Occhiali e dintorni Storie straordinarie di invenzioni rivoluzionarie Le collezioni del Museo dell’Occhiale di Pieve di Cadore
FABIANO Editore
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Il Museo Passato. Presente. E soprattutto futuro La storia di un museo è la storia delle sue collezioni. E di una donna
OCCHIALI E DINTORNI
Il Museo
Passato. Presente. E soprattutto futuro Un edificio di vetro e acciaio che fa da contraltare all’antica dimora natale del pittore Tiziano Vecellio (1480/1490-1576) di legno e pietra e al paesaggio dolce e aspro delle Dolomiti, che si riflette cangiante e mutevole sulla sua superficie. Il Museo dell’Occhiale, con la sua lucente modernità, sfida la memoria di questi luoghi, imponendo la sua sofisticata architettura hightech come un naturale ponte tra passato, presente e futuro. All’interno, un connubio di materiali evocativi di una tradizione artigianale e colori anche audaci definiscono gli spazi luminosi, dove si racconta la storia avvincente di una delle filiere più importanti del mondo, nata proprio in questi luoghi, geograficamente difficili ma particolarmente ricchi di corsi d’acqua, preziosi per generare l’energia che inizialmente alimentava i macchinari. Unico museo nazionale dell’occhialeria a essere vincolato dalla Soprintendenza dei Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici è stato inaugurato nel 1990 a Tai di Cadore, per poi essere trasferito nel 2007 nella nuova sede del Palazzo Cosmo a Pieve di Cadore, dove l’allestimento è stato curato, tra gli altri, anche dall’architetto Alessandro Mendini, non nuovo a importanti progetti museali realizzati in tutto il mondo. Il fil rouge del museo è naturalmente la vista e tutta la simbologia che appartiene al semplice e istintivo atto di guardare e non solo di vedere. Oltre 4.000 pezzi dal XV secolo ai giorni nostri sono quindi esposti a rotazione lungo un percorso che si snoda attraverso i due piani del museo e comprendono occhiali, libri, stampe e documenti antichi, cannocchiali, binocoli, strumenti ottici, opere d’arte, ex voto e tanto altro ancora, ricreando la suggestione di un mondo complesso e trasversale, la cui evoluzione è strettamente collegata non solo al progresso tecnologico e industriale ma anche a quello culturale. Una curiosità: una delle sale, vista dall’alto, riprende nella sua struttura le sezioni ottiche di una lente correttiva.
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Sono poi particolarmente toccanti le foto in bianco e nero, testimonianza di un passato che sembra lontanissimo, donne e uomini intenti a lavorare alle saldatrici a pedale, fabbriche spoglie, sguardi intensi e stralci di vite fatte di sacrifici ma anche della soddisfazione di essere entrati a far parte della storia. La collezione si arricchisce ogni anno di nuovi pezzi seguendo la naturale evoluzione di un museo e di un settore di cui il Cadore in particolare e l’Italia in generale rappresentano da sempre il cuore pulsante.
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Una filiera che non ha mai smesso di crescere grazie anche al supporto di ANFAO (Associazione Nazionale Fabbricanti Articoli Ottici), nata nel 1954 e che dal 1970 organizza Mido (Mostra Internazionale di Ottica, Optometria e Oftalmologia), fiera che ancor oggi detiene la leadership internazionale nel settore. Creando sinergie e collaborazioni con altre realtà museali, il Museo dell’Occhiale rimane quindi un luogo vivo, che continua a dialogare anche con il territorio, coinvolgendolo in un vivace e vibrante dibattito culturale che dura ormai da molti secoli.
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In questa pagina e in quelle precedenti: alcune immagini storiche degli anni 40 e 50 delle fabbriche di occhiali e astucci del Cadore. Nella pagina successiva: un gruppo di giovani donne cadorine che si recano al lavoro in bicicletta, 1954.
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La storia di un museo è la storia delle sue collezioni. E di una donna
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La storia di un museo è la storia delle sue collezioni. E di una donna
Il frontespizio del libro “Lunettes et lorgnettes de jadis” di Madame Alfred Heymann, pubblicato nel 1911 dalla casa editrice parigina J. Leroy et Cie in edizione limitata di 300 esemplari.
La storia di una collezione è quasi sempre una storia di passione. Come quella di Madame Alfred Heymann, una dama che visse tra la fine dell’800 e gli inizi del 900 appartenente all’alta borghesia parigina. Ritratta forse anche da Klimt, nel 1911 scrisse il libro “Lunettes et lorgnettes de jadis”, un’edizione limitata di soli 300 esemplari pubblicata dall’editore parigino J. Leroy et Cie, ma già nel 1900 una parte della sua straordinaria collezione di occhiali, fassamani, monocoli, ventagli, binocoli da teatro, cannocchiali e altro era apparsa nel libro “Les lorgnettes” di Jean Robiquet, conservatore del Musée Carnavalet di Parigi, realizzato in occasione dell’importante esposizione universale di Parigi di quello stesso anno. Percorrendo le misteriose strade del destino e passando probabilmente anche dalle mani di un collezionista spagnolo, alcuni pezzi di quella mitica collezione, di cui in molti nel tempo hanno favoleggiato perché improvvisamente si dissolse nel nulla nel 1925, frammentandosi tra collezionisti e musei vari, sono arrivati anche al Museo dell’Occhiale di Pieve di Cadore. Ad acquisirli fu probabilmente il famoso ottico belga Georges Bodart, la cui collezione di circa 1600 pezzi, ceduta poi al Museo nel 1987, rappresenta il nucleo centrale e il punto di partenza di questa bellissima avventura. È stata poi sempre la passione a definire la storia di un’altra collezione importante: quella di Enrico De Lotto, medico e studioso che, dopo aver curato l’esposizione sulla storia degli occhiali del 1956 (anno in cui ha scritto anche il libro “Dallo smeraldo di Nerone agli occhiali del Cadore”), riproposta poi nel 1959, ha espresso il sogno di realizzare un museo nazionale degli occhiali, un sogno reso possibile anni dopo grazie alla tenacia e all’intraprendenza di Vittorio Tabacchi. In realtà tutti i musei sono un insieme di tante collezioni, donazioni, acquisti fatti talvolta seguendo un’onda emotiva, altre volte stabilendo un percorso storico ben preciso. Il Museo dell’Occhiale non sfugge a questa logica e nel tempo c’è stata una “stratificazione” di pezzi di varie provenienze, tra cui quelli delle collezioni di occhiali orientali dell’antiquario Luca Moioli, oppure dell’ottico parigino Jean Bernard Weiss, acquisita negli anni 90. Ultime, in ordine cronologico, quella donata nel 2001 da Giuseppe Del Favero di Calalzo di Cadore che ripercorre un ampio raggio di tempo focalizzando l’attenzione su pezzi anche iconici del 900, italiani e stranieri, e la raccolta di Ottica Giacobbi ricevuta nel 2009. Il Museo dell’Occhiale da sempre mantiene non solo un forte legame con le aziende ma è diventato addirittura il simbolo di una importante tradizione che ha scelto come luogo d’elezione il Veneto e in particolare il Cadore. Rappresenta la memoria ma anche il futuro. È il passato ma anche il presente.
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Nella pagina precedente: un’immagine tratta dal libro “Lunettes et lorgnettes de jadis” dove sono illustrati alcuni oggetti rari appar tenuti a Madame Alfred Heymann. In questa pagina: due pezzi provenienti probabilmente dalla collezione di Madame Alfred Heymann ed esposti ora al Museo dell’Occhiale. Dall’alto: un prezioso cannocchiale cor to in avorio intagliato (Francia, 1720 circa) e un nécessaire in ottone smaltato, argento, madreperla e oro (Inghilterra, inizio XIX secolo).
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