ricercando al contempo una possibile correlazione tra la severità clinica della congiuntivite allergica non sottoposta a terapia medica topica e/o sistemica, il grado di risposta ipertrofica papillare sub-tarsale (PSR) e la progressione della ectasia.

Metodi Lo studio prospettico randomizzato in aperto ha incluso 100 pazienti con KC in stadio I-II secondo la classificazione di Krumeich,15 di età media pari a 16.7 ± 4 anni (range 11-22 anni) reclutati presso il Centro Cornea dell’Unità Operativa di Oftalmologia dell’Università degli Studi di Siena e presso il Siena Crosslinking Center®. Dopo aver spiegato la natura dello studio, tutti i pazienti son stati sottoposti ad un questionario anamnestico per concomitanti patologie allergiche e per l’occhio secco mediante questionario OSDI. I pazienti con dry-eye disease (DED) ed i portatori di lenti a contatto rigide gas-permeabili (RGP) sono stati esclusi dall’analisi per rimuovere


CHERATOCONO variabili interferenti con la risposta infiammatoria papillare indotta dalle lenti corneali e la presenza di livelli dosabili di MMP nel film lacrimale non strettamente correlabili a flogosi allergica. In accordo con le risposte fornite, i pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi: il Gruppo 1 che includeva pazienti allergici con cheratocono (KC AL) ed il Gruppo 2 che includeva pazienti cheratoconici negativi per concomitanti patologie allergiche (KC NAL). Le patologie allergiche rappresentate nel Gruppo KC AL includevano in ordine decrescente di frequenza: rinite (24 casi, 46.2%), congiuntivite allergica (17 casi, 32.7%), asma o iperreattività bronchiale (6 casi, 11.5%) ed associazione rinite-congiuntivite (5 casi, 9.6%). I pazienti sono stati sottoposti a visita oculistica completa e la severità dell’allergia è stata stabilita clinicamente in entrambe i gruppi tramite esame biomicroscopico e fotografia digitale alla lampada a fessura (SL990, C.S.O., Firenze, Italia), valutando la Risposta ipertrofica Papillare Sub-tarsale (PSR: papillary subtarsal response) ed il grado di iperemia congiuntivale. La PSR è stata classificata clinica-

Figura 1. Grading Clinico-biomicroscopico della Risposta ipertrofica Papillare Sub-tarsale (PSR: papillary subtarsal response) e della iperemia congiuntivale allergica nei pazienti esaminati. La PSR è stata classificata clinicamente dallo stesso operatore (C.M.) dopo eversione della palpebra superiore e fotografia digitale in 3 livelli (0: assente, 1: lieve, 2: moderata, 3: elevata) e confermata da un secondo observer (C.T.).

mente in 3 livelli (0: assente, 1: lieve, 2: moderata, 3: elevata), Figura 1. Tutti i pazienti sono stati testati con il test InflammaDry® in grado di identificare la presenza di MMP-9 (sia nella pro-forma che nella forma attiva) all’interno del film lacrimale basandosi su una tecnologia a micro-filtrazione diretta del campione (Direct Sampling Micro Filtration), Figura 2. La MMP-9, se presente all’interno del campione lacrimale, viene catturata da specifici anticorpi monoclonali e policlonali per le MMP-9 a concentrazioni ≥40 ng/ml. Il test InflammaDry® è composto da un tessuto di prelevamento e da uno stick-test, contenuti in bustine sterili di alluminio separate, da conservare tra 4°C e 25°C. I campioni lacrimali sono stati raccolti dalla congiuntiva palpebrale tramite lo stick di prelievo fino a visualizzare la comparsa di un luccichio nel tessuto di campionamento, indice di buona saturazione Figura 2 A. Il test è eseguito immergendo la punta assorbente nella fiala di tampone per un tempo minimo di 20 secondi, Figura 2 B assicurandosi di non piegare la punta assorbente; subito dopo, il cappuccio protettivo viene riposizionato ed il dispositivo riposto orizzontalmente su di una superficie piana per almeno 10 minuti, Figura 2 C. Il tessuto di campionamento viene poi collocato all’interno della cassetta test con soluzione “buffer”. Entro 10-15 minuti, se è presente una interazione antigene-anticorpo sulla striscia di saggio immunologico, la finestra dei risultati apparirà positiva con 2 linee (una blu ed una rossa) o negativa (una linea blu), come mostrato nella colonna di risposta al test in Figura 2. Il test fornisce una risposta positiva soltanto per livelli di MMP-9 ≥40ng/mL16 e va letto entro le 6 ore dalla sua esecuzione. Il livello medio di MMP-9 (ng/mL) nelle lacrime umane varia da 3 ng/mL a 40 ng/mL. Un risultato positivo del test indica valori di MMP-9 nelle lacrime ≥40ng/mL. La progressione del KC (> Kmax, < pachimetria corneale ottica, > valori aberrometrici di coma) è stata valutata alla baseline, a 3, 6, e 12 mesi con tomografia corneale con sistema Scheimpflug (Sirius, C.S.O., Firenze, Italia), insieme all’acuità visiva corretta per distanza (CDVA). Il questionario Ocular Surface Disease Index (OSDI), il test Schirmer I e il Non Invasive Break Up Time (NI-BUT) tomografico sono stati eseguiti in tutti i casi. Sono stati esclusi i pazienti con DED ed i portatori di lenti RGP per le ragioni sopra elencate. L’analisi statistica è tata condotta con il test U di Mann-Whitney per i dati non-parametrici (CDVA) e tramite t-test accoppiato per i dati parametrici (Kmax, valori di coma e thinnest point corneale). Sono stati inoltre eseguiti

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Figura 2. Test InflammaDry® per la identificazione della presenza di MMP-9 (sia nella pro-forma che nella forma attiva) all’interno del film lacrimale. A: prelievo lacrimale per tamponamento del fornice inferiore; B: esposizione del campione lacrimale al liquido reagente per 20 secondi; C: incubazione del test per 10 minuti. La Colonna delle risposte riportata a destra dimostra le varie possibilità: Risposta positiva se presenti 2 linee (Una rossa o rosa ed una blu o celeste) nella finestra di lettura; risposta negativa se la linea rossa o rosa non compare. Raramente è possibile che anche la linea blu non sia evidenziabile rendendo il test nullo.

I pazienti del gruppo KC AL includevano 40 casi (77%) con PSR elevata (livello 3) e 12 casi (23%)

con PSR moderata. Il gruppo KC NAL comprendeva 38 casi (79%) con PSR assente (livello 0) e 10 casi (21%) con PSR bassa (livello 1). L’eye-rubbing è stato riportato nel 64% dei pazienti totali, ovvero in tutti e 52 i casi del gruppo KC AL (100%) e nel 10% dei pazienti del gruppo KC NAL (20.8%). Il test InflammaDry® è risultato positivo in 42 pazienti (81%) del gruppo KC AL ed in 2 pazienti del gruppo KC NAL (4%). Questi 2 pazienti positivi al point-of-care test MMP-9 appartenevano al sottogruppo dei 10 casi KC NAL eye-rubbers, ed avevano una PSR di livello 1 associata a prurito oculare. Gli altri 8 pazienti appartenenti allo stesso sottogruppo erano asintomatici.

Figura 3. L’Acuità Visiva media Corretta per Distanza (CDVA) ad un anno di follow-up dimostra una riduzione statisticamente significativa, dal valore baseline di 0.155 ±0.11 a 0.301±0.2 logMAR (p=0.037) nel gruppo dei pazienti cheratoconici allergici (KC AL)

Figura 4. Il gruppo dei pazienti cheratoconici allergici (KC AL) ad un anno di follow-up dimostra un aumento maggiore del valore medio di Kmax da 50.2 D ±2.7 a 55.2 D±1.9, rispetto ai pazienti cheratoconici non allergici (KC NAL)

un Box Plot Test per comparare i valori di Kmax a 12 mesi con il grado di severità dell’allergia (livelli correlati di PSR), il test di correlazione di Pearson tra il Kmax e lo spessore corneale a 12 mesi di follow-up in entrambi i gruppi nel tentativo di stabilire una correlazione tra allergia, eccesso di MMP-9 e progressione del KC. Il test esatto di Fischer a 2 code con intervalli di confidenza del 95% è stato usato per paragonare i gruppi (KC AL vs KC NAL) all’eye-rubbing ed al test InflammaDry®.

Risultati

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Figura 5. Lo spessore minimo corneale ad un anno di follow-up dimostra una riduzione più significativa nel gruppo dei pazienti cheratoconici allergici (KC AL), da 454±22 µm a 407±13µm

Figura 6. I valori aberrometrici della Coma ad un anno di followup risultano aumentati significativamente nel gruppo dei pazienti cheratoconici allergici (KC AL) da 0.84 ±0.03 µm a 1.14 ±0.02 µm, rispetto ai pazienti cheratonici non allergici (KC NAL)

I pazienti del gruppo KC AL (rappresentati nei grafici dalle linee nere) hanno mostrato una progressione del KC statisticamente significativa a 12 mesi di follow-up. La CDVA media si è ridotta dal valore baseline di 0.155±0.11 a 0.301±0.2 logMAR (p=0.037),

Figura 3 (linea nera); il valore medio di Kmax, misurato tramite algoritmo tangenziale, è aumentato da 50.2 D ±2.7 a 55.2 D±1.9, Figura 4 (linea nera); lo spessore minimo corneale si è ridotto da 54 ±22 µm a 407±13µm, Figura 5 (linea nera). I valori di coma

Tabella 1. Risultati overview

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Figura 7. La Scatter Plot analysis ed il Test di Pearson documentano una correlazione elevata e significativa tra l’incremento del valore medio di K max e la concomitante riduzione dello spessore corneale minimo, osservata maggiormente nel gruppo KC AL, Pearson’s Value = - 0.85 (correlazione inversa), A. I dati dimostrano maggiore dispersione nel gruppo dei pazienti cheratoconici non allergici (KC NAL), B

sono aumentati da 0.84 ±0.03 µm a 1.14 ±0.02 µm, Figura 6 (linea nera). I pazienti del gruppo KN NAL (rappresentati nei grafici dalle linee grigie), ad 1 anno di follow-up hanno mostrato comunque una lieve tendenza, sebbene non statisticamente significativa, alla progressione del cheratocono. Il valore medio di CDVA si è ridotto da 0.097±1 a 0.187±0.699 logMAR, Figura 3 (linea grigia); il Kmax è aumentato in media da 51.0 D ±2.8 a 51.8 D ±2.2 Figura 4 (linea grigia); lo spessore corneale minimo si è ridotto da 464 ±32µm a 452± 10µm Figura 5 (linea grigia). Il valore di coma è passato mediamente da 0.94±0.02 µm a 0.99±0.02 µm Figure 6 (linea grigia). I risultati complessivi dello studio sono riportati in Tabella 1. Tramite il test di Pearson si è valutata la correlazione tra i valori medi di Kmax e dello spessore minimo corneale a 12 mesi di follow-up. L’analisi Scatter Plot ha mostrato un’alta correlazione tra l’aumento del Kmax e la contemporanea riduzione media dello spessore minimo corneale nel gruppo KC AL, con un valore di Pearson di -0.85, Figura 7 A. Al contrario, l’analisi Scatter Plot tra i medesimi parametri strumentali ha mostrato una bassa correlazione tra i dati nel gruppo KC NAL con un valore di Pearson di - 0.69, Figura 7 B. Il Box Plot test di tutti i pazienti ha mostrato che l’aumento maggiore del Kmax a 12 mesi di follow-up si registrava alla PSR di livello più severo (ipertrofia papillare di grado 3). Ogni box include un minimo (min), il primo quartile (1Q), mediana (med), il massimo (max) ed il terzo quartile (3Q). I KC più evoluti, espressi dai valori di Kmax più elevati registrati a 12 mesi di follow-up, sono correlati ai livelli più severi (livello 2-3) di PSR Figura 8 Lo studio Box Plot mostra che l’aumento del Kmax medio è

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maggiore nei box 3 e 4, corrispondenti ai pazienti del gruppo KC AL con maggiore grado di PSR. Il test esatto di Fischer a 2 code con intervallo di confidenza del 95%, adoperato per paragonare i gruppi (KC AL vs KC NAL) in relazione all’eye-rubbing ed alla positività del test InflammaDry®, ha confermato un valore p statisticamente significativo (p<0.001), Figura 9.

Discussione Al di là della sua “natura” degenerativo-distrofica, confermata dalla presenza di eterogeneità allelica e fenotipica collocante il cheratocono a cavallo tra le malattie degenerative e le malattie distrofiche della cornea, la sua patogenesi presenta ancora oggi molti aspetti da approfondire, così come i fattori che ne possono influenzare la progressione. Non vi è dubbio che le conoscenze scientifiche sul tema aumentano progressivamente e così anche gli approcci diagnostici e terapeutici si perfezionano e si orientano sempre di più alla diagnosi precoce, alla prevenzione del peggioramento ed ai trattamenti conservativi tanto cari agli Autori del lavoro. Sappiamo che il KC è caratterizzato da un assottigliamento o meglio da una deplezione volumetrica progressiva dello stroma corneale correlato all’apoptosi dei cheratociti ed allo slippage interlamellare stromale, tuttavia l’aumentata espressione di enzimi lisosomiali e proteolitici associata alla ridotta concentrazione di inibitori delle proteasi con conseguente alterata configurazione del collagene sono state spesso paventate e riportate in letteratura nella patogenesi di questa malattia.24,25 Sappiamo con certezza che l’evoluzione del KC può essere correlata anche alla contestuale presenza di infiammazione cronica della superficie oculare, all’aumento dei


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Figura 8. Lo studio Box Plot mostra che l’aumento del Kmax medio è maggiore nei box 3 e 4, corrispondenti ai pazienti del gruppo KC AL con maggiore grado di PSR

livelli e dell’attività delle proteasi ed alla presenza di molecole infiammatorie e pro-infiammatorie all’interno delle film lacrimale rilevanti nella patogenesi. Inoltre è comprovato che lo sfregamento oculare aumenta i livelli lacrimali di MMP-9.4 Le lacrime dei pazienti con KC mostrano elevati livelli di citochine pro-infiammatorie, molecole di adesione e MMPs. Un’alterazione dell’equilibrio del microambiente corneale che favorisca l’attività enzimatica è considerata “critica” per l’omeostasi del tessuto connettivo della cornea.11 Alcuni enzimi, come la Lisil-ossidasi (LOX) e le Metalloproteinasi (MMPs), sono direttamente correlati rispettivamente allo stress ossidativo ed alla degenerazione del tessuto collagene. Numerose evidenze cliniche, incluso il nostro studio, hanno dimostrato e confermato la presenza di molecole infiammatorie nei pazienti con KC, modificando il paradigma convenzionale di malattia esclusivamen-

te degenerativa e non infiammatoria, dando invece sempre maggiore rilevanza alla componente infiammatoria nella sua fisiopatologia. Allergie, sfregamento oculare ed atopia sono tutte condizioni infiammatorie sub-acute o croniche correlate a specifiche modifiche immunologiche del microambiente corneale. Nel KC esistono alti livelli di espressione di IL-1α e di IL-1β, ed i fibroblasti corneali mostrano un’alta espressione per i recettori dell’IL-1α. Generalmente l’IL-1α viene prodotta in caso di traumi corneali ed infiammazione e di conseguenza in caso di danno tissutale o apoptosi. Nel KC vi è una riduzione apoptotica dei cheratociti innescata dalla secrezione di IL-1α con conseguente deplezione del collagene stromale e le relative conseguenze sul piano biomeccanico. Sia l’IL-1α che l’IL-1β determinano, in sinergia con il TNFα, un’apoptosi stromale. La riduzione dello spessore e l’evoluzione della ectasia nel KC suggeriscono una degenerazione del collagene corneale o collagenolisi enzimatica oltre che genetica che coinvolge attivamente le MMPs, la cui attività è in parte regolata dall’IL-1β. Il TNF-α, insieme all’IL-6 ed all’IL-1β, è considerato uno dei principali fattori implicati nell’infiammazione corneale ed i suoi livelli sono infatti aumentati nel film lacrimale dei pazienti con KC così come i fibroblasti di questi pazienti dimostrano una elevata espressione dei recettori del TNF-α. A differenza delle altre interleuchine prese in esame, il TNF-α può già essere rilevato negli stadi subclinici del KC. Questa interleuchina determina un aumento dei livelli di MMP-9, correlato con la riduzione dello spessore corneale verosimilmente per la degenerazione del collagene stromale di tipo misto (apoptotico-litica). Il TGF-β2 controlla la proliferazione e la differenziazione delle cellule epi-

Figura 9. Il test esatto di Fischer a 2 code con intervallo di confidenza del 95% ha confermato un valore p statisticamente significativo (p<0.001) sia per quanto attiene la positività del test per le MMP-9 sia per l’eye-rubbing entrambe statisticamente significativi nel gruppo dei pazienti cheratoconici allergici (KC AL)

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CHERATOCONO teliali in cellule endoteliali, può interagire con diversi tipi di collagene e stimola la secrezione di MMPs influenzando la struttura biomeccanica corneale e la distribuzione. Il TGF-β1 è correlato alla formazione di cicatrici ed alla riparazione tissutale riscontrabili nel KC evoluto.4,8,9,10 L’aumento dell’attività proteasica può essere ulteriormente esacerbata dal vigoroso sfregamento oculare tipico dei giovani pazienti allergici, contribuendo così alla accentuazione della progressione della malattia. Gli effetti dell’allergia sulla progressione del KC sono stati più controversi nel passato. Qualche studio aveva riportato un’associazione che dal 7 al 35%, mentre in altri studi non era stata rilevata una significativa correlazione.7 Tuttavia, abbiamo imparato dall’evidenza clinica che l’allergia è spesso presente nell’anamnesi dei nostri pazienti con KC (circa il 50% dei casi), e studi recenti hanno confermato una definitiva associazione tra allergie e KC. Uno dei più importanti è il Dundee University Scottish KC study, uno studio prospettico osservazionale su 200 pazienti con KC, nei quali è stata dimostrata la chiara presenza di patologie allergiche ed atopiche come asma (23%), eczema (14%) e febbre da fieno (30%) nei pazienti con KC. Nel nostro studio,36 la progressione del KC è stata statisticamente più significativa nei pazienti allergici con eye-rubbing (gruppo KC AL), ipertrofia papillare sub-tarsale di grado medio-elevato e con documentati livelli di MMP-9 verificati per la prima volta a livello internazionale con l’InflammaDry® Point-ofCare test rispetto ai pazienti non allergici (gruppo KC NAL) in questi soggetti. Il test di correlazione di Pearson ha evidenziato una elevata correlazione tra l’incremento del Kmax ed il contemporaneo assottigliamento del thinnest point corneale nei pazienti KC AL rispetto ai pazienti KC NAL. L’analisi Box Plot, nel totale dei pazienti esaminati, ha confermato che l’aumento del Kmax medio era maggiore nei box 3 e 4, corrispondenti ai pazienti del gruppo KC AL che mostravano una risposta ipertrofica papillare sub-tarsale (PSR) di livello 2 (moderata) o 3 (elevata). Lo studio recentemente pubblicato da Mazzotta et al,36 ha dimostrato e confermato ulteriormente che la presenza di un’allergia concomitante (positiva in oltre il 50% dei pazienti randomizzati) è correlata con un rischio più elevato di progressione del KC, specialmente nei pazienti eye-rubbers non trattati. Lo sfregamento oculare può infatti far precipitare l’insorgenza della malattia ed aggravarne la progressione; bisogna quindi informare i pazienti di evitare lo sfregamento oculare, e trattare adeguatamente l’in-

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fiammazione della superficie oculare, non trascurando la secchezza oculare frequentemente associata. In accordo con la nostra ricerca, i nostri risultati e l’esperienza clinica, un monitoraggio ed un trattamento specifici nei pazienti con KC che soffrono di allergie è di fondamentale importanza visto il maggior rischio di progressione dell’ectasia ed il maggior rischio di trapianto. L’associazione tra età pediatrica, allergie e sfregamento oculare rappresenta un “mix esplosivo” in grado di stimolare la rapida progressione della malattia e di aumentare il rischio di idrope acuta. In questo contesto diventa fondamentale l’uso di misure preventive e di appropriate terapie topiche e sistemiche (antistaminici, cortisonici, ciclosporina A) ed in particolare del Crosslinking Corneale,27-30 per prevenire il deterioramento morfo-metrico corneale ed il decadimento visivo associato. È dunque fondamentale fare diagnosi di allergia, sottoporre a screening tomografici per cheratocono i pazienti allergici, specialmente i casi pediatrici, e trattare i pazienti allergici cheratoconici e non cheratoconici innanzitutto con una terapia medica. Nella nostra esperienza clinica, come Centro di riferimento per la diagnosi e la cura cheratocono e per la terapia del Crosslinking Corneale, l’utilizzo di Azelastina in collirio monodose si è dimostrato altamente efficace nella profilassi della flogosi allergica e nella gestione terapeutica di questi pazienti. L’Azelastina, antiallergico topico di ultima generazione, ha un meccanismo d’azione multiplo che va dall’effetto antiistaminico H1 selettivo, alla stabilizzazione della membrana dei mastociti attivati con un effetto di fase precoce, fino ad un’inibizione della risposta infiammatoria e della reattività tardiva. Al sollievo immediato dei sintomi si associa, dunque, una riduzione della cascata infiammatoria che amplifica e sostiene nel tempo la reazione allergica. L’Azelastina è un potente antiallergico ad azione prolungata con attività H1 antagonista selettiva. In seguito a somministrazione topica oculare per 2-3 mesi 2 volte al dì è rilevabile un addizionale effetto antiinfiammatorio ed una riduzione della ipertrofia papillare sub tarsale (PSR) con la possibilità di ridurre la necessità di steroidi e/o immunosoppressori, tuttavia il farmaco si presta benissimo a terapie di associazione ed ha un altro profilo di tollerabilità anche in soggetti pediatrici nella nostra esperienza. I dati ottenuti da studi in vivo (preclinici) e in vitro (per cortesia di FB Vision®), dimostrano che l’Azelastina inibisce la sintesi ed il rilascio dei mediatori chimici responsabili delle reazioni allergiche sia in fase iniziale che tardiva, come leucotrieni, istamina, PAF e serotonina. I dati sperimentali dimostrano che il peculiare effetto an-


CHERATOCONO tiinfiammatorio si esprime sia in monoterapia che in sinergia con i corticosteroidi. L’esperienza clinica dimostra che l’Azelastina presenta ha un’azione rapida riducendo il prurito e l’iperemia entro 3 minuti dalla istillazione ed ha un effetto protettivo se somministrata prima dell’esposizione all’allergene. Inoltre il suo effetto si prolunga, prevenendo l’insorgenza dei sintomi anche a 8-10h dall’istillazione e questo consente di poter somministrare il collirio solo 2 volte al giorno invece che ripetutamente come per altri antiistaminici, aumentando la compliance dei pazienti, specialmente in età pediatrica (pari o superiore a 4 anni). Il mantenimento del controllo terapeutico, anche nelle congiuntiviti allergiche perenni o croniche, risulta coerente con l’effetto sui meccanismi che coinvolgono i mediatori allergici di infiammazione e di fondamentale importanza in questi pazienti. Secondo i nostri dati pubblicati sulla prestigiosa rivista Eye & Contact Lens,36 la presenza di allergia clinicamente rilevante in associazione con il cheratocono è pari a circa il 52%, e con ogni probabilità la percentuale è sottostimata poiché non considera le forme subcliniche spesso misconosciute, asintomatiche e/o paucisintomatiche. La risposta infiammatoria, solitamente cronica o subacuta determina in questi soggetti una flogosi persistente con prurito, bruciore, fotofobia, occhio rosso ed induce eyerubbing incrementando gli effetti collagenolitici delle metalloproteinasi rilasciate dagli epiteli corneo-congiuntivali della superficie oculare. Questo meccanismo determina una chiara spinta alla progressione del cheratocono a cui si aggiunge in età pediatrica l’effetto inibitorio della secrezione endogena di glucocorticoidi dovuta ad un incremento dei livelli plasmatici del DEA, precursore del testosterone. Pertanto l’associazione tra Cheratocono, Età pediatrica puberale, post-puberale, flogosi allergica cronica ed eye-rubbing secondario risulta un “mix esplosivo”. L’utilizzo di anti-istaminici H1 selettivi risulta fondamentale per il controllo della flogosi associata alla ectasia e può avere, se gli studi in corso lo dimostreranno, un ruolo coadiuvante insieme ai cortisonici ed alla Ciclosporina A, nella terapia medica dell’evoluzione del cheratocono che oggi è universalmente rappresentata dal Crosslinking corneale.

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4 th ESASO

Anterior Segment Academy 26 – 28 April 2018 | Milan - Italy Highlights

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Main topics

Thursday 26 - Master Classes, Skill transfer courses and wet/dry labs DLPLQJ WR GHYHORS SURIHVVLRQDO VNLOOV RQ D VSHFL¿F WRSLF

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&OLQLFDO H[DPLQDWLRQ RI SDWLHQWV ZLWK K\SHURSLD +\SHURSLD DQG VWUDELVPXV ZKDW VKRXOG , NQRZ &DWDUDFW 6XUJHU\ +\SHURSLD ZKHQ OHQV VXUJHU\ 6XUJHU\ DIWHU SUHYLRXV VXUJHU\ 9LGHR FDVH SUHVHQWDWLRQ

Saturday 28 - Video surgery GLVFXVVLRQ RQ FKDOOHQJLQJ FDVHV

ESASO Anterior Segment Academy (ASA) is now on its fourth edition. It’s the second in a series of three on K\SHUPHWURSLD :H KDYH FKRVHQ WR RɣHU RXU SURJUDPPH as a series in order to continue our training pathway in anterior segment diagnostics and surgery. Correcting hypermetropia is in fact much more complex than myopic vision correction, as the range of correction in diopters is more restricted and the possible complications are more serious. In cataract surgery, there are challenges in relation WR OLPLWHG VSDFHV WKDW PDNH WKH UHVXOWV PRUH GLɤFXOW WR achieve. The biometrics are more unpredictable, and there is a correlation to glaucoma. These patients present a further challenge, since they have often had good eyesight, at least in childhood, without needing glasses. The problem often arises of how well-accepted the correction will be,

apart from having to assess orthophoria, and cycolplegic H[DP HɣHFWLYHO\ ZLWK HDFK VXUJLFDO RU VLPSO\ SUHVFULSWLYH intervention. Treatment and diagnosis are obviously highly complex, and we aim to address diagnostics in an integrative way, using modern techniques. As well as hypermetropia, ESASO Academy will also address another condition that is closely related: presbyopia. With ever greater possibilities for correction, and patients also requesting more, what choices should we make? These issues must also be considered at reintervention, as every time we operate, we must also assess the possible complications and consider possible solutions for them. This event will be attended by a top international panel.

Organising Committee Paolo Vinciguerra 6FLHQWL¿F 'LUHFWRU ESASO Anterior Segment Academy

Josep Güell 'LUHFWRU ESASO Anterior Segment Academy

Director of the Ophthalmology Department Humanitas University, Milan, Italy

Director of Cornea and Refractive Surgery Unit Instituto Microcirugˁa Ocular (IMO) Barcelona, Spain

Congress Venue Humanitas University Humanitas Congress Centre Via Manzoni, 113 – 20089 Rozzano Milan, Italy

Congress Secretariat congress.asa@esaso.org Tel.: +39 02 56601-1 Fax: +39 02 56609045

Giuseppe Guarnaccia (6$62 *OREDO ([HFXWLYH 'LUHFWRU Lugano, Switzerland

www.esasoasa2018.org


CHIRURGIA DELLA CATARATTA di Antonio Scialdone, Gaspare Monaco

Lente intraoculare “trifocale” contro lente “a profondità di fuoco continua”: risultati di uno studio comparativo Introduzione La presbiopia è una riduzione dell’ampiezza accomodativa che conduce all’incapacità di focalizzare gli oggetti al diminuire della loro distanza dall’occhio. Esistono, ad oggi, numerosi approcci chirurgici per correggere l’inevitabile presbiopia post-chirurgica.1 Tramontata per ora l’efficacia delle IOL accomodative, la principale modalità di correzione è rappresentata dalle moderne lenti intraoculari multifocali.2 La sfida principale di queste lenti consiste nell’utilizzare un metodo ottico non-fisiologico per migliorare la visione per vicino.3 Le lenti multifocali separano la luce in entrata su differenti piani focali, causandone una suddivisione ed in parte una dispersione di energia.4 L’adattamento al nuovo tipo di visione rende necessario un adattamento neurofisiologico del paziente.5 Le lenti multifocali delle prime generazioni sono state penalizzate sia da una ridotta qualità della visione, sia da effetti collaterali negativi, quali aloni, glare, fotofobia, determinati da una tecnologia costruttiva non ancora matura, nonché da considerazioni troppo statiche delle applicazioni visive e della percezione. Negli ultimi anni la qualità delle immagini è significativamente migliorata tramite raffinamenti tecnici. Inoltre sono state ideate combinazioni diottriche e focali allo scopo di adattarsi meglio allo stile di vita dei pazienti.6 Due filoni di strutture costruttive hanno generato una divaricazione di strategia, le trifocali e le cosiddette

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“extended-range-of-vision”. Le trifocali generano piani focali per lontano, intermedio e vicino, fra loro raccordati in una progressione che vuole ridurre brusche cadute ottiche fra loro.7 Un esempio a tecnologia diffrattiva modificata è la PanOptix (Alcon). Le extended-range-of-vision accentuano ancora di più la progressione fra i piani focali, simulando la continuità dell’accomodazione, e rinunciando alla parte più prossima del fuoco. Quest’approccio è stato seguito con diverse tecniche costruttive, sia refrattive sia diffrattive.8 Queste ultime, fra cui spicca la Symfony (Abbott, ora Johnson e Johnson) sono dotate di superficie diffrattiva distribuita ad anelli e per questo sono definite simmetriche rotazionali. La comparazione fra i due approcci sulla base di analogo principio, fermo restando le differenze di dettaglio dei due specifici design, è quindi di interesse per valutarne le performance operative cliniche.

Lo studio JCRS9 Abbiamo riportato i risultati di uno studio prospettico-randomizzato riguardante la qualità visiva fornita da 2 lenti intraoculari anti presbiopiche di nuova generazione, e di differente costruzione. Le 2 lenti sono state altresì confrontate con una monofocale.9

Le lenti intraoculari studiate Tecnis Symfony (Abbott Laboratories, Inc.) È una lente in grado di aumentare la


CHIRURGIA DELLA CATARATTA

Figura 2

Criteri di inclusione/esclusione

Figura 1

profondità di fuoco (EROV) con filtro per luce UV, acrilica, idrofobica, monopezzo con ottica da 6.0 mm e diametro complessivo di 13.0 mm. La struttura ottica diffrattiva posta sulla superficie posteriore ha un diametro di 5.5 mm ed è in grado anche di correggere l’aberrazione cromatica dell’occhio garantendo, in via di principio, una migliore sensibilità al contrasto. L’aberrazione sferica è negativa (-0.27 µm). AcrySof IQ PanOptix (Alcon Laboratories, Inc.) È una trifocale con filtro per luce ultravioletta (UV), acrilica, idrofobica, monopezzo con ottica da 6.0 mm e diametro complessivo di 13.0 mm. La struttura ottica non-apodizzata diffrattiva posta nella superficie anteriore ha un diametro di 4.5 mm e distribuisce la luce in modo da creare due fuochi aggiuntivi per le visioni intermedia (+2.17 D) e vicina (+3.25 D). L’aberrazione sferica è negativa e minore della precedente (-0.1 µm). AcrySof IQ SN60WF (Alcon Laboratories, Inc.) È una lente monofocale, acrilica, idrofobica, monopezzo con ottica da 6.0 mm e diametro complessivo di 13.0 mm. L’aberrazione sferica è negativa (-0.19 µm).

Inclusi: pazienti affetti da cataratta e motivati a limitare l’impiego di un occhiale per visione prossima, sia progressivo sia monofocali singoli. Esclusi: pazienti aventi professioni in cui un minore dettaglio o intolleranza alle luci avrebbero potuto interferire con il lavoro; inabili ad una soddisfacente collaborazione; affetti da altre patologie oculari o sistemiche che avrebbero potuto interferire con una completa funzionalità visiva post-operatoria; la sindrome pseudoesfoliativa; biometria ottica inaffidabile; lunghezza assiale inferiore a 22.0 mm e maggiore di 26.0 mm; astigmatismo corneale superiore a 0.75 D; elevate aberrazioni corneali di alto ordine; angolo kappa elevato.

Parametri valutati I pazienti sono stati randomizzati per ricevere un impianto sequenziale e bilaterale della IOL. I risultati sono stati valutati a 4 mesi. Come “outcome” primario è stata scelta l’acutezza visiva per vicino misurata in monoculare e con correzione per lontano (DCNVA). Gli “outcome” secondari sono stati l’acutezza visiva per lontano naturale e corretta (UDVA e CDVA), per intermedio (DCIVA), per vicino non corretta, curva di defocus, aberrazioni totali ed interne, MTF, PSF, straylight, accuratezza biometrica, soggettività del paziente mediante questionari (Figura 1).

Risultati Sono stati inclusi 76 pazienti (152 occhi). Di questi, solo 60 pazienti (120 occhi) hanno rispettato i criteri di esclusione, cosicché da essere suddivisi equamente in 3 gruppi (TRIF, EROV, MONOF) da 20 pazienti ciascuno (40 occhi per gruppo). Tutti i pazienti hanno completato lo studio e nessuno ha richiesto

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Figura 3

o necessitato la sostituzione della lente impiantata. Non c’erano differenze di rilievo fra i residui refrattivi per distanza dei tre gruppi. Tutti i gruppi hanno raggiunto un’acuità visiva media per lontano sostanzialmente uguale a testimonianza dell’ottima qualità ottica delle multifocali. A 4 mesi dall’impianto, l’acuità per vicino con o senza correzione per distanza raggiunta (DCNVA) è stata statisticamente migliore nel gruppo PanOptix (TRIF) rispetto a quella raggiunta dal gruppo Symfony (EROV). Ed entrambi i suddetti gruppi sono stati ovviamente migliori del gruppo monofocale (Figura 3). PanOptix ha mostrato minori aberrazioni oculari interne (HOA), misurate da OPD-Scan II (Nidek Co., Ltd.) a 5 mm di diametro rispetto a Symfony, così come anche la IOL Monofocale. La differenza fra le due multifocali si è confermata anche all’esame delle aberrazioni oculari totali. Queste differenze oggettive strumentali non hanno determinato differenze significative in termini di sensibilità al contrasto (MTF) né di Point Spread Function (PSF) nei confronti delle monofocali (Figura 2). Non vi sono state differenze di rilievo fra le lenti multifocali in termini di effetti visivi collaterali, comunque soggettivamente più presenti rispetto alle monofocali, ma non a livelli disturbanti.

Conclusioni Le IOL multifocali diffrattive sono a oggi le lenti più usate per la correzione chirurgica della presbiopia in corso di intervento di cataratta. I limiti maggiormente noti di questa tecnologia, legati alla riduzione di contrasto, a indesiderati disturbi visivi ed alla incapacità di creare una buona visione intermedia sono stati

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molto rimodulati. La nuova lente trifocale PanOptix da noi testata è apparsa garantire una visione per lontano paragonabile alle IOL monofocali, ed anche un’ottima visione per intermedio e per vicino. Considerando che i nostri risultati erano in visione monoculare, il risultato è ancora più positivo. Dall’altro lato la “extended-range-of-vision” mostrava un elevato livello di qualità visiva per lontano e nell’intermedio, ma con una limitatezza nella visione più prossima, corrispondente allo stampato piccolo. La soluzione proposta a questo limite delle EROV è l’adozione della micro-monovisione nell’impianto bilaterale, come suggerito dai risultati dello studio Concerto,10 almeno nella parte non minoritaria di pazienti nei quali non è probabilmente adeguato l’apporto per vicino in relazione a impegnative prestazioni lavorative. A parità di qualità clinica ottica, la trifocale PanOptix si è dimostrata maggiormente versatile e completa.

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1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE NEVANAC 3 mg/ml collirio, sospensione

2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA

1 ml di sospensione contiene 3 mg di nepafenac. Eccipiente(i) con effetti noti: Ogni ml di sospensione contiene 0,05 mg di: benzalconio cloruro Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

3. FORMA FARMACEUTICA

Collirio, sospensione. Sospensione uniforme da giallo chiaro ad arancione scuro, pH 6.8 (circa).

4. INFORMAZIONI CLINICHE

Nel caso in cui venga utilizzato piĂš di un medicinale oftalmico per uso topico, il medicinale deve essere somministrato a distanza di almeno 5 minuti. Gli unguenti oftalmici devono essere somministrati per ulWLPL $O oQH di prevenire la contaminazione della punta del contagocce e della soluzione, evitare di toccare le palpebre, le aree circostanti o altre supHUoFL FRQ OD SXQWD GHO FRntagocce. I pazienti devono essere informati di tenere LO pDFRQH EHQ FKLXVR TXDQGR QRQ XWilizzato. In caso di dimenticanza di una dose, una singola goccia va somministrata appena possibile prima di ritornare allo schema regolare di somministrazione. Non utilizzare una dose doppia per compensare la dose dimenticata.

4.3 Controindicazioni

Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. Ipersensibilità ad altri IDUPDFL DQWLQoDPPDtori non steroidei (FANS). Pazienti che in seguito all’assunzione di acido acetilsalicilico o altri FANS manifestino attacchi d’asma, orticaria o rinite acuta.

4.4 Avvertenze speciali e precauzioni di impiego

Il medicinale non deve essere iniettato. I pazienti devono essere informati di non ingerire NEVANAC. I pazienti devono essere informati di evitare l’esposizione solare durante il trattamento con NEVANAC.

Effetti oftalmici

Adulti, inclusi gli anziani - Per la prevenzione e il trattamento del dolore e GHOO LQoDPPD]LRQH OD GRse è 1 goccia di NEVANAC nel sacco congiuntivale dell’occhio(i) affetto(i) una volta al giorno partendo dal giorno precedente l’intervento di cataratta, continuando nel giorno dell’intervento e per le prime 2 settimane nel periodo postoperatorio. Il trattamento può essere esteso alle prime 3 settimane nel periodo postoperatorio, secondo le indicazioni del medico. Somministrare una goccia supplementare 30-120 minuti prima dell’intervento. In studi clinici, i pazienti sono stati trattati con NEVANAC 3 mg/ml colliULR VRVSHQVLRQH oQR D giorni. Per la riduzione del rischio di edema maculare postoperatorio in seguito a chirurgia della cataratta in pazienti diabetici, la dose è 1 goccia di NEVANAC nel sacco congiuntivale dell’occhio(i) affetto(i) una volta al giorno a partire dal giorno precedente l’intervento di cataratta, continuando nel giorno dell’intervento H oQR D JLRUQL GHO periodo postoperatorio, secondo le indicazioni del medico. Si deve somministrare una goccia supplementare 30120 minuti prima dell’intervento. La singola somministrazione giornaliera di NEVANAC 3 mg/ml collirio, sospensione fornisce la stessa quantitĂ totale giornaliera di nepafenac fornita da NEVANAC 1mg/ ml collirio, sospensione somministrato 3 volte al giorno.

L’uso di FANS topici può dare luogo a cheratite. In alcuni pazienti predisposti, l’uso protratto di FANS topici può causare la rottura dell’epitelio corneale o l’assottigliamento, l’erosione, l’ulcerazione o la perforazione della cornea (vedere paragrafo 4.8). Questi eventi potrebbero compromettere le capacitĂ visive. Qualora compaiano evidenze di una rottura dell’epitelio corneale, interrompere immediatamente la somministrazione di NEVANAC e monitorare attentamente lo stato della cornea. L’uso di FANS topici può rallentare o ritardare il processo di guarigione. Ăˆ inoltre noto che la somministrazione topica di corticosteroidi ha l’effetto di rallentare o ritardare il processo di guarigione. La somministrazione concomitante di FANS topici e di steroidi topici può aumentare il rischio di potenziali problemi di guarigione. Pertanto si raccomanda cautela nella somministrazione concomitante di NEVANAC con i corticosteroidi, in particolare in pazienti ad elevato rischio di sviluppare reazioni avverse corneali descritte di seguito. L’esperienza post-marketing con FANS topici indica che i pazienti sottoposti a interventi chirurgici oculari complicati, i pazienti che presentino denervazione della cornea, difetti dell’epitelio corneale, diabete PHOOLWR SDWRORJLH GHOOD VXSHUoFLH RFXODUH DG HV VLQGURPH GHOO RFFKLR secco), artrite reumatoide o i pazienti sottoposti a ripetuti interventi chirurgici agli occhi in un breve lasso di tempo, possono risultare maggiormente esposti al rischio di reazioni avverse a livello corneale suscettibili di compromettere la vista. In questi pazienti, i FANS topici devono essere utilizzati con cautela. L’uso protratto di FANS topici può aumentare l’incidenza e la gravitĂ delle reazioni avverse a livello corneale. Ăˆ stato riportato che i FANS oftalmici possono determinare un maggiore sanguinamento dei tessuti oculari (ifema incluso) in caso di intervento chirurgico agli occhi. NEVANAC deve essere usato con cautela in pazienti con nota tendenza al sanguinamento o sottoposti a terapia con altri medicinali che possono prolungare il tempo di sanJXLQDPHQWR / XVR WRSLFR GL SURGRWWL PHGLFLQDOL DQWLQoDPPDWRUL SXĂ? mascherare un’infezione oculare acuta. I FANS non hanno proprietĂ antimicrobiche. In caso di infezione oculare, il loro utilizzo con antinfettivi deve essere intrapreso con cautela.

Popolazioni speciali

Lenti a contatto

4.1 Indicazioni terapeutiche NEVANAC 3 mg/ml collirio, sospensione è indicato negli adulti per: /D SUHYHQ]LRQH H LO WUDWWDPHQWR GHO GRORUH H GHOO LQoDPPD]LRQH postoperatori associati alla chirurgia della cataratta (vedere paragrafo 5.1). - La riduzione del rischio di edema maculare postoperatorio associato alla chirurgia della cataratta in pazienti diabetici (vedere paragrafo 5.1).

4.2 Posologia e modo di somministrazione Posologia

Pazienti con compromissione epatica o renale - NEVANAC non è stato studiato in pazienti con patologie epatiche o compromissione renale. Il nepafenac è eliminato principalmente attraverso biotrasformazione e il livello di esposizione sistemica a seguito di somministrazione topica per via oftalmica è molto basso. In questi pazienti non è JLXVWLoFDWD DOFXQD PRGLoFD GHOOD GRVH Popolazione pediatrica - /D VLFXUH]]D H O HIoFDcia di NEVANAC nei bambini e negli adolescenti non sono state stabilite. Non ci sono dati GLVSRQLELOL ,O VXR XWLOL]]R QRQ Ă” UDFFRPDQGDWR LQ TXHVWL SD]LHQWL oQchĂŠ non saranno disponibili ulteriori dati. Pazienti anziani - In complesso non sono state osservate differenze QHOOD VLFXUH]]D HG HIoFDFLD WUD SD]LHQWL DQ]LDQL H JLRYDQL

Modo di somministrazione Per uso oftalmico - I pazienti devono essere informati di agitare bene LO pDFRQH SULPD GHOO XVR Dopo aver tolto il tappo, se è presente un anello di sicurezza e si è allentato, rimuoverlo prima di usare il prodotto.

L’uso delle lenti a contatto non è raccomandato durante il periodo postoperatorio successivo a intervento chirurgico di cataratta. Pertanto, i pazienti devono essere informati di non portare lenti a contatto, se non espressamente indicato dal medico.

Benzalconio cloruro

NEVANAC contiene benzalconio cloruro che può causare irritazione oculare e di cui è nota la capacitĂ di decolorare le lenti a contatto morbide. Se è necessario usare le lenti a contatto durante il trattamento, i pazienti devono essere informati di togliere le lenti prima dell’applicazione del collirio e di aspettare almeno 15 minuti prima di riapplicarle. Ăˆ stato riportato che il benzalconio cloruro causa cheratite puntata e/o cheratopatia ulcerativa tossica. PoichĂŠ NEVANAC contiene benzalconio cloruro, in caso di uso frequente o prolungato è necessario un attento monitoraggio.

SensibilitĂ crociata

Nepafenac può presentare un potenziale di sensibilitĂ crociata all’acido acetilsalicilico, ai derivati dell’acido fenilacetico e ad altri FANS.


4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione

Studi in vitro hanno dimostrato un potenziale molto basso di interazione con altri medicinali e interazioni con il legame delle proteine (vedere paragrafo 5.2).

Analoghi delle prostaglandine

Ci sono dati molto limitati sull’uso concomitante di analoghi delle prostaglandine e NEVANAC. In considerazione del loro meccanismo d’azione, l’uso concomitante di questi medicinali non è raccomandato. L’uso concomitante di FANS topici e steroidi topici può aumentare il potenziale di problemi di guarigione. L’uso concomitante di NEVANAC e medicinali che prolungano il tempo di sanguinamento può aumentare il rischio di emorragia (vedere paragrafo 4.4).

All’interno di ciascuna classe di frequenza, le reazioni avverse sono riportate in ordine decrescente di gravità . Le reazioni avverse sono state ricavate da studi clinici o da relazioni post-marketing con NEVANAC 3 mg/ml collirio, sospensione e NEVANAC 1 mg/ml collirio, sospensione. &ODVVLoFD]LRQH SHU VLVWHPL H RUJDQL Reazioni avverse Disturbi del sistema immunitario

Rara: ipersensibilitĂ

Patologie del sistema nervoso

Rara: capogiro, cefalea

Patologie dell’occhio

Non comune: cheratite, cheratite puntata, difetto epiteliale della cornea, sensazione di corpo estraneo nell’occhio, croste del margine palpebrale Rara: irite, effusione coroidale, depositi corneali, dolore oculare, fastidio oculare, occhio secco, blefarite, irritazione oculare, prurito oculare, secrezione oculare, congiuntivite allergica, aumento della lacrimazione, iperemia congiuntivale. Non nota: perforazione della cornea, guarigione incompleta (cornea), opacità corneale, cicatrice corneale, riduzione dell’acuità visiva, tumefazione degli occhi, cheratite ulcerativa, assottigliamento della cornea, visione offuscata.

Patologie vascolari

Non comune: ipertensione Non nota: pressione arteriosa aumentata

Patologie gastrointestinali

Rara: nausea Non nota: vomito

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Rara: cutis laxa (dermatocalasi), dermatite allergica

4.6 FertilitĂ , gravidanza e allattamento Donne in etĂ fertile

NEVANAC non deve essere usato dalle donne in etĂ fertile che non usano misure contraccettive.

Gravidanza

Non esistono dati adeguati circa l’uso di nepafenac in donne in gravidanza. Studi condotti su animali hanno evidenziato una tossicitĂ riproduttiva (vedere paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per gli esseri umani non è noto. Dato che l’esposizione sistemica in donne non in gravidanza in seguito a trattamento con NEVANAC è giudicata irrilevante, il rischio durante la gravidanza potrebbe essere considerato basso. Tuttavia, poichĂŠ l’inibizione della sintesi di prostaglandine può LQpXLUH QHJDWLYDPHQWH VXOOD JUDYLGDQ]D H R VXOOR VYLOXSSR HPEULRQDle/fetale e/o sul parto e/o sullo sviluppo postnatale, NEVANAC non è raccomandato durante la gravidanza.

Allattamento

Non è noto se il nepafenac sia escreto nel latte umano. Studi condotti sugli animali hanno evidenziato l’escrezione di nepafenac nel latte di ratto. Tuttavia, non si prevedono effetti sul bambino allattato poichĂŠ l’esposizione sistemica a nepafenac della donna in allattamento è trascurabile. NEVANAC può essere utilizzato durante l’allattamento con latte materno.

FertilitĂ

Non ci sono dati relativi all’effetto di NEVANAC sulla fertilità umana.

4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari 1(9$1$& QRQ LQpXHQ]D R LQpXHQ]D LQ PRGR WUDVFXUDELOH OD FDSDFLWÎ di guidare veicoli e di usare macchinari. Un offuscamento momentaQHR GHOOD YLVWD R DOWUL GLVWXUEL YLVLYL SRVVRQR LQpXLUH VXOOD FDSDFLWÎ GL guidare veicoli o sull’uso di macchinari. Se si manifesta un offuscamento della vista al momento dell’instillazione, il paziente dovrà attendere che la visione torni chiara prima di mettersi alla guida di un veicolo o di usare macchinari.

4.8 Effetti indesiderati RiassXQWR GHO SURoOR GL VLFXrezza

In studi clinici condotti su oltre 1900 pazienti trattati con NEVANAC 3 mg/ml collirio, sospensione, le reazioni avverse riportate con maggiore frequenza sono state cheratite puntata, cheratite, sensazione di corpo estraneo nell’occhio e dolore oculare che si sono manifestate tra lo 0,4% e lo 0,1% dei pazienti.

Pazienti diabetici

In due studi clinici su 594 pazienti, i pazienti diabetici sono stati trattati con NEVANAC collirio, sospensione per 90 giorni per la prevenzione dell’edema maculare postoperatorio associato alla chirurgia della cataratta. La reazione avversa riportata con maggiore IUHTXHQ]D Ô VWDWD FKHUDWLWH SXQWDWD YHULoFDWDVL QHOO GHL SD]LHQWL H FODVVLoFDWD TXLQGL QHOOD IUHTXHQ]D FRPXQH /H DOWUH UHD]LRQL DYverse riportate con maggiore frequenza sono state cheratite e senVD]LRQH GL FRUSR HVWUDQHR QHOO RFFKLR YHULoFDWHVL QHOOR H GHL SD]LHQWL ULVSHWWLYDPHQWH HQWUDPEH FODVVLoFDWH QHOOD IUHTXHQ]D non comune.

Tabella delle reazioni avverse

Le seguenti reazioni avverse sono clDVVLoFDWH LQ DFFRUGR FRQ OD Veguente convenzione: molto comune (t1/10), comune (t1/100, <1/10), non comune (t1/1.000, <1/100), rara (t1/10.000, <1/1.000), molto rara (<1/10.000), o non nota (la IUHTXHQ]D QRQ SXĂ? HVVHUH GHonita sulla base dei dati disponibili).

Descrizione di reazioni avverse selezionate I pazienti con rottura dell’epitelio corneale tra cui anche perforazione della cornea devono interrompere immediatamente l’utilizzo di NEVANAC e devono essere strettamente controllati relativamente allo stato di salute della cornea (vedere paragrafo 4.4). Dall’esperienza post-marketing con NEVANAC 1 mg/ml collirio, sospensione sono stati individuati casi di difetti/disturbi dell’epitelio corneale. La gravità di questi casi varia da effetti non gravi sull’integrità epiteliale dell’epitelio corneale, ad eventi piÚ gravi che richiedono intervento chirurgico e/o terapia medica per ottenere nuovamente una visione chiara. L’esperienza post-marketing con FANS topici indica che i pazienti sottoposti a interventi chirurgici oculari complicati, i pazienti che presentino denervazione della cornea, difetti dell’epitelio corneale, diabete mellito, patologie della supHUoFLH RFXODUH DG es. sindrome dell’occhio secco), artrite reumatoide o i pazienti sottoposti a ripetuti interventi chirurgici agli occhi in un breve lasso di tempo, possono risultare maggiormente esposti al rischio di reazioni avverse a livello corneale suscettibili di compromettere la vista.

Popolazione pediatrica /D VLFXUH]]D H O HIoFDFLD GL 1(9$1$& QHL EDPELQL H QHJOL DGROHVFHQWL non sono state stabilite.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette /D VHJQDOD]LRQH GHOOH UHD]LRQL DYYHUVH VRVSHWWH FKH VL YHULoFDQR GRSR l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un PRQLWRUDJJLR FRQWLQXR GHO UDSSRUWR EHQHoFLR ULVFKLR GHO PHGLFLQDOH Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite l’Agenzia Italiana del Farmaco, Sito web:http:// www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili.

4.9 Sovradosaggio

Ăˆ improbabile che si manifestino effetti tossici in caso di sovradosaggio in seguito ad uso oftalmico, nĂŠ in caso di ingestione orale accidentale.


5. PROPRIETĂ€ FARMACOLOGICHE 5.1 ProprietĂ farmacodinamiche &DWHJRULD IDUPDFRWHUDSHXWLFD RIWDOPRORJLFL DJHQWL DQWLQoDPPDWRUL non steroidei. Codice ATC: S01BC10

Meccanismo d’azione 1HSDIHQDF Ô XQ SURIDUPDFR DQWLQoDPPDWRULR QRQ VWHURLGHR H DQDOgesico. A seguito della somministrazione topica per via oftalmica, nepafenac penetra nella cornea e viene convertito dalle idrossilasi GHO WHVVXWR RFXODUH LQ DPIHQDF XQ DQWLQoDPPDWRULR QRQ VWHURLGHR Amfenac inibisce l’azione della prostaglandina H sintasi (cicloossigenasi), un enzima necessario per la produzione di prostaglandine.

Farmacologia secondaria Ăˆ stato dimostrato nei conigli che nepafenac inibisce la rottura della barriera emato-retinica, sopprimendo la sintesi di PGE2. Ex vivo, è stato dimostrato che una dose singola di nepafenac somministrata topicamente per via oftalmica inibisce la sintesi di prostaglandine nell’iride/corpo ciliare (85%-95%) e nella retina/coroide (55 oQR D RUH e 4 ore rispettivamente.

Effetti farmacodinamici La conversione per idrolisi avviene principalmente nella retina/coroide, di seguito nell’iride/corpo ciliare e nella cornea, in base al grado di tessuto vascolarizzato. I risultati di studi clinici indicano che NEVANAC 3 mg/ml collirio, sospensione non esercita HIIHWWL VLJQLocativi sulla pressione intraoculare.

(IoFDFLD H VLFXUHzza clinica Prevenzione e trattamento del dolore e deOO LQoDPPD]LRQH SRVWRperatori associati alla chirurgia della cataratta / HIocacia e sicurezza di NEVANAC 3 mg/ml nella prevenzione e nel trattamento del dolore H GHOO LQoDPPazione postoperatori associati alla chirurgia della cataratta sono state dimostrate in due studi clinici mascherati, in doppio cieco, controllati verso placebo in un totale di 1339 pazienti. In questi studi, nei quali i pazienti ricevevano il farmaco a partire dal giorno precedente l’intervento, il giorno dell’intervento e per i primi 14 giorni del periodo postoperatorio, NEVANAC 3 mg/ml collirio, sospensione ha dimostratR XQ HIoFDFLD FOLQLFD superiore rispetto al veicolo nel trattamento del doloUH H GHOO LQoDPPD]LRQH SRstoperatori. I pazienti trattati con NEVANAC avevano una minore probabilitĂ di mostrare dolore oculare e segni misurabili di iQoDPPD]LRQH FHOOXOH H tyndall in camera anteriore) dall’immediato posWRSHUDWRULR oQR DOOD oQH del trattamento rispetto ai soggetti trattati con il veicolo. Nei due studi, 1(9$1$& KD ULVROWR O LQoammazione al giorno 14 dopo l’intervento nel 65% e 68% dei pazienti in confronto al 25% e 35% dei pazienti trattati con veicolo. Le percentuali di pazienti che non avevano manifestato dolore nel gruppo trattato con NEVANAC erano 89% e 91% rispetto al 40% e 50% nel gruppo di pazienti trattati con veicolo. Alcuni pazienti hanno ricevuto NEVANAC 3 mg/ml collirio, soluzione oQR D JLRUQR GRSR O LQWervento. Tuttavia, l’efoFDFLD ROWUH DO JLRUQo 14 del periodo postoperatorio non è stata misurata. In aggiunta, in uno dei due studi clinici, NEVANAC 3 mg/ml collirio, sospensione somministrato una volta al giorno non era inferiore a NEVANAC 1 mg/ml collirio, sospensione somministrato tre volte al giorno per la prevenzione e il trattamento del dolore e dell’LQoDPPD]LRQH SRVWRSHUDWRUi associati alla chirurgia della cataratta. Le percentuali di risoluzione GHOO LQoDPPD]LRQH H GL mancanza di dolore erano simili per entrambi i prodotti a tutte le valutazioni postoperatorie.

Riduzione del rischio di edema maculare postoperatorio associato alla chirurgia della cataratta in pazienti diabetici. 6RQR VWDWL FRQGRWWL VWXGL VX SD]LHQWL GLDEHWLFL SHU YDOXWDUH O HIoFDFLD e la sicurezza di NEVANAC 3 mg/ml collirio, sospensione instillato una volta al giorno per la prevenzione dell’edema maculare postoperatorio associato alla chirurgia della cataratta. In questi studi, la somministrazione del farmaco era iniziata il giorno precedente l’intervento, FRQWLQXDWD LO JLRUQR GHOO LQWHUYHQWR H SURWUDWWD oQR D JLRUQL QHO periodo postoperatorio. In entrambi gli studi, randomizzati in doppio cieco e controllati verso veicolo, condotti su pazienti con retinopatia GLDEHWLFD XQD SHUFHQWXDOH VLJQLoFDWLYDPHQWH PDJJLRUH GL SD]LHQWL ha sviluppato edema maculare nel gruppo veicolo (17,3% e 14,3%) rispetto ai pazienti trattati con NEVANAC 3 mg/ml (2,3% e 5,9%). Le percentuali corrispondenti nell’analisi integrata dei due studi erano 15,9% nel gruppo veicolo e 4,1% nel gruppo NEVANAC, p<0,001.

,Q XQR VWXGLR XQD SHUFHQWXDOH VLJQLoFDWLYDPHQWH PDJJLRUH GL SDzienti ha ottenuto un miglioramento di 15 o piÚ lettere al Giorno 14 H KD PDQWHQXWR XQ PLJOLRUDPHQWR oQR DO *LRUQR QHO JUXSSR NEVANAC 3 mg/ml (61,7%) in confronto al gruppo veicolo (43%); nel secondo studio la percentuale di soggetti era simile nei due gruppi di trattamento per questo endpoint (48,8% nel gruppo NEVANAC e 50,5% nel gruppo veicolo). Nell’analisi integrata dei 2 studi, la percentuale di soggetti con un miglioramento di 15 lettere al Giorno 14 H PDQWHQXWD oQR DO *LRUQR HUD SLã DOWD QHO JUXSSR 1(9$1$& mg/ml (55,4%) rispetto al gruppo veicolo (46,7%, p=0,003). L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con NEVANAC sulla popolazione pediatrica, QHOOD SUHYHQ]LRQH H QHO WUDWWDPHQWR GHO GRORUH H GHOO LQoDPPD]LRQH postoperatori associati alla chirurgia della cataratta (vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso nella popolazione pediatrica).

5.2 ProprietĂ farmacocinetiche Assorbimento

A seguito di somministrazione di una goccia di NEVANAC 3 mg/ml collirio, sospensione in entrambi gli occhi una volta al giorno per quattro giorni, sono state rilevate concentrazioni plasmatiche ridotte ma quanWLoFDELOL GL QHSDIenac e amfenac nella maggior parte dei soggetti rispettivamente nelle 2 e 3 ore successive alla somministrazione. La Cmax plasmatica media allo stato stazionario per nepafenac e per amfenac in seguito a somministrazione oftalmica è stata rispettivamente pari a 0,847¹0,269 ng/ml e a 1,13¹0,491 ng/ml.

Distribuzione $PIHQDF SUHVHQWD XQ HOHYDWD DIoQLWĂŽ SHU OH DOEXPLQH VLHULFKH In vitro, il tasso di legame alle albumine di ratto, alle albumine umane e al siero umano è rispettivamente pari al 98,4%, 95,4% e al 99,1%. Studi condotti sui ratti hanno dimostrato che materiali correlati al principio attivo marcato con radioattivo risultano ampiamente distribuiti all’interno del corpo in seguito alla somministrazione orale di 14C-nepafenac in dosi singole o multiple. Studi condotti su conigli hanno dimostrato che nepafenac somministrato per via topica è diVWULEXLWR ORFDOPHQWH GDOOD SDUWH IURQWDOH GHOO RFFKLR oQR DL VHJPHQWL posteriori dell’occhio (retina e coroide).

Biotrasformazione Nepafenac subisce una biotrasformazione relativamente rapida in amfenac ad opera delle idrossilasi intraoculari. Successivamente amfenac viene ampiamente metabolizzato a metaboliti piĂš polari mediante idrossilazione del nucleo aromatico, con conseguente formazione di JOXFXURQR FRQLXJDWL $QDOLVL EDVDWH VX UDGLRFURPDWRJUDoH HIIHWWXDWH prima e dopo l’idrolisi di Č•-glucuronidasi indicavano che tutti i metaboliti si presentavano come glucurono-coniugati, fatta eccezione per amfenac. Amfenac era il principale metabolita presente nel plasma e rappresentava circa il 13% della radioattivitĂ plasmatica complessiva. ,O VHFRQGR PHWDEROLWD SODVPDWLFR SLĂŁ DEERQGDQWH Ă” VWDWR LGHQWLoFDWR nel 5-idrossi nepafenac, il quale rappresentava circa il 9% della radioattivitĂ complessiva alla Cmax. Interazioni con altri medicinali: nepafenac e amfenac non inibiscono alcuna delle attivitĂ metaboliche delle principali forme di citocromi umani P450 (CYP1A2, 2C9, 2C19, 2D6, 2E1 e 3A4) in vitro LQ FRQFHQWUD]LRQL oQR D QJ PO ¸ SHUWDQWR LPSUREDELOH FKH VL YHULoFKL XQ LQWHUD]LRQH FRQ LO PHWDEROLVPR PHGLDWR GD CYP di medicinali somministrati in concomitanza. Interazioni mediate da legami proteici sono altrettanto improbabili.

Eliminazione

Successivamente alla somministrazione orale di 14C-nepafenac a volontari sani, è stato osservato che l’escrezione urinaria rappresentava la principale via di escrezione radioattiva (85% circa), mentre l’escrezione fecale riguardava circa il 6% della dose.

5.3 Dati preclinici di sicurezza I dati non-clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di safety pharmacology, tossicitĂ a dosi ripetute, genotossicitĂ . Nepafenac non è stato valutato in studi di carcinogenicitĂ a lungo termine. In studi sulla riproduzione condotti sui ratti con nepafenac, dosi tossiche per la madre di t10 mg/kg sono state associate a distocia, aumento delle perdite postimpianto, riduzione del peso e dello sviluppo fetale e ridotta sopravvivenza del feto. In conigli gravidi, una dose materna di 30 mg/kg dotata di leggera tossicitĂ per la madre ha prodotto un aumento statisticamHQWH VLJQLocativo dell’incidenza di malformazioni nella prole.


6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti

Acido borico Glicole propilenico Carbomer Sodio cloruro Guar Sodio carmellosa Sodio edetato Benzalconio cloruro Sodio idrossido e/o acido cloridrico (per aggiustare il pH) Acqua depurata

6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento

6.2 Incompatibilità

8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO

6.3 Periodo di validità

EU/1/07/433/002 EU/1/07/433/003

6.4 Precauzioni particolari per la conservazione

9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE

Nessuna istruzione particolare per lo smaltimento.

7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO Novartis Europharm Limited Frimley Business Park Camberley GU16 7SR Regno Unito

Non pertinente.

18 mesi. Eliminare 4 settimane dopo la prima apertura. Non conservare a temperatura superiore ai 25­& 7HQHUH LO pDFRQH nel confezionamento esterno per proteggerlo dalla luce. Per le condizioni di conservazione dopo la prima apertura del medicinale, vedere paragrafo 6.3.

Data della prima autorizzazione: 3 maggio 2013.

10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO

6.5 Natura e contenuto del contenitore

07/2016

Flacone tondo o ovale in polietilene a bassa densità con contagocce e tappo a vite in polipropilene bianco contenente 3 ml di sospensione.

Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web della Agenzia Europea dei Medicinali: http://www.ema.europa.eu/

AIC

Confezione

codice DHL: 1226986

,O pDFRQH SRWUHEEH SUHVHQWDUVL DOO LQWHUQR GL XQ LQYROXFUR 6FDWROD conteneQWH pDFRQH

Prezzo al pubblico (IVA 10%)* Prezzo ex-factory Regime di fornitura Classe

038813022/E “3 mg/ml collirio, sospensione - uso RIWDOPLFR pDFRQH LDPE POy pDFRQH

€ 29,55

€ 18,00

RR

C

Novartis Farma S.p.A. Largo Umberto Boccioni, 1 - 21040 ORIGGIO (VA) - Tel. 02 96541 - Fax 02 96542910 - www.novartis.it

Stampato nel mese di maggio 2017

*al lordo delle riduzioni temporanee di legge alla data del deposito AIFA


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Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) Tel. 0141 1706694 - Fax 0141 856013 info@fgeditore.it - www.fgeditore.it


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