Lucio Buratto Dario Aureggi Maurizio Cusani Dario De Marco Mario Giò Cristina Giordano Cristina Abati Matteo Fusi Marco Moncalvi
OCCHIO
e Occhiale Fabiano Gruppo Editoriale
Gli Autori desiderano ringraziare per gli utili consigli e la preziosa collaborazione: Andrea Zambon – Ottica Bottega al Mare – Piazza Carducci 25 – 30016 Jesolo (Ve) – info@bottegaalmare.it Alberto Isolani – Istituto Ottico Isolani – Corso Buenos Aires 75/R – 16129 Genova – www.isolani.com Zully Forero – Ottica Silingardi – Largo L. Muratori 140 – 41121 Modena – www.otticasilingardi.it Ed inoltre gli Autori del libro “Occhiali in ottica oftalmica” e cioè Silvano Abati, Carlo Lovisolo e Giancarlo Montani per il contributo fornito alla realizzazione di questa opera. Ed infine Medicongress per la disponibilità a fornire materiale iconografico e assistenza di segreteria.
Copyright 2013 Lucio Buratto Piazza della Repubblica, 21 – 20124 Milano e-mail: office@buratto.com www.camospa.it – www.buratto.com Impaginazione e stampa: FGE srl Reg. San Giovanni 40 – Canelli (AT)
Gli Autori e l’Editore declinano ogni responsabilità per eventuali errori contenuti nel testo. Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione totale o parziale. Questa pubblicazione è stata resa possibile grazie al contributo essenziale di:
FGE Editore Fabiano Gruppo Editoriale ISBN 978-88-97929-21-5 Finito di stampare: Marzo 2013
Presentazione Ogniqualvolta decido di scrivere un libro o di curarne la pubblicazione, come prima operazione cerco nelle librerie, su internet e su altri canali se è già stato pubblicato qualcosa su quell’argomento; se è stato scritto tanto e se le pubblicazioni sono recenti mi astengo dall’affrontare il lavoro; se invece è stato scritto poco procedo con il progetto, anche se ovviamente essendoci poco di pubblicato il lavoro diventa più difficile e complesso perché mancano o sono scarse le letture di consultazione, che solitamente aiutano molto a sviluppare un nuovo progetto editoriale. Ebbene quando mi è venuta l’idea di fare un libro sugli occhiali...un libro tecnico intendo... cioè fatto per spiegare come fare bene un occhiale, come sceglierlo bene, come montare la giusta lente e così via ...devo dire che ho trovato ben poco...ho chiesto ad amici ottici...poco niente; allora mi sono informato presso le scuole di ottica, ho chiesto alle aziende del settore... Risultato? poco niente... In giro ho trovato tanti libri di storia degli occhiali, di fotografie di occhiali, di occhiali di moda, di curiosità sugli occhiali...ma ben poco su quello che è invece un fondamentale e importantissimo argomento come è la scelta e l’esecuzione dell’occhiale, sopratutto se si pensa quanto importante esso sia e sia sempre stato per il buon utilizzo di quello che è l’organo si senso più importante del corpo umano, l’occhio. Tutti leggono, lavorano, studiano e svolgono mille attività della vita quotidiana grazie agli occhi, che consentono di relazionarsi con il mondo esterno e non solo...avere una buona vista è quindi della massima importanza! E avere un buon occhiale è sicuramente di grande aiuto. Quanti sono i negozi di ottica in Italia? quanti occhiali si vendono ogni anno? quale è il giro economico del settore? a quante persone l’occhiale offre lavoro ed opportunità? I numeri sono alti, anzi altissimi... Come mai allora c’è così poco di scritto? Non ho una spiegazione... Reputo quindi che questa opera potrà riempire un vuoto e fornire argomenti di insegnamento nelle scuole e spunti di consultazioni per tutti gli operatori del settore della vista umana, dopo il libro da me curato “Occhiali in Ottica Oftalmica” pubblicato nel 1993.
Lucio Buratto
Gli Autori Lucio Buratto Il Dr. Lucio Buratto è un medico oculista specializzato nella chirurgia della cataratta e nella chirurgia refrattiva (tecnica operatoria che corregge la miopia, l’astigmatismo e l’ipermetropia); in ambedue i settori ha ricevuto numerosi riconoscimenti a livello internazionale. Si occupa inoltre della terapia chirurgica e non chirurgica (crosslinking) del cheratocono. Esercita la professione come chirurgo della cataratta e della miopia in Milano e nella sua pratica ha eseguito più di 40.000 interventi. Ha pubblicato 65 trattati di oftalmologia di cui 26 dedicati alla chirurgia della cataratta e 11 a quella della miopia. Ha ideato e fatto costruire più di 148 ferri per chirurgia oculare. È stato Presidente dell’Associazione Italiana di Chirurgia della Cataratta e Refrattiva (AICCER). È Direttore di CAMO Centro Ambrosiano Oftalmico di Milano (www.camospa.it). Cristina Abati Laureata in Ottica e Optometria ed in Ottica Tecnica. Professore a contratto al corso di Laurea in Ottica e Optometria dell’Università di Firenze. Dal 2012 svolge attività didattica presso l’Istituto di Scienze della Visione E. Fermi di Perugia. Dal 1997 al 2011 ha svolto attività didattica presso l’I.R.S.O.O. di Vinci. Autrice di numerose pubblicazioni. Dario Aureggi Dott. Dario Aureggi, nato a Carimate (Como) il 10.06.1929. Laureato in Medicina – Chirurgia presso l’Università degli Studi di Pavia nel Giugno 1956. Nel 1978 fondatore della Società Italiana di Contattologia Medica e nel 1983 con i Prof. Merlin, Dossi, Lo Cascio e del Dott. Buratto, della Società Italiana di Oftalmochirurgia Refrattiva. Editore della Rivista di Contattologia Medica e Chirurgia Refrattiva dal 1980 fino al 1994, poi della Voce dell’AICCER ne fa tutt’ora parte del board. Nel 2007 viene insignito della Medaglia d’oro S.O.I. - Maestri della Oftalmologia Italiana – Attualmente Vice-Direttore de “la Voce dell’AICCER (rivista scientifica dell’Associazione Italiana di Chirurgia della Cataratta e Refrattiva)”. Maurizio Cusani Laureato in Medicina con 110/110 e lode e specializzato in Oculistica. Libero professionista ha condotto 25 corsi ECM con 4 diversi provider ed è stato direttore scientifico di 3 corsi FAD. Membro del Comitato Scientifico di Riza Psicosomatica dal 1999. Presso la SOI ha tenuto come direttore cinque corsi su “Psicosomatica Oculare” è stato responsabile scientifico del simposio “Occhio e Psiche” nel 2010 e segretario scientifico del simposio “Occhio e nutrizione” nel 2011. Studioso di sufismo ha pubblicato 15 saggi su nutrizione, medicina complementare ed enneagramma, tecnica che insegna al Master di Psicosomatica per Medici e Psicologi presso l’Istituto Riza dal 1999. Pubblica nell’ottobre 2006 “Psicosomatica Oculare” (di cui esce una seconda edizione ampliata e aggiornata nel 2009). Dario De Marco Ostaggio della pratica oftalmologica per quasi mezzo secolo di vita, si è ora sciolto dal vincolo di servizio e lascia che i suoi occhi rincorrano liberamente i temi di interesse, spesso sacrificati, che l’hanno accompagnato nel tempo. Vive e lavora a Belluno, ai piedi dei suoi amatissimi monti, dove arte, colore, natura, tradizioni, radici, sobbollono in una sorta di magico calderone da cui distilla il suo divertito Umanesimo. Matteo Fusi Laureato in Ottica e Optometria ed in Ottica Tecnica. Professore a contratto al corso di Laurea in Ottica e Optometria dell’Università di Firenze. Dal 2011 svolge attività didattica presso l’Istituto di Scienze della Visione E. Fermi di Perugia. Dal 1999 al 2011 ha svolto attività didattica presso l’I.R.S.O.O. di Vinci. Autore di numerose pubblicazioni. Come libero professionista collabora a progetti di ricerca di aziende del settore ottico. Mario Giò Nato a Milano il 14 Marzo 1961, si laurea in Medicina e Chirurgia nel 1986 e si specializza in Oftalmologia nel 1990 presso Ospedale San Raffaele allora sede dell’Università degli Studi di Milano. In passato collabora con diversi specialisti Italiani, francesi ed americani. Attualmente è consulente del Centro Diagnostico Italiano, del Centro Medico Sinergie, del Policlinico San Marco, della Casa di Cura Columbus. Inoltre è responsabile dell’Unità Operativa di Oftalmologia presso la Casa di Cura Ambrosiana dell’Istituto Sacra Famiglia dove visita, opera ed in particolare si occupa delle malattie dell’apparato visivo e della chirugia oculare nei disabili. Cristina Giordano Contattologo specialista in lenti custom, cosmetiche protesiche e per cheratocono presso lo studio APPLY srl – Milano. È assistente alla strumentazione diagnostica di supporto alla chirurgia refrattiva e alla chirurgia della cataratta. Victus Key Operator presso Centro Diagnostico Italiano, Milano. Collabora con il dr. Lucio Buratto per la stesura di testi sull’ottica e l’oftalmologia. È Consulente di aziende del Settore. Marco Moncalvi Laureato in Medicina e Chirurgia alla Università Statale di Milano con 110/100 con lode e specializzato in Oftalmologia nel 1986 con il massimo dei voti. Svolgeva attività di specialista ambulatoriale e in studio privato a Milano. È stato coautore di alcuni libri di argomento oculistico e di alcuni dizionari medici.
Sommario Storia degli occhiali
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Le montature
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Lenti oftalmiche
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Lenti filtranti e protezione solare
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Lenti oftalmiche aberrometriche
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Gli occhiali e la moda
125
La visita oculistica e la presbiopia
141
Occhiali e lenti a contatto per la presbiopia
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Correzione laser dei difetti rifrattivi
201
La Correzione laser della presbiopia
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Occhio e Occhiale
Le montature Maurizio Cusani Cos’è la montatura La montatura serve per sostenere le lenti degli occhiali davanti agli occhi nella posizione corretta e convenuta a seconda delle specifiche esigenze individuali. Schematicamente può essere divisa in un “frontale”, cioè la parte visibile attorno agli occhi e due “aste”, supporti laterali della montatura, cui conferiscono stabilità aderendo alle tempie, appoggiandosi o piegandosi dietro il padiglione auricolare. Il collegamento fra frontale e aste è garantito dalle “cerniere” che consentono la ribattitura delle aste per ridurre lo spazio occupato dagli occhiali a riposo, cioè non indossati dall’individuo, e poterli mettere in sicurezza in una custodia. Il frontale è diviso in due “anelli” laterali, posti attorno alle lenti e in un “ponte” centrale per connettere fra loro gli anelli. Il ponte poggia sulle pinne nasali tramite particolari appiattimenti mobili o fissi degli anelli detti “alette” o “placchette”.
Storia della montatura I primi occhiali della storia dell’umanità sono datati alla fine del XIII secolo nel centro principale della produzione mondiale vetraria, cioè a Venezia. Le lenti erano di cristallo unite con un ponte di legno o di corno che faceva da perno a cavallo del naso. Il pezzo di legno o corno era unico e intagliato in modo da creare due vuoti per far posto alle lenti. All’epoca solo grandi studiosi erano in grado di procurarsi questi occhiali che erano molto costosi. Il perno scivolava facilmente dal naso per cui in seguito fu inventato un vero e proprio ponte arcuato di cuoio, bronzo, osso, legno, ferro o anche di prezioso argento che fra le due lenti era maggiormente in grado di consentire una corretta stabilità agli occhiali sul naso. Nel frattempo con la crescita della domanda, diminuiva anche il prezzo ma restava il problema di fissare stabilmente gli occhiali, perché cadendo potevano rompersi facilmente. Le montature a ponte furono, quindi, ulteriormente perfezionate con supporti arcuati fissati sui capelli o sulle parrucche, inizialmente, finché furono inventati dei cinturini o delle cordicelle che venivano fatti passare dietro le orecchie con piccoli pesi per mantenerli in posizione.
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L. Buratto, M. Giò, D. Aureggi, M. Cusani, D. De Marco, C. Giordano
Verso la fine del XVI secolo si risolse di dare maggiore equilibrio all’occhiale utilizzando da una parte ponti flessibili e dall’altra delle stanghe tempiali. Un’ulteriore evoluzione, che ebbe successo nell’alta società, fu la creazione di una impugnatura, il fassamano, per cui gli occhiali potevano essere tenuti in mano e messi da parte facilmente senza stringere il naso per usi saltuari. I fassamani erano spesso decorati da artisti e venivano prodotti con l’uso di materiale in genere prezioso. Evoluzione del fassamano, alla fine del XVIII secolo, fu la “lorgnette” in cui l’impugnatura non stava davanti alla bocca impedendo la conversazione, ma lateralmente, anche con meccanismi a snodo o a molla. Il continuo miglioramento dell’assetto delle stanghette, rese l’occhiale tempiale sempre più diffuso e, a parte una breve moda del “pince nez”, leggero occhialino a ponte elastico, l’occhiale con aste divenne l’occhiale più utilizzato in assoluto. A metà del XIX secolo furono inventati anche occhiali tempiali senza montatura attorno alle lenti per renderli più leggeri, ma ben presto riprese l’uso delle montature piene che garantivano maggior stabilità, durata e sicurezza all’occhiale. Con l’avvento delle automobili, dei treni, delle attività in fabbrica e delle attività sportive, divenne sempre più pressante l’esigenza di utilizzare montature ancora più stabili e protettive con materiali in cuoio, in tela e in gomma mentre le lenti erano di vetro e poi divennero di plastica. Dopo la prima guerra mondiale si diffusero montature con un’armatura in celluloide a diversi colori con ponte e stanghette in metallo. La celluloide era già in grado di imitare l’avorio e la tartaruga. Ma fu solo dopo la seconda guerra mondiale che le montature iniziarono a germinare una grande quantità di varianti (fra cui i famosi occhiali da gatta per la popolazione femminile) e a seguire la moda. Moda che continuò negli anni seguenti dagli occhialini tondi alla John Lennon, alle montature vistose e colorate degli anni 70 fino a quelle dorate dei vecchi occhiali da aviatore riesumati dalla Ray Ban, alle “griffe” firmate soprattutto da stilisti italiani e francesi che condizionano, a tutt’oggi, il mercato. È raro ormai non trovare una firma all’interno di almeno una stanghetta dell’occhiale. Anzi, a volte il logotipo diventa così evidente da creare lui stesso una immagine di moda. Nel frattempo le montature sono diventate sempre più efficaci e leggere ed utilizzate anche per attività sportive (ciclismo, sport motorizzati, hockey, basket, nuoto, sci) o per protezione nelle attività industriali Oggi, oltre alla praticità, la montatura deve garantire l’estetica, sempre più importante nel mercato delle vendite e la capacità di seguire i flussi e le tendenze dello stile.
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Occhio e Occhiale
Materiali delle montature Il materiale ideale per creare una montatura deve essere elastico e sufficientemente deformabile inoltre deve essere duttile e manipolabile sia per la fabbricazione che per il montaggio delle lenti. Inoltre deve essere resistente agli agenti esterni fisici, chimici e termici per restare stabile ed essere duraturo nelle dimensioni, nel colore e nelle caratteristiche organolettiche. Non deve essere infiammabile o rilasciare sostanze tossiche ed è opportuno che risulti anallergico nei limiti del possibile per eventuali dermatiti da contatto. È inoltre importante che possa garantire una conveniente compatibilità con la pelle soprattutto nei punti di contatto e non deve lasciarsi corrodere dalle sostanze acide presenti nel sudore. È opportuno che sia versatile, esteticamente piacevole e adatto ai gusti dell’individuo e sufficientemente economico. Questo materiale naturalmente non esiste, ma la ricerca verso un prodotto con questa qualità costituisce l’ideale da raggiungere per ogni azienda costruttrice.
I materiali di oggi I materiali più importanti sono le plastiche, i metalli, le fibre di carbonio e altri, più rari, come avorio, tartaruga, corno, legni pregiati. Le “plastiche” sono prodotte a partire da materie naturali o sintetiche e contengono un materiale chiamato “polimero” che è un materiale organico costituito dall’unione di un elevatissimo numero di singole particelle più minute detti monomeri. Alla fine della sua costituzione il polimero è un solido, ma a metà della sua preparazione si rivela molto plastico (da cui il termine “plastica”) e può essere foggiato facilmente su stampi prestabiliti e preordinati. Oggi sono sempre più utilizzati altri composti detti “resine sintetiche” (la prima fu la bachelite degli anni 20-30), che derivano dalle plastiche, ma vengono addizionate da coloranti, stabilizzanti e plastificanti che li rendono più adatti alla lavorazione industriale (colate, immersioni, laminazioni, stampaggi, ecc.) rendendo più varia e fantasiosa la combinazioni di colori e di carattere dei materiali finiti. A loro volta le resine sono divise in termoplastiche e termodurenti. Le prime si rammolliscono al calore e tornano normali una volta raffreddatesi e quindi possono essere lavorate più volte fondendosi e risaldandosi con facilità. Le seconde, invece, induriscono con il calore e in seguito non si possono più né saldare, né fondere.
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Plastiche e resine sintetiche costituiscono oggi circa l’80% del mercato di materiali per le montature. Uno dei materiali plastici storici più importanti è il nitrato di cellulosa, materiale termoplastico, adatto anche a piccoli ritocchi. Deriva da impasti ricavati da cortecce vegetali e cotone elaborati e filtrati chimicamente. Inoltre è biocompatibile, resiste molto bene al sudore ed è molto stabile meccanicamente e chimicamente. I suoi effetti cromatici sono molto duraturi e non risentendo delle condizioni climatiche caldo-umide, è ancor oggi molto usato nei paesi asiatici. Il suo autentico inconveniente è che è estremamente infiammabile. In occidente, quindi, la sua pericolosità, l’ha fatto sostituire con l’acetato di cellulosa che è molto meno infiammabile anche se meno duttile del nitrato. Le lastre di acetato di cellulosa, una volta stagionate, vengono tornite e si ricavano sia i frontali delle montature sia le astine. Queste possono anche essere animate, cioè si inserisce al loro interno un filo o una lamina metallica per renderle più resistenti, soprattutto nella parte terminale inclinata che deve ancorarsi al padiglione auricolare. L’acetato può simulare facilmente materiali preziosi, come la tartaruga e l’avorio, per la grande lucentezza ed è antistatico anche se meno resistente rispetto al nitrato. Pur non essendo molto infiammabile, tuttavia, anche l’acetato può essere deformato da fonti di calore e può quindi allargarsi facilmente facendo scivolare verso il basso gli occhiali. Non essendo particolarmente elastico dopo un uso assiduo la forma originale resta deformata e la montatura risulterà irrecuperabile. Talora viene usato il propionato di cellulosa che ha l’inconveniente di essere molto sensibile all’alcool isopropilico, frequentemente usato negli spray di pulizia delle lenti o in certi prodotti utilizzati dai parrucchieri per signore. In tal caso la montatura può sciogliersi o deteriorarsi improvvisamente in modo irreversibile. Un altro materiale utilizzato è il nylon. Il nylon è una resina sintetica molto elastica e infrangibile, leggera e molto resistente a cosmetici, sudore e detergenti. Non consente comunque effetti cromatici interessanti ed è molto costoso. Si utilizza quindi, generalmente, come montatura antitraumatica negli sport agonistici (hockey, lacrosse, squash, tennis, baseball, vela, basket ecc.) o come occhiali da sole. Le resine acriliche furono utilizzate per le prime volte alla fine degli anni 20. Sono inattaccabili dai liquidi organici e molto biocompatibili al punto che sono diffusissime in contattologia e nelle lenti intraoculari in polimetilmetacrilato (PMMA). Sono leggere, trasparenti, dure e non infiammabili. Per contro sono fragili e poco duttili.
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Le resine epossidiche, fra cui in particolare l’optyl (che è sempre un nylon), sono plastiche termoindurenti leggere e non infiammabili. Soprattutto l’optyl risulta stabile e resistente ai graffi, ma è fragile e non recuperabile con stuccature o saldature e poco modellabile nel caso tenda col tempo a deformarsi. I metalli permettono una estetica più sottile e raffinata con grande resistenza al sudore e sono molto biocompatibili nel contatto con la cute. Si lavorano con facilità, resistono al tempo, mantengono la forma e possono essere più facilmente malleabili. Le montature metalliche sono ideali in coloro che non amano montature vistose e ove si debba ridurre al minimo il disagio della riduzione del campo di visione che la montatura determina. Tuttavia sono più costose delle montature plastiche e possono corrodersi più facilmente per il sudore. Il peso dell’occhiale, poi, preme con le placchette sul naso con la possibilità frequente di originare segni di solchi sulla pelle della pinna nasale. In questi casi le placchette possono essere sostituite con altre di dimensioni maggiori. Le montature metalliche non sono adatte per lenti particolarmente spesse, in particolare per lenti negative. Allo stesso tempo se lo spessore delle due lenti è molto diverso come nelle anisometropie, esteticamente sarebbe poco gradevole vedere gli spessori diversi mal contenuti dal lato più ametrope. Non sono adatte, infine, per i bambini piccoli dove urti facciali possono determinare conseguenze più gravi rispetto alle montature plastiche. L’oro viene raramente utilizzato puro per l’elevato costo e per l’eccessiva deformabilità, quindi si è da sempre cercato di utilizzarlo in leghe con rame, argento, nichel, zinco, per ridurre i costi e renderlo più stabile e resistente da tre a cinque volte in più. Le leghe assumono connotati cromatici caratteristici: giallo verde per l’argento, rossastra per il rame, o anche rosa e giallo se rame e argento sono mischiati all’oro. Più frequentemente viene usato per le sue caratteristiche anticorrosive come rivestimento di superficie di metalli meno nobili per ottenere quindi laminature o placcature in oro. In genere nei laminati d’oro il metallo di supporto è il nichel che viene avvolto da un tubo d’oro di 12 o 14 carati al quale viene fuso. Il laminato d’oro risulta comunque abbastanza costoso e poco flessibile. È quindi più largamente usato il principio della placcatura cioè l’oro viene stratificato
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mediante galvanizzazione con bagni elettrolitici. Si ottiene quindi una distribuzione più regolare dell’oro sul metallo meno nobile con ottime caratteristiche di duttilità e resistenza e infine si potrà procedere anche a un’ulteriore trattamento con strati di rodio, rutenio o cromo che aumentano ulteriormente la durezza della placcatura. Il titanio è un metallo dalle notevoli caratteristiche di leggerezza e di alta resistenza alla corrosione. Tuttavia può essere deteriorato dall’acido solforico (per esempio esalazioni da polle vulcaniche) e dall’acido cloridrico. Il titanio è frequentemente utilizzato in leghe il cui costo risulta ancora relativamente elevato anche se la sua grande elasticità lo rende ideale soprattutto per le astine e il ponte. L’alluminio è robusto e leggero e molto più economico del titanio. Ma il suo contatto è spiacevole perché è freddo ed è un ottimo conduttore di calore e può scottare quando le temperature sono molto elevate anche se spesso viene legato al ferro. La Fibra di carbonio è costituito in realtà solo per il 40% da fibre di carbonio e per il 60% da nylon ed è utilizzato convenientemente per montature che devono essere molto leggere; tuttavia è molto deformabile ed eventuali modifiche si eseguono con difficoltà. È molto utilizzato nelle discipline sportive come nel ciclismo, nello sci, nello snorkeling e negli sport dove si rischiano traumi facciali. In effetti le montature in policarbonato monopezzo, oltre che quelle in nylon, sono le più sicure in funzione antinfortunistica. Esistono poi montature di materiali pregiati come avorio, corno, tartaruga e legni rari (palissandro, ebano, ecc.). Sono adatte solo a persone in grado di pagare cifre elevate e il loro mercato è di nicchia. Leggi internazionali proibiscono oggi l’esportazione di avorio, tartaruga, ebano e altri legni rari. La montatura, poi, può essere creata con materiali diversi. Per esempio molte montature metalliche presentano placche di appoggio in materiale plastico sulle placchette poggi-naso e nelle estremità arrotolate auricolari delle astine. Oppure ci sono esempi di montature in celluloide nei frontali con ponte metallico. Possiamo utilizzare anche montature in cellometallo in cui lo scheletro metallico è rivestito da materiale plastico. Oppure montature con inserti in pelle o cuoio.
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Sistemi di montaggio
dimensione A
I sistemi di standardizzazione dimensionale più utilizzati sono il sistema “boxing” e quello “datum”. DE Nel sistema boxing un rettangolo risultante dimensione B centro geometrico linea dalle tangenti orizzontali e verticali base circoscrivono la “dima” o sagoma (figura altezza del 2.1). segmento La base della dima è detto calibro nominale orizzontale (o dimensione A) che varia da distanza tra linea base DBL e linea di separazione bifocale 30 a 65 millimetri, mentre la sua altezza è il scartamento (distanza tra centri geometrici) calibro nominale verticale (o dimensione B). La linea parallela ed equidistante delle due Figura 2.1 tangenti orizzontali superiore e inferiore di ogni anello è detta linea base. Su di essa si può Sistema boxing individuare il “centro geometrico” dell’anello o della lente a sua volta equidistante dalle due tangenti verticali. La distanza fra i due centri geometrici viene detta “scartamento”. Il centro geometrico è il centro del medesimo rettangolo, che conterrà la lente, è individuato dall’intersezione delle due diagonali ed è il foro della dima. Alle misure della dimensione A e di quella B va aggiunto 1 millimetro, cioè mezzo millimetro per parte, di profondità della scanalatura dell’anello che deve accettare il bordo della lente o “bisello” (figura 2.2). Viene definita invece “distanza minima delle lenti” o “DBL” (distance between lenses) o “ampiezza del ponte” la distanza tra entrambe le lenti a cui va sottratto 1 millimetro del canalino e che va dai 12 ai 30 millimetri (figura 2.3). Invece nel sistema datum si considera essenzialmente la direzione orizzontale della Figura 2.2 Rilevazione della dimensione A. Con il righello collocato orizzontalmente sulla dimensione maggiore, la misurazione parte dal margine di incontro nasale lente-montatura Figura 2.3 La misrazione della DBL si effettua nel punto più stretto del ponte
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montatura. In tal caso viene chiamata “linea datum” la linea orizzontale mediana rispetto alle tangenti orizzontali superiori e inferiori della dima e il punto medio fra l’intersezione nasale e tempiale della dima è chiamato “centro datum”. Il segmento verticale che passa dal centro datum delimitato dalle intersezioni superiore e inferiore con la dima è il “calibro medio datum”. Con questo sistema la dimensione del ponte è misurata come la distanza orizzontale dei bordi nasali dei due anelli (DBR) sulla linea datum. (Figura 2.4)
Assemblaggio delle lenti Momento importante è l’assemblaggio dell’occhiale in particolare il montaggio delle lenti in occhiali a giorno. Innanzitutto per evitare ogni contatto fra vite, dado e lente col rischio di scheggiare la lente o deformare i metalli, è necessario utilizzare ammortizzatori, in materiale di solito plastico, come placchette tonde chiamate rondelle o strutture poste all’interno dei fori come le boccole. Bisogna stringere delicatamente al fine di bloccare il tutto con colle specifiche se non vengono usate le boccole, o una soluzione fissante viti senza che contengano solventi soprattutto in mancanza di rondelle. Oggi molte lenti vengono preparate con sistemi automatizzati e non sono più lavorate a mano riducendo i costi e i tempi di consegna, con sagomatura a distanza. Bisogna controllare con accuratezza le dimensioni delle lenti prima di togliere la ventosa di protezione e specialmente per le montature piccole. La curvatura della montatura deve coincidere il più possibile con la curvatura delle lenti per contenere tensioni e forzature
scartamento (distanza tra i centri Datum)
Figura 2.4 Quando la dimensione orizzontale maggiore si discosta della linea Datum, le differenze tra le misurazioni del ponte (DBL e DBR) e dello scartamento (distanza tra centri datum e distanza tra centri geometrici) nei due principali sistemi possono risultare considerevoli. C= centro Datum G= centro geometrico
DBL Centro Datum linea Datum
lunghezza Datum
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calibro medio Datum
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e se necessario utilizzare una pinza apposita per adattare la montatura. Nel montaggio bisogna sempre evitare forzature e mai piegare le lenti soprattutto con montature piccole. Per il montaggio, nelle montature cerchiate in plastica, bisogna montare la lente a freddo e mai a caldo perché il calore può danneggiare i trattamenti e la lente va inserita senza forzare troppo facendo pressione nella parte più esterna e sempre dalla parte del frontale. Se le lenti sono state trattate è opportuno evitare il contatto diretto con le dita. Per le montature cerchiate in metallo bisogna iniziare l’inserimento della vite nella filettatura e quindi posizionare la lente a chiudere il cerchio senza forzare. Nelle montature a giorno se si usa il trapano manuale, questo deve possedere punte in carburo di tungsteno. È opportuno prima di iniziare la foratura esercitare un leggero contatto con la lente ed è meglio usare l’alesatore per allargare il foro. Solo in seguito si può eseguire uno smusso con fresa conica e intercalare una rondella in nylon o silicone da ogni lato del foro. Alla fine bisognerà, come sempre, stringere ogni vite con cautela per evitare tensioni nel punto di foratura e livellare la vite o utilizzare un controdado. Per le asole è meglio non servirsi di una punta ma di una fresa in carburo di tungsteno e in seguito utilizzare una colla adeguata. La sagomatura permette, quindi, di realizzare una lente avente la forma precisa della montatura in cui andrà inserita. Tale lavorazione viene effettuata partendo da lenti semifinite di forma tonda con diametri variabili da 50 a 80 mm. Per tagliare le lenti si adoperano mole particolari che, utilizzano delle dime che riproducono esattamente la forma della montatura. Nelle mole computerizzate di ultima generazione si inserisce la montatura in un “lettore” che misura e memorizza con precisione elevatissima la forma per poi provvedere al taglio delle lenti in base ai dati misurati ed ai parametri di centratura già impostati. Per un corretto montaggio, poi, bisogna considerare che le lenti non sono tutte eguali fra loro. Le lenti che correggono la miopia o negative, sono più spesse al bordo che al centro per cui una montatura piccola permette di eliminare, durante la sagomatura, la parte più spessa della lente ed ottenere così un bordo più sottile. In caso di miopie elevate può essere più consigliabile una montatura in acetato di cellulosa che, avendo uno spessore maggiore, maschera meglio lo spessore del bordo della lente. Le lenti per l’ipermetropia e la presbiopia, essendo positive, sono, al contrario, più spesse al centro che ai bordi. Tuttavia, anche in questo caso, con l’utilizzo di montature di dimensioni contenute si riescono a realizzare spessori minori dal momento che questi
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tipi di lenti presentano spessori al centro tanto più ridotti quanto è minore il diametro della lente intera prima della sagomatura. Un ottimo sistema per migliorare l’aspetto estetico delle lenti positive è la precalibratura. L’utilizzo di geometrie asferiche e/o materiali ad alto indice di refrazione riduce sensibilmente gli spessori di tutti i tipi di lenti. La precalibratura abbinata all’utilizzo di lenti ad alto indice consente di ottenere eccellenti risultati. Nel caso di montature “glasant”, cioè senza copertura intorno alle lenti, occorre valutare che le lenti, se vengono forate o intaccate con incastri, risultano più fragili in quanto le sollecitazioni a cui viene sottoposta la montatura si scaricano proprio in tali punti. Il bordo della lente, non essendo protetto dalla montatura, è più soggetto a scheggiarsi. Per queste ragioni, in questo genere di occhiali, si consiglia di utilizzare lenti costruite Figura 2.5 con materiali ad alta resistenza meccanica come le materie plastiche ad alto indice di a. Misurazione della lunghezza refrazione (1.6 - 1.67), policarbonato, TRIVEX ed altri materiali di ultima generazione. Il delle astine in montature convenzionali montagio è essenziale per la centratura della lente. b. Misurazione dellastina nelle In assenza di effetti prismatici si dovranno quindi allineare gli assi ottici della lente con gli montature avvolgenti assi visuali, cioè i centri ottici della lente devono essere posizionati in coincidenza della semidistanza assi visuali, lunghezza effettiva semiDAV, di ogni occhio ed all’altezza del centro pupillare. parte terminale angolo di inclinazione
a.
lunghezza nominale
b.
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Aste Le aste tempiali sostengono la montatura avvolgendosi generalmente attorno al padiglione auricolare. Senza le aste i movimenti del capo farebbero scivolare via gli occhiali con facilità dalla sua posizione ottimale. Le aste possono essere in metallo, in genere dotate di una estremità in materiale plastico fasciante o completamente in plastica. Possono essere rigide o flessibili, e con conformazioni più o meno curve ed estremità più o meno avvolgenti. Esistono astine intercambiabili che possono essere utilizzate su modelli diversi della stessa linea. Le aste dell’occhiale vengono misurate nella loro lunghezza, ma, poiché la maggior parte di esse si deve piegare all’estremità per circondare il padiglione auricolare e garantire un buon
Occhio e Occhiale
appoggio, si possono distinguere una lunghezza totale o effettiva (indicata dal produttore sull’asta stessa) quando si immagina di raddrizzare la curvatura e calcolarla fra il piano della cerniera e l’estremità, e una lunghezza nominale quando si calcola dal piano della cerniera fino all’inizio dell’angolo di inclinazione, cioè quando inizia la curvatura dell’astina per avvolgersi attorno all’orecchio (figura 2.5). Una volta che la montatura è posizionata sulla faccia del soggetto, si forma un angolo tra il frontale e la verticale che prende nome di pantoscopico se il frontale è inclinato verso la faccia del portatore, mentre di retroscopico se il frontale inclinato in avanti. Si ricordi che la variazione dell’angolo pantoscopico, rispetto all’angolo corrispondente al posizionamento dell’occhiale di prova durante la rifrazione (con il forottero tale angolo è zero ed è questa la posizione che dovrebbe essere verificata anche con l’occhiale di prova), porta ad una variazione dell’effetto compensativo della lente ordinata, in particolare si introducono dei cilindri il cui potere dipende dal potere della lente e dalla variazione dell’angolo. Tali cilindri si presentano con asse a 180°; stesse considerazioni possono farsi per gli angoli di avvolgimento della montatura, in tal caso i cilindri presentano asse a 90°. L’avvolgimento della montatura introduce inoltre valori prismatici che possono risultare disturbanti, per certi valori diottrici e in relazione all’angolo di avvolgimento. Nel funzionamento dell’occhiale, in particolare per alcune tipologie di lenti, assume importanza l’inclinazione del frontale della montatura in “posizione d’uso” cioè quando il portatore guarda “normalmente” in direzione primaria di sguardo. L’asta forma, alla cerniera, un angolo con il piano del frontale; angolo che nelle montature di metallo può essere facilmente modificato. Le astine devono essere valutate anche secondo i valori angolari di apertura sul piano frontale a partire dal piano delle cerniere. È frequente che l’uso continuato negli anni induca una amplificazione degli angoli di inclinazione, soprattutto a carico dei valori angolari di Figura 2.6 angolo pantoscopico
angolo nullo
angolo retroscopico
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Figura 2.7 Triangolo di Stimson: applicazione ideale vista dall’alto
apertura sul piano frontale con instabilità degli occhiali che si allargano eccessivamente e non restano stabili. Nei casi più rari di ampliamento degli angoli pantoscopici e retroscopici, l’occhiale tenderà a scivolare verso il basso o a rimanere sbilanciato. I punti cranici di repere delle sedi ottimali in cui le aste possono convenientemente premere la cute sono l’apice della piramide nasale o le pareti nasali laterali, se l’appoggio è mediato dalle placchette che ricevono forze di pressione verticale, e i punti temporali superiori alla base dei padiglioni auricolari destro e sinistro che ricevono le pressioni laterali delle stanghette. Questi tre punti possono essere uniti a creare un triangolo, detto di Stimson, che visto dall’alto determina una figurazione dell’applicazione ideale delle stanghette. (Figura 2.7) Le conformazioni craniche peculiari del soggetto e la variabilità morfologica dei padiglioni auricolari degli individui dovranno sempre essere tenute presenti. Il fascio vascolo-nervoso temporale superficiale con l’arteria temporale superficiale e il nervo auricolo-temporale che proviene dal trigemino decorre davanti al padiglione auricolare e non può sopportare pressioni che eccedano gli 80 grammi su centimetro quadrato. È quindi importante evitare punti di contatto frontali o temporali delle aste eccessivi in queste sedi. Un’asta troppo rigida potrà provocare fastidio locale fino a pulsazioni, però l’asta non può nemmeno essere troppo lasca.
Tipi principali di aste • Aste dritte: di solito sono di plastica, ma non sono molto comuni poiché instabili, anche
•
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perché per aumentare la stabilità possono esercitare una pressione tempiale eccessiva e talora dolorosa. Altre volte per migliorare la stabilità si curva l’estremità dell’asta facendola premere sulla porzione cartilaginea del lobo auricolare, ma anche questo può risultare poco confortevole. Risultano adatte, però, se la larghezza del cranio diminuisce dietro l’orecchio. Possono essere aste ben tollerate per usi occasionali, perché si infilano e sfilano con molta semplicità oppure per attività molto sedentarie in ufficio o ambienti chiusi dove gli occhiali devono essere tolti e rimessi numerose volte durante la giornata lavorativa. Da evitare in chi possiede nasi piatti e se il peso delle lenti è discreto. Aste “golf”: la parte dritta non deve esercitare nessuna pressione particolare, dopo di che l’estremità si piega con un angolo di circa 45 gradi e con una lunghezza minima di 40 millimetri. Dietro il cavallo auricolare la porzione curva deve seguire la linea dell’osso mastoideo. Se l’asta è troppo lunga, tutto l’occhiale si muove in avanti. Se
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• • •
l’asta è troppo corta, il piano della lente si alza e si inclina. È l’asta più usata e duttile e può essere utilizzata convenientemente tutti i giorni anche per attività non sedentarie. Le aste possono essere deformabili ovvero sono aggiustabili scaldandole e modellandole a. a mano. Asta “a riccio”: in questo caso l’estremità dell’asta circonda completamente la cartilagine del padiglione auricolare riportandosi in avanti. È ideale per l’estrema stabilità ottenuta per bambini, adolescenti, lavoratori con attività dinamiche e frequente c. cambiamento della posizione del capo o per le attività sportive. Inadatto a chi toglie e mette frequentemente gli occhiali durante la giornata. Poiché i contorni auricolari sono molto diversi da persona a persona è vitale individualizzare la posizione del riccio col pendio corretto. Asta flessibile: presenta fenditure che consentono la flessione senza forzare le cerniere o il frontale. Asta “vario”: per merito di una apposita regolazione sulla parte dritta, è possibile regolare la lunghezza a seconda delle caratteristiche del portatore. Asta con protesi acustica: sono aste adatte a sostenere o un piccolo filo di collegamento con auricolare o con una parte terminale che si appoggia direttamente all’osso mastoideo per cui la vibrazione sonora raggiunge la coclea tramite una diretta propagazione per via ossea. Bisogna considerare che queste protesi rendono gli occhiali abbastanza pesanti.
Cerniere Le cerniere sono parti metalliche della montatura costituite da piastrine girevoli intorno a un’asse fissate una all’anello (frontale) e l’altra all’asta. Permettono la battitura dell’asta, cioè il suo ripiegarsi sul frontale in modo che l’occhiale non indossato sia meno ingombrante per riporlo nella sua custodia. Infatti alcuni modelli molto pieghevoli sono addirittura tascabili. Le cerniere delle montature plastiche sono costituite da due placchette forate con due o più anelli, detti “ranelle”, incastrabili fra loro, e con un foro centrale attraverso il quale si inserisce la vite che funge da perno attorno al quale ruota l’asta. Queste sono assicurate al frontale tramite perni o mediante affogatura e all’asta mediante saldatura con anima di metallo o mediante perni. Le cerniere delle montature in metallo sono realizzate nell’asta e possono avere forme
b.
Figura 2.8 Principali tipi di asta: a. dritta; b. “golf”; c. “a riccio”
Figura 2.9 Asta “vario”
Figura 2.10 Montatura con protesi acustica
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e dimensioni con angoli molto diversi fra loro. Sono molto diffuse i modelli flessibili che migliorano l’adesione cranica ed evitano, mentre si tolgono gli occhiali, che le cerniere stesse subiscano eccessive tensioni.
Placchette Le placchette sono dispositivi atti a ridurre l’attrito fra la superficie delle montature e la pelle. Sono spesso di materiale plastico o siliconico o gommoso e devono aderire senza stringere troppo il naso a mò di naselli. Dove sussiste la necessità di ammortizzare ulteriormente le pressioni sulle zone di contatto, come sulla pelle dell’anziano, si possono utilizzare copri placchette in gomma o silicone o adesive molto utili, anche se si deteriorano facilmente col tempo, per cui devono essere frequentemente sostituite. Esistono anche copriterminali delle aste adesivi o morbidi in schiuma di gomma per le medesime motivazioni, cioè quando si verificano irritazioni retro-auricolari per sudamina o sfregamento.
Ponte La scelta del ponte appropriato è data dal modo in cui il peso della montatura viene distribuito sul naso.
Figura 2.11 Angoli delle placchette a. Angolo frontale, sotteso tra l’asse delle placchette e la perpendicolare condotta alla linea mediana visto frontalmente (valore medio 20°) b. angolo di pianta formato dalla perpendicolare al piano del frontale e dalla retta orizzontale giacente sul piano della placchetta (valore medio 25-30°) c. angolo verticale formato dall’asse della placchetta e dal piano del frontale visto lateralmente (valore medio 10-15°)
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a.
b.
c.
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Alcuni parametri sono da tenere in considerazione nella montatura: • Ampiezza del ponte • Distanza tra i cerchi e distanze tra le placchette • Altezza del ponte La superficie di appoggio deve essere infatti molto ben distribuita altrimenti il peso della montatura si concentra su aree relativamente piccole causando dolore nel tempo al portatore, in genere proprio a lato delle placchette nasali. Del resto raramente il ponte poggia direttamente sul naso, in quanto si utilizzano di solito degli ammortizzatori, come le placchette, che garantiscono stabilità e comfort nello stesso tempo. Il naso dovrà essere studiato a seconda dei suoi tre angoli principali: angolo frontale; angolo di pianta; ovale o verticale e a seconda della larghezza, della altezza e della conformazione della piramide nasale. (Figura 2.11) Talora, poiché il ponte deve adattarsi alla piramide nasale, e la parte sottocutanea del naso è molto scarsa, l’individuo potrà subire un fastidio più o meno grave per il peso della montatura. I corpuscoli di Meissner, barocettori sensitivi sottocutanei, si adattano abbastanza facilmente al peso della montatura, purché il ponte non eserciti pressioni superiori a 80 grammi su centimetro quadrato. Oltre questa pressione, però, le arterie iniziano a pulsare e si possono determinare persino vaghe cefalee, i corpuscoli di Meissner non sono più in grado di adattarsi e si sente costantemente il peso dell’occhiale, il sistema linfatico viene scompensato, l’evaporazione cutanea risulta seriamente ostacolata con la formazione di gocce di sudore e si liberano polipeptidi a corta catena, cioè mediatori chimici pro-infiammatori. Diverso sarà, poi, adattare un ponte a un naso all’insù piuttosto che a un naso aquilino, per non parlare delle differenze razziali. Il ponte può essere: • “a sella”, se segue il profilo nasale e distribuisce il peso in modo omogeneo su apice e lati della piramide ed è il più frequentemente usato (Figura 2.12) • a “semisella”, che scarica maggiormente il peso sulle pareti laterali (Figura 2.13) • “a foro di chiave”, che scarica il peso sulle placchette laterali e si sistema leggermente più in alto sul viso con radice del naso libera e ben in evidenza. Quest’ultimo è indicato nei soggetti sensibili che non tollerano contatti nelle zone più vicine ai canti interni e nei nasi da boxeur più tipici delle razze orientali e negroidi in quanto, tanto più il
Figura 2.12 Ponte a sella
Figura 2.13 Ponte a semisella
Figura 2.14 Ponte a foro di chiave
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naso è esposto, tanto più la sua lunghezza è evidente, mentre un ponte a sella bassa accorcia esteticamente un naso lungo. (Figura 2.14) Esteticamente il ponte dovrà essere considerato con molta attenzione, in quanto strettamente legato alla morfologia del naso; ad esempio un naso lungo potrà sembrare corto quando è applicato ad un frontale con un ponte basso, o un naso sottile verrà visto largo con un ponte ampio e visibile. Se il ponte è in materiale plastico, in genere è dotato di placchette sagomate a forma di vela triangolare fisse; possono però essere anche mobili o semimobili come nelle montature metalliche. Se le montature sono molto pesanti è meglio se sono disposte il più in alto possibile per distribuire meglio il peso su una superficie maggiore. È bene che sussista un minimo di gioco laterale destro-sinistro delle placchette di circa 1 millimetro almeno per evitare irritazioni cutanee. L’appoggio sulle pareti laterali è preferibile a quello sulla cresta dorsale nasale. Se l’appoggio determina fastidi al portatore va rivisto in modo risoluto. Nelle montature in acetato di cellulosa si può modificare a caldo la larghezza del ponte anche se entro limiti ristretti. Questo va eseguito quando il frontale è troppo basso o troppo alto, se il segmento del bifocale non ha l’altezza desiderata, se la distanza occhio-lente va adeguata per motivazioni cosmetiche, visive (forti ametropie) o pratiche (le ciglia che strofinano contro la superficie posteriore della lente) o quando le asimmetrie del volto si possono compensare con posizioni delle placchette fra loro diverse.
Forme delle montature Le forme delle montature sono diventate particolarmente importanti non solo per scopi funzionali, ma per l’effetto dell’interesse della moda alla fine degli anni 80, mentre precedenza la forma seguiva pedissequamente gli stili e la cultura dell’epoca. Dagli anni 90 ad oggi sussiste un maggior equilibrio e anche una maggior eleganza con l’avvento di materiali sempre più nuovi e leggeri che consentono un ottimo matrimonio fra uso e estetica. A grandi linee, le forme delle montature si possono dividere in forme geometriche: • circolari; • ovali;
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• a goccia; • a rettangolo; • pantoscopiche (in cui la metà superiore appartiene a un cerchio mentre quella inferiore a un’ellisse con lo stesso diametro orizzontale); • forme perimetriche o contour (dove il lato nasale risulta ridotto rispetto a quello temporale); • pilot o aviator, con taglio di lenti a forma grossolanamente triangolari con taglio nella zona nasale e un’ampia zona nel quadrante tempiale inferiore, • mezzo occhiale, molto stretti, dove la correzione del portatore avviene solo nella zona per vicino; • forme ampie in alto, dove il bordo superiore della lente è molto pendente in direzione delle tempie o anche “a giorno”, cioè senza frontale. Usualmente la forma dipende dall’uso dell’occhiale. Per esempio chi deve utilizzare lenti bifocali a lunetta o executive, è opportuno che utilizzi forme più profonde, mentre oggi la tecnologia permette di utilizzare per lenti multifocali progressive forme più arrotondate e più strette rispetto al passato. Gli astigmatici soprattutto se bambini, è bene che non usino forme rotonde che, se sottoposte a urti, possono magari, anche solo di poco, ruotare e modificare l’asse dell’astigmatismo. Coloro che devono avere un buon campo visivo sarebbero disturbati da occhiali troppo piccoli o stretti. Insomma per la forma delle montature bisogna personalizzare la scelta a seconda dell’uso, delle condizioni e di eventuali patologie esistenti nel portatore e solo in seguito in base all’estetica.
Montature a scopi specifici Al di là del fatto che le montature debbono adattarsi alla eventuale presenza di forti ametropie (astigmatismi, ipermetropie, miopie e presbiopie) bisogna considerare che molte persone necessitano di particolare attenzione per attività specifiche come la guida, dove devono essere molto leggere e garantire un ottimo campo visivo senza aberrazioni periferiche o l’utilizzo del computer in campo impiegatizio, dove devono ottenere un massimo livello di prestazione per la distanza più utilizzata dall’utente. È estremamente importante utilizzare le montature più adatte per scopi personali e particolari. Sotto questo aspetto la fantasia si è proprio sbizzarrita e le modalità sono le più variabili. Alcune attività particolarmente frequenti sono quelle legate alla vita all’aria aperta, allo sport, all’uso pediatrico, ecc.
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Attività subacquea e natatoria Le montature per subacquei e per lo snorkeling sono molto grandi per ottenere un miglior campo di visione laterale, mentre quelle da nuoto sono piccole e molto adesive con doppie membrane in silicone aderenti ai bordi per impedire non solo l’entrata dell’acqua, come nelle montature precedenti, ma anche un minor attrito nell’attività natatoria in particolare agonistica. Tutte queste montature sono corredate da cinturini singoli o doppi spesso in silicone trasparente e regolabili per una maggior protezione e tenuta anche nei tuffi. Molte di queste montature, poi, vengono a essere disponibili con diverse misure di ponti (in genere 3: piccolo, medio e grande) o tre posizioni per la stessa linguetta del ponte per adeguare la distanza interasse il più possibile otticamente corretta al portatore e una maggior tenuta. Queste montature spesso vanno conservate in appositi dispositivi a cassa o a tubo perché le lenti sono in policarbonato antigraffio, antiappannamento e anti UV, ma restano comunque delicate, e per impedire che il silicone della montatura si alteri per eccessive variazioni termiche e per evitare eventuali urti. Inoltre possono avere un minimo di gioco fra lente e montatura per permettere l’utilizzo di lenti intercambiabili a diverse diottrie. Le maschere da sub con facciale anatomico elaborato al computer sono in materiale siliconato anallergico spesso con telaio in policarbonato e possono portare, con canaline maggiorate, per una maggiore tenuta, lenti da -1.00 a -10.00 con scarti di 1.00 diottria e da +1.00 a +4.00. Le lenti cilindriche abbinate possono raggiungere le 5.00 diottrie. Bisogna ricordare che sotto l’acqua è possibile sotto correggere le miopie senza incidere troppo sulla resa visiva.
Per lo sport Per gli sportivi (ciclismo, tennis, salti, corsa, pattini a rotelle, ecc.) è vitale che le montature siano antiurto con alette e nasello in morbida gomma, protezioni interne in spugna, terminali regolabili antiscivolo, interno aste e interno frontale spesso in gomma antiscivolo e banda elastica, se presente, regolabile. Il materiale dei frontali è di nylon o similari (per es. il grilamid) per le grandi doti di resistenza, flessibilità, elasticità, ma soprattutto leggerezza di questo materiale. Alcuni sono perfettamente pieghevoli. Spesso tali montature debbono portare lenti protettive da sole anche con alette laterali avvolgenti. Sussistono anche montature monoblocco in acetato di cellulosa con inserti frontali e laterali in silicone, ma sono utilizzabili solo con lenti in policarbonato. Tali montature sono testate per urti laterali e frontali e sono molto robuste sul ponte. Purtroppo però il materiale è leggermente più
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pesante ed è infiammabile. Queste montature monoblocco sono spesso corredate da ricambi in silicone e fasce elastiche regolabili. Nello sci si utilizzano preferibilmente vere e proprie maschere con caratteristiche di aerodinamicità, leggerezza e resistenza anti urto e naselli regolabili. Per l’agonismo si usano spesso maschere in poliuretano o in fibre di carbonio con perimetro intorno alla maschera foderato in genere da materiali morbidi e resistenti a doppia densità per mantenere una perfetta aderenza al viso. Il grilamid viene usato anche per il tempo libero e attività sportive amatoriali e non necessariamente agonistiche. La montatura deve essere leggera e confortevole con aste avvolgenti e flessibili e deve poter restare aderente al viso, il che di solito si realizza con gomme sul frontale e sulle aste. Molte hanno cernieri flessibili. L’abbinamento gomma e grilamid riduce deformazioni e rotture del materiale garantendo il corretto centro ottico e la possibilità di variare molto i colori di fantasia. Questo abbinamento è chiamato anche a “doppia iniezione”, per creare un giusto equilibrio fra la resistenza e leggerezza del grilamid e l’elasticità e il comfort della gomma. Le montature possono accompagnarsi anche a ferma occhiali in silicone che, applicati sulle parti terminali delle aste, assicurano una maggior tenuta e aderenza al viso evitando che l’occhiale scivoli e si alteri il centraggio anche durante l’attività sportiva amatoriale. Alcune montature di questo tipo possono disporre di un sistema di ventilazione con fori sul frontale che, abbinato al trattamento antinebbia delle lenti neutre, rallenta i processi di appannamento. Altre utilizzano una forma a goccia con effetti “vintage” ad evocare figure eroiche della filmografia americana o italiana degli anni 30 o degli anni 70-80. Le montature, anche da tempo libero, quando montano lenti correttive rientrano nei “dispositivi medici” come quelle tradizionali da vista e rientrano nella Direttiva Europea 93/42 CEE; ma successivamente al montaggio la dichiarazione di conformità compete all’ottico o al laboratorio che monta le lenti.
Per la protezione contro gli infortuni In genere le montature per tali scopi sono molto grandi e robuste, anche se spesso scomode e pesanti, per garantire flessibilità e non rompersi di fronte a urti anche consistenti. Esistono montature adattate per portare lenti ad alto contenuto di piombo per la protezione ai raggi X. Queste montature sono in nylon a corpo rigido con sovrastampaggio in gomma termoplastica che permette confort, stabilità e ottimo ammortamento sui punti di pressione del viso. Hanno protezioni laterali molto accurate, nasello soffice e aste e terminali in
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