Eyesee 1/2020

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ANNO II

/2020

RIVISTA SCIENTIFICA E DI INFORMAZIONE OFTALMOLOGICA

VISION 2020:

IL VIAGGIO VERSO UN’IDEA Storia, successi e criticità del primo programma globale per il diritto alla salute della vista RIFLETTORI SULL’ESPERTO Oltre il soffitto di cristallo

C-EYE

Il futuro del cross-linking

MSICS

Una tecnica per la sostenibilità

FGE S.r.l.-Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Redazione: via Petitti, 16 - 20149 Milano - Anno II - N. 1/2020 - Trimestrale


Lattoferrina e Ipromellosa

Un contributo fisiologico per il ripristino dell'equilibrio in caso di alterazioni funzionali delle ghiandole di Meibomio e di Blefarite

LTF è una soluzione oftalmica contenente Lattoferrina ed ipromellosa “La lattoferrina è ritenuta la proteina più polivalente per la difesa contro infezioni e lesioni dei tessuti nei vertebrati. Grazie alla propensione del suo dominio N-terminale ad interagire con vari obiettivi microbici, la lattoferrina non solo ha proprietà antimicrobiche, ma modula anche le risposte immunitarie innate e adattative.” Overview of Lactoferrin as a Natural Immune Modulator. Legrand D. J Pediatr. 2016 Jun;173 Suppl:S10-5. doi: 10.1016/j.jpeds.2016.02.071. Review

Indicazioni e campo d'impiego:

- Alterazioni del film lacrimale anche in corso di Blefariti e disfunzione delle Ghiandole di Meibomio - Secchezza oculare - Sintomatologie legate agli stati infiammatori della superficie oculare


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ANNO II

/2020

RIVISTA SCIENTIFICA E DI INFORMAZIONE OFTALMOLOGICA

Sommario VISION 2020:

IL VIAGGIO VERSO UN’IDEA

Storia, successi e criticità del primo programma globale per il diritto alla salute della vista RIFLETTORI SULL’ESPERTO Oltre il soffitto di cristallo

C-EYE

Il futuro del cross-linking

MSICS

Una tecnica per la sostenibilità

FGE S.r.l.-Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Redazione: via Petitti, 16 - 20149 Milano - Anno II - N. 1/2020 - Trimestrale

Redazione Timothy Norris Laura Gaspari, MA redazione@eyeseenews.it www.eyeseenews.it Pubblicità commerciale@fgeditore.it tel 01411706694 Direttore responsabile Ferdinando Fabiano f.fabiano@fgeditore.it Grafica e impaginazione Cristiano Guenzi Coordinamento scientifico Vittorio Picardo, MD Hanno collaborato a questo numero: Pia Allegri, MD Mario Barbuto, Presidente UICI Avv. Giuseppe Castronovo, Presidente IAPB Italia Matteo Forlini, MD Alessandro Franchini, MD Severino Fruscella, MD Louis Giavedoni, MD Farhad Hafezi, MD, PhD Ivo Kocur, MD, MSc, MA, MBA Carly Siu-Yin Lam, BSc (Hons); MSc; PhD Paolo Lanzetta, MD Marco Lupidi, MD, PhD Leonardo Mastropasqua, MD Rita Mencucci, MD Alessandro Mularoni, MD Marco Nardi, MD Emilio Rapizzi, MD Mario Romano, MD Raffaele Parrozzani, MD Tunde Peto, MD, MHealthEd, PhD Giuseppe Scarpa, MD Giorgio Tassinari, MD Alessandra Vari, MD, PhD Editore FGE srl – Fabiano Gruppo Editoriale Redazione: Via Petitti, 16 – Milano Sede legale: Regione Rivelle, 7 14050 Moasca(AT) Tel 0141/1706694 – Fax 0141/856013

4 Editoriale 6 Cover Topic

VISION 2020: IL VIAGGIO VERSO UN’IDEA

12 Largo ai Giovani IMPARARE A FARE LA DIFFERENZA

16 Innovazioni C-EYE, UN SALTO EVOLUTIVO

20 Riflettori dull’Esperto OLTRE IL SOFFITTO DI CRISTALLO

24 Casi da Incubo

UNA SCELTA D’AMORE

26 News 32 Tecniche Chirurgiche

MSICS, UNA TECNICA NEL NOME DELLA SOSTENIBILITÀ

36 Approfondimenti L’OCCHIO SECCO GIOVANILE

40 Eventi Congressuali 44 Dal Mondo dell’Ottica 48 News dalle Aziende

Stampa: Giuseppe Lang – Arti grafiche srl - Genova Registrazione presso il Tribunale di Asti n. 1/2020 del 05/02/2020 Copia omaggio

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Editoriale

UN ANNO DECISIVO PER IL FUTURO DELLA VISTA

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di Mario Barbuto Presidente Nazionale Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti (UICI)

Tutte le interviste contenute in questo numero sono consultabili collegandosi al sito:

www.eyeseenews.it 4

Il 2020 è un anno molto importante. Si verifica infatti una singolare coincidenza che riguarda il nostro paese, poiché l’ingresso nel nuovo decennio marca sia la scadenza del programma Vision 2020 per l’eliminazione della cecità evitabile, sia il centenario dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti (UICI). Vision 2020 ha raggiunto significativi traguardi nel mondo e soprattutto nelle aree più svantaggiate del pianeta, riducendo l’incidenza della cecità legata a cause evitabili, prima tra tutte la cataratta. Nel contempo, la ricerca ha lavorato su due filoni paralleli per sconfiggere la cecità conseguente a malattie degenerative ancora orfane di trattamento: da un lato, l’ambito strettamente medico-scientifico, legato alle sperimentazioni o a nuove attività in ambito chirurgico e terapeutico; dall’altro, il progresso bioingegneristico con gli impianti retinici. Una nuova frontiera tutta da esplorare, ma dentro la quale si deve procedere con cautela, soprattutto per non alimentare aspettative poco realistiche e false speranze. In questi cento anni di esistenza dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti sono mutate molte cose. Basta immaginare, cent’anni or sono, i ciechi seduti agli angoli delle strade, sui gradini delle chiese a chiedere la carità, o in condizioni in cui le famiglie stesse li tenevano nascosti e non visibili alla società. Basti pensare invece che oggi, dopo cento anni, i ciechi sono in condizione di esercitare professioni di ogni tipo e ricoprire ruoli sociali e istituzionali perfino ai livelli più alti del Parlamento e del Governo del Paese. Il confronto ci offre un’idea chiara degli enormi passi avanti compiuti

in un secolo di storia, di conquiste civili, di traguardi raggiunti, anche e soprattutto grazie alla costituzione della nostra Associazione e della sua azione propulsiva. L’UICI è un’associazione di adesioni su base volontaria, dove chi è toccato dal problema mette a disposizione sé stesso e la sua esperienza, a tutela, difesa e aiuto di coloro che portano una problematica analoga, anche attraverso iniziative di sensibilizzazione sul tema della cecità. Come amo dire scherzosamente talvolta, l’Unione è forse l’unica Associazione che lotta per cancellare sé stessa, allorquando saremo riusciti a debellare del tutto la cecità in Italia e nel mondo. Aurelio Nicolodi, ufficiale volontario dell’esercito italiano durante la Prima Guerra Mondiale, rimasto cieco nel corso di un’azione bellica, fondò la nostra associazione nel 1920 a Genova insieme ad altri reduci colpiti agli occhi come lui, rivolgendo la sua attenzione non solo ai ciechi di guerra, ma a tutti i ciechi indistintamente. Nicolodi credeva fermamente che il lavoro fosse il mezzo di riscatto sociale e civile per il raggiungimento dell’uguaglianza con le altre persone. Con questa ferma convinzione, a metà degli anni ‘30, trovò modo di collocare persone non vedenti in una vera e propria azienda di sua creazione, nella quale si producevano soprattutto forniture militari. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono arrivate le leggi a tutela delle persone colpite dalla disabilità visiva, le azioni specifiche per l’istruzione, il lavoro, la sicurezza sociale, segnate da migliaia di momenti che hanno consentito ai ciechi e agli ipovedenti italiani di trovare “il proprio posto nel mondo” e quindi di essere finalmente cittadini come gli altri. Per dirla in


un modo un po’ provocatorio, significa guardare in faccia le altre persone, sapendo di essere alla pari nella dignità. I risultati raggiunti non devono tuttavia farci dimenticare quella fascia di persone che, oltre all’assenza della vista, portano con sé disabilità aggiuntive quali la sordità, disabilità fisiche o cognitive, le quali, spesso, hanno necessità di essere assistite per tutta la vita. Questo è il tema che rimane ancora aperto e che sta aspettando ancora delle risposte concrete e credibili, al fine di garantire condizioni di vita dignitose anche a questi nostri concittadini e fratelli che sono tanto più sfortunati di noi. Non possiamo però fare il nostro lavoro da soli. Il rapporto con il mondo dei medici oculisti è poi di fondamentale importanza. In molte delle 107 nostre sezioni territoriali, gli oculisti lavorano fianco a fianco con noi su base volontaria e offrono la loro preziosa collaborazione scientifica e tecnica in tutte le nostre iniziative di prevenzione della cecità. Oculisti in gran numero saranno presenti e opereranno insieme a noi anche durante il tour dimostrativo in decine di città italiane che, abbiamo organizzato per ricordare e festeggiare il centenario di fondazione dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti. Un’unità mobile oftalmica offrirà ai cittadini visite gratuite di accertamento iniziale delle condizioni visive. Esistono due grandi organizzazioni in Italia impegnate su questi temi: l’Unione Ciechi e la Società Oftalmologica Italiana. Dobbiamo continuare a camminare insieme, fianco a fianco, mano nella mano, oculisti e pazienti, perché è soltanto così che può crescere e rafforzarsi la vera attività di prevenzione a favore dei cittadini italiani e la tutela della loro vista come bene prezioso da proteggere. Da un lato abbiamo le competenze medico-scientifiche e professionali offerte e garantite dagli oculisti, mentre dall’altro ci siamo noi: i ciechi, gli ipovedenti! A testimonianza viva e vivente di chi, più d’ogni altro, comprende il significato di un’esistenza vissuta senza la vista e il valore della prevenzio-

ne della cecità, soprattutto quella evitabile. Una collaborazione doverosa, utile e necessaria, quella tra UICI e SOI. Sia messo da parte ogni personalismo, sia bandita l’ambizione fine a sé stessa, siano forti e solidali le mani che devono unire queste due meravigliose realtà, provando a immaginare insieme, esclusivamente il benessere dei cittadini: quelli che si attendono cure e attenzioni terapeutiche, quelli impegnati per vocazione e professione a tutelare la vista con azioni efficaci e positive che riceveranno sempre il nostro plauso e il nostro supporto.

Ci sono circa centocinquantamila ciechi e ipovedenti gravi nel nostro Paese. Il numero cresce fino a un milione e mezzo di persone se includiamo anche gli ipovedenti fino a due o tre decimi. Il rapporto con il mondo medico-scientifico diviene dunque per noi di vitale importanza. Ringrazieremo sempre i medici oculisti per il loro lavoro e impegno, nella certezza che continueranno a rimanere sempre vicini a una Associazione come l’UICI: il veicolo migliore per entrare in contatto con la realtà più profonda e drammatica della cecità e dell’ipovisione. 5


Cover Topic

VISION 2020: IL VIAGGIO VERSO UN’IDEA Storia, successi e criticità del primo programma globale per il diritto alla salute della vista

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Intervista al Dott. Ivo Kocur, MD, MSc, MA, MBA, Global Coordinator di Vision 2020 e CEO International Council of Ophthalmology e alla Dottoressa Alessandra Vari MD, PhD, Esperto di Medicina Internazionale, Università di Roma La Sapienza

Il Dottor Ivo Kocur

La Dottoressa Alessandra Vari

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La vista è il senso che ci permette di vivere a pieno. Fin dalla nascita, le nostre capacità cognitive si sviluppano grazie ai nostri occhi. Grazie a loro impariamo a camminare, leggere, scrivere, studiare, lavorare, socializzare, avere un’indipendenza. Secondo le stime dell’OMS, 2,2 miliardi di persone oggi vivono con una disabilità visiva che in almeno un miliardo di casi sarebbe stata prevenibile. Sono molte le minacce alla nostra vista che portano a cecità o ipovisione evitabili. Sempre secondo l’OMS, la maggioranza dei casi di disabilità visiva al mondo oggi è data da errori refrattivi non corretti, da cataratta, glaucoma, opacità corneale, retinopatia diabetica, tracoma e presbiopia. Una disabilità visiva può seriamente compromettere il benessere della persona, tuttavia, molte di queste problematiche possono essere risolte con l’accesso ad appropriate cure oftalmiche. Su questo si basa Vision 2020: The Right to Sight. Un cammino voluto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’International Agency for Preventable Blindness (IAPB) con un ambizioso obiettivo: sconfiggere la cecità evitabile entro il 2020. Per la prima volta nella storia dell’umanità, si è voluto dare una risposta globale e universale ai problemi della vista. La salute della vista è un diritto di tutti. Il riconoscimento di ciò è un passo da gigante, e una storia che vale la pena di essere raccontata. L’INIZIO E LO SVILUPPO DI UN PERCORSO “Vision 2020 è un programma avviato

nel 1999 con un accordo di partnership tra OMS e IAPB lanciato dall’allora Direttrice Generale dell’OMS, la Dottoressa Brundtland. Molti paesi hanno sottoscritto la dichiarazione di supporto a partire dal 2000. L’idea per i successivi vent’anni era quella di unire le risorse, le organizzazioni non governative e i governi nazionali”, spiega Ivo Kocur, MD, MSc, MA, MBA, Global Coordinator di Vision 2020 e ora CEO dell’International Council of Ophthalmology. “La questione era fare advocacy e spiegare che gli interventi per le maggiori cause di cecità devono partire dalla sensibilizzazione delle comunità, dei governi e dagli operatori sanitari con interventi disponibili, sostenibili e con il massimo risultato”. Tra le patologie oculari individuate come centrali dal programma Vision 2020 figuravano la cataratta, il tracoma, la deficienza da Vitamina A, il glaucoma e le malattie retiniche legate al diabete. Il viaggio di Vision 2020 è passato attraverso diverse tappe, soprattutto a partire dal 2003, con la prima risoluzione della World Health Assembly, l’organo decisionale dell’OMS composto da tutti i 194 paesi membri dell’ONU. Ce ne sono state altre tre: nel 2006, nel 2009 e nel 2013. Le ultime due si sono accompagnate a dei piani d’azione dettagliati con più efficaci strategie di implementazione. “Si è trattato di un processo solido e unico, con un incredibile supporto politico e attenzione professionale. Ogni tre anni la vista è stata al centro dell’agenda dell’OMS”, afferma Ivo Kocur. Il grande punto di svolta però è stato il Global Action Plan 2014-2019. “Si


di Laura Gaspari

È difficile dire se le aspirazioni globali di Vision 2020 siano state raggiunte, tuttavia ha avviato un processo di cambiamento senza precedenti. A questo processo dobbiamo guardare, più che all’esito finale, che è ancora difficile da raggiungere Ivo Kocur

è riconosciuto il bisogno di una salute della vista universale. Si è passati dunque da un sistema di controllo delle patologie a un approccio legato ai sistemi sanitari”, spiega Kocur. “Era scritto in modo informativo, con punti che si applicano a tutte le strategie o pianificazioni nazionali”. All’inizio del 2019 l’OMS ha pubblicato il primo World Report on Vision per “stimolare l’azione nei paesi membri e rispondere alle sfide in arrivo proponendo un approccio alla cura della vista che sia incentrato sulle persone”, in linea con il raggiungimento di una copertura sanitaria globale (Universal Health Coverage - UHC) e con il terzo obiettivo dei Sustainable Development Goal, “assicurare una vita sana e promuovere il benessere per tutti a tutte le età”. UN PASSO DA GIGANTE, TRA SUCCESSI E BISOGNI ANCORA DA ESPLORARE “È difficile dire se le aspirazioni globali di Vision 2020 siano state raggiunte, tuttavia ha avviato un processo di cambiamento senza precedenti. A questo processo dobbiamo guardare, più che all’esito finale, che è ancora difficile da raggiungere”, afferma Ivo Kocur. Tra i migliori successi di Vision 2020 c’è sicuramente l’aver portato la cecità prevedibile sotto i riflettori a livello internazionale. Si tratta di un’emergenza da non sottovalutare, ma che spesso passa in secondo piano perché non ha conseguenze fatali come un’epidemia virale o batterica, una carestia o una guerra. “Nell’immaginario collettivo c’è la

percezione che la disabilità visiva non sia un’emergenza. Però se non si riesce a vedere, non si riesce a lavorare, non si va a scuola, non si impara a leggere e scrivere”, afferma la Dottoressa Alessandra Vari, chirurgo che si occupa di medicina umanitaria e che, nel campo dell’oftalmologia, ha lavorato anche con Orbis International Armenian Eye Care Project e IAPB Italia. Dal 2013 sta seguendo un progetto di salute nella regione dei laghi in Tanzania, in cui sono incluse le cure visive primarie. “Il successo che riconosco a Vision 2020 è quello di aver portato alla luce ed inquadrato il problema, e di aver spinto i governi dei paesi a risorse limitate a cercare di risolverlo”, afferma la Dottoressa Vari. Ogni realtà territoriale ha le sue peculiarità ed è quindi necessario guardare ai progressi compiuti dai singoli paesi. “Bisogna separare Vision 2020 da quello che è successo nei vari paesi. I paesi in via di sviluppo vent’anni fa hanno reagito molto bene all’iniziativa e molti passi sono stati fatti”, spiega Ivo Kocur. Vision 2020 ha incontrato anche innumerevoli difficoltà sul suo percorso. Un programma globale non è mai facile da gestire perché le difficoltà possono essere innumerevoli. “Molto è stato fatto, ed è stato fatto in maniera positiva. Però, trattandosi di miliardi di persone, è difficile avere il controllo di tutte le situazioni”, afferma Kocur. LE CRITICITÀ Una delle criticità maggiori, secondo Ivo Kocur, è la mancanza di risorse per l’attuazione dei progetti in programma. “Le risorse non sono state

sufficienti come speravamo. C’è da domandarsi perché, nonostante la vista sia così importante per tutti, i progetti rivolti ad essa non siano in grado di attirare un maggior numero di donatori”. Le infrastrutture e i sistemi sanitari dei paesi a basso reddito non riescono a supportare da soli la necessità di risorse, sia monetarie che umane. “In questi paesi il bisogno di cure oftalmiche è una vera emergenza”, spiega la Dottoressa Vari. “C’è la necessità di avere personale addestrato. Le organizzazioni non governative aiutano molto con i loro progetti, ma in un’iniziativa su scala globale c’è bisogno di molte persone che supportino il lavoro del personale sanitario”, spiega Kocur. La formazione di risorse umane è una criticità in aree come l’Africa. “Trovare risorse che siano capaci e motivate è la cosa più difficile. Finché si tratta di distribuire l’azitromicina per il tracoma, gli antielmintici per la cecità fluviale o la vitamina A per le cecità da ipovitaminosi, è più facile”, spiega la Dottoressa Vari. “Offrire cure chirurgiche con tutte le problematiche legate (materiali, strutture, formazione) ad esse è il vero problema”. Esistono pochi centri che possono occuparsi dell’educazione di medici e personale infermieristico qualificato. “In Tanzania, i pochi chirurghi che trattano la cataratta si spostano attraverso il paese nei vari ospedali distrettuali”, racconta la Dottoressa Vari. “Ci sono solo tre centri in tutto il paese in cui si addestrano i vari profili per le cure visive sul territorio. La carenza di risorse umane è massiva”.

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Cover Topic

Ivo Kocur durante un’attività di formazione

La situazione è tragica in un contesto dove il sistema sanitario pubblico è inadeguato e l’educazione superiore costa. Inoltre, parecchi medici, una volta acquisite competenze spendibili, tendono a spostarsi nei grandi centri oppure all’estero, in cerca di lavoro meglio retribuito, lasciando le comunità rurali totalmente prive di assistenza. LA CECITÀ COME PIAGA SOCIALE, TRA POVERTÀ, DISCRIMINAZIONE DI GENERE E VULNERABILITÀ La disabilità visiva è un problema che ha conseguenze sociali significative, soprattutto nei paesi a medio o basso reddito. “Dobbiamo guardare al problema in modo olistico: la cecità ed i problemi visivi vanno a braccetto con la povertà”, commenta la Dottoressa Vari. “L’accesso alle cure è difficile per una buona fetta di popolazione. Queste sono a pagamento totale o a contribuzione parziale. I costi, anche se nominali, sono significativi per chi ha un basso reddito, anche per

la necessità di doversi spostare per accedere alle cure”. Nonostante i grandi passi legati all’introduzione di innovazioni come la telemedicina, il bisogno di cure, nelle zone rurali e remote, rimane elevatissimo. Spesso in questi paesi vederci bene equivale a poter lavorare, condizione sociale la cui importanza è spesso riconosciuta esclusivamente agli uomini. Questo genera una discriminazione di genere, che vede le donne

la Tanzania iniziano ad avere anche ruoli di rilievo, ma il riconoscimento sociale è ancora basso”, riporta la Dottoressa Vari. “In un piccolo ambulatorio oculistico che ho seguito in Tanzania, nonostante i costi per la visita ammontassero a 3000 scellini tanzaniani, circa 1,15 €, il numero maggiore di pazienti è sempre stato di sesso maschile”. Altre categorie vulnerabili sono bambini e anziani. “Una patologia molto diffusa è l’infezione da tracoma, che colpisce di più bambini e anziani perché hanno una più bassa immunità e una minore igiene personale. Di riflesso, anche le donne sono tra le più colpite perché stanno Alessandra Vari molto con i bambini”, spiega Alessandra Vari. In Tanzania ed i bambini tra i più afflitti dai pro- si stima che poco più del 50% della blemi visivi, perché per loro, oltre a popolazione abbia accesso ad acqua compiti tradizionali quali il manteni- pulita e solo il 15% ad un bagno funmento dell’orto, la preparazione del zionante. Una situazione che impatta cibo ed il reperimento dell’acqua, molto sullo sviluppo delle infezioni non si ritiene indispensabile leggere come il tracoma. o studiare. “C’è un bias sociale sia di La cecità degli adulti pesa a livelgenere che funzionale: molte donne lo sociale anche su altre categorie. in Africa lavorano, e nel caso del- “Una terribile piaga che ho avuto

Il successo che riconosco a Vision 2020 è quello di aver portato alla luce ed inquadrato il problema, e di aver spinto i governi dei paesi a risorse limitate a cercare di risolverlo

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Vision 2020, la parola a IAPB IL PUNTO DI VISTA DELL’AVV. GIUSEPPE CASTRONOVO, PRESIDENTE DI IAPB ITALIA Dal lancio di Vision 2020, ogni successivo studio sul bisogno di salute visiva ha ampliato i confini dell’emergenza. È difficile quantificare l’impatto degli interventi messi in atto: il numero di persone che avevano bisogno di cure è cresciuto man mano che ci si spingeva in profondità. Il primo rapporto Mondiale sulla salute visiva pubblicato dall’OMS nell’ottobre 2019 ha portato a più di 2 miliardi il numero di persone che soffrono di una riduzione delle capacità visive. 1 Miliardo di queste potrebbe essere “curata”, molto spesso con pochissima spesa. La disabilità visiva è un tema difficile da abbracciare in tutte le sue manifestazioni ma ci sono tre punti fissi da tenere a mente. Il primo è che il rischio di cecità è in aumento, così come la miopia. Il secondo è che Paesi sviluppati e meno sviluppati fronteggiano emergenze completamente diverse. Il terzo è che l’importanza della prevenzione visiva è grandemente sottostimata. La vista è un bene che si dà per scontato ma perderlo, in tutto o in parte, è una tragedia destabilizzante che riduce drasticamente l’autonomia, la felicità e la capacità di sostentamento di una persona. Il tema principale per l’Italia e i Paesi di antica industrializzazione è il rischio cecità che aumenterà nei prossimi anni. Patologie come il glaucoma, la retinopatia diabetica e la degenerazione maculare legata all’età aumenteranno con l’invecchiamento della popolazione. Si tratta di malattie che aggrediscono le cellule nervose dell’occhio in maniera asintomatica. Per questo quando ci si accorge che qualcosa non va è troppo tardi. Le cellule nervose sono insostituibili: una volta perse viene meno la loro funzione, cioè la vista. L’unica risposta per fronteggiare

modo di osservare in prima persona è quella dei bambini guida. Ai ciechi adulti viene affidato un bambino che diviene in tutto e per tutto la sua guida. Questi bambini non possono andare a scuola perché la loro funzione sociale è essere la guida di un cieco...quindi la cecità finisce per colpire due persone”, afferma la Dottoressa Vari. LA CATARATTA: UN PROBLEMA ANCORA DA NON SOTTOVALUTARE NEI PAESI A BASSO REDDITO La cataratta continua ad essere una delle cause prevalenti di cecità in Africa. “Il facoemulsificatore in Africa è fantascienza. Si usa la tecnica open, la small incision cataract surgery, semplice, sostenibile ed a bas-

Avvocato questa emergenza è Giuseppe la sensibilizzazione di Castronovo cittadini e istituzioni afPresidente finché capiscano che la IAPB Italia visita oculistica è l’unica forma di prevenzione efficace. Solo un oculista può individuare le patologie che rendono ciechi o ipovedenti in tempo per arginarle. Per questo IAPB Italia ha lanciato, tra altre iniziative, una campagna di visite gratuite che coprirà le maggiori città fino al 2021. I primi risultati sono allarmanti. Su 550 visite refertate nei primi due mesi, il 40 per cento era ammalato senza saperlo o necessitava di ulteriori controlli. Un altro tema importante per l’occidente è l’aumento della miopia nei bambini – probabilmente dovuto alla vita al chiuso – ed anche l’impiego costante di device elettronici affatica l’occhio che non è ‘progettato’ per mettere a fuoco costantemente oggetti vicini. Le condizioni nei Paesi poveri e non industrializzati sono radicalmente diverse: il bisogno di salute visiva è immenso e basilare. A mancare sono gli oculisti e i luoghi di cura. La cataratta è la principale forma di cecità prevenibile al mondo, perché in molti luoghi della terra non ci sono medici e infermieri in grado di eseguirla. Anche la miopia diventa una disabilità compromettente se non c’è modo di procurarsi un ‘banalissimo’ paio di occhiali.

so costo”, ci spiega Alessandra Vari. La Dottoressa Vari ha recentemente seguito un cataract team locale in Tanzania in tutte le fasi della loro attività fin dall’outreach, ovvero recarsi nei villaggi locali per la visita dei pazienti. “Ho preso parte all’intero processo. L’annuncio dell’arrivo del team veniva dato nelle scuole un mese prima in modo che gli alunni diffondessero la notizia nei villaggi. Arrivato il giorno, il team sanitario allestiva rapidamente l’ambulatorio per le visite (letteralmente in mezzo al nulla), le infermiere raccoglievano i pazienti e impartivano prima nozioni di igiene oculare di base e poi effettuavano lo screening iniziale. A questo seguiva, il giorno successivo, la chirurgia, con una perfetta catena di montaggio”, ci racconta Alessan-

dra Vari. “La strumentazione era obsoleta ed usurata. Il bisturi elettrico era sostituito da una punta metallica mantenuta incandescente su un lumino ad alcool. Alla quarta operazione di cataratta si è rotta la lampadina del microscopio e, non avendo un ricambio, il chirurgo ha estratto dallo zaino una pila tascabile che abbiamo tenuto su, prima l’assistente e poi io, per sette ore. L’oculista ha continuato ad operare, impassibile”. Il mancato accesso a determinate tecnologie e strumentazioni porta anche a cure non complete, che non risolvono adeguatamente il problema. “Non c’è biometria. Questo significa che si mette a tutti la stessa lente”, riporta Alessandra Vari. “C’è un ampissimo margine di miglioramento, la formazione in biometria non è diffici9


Cover Topic

La Dottoressa Vari con una collega durante il suo lavoro con Orbis International

le ed le lenti di potere variabile sono disponibili per pochi dollari”. QUALI SFIDE CI ATTENDONO? Vision 2020 ha comportato un enorme sforzo globale per procedere verso un obiettivo comune. Siamo arrivati alla sua scadenza, ma vi è ancora bisogno di impegno da parte di tutti, seguendo la traccia già segnata. Secondo lo stesso World Report on Vision, il bisogno di cure oftalmiche salirà molto nelle prossime decadi, ponendo una sfida ai sistemi sanitari. L’invecchiamento mondiale della popolazione e il conseguente aumento delle malattie oculari sta diventando un tema centrale nel dibattito. “Dopo Vision 2020 l’OMS si è accorta che lo snodo cruciale è l’accesso universale alle cure primarie tra cui anche le cure visive, non solo nei paesi a basso reddito”, spiega Alessandra Vari. Il grande lavoro deve essere ancora fatto sui sistemi nazionali, ma anche sulle comunità e sulla percezione dei problemi collegati alla vista. “Dobbiamo essere presenti dove c’è la percezione che i problemi alla vista non rappresentino una crisi sanitaria pubblica. Un grande risultato è avere dei piani nazionali, una buona gestione del flusso di pazienti, l’ac-

cesso garantito alle cure”, spiega Ivo Kocur. “L’OMS sta lavorando a degli standard sugli interventi essenziali per la cura degli occhi. I paesi devono tenerli in considerazione e renderli disponibili a tutti”. Una soluzione al problema delle risorse umane è il cosiddetto task shifting, cioè il processo di delega di alcuni compiti ad operatori meno specializzati opportunamente addestrati. “È un modo per l’OMS di dare una soluzione al problema delle risorse umane ottimizzando l’uso delle poche disponibili. È standardizzato per tutte le figure del settore, dal

sere fatto con le comunità, ponendo l’accento sulla gravità di certe patologie oculari. “Un esempio è la miopia. Non c’è la percezione che questa possa rappresentare un vero problema, ed è importante partire dalle comunità. Ad esempio, come fatto in un recente progetto, addestrare le maestre a riconoscere i difetti visivi a scuola e a fare un primo screening nei villaggi”, afferma la Dottoressa Vari. La sfida globale di Vision 2020 è ancora aperta. Vision 2020 deve continuare ad evolversi e a far parte delle agende internazionali e nazionali. La necessità è di tenere sempre il paziente al centro, lavorando con le comunità o in sinergia con altri settori, imparando da questi ultimi vent’anni. Solo così saremo pronti alla prossima fase, continuando a fare grandi passi insieme. “Abbiamo formulato un Alessandra Vari target riconosciuto dagli stati e abbiamo il concetto di salute visiva univercommunity eye health worker fino al sale. Vision 2020 è l’idea, non la fine chirurgo. È un ottimo approccio teo- del percorso”, conclude Kocur. rico”, spiega la Dottoressa Vari. “Sul campo la situazione però continua La Dottoressa Vari e il Dottor Kocur ad essere incontrollata”. non riportano financial disclosures Il passo successivo è dunque quel- per quanto riguarda il soggetto lo di prepararsi alle sfide con nuove dell’articolo. strategie. “Bisogna creare situazioni locali che permettano l’accesso alle La Dottoressa Vari può essere concure primarie”, commenta Alessan- tattata all’indirizzo mail dra Vari. Il lavoro più grande deve es- alessandra.vari@yahoo.com

Dobbiamo guardare al problema in modo olistico: la cecità ed problemi visivi vanno a braccetto con la povertà

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Referenze: 1.. Comparative PCO study in rabbit eye; GLP-study results. John A. Moran Eye Center, University of Utah. Report in archivio. 2.. Comparative porcine eye study: study result. David J Apple International Laboratory for Ocular Pathology, University Hospital Heidelberg. Report in archivio. 3.. Dati in archivio, HOYA Medical Singapore Pte. Ltd, 2019. 4.. Dati in archivio, HOYA Medical Singapore Pte. Ltd, 2019 HOYA, Nanex and multiSert+ sono marchi registrati di HOYA Corporation o delle sue affiliate. Š2019 HOYA Medical Singapore Pte. Ltd. Tutti i diritti riservati. HOYA Medical Singapore Pte. Ltd. | 455A Jalan Ahmad Ibrahim | Singapore 639939

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Largo ai Giovani

IMPARARE A FARE LA DIFFERENZA Quando i giovani diventano veicoli per le innovazioni e le nuove tecnologie

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Intervista al Dott. Marco Lupidi, MD, PhD, Clinica Oculistica dell’Università degli Studi di Perugia

Nella foto il Dott. Marco Lupidi

Tra le più grandi innovazioni della diagnostica per le malattie della retina vi è sicuramente l’angiografia OCT (o OCTA). Questo moderno e rivoluzionario strumento sfrutta la stessa tecnologia laser dell’OCT tradizionale per fornire immagini tridimensionali degli strati della retina, dei capillari e dei microvasi senza l’utilizzo del liquido di contrasto, ma sfruttando il normale flusso del sangue. Un esame diagnostico decisamente più veloce e meno invasivo della tradizionale angiografia che consente di vedere meglio e più approfonditamente il segmento posteriore dell’occhio, in modo da poter dare al paziente una diagnosi completa e mantenere un controllo nel tempo di un’eventuale patologia. Nonostante il passo da gigante che l’angiografia OCT rappresenta per l’oftalmologia in sé, questa nuova

tecnologia fa ancora fatica ad entrare a pieno regime negli ambulatori e nelle cliniche. Tuttavia, nello studio di queste nuove tecniche diagnostiche si stanno impegnando moltissimi specialisti, tra cui anche molti giovani, come il Dott. Marco Lupidi, MD, PhD. Il Dott. Lupidi lavora attualmente presso la clinica oculistica dell’Università degli Studi di Perugia, dove è responsabile del servizio di diagnostica per immagini. Ha completato i suoi studi presso l’Università di Perugia per poi specializzarsi presso l’Università Politecnica delle Marche. Una parte della sua specializzazione, sotto forma di fellowship, l’ha trascorsa però in Francia presso il Centre d’Ophtalmologie de l’Odéon con un maestro del calibro del Professor Gabriel Coscas, uno dei massimi pionieri nell’ambito della retina. Una volta tornato, il Dott. Lupidi ha proseguito il suo percorso accademico con un dottorato di ricerca in medicina e chirurgia traslazionale, percorso che si è concluso lo scorso novembre. Partecipa a numerosi congressi nazionali ed internazionali, dove spesso presenta e condivide con i colleghi la sua ormai vasta esperienza con l’OCTA. Intervistato da Eyesee, il Dott. Lupidi ci ha parlato dell’importanza di questa rivoluzionaria tecnologia e del ruolo dei giovani nell’innovazione. UN PUNTO DI SVOLTA “Il periodo in Francia è stato un enorme privilegio, soprattutto per me che venivo da una realtà che all’epoca era piuttosto satellite. Oggi Perugia, grazie alla guida del Prof. Cagini e all’impegno di tutti i colleghi afferenti al servizio di re-

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di Laura Gaspari

È molto più interessante creare qualcosa dove non c’è, piuttosto che essere un elemento importante in una realtà già consolidata

Marco Lupidi

tina medica e chirurgica, è invece un polo ben consolidato”, spiega il Dott. Lupidi. La fellowship è stata per il Dott. Lupidi un punto di svolta, sia per un approfondimento dei suoi interessi, sia per segnare il suo percorso futuro. “Gli insegnamenti del Professor Coscas mi hanno permesso non solo di sviluppare le mie competenze in ambito medico e clinico”, afferma il Dott. Lupidi, “ma anche di creare la base per una formazione scientifica che mi permettesse di portare avanti un percorso di crescita nell’ambito della ricerca scientifica, che allo stato attuale è quello che coinvolge e determina gran parte del tempo che ho a disposizione.” Durante il periodo della fellowship del Dott. Lupidi, l’oftalmologia, e in particolare il settore della retina, stava vivendo una fase di intensa evoluzione. “Il periodo in cui sono stato a Parigi è coinciso con l’arrivo delle prime angiografie OCT. Il centro dov’ero era un riferimento, quindi avevamo a disposizione tutti gli strumenti, anche allo stadio di prototipo. Ciò mi ha permesso fin dal principio di concentrare la mia attenzione su questa moderna metodica di imaging”, spiega Lupidi. Il Dott. Lupidi ha avuto quindi l’opportunità di fare esperienza fin da subito con questa grande innovazione dell’oftalmologia. Un importante bagaglio di conoscenze che ha deciso di riportare a Perugia, per il bene del progresso e dei pazienti. RIPORTARE TUTTO A CASA “Di fatto ho avuto molte opportunità di restare in Francia, ma ho scelto di rientrare, e per motivi che non sono esclusivamente legati

agli affetti. Era una sfida molto più interessante quella di tornare a collaborare con chi aveva confidato in me, primo tra tutti il Professor Cagini, direttore della clinica oculistica di Perugia, che mi ha dato l’opportunità di svolgere una parte considerevole del mio percorso di specializzazione in Francia”, afferma Lupidi. Il Dott. Lupidi ha quindi deciso di tornare in Italia per trasmettere le sue nuove competenze e approfondire le sue conoscenze. “È molto più interessante creare qualcosa dove non c’è, piuttosto che essere un elemento importante in una realtà già consolidata. Poco dopo il mio ritorno in Italia sono arrivati i primi angio-tomografi, è stato tra l’inizio del 2015 e l’inizio del 2016”, spiega Marco Lupidi. “La clinica di Perugia adesso lavora a pieno regime con questa metodica che ha rivoluzionato la nostra pratica clinica, perché ci permette di abbattere i tempi di ingresso in un servizio di disposizione terapeutica per i pazienti con degenerazione maculare senile complicata da neovascolarizzazione coroideale”. Dopo la specializzazione, il Dott. Lupidi si è occupato di translational surgery con un percorso di dottorato. “Si tratta di una sottodivisione del percorso di dottorato di ricerca in medicina e chirurgia traslazionale. La medicina traslazionale è di fatto l’applicazione in ambito clinico della ricerca di base in ambito medico”, spiega Lupidi. “Tutto questo permette di introdurre nuove metodiche di diagnostica o nuovi dispositivi o presidi terapeutici nell’ambito clinico. L’oftalmologia è una branca con una buona parte di approccio chirurgico, per questo

motivo il mio dottorato era più di natura chirurgica che medica”. UNO STRUMENTO RIVOLUZIONARIO “Dal punto di vista clinico l’angiografia OCT è uno strumento ad oggi indispensabile per tutti i pazienti che hanno una patologia neovascolare di origine coroideale. Ci permette di acquisire importanti informazioni sulle patologie vascolari retiniche, integrando l’imaging convenzionale”, afferma il Dott. Lupidi. Uno strumento moderno, rivoluzionario ed indispensabile che pone però delle grandi sfide. “Essendo una metodica di imaging estremamente recente, sono due le grandi sfide che abbiamo di fronte”, spiega Lupidi. “La prima è quella di capire quali sono le reali potenzialità di questa tecnologia e come andarle a interpretare al meglio. La seconda è quella di trasmettere ai nostri colleghi i rudimenti di base per interpretare l’esame angiotomografico. È quello che stiamo facendo con una serie di corsi in ambito nazionale ed internazionale, con meramente un obiettivo didattico”. L’OCTA è uno strumento ancora poco utilizzato sul suolo italiano. “Le principali cliniche in Italia e molte strutture territoriali hanno a disposizione l’angiografia OCT, anche se si tratta di una distribuzione non così capillare. Azzarderei che sulla totalità degli oculisti, meno del 10% ha l’opportunità di utilizzarla. Non sono delle apparecchiature così costose da non poter essere acquistate dalle strutture ospedaliere, chiaro che l’acquisto per l’oftalmologo ambulatoriale è ancora utopico. Il problema sta nel saperle utilizzare”, dichiara Lupidi.

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Largo ai Giovani

Qualcuno mi ha detto che si vive per lasciare una traccia. Nel momento stesso in cui uno trova realizzazione in quello che fa, automaticamente riesce ad ottenere ciò che più desidera.

Marco Lupidi

Il Dott. Marco Lupidi con i suoi illustri maestri, il Prof. Gabriel Coscas e Il Prof. Carlo Cagini

“Tutto ciò che arriva di nuovo pone una serie di problematiche sostanziali. Integrare una nuova metodica, così come un nuovo farmaco, o qualsiasi innovazione nella pratica clinica ha una ricaduta diretta sulla salute del paziente, quindi c’è necessità di attenzioni particolari”, sostiene Lupidi. “Spesso le strutture che hanno l’OCTA non ne fanno uso anche perché le professionalità che le compongono non riescono a trarne nessun beneficio”, afferma. GIOVANI PADRONI DELLE INNOVAZIONI, GRAZIE AI LORO MAESTRI Marco Lupidi è un giovane oftalmologo italiano che sta facendo la differenza con una serie di competenze che non molti hanno. Nulla di questo probabilmente sarebbe stato possibile senza il sostegno dei suoi maestri. “Ho sempre pensato che la fortuna più grande, per i noi giovani, sia quella di incontrare grandi maestri. Io mi ritengo assolutamente fortu14

nato perché nella mia carriera ne ho avuti quattro di grandi: Il Professor Coscas, con i suoi insegnamenti e la sua capacità di trasmettere non solo conoscenza, ma anche un metodo di ragionamento e di lavoro. Il Professor Cardillo Piccolino della Fondazione Macula Onlus di Genova, un ricercatore assolutamente eccezionale che ha aperto nuove prospettive in termini di diagnostica e comprensione dei meccanismi fisiopatologici di molte maculopatie, prima tra tutte la corioretinopatia sierosa centrale. il Professor Giovannini, grazie al cui supporto sono riuscito ad intraprendere un certo percorso universitario e a rapportarmi con palcoscenici internazionali. È stata una persona che ha creduto in me pur avendomi poco a disposizione. Infine, il Professor Cagini, il mio attuale Direttore, non solo per gli insegnamenti, ma anche per le opportunità e la fiducia concesse”, afferma Marco Lupidi. Maestri che hanno influenzato il suo percorso nel mondo della reti-

na e che lo hanno reso un giovane specialista affacciato a pieno sul panorama internazionale e sull’innovazione, a cui ha ancora moltissimo da dare. “Qualcuno mi ha detto che si vive per lasciare una traccia. Nel momento stesso in cui uno trova realizzazione in quello che fa, automaticamente riesce ad ottenere ciò che più desidera. Non ho mai pensato di prendere le distanze dal mondo della retina, anche perché lo sviluppo di questa disciplina dell’oftalmologia è stato enorme e c’è ancora molto da integrare. L’indirizzo me l’hanno dato i miei maestri, il resto si svilupperà nel corso del tempo”, conclude Marco Lupidi. Il Dott. Lupidi riporta financial disclosures con Allergan, Bayer, Novartis, Heidelberg Engineering. Il Dott. Marco Lupidi può essere contattato all’indirizzo mail: dr.lupidi@gmail.com



Innovazioni

C-EYE, UN SALTO EVOLUTIVO Portabilità, inclusività, versatilità: Farhad Hafezi, MD, PhD, presenta il futuro del cross-linking

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Intervista al Prof. Farhad Hafezi, MD, PhD, FARVO, Università di Ginevra, UCLA, Università medica di Wenzhou, ELZA Zurigo.

Nella foto il Prof. Farhad Hafezi, MD, PhD, FARVO con il dispositivo C-Eye installato sulla lampada a fessura.

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Entrato di diritto tra le più importanti procedure chirurgiche del segmento anteriore, il cross-linking continua il suo percorso di sviluppo ed innovazione, puntando verso un approccio sempre meno legato alla sala operatoria e sempre più focalizzato sui concetti di versatilità, adattabilità e portabilità. Una delle figure più prominenti nello sviluppo di questa tecnica è Farhad Hafezi, MD, PhD, FARVO, Direttore Medico dell’Istituto ELZA di Dietikon, Zurigo, Professore dell’Università di Ginevra, dell’Università della California del Sud e Visiting Professor all’Università Medica di Wenzhou in Cina. “Ho fatto parte del team che ha costruito la tecnologia originale per il cross-linking nel 2003, in quel momento abbiamo posto uno standard nel settaggio di emissione ultravioletta che viene ancora usato nelle sale operatorie”, racconta Hafezi. “È stato il mio senior partner dell’epoca, Theo Seiler, ad avere l’idea già nel 1995. La cosa ha innescato un periodo di quattro anni di ricerca con studi pilota partiti dall’Università di Dresda. Nel 2000 ha deciso di spostare il suo lavoro a Zurigo ed è stato in quell’occasione che ho avuto l’onore di fare la sua conoscenza. Nell’arco di due anni Seiler ha fondato un istituto di ricerca privato e questo ci ha spinto ad uscire dalle aule universitarie ed avviare la costruzione del prototipo nel 2004”, ricorda. “Nel 2005 è nato l’IROC UV X-1000. Ben 15 anni fa”. Oltre alla direzione dell’Istituto ELZA dove ogni giorno molti pazienti vengono trattati con il cross-linking, Hafezi è a capo di un team di ricerca dell’Università di Zurigo con l’obiet-

tivo di migliorare e raffinare ulteriormente la tecnica CXL e approfondire la conoscenza delle biomeccaniche corneali. Una delle tecniche attualmente in sviluppo è il PACK-CXL, un cross-linking con cromoforo fotoattivato per il trattamento delle cheratiti infettive che, grazie alla capacità di sterilizzare l’occhio, può porsi come un’alternativa incontrovertibile alla terapia antibiotica. Insieme alla CEO di EMAGine AG, Nikki Hafezi, questo team di ricerca ha sviluppato un dispositivo portatile in grado di cambiare in modo radicale lo standard del cross-linking. Si tratta di un dispositivo versatile e portatile, alimentato a batterie, in grado di emettere radiazioni ultraviolette in linea con i più moderni protocolli operativi. Questo dispositivo è chiamato C-Eye, e può essere comodamente agganciato ad una lampada a fessura per effettuare l’operazione anche in una posizione verticale. “C-Eye può essere considerato senza dubbio il futuro del cross-linking”, afferma Hafezi. “È un dispositivo che combina funzionalità di ultima generazione e che permette l’uso della tecnologia CXL e PACK-CXL alla lampada a fessura. Ha un sistema integrato di calibrazione costante dell’output UV-LED, e un software che indica il numero di procedure eseguibili prima dell’esaurimento della batteria; che, per inciso, può garantire fino a dieci procedure e può essere ricaricata con un comunissimo caricatore USB-C” spiega. PORTABILITÀ Per poter sviluppare le proprie potenzialità ed innovarsi ulteriormente,


di Timothy Norris

Spese minori e portabilità permettono di aumentare la copertura globale del CXL, portando la tecnologia ovunque ce ne sia bisogno

Farhad Hafezi

il cross-linking deve prima superare delle importanti criticità. In primo luogo, il criterio di portabilità. “Riuscire a portare il cross-linking fuori dalla sala operatoria riduce sensibilmente i suoi costi”, afferma Hafezi, “e questa è una delle principali qualità del dispositivo C-Eye, ossia rendere il cross-linking possibile anche al di fuori della sala operatoria, richiedendo la presenza di una semplice lampada a fessura”, spiega. “Spese minori e portabilità permettono di aumentare la copertura globale del CXL, portando la tecnologia ovunque ce ne sia bisogno, in aree remote del pianeta o nei Paesi a medio e basso reddito dove c’è scarsità di infrastrutture adeguate”, aggiunge Hafezi. VERTICALITÀ La semplificazione della procedura tramite la modifica del paradigma è alla base della filosofia di Hafezi per lo sviluppo del cross-linking. “Abbiamo così costruito un dispositivo che punta a massimizzare il concetto di versatilità, che possa essere usato alla lampada a fessura, ma che quando necessario può essere comodamente usato anche in orizzontale, montato su un tavolo operatorio. Il passaggio dalla posizione convenzionale orizzontale a quella verticale è in effetti uno dei target principali che ci siamo prefissati sviluppando questo dispositivo”, osserva. La compatibilità con uno strumento diagnostico comune come una lampada a fessura è un punto di forza per C-Eye. L’obiettivo di Farhad Hafezi è di garantire a più di duecentomila oftalmologi in tutto il mondo la possibilità di effettuare il cross-linking verticale tramite questo dispositivo.

Il dispositivo C-Eye promette di cambiare il futuro del cross-linking.

“Al momento C-Eye è già perfettamente compatibile con una lista di modelli di lampada a fessura prodotti da Zeiss e Haag-Streit che può essere consultata nel sito di EMAGine”, spiega Hafezi. La lista conta già 32 modelli ed è in aggiornamento. Mantenere il paziente in posizione verticale non inficia in modo negativo l’esito finale dell’operazione. “Ci siamo chiesti: ad un paziente seduto c’è il rischio che la riboflavina appena applicata possa colare verso la zona inferiore della cornea per effetto della gravità? Abbiamo quindi pubblicato un paper in cui prima la cornea veniva saturata in posizione orizzontale e poi si chiedeva al paziente di stare in posizione verticale”, spiega Hafezi. “Dopo circa un’ora di attesa abbiamo registrato una differenza del 3% tra la par-

te superiore e quella inferiore della cornea, concludendo che la densità della riboflavina rimane clinicamente la stessa nell’arco di circa sessanta minuti”, afferma, “e sessanta minuti sono un tempo decisamente molto più ampio di qualsiasi protocollo esistente. Questo quindi non si concretizza in una preoccupazione per la buona riuscita di una CXL alla slit lamp”. DUTTILITÀ Il programma al cuore del funzionamento di C-Eye è fornito di tutti i protocolli di trattamento utilizzati nel cross-linking moderno. “Tre, nove, diciotto, fino a trenta e trentasei milliwatts, di cui i due programmi a più alta intensità vengono utilizzati per il PACK-CXL per il trattamento delle cheratiti infettive”, spiega Hafezi. Oltre all’originale protocollo di Dre17


Innovazioni

È quella che chiamo una democratizzazione dell’accesso al crosslinking

Farhad Hafezi

sda del 2002, il dispositivo offre altre cinque modalità tra cui tre a luce continua e due a luce pulsata per i protocolli epi-on iontoforesi-assistiti. “Questa è una scelta appositamente pensata per garantire il massimo della scelta per l’utente. La prima modalità è il Protocollo di Dresda, che rimane la mia prima scelta quando devo trattare un bambino o nei casi di ectasie corneali aggressive, ma che, data la durata di trenta minuti, consiglio di effettuare in posizione orizzontale per mantenere a suo agio il paziente. La seconda modalità è il mio personale protocollo standard da dieci minuti a nove milliwatt epi off. Il terzo è un protocollo da cinque minuti a diciotto milliwatt, mentre il quarto è un protocollo pack-CXL accelerato da 4 minuti a 7.2 Joule, pensato per le cheratiti infettive”, afferma Hafezi, “ed è uno strumento importantissimo, anzi, sono sicuro che si rivelerà un’arma efficientissima per la lotta a questo tipo di patologia su scala globale”. Il software di C-Eye permette l’utilizzo dei protocolli più innovativi di recentissimo sviluppo, ideati e sviluppati da uno dei maggiori esperti mondiali di cross-linking corneale. “Uno di questi protocolli, sviluppato dal mio amico e collega Cosimo Mazzotta, è un epi-on iontoforesi-assistito a luce pulsata ad alta fluenza. Studi da lui già pubblicati sull’argomento stanno dimostrando dei risultati davvero incoraggianti”, racconta Hafezi. “Si tratta di un protocollo da 30 minuti che non richiede un’aggiunta di ossigeno alla procedura, ma riesce ad utilizzare al meglio l’ossigeno presente nell’aria grazie ad un uso intelligente di fluenza e pulsazione della luce”, spiega. “Questo è perfettamente in linea con la mia idea di semplificazione della procedu18

Il posizionamento di C-Eye durante un intervento di CXL verticale.


C-Eye può essere agganciato al tavolo operatorio per l’esecuzione di un CXL orizzontale standard.

ra, proprio perché non richiede l’uso di ulteriori dispositivi come la fornitura di ossigeno agli appositi occhialini, perciò la ritengo una modalità particolarmente interessante”, aggiunge. La sesta modalità di C-Eye è un protocollo pulsato epi-on trans-epiteliale. “È un approccio ben tollerato dalla cornea, come hanno dimostrato vari studi. Tuttavia, questo protocollo necessita di ossigeno addizionale durante la procedura”, spiega Hafezi. VERSATILITÀ Rispetto al metodo standard, l’unica problematica di una procedura di cross-linking alla lampada a fessura è legata alla necessità del paziente di mantenere la stessa posizione per la durata del trattamento. Tuttavia, per casi particolari C-Eye può essere facilmente montato sul tavolo operatorio per poter effettuare la procedura a paziente supino. “Un adulto può mantenersi facilmente focalizzato per circa seicento secondi alla slitlamp. Quando ciò non è possibile a causa di problemi fisici o disabilità, opto sempre per la posizione orizzontale. Questo è il motivo per cui in genere tendo a non considerare i bambini idonei al cross-linking verticale, ma solo per questioni di compliance”, spiega. “Il dispositivo è comunque pensato per il passaggio versatile da verticale a orizzontale in modo da massimizzare l’inclusività, in linea con i principi proposti dalla Fondazione Light For Sight1. La versatilità in questo

approccio non è solo essenziale, ma anche rispettosa” aggiunge Hafezi.

potrebbe diventare uno strumento essenziale”, aggiunge.

PRESTO SUL MERCATO Secondo le previsioni del Prof. Hafezi, la produzione di C-Eye è pianificata per il primo quarto del 2020. “L’hardware del dispositivo è prodotto da CSO Italia, che gode di una reputazione eccellente nella produzione di equipaggiamento medico”, dichiara Hafezi. “La domanda è già molto alta e verrà fin da subito coperta un’area di ben settanta, ottanta paesi. Ben oltre le mie aspettative iniziali”, afferma. Otto anni di sviluppo intenso e proficuo hanno posto le basi per questo importante salto evolutivo del cross-linking, verso una dimensione più portatile, inclusiva e versatile. “Il mondo è molto cambiato dal 2014, quando diedi la mia prima lecture sul cross-linking alla slit-lamp in occasioFarhad Hafezi ne dell’Innovators Session dell’ASCRS di Boston”, ricorsi a medio e basso reddito molto da Hafezi. “Oggi quest’idea ha spesso questo tipo di intervento è raggiunto e conquistato talmente precluso alla maggior parte del- tanti colleghi che percepisco netla popolazione per mancanza di tamente che il mondo dell’oftalinfrastrutture come la sala ope- mologia è pronto per fare un ulratoria. Grazie alla portabilità del teriore passo avanti ed accogliere dispositivo, il cross-linking può questa tecnologia”, aggiunge. diventare un’opzione fruibile dove “Da parte mia farò tutto il possiprima non era possibile. È quella bile per soddisfare questa richieche chiamo una democratizzazio- sta”, Hafezi conclude. ne dell’accesso al cross-linking”, dichiara Hafezi. “Specialmente se consideriamo la necessità di for- 1Light For Sight Foundation si occumare una linea difensiva effica- pa di cheratocono infantile ed adoce contro le cheratiti infettive, il lescenziale con particolare attenzioPACK-CXL alla lampada a fessura ne ai pazienti affetti da disabilità. LA DEMOCRATIZZAZIONE DELL’ACCESSO Uno degli obiettivi principali del Professor Hafezi è quello di portare il cross-linking fuori dalla sala operatoria, in particolar modo nelle aree a medio e basso reddito, in modo da abbattere efficacemente le barriere d’accesso alla procedura. “La possibilità di portare il cross-linking fuori dalla sala operatoria è sicuramente vantaggiosa”, spiega Hafezi, “in quanto può risultare in un risparmio notevole di tempo che può essere impegnato nel fare, ad esempio, due operazioni di cataratta. Nei pae-

Il mondo dell’oftalmologia è pronto per fare un ulteriore passo avanti ed accogliere questa tecnologia

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Riflettori sull’Esperto

OLTRE IL SOFFITTO DI CRISTALLO La carriera, il merito e l’equità secondo Rita Mencucci

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Intervista alla Prof. Rita Mencucci, MD, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi

Per collegarsi al video, scansionare il codice QR

Un’ampia esperienza nel variegato e prospero mondo del segmento anteriore, costantemente coinvolta ed immersa nell’innovazione e nella ricerca di base fino ad affermarsi come un punto di riferimento nel campo della patologia corneale. Si definisce “fiorentina D.O.C.”. Nata e cresciuta professionalmente a Firenze, varie esperienze all’estero, attiva come medico e docente di oculistica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, la Prof. Rita Mencucci racconta la sua vita, l’impegno verso la ricerca e la cura del paziente, la dedizione alle nuove generazioni di oculisti ed oculiste ed il suo personale auspicio per una medicina più paritaria. Il tutto con un pizzico di inconfondibile toscanità. In quale sottospecialità o area di interesse si concentra la sua attività professionale? Ormai da tanti anni mi occupo del cosiddetto segmento anteriore. Quindi chirurgia della cataratta, ma non solo. Ho un interesse speciale per la cornea e per le malattie della superficie oculare: due argomenti che negli ultimi anni hanno rivoluzionato la routine della nostra professione. Da molti anni lavoro alla Clinica Oculistica dell’Università di Firenze in una joint venture molto rodata tra ospedale pubblico ed università. Il nostro è un grande ospedale che fa grandi numeri ed è davvero una sfida associare i grandi numeri con una qualità da serie A in un ambiente pubblico. Qual è il suo interesse principale nell’ambito lavorativo? Quali sono stati i momenti più degni di nota della sua carriera professionale? Nella mia lunga attività ho avuto diversi campi preferiti d’azione. Per quanto riguarda la chirurgia della

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cataratta ho sempre avuto un interesse speciale per le nuove tecnologie sia chirurgiche che diagnostiche. Soprattutto per quanto riguarda le nuove IOL, sono molto fiera di essere stata la prima ad introdurre in un ospedale pubblico, almeno qui in Toscana, le IOL multifocali e toriche e l’attività scientifica degli ultimi anni testimonia questo interesse. Attualmente, il mio obiettivo sarebbe quello di cercare di “migliorare l’ordinario”, lavorando con nuove lenti intraoculari monofocali modificate, che ci permettono di garantire una più ampia visione funzionale, come per esempio avere una buona visione intermedia senza correzione, assai utile per il contemporaneo stile di vita dei nostri pazienti. Quali sono gli altri obiettivi e gli eventuali traguardi della sua carriera professionale? Gli altri due interessi principali sono quelli relativi alla nascita e allo sviluppo del cross-linking corneale. La nostra avventura pionieristica è cominciata oltre 10 anni fa, insieme ai centri di Siena e Milano. Il nostro ospedale è un centro di riferimento per il trattamento del cheratocono ed il fatto di seguire tanti casi, anche giovani, provenienti da ogni parte del paese, è motivo di orgoglio anche personale. L’ultimo mio campo d’interesse è quello relativo alla cura delle cosiddette “malattie orfane”, come la cheratopatia neurotrofica. Siamo stati uno dei centri italiani coinvolti nella sperimentazione europea del Cenegermin, il fattore di crescita ricombinante NGF scoperto da Rita Levi Montalcini. Oggi è possibile trattare pazienti con ulcere corneali che, avendo una base neurotrofica,


di Timothy Norris

La Prof. Rita Mencucci è medico e docente di oculistica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze.

non avevano alcuna possibilità di guarire altrimenti. Un campo ed un punto di vista completamente nuovi, che ci permettono di entrare nel dettaglio dei processi di guarigione e che rappresentano una grossa opportunità per il futuro della medicina. Non si arriva a questo punto del cammino senza avere alle spalle dei maestri. Chi sono le persone che più hanno influenzato la sua carriera? Sono tante le persone a cui devo dire grazie. Non necessariamente devono essere illustri e famose, perché penso che si possa sempre imparare qualcosa da tutti. Dovendo citare delle figure di riferimento, comunque, posso nominarne essenzialmente tre. Il primo è il Professor Salvi, con cui mi sono laureata e specializzata; una persona molto schiva ma con una grande onestà intellettuale che spero di aver raccolto come un imprinting professionale. Secondo, il Professor Menchini, che ha succeduto il Prof. Salvi. Un carattere particolare che sotto una scorza un po’ ispida nascondeva un uomo con una sensibilità ed un’intelligenza fuori dal comune. Non posso assolutamente dimenticare l’ultima persona di riferimento, il Prof. Rizzo, che è stato nostro collega solo per pochi anni prima del trasferimento. Uomo di retina, mi ha aiutato moltissimo a muovermi anche al di fuori del suo ambito di specializzazione. Un uomo molto intelligente, con una visione ampia dell’oftalmo-

logia e sempre pronto a capire e a facilitare l’attuazione di nuove idee e tecnologie in un ospedale grande come Careggi la cui organizzazione è talvolta un po’ farraginosa. Lo ringrazio tanto per questo. Che importanza ricopre la sua professione nella vita di ogni giorno? La professione rappresenta una gran parte della mia vita. C’è un detto che recita: “scegli bene il tuo lavoro e non lavorerai un singolo giorno in

giusto peso a certe patologie della superficie oculare, lo devo proprio a tutti gli esperti internazionali ed europei che ho incontrato negli anni. Per esempio prima in Italia la patologia infettiva della superficie oculare veniva trattata in maniera un po’ grossolana, soltanto empirica, mentre oggi la si gestisce in modo più razionale con un occhio molto più attento alla valutazione microbiologica. Abbiamo oggi ben capito come sia fondamentale avere un approccio razionale e tempestivo in caso di infezioni della cornea. Ben vengano le influenze esterne che possono e potranno sicuramente in futuro migliorare Rita Mencucci la nostra pratica clinica ed ospedaliera.

Oggi è possibile trattare pazienti con ulcere corneali che, avendo una base neurotrofica, non avevano alcuna possibilità di guarire altrimenti vita tua”. Penso che sia davvero così e posso dire con certezza di essere così contenta del mio lavoro da ”non aver mai lavorato in vita mia”. Lei è presente sulla scena internazionale e coinvolta nel progresso dell’oftalmologia globale. Quanto di tutto ciò che si raccoglie viaggiando per il mondo, tra incontri e congressi, può essere portato a casa per arricchire la propria pratica clinica? Se ho imparato a gestire e a dare il

Al di fuori di questa vita professionale piena ed immersiva, ha altre passioni o degli hobby? Esiste ovviamente una Rita Mencucci anche al di fuori dell’oculistica, assolutamente. La mia passione è viaggiare. Mi piace moltissimo vedere nuovi luoghi, incontrare persone nuove, volare via, anzi, veleggiare via. Ho anche una predilezione per la musica classica, che adoro ascoltare nel tragitto casa-lavoro, e per il

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Riflettori sull’Esperto

..sempre più donne sono in platea, molto poche salgono sul palco o dirigono studi di livello internazionale

Rita Mencucci

cinema. Sono una cinefila mancata per certi versi, fin dalla tenera età ho organizzato cineforum ed è sempre stata una passione tenuta nel cassetto anche se continuo a seguire attentamente il cinema, in particolar modo quello europeo. Lei è una tra le poche donne in Italia ad ottenere una levatura internazionale nel percorso professionale. Come si può spiegare però questa mancata presenza femminile? In effetti, se andiamo ad un congresso di oculistica vediamo che la presenza femminile è sicuramente preponderante. L’aumento del numero

delle donne è un trend comune a tutta l’area medica. Tuttavia, anche se sempre più donne sono in platea, molto poche salgono sul palco o dirigono studi di livello internazionale. Esiste davvero un glass ceiling sopra la nostra testa che ci permette di vedere, ma ci impedisce di accedere ai piani superiori? È una questione controversa. Per esempio le nostre principali società scientifiche hanno consigli direttivi declinati quasi esclusivamente al maschile. Forse un buon modo per cominciare sarebbe intanto cercare di correggere questa anomalia. Certo, fortunatamente ci sono delle eccezioni, come le società che si occupano

di cornea (sempre molto avanti!) che hanno nel consiglio direttivo una buona rappresentanza femminile. Mettendosi dall’altra parte dell’ostacolo anche noi donne abbiamo un pochino di colpa. Vedo colleghe più giovani, molto preparate e capaci che in un certo senso si autolimitano, rischiando di relegarsi ad un ruolo secondario di “ottima ancella” piuttosto che impegnarsi in prima persona. A volte manca il coraggio. Sono d’accordo che uscire dalla comfort zone può impaurire, ma vi esorto davvero ad uscire allo scoperto e scendere in trincea tutte insieme.

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Nella foto in basso e a lato Il Dott. Cesare Forlini

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In questo numero di EyeSee presentiamo un caso da incubo molto particolare. Finora gli incubi che sono comparsi sulle nostre pagine sono stati assolutamente dalla parte del chirurgo, tra imprevisti, errori e salvataggi miracolosi. In questo simpatico video ideato dal Dott. Cesare Forlini e gentilmente concesso dal Dott. Matteo Forlini, il vero incubo, il dramma vero, è dalla parte della paziente che cade vittima di un’inaudita serie di sfortunati eventi. Fortunatamente tutto è bene ciò che finisce bene, grazie anche alle note e straordinarie capacità del Dott. Forlini. Ed ecco che l’incubo trova una sua catarsi nell’esito finale, che lo tramuta in una storia d’amore! Milva, 52 anni, è una paziente pseudofachica con una seria miopia in entrambi gli occhi. Giocando con il suo cane subisce un forte trauma da impatto all’occhio destro, quello dominante, con conseguenze disastrose: emorragia del vitreo ed espulsione sia del cristallino che dell’iride. Il Dott. Forlini esegue immediatamente una vitrectomia, evitando il distac-

co di retina, ma rendendo Milva afachica e con aniridia dell’occhio destro. Quando il problema sembrava risolto, meno di un mese dopo, Milva ha un altro incidente. Accidentalmente sbatte contro una porta, e subisce un altro trauma da impatto, questa volta all’occhio sinistro, che è pseudofachico, molto miope e affetto da ambliopia. La storia dunque si ripete: la paziente ha una forte emorragia del vitreo e l’espulsione sia del cristallino che dell’iride. Il Dott. Forlini interviene esattamente come per l’occhio destro, con gli stessi risultati. Quattro mesi dopo l’ultimo trauma, Milva si reca dal Dott. Forlini chiedendo di correggere la sua aniridia bilaterale con l’impianto dell’iride artificiale. Al di là del motivo puramente estetico, la paziente soffre di un’intensa fotofobia, che le causa non pochi problemi. Davanti al Dott. Forlini si presenta un caso complicatissimo: un’aniridia bilaterale da correggere simultaneamente. Il Dott. Forlini non si ferma di fronte alla sfida, e programma un intervento bilaterale simultaneo di impianto dell’iride artificiale su un quadro clinico drammatico come quello di Milva. L’incredibile chirurgia viene fatta dieci mesi dopo l’ultima vitrectomia post traumatica. Il genio e la maestria del Dott. Cesare Forlini si esprimono al meglio, in un’operazione pionieristica e coraggiosa che va a buon fine. Non potendo segnare su un’iride artificiale di silicone con una penna, il Dott. Forlini utilizza una tecnica del tutto originale, facendo dei taglietti per ottenere i segni chirurgici per le suture e per creare delle piccole iridectomie periferiche. I punti corrispondenti sulla sclera vengono segnati in blu, così da aiutare il corretto posizionamento dell’iride artificiale. Dopo aver perfettamente suturato l’iride artificiale, il Dott. Forlini procede


di Timothy Norris

con l’inserimento della stessa, non prima di essersi accertato che la IOP si mantenesse stabile tramite l’inserimento di una cannula di infusione da 25G attraverso un tunnel obliquo dal limbus corneale. Successivamente, utilizza un glide DSAEK per inserire l’iride artificiale e un forcipe per facilitare l’introduzione e il posizionamento. Con precisione chirurgica il Dott. Forlini riesce a inserire l’iride artificiale e

ripetere la stessa identica procedura nell’altro occhio. Un’operazione difficile e ad alta tensione che però finisce nel migliore dei modi e senza grosse complicanze, con notevole soddisfazione della paziente. Ma la domanda che sorge spontanea ora è questa: quale colore per le sue nuove iridi avrà scelto la paziente? Sorvolando sulle proposte glamour di emulare occhi di personaggi famosi, Milva aveva

preso la decisione di “restare in famiglia”, ma quale sarà stata nello specifico la sua scelta? Gli occhi della figlia o quelli del del marito? Il dilemma diventa il quesito di un sondaggio, che il Dott. Forlini sottopone simpaticamente ai suoi colleghi italiani e internazionali. Quali sono le loro congetture? E voi, quale pensate sarà la scelta di Milva? Per avere una risposta, guardate il video, e buon divertimento!

ATLANTE DELLE INFIAMMAZIONI OCULARI E. Miserocchi - G. M. Modorati - F.M. Bandello

Ad un anno dalla pubblicazione della prima parte dell’Atlante delle infiammazioni oculari, che riguardava il segmento anteriore, vede la luce il secondo volume di questo progetto, che tratta delle infiammazioni del segmento posteriore dell’occhio. Negli ultimi anni vi è stato un significativo aumento delle conoscenze di base riguardo forme di uveite posteriore un tempo sconosciute: vari meccanismi immunologi sono stati delucidati e diversi agenti eziologici di uveiti infettive, come quelli della malattia di Lyme o della malattia di Whipple, sono stati scoperti. Ma è soprattutto sul versante clinico che si sono realizzati i maggiori progressi. Le infiammazioni di retina e coroide sono fra le patologie oculari che più di tutte si sono avvantaggiate dei recenti progressi tecnologici in campo diagnostico e terapeutico. L’introduzione e il diffondersi di tecniche diagnostiche come la fotografia wide-angle del fundus, l’OCT ad alta risoluzione e l’angio-OCT, insieme con l’applicazione della PCR nell’identificazione di vari agenti patogeni, ha permesso una più pronta e precisa diagnosi di molte infiammazioni corioretiniche. Ciò è fondamentale in quanto una diagnosi precoce, quando la malattia è ancora in fase iniziale, può permettere di instaurare misure adeguate atte ad evitare il prodursi di danni irreversibili. Sul versante terapeutico poi è stato osservato un fondamentale progresso con le iniezioni intravitreali di vari farmaci che permettono di fornire a quel santuario farmacologico che è la retina una quantità di medicamento non ottenibile con altre vie di somministrazione. Ed infine, l’uso più esteso della vitrectomia via pars plana, oggi eseguita con strumenti molto sofisticati e mini-invasivi, permette di affrontare casi di endoftalmite o talune forme di panuveite altrimenti non aggredibili. L’impostazione di questo atlante ricalca quella del precedente, con una breve descrizione delle varie patologie seguita da un’ampia parte iconografica in cui vengono presentati sia casi scolastici come anche casi meno tipici delle varie forme di uveite. La speranza è che questo secondo volume possa avere lo stesso successo riscosso dal precedente, il che ripagherebbe l’impegno dei vari collaboratori, giovani e meno giovani, che hanno contribuito alla sua realizzazione. Francesco Bandello

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LA COMMISSIONE EUROPEA APPROVA BEOVU PER IL TRATTAMENTO DELL’AMD ESSUDATIVA

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La Commissione Europea ha approvato Beovu®️ (brolucizumab 6mg), anti-VEGF di nuova generazione prodotto da Novartis per il trattamento della AMD essudativa, dopo il via libera del CHMP lo scorso dicembre. Brolucizumab, noto anche come RTH258, è un anticorpo monoclonale a catena singola che si lega a tutte le isoforme di VEGF-A. Si tratta inoltre

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di una molecola più piccola rispetto ad altri anti-VEGF, che penetra meglio all’interno della retina e scompare velocemente dalla circolazione sanguigna, riducendo così il rischio di effetti collaterali. L’opinione positiva è basata sui risultati di HAWK e HARRIER, due trial clinici internazionali comparativi di fase 3, in cui Beovu si è dimostrato non-inferiore ad aflibercept nella variazione media della migliore acuità visiva corretta dalla baseline al primo anno. In entrambi i trial clinici, circa il 30% dei pazienti trattati con Beovu ha guadagnato 15 lettere nel primo anno. Inoltre, per la prima volta i pazienti coinvolti negli studi hanno potuto iniziare il trattamento con un intervallo di tre mesi subito dopo la fase di carico. A un anno, oltre la metà dei pazienti ha mantenuto un intervallo di trattamento di tre mesi (56% in HAWK e 51% in HARRIER). Beovu ha dimostrato un profilo di sicurezza generale paragonabile a quello di aflibercept. Lo scorso ottobre, Beovu ha ricevuto l’approvazione anche dalla FDA per il trattamento dell’AMD umida. La decisione della Commissione Europea si applica ai 27 paesi dell’Unione, al Regno Unito, Islanda, Norvegia e Liechtenstein. Fonte: https://novartis.gcs-web.com/ Novartis-receives-EC-App r o v a l - f o r- B e o v u - a - n e x t - g e neration-anti-VEGF-treatment-for-wet-AMD-a-leading-cause-of-blindness-worldwide


FBOV PRESENTA UN PROGETTO PER L’USO DELLE CELLULE STAMINALI PER L’AMD

È Nella foto, il Dott. Diego Ponzin

È stato presentato a Retina2020 a Treviso un nuovo progetto di Fondazione Banca degli Occhi del Veneto sull’uso di cellule staminali embrionali per ricostruire l’epitelio pigmentato della retina nei casi di degenerazione maculare senile. La ricerca è ancora in fase preliminare, ma ha già prodotto dei buoni risultati, secondo quanto riferito dal Dott. Diego Ponzin, Direttore di Fondazione Banca degli Occhi. “Stiamo studiando l’AMD facendo leva sull’esperienza

che abbiamo acquisito nel campo della terapia cellulare delle malattie della cornea”, spiega il Dott. Ponzin. “L’epitelio pigmentato retinico sembra essere compromesso ab origine nella patogenesi della malattia. Per questo motivo abbiamo cominciato un progetto che prevede di ricostruire in laboratorio delle porzioni di esso partendo da cellule staminali embrionali, disponibili nel mondo scientifico e industriale anche per applicazioni sull’uomo. Sono cellule che si possono differenziare ed ‘educare’ a svolgere le stesse funzioni di quelle dell’epitelio pigmentato retinico”. Il progetto prevede anche lo sviluppo di una tecnologia per l’inserimento di questo sottilissimo tessuto formato da cellule staminali. “Speriamo in questo modo di contenere i danni dell’occhio che si ammala di degenerazione maculare senile, correggendo le alterazioni strutturali e ripristinando in parte l’acuità visiva”, afferma il Dott. Ponzin. “Siamo arrivati ad un punto abbastanza positivo in fase preliminare”. I primi studi di applicabilità saranno svolti su occhi di animali per poi procedere all’inoltro della richiesta al Ministero della Salute per operare su alcuni pazienti. La Fondazione Banca degli Occhi del Veneto è la prima banca in Europa per numero di cornee raccolte e distribuite ed è da sempre impegnata nella ricerca sulle cellule staminali. È tra i primi centri al mondo in grado di distribuire lembi di cellule staminali corneali ricostruiti in vitro per la cura di patologie oculari non curabili con il solo trapianto. 27


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PROROGA ECM: CONSULCESI ELABORA UN VADEMECUM PER EVITARE SANZIONI

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La Commissione Nazionale per l’Educazione Continua in Medicina ha deciso di prorogare di un altro anno il tempo per assolvere all’obbligo formativo dei 150 crediti ECM relativi al triennio 20172019. I professionisti che non si

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atterranno a quest’obbligo entro il 31 dicembre 2020 andranno incontro a sanzioni, correndo rischi anche per la propria attività professionale. Consulcesi, ente a tutela dei diritti legali dei medici, ha stilato un vademecum per evitare queste spiacevoli conseguenze. “La nuova fase dell’ECM prevede molte novità e si sta lavorando per valorizzare al massimo la formazione per lo svolgimento dell’attività professionale”, ha dichiarato il Presidente di Consulcesi, Massimo Tortorella. “L’Educazione Continua in Medicina, avviata nel 2002 con il DLgs 502/1992 ha rappresentato un forte messaggio nel mondo della sanità ma ha trovato difficoltà di applicazione: per questo sono in corso modifiche e integrazioni e si è resa necessaria anche una nuova proroga dopo quella già concessa nel precedente triennio”. Intanto dal 1 gennaio di quest’anno è iniziato il nuovo triennio 2020-2022 per il quale è previsto un obbligo pari a 150 crediti ECM acquisibili partecipando a corsi, congressi e convegni sia residenziali sia a distanza (FAD), e attraverso l’autoformazione. Per informazioni o chiarimenti è possibile contattare i consulenti Consulcesi tramite il sito www.consulcesi.it o al numero verde 800.122.777. È possibile consultare il vademecum al link: https://www. eyeseenews.it/?q=news/proroga-ecm-consulcesi-elabora-un-vademecum-evitare-sanzioni%C2%A0


SANTEN ANNUNCIA LA PUBBLICAZIONE DEI RISULTATI REAL-WORLD DI VISIONARY PER IL GLAUCOMA AD ANGOLO APERTO

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Nella foto, il Dott. Francesco Oddone

Santen EMEA ha annunciato la pubblicazione su Advances in Therapy dei risultati dello studio real-world VISIONARY. Lo studio ha testato l’efficacia e la tollerabilità di un farmaco per uso topico a combinazione fissa di tafluprost (0,0015%) e timololo (0,5%) senza conservanti in pazienti con glaucoma ad angolo aperto e ipertensione oculare. Condotto in 12 paesi europei con un follow up di sei mesi, VISIONARY ha dimostrato che la terapia riduce in modo significativo la pressione intraoculare (IOP) in pazienti con insufficiente risposta alla monoterapia con analoghi delle prostaglandine (PGA) o betabloccanti, migliorando sensibilmente la salute della superficie oculare. “Lo studio VISIONARY avrà un impatto positivo sulla gestione del glaucoma, perché ha generato dei dati real-world basati su una vasta popolazione di pazienti, in grado di darci una visione più chiara di ciò che possiamo aspettarci nella pratica clinica”, ha commentato il Dott. Francesco Oddone, Principal Investigator di VISIONARY, in un comunicato stampa di Santen. Miglioramenti significativi sono stati osservati a partire dalla quarta settimana di trattamento. La riduzione media della IOP è stata di 5.4±3.76 mmHg (23,7%) alla quarta settimana, 5.9±3.9 mmg (25,6%) alla dodicesima settimana e 5.7±4.11 mmHg (24,9%) al sesto mese. La percentuale di risposta al sesto mese è stata del 69,2%. Il trattamento è stato ben tollerato, senza avventi avversi severi. È stata riportata una significativa riduzione dell’iperemia congiuntivale a partire dalla quarta settimana, indipendentemente dall’uso precedente di PGA. Un sensibile miglioramento di segni

e sintomi di occhio secco è stato riscontrato al sesto mese. La gravità del dry eye si è ridotta del 30,8%, l’irritazione del 31% e la sensazione da corpo estraneo del 23%. Molti specialisti hanno riportato un miglioramento nel controllo della IOP rispetto ai precedenti trattamenti e la tollerabilità è stata valutata come buona o molto buona dal 91,4% dei pazienti al sesto mese. Effetti collaterali come arrossamento, bruciore, crescita delle ciglia e pigmentazione della zona perioculare sono comuni con alcuni farmaci topici per il glaucoma e hanno un provato impatto sull’aderenza al trattamento. Analogamente, influiscono sulla compliance i regimi di trattamento troppo complessi con somministrazioni multiple. Il farmaco combinato di Santen è concepito per superare entrambi questi problemi. “I pazienti sono al centro di tutto ciò che facciamo, motivo per il quale siamo così impegnati nel continuare a valutare l’efficacia e la tollerabilità dei nostri prodotti in un setting real-world” ha affermato Luis Iglesias, Presidente di Santen EMEA. “Gli studi real-world, come VISIONARY, sono preziosi perché le informazioni vengono generate al di fuori dei trial clinici controllati e all’interno dei sistemi sanitari a cui ci associamo per aiutare i pazienti con problemi oculari”. Per approfondimenti: Oddone F, Tanga L, Kóthy P, Holló G; VISIONARY Study Group. Combination Therapy: The VISIONARY Study. Treatment of Open-Angle Glaucoma and Ocular Hypertension with Preservative-Free Tafluprost/Timolol Fixed-Dose. Adv Ther. 2020 Feb 18. doi: 10.1007/ s12325-020-01239-8. 29


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L’EMA HA ACCETTATO LA RICHIESTA DI ESAMINARE LA MAA DI ROCLANDA Aerie Pharmaceuticals, Inc. ha annunciato che l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha accettato di esaminare la richiesta di autorizzazione alla commercializzazione (MAA) di Roclanda®️ (netarsudil e latanoprost ophthalmic solution) 0.02%/0.005%. Roclanda è in commercio negli USA con il nome di Rocklatan ed è indicato per la riduzione dell’IOP elevata nei pazienti con glaucoma ad angolo aperto o ipertensione oculare. L’opinione del Comitato per i Medicinali a Uso Umano (CHMP) arriverà alla fine del 2020. “Siamo contenti che le autorità europee abbiano accettato la nostra richiesta per Roclanda. Se approvato, Roclanda, che associa il nostro inibitore della Rho-chinasi con un analogo della prostaglandina, sarebbe la prima combinazione a dosaggio fisso in Europa”, ha affermato Vicente Anido, Jr, PhD, Presidente e Direttore dell’Ufficio Esecutivo di Aerie. “Ci aspettiamo di completare il nostro studio Mercury 3 per la seconda metà del 2020. Lo studio non è un requisito per l’approvazione dell’EMA, ma è un supporto per le attività di determinazione dei prezzi di vendita e di rimborso”. Fonte:https://investors.aeriepharma.com/news-releases/news-release-details/aerie-pharmaceuticals-announces-acceptance-review-roclandar

FDA APPROVA LE LENTI MiSIGHT DI COOPERVISION PER RALLENTARE LA PROGRESSIONE DELLA MIOPIA NEI BAMBINI Sono state approvate dalla FDA lo scorso novembre le lenti a contatto MiSight, in grado di rallentare la progressione della miopia nei bambini distribuite da CooperVision. Le lenti morbide MiSight sono monouso giornaliere. Una parte della lente corregge l’errore di rifrazione e migliora la visione a distanza e gli anelli periferici concentrici focalizzano la luce davanti alla retina, riducendo lo stimolo che causa la progressione della miopia. L’efficacia delle lenti è stata studiata con un trial clinico controllato randomizzato di tre anni effettuato su 135 bambini tra gli 8 e i 12 anni, utilizzando sia le lenti MiSight che lenti morbide standard. Lo studio ha dimostrato che coloro che indossavano le lenti MiSight registravano una riduzione della progressione della miopia rispetto alle lenti standard (59%), con un minore aumento della lunghezza assiale ad ogni controllo annuale. Durante il trattamento non si sono registrati effetti collaterali significativi. CooperVision prevede di lanciare MiSight sul mercato USA per la primavera del 2020. Fonte:https://www.fda.gov/news-events/press-announcements/fda-approves-first-contact-lens-indicated-slow-progression-nearsightedness-children

ZIMURA, UNA PROMESSA CONTRO L’ATROFIA GEOGRAFICA Considerare il sistema del complemento C5 come target per l’inibizione del processo di apoptosi delle cellule RPE della macula si sta rivelando efficace per rallentare l’espansione dell’atrofia geografica, affermano recenti studi. Incoraggianti sono i risultati forniti da uno studio cardine di fase 2b sull’efficacia di Zimura (avacincaptad pegol, Iveric bio), un inibitore C5 di ultima generazione, nel trattamento della patologia. Lo studio ha esaminato 286 pazienti confrontando diversi dosaggi ad un gruppo placebo. Zimura si è dimostrato in grado di stimolare una riduzione fino al 27% della velocità di espansione dell’atrofia geografica secondaria all’AMD. “Zimura mira a bloccare il sistema di complemento a livello del fattore 5, un po’ più avanti rispetto al composto inibitore C3 APL-2, che a sua volta ha dimostrato un profilo di efficacia equivalente”, ha spiegato Marco Zarbin, MD, PhD intervistato a Retina2020 a Treviso. “Bisogna ricordare che il sistema del complemento è molto importante nella difesa contro le infezioni ed è responsabile del mantenimento di una retina sana. Per questo un inibitore C5 potrebbe rivelarsi più sicuro di un C3”, ha affermato Zarbin. “Questo verrà sicuramente dimostrato dai risultati dello studio di fase 3 attualmente in corso”.

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Tecniche chirurgiche

MSICS, UNA TECNICA NEL NOME DELLA SOSTENIBILITÀ Paolo Lanzetta descrive la tecnica più efficace da adottare per la rimozione di una cataratta in assenza di tecnologie gold standard

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Intervista al Prof. Paolo Lanzetta, MD, Università degli Studi di Udine, Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare

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Una versione modificata della Small Incision Cataract Surgery manuale (MSICS), che unisce passaggi tipici della faco-chirurgia mini-invasiva e della SICS tradizionale, è un’alternativa sicura ed efficace in paesi in cui il facoemulsificatore non è sostenibile. “Meno invasiva della extracapsulare e con un recupero più veloce, la SICS manuale è la tecnica ideale per i pazienti dei paesi a medio e basso reddito, anche perché la maggior parte delle cataratte che troviamo sono dure ed imbrunite, le cosiddette ‘rocky cataracts’. Situazioni a cui non tutti i chirurghi sono abituati”, spiega il Prof. Paolo Lanzetta, Direttore della Clinica Oculistica dell’Università di Udine e Direttore Scientifico dell’Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare. Il Prof. Lanzetta ha maturato una buona esperienza per questo tipo di operazioni chirurgiche negli anni grazie a molte missioni nel continente africano,

nello specifico in Togo e Ghana. “La procedura inizia effettuando un flap congiuntivale a base fornice per separare la congiuntiva dal limbus superiore”, spiega Lanzetta. La fase successiva è un’incisione sclerale in tre fasi: il solco sclerale o incisione esterna, la dissezione del tunnel a tasca sclero-corneale e l’entrata nella camera anteriore con incisione interna. “Un’incisione sclerale arcuata viene eseguita con un bisturi 30°, 2.00 mm posteriore al limbus, centrata a ore 12, dalle ore 11 alle ore 2”, spiega Lanzetta. “La lama dovrebbe sempre rimanere perpendicolare alla sclera mentre si incide ad una profondità regolare ed uniforme. Il solco non deve essere né troppo profondo né troppo sottile”, consiglia. “Un solco profondo potrebbe portare ad una dissezione del tunnel più difficoltosa e ad un’entrata prematura nella camera anteriore. La seconda invece potrebbe causare la perforazione del lembo sclerale o corneale”. Il punto cruciale del tunnel sclero-corneale è un’incisione esterna meno ampia, un’incisione interna più ampia e una dissezione del tunnel laterale ampia. “Questa configurazione permette l’estrazione di un nucleo di grosse dimensioni contemporaneamente ad un’efficiente chiusura a valvola e un astigmatismo post operatorio entro parametri accettabili”, spiega Lanzetta. La dissezione viene effettuata con un bevel-up ad angolo crescente. Il margine della lama intaglia il solco prima di proseguire all’interno della sclera, dissezionando un tratto rettilineo iniziale per poi muoversi lateralmente a destra e a sinistra. “Una volta raggiunto il piano corneale, la lama


di Timothy Norris

Il Prof. Paolo Lanzetta ha preso parte a molte missioni nel continente africano, nello specifico in Togo e Ghana.

avanza di circa 2 millimetri in cornea chiara con la creazione di un margine lineare orizzontale”, descrive Lanzetta. “Due tasche laterali nella sclera e nella cornea possono rendere più semplice l’estrazione del nucleo dalla camera anteriore”, afferma. Dopo aver completato il tunnel, viene creata una porta laterale con una lama 30° per effettuare la capsuloressi. Secondo Lanzetta “in molti casi una mancanza di riflesso rosso e la presenza di una cataratta intumescente possono essere osservate, e per questo motivo è necessario immettere aria nella camera anteriore attraverso la paracentesi, e successivamente iniettare del colorante capsulare”. Dopo qualche secondo è possibile eliminare l’aria e il colorante in eccesso con l’iniezione di viscoelastico. “Una volta che la camera anteriore è stata ben riempita di viscoelastico, la capsula viene aperta con l’aiuto di un ago da 30 gauge. Viene sollevato un flap capsulare prima di effettuare una capsuloressi circolare continua (CCC), usando la stessa pinza usata per la MICS”, spiega Lanzetta. I vantaggi della CCC sulle altre tec-

neamente si mantiene la giusta pressione per consentire il sollevamento del nucleo dalla capsula verso la camera anteriore”. Durante questa manovra viene iniettato del ringer lattato dietro il margine della ressi attraverso una cannula piatta angolata fino a dislocare il criniche di apertura della capsula sono stallino in camera anteriore. “Un ago ampiamente descritte in letteratura. da 30-gauge o un uncino di Sinskey “Nel caso della SICS, permette una possono essere utilizzati per agire sul manipolazione in sicurezza del nucleo nucleo e facilitare la rotazione e l’uscidurante la fase lussazione in camera ta dalla capsula”, aggiunge Lanzetta. anteriore. Ovviamente la CCC deve Una volta che il nucleo è stato spoessere più ampia rispetto alla facoe- stato completamente nella camera mulsificazione. Quindi è necessaria anteriore, viene iniettato abbondante più attenzione per evitare una fuga viscoelastico tra l’endotelio e la lente della ressi”, consiglia Lanzetta. e tra la lente e la capsula posteriore. Una volta completata la CCC è prefe- “Una buona opzione è usare una soluribile accedere alla camera anteriore zione oftalmica al 2% di ipromellosa in quanto è meno costosa di altri viscoelastici. In certi casi, per mantenere una dilatazione accettabile durante l’aspirazione della corteccia e l’impianto della IOL, è consigliabile 1mL di adrenalina (100 µg) da iniettare dietro al Paolo Lanzetta nucleo prima della sua estrazione”, Lanzetta consiglia. con un cheratomo angolato tramite il Dopo l’iniezione di viscoelastico all’inlimite anteriore del tunnel. Secondo terno del tunnel sclerale, il cheratomo Lanzetta “durante la fase di idrodisse- angolato viene reinserito fino all’aperzione è raccomandabile evitare un’a- tura preesistente della camera anteriopertura completa del tunnel per evi- re. La punta della lama è quindi insetare una fuga di fluido e viscoelastico rita in camera anteriore, effettuando in eccesso dalla camera anteriore sia accessi multipli laterali paralleli all’iride attraverso la paracentesi che attraver- fino a raggiungere l’estremità laterale so il tunnel. Così facendo non si corre dell’incisione interna. il rischio di danneggiare la capsula “Ora, il nucleo è pronto per essere posteriore e la zonula, e contempora- estratto dalla camera anteriore”, af-

Meno invasiva della extracapsulare e con un recupero più veloce, la SICS manuale è la tecnica ideale per i pazienti dei paesi a medio e basso reddito

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Tecniche chirurgiche

Il nostro obiettivo finale è quello di insegnare questa tecnica efficace, sicura e sostenibile affinché altri volontari e specialisti locali possano prestare la propria opera a favore di pazienti disagiati bisognosi

Paolo Lanzetta

ferma Lanzetta. “In caso di necessità si può aggiungere del viscoelastico ed effettuare l’estrazione del cristallino con la tecnica fish-hook, sviluppata da Henning e Tynovsky nel 1997 al Lahan Eye Hospital in Nepal. Un piccolo uncino ad amo realizzato con un ago da 30 gauge viene utilizzato per estrarre l’intero nucleo attraverso un tunnel autorichiudente”, racconta. La tecnica fish-hook semplifica notevolmente le manovre delicate e cruciali necessarie all’estrazione della lente. “L’uncino ad amo viene inserito tra il nucleo e la capsula posteriore e poi viene girato per agire sul nucleo centrale inferiore. Dopo di che, il nucleo può essere facilmente ed elegantemente estratto attraverso il tunnel”, spiega Lanzetta. Gran parte della corticale può esse-

re eliminata iniettando ringer lattato con una cannula piatta angolata e con l’apertura intermittente dell’incisione esterna. “La corteccia rimanente può essere rimossa tramite irrigazione ed aspirazione con una cannula Simcoe attraverso l’accesso laterale, permettendo di mantenere la profondità della camera anteriore”, spiega Lanzetta. Secondo Lanzetta, nel momento dell’inserimento della IOL, si profilano due possibilità. “Le lenti possono essere inserite sia attraverso il tunnel che attraverso l’accesso laterale usando un iniettore e una lente pieghevole. Nel primo caso, dopo aver dilatato la camera anteriore con del viscoelastico, una lente PMMA monopezzo può essere collocata sia nel solco che nel sacco capsulare. Nel secondo caso, una camera anteriore più

Il Prof. Paolo Lanzetta durante un’operazione chirurgica di un paziente dell’Ospedale Comboni di Sogakope, Ghana

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stabile è disponibile per l’impianto, e l’inserimento della IOL nel sacco con un iniettore è più facile, simile ad una chirurgia della cataratta con microincisione”, spiega. Nella maggior parte dei casi, i tunnel sclero-corneali sono autosigillanti e l’idratazione dell’ingresso laterale con una cannula è sufficiente per mantenere la camera anteriore. La congiuntiva può essere riposizionata sull’incisione del solco del tunnel con la cauterizzazione. Nonostante la brevità dell’operazione e la sostenibilità nei costi e nella strumentazione, per effettuare una MSICS bisogna sapere bene cosa si sta facendo. “Non si tratta comunque di una tecnica semplice, anche per chi ha una discreta esperienza”, afferma il Prof. Lanzetta. “Se si vuole fare volontariato e prestare le proprie capacità in contesti più sfortunati, non ci si può esimere dall’imparare a destreggiarla. Fortunatamente ci sono molti strumenti didattici realizzati da chirurghi di fama internazionale che possono permettere un facile accesso ed apprendimento della tecnica” afferma. Il Prof. Lanzetta usa questa tecnica nella quasi totalità dei pazienti all’Ospedale Comboni di Sogakope, in Ghana. “Non è una tecnica inizialmente semplice in quanto aggiunge alla SICS tradizionale alcune manovre derivate dalla facoemulsificatore e dalla estrazione extracapsulare”, afferma Lanzetta. “Il nostro obiettivo finale è quello di insegnare questa tecnica efficace, sicura e sostenibile affinché altri volontari e specialisti locali possano prestare la propria opera a favore di pazienti disagiati bisognosi”, conclude.


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Approfondimenti

L’OCCHIO SECCO GIOVANILE:

COME RICONOSCERLO E COME PREVENIRLO

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Intervista al Dott. Alessandro Mularoni, Direttore di Oculistica dell’Ospedale di Stato della Repubblica di San Marino

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L’occhio secco è un disturbo oculare sempre più diffuso che può rivelarsi un vero grattacapo per il paziente e un motivo di disagio non indifferente. Si stima che in Italia il 25% della popolazione soffra di questa patologia e che le donne siano le più colpite, soprattutto dopo la menopausa. Generalmente legato all’invecchiamento, a fattori ambientali e in alcuni casi a patologie associate, la sindrome dell’occhio secco sta acquisendo sempre più importanza nel dibattito internazionale tra esperti e specialisti. L’occhio secco però può colpire anche i più giovani e creare non pochi disturbi, soprattutto in particolari condizioni. Dell’importanza di iniziare a parlare di occhio secco giovanile abbiamo discusso con il Dott. Alessandro Mularoni, Direttore di Oculistica presso l’Ospedale di Stato della Repubblica di San Marino, che ha presentato l’argomento al 99° Congresso Nazionale SOI a Roma lo scorso novembre. L’OCCHIO SECCO GIOVANILE “Fino a poco tempo fa nessuno

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parlava dell’occhio secco nel giovane, si pensava non fosse un problema”, spiega il Dott. Mularoni. “Quando è stata descritta per la prima volta l’epiteliopatia neurotrofica LASIK-indotta (LINE) in pazienti che lamentavano gravi problemi di secchezza per diversi mesi, si è capito che anche il giovane poteva avere problematiche di occhio secco”. Stava dunque emergendo una nuova problematica legata a doppio filo alla chirurgia refrattiva, procedura che di solito si fa tra i 20 e i 40 anni d’età. “Si è osservato che nei periodi post-operatori degli interventi di PRK e LASIK i pazienti avevano una fase transitoria in cui molti di loro lamentavano i classici sintomi da occhio secco: bruciore, irritazione, occhio rosso e soprattutto visione fluttuante”, illustra Mularoni. “L’interruzione delle terminazioni nervose indotte da PRK e LASIK è il punto di partenza”, afferma Mularoni. “Si blocca un riflesso neurogeno che determina una diminuzione della frequenza di ammiccamento, una undiminuita produzione di lacrime, un aumento della concentrazione di mediatori infiammatori. Questo crea il circolo vizioso tipico dell’occhio secco”. Questo tuttavia è noto e non costituisce un problema; poiché, nelle settimane successive all’intervento di chirurgia refrattiva, sia la produzione di lacrime che la stabilità del film lacrimale tornano gradualmente alla normalità e di conseguenza cessano i disturbi soggettivi post-operatori. Il problema sorge quando la situazione di occhio secco post-operatorio si cronicizza. “Questo accade quando il paziente presenta prima del trattamento una situazione di secchezza e/o di flogosi”, spiega Mularoni. “Dunque si è iniziato ad approfondire l’anamnesi e a sottoporre il paziente a test


di Laura Gaspari

Quando è stata descritta per la prima volta l’epiteliopatia neurotrofica LASIK-indotta (LINE) in pazienti che lamentavano gravi problemi di secchezza per diversi mesi, si è capito che anche il giovane poteva avere problematiche di occhio secco

Alessandro Mularoni

lacrimali e a questionari nel periodo pre-operatorio; se si evidenziano problemi il paziente viene trattato prima di sottoporsi all’intervento, e questo contribuisce molto a limitare il fastidio e far sì che non si passi ad una fase cronica del disturbo”. L’IMPORTANZA DELLE NOSTRE ABITUDINI E I FATTORI DI RISCHIO Ci sono degli importanti fattori di rischio da tenere in considerazione quando si approccia un paziente giovane che vuole sottoporsi ad un intervento di chirurgia refrattiva. “L’uso delle lenti a contatto è un fattore di rischio. Chi si avvicina alla chirurgia refrattiva è colui o colei che ha usato per tante ore al giorno le lenti e ad un certo punto non riesce più a tollerarle”, afferma Alessandro Mularoni. “Questo è un chiaro segno che c’è già un problema, un’infiammazione di base, un film lacrimale instabile, e questo deve subito far capire all’oftalmologo che il paziente deve essere trattato sospendendo le lenti e facendo una terapia specifica per poi valutare se procedere con la chirurgia refrattiva”. L’uso delle lenti a contatto come fattore di rischio per l’occhio secco è tuttavia storia già nota. Invece un problema attuale e meno prevedibile è legato alle abitudini di vita e a come esse cambiano nel tempo, coinvolgendo anche il nostro stile di vita, gli ambienti in cui viviamo e ciò che mangiamo. “Oggi stiamo pochissimo all’aria aperta. D’inverno rimaniamo molto tempo in ambienti chiusi con il riscaldamento e in estate con l’aria condizionata. Anche i nuovi regimi alimentari sono cambiati e questo influisce molto”, spiega Mularoni. Nuovi regimi alimentari si stanno dif-

fondendo senza un parere medico e potrebbero giocare un ruolo fondamentale nella comparsa di un’alterazione della superficie oculare. “Ci sono molti pazienti giovani che seguono le cosiddette diete fai da te senza essere assistiti da un dietologo, che assicuri un regime alimentare completo. Ci stiamo accorgendo che questi pazienti vanno incontro a più problemi legati alla superficie oculare. Spesso vogliono sottoporsi alla chirurgia refrattiva per eliminare gli occhiali perché sono alla ricerca di un miglioramento del loro aspetto fisico a 360 gradi”, afferma Mularoni. “Ma non solo, i pazienti che si sottopongono a terapia bariatrica, se non sono opportunamente supportati, non assorbono certe vitamine, come la vitamina A, e possono sviluppare disturbi come l’emeralopia o un’alterazione della superficie oculare. Allo stesso modo, le diete legate più a scelte ‘etiche’ e che escludono le proteine animali, devono essere sempre seguite da uno specialista per integrare correttamente la carenza di alcune sostanze”. Anche le cattive abitudini alimentari possono condurci ad avere seri problemi per i nostri occhi. “Ho seguito il caso di un ragazzo che mangiava solo

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pasta in bianco e che ha sviluppato una metaplasia squamosa della cornea e della congiuntiva”, racconta il Dott. Mularoni. “Questi sono i nuovi disturbi del comportamento alimentare che hanno dei ritorni particolarmente significativi sul nostro stato di salute”. QUALI ACCORGIMENTI PRENDERE? Davanti ad un problema che sta prendendo sempre più piede, è necessario assumere le dovute contromisure, come suggerito dal Dott. Mularoni. “Le cose importanti da fare sono principalmente tre: la prima è prendere informazioni sull’ambiente in cui il paziente lavora, sullo stile di vita comprese le abitudini alimentari, cosa che spesso viene dimenticata. Potrebbe essere utile avere un questionario dedicato; la seconda è valutare in maniera approfondita lo stato di salute dell’occhio con una serie di test dedicati; la terza è non avere fretta di eseguire un intervento anche se il paziente ce lo richiede. Meglio prima trattare eventuali problematiche emerse durante la visita e sottoporre l’occhio al trattamento in una fase di quiescenza”.

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Sofferenza epiteliale con luce blu (1) e filtro giallo (2)

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CON UNO SGUARDO AL FUTURO, PUBBLICHIAMO LE PRIME INFORMAZIONI SU UNA NOVITÀ DI RICERCA CHE HA COINVOLTO UNA QUALIFICATA STRUTTURA CLINICA E LE PRIME VALUTAZIONI STATISTICHE DEI DATI FINO AD ORA RACCOLTI

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Studio pilota, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco per valutare l’effetto di una sostanza fitosoma (MERIVA®) sulla progressione della degenerazione maculare legata all’età. Nei prossimi anni si prevede che patologie oculari come la AMD, aumenteranno a causa di una varietà di fattori, tra cui l’invecchiamento della popolazione, lo stile di vita e le malattie croniche. La AMD, degenerazione maculare legata all’età, è la prima causa di grave ipovisione in soggetti al di sopra dei 55 anni nei paesi industrializzati. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2030 il numero dei pazienti affetti da AMD raggiungerà i 243,4 milioni, con un aumento del 24% rispetto al 2020. Sono stati identificati numerosi fattori di rischio: etnia, sesso, fumo, alcool, iperlipidemia, ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari, obesità, esposizione alle radiazioni visibili o ultraviolette e carenze nutrizionali. Evidenze crescenti indicano tuttavia che la AMD è una condizione a valle di uno stato infiammatorio cronico in cui l’attivazione del sistema immunitario svolge un ruolo importante. Nel processo di patogenesi della degenerazione maculare, quindi, è fondamentale contrastare non solo l’ossidazione, come dimostrato dal primo studio AREDS, ma anche l’infiammazione cronica, in quanto il progredire di questa patologia può ulteriormente sfociare in AMD umida. Si rivela quindi necessario che l’evoluzione scientifica sia rivolta al contrasto degli effetti dell’azione ossidante e infiammatoria, con un intervento diretto all’origine delle cause.

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Attualmente per la AMD secca non esiste alcun trattamento specifico, a parte sensibilizzare su misure preventive per evitare la progressione della malattia. Tra queste appunto l’assunzione di alcune sostanze naturali specifiche contenute in numerosi integratori alimentari presenti in commercio, che a vario titolo si rifanno agli studi AREDS e AREDS2. Molti studi suggeriscono che la patogenesi della AMD sia correlata alla disfunzione dell’Epitelio Pigmentato Retinico (EPR). L’EPR espleta funzioni metaboliche essenziali per la sopravvivenza dei fotorecettori retinici tra cui la fagocitosi e degradazione dei segmenti esterni dei fotorecettori. La riduzione dell’importante attività di fagocitosi dell’EPR, esplicata a livello lisosomiale, gioca un ruolo fondamentale nella patogenesi di malattie retiniche provocando un accumulo di lipofuscina nei lisosomi che si evidenzia clinicamente con la formazione di Drusen. La quantità e le dimensioni delle drusen sono un indice di progressione della AMD. L’attivazione della Microglia Retinica è coinvolta nella AMD neovascolare in quanto dà origine a sostanze pro infiammatorie e iperproduzione di VEGF. Il PPARγ è un recettore nucleare che regola il deposito di acidi grassi insaturi e il metabolismo del glucosio ed ha capacità di legame con prostaglandine e leucotrieni. Il PPARγ è in grado con la sua azione di ridurre il processo infiammatorio. Esiste una sostanza, un’agonista del PPARγ, a base di curcuma fitosoma (MERIVA®), componente della formulazione iPhytoone® di Eye Phar-


ma, in grado di controllare che la risposta infiammatoria naturale non si trasformi in infiammazione cronica, la quale sta alla base della formazione di alterazioni retiniche quali drusen o iperpigmentazioni. Su queste basi è nata la volontà di testare questa sostanza per uno studio pilota, con l’obiettivo di individuare quale potesse essere la dimensione del campione per un eventuale nuovo studio. Sono stati così arruolati soggetti di età superiore a 50 anni che dimostrassero presenza di drusen di qualsiasi dimensione in uno o entrambi gli occhi. Sono stai esclusi dallo studio soggetti con alterazioni oculari che potessero influenzare la valutazione delle drusen, soggetti con segni di neovascolarizzazione coroidale (CNV) in entrambi gli occhi, soggetti con patologie sistemiche che potessero interferire con l’assorbimento del prodotto, soggetti che stessero partecipando ad altri protocolli di ricerca o che avessero terminato un protocollo di ricerca da meno di 30 giorni, soggetti che assumessero o che avessero sospeso integratori alimentari da meno di 30 giorni. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi ciascuno con allocazione 1:1. Un gruppo ha ricevuto il prodotto in studio (compresse; Formula: Curcuma-fitosoma 500mg (MERIVA®) di cui: estratto di curcuma: 100 mg; Fosfolipidi di soia: 200 mg; Cellulosa microcristallina: 200 mg (sostanze disgreganti) 1 compressa due volte al giorno ai pasti. L’altro gruppo è stato trattato con placebo. La durata dello studio è stata di 12

mesi e l’endpoint primario è stato la variazione del numero e dell’area delle drusen valutata mediante Spectral Domain Optical Coherence Tomography (SD-OCT). L’endpoint secondario è stata la variazione in acuita visiva. L’ipotesi è che MERIVA® (iPhytoone®) per le proprietà antiinfiammatorie e antiossidanti aiuti le cellule a smaltire i cataboliti accumulati sulla retina in seguito al processo della visione, che provocano le lesioni tipiche della patologia. Il Dottor Mario Cigada - medico oculista, Master in statistica medica, insegnante presso la Scuola di Ortottica- Assistenza Oftalmologica e presso la Scuola di Specializzazione in Oftalmologia dell’Università degli Studi di Milano, consulente per la statistica e la sperimentazione clinica per l’Ospedale Sacco di Milano - ha analizzato i dati dei pazienti arruolati per il suddetto studio pilota randomizzato in doppio cieco condotto dal Prof. Staurenghi presso l’Ospedale Sacco di Milano e l’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Il ricercatore è ottimista riguardo al potenziale di MERIVA® (iPhytoone®), in quanto i risultati dello studio pilota dimostrano un beneficio positivo, anche se non significativo per le limitazioni dovute al disegno esplorativo del protocollo (studio pilota) con il reclutamento di un numero limitato di soggetti. Infatti, i risultati ottenuti non permettono di evincere dallo studio se l’utilizzo di MERIVA® (iPhytoone®) possa realmente rallentare la progressione delle alterazioni caratteristiche delle fasi iniziali della

degenerazione maculare senile, in particolare le drusen, ma alla luce di quanto osservato nello studio, si può evidenziare una stima delle deviazioni standard delle misure delle drusen. A conferma di ciò, è auspicabile uno studio allargato aumentando i soggetti e sfruttando i miglioramenti dei software per la diagnostica per immagini OTC disponibili ora. Nel caso l’outcome primario dovesse essere la superficie delle drusen, è ragionevole ora ipotizzare una deviazione standard di 2 mm2 e supponendo che una variazione interessante della superficie dal punto di vista clinico possa essere di 0.5 mm2, otteniamo una stima del campione di 336 pazienti per braccio, con una potenza di 0.9 ed un errore alfa di 0.05 (utilizzando la formula di Lehr). Nel caso invece venisse scelto il volume delle drusen quale outcome primario, ipotizzando una deviazione standard di 0.2 mm 3e supponendo che una variazione interessante del volume dal punto di vista clinico possa essere di 0.06 mm3, la stima del campione è di 233 pazienti per braccio, sempre con una potenza di 0.9 ed un errore alfa di 0.05. Nonostante non sia stato rilevato un vantaggio significativo, trattandosi infatti di uno studio preliminare, il ricercatore è ottimista riguardo al potenziale di MERIVA® (iPhytoone®) e, confermandone l’ottima tollerabilità, sottolinea il ruolo degli integratori di qualità e innovativi come metodo per rallentare la formazione di lesioni e contrastare su più fronti la progressione della degenerazione maculare senile. 39


Eventi Congressuali

99° CONGRESSO NAZIONALE SOI 2019 SOCIETÀ OFTALMOLOGICA ITALIANA

Si è svolto a Roma dal 20 al 23 novembre 2019, nella suggestiva cornice del Centro Congressi Rome Cavalieri, il 99° congresso nazionale SOI. Il 2019 è stato un anno molto importante per SOI, che ha festeggiato il traguardo dei sui 150 di vita. Abbiamo intervistato alcuni dei suoi protagonisti, raccogliendo per voi informazioni, novità, storie e opinioni sul mondo dell’oftalmologia italiana.

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LE LINEE GUIDA SOI PER LA CHIRURGIA DELLA CATARATTA. Giorgio Tassinari ci parla dell’importanza delle linee guida SOI per la chirurgia della cataratta, un aggiornamento, sulla base del consenso di esperti, delle precedenti, pubblicate nel 2014. Al 99° Congresso Nazionale SOI si è discusso di queste linee guida e di tutti i loro aspetti, riaffermando i ruoli di figure professionali come quella dell’anestesista, e delle nuove tecnologie in campo. 40

LA LOTTA CONTRO IL LADRO SILENZIOSO. Marco Nardi, Maestro dell’Oftalmologia SOI 2019, ci parla di uno dei temi più profondamente trattati durante il 99° Congresso nazionale SOI, il glaucoma. Nardi descrive la complessità clinica e terapeutica dei casi di glaucoma IOP-indipendente, spiegando che la pressione intraoculare è solo un fattore concomitante nell’eziopatogenesi.


L’IMPORTANZA VITALE DELL’ONCOLOGIA OCULARE. Vincitore della SOI/SOE Lecture al 99° Congresso nazionale della SOI, Raffaele Parrozzani parla di oncologia oculare, focalizzandosi sull’importanza della diagnosi e sul riconoscimento tempestivo della malignità di tumori oculari come il melanoma uveale. Un nuovo metodo diagnostico e un miglioramento dell’approccio terapeutico possono rivelarsi essenziali per salvare la vita dei pazienti.

OCCHI PUNTATI SULL’EDEMA MACULARE UVEITICO. Dal 99° Congresso nazionale SOI, Pia Allegri racconta i punti fondamentali del simposio sponsorizzato da Eye Pharma s.p.a. sull’edema maculare uveitico, puntando l’attenzione sulle modalità terapeutiche di questa grave patologia.

TRAPIANTO DI CORNEA: DSAEK O DMEK? DSAEK o DMEK? Quale scegliere? Severino Fruscella, assegnatario della Renato Frezzotti SOI Medal Lecture 2019, dedicata al trapianto di cornea, mette a confronto le due tecniche.

I VANTAGGI DELLA SMILE. Leonardo Mastropasqua parla dei vantaggi della SMILE, che ha rivoluzionato la chirurgia refrattiva per la sua semplicità e i suoi vantaggi. Si tratta di una tecnica poco invasiva per il paziente, e che sta dando ai chirurghi grande soddisfazioni.

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Eventi Congressuali

RETINA2020: NEW TRENDS Si è svolto gli scorsi 24 e 25 gennaio a Treviso il congresso dedicato ai grandi temi collegati al segmento posteriore, Retina2020: New Trends. Gli esperti nazionali ed internazionali in materia si sono riuniti nel capoluogo veneto per discutere di retina, patologie retiniche, nuove frontiere e innovazioni, in due giornate di aggiornamento e fervente dibattito.

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UNO SGUARDO D’INSIEME SU RETINA2020 A TREVISO. Giuseppe Scarpa, Direttore dell’UOC dell’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso e organizzatore del Congresso Retina2020: New Trends, parla del meeting trevigiano e dell’importanza per gli specialisti di trovarsi e discutere delle novità, delle nuove frontiere e delle nuove sfide che si possono presentare nel futuro per la cura dei propri pazienti.

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PNEUMORETINOPESSIA E VITRECTOMIA A CONFRONTO. Louis Giavedoni, grande ospite internazionale di Retina2020, parla dei risultati di uno studio clinico randomizzato in cui la pneumoretinopessia dimostra migliori risultati rispetto alla vitrectomia nella gestione dei distacchi di retina primari. Davide sconfigge Golia!


CATARATTA E CHIRURGIA MACULARE: ALLEANZA TERAPEUTICA? Alessandro Franchini ha parlato a Retina2020 degli interventi combinati di cataratta e chirurgia maculare. Una possibile alleanza terapeutica, a patto di scegliere accuratamente la IOL.

LA TOSSICITÀ DEI COMPONENTI INTRAOPERATORI IN CHIRURGIA VITREORETINICA. Mario Romano da Retina2020 ci parla di due studi sulla tossicità dei componenti intraoperatori in chirurgia vitreoretinica, un problema che esiste e che bisogna conoscere per pianificare al meglio l’intervento.

TAMPONANTI E POSIZIONAMENTO: QUALI SONO LE ULTIME TENDENZE? Da Retina2020, Emilio Rapizzi parla della necessità o meno di tamponanti nella chirurgia maculare, in base alla patologia affrontata. La risposta si trova nella pratica medica e nella letteratura più recente, che ha modificato le precedenti indicazioni. Diverse sono oggi anche le tendenze in merito al posizionamento postoperatorio a testa in giù.

L’IMPORTANZA DELLE NUOVE TECNOLOGIE PER LO SCREENING DELLA RETINOPATIA DIABETICA. Il diabete è un problema in allarmante aumento in tutto il mondo, e ad esso sono collegate patologie oculari come la retinopatia diabetica. Tunde Peto, ospite internazionale di Retina2020: New Trends a Treviso, ci parla dell’importanza dell’uso delle nuove tecnologie per uno screening veloce dei pazienti con diabete per l’individuazione delle patologie retiniche correlate. 43


Dal Mondo dell’Ottica - Tecnologie di Produzione AGGIORNAMENTI SULLE LENTI OFTALMICHE Servizio Informazione Scientifica Rodenstock Con il presente articolo desideriamo riassumere le principali evoluzioni tecnologiche delle lenti progressive, messe a punto dalla Ricerca e Sviluppo Rodenstock, finalizzate al superamento dei limiti e delle eventuali perplessità nella prescrizione di questa specifica tipologia di prodotto.

di Mauro Nocera Product Manager Lenti & Strumenti Rodenstock Italia

Le progressive possiamo dividerle in tre categorie: le convenzionali, le lifestyle, le biometriche. Le convenzionali sono realizzate con una tecnologia di produzione che ottimizza la qualità della lavorazione ottica, assicurando una perfetta conformità del design al progetto: il modello di superficie prevede decine di migliaia di punti di controllo, dove ciascuno ha il proprio fronte d’onda. Per ogni potere diottrico viene sempre scelta la migliore combinazione tra il potere della superficie esterna e quello della superficie progressiva interna, e sviluppato un opportuno ricalcolo per assicurare l’efficacia della prescrizione in posizione di utilizzo. I tre canali di progressione offrono già di base un buon controllo posturale e un’adeguata distribuzione dei campi visivi: quello da vicino è ulteriormente ottimizzato dal decentramento personalizzato (inset variabile) e dall’ottimizzazione del potere cilindrico e dell’asse da vicino (EyeModel) sulle modificazioni ottico geometriche e fisiologiche che si realizzano nelle attività prossimali. Le lifestyle intervengono sul design della lente adattando ampiezza e posizione dei campi visivi sulla base delle preferenze visive e funzionali di ogni utente, offrendo inoltre un miglior controllo posturale grazie alla maggiore disponibilità di canali di progressione (fino a 111). Presentano un design personalizzato, cioè ottimizzato sull’intera componente ottica della prescrizione (sfero, cilindro, asse, prisma, base), e/o individualizzato, che inoltre tiene conto di come la lente si posiziona

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davanti agli occhi, una volta adattata sulla montatura. Le biometriche (Biometric Intelligent Glasses) rappresentano la massima espressione tecnologica offerta in questo settore di prodotto: presentano un design punto a punto che tiene inoltre conto delle misurazioni aberrometriche e pupillometriche da lontano e da vicino, della topografia corneale e della profondità della camera anteriore, allo scopo di calcolare il potere del cristallino e la lunghezza dell’occhio. Rodenstock è il solo produttore nel settore ottico ad aver integrato questi parametri biometrici oculari all’interno del calcolo ottico della lente: conoscere come l’immagine arriva all’interno dell’occhio per poi focalizzarsi esattamente sulla retina permette di offrire la massima nitidezza della visione sia da lontano, sia da vicino, sia di giorno, sia di notte e il pieno utilizzo dei campi visivi. Le lenti realizzate con questa tecnologia possono essere acquistate solamente presso i centri ottici specializzati equipaggiati con DNEye® Scanner. Dall’ottimizzazione delle convenzionali, alla personalizzazione delle lifestyle, fino alla completa individualizzazione delle biometriche, i rispettivi contenuti tecnologici di ciascuna categoria, adattati per ogni utente, permettono di superare i limiti imposti dalle vecchie generazioni di lenti progressive sia nelle performance, sia nei tempi di adattamento. Tanto più precocemente vengono prescritte, tanto più facile sarà l’adattamento e tanto prima i portatori potranno dimenticarsi di essere diventati presbiti.


LENTI LIFESTYLE. Le lenti progressive che si adattano ad ogni stile di vita.


Dal Mondo dell’Ottica

LE LENTI IN GRADO DI RALLENTARE LA PROGRESSIONE DELLA MIOPIA: LA TECNOLOGIA DIMS

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Intervista alla Professoressa Carly Siu-Yin Lam, BSc (Hons); MSc, PhD, della Hong Kong Polytechnic University.

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La miopia sta aumentando vertiginosamente in tutto il mondo. Soprattutto nel continente asiatico, si registrano percentuali molto alte di adulti e bambini con miopie molto elevate. Una miopia così grave può portare a serie complicanze per la vista e allo sviluppo di malattie che possono risultare in ipovisione e/o cecità. Molti studi e specialisti stanno parlando di una vera e propria epidemia di miopia, che sta mettendo in allarme per questioni di salute sia individuale che pubblica. La stessa OMS ha identificato la miopia come un’emergenza da inserire nella sua iniziativa globale per l’eliminazione della cecità evitabile. Il trattamento farmacologico con

atropina si è dimostrato utile per rallentare la progressione della miopia in diversi studi. Tuttavia il suo utilizzo presenta effetti collaterali come la fotofobia, una visione sfuocata e a volte una scarsa tolleranza, che possono incidere in misura significativa sul benessere emotivo e psicologico del bambino. Soluzioni meno invasive sono perciò auspicabili. “La gestione della miopia è cambiata dalla semplice prescrizione di un paio di occhiali alla valutazione di un ampio range di fattori di rischio, che aiuta ad identificare il trattamento ottimale e le opzioni di monitoraggio per il controllo della miopia”, afferma la Professoressa Carly Siu-Yin Lam, BSc (Hons); MSc; PhD, alla guida di un team formato da ricercatori del Centre for Myopia Research, School of Optometry di Hong Kong e da Hoya che ha reso ufficiali i dati di un trial clinico randomizzato di due anni sull’efficacia delle lenti oftalmiche con tecnologia DIMS (Defocus Incorporated Multiple Segments) per il rallentamento della progressione della miopia nei bambini e negli adolescenti. I risultati del trial sono stati pubblicati sul British Journal of Ophthalmology. La tecnologia DIMS consiste in una zona ottica centrale di 9mm per correggere l’errore refrattivo nella visione da lontano e segmenti di defocus multipli che la circondano uniformemente, estendendosi fino alla zona semi periferica della lente con una correzione


di Laura Gaspari

positiva di +3.50D. Questa forma di multifocalità induce un defocus miopico che, come dimostrato da studi preclinici, sarebbe in grado di inibire l’allungamento assiale, tenendo così sotto controllo la progressione della miopia. Il trial ha reclutato 183 bambini di Hong Kong tra gli 8 e i 13 anni con una miopia tra -1.00 e -5.00D e astigmatismo e/o anisometropia <1.50D. Dei 160 bambini che hanno completato lo studio, 79 hanno indossato occhiali con lenti DIMS, mentre 81 hanno portato occhiali con lenti a visione singola. Errore refrattivo e lunghezza assiale sono stati misurati ogni sei mesi. Sono stati esclusi dal trial soggetti con strabismo o anomalie nella visione binoculare o che avessero in precedenza già effettuato un trattamento per il controllo della miopia.

I risultati hanno dimostrato che i bambini che hanno indossato ogni giorno le lenti DIMS nel corso dei due anni mostravano un rallentamento nella progressione miopica del 52% e una riduzione dell’allungamento assiale del 62%. Il 21,5% di loro non ha presentato progressione miopica dopo i due anni. Nel gruppo di controllo la percentuale si è fermata a 7,4%. “Ci aspettiamo che questa tecnologia sia adottata sempre più largamente nella produzione di lenti da occhiale e lenti a contatto. Dopotutto, queste lenti sono meno invasive rispetto ad altre metodiche per la riduzione della progressione miopica, e più adatte per i piccoli pazienti”, conclude la Professoressa Lam. Le lenti con tecnologia DIMS sono commercializzate da Hoya con il nome MiyoSmart, lenti da occhiale

molto simili ad una monofocale, sia nella relazione tra accomodazione e convergenza che nella semplicità e nell’assenza di distorsioni. Financial Disclosures: Il trial clinico è stato finanziato da Hoya Corporation. Il brevetto per la tecnologia DISC è condiviso da HK PolyU e Hoya. La Professoressa Carly Siu-Yin Lam è contattabile all’indirizzo mail: carly.lam@polyu.edu.hk Fonte: Lam CSY, Tang WC, Tse DY, et al, Defocus Incorporated Multiple Segments (DIMS) spectacle lenses slow myopia progression: a 2-year randomised clinical trial, British Journal of Ophthalmology Published Online First: 29 May 2019. doi: 10.1136/bjophthalmol-2018-313739

ANGIOGRAFIA OCT IN ETÀ PEDIATRICA L’avvento dell’Angiografia OCT ha prodotto un sostanziale cambiamento nella pratica clinica oftalmologica. Visualizzare i vasi retinici senza ricorrere all’iniezione di un colorante e potendo quantificare i dati rilevati, attribuendoli peraltro ai vari strati capillari separatamente e, infine, senza nemmeno dilatare la pupilla del paziente sono vantaggi enormi che stanno aiutando l’angiografia OCT a uscire dal ruolo di metodica sperimentale, facendola diventare un’alternativa e, spesso, un valido sostituto della fluorangiografia retinica. Il numero di fluorangiografie retiniche eseguite nei nostri reparti e nei nostri ambulatori diminuisce continuamente a vantaggio di questa nuova tecnica. I vantaggi dell’angiografia OCT sono particolarmente importanti quando si ha a che fare con pazienti in età pediatrica, che mal tollerano la dilatazione pupillare e l’iniezione del colorante in vena. E’ facile pertanto immaginare che, nel prossimo futuro, il successo dell’angiografia OCT nella popolazione pediatrica sia destinato a crescere ulteriormente. Bene ha fatto l’amico Michele Fortunato a produrre questo libro, che raccoglie le esperienze in età pediatrica ottenute con questa nuova tecnica diagnostica da alcuni tra gli specialisti che, primi tra tutti in Italia, se ne sono interessati. Sono sicuro che questo contributo sarà presto seguito da altri nello stesso campo. Mi congratulo con il Dottor Fortunato per l’iniziativa e gli auguro di raccogliere il successo che il suo entusiasmo e la sua competenza sicuramente meritano. Francesco Bandello

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Le lunghezze d’onda della luce visibile (Blu) ed invisibile (UV) sono pericolose per la salute degli occhi.I raggi UV sono una concausa di cheratite attinica, pterigio e pinguecola.L’esposizione alla luce Blu è un fattore di rischio nell’insorgenza della DMLE ed altre patologie retiniche. DRUSENoff collirio è una formulazione a base di Vit. B2 (riboflavina), atta ad assorbire i raggi UV la luce Blu , con Vit. E TPGS che forma micelle capaci di veicolare la riboflavina all’interno dello stroma corneale, oltre ad essere un antiossidante, e con MSM (metilsulfulfonilmetano) ad altissima efficienza antiossidante ed amminoacidi. DRUSENoff collirio è un prodotto innovativo formulato con l’ obiettivo di proteggere i tessuti oculari, retina compresa, filtrando la luce di lunghezze d’onda considerate pericolose. La formulazione permette ai suoi componenti di penetrare nello stroma corneale e di rimanervi a lungo formando una vera e propria lente filtrante. L’effetto protettivo nel tempo dipende dal consumo dei principi attivi che si sono accumulati nello stroma corneale ed è inversamente proporzionale all’entità dell’insulto luminoso subito; le curve sperimentali hanno evidenziato che la durata della protezione dovuta a DRUSEN0ff collirio si attesta intorno alle 4 ore.

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STORIA ED EVOLUZIONE della CHIRURGIA DELLA CATARATTA IN ITALIA E NEL MONDO

NOVITÀ EDITORIALI Il presente e il futuro della moderna chirurgia e microchirurgia della cataratta hanno avuto “pionieri” e “sperimentatori” in Italia e nel mondo che ho voluto ricordare e onorare in questi volumi. Lucio Buratto

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