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ANNO I
/2019
RIVISTA SCIENTIFICA E DI INFORMAZIONE OFTALMOLOGICA
TERAPIA GENICA: ATTRAVERSO I CONFINI
Un occhio sul passato, presente e futuro della genetica medica con Bart P. Leroy e Suber Huang LARGO AI GIOVANI
Giovani menti, nuove frontiere
NERVE GROWTH FACTOR La punta dell’Iceberg
CASI DA INCUBO Un Rito di passaggio
FGE S.r.l.-Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Redazione: via Petitti, 16 - 20149 Milano - Anno I - N. 3/2019 - Trimestrale
Sommario
4 Editoriale 6 Cover Topic
TERAPIA GENICA: ATTRAVERSO I CONFINI
Redazione Timothy Norris Laura Gaspari, MA redazione@eyeseenews.it www.eyeseenews.it
14 Largo ai Giovani
Pubblicità commerciale@fgeditore.it tel 01411706694
18 Innovazioni
Direttore responsabile Ferdinando Fabiano f.fabiano@fgeditore.it Grafica e impaginazione Cristiano Guenzi Coordinamento scientifico Vittorio Picardo Hanno collaborato a questo numero: Pasquale Aragona, MD, PhD Francesco Bandello, MD, FEBO Maurizio Battaglia Parodi, MD Hiroko Bissen-Miyajima, MD, PhD Antonio J. Capone, MD Borja Corcóstegui, MD Donald J. D’Amico, MD Marc De Smet, MDCM, PhD, FRCSC, FRCOphth, DABO, FMH Farhad Hafezi, MD, PhD Suber Huang, MD, MBA Bart P. Leroy, MD, PhD Anat Loewenstein, MD, MHA Rita Mencucci, MD Maria Giulia Muzzi Richard Packard, MD, FRCS, FRCO phth Barbara Parolini, MD Vittorio Picardo, MD Matteo Piovella, MD Paolo Rama, MD Stanislao Rizzo, MD Matteo Scaramuzzi, MD Pavel Stodulka, MD, PhD Giorgio Tassinari, MD Vance Thompson, MD Editore FGE srl – Fabiano Gruppo Editoriale Redazione: Via Petitti, 16 – Milano Sede legale: Regione Rivelle, 7 14050 Moasca(AT) Tel 0141/1706694 – Fax 0141/856013 Stampa: Giuseppe Lang – Arti grafiche srl Genova Registrazione in corso presso il tribunale di Asti Copia omaggio
GIOVANI MENTI NUOVE FRONTIERE
OFTALMOLOGIA E ROBOTICA, UN’AVVENTURA AL MASSIMO GRADO DI PRECISIONE
22 LA PUNTA DELL’ICEBERG 26 Riflettori sull’Esperto IL VALORE DELLE RADICI
30 Casi da Incubo
UN RITO DI PASSAGGIO
32 News 38 Tecniche Chirurgiche IL TRAPIANTO DI LENTICOLO STROMALE: UNA NOVITÀ PER IL CHERATOCONO
40 Il Punto...
ESASO, UN PROGETTO MONDIALE DI FORMAZIONE FIRMATO ITALIA
42 Eventi Congressuali 46 Case Report APPLICAZIONE DI LENTI A CONTATTO RGP PROGRESSIVE BITORICHE DOPO INTERVENTO DI GLAUCOMA
50 Dal Mondo dell’Ottica 54 News dalle Aziende Errata Corrige Su EyeSee Anno I 2/2019 nella sezione Riflettori sull’Esperto, articolo “Dalla Grecia alla Grande Mela” (pp. 24-25) il nome della clinica del Dottor Kanellopoulos è LaserVision.gr. A pagina 25, il nome corretto di uno dei discepoli del Dottor Dohlman è Eric E. Donnenfeld.
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Editoriale
BUON VENTO EGIDIO, MAESTRO, MENTORE, AMICO
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di Giorgio Tassinari
Tutte le interviste contenute in questo numero sono consultabili collegandosi al sito:
www.eyeseenews.it 4
Mi è stato chiesto di aprire e dedicare questo numero di EyeSee al Professor Egidio Dal Fiume, venuto a mancare nella sua casa di Ravenna lo scorso 12 giugno. Un omaggio dovuto, e certo sentito e condiviso, ad uno dei grandi maestri dell’Oftalmologia italiana, che tanta eredità ha lasciato a noi, suoi allievi diretti, e alle successive generazioni. Un’occasione, anche, per ricostruire e ricordare un percorso ricco e fruttuoso, che diversi di noi hanno avuto il privilegio di condividere. Un saluto, infine, con le stesse parole con cui ci siamo rivolti a lui nella chiesa di Santa Maria Maggiore, accompagnandolo nel suo ultimo viaggio. “Caro professore, mi saprai perdonare se l’emozione di questi momenti gioca spiacevoli inconvenienti: le parole escono a fatica, si aggrovigliano e con fatica riescono a esprimere quello che suggerisce il cuore. Ripercorrere la tua storia professionale è aprire una bella pagina nel libro della storia della Oftalmologia del nostro paese: la Laurea in Medicina e Chirurgia nel 1956 presso l’Università degli Studi di Ferrara, seguita dalla Specializzazione in Oculistica a Bologna e dagli anni di formazione alla Clinica Oculistica di Ferrara, prima come allievo di Mario Verzella, da cui hai appreso l’arte della chirurgia, poi di Antonio Rossi. Nel 1965 hai ottenuto la Libera Docenza in Clinica Oculistica e nel 1970, assieme al tuo grande amico Umberto Merlin, in Ottica Fisiopatologica. Nel 1972 vinci il concorso di primario in Oculistica all’Ospedale
Santa Maria delle Croci di Ravenna. La Divisione di Oculistica è una tua creazione e in pochi anni riesci a farne una realtà emergente nel panorama oculistico nazionale. Promotore di pagine e di eventi indimenticabili sulla chirurgia oculare, sei stato fra i primi in Italia a diffondere e insegnare la chirurgia vitreoretinica, tua grande passione. Autore di 140 pubblicazioni scientifiche e coautore di 9 volumi sui più importanti campi della chirurgia oculare, sei stato maestro e innovatore. I tuoi interessi spaziavano dalla chirurgia vitreoretinica alla chirurgia della cataratta, dalla chirurgia refrattiva alla chirurgia del trapianto di cornea. Fra i fondatori delle più importanti associazioni oftalmologiche in Italia, hai voluto e saputo promuoverle portando, con l’entusiasmo che ti ha sempre distinto, il tuo grande contributo di clinico e la tua grande esperienza di chirurgo. Nel 1997, il Centro Pio Manzù ti ha conferito la Medaglia d’oro della Presidenza della Camera dei Deputati per l’alta professionalità e il contributo scientifico reso in decenni di fervente attività clinica. Nel 1998 la Società Oftalmologica Italiana ti ha premiato Maestro dell’Oftalmologia con la Medaglia d’Oro. Caro professore, sei stato una persona meravigliosa ed è stata una fortuna, per noi tutti tuoi allievi, averti avuto come maestro e amico. Aiutarti in sala operatoria ci ha fatti innamorare della chirurgia: riuscivi a trasferirci il tuo sapere e la tua competenza insieme alla passione che ti distingueva.
“Caro professore, sei stato una persona meravigliosa ed è stata una fortuna, per noi tutti tuoi allievi, averti avuto come maestro e amico”
Giorgio Tassinari
Sei stato una persona generosa, gentile, sempre sorridente, hai saputo coniugare il tuo profondo impegno con uno splendido carattere. Ci hai insegnato, nella cura del paziente, il senso di rispetto verso i colleghi. Ancora oggi incontro tuoi pazienti che, a distanza di anni, ti ricordano con grande affetto perché riuscivano a percepire in te la grande professionalità che ti contraddistingueva unita alla carica umana e alla dedizione del tuo impegno. Oggi lasci in tutti noi un vuoto incolmabile. A tua moglie Claudia, alle tue figlie Enrica ed Elisabetta e ai tuoi nipoti, l’abbraccio di tutti noi. Ci mancherai Egidio … e che il vento del mare che hai tanto amato ti sia, in questo ultimo viaggio, favorevole”.
Da sinistra a destra: il dottor Lucio Buratto, il dottor Giorgio Tassinari e il Professor Dal Fiume
Il Professor Egidio Dal Fiume
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Cover Topic
TERAPIA GENICA: ATTRAVERSO I CONFINI Dai primi passi nella Terapia Genica a Luxturna, un occhio sul passato, presente e futuro della genetica medica insieme a due illustri specialisti del settore.
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Nel novembre del 2018 l’Agenzia Europea per il Farmaco (EMA) ha ufficialmente approvato Luxturna (INN-voretigene neparvovec) per la terapia dell’Amaurosi Congenita di Leber e della Retinite Pigmentosa, seguendo di pochi mesi l’approvazione dell’FDA. Sviluppato da Spark Therapeutics e dal Children Hospital of Philadelphia e autorizzato in Europa da Novartis, il voretigene neparvovec segna per la prima volta in assoluto l’ingresso dell’oftalmologia nell’era della terapia genetica, fornendo al clinico la possibilità di trattare patologie precedentemente orfane di trattamento. “Cogliere l’opportunità di far parte di un team di sviluppo che si è spinto ai confini della ricerca medica, nello sviluppo di una terapia che ha dato qualcosa a dei pazienti che non avevano alcuna opzione è stata senza dubbio un’esperienza estremamente motivante”, ci racconta il Prof. Bart P. Leroy MD, PhD.
Bart P. Leroy, MD, PhD,
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ALLA FRONTIERA Bart P. Leroy, oftalmologo e genetista clinico, è Capo del Reparto di Oftalmologia e membro dello staff del Centro di Genetica Medica dell’Ospedale Universitario di Ghent, Professore Associato di Oftalmologia, Oftalmologia Genetica e Elettrofisiologia Visiva all’Università di Ghent e Direttore e medico curante di Oftalmologia Genetica e Degenerazioni Retiniche della Divisione di Oftalmologia e del Centro per la Terapia Cellulare e Molecolare del Children’s
Hospital di Philadelphia (CHOP). Leroy ha contribuito allo sviluppo e alla ricerca del voretigene neparvovec all’Ospedale di Philadelphia, collaborando fianco a fianco con i più illustri protagonisti dello sviluppo della terapia genica. “Ho iniziato questo percorso diciotto anni fa, in un’epoca in cui la diagnosi genetica non era un lavoro facile. Raccoglievamo campioni di sangue per isolare il DNA ed eravamo osteggiati per la spesa e il tempo impiegato, ma avevamo sempre a mente lo sviluppo della terapia genica”, racconta Leroy. “Piano piano, assieme alla Professoressa Elfride De Baere del Centro di Genetica Medica di Ghent siamo riusciti a creare un sistema in tandem laboratorio-clinica in cui io avevo la responsabilità della parte clinica. Questo ci ha portato a conoscere la Professoressa Jean M. Bennett dell’Università della Pennsylvania”. Insieme al marito, Prof. Albert M. Maguire, Bennett aveva sviluppato già nei primi anni del nuovo millennio un primo approccio terapeutico sui cani con Amaurosi Congenita di Leber, con risultati straordinari. Uno dei suoi cani, Lancelot, fu presentato da Bennett al Congresso degli Stati Uniti D’America ed ottenne il titolo di “mutante del mese”. “Si trattava di una terapia che considera l’uso di un virus vettore contenente una copia del gene RPE65 che, iniettato nella retina della cavia, mira direttamente all’epitelio pigmentato retinico e ne migliora il funzionamento”,
di Timothy Norris
“Cogliere l’opportunità di far parte di un team di sviluppo che si è spinto ai confini della ricerca medica, nello sviluppo di una terapia che ha dato qualcosa a dei pazienti che non avevano alcuna opzione è stata senza dubbio un’esperienza estremamente motivante”
Bart P. Leroy
racconta Leroy. “Pochi anni dopo è seguito il passaggio alla sperimentazione umana”. Coinvolto in questa fase, il Prof. Leroy è stato determinante per il tutti i passaggi successivi, fino all’approvazione di Luxturna presso le agenzie del farmaco mondiali. “Avevo dei pazienti affetti da mutazioni al gene RPE65, e ho semplicemente contattato la Prof.ssa Bennett chiedendole se era interessata a loro. Mi ha risposto affermativamente, e da lì è partito tutto”, ricorda Leroy. “Da quel momento ho iniziato a collaborare con il suo team e due dei miei pazienti sono entrati a far parte del primo studio di fase I/II a cui è seguito un trial di fase III. Nel 2011 Jean Bennett mi ha proposto di recarmi a Philadelphia a lavorare con loro. Grazie a lei oggi lavoro al CHOP dove visito pazienti affetti da patologie genetiche oculari, come faccio qui a Ghent”, spiega Leroy. AVANTI CON I TEMPI Negli Stati Uniti, Luxturna (voretigene neparvovec) ha ottenuto l’approvazione dalla Food and Drug Administration nel dicembre del 2017, sotto la produzione di Spark Therapeutics. All’inizio del 2018 Novartis ha acquistato i diritti di sviluppo, produzione e commercializzazione al di fuori degli Stati Uniti. La domanda di autorizzazione presso l’Agenzia Europea per il Farmaco, depositata nel luglio del 2017, è stata approvata nel novembre del 2018, garantendo l’introduzione nel Mercato Unico di Luxturna e il conseguente ac-
cesso alla terapia a tutti i cittadini dell’Unione Europea. “La terapia genica, di cui Luxturna è l’unico esempio al momento approvato in oftalmologia, sfrutta l’aggiunta di un gene all’interno della cellula, tramite vettore, spingendo la cellula a produrre la proteina adatta. Si tratta di un sistema non integrativo e sfrutta il citoplasma cellulare per la produzione della proteina richiesta”, spiega il Dr. Suber Huang, MD, MBA. Suber Huang è fondatore e CEO del Retinal Center of Ohio. Specializzato in patologie retiniche mediche e chirurgiche, Huang ha contribuito allo sviluppo di numerosi trial clinici ed è un riconosciuto esperto internazionale di retina. “Si tratta di una pietra miliare e parte di un continuum che è iniziato con la scoperta del DNA arrivando fino al giorno d’oggi. Il solo comprendere questo tipo di tecnologia è di per sé un punto focale nell’evoluzione della medicina”, spiega Huang. La terapia genica sta vedendo uno sviluppo a macchia d’olio anche in altre patologie oculari orfane di trattamento. “Nell’ambito oftalmologico sono al momento in fase di sviluppo numerosi trial clinici per patologie non solo come l’Amaurosi Congenita di Leber e la Retinite Pigmentosa, ma anche altre patologie orfane come l’acromatopsia, la coroidemia, la malattia di Stargadt, la sindrome di Usher, la Retinoschisi legata all’X e la Retinite Pigmentosa legata all’X”, spiega Huang. “C’è inoltre un interesse nell’uso della terapia genica per quanto
riguarda le patologie corneali. Al momento si sta studiando l’applicazione per il trattamento della distrofia corneale, ma siamo ancora alla fase di studio sui modelli animali knockout”, aggiunge Huang. Anche in altri ambiti medici la ricerca di un trattamento di patologie orfane tramite terapia genica sta facendo interessanti passi avanti. Ambiti come la neurologia, l’ematologia e l’oncologia hanno già ottenuto delle opzioni terapeutiche per patologie come l’Atrofia Muscolare Spinale, la Leucodistrofia, la Miopatia Miotubulare e alcune forme di patologie del sangue. “Nel maggio di quest’anno una seconda terapia genica è stata approvata dall’FDA, per la terapia dell’Atrofia Muscolare Spinale tramite Zolgensma (onasemnogene abeparvovec-xioi), prodotta da Suber Huang, MD, MBA
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Cover Topic Novartis”, spiega Huang. “Se somministrata ai bambini sotto il sesto mese di vita, questa terapia scongiura debolezza ed atrofia della colonna vertebrale”. RECESSIVE E DOMINANTI Allo stato dell’arte, la terapia genica sta mostrando il suo massimo sviluppo all’interno delle patologie genetiche ad ereditarietà autosomica recessiva. “È un territorio in cui c’è molto da approfondire. Ad esempio si stanno studiando i geni fosfodiesterasi PDE6A e PDE6B, entrambi riconosciuti come responsabili della retinite pigmentosa recessiva, o anche il gene GUCY2D che nel caso di una mutazione biallelica provoca l’Amaurosi Congenita di Leber o una prematura Distrofia Retinica, proprio come il gene RPE65”, spiega Leroy. “Alcuni miei colleghi stanno studiando i geni CNGB3 e
CNGA3, responsabili dell’acromatopsia, e la possibilità di riabilitare i coni è incoraggiante”. “Le patologie autosomiche recessive sono indubbiamente gli obiettivi più semplici al momento”, aggiunge Huang. “Queste patologie richiedono la sola aggiunta del gene mutato. È tuttavia semplice a dirsi ma non a farsi: esistono notevoli problematiche legate alla scoperta della terapia adatta, come la dimensione del vettore comparata al gene. Per sostituire il gene RPE65 il vettore AAV si adatta perfettamente, ma ci sono altre patologie che richiedono vettori più grossi con delle implicazioni immunologiche più complesse”, spiega. Un’ulteriore sfida futura riguarda le patologie autosomiche dominanti, che secondo quanto afferma Leroy, rappresentano per il ricercatore una sfida di grado maggiore.
Secondo Bart P. Leroy è sempre più necessario procedere alla formazione di nuove generazioni di superspecialisti esperti in oftalmologia e genetica.
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“Per comprendere le autosomiche dominanti bisogna stabilire i due meccanismi più frequenti. Prima di tutto bisogna capire se la malattia è causata da aploinsufficienza o da un meccanismo dominante negativo”, spiega. “Con aploinsufficienza si intende una mutazione in un solo allele, quindi una delle copie non produce abbastanza o non produce affatto la proteina, causando la patologia. Quando invece si ha un effetto dominante negativo la proteina prodotta è mutata e si combina con la proteina sana prodotta dall’altro allele, neutralizzandone il funzionamento”, ci descrive Leroy. “Il trattamento delle autosomiche dominanti è un’equazione estremamente complessa e al momento non ci sono dei trial approvati e risultati incoraggianti nel campo dell’oftalmologia”, aggiunge Huang. Considerato il quadro più com-
Presentato al Congresso degli Stati Uniti nel 2001, BR33 (aka Lancelot) è stato insignito del titolo “mutante del mese” per essere stato uno dei primi cani con LCA curati con la terapia genica.
La genetica medica è un settore nascente, ancora ad uno stato primitivo e preistorico rispetto al suo enorme potenziale, sostiene Suber Huang.
plesso, nell’ambito delle patologie autosomiche dominanti la ricerca procede ad un passo più lento. “Quello che possiamo fare in questo caso è trovare un modo per rendere inerte o impedire la produzione della proteina mutata, prima ancora di lavorare sul quantitativo di proteina sana prodotta. I ricercatori hanno già intrapreso questa strategia ma non a livello di sperimentazione umana, per poi aggiungere una copia sana del gene allo scopo di aumentare la produzione di proteine wild type”, spiega Leroy. “Altri approcci potrebbero considerare la possibilità di aggiungere direttamente un’altra copia del gene sano per poter produrre abbastanza proteina da rendere inefficace l’azione bloccante della dominante negativa, con o senza strategie atte a rendere inattiva la produzione della proteina mutata”, spiega. “È fondamentale, così come nelle autosomiche recessive, avere una profonda comprensione del meccanismo alla base della patologia”, aggiunge.
UNA SFIDA FUTURA La promessa di una terapia genica nel prossimo futuro, alla portata di tutti e capace di curare qualsiasi patologia ereditaria è, secondo Leroy e Huang, un’utopia che si scontra con alcune problematiche che vanno risolte già nel presente. “Come innovazione scientifica, la terapia genica sta decollando, ed è facile immaginare quanto in fu-
grado di leggere ed interpretare perfettamente il quadro della situazione per non tentare una terapia mirando al gene RPE65 quando il paziente ha una patologia legata al gene GUCY2D. Sarebbe un disastro”, avverte. “Probabilmente non sarà una strada percorribile per tutti”, afferma Huang, “alcuni potrebbero non essere coinvolti, interessati o potrebbero non avere il mindset adatto, ma è solo una questione di tempo. Per un po’ ci saranno dei grandi esperti del settore, con una grande esperienza nel campo, ma in fuBart P. Leroy turo ci sarà la consapevolezza di una medicina più permeabile rispetto a settori specifici”, aggiunge Huang. “In futuro la terapia genica non sarà certamente l’unica soluzione a tutti i problemi”, suggerisce Leroy, “la medicina personalizzata può sicuramente comprendere una fetta della popolazione, ma non è escluso che si possano trovare soluzioni migliori per il paziente, come ad esempio la terapia di sostituzione cellulare o
“Come innovazione scientifica, la terapia genica sta decollando, ed è facile immaginare quanto in futuro possa diventare importante” turo possa diventare importante”, osserva Leroy. “Ma in primo luogo richiede del personale che comprenda e apprenda l’argomento. Non siamo in molti al momento attuale ad avere un background di questo tipo ed è sempre più necessario iniziare ad istruire nuove generazioni di genetisti medici, di genetisti oftalmologici”, prosegue. “È importantissimo essere in
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Cover Topic
“Si tratta di una pietra miliare e parte di un continuum che è iniziato con la scoperta del DNA arrivando fino al giorno d’oggi. Il solo comprendere questo tipo di tecnologia è di per sé un punto focale nell’evoluzione della medicina”
Suber Huang
la visione bionica”, prevede Leroy. “Inoltre la terapia genica può funzionare solo quando il paziente ha un numero sufficiente di cellule vive per poter applicare una trasfezione efficace; se non ci sono cellule vive non si può fare nulla. Potrebbe esserci una soluzione in futuro per trattare la Degenerazione Maculare Senile, ma non per gli stadi avanzati atrofici come l’Atrofia Geografica”, Leroy aggiunge. “Come dico sempre: ad un uomo morto non puoi offrire un hamburger, perché non lo mangerebbe”. La formazione di nuovi specialisti e l’avanzamento tecnologico sono elementi essenziali per lo sviluppo di questa nuova opzione terapeutica e per la diffusione sul territorio globale. “Al momento attuale non è necessario avere più centri ‘superspecializzati’ per nazione. Ad esempio in Belgio, con una popolazione di undici milioni non è attualmente necessario avere più di un centro, come non ne servono dieci in Francia anche se hanno una conta di sessantacinque milioni di abitanti”, spiega Leroy. “Ad un paese da ottantadue milioni come la Germania, 8 centri sono sufficienti. Questo perché per ognuno di questi centri superspecializzati deve esserci almeno un ‘superspecialista’, una figura esperta di oftalmologia genetica”, prosegue. “Con un aumento nel numero di queste figure, a cui è necessario dare una formazione aggiuntiva a quella oftalmologica, sarà eventualmente possibile espandere il numero di centri e garantire una maggiore copertura ed accessibilità”, spiega. 10
“L’intera struttura medica potrebbe giovare dell’avanzamento tecnologico, in particolare con l’introduzione di tecnologie d’Intelligenza Artificiale e di network di raccolta di dati genetici, con una visione sul quadro globale. Questo potrebbe dare al medico la possibilità di individuare anche i piccoli dettagli ed eventualmente perfezionare le potenzialità diagnostiche dello specialista”, spiega Huang, “l’AI potrebbe facilitare questo processo passando in rassegna trilioni di dati, ma quello che più interessa è di collegare tra loro i vari centri specializzati”. “Un sistema di network è già presente in Unione Europea, le Reti di Riferimento Europee, o ERN, che comprendono il sistema ERN-EYE per le malattie rare dell’occhio. Si tratta di vari centri specializzati collegati tra loro, tra cui il mio a Ghent”, aggiunge Leroy. CRISPR/CAS9, UNA NOVITÀ CHE DIVIDE. Nell’ultimo anno si è molto parlato di CRISPR o CRISPR/Cas9, un termine che ha fatto ampiamente discutere i media di tutto il mondo, tra preoccupazioni ed entusiasmo, e che sta facendo discutere anche l’ambiente medico. Per quanto CRISPR/Cas9 abbia in comune con la Terapia Genica la possibilità di modificare il DNA umano, esso lavora a livelli microscopici differenti. “La differenza maggiore tra i due approcci è che CRISPR/Cas9 è a tutti gli effetti un tool per l’editing genetico e se la Terapia Genica funziona con l’inserimento di un gene che può esprimere una
variabilità di funzioni rimanendo un gene fornito in modo esogeno, l’altro sistema edita direttamente il materiale genetico”, spiega Suber Huang. “Sono impressionato dal sistema CRISPR/Cas9”, confessa Bart P. Leroy, “perché è un tool con cui possiamo davvero modificare direttamente i geni. Ma riconosco che con lo stato tecnologico attuale non siamo ancora arrivati al punto da conoscerne il funzionamento abbastanza bene per poterlo usare saggiamente, e questo mi preoccupa”. “È un sistema che può essere applicato in medicina, ma essendo un tool genetico può essere applicato a qualsiasi cosa abbia un codice genetico, dall’agronomia alla riduzione drastica delle patologie infettive tramite l’introduzione di zanzare geneticamente modificate, ad un costo irrisorio”, spiega Huang. “C’è comunque da dire che al giorno d’oggi stiamo giocando con schegge e lame di selce”, aggiunge. “Tra vent’anni potremmo avere nanozimi più avanzati e sistemi più sofisticati rispetto all’attuale CRISPR/Cas9, e specialmente una comprensione più profonda dei processi di transfezione virale. Lì ci sarà la vera svolta.” La preoccupazione che più divide riguarda l’editing genetico della linea germinale. “Questo è un argomento che solleva un polverone morale, ed è comprensibile”, spiega Leroy. “Il fatto è che non penso che valga neppure la pena discuterne considerato il livello tecnologico odierno, a mio parere al momento at-
tuale rischiamo di osare troppo. Al momento esistono soluzioni alternative altrettanto funzionali, come ad esempio la selezione embrionale, dato che è possibile scovare la presenza di una patologia ereditaria già in uno stadio ad otto cellule. La Diagnosi Genetica Preimpianto è già messa in pratica in centri specializzati e ha già contribuito a far nascere dei bambini sani da dei genitori con una patologia autosomica dominante o che corrono il rischio di far nascere bambini con una patologia X-linked autosomica recessiva”, spiega Leroy. “CRISPR/Cas9 per l’editing germinale è un po’ come avere una pistola con cui sai che puoi difenderti dagli animali feroci, ma che non sai se può o meno partire un colpo che, attraversando il pianeta, può uccidere un essere umano dall’altra parte”, afferma. “Mantenendo la mente aperta credo che nell’ottica della civiltà umana la tecnologia e lo sviluppo non si siano mai fermati. La spinta verso la scoperta e l’innovazione a parer mio è radicata nella specie umana. L’essere umano è arrivato ad un punto in cui può identificare le coppie di basi del suo stesso genoma. Siamo arrivati al punto in cui possiamo alterare la vita stessa, e dovremmo approfittarne per iniziare a riconsiderare i nostri valori morali, per iniziare a condividere invece che azzuffarci per delle linee sulla sabbia. Siamo pronti a giocare ad essere Dio? Penso di no”, afferma Huang. Secondo Huang è impossibile conoscere a fondo ogni potenziale rischio e beneficio di un’innovazione tecnologica. “Questo in particolare
si può applicare all’editing genetico della linea germinale, che lascia un’impronta indelebile nel genoma e che può avere conseguenze inaspettate e accidentali. È un settore nascente e noi siamo solo all’inizio della comprensione dei processi fondamentali dell’omeostasi molecolare e delle basi immunologiche della salute umana”, prosegue. “Il nostro obiettivo più nobile come medici e ricercatori è quello di migliorare la qualità della vita dei nostri pazienti, di raggiungere il massimo potenziale dell’esistenza umana e di alleviare la sofferenza, e questo è sicuramente il periodo storico più entusiasmante in cui vivere, sia per la medicina che per l’oftalmologia”, conclude.
Secondo Huang l’editing genetico è il risultato di un istinto di adattamento ed evoluzione radicato nel genere umano.
“L’intera struttura medica potrebbe giovare dell’avanzamento tecnologico, in particolare con l’introduzione di tecnologie d’Intelligenza Artificiale e di network di raccolta di dati genetici, con una visione sul quadro globale”
Suber Huang
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Cover Topic
LUXTURNA, la parola a Novartis Il punto di vista di Nikos Tripodis, Worldwide Franchise Head of Ophthalmology di Novartis.
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Come Luxturna influenzerà il futuro dell’oftalmologia? Luxturna è una terapia genica trasformazionale per bambini e adulti colpiti da malattie retiniche rare che coinvolgono un malfunzionamento del gene RPE65, che porta ad un progressivo deterioramento delle cellule della retina e, come ultima fase, alla completa cecità. La natura debilitante di questa condizione ha dei costi in termini fisici, emotivi e finanziari sui pazienti e su coloro che se ne occupano. Luxturna è un trattamento una tantum che inserisce una copia funzionante del gene RPE65, risanando la vista e offrendo una protezione duratura alla stessa. Per i pazienti affetti da rare mutazioni del gene RPE65, si tratta di una svolta che cambia la vita. Oltre ciò, le terapie geniche con Luxturna rappresentano una nuova frontiera della medicina: la nostra esperienza in questa applicazione ridotta può portare a più svolte nei trattamenti per altre malattie retiniche ereditarie e pure per altre malattie genetiche oltre l’oftalmologia.
focalizzati sulle seguenti aree per il trattamento con la terapia genica e oltre: - Malattie refrattive e della superficie oculare, incluse nuove terapie per la presbiopia e il dolore cronico alla superficie oculare e l’appena acquisito Xiidra per il dry eye; malattie rare che includano Luxturna, la terapia genica CPK850 per la retinite pigmentosa di nostro sviluppo e la nuova indicazione di Lucentis per la retinopatia del prematuro (ROP). - Medicine regenerative, inclusi programmi a lungo termine per la terapia genica e il glaucoma. - Riguardo la retina - stiamo cercando di massimizzare il pieno potenziale di brolucizumab. - Oltre ciò, stiamo investendo nella ricerca esplorativa per approfondire i meccanismi di sviluppo dell’AMD. - Stiamo inoltre cercando di sviluppare delle tecnologie trasformative digitali per migliorare i trattamenti farmacologici.
Quando si parla di terapia genica, l’oftalmologia è sulla cresta dell’onda. Novartis sta già investendo nella nuova ricerca per i trattamenti di altre malattie ereditarie o lo farà in futuro? Inizialmente, Novartis si è focalizzata sulle condizioni del sistema nervoso centrale, l’occhio e il sangue, perché abbiamo una vasta expertise in queste aree e perché è attualmente possibile rilasciare materiale genetico in questi punti. In altre parole, possiamo rilasciare una cellula o della terapia genica sul tessuto target. In futuro, i team di Novartis si potranno espandere in aree terapeutiche ulteriori. In oftalmologia siamo attualmente
Con la tecnologia disponibile oggigiorno, la terapia genica è un trattamento costoso. Quale potrebbe essere una possibile soluzione per Novartis per incrementare il rapporto tra costo ed efficacia (ad esempio, tecnologia migliorata, intelligenza artificiale, sistemi di delivery, training avanzato)? Riguardo il prezzo di Luxturna, i policy maker nel mondo hanno adottato delle stime economiche e sanitarie ben consolidate per definire il valore dei farmaci per pazienti e società, e per aiutare a determinare quanto costano e come pagarli. Data la novità di questa categoria e la natura trasformativa di queste terapie, i
finanziatori e gli altri stakeholder economici e sanitari riconoscono l’esistenza di modelli di valutazione non adatti, poiché sono pensati per farmaci a somministrazione cronica. Ci sono dei lavori in corso nello US Institute for Clinical & Economic Review (ICER), lo UK National Institute for Clinical Excellence (NICE) e altri istituti per sviluppare un nuovo approccio, a cui stiamo attivamente contribuendo. Come trattamento una tantum, Luxturna risana la vista e la migliora nei bambini e negli adulti con un effetto durevole. Oltre all’effetto terapeutico trasformativo, queste terapie potrebbero potenzialmente far risparmiare denaro nel lungo termine grazie al controbilanciamento di costi generato dalla sostituzioni di trattamenti pre-esistenti e dalle spese cliniche. Più in generale, stiamo lavorando per fornire delle svolte in campo oftalmico innovative e che coinvolgano la biologia, le cellule e la terapia genica, e soluzioni digitali per completare e migliorare i nostri farmaci per una stima annuale di circa 135 milioni di pazienti in 125 paesi. Per esempio, alcune delle soluzioni digitali che stiamo esplorando includono: - La nostra app prima nel suo genere, FocalView, che prevede l’opportunità per i pazienti di partecipare ai trial clinici oftalmologici da casa, rendendo questi più accessibili e flessibili e, al contempo, consentendo agli outcome riportati dai pazienti di essere più accurati. - Stiamo sviluppando un test sull’acuità visiva per aiutare la misura della visione da vicino. - Stiamo lavorando sul garantire al paziente la possibilità di
misurare con regolarità e direttamente da casa il proprio spessore retinico centrale, e di poter inviare i dati da remoto al proprio oftalmologo curante. Un pensiero personale su cosa rappresenta essere la prima azienda ad aver incassato un’approvazione sia dal FDA e dall’EMA per la terapia genica in oftalmologia.
La nostra azienda partner, Spark Therapeutics, possiede i diritti esclusivi su Luxturna negli Stati Uniti; ha inoltre gestito l’iter per l’approvazione della Commissione Europea assieme ai team di Novartis. L’approvazione da parte dell’Unione Europea della terapia genica una tantum con Luxturna ha posto una pietra miliare nel rivoluzionamento della medicina. Personalmente,
sono estremamente fiero delle opportunità che un trattamento come Luxturna offre ai pazienti con alterazioni del gene RPE65 e alle loro famiglie. La possibilità di preservare o risanare la vista in qualcuno che sarebbe altrimenti condannato alla cecità legale entro i trent’anni di vita è un’enorme motivazione per andare a lavorare ogni giorno.
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Largo ai Giovani
GIOVANI MENTI NUOVE FRONTIERE L’esperienza di Matteo Scaramuzzi nella ricerca sulla terapia genica
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Matteo Scaramuzzi
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La medicina del futuro è nelle mani di giovani medici, soprattutto specializzandi, che si incamminano su strade nuove esplorando nuove frontiere, come quella della terapia genica. Giovani specializzandi che vivono esperienze di ricerca e pratica in altri Paesi, portando tutto ciò che hanno appreso in Italia. Giovani che decidono di dedicare la loro vita all’avanzamento della medicina al servizio dei pazienti, mai dimenticando l’aspetto umano dell’essere un dottore. Questo è il caso di Matteo Scaramuzzi, specializzando di oculistica al quarto anno presso l’Università di Milano e assegnato all’Ospedale San Giuseppe sotto la guida del Professor Paolo Nucci. Prima di terminare la specializzazione, Matteo è partito alla volta degli Stati Uniti per una fellowship clinica e di ricerca in
oftalmologia pediatrica, con un focus sulle distrofie retiniche ereditarie presso la Cleveland Clinic a Cleveland (Ohio), per ritornare in Italia nove mesi dopo. “Sono tornato per finire la specialità in Italia, anche se potevo rimanere ancora un altro po’ di mesi negli Stati Uniti. Ho deciso di tornare anche perché il dipartimento di oculistica qui a Milano offre un’ottima scuola di specializzazione” afferma il dottor Scaramuzzi. PARTIRE E TORNARE Un’esperienza all’estero assolutamente cruciale per il lavoro di Matteo Scaramuzzi, che una volta tornato in Italia, ha proseguito il suo percorso nell’oftalmologia pediatrica, lavorando a stretto contatto con il Professor Nucci. “Sto avendo la fortuna di lavorare molto più a stretto contatto con il Professore durante questi ultimi anni di specialità, soprattutto da quando sono tornato dagli Stati Uniti” spiega Scaramuzzi. “Assolutamente è un’esperienza formativa e di crescita, non solo per il gran numero di pazienti che da tutta Italia si rivolgono al Professore, ma anche per la sua capacità unica di insegnamento”. Ancora un altro giovane medico italiano che parte per una fellowship all’estero. Uno strumento che, come abbiamo già avuto modo di ricordare negli scorsi numeri, in Italia non è diffuso. “La fellowship è uno strumento utilissimo ed è assolutamente una carenza del sistema italiano che si deve arrivare a colmare” afferma Scaramuzzi. “A chi interessa naturalmente, potersi specializzare ulteriormente per un anno in determinati ospedali che sono delle eccellenze in specifiche aree è una cosa necessaria”.
di Laura Gaspari
“Bisogna consigliare di più ai pazienti di effettuare una ricerca genetica. Serve un cambiamento culturale a riguardo, soprattutto nel nostro Paese”
Matteo Scaramuzzi
Necessaria non solo per lo specializzando, che può raggiungere un grado di formazione più elevato e un’indipendenza maggiore, ma anche per il centro che ospita la fellowship, poiché si formano persone già indirizzate su un determinato settore, già interessate e predisposte. Un vantaggio da ambo le parti, come specifica Matteo Scaramuzzi. “L’esperienza all’estero è da fare secondo me, perché ci si confronta con mentalità diverse, un sistema sanitario, stili di vita e lavoro diversi. Fa crescere e permette di continuare a imparare” spiega Scaramuzzi. TRA GLI USA E L’ITALIA “La differenza principale tra Stati Uniti e Italia sta nella possibilità di ricerca. Negli Stati Uniti è più facile. Grazie alla maggiore disponibilità di fondi, i progetti di ricerca vengono approvati più facilmente con un processo anche burocratico più snello. Ci sono tecnologie più all’avanguardia, qui è più difficile ottenerle”. Nonostante ciò il dottor Scaramuzzi non ha trovato una grossa differenza tra la vita in un ospedale italiano e uno statunitense. “Non vi è molta differenza dal punto di vista clinico e della qualità chirurgica, quindi sono tornato molto soddisfatto dall’esperienza e allo stesso tempo contento di finire la specialistica qui. Nel mio ospedale siamo un’equipe di gente molto giovane e aggiornata, attenta alle nuove tecniche chirurgiche e molto preparati a livello clinico” afferma Scaramuzzi. Sul modo di vivere, il dottor Scaramuzzi invece ha registrato le maggiori differenze tra Italia e Stati Uniti. “A livello di mentalità, quello che mi è sembrato è che negli Stati Uniti la vita sia fortemente dedicata al
lavoro. Questo non riguarda tanto la qualità o la quantità del lavoro, perché anche in Italia lavoriamo tantissimo, soprattutto durante la specialità. Mi è sembrato piuttosto che ai miei colleghi specializzandi americani mancasse la capacità di staccare al termine della giornata lavorativa. Questo forse perché Cleveland non è una grande città con molto da offrire, come ad esempio New York o Miami, o la stessa Milano”. LA TERAPIA GENICA Matteo Scaramuzzi è partito alla volta degli Stati Uniti per approfondire il suo interesse verso la terapia genica e le distrofie retiniche. Interesse nato durante un periodo in ambulatorio di retina medica nel quale il dottor Scaramuzzi è venuto a contatto con le malattie genetiche. “La cosa che mi ha interessato di più era la tipologia di pazienti che vedevamo: erano pazienti giovani, in età scolare o lavorativa. Quindi oltre all’aspetto professionale, ero affascinato soprattutto dal punto di vista umano, dai pazienti, bambini, giovani e giovani adulti” ci illustra Scaramuzzi. “Conseguentemente mi sono avvicinato all’oftalmologia pediatrica e ho avuto la fortuna di vedere malattie genetiche non solo retiniche, ma che riguardano anche il segmento anteriore oppure che affliggono anche altri organi oltre che l’occhio. Ci sono pazienti nel cui corredo genetico si presenta un’alterazione di un gene o di un set di geni e questo può portare alla produzione alterata o alla mancanza di enzimi o proteine. Questo fatto porta a sua volta a delle alterazioni funzionali che possono essere limitate ad un determinato organo, nel nostro caso l’occhio, o alla formazione di vere e proprie sindro-
mi che coinvolgono diversi organi e apparati” ci spiega il dottor Scaramuzzi “Con la terapia genica noi andiamo a sostituire a livello cellulare i geni alterati con geni funzionanti”. La terapia genica è già in uso in diversi tipi di malattie a livello extra oculare. “In Italia siamo abbastanza all’avanguardia con la ricerca, grazie anche ad associazioni come Telethon per esempio” precisa Scaramuzzi. “Tuttavia sono gli Stati Uniti gli apripista verso queste nuove frontiere della medicina”. Come funziona dunque la terapia genica? “Si va ad iniettare direttamente a livello oculare sottoretinico una piccola quantità di liquido in cui è contenuto un virus privato delle proprie caratteristiche infettive che viene usato come involucro per il DNA con il gene corretto. Una volta iniettato, il virus penetra nelle cellule retiniche, va a sostituire il gene alterato con il gene funzionante e la cellula ritorna a produrre la proteina mancante” ci spiega Scaramuzzi. “Si tratta di un settore in grande espansione. Dal punto di vista oculistico, la ricerca è partita da mutazioni più rare, ma dati i buoni risultati il focus si è allargato anche ad altre alterazioni genetiche più diffuse nella popolazione generale” afferma Matteo Scaramuzzi. Un notevole passo avanti per tutto il mondo della medicina, ma anche per i pazienti. Secondo il dottor Scaramuzzi in futuro dovrà cambiare anche l’approccio del medico e dello stesso paziente verso tutto quello che riguarda le malattie genetiche. “Bisognerà cambiare approccio, diagnosticare prima le malattie sarà la vera sfida, così da poterne contenere i danni. Bisogna consigliare di più ai pazienti di effettuare una ricerca
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Largo ai Giovani
“L’ideale sarebbe creare delle vere e proprie équipe specializzate con diverse figure professionali che lavorano assieme per i pazienti affetti da malattie genetiche”
Matteo Scaramuzzi
genetica. Serve un cambiamento culturale a riguardo, soprattutto nel nostro Paese, sia da parte del medico, che del paziente che spesso preferisce non farla” afferma Scaramuzzi. UN CAMBIO RADICALE PER L’OFTALMOLOGIA? Gli avanzamenti nell’utilizzo della terapia genica sono sicuramente una rivoluzione in tutti i settori della medicina e non solo. Un vero e proprio cambio di paradigma, che rivedrà moltissimi parametri, dalla diagnosi al trattamento stesso della patologia. In un futuro la terapia genica potrebbe essere disponibile per un numero crescente di pazienti e per uno spettro sempre più ampio di patologie. “L’impatto sarà notevole. Se fino ad oggi non avevamo nessuna cura disponibile e l’unica scelta possibile era tenere sotto osservazione i pazienti e valutare la progressione della malattia, adesso possiamo iniziare ad offrire qualcosa di veramente efficace” afferma Scaramuzzi. I primi farmaci di terapia genica hanno iniziato a comparire sul mercato in seguito all’approvazione sia da parte della Food and Drug Administration americana che dell’Agenzia Europea del Farmaco e, di conseguenza nel nostro Paese, dell’AIFA. “Una terapia genica già diffusa e approvata negli scorsi due anni, tra il 2017 e il 2018, riguarda l’alterazione del gene RPE65, responsabile di alcune distrofie retiniche come l’Amaurosi Congenita di Leber. Ci sono studi in corso per quanto riguarda la Malattia di Stargardt, forme di retinite pigmentosa, che è molto più diffusa, di retinoschisi o di coroideremia” spiega Scaramuzzi. 16
Ma cosa cambierà per l’oftalmologia e per l’oftalmologo? Ci sarà sicuramente una svolta sostanziale secondo Matteo Scaramuzzi, che si esprimerà anche in un maggiore sforzo a livello generale. “Ci sarà un maggior afflusso di pazienti, di persone, di investimenti, di ricerca. Dal punto di vista delle cliniche ci sarà una maggiore attenzione verso queste patologie per il maggior numero di pazienti che si presenteranno alle visite. Adesso molti si perdono, perché una volta constatato che non esiste una terapia adeguata si arrendono e smettono di essere seguiti” afferma Scaramuzzi. Non solo uno sforzo generale, ma un nuovo modo di organizzare il lavoro nei confronti di queste patologie, con una maggiore interconnessione tra diversi specialisti. “Ci sarà sicuramente una maggiore relazione tra l’oculista e altre figure professionali in ambito medico che finora appaiono distanti, come ad esempio i genetisti. Molte di queste patologie interessano l’occhio, ma possono interessare anche altri distretti se si presentano a livello sindromico” spiega Scaramuzzi. “L’ideale sarebbe creare delle vere e proprie équipe specializzate con diverse figure professionali che lavorano assieme per i pazienti affetti da malattie genetiche: un genetista, un oftalmologo, un medico internista. Creare un nuovo tipo di organizzazione dedicata solo a questo tipo di patologie”. Una grande speranza per il futuro, un settore in espansione e una strada che stiamo percorrendo grazie anche all’impegno di giovani come Matteo Scaramuzzi. “La professione medica è assoluta-
mente impegnativa, ma ti riempie di soddisfazioni, non annoia mai, e quindi la consiglierei a chiunque, in particolare l’oculistica, specialità particolare perché coniuga sia l’aspetto clinico che quello chirurgico, interessante e sempre più tecnologico” afferma Scaramuzzi. “Sicuramente il percorso è lungo e difficile, ma mai demoralizzarsi. Io mi ritengo molto fortunato di potermi specializzare qui all’Università di Milano e all’Ospedale San Giuseppe con il Professor Nucci. Ci sono tutte le difficoltà del caso, ma la formazione qui a Milano è comunque molto buona”.
Matteo Scaramuzzi
INTRAVIT® Contenuti medi
per 2 cpr
Curcuma e.s.
400 mg
Apporto di curcumina
380 mg
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160 mg
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160 mg
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40 mg
Attività totale
394 GDU
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4 mg
Apporto di piperidina
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un supporto razionale ed innovativo al trattamento dell’edema retinico e alle terapie con iniezioni intravitreali
Innovazioni
OFTALMOLOGIA E ROBOTICA, UN’AVVENTURA AL MASSIMO GRADO DI PRECISIONE Il Prof. Marc de Smet racconta la sua esperienza alla frontiera dell’innovazione tecnologica.
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Il dispositivo PRECEYES Surgical System al Rotterdam Eye Hospital 1-2; Copyright and courtesy Preceyes.
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“Ha mai visto com’è fatto un Robot al suo interno?” Scrisse Karel Čapek nel suo dramma del 1920 Rossumovi Univerzální Roboti (R.U.R.). Con il dramma di Čapek, veniva usata per la prima volta in assoluto la parola robot per descrivere dei lavoratori artificiali, automi senz’anima, macchine umanoidi “di una perfezione maggiore di un prodotto della natura”, costruiti appositamente per servire l’uomo. Robot, dal ceco “robota”, al contempo traducibile con “corvée” e “lavoro pesante”. R.U.R. descrive un mondo prettamente futurista permeato dalla robotica, svolgendo tuttavia la trama in chiave distopica ed oscura, aprendo a dilemmi etici che avrebbero caratterizzato tutta la letteratura scientifica del 1
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secolo, da Fritz Lang ad Asimov, da Dick a Spielberg. Quello che fino a qualche decennio fa apparteneva solamente a queste opere di fantascienza, oggi si è in parte realizzato. I robot sono entrati nelle nostre vite, nelle nostre case e nelle sale operatorie, distanziandosi tuttavia dalle cupe previsioni del suo creatore originale. Oggi infatti vediamo il robot come una figura ben più positiva e meno “minacciosa”, ed un’opportunità inestimabile per il miglioramento della qualità di vita e della salute dell’essere umano. “La robotica sta per diventare una parte molto importante dell’oftalmologia”, afferma Marc de Smet MD, CM, PhD, BSc(hon),FARVO FRCSC, FRCOphth, FEBOphth, FMH, “questo perché ci permette di accedere ad una strumentazione capace di aumentare di cento, fino a mille volte la precisione chirurgica di una mano umana”. Professore e direttore del dipartimento MIOS di Losanna, de Smet ha contribuito alla fondazione di PrecEyes, azienda di cui ricopre il ruolo di CMO, e allo sviluppo del PrecEyes Surgical System R1.1, un dispositivo d’avanguardia studiato appositamente per assistere il chirurgo in vari interventi di chirurgia vitreoretinica. “Ho iniziato quest’avventura nel 2007 circa, all’epoca stavo lavorando sul perfezionamento dell’endoscopia oculare come capo dipartimento nei Paesi Bassi e sono stato chiamato per lavorare ad un nuovo progetto di robotica. Al tempo era appena apparso il Da Vinci (Intuitive Surgical), e ho proposto di fare
di Timothy Norris
“Uno degli obiettivi attuali di PrecEyes è l’adattamento del nostro dispositivo alla terapia genica, cosa che considero essere una naturale evoluzione del macchinario.”
Marc de Smet
qualcosa di più incentrato sulla microchirurgia oculare, qualcosa che permettesse di operare non più in sala operatoria, ma direttamente in ambulatorio”, ci racconta de Smet. Un’azienda che è cresciuta negli anni attorno ad uno scopo: puntare ad essere l’avanguardia assoluta nel settore della robotica medica oculistica. “Abbiamo ottenuto un investimento iniziale per la fabbricazione di un prototipo funzionante e altri fondi privati che ci hanno permesso di implementare la progettazione con l’ingaggio di un dottorando, che oggi è stabile nell’organico. Da Eindhoven altri colleghi si sono uniti a noi, personalmente ho da prima ricoperto la posizione di consulente e successivamente quella di direttore 2
sanitario “medical director”, spiega il prof de Smet. “Non ho potuto accettare la posizione di CEO perché mi sarebbe stato impossibile continuare a praticare la professione medica”. Nel giugno del 2019, PrecEyes R.1.1 ha ottenuto il marchio di approvazione CE, imponendosi subito come leader nell’assistenza robotica alla chirurgia oftalmologica. A questa prima fase è seguito un lunghissimo periodo di sviluppo e perfezionamento. “Il primo modello era rudimentale, e dotato di due bracci, sullo stile del Da Vinci”, racconta de Smet, “e probabilmente abbiamo iniziato in un periodo in cui l’evoluzione robotica era ancora immatura per essere adattata all’oftalmologia. Per questo ci siamo così confrontati con molti oftalmologi
e abbiamo di volta in volta aumentato la precisione del nostro prototipo, fino ad arrivare alla conclusione che un solo braccio poteva meglio garantire il raggiungimento dei nostri obiettivi, sia per scopi chirurgici che come sistema per l’inoculazione di farmaci”. La robotica medica rappresenta attualmente un settore emergente della chirurgia oftalmica sebbene la linea di ricerca che l’ha originato non sia stata priva di problematiche tecniche e logistiche. “Il primo problema è stato convincere gli investitori”, ci spiega de Smet, “non è stato facile far comprendere il valore del progetto. Scetticismo sul progetto e sul suo eventuale ritorno economico non sono mancati, tuttavia dopo le adesioni dei primi investitori è stato assai più facile ottenere quella di altri”. Un secondo grosso problema è stato l’introduzione della nuova tecnologia in una nella pratica medica. Per quanto la medicina sia assai permeabile a nuove tecnologie, la loro introduzione presenta innegabilmente possibili criticità. “Ad un certo punto della nostra sperimentazione abbiamo dovuto affrontare il giudizio e le conclusioni di alcuni colleghi. Il sistema li intimoriva e per questo non era di loro interesse Non riuscivano a cogliere il valore aggiunto di un assistente robotizzato in grado di garantire garantire loro la massima precisione”, racconta il prof de Smet, e continua “eppure c’è una differenza tra il volare con un piccolo Cessna o con un Boeing 747: certe volte l’oftalmologo si trova a manovrare un aereo di linea manualmente, 19
Innovazioni 1
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PRECEYES Surgical System, utilizzato dal Dr. K. Faridpooya per un peeling di membrana epiretinica al Rotterdam Eye Hospital, 1 e 2. Copyright and courtesy Preceyes
quando potrebbe servirsi dell’aiuto di un computer di bordo”. Secondo il prof de Smet, la robotica chirurgica sta seguendo il naturale percorso nell’evoluzione della medicina, diretto dallo sviluppo e dalla ricerca di nuove tecniche sia chirurgiche che diagnostiche, nel rispetto dell’ambiente, del paziente e dei costi assistenziali. “È solo una questione di tempo”, afferma, “si sviluppano via via computer più potenti, microcircuiti più precisi, puntando verso una sempre maggiore miniaturizzazione. Anche l’oftalmologia è innegabilmente destinata a far parte di questo processo. Miniaturizzare e aumentare la precisione significa anche non avere più bisogno di sale operatorie di grandi dimensioni, di poter ridurre i materiali di scarto ed i problemi di sterilità dell’aria, rendendo la chirurgia oftalmica molto molto meno invasiva. Il prevedibile abbattimento dei costi nel rispetto dell’ambiente è un fattore di cruciale importanza e come tale da tenere nella massima considerazione”, sostiene il prof de Smet. Per poter rimanere al passo con le sfi20
de del futuro, la robotica sta inoltre mostrando il suo potenziale nell’adattamento alle più recenti evoluzioni della medicina. “Uno degli obiettivi attuali di PrecEyes è l’adattamento del nostro dispositivo alla terapia genica, cosa che considero essere una naturale evoluzione del macchinario. Abbiamo già ottenuto un grado di precisione sufficiente da permetterci di incannulare delle vene oculari di sessanta micron, e si sta progettando anche la possibilità di un sistema con le stesse possibilità ma controllato a distanza. Quest’ultima opzione renderebbe possibile ridurre le distanze tra il paziente ed i pochi superspecialisti al mondo che al momento sono in grado di utilizzare il robot”. L’attuale costo delle terapie geniche presenti sul mercato è così elevato da richiedere la massima precisione di inoculo, per ridurne sprechi e massimalizzarne l’efficacia. Solo una procedure robotizzata offre questi requisiti di precisione. “Gran parte del rischio di risposta immunitaria ad una terapia genica dipende dal grado di precisione in
fase di somministrazione”, spiega de Smet. “In caso di somministrazione manuale questo richiede anni e anni di training, mentre con un sistema di drug delivery robotizzato di precisione la curva di apprendimento è assai più breve. Inoltre, con l’inoculo manuale di un farmaco come ad esempio il voretigene neparvovec, è facile che una buona parte del materiale genico si disperda nel vitreo proprio in fase di rimozione dell’ago. Con un costo che supera i quattrocentomila dollari per trattamento, è facile intuire che una perdita anche minima di materiale genico possa tradursi in uno spreco esorbitante, facilmente evitabile dall’impiego di tecniche robotiche adeguate”, afferma il prof de Smet. In un futuro non troppo lontano la robotica microchirurgica, oggi già una realtà per l’oftalmologia, potrebbe essere applicata ad altri settori chirurgici. Il suo potenziale e palese. “Consideriamo ad esempio il sistema robotico della MMI di Pisa, che in pratica è una versione miniaturizzata del Da Vinci; potenzialmente potrebbe eseguire interventi di microchirurgia
Il dispositivo PRECEYES Surgical System; Copyright and courtesy Preceyes
alla mano come un intervento di cataratta. Viceversa, al momento PrecEyes non sarebbe in grado di fare lo stesso, in quanto necessita di un punto di riferimento; in futuro, tuttavia ma potrebbe con facilità avere degli sviluppi in altre tipologie di intervento come ad esempio nella chirurgia intracranica o in quella delle articolazioni”, spiega il prof de Smet. “L’unico limite di applicazione del nostro del nostro dispositivo sta nel design”. La tecnologia del nostro apparecchio, come qualsiasi altra, ha le sue criticità, e come qualsiasi altra, in futuro potrebbe cedere il passo ad altre innovazioni, sostiene il professore. “L’espansione della robotica è strettamente legata allo sviluppo di una molteplicità di differenti tecnologie già esistenti o in via di sviluppo. Partendo dalla semplice leva fino all’uso di sistemi di importazione video, la tecnologia OCT (please spell out) o anche l’intelligenza artificiale.
Quello che propone la robotica non è che l’integrazione di tutte queste tecnologie, minuiaturizzando gli apparecchi, ottimizzandoli con controllo a distanza o addirittura sistemi di motion control per gestire interamente l’operazione senza avere i limiti di un sistema di controllo fisico”, spiega il prof de Smet. “Que-
delle nanomacchine guidate magneticamente”. Al momento attuale la robotica medica è ai suoi primissimi passi, e già rappresenta una sfida per il presente e per il futuro. Per un futuro in cui il prof. de Smet crede fermamente. “Quando ho intrapreso quest’avventura nella robotica la gente un po’ se la rideva, a volte, con ironia, mi presentavano ad altri come ‘una persona che vive sempre dieci anni nel futuro’, cosa che per me è in realtà sempre stato un complimento. Marc de Smet Dopo quindici anni ho visto il successo di PrecEyes e so che è tutto ste tecnologie possono però essere merito di chi ci ha creduto e ha insoppiantate da altre più innovative, vestito tempo e danaro, su di una e la stessa robotica può improvvisa- scommessa, all’inizio, visionaria. mente diventare interamente obso- Su di essa ho investito una buona leta a causa di un nuova invenzione. metà della mia carriera, ne sono orUn po’ come è successo con il DVD, goglioso perché ho la certezza che poco prima dell’arrivo dell’era dello la robotica continuerà a dare i suoi streaming. Questa nuova scoperta frutti” così conclude il prof de Smet, nel mondo della microchirurgia ro- “con la speranza di vivere sempre botica potrebbe venire dal mondo dieci anni nel futuro”.
“La robotica sta per diventare una parte molto importante dell’oftalmologia”
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Innovazioni
LA PUNTA DELL’ICEBERG Dal genio della Montalcini agli importanti risultati terapeutici, il cenegermin si afferma come pietra miliare di un futuro clinico luminoso
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Il Professor Paolo Rama
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Ad un anno dall’approvazione FDA e ad un anno e mezzo dall’approvazione EMA, cenegermin sta dando una speranza ai pazienti affetti da patologie orfane di cura come la cheratopatia neurotrofica, aprendo contemporaneamente una strada alla terapia di patologie e condizioni della sezione anteriore e posteriore dell’occhio grazie alle sue notevoli potenzialità rigenerative dei tessuti. Oxervate (cenegermin-bkbj, Dompé), è il risultato di una lunghissimo percorso di ricerca. Una vicenda che coinvolge grandi menti della scienza lungo sessant’anni di storia e che ha reso possibile l’accesso sul mercato grazie all’intraprendenza di Dompé, da sempre alla ricerca di soluzioni terapeutiche per le malattie rare. Il primo capitolo di questa storia inizia negli anni ‘50, con la ricerca del celeberrimo Premio Nobel Rita Levi Montalcini, ricordata con affetto attraverso le parole del Prof. Paolo Rama. “La Montalcini stava lavorando sul sistema nervoso centrale”, racconta Rama, “ed aveva identificato in una particolare forma tumorale una proteina, successivamente identificata come Nerve Growth Factor. Ne aveva viste le potenzialità, comprendendone la fortissima efficacia di crescita”. Paolo Rama, Primario dell’Unità Operativa di Oculistica del San Raffaele di Milano e grande esperto di patologie corneali, ha contribuito in modo essenziale allo sviluppo del cenegermin, identificando le grandi potenzialità terapeutiche di questa proteina in campo oftalmologico. “Le sperimentazioni sull’uomo negli anni ‘60 e ‘70 non avevano dato i risultati sperati, per quanto questa proteina portasse con sé grosse aspettative nella cura di malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson”, racconta Rama. “Non si riusciva a capire per
quale motivo questa proteina autologa, naturalmente prodotta dal nostro organismo e presente in tutti i sistemi, non stesse dando alcuna dimostrazione di efficacia come farmaco. Le cose però cambiarono nel 1996”. “Tutto è correlato, non si può parlare di sistema immunitario o di sistema nervoso centrale, ma di sistema neuroimmunoendocrino”, una frase della Prof. Montalcini che Paolo Rama conserva tra i suoi ricordi più cari, “una persona che quando la si conosce non la si dimentica più”. Nel ‘96 Paolo Rama si trova ad affrontare un caso particolarmente complesso e forte di questo insegnamento decide di rompere gli schemi, aprendo ad un nuovo percorso terapeutico. “Quell’anno esercitavo a Venezia e con me c’era Alessandro Lambiase per fare un approfondimento delle malattie corneali. Lambiase lavorava a Tor Vergata, ma era anche uno studente della Montalcini al CNR di Roma”, racconta Rama. “Ci si presenta il caso di una bambina monocola, affetta da aplasia del trigemino e di conseguenza una anestesia corneale congenita, con un’ulcera corneale che non dava segni di voler guarire. Una terapia sbagliata o un innesto di membrana amniotica o ancor più un trapianto avrebbero avuto un impatto spaventoso sulla piccola paziente, e il rischio di renderla cieca era più che concreto”. Conscio dei rischi che potevano seguire, Paolo Rama, affiancato dal Prof. Lambiase, decide di provare. “Ci venne in mente di provare a utilizzare, a livello compassionevole, l’NGF in collirio”, racconta Rama, “iniziammo in gran segreto e l’ulcera si chiuse”. “Dopo questo primo caso altri 12 pazienti affetti da ulcere neurotrofiche resistenti ai trattamenti convenzionali vennero trattati con successo. La casistica venne accettata e pubblicata nel
di Timothy Norris
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Evoluzione clinica dell’ulcera in paziente con grave blefarocongiuntivite atopica. Si noti la completa risoluzione dopo 4 mesi di trattamento e la restitutio ad integrum del tessuto corneale con ripresa del visus. 17/07/2014
New England Journal of Medicine nel 1998. Nessuno sembrava però interessato a portare avanti questo progetto”, ricorda Rama. “Ad un certo punto è arrivata la Dompé, che ci ha creduto e ha investito. Devo dargli un gran merito, in particolare al compianto Eugenio Aringhieri, che all’epoca era amministratore delegato. È stato lui a convincere Sergio Dompé ad investire in questo progetto audace, e lui ci ha creduto anche contro qualche parere contrario, ha investito. È grazie al coraggio e alla fiducia di questi due uomini che oggi abbiamo una cura per questa patologia rara”. Credendo fermamente nel progetto, Dompé si è impegnato nel perfezionamento del farmaco sviluppando un ricombinante umano (rhNGF) presso l’impianto biotecnologico a L’Aquila, aprendo alla produzione industriale di Oxervate (cenegermin-bkbj). Il farmaco ha successivamente conseguito con successo le approvazioni FDA, EMA e AIFA, soddisfando le alte aspettative che il mondo dell’oftalmologia aveva nei confronti di questa nuova formulazione. “Il cenegermin è certamente un’importantissima evoluzione, in quanto permette di risolvere un problema che ancora non aveva alcuna soluzione clinica efficace. Ora si ha la possibilità di ricostruire la cornea, non solo come riepitelizzazione, o come ricomposizione della struttura, ma anche con il mantenimento delle strutture nervose, che sono ovviamente fondamentali per la ristrut-
turazione completa ed efficace del tessuto corneale”, ci spiega il Prof. Pasquale Aragona, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e Direttore della UOC di Oftalmologia dell’Università di Messina. Il Prof. Aragona ha giocato un ruolo fondamentale nella fase di sperimentazione farmacologica che ha poi portato all’approvazione del farmaco presso le maggiori agenzie internazionali. “In quell’occasione, nel 2014-2015 ho reclutato diciotto pazienti, alcuni dei quali sto seguendo tutt’ora”, racconta Aragona, “ed è stato sorprendente vedere come molti di questi pazienti non solo erano guariti da ulcere anche molto importanti, ma avevano recuperato in modo ottimale la funzione visiva e la sensibilità corneale, addirittura mantenendo i risultati a distanza di anni senza dare segni di peggioramento”. L’esperienza clinica di Aragona con il cenegermin ha riportato un recupero sensibile e un importante successo clinico anche in casi estremamente gravi. “Un caso particolare di cui vale la pena parlare è quello di una signora affetta da un’ulcera corneale neurotrofica all’occhio sinistro, aggravata da una forte atopia e di conseguenza una blefarite considerevole. Un caso molto difficile da trattare” racconta Aragona, “questa paziente era già stata presa in carico da molti specialisti che, non avendo un’opzione terapeutica efficace, si erano arresi. Io avevo da poco iniziato la sperimentazione con il cenegermin e quindi
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le ho proposto di partecipare allo studio. Questa paziente era a tutti gli effetti resistente a tutte le terapie praticate, dagli antibiotici all’atropina e tutti i tipi di farmaci e presidi presenti in letteratura, giusto per far capire la gravità del suo caso”, prosegue, “e nonostante avesse un’ulcera veramente importante e profonda, la sintomatologia non era eclatante. Aveva infatti una considerevole riduzione della sensibilità corneale, pari a 0,5 cm al test di Cochet-Bonnet ed un visus di 1/30”. Secondo la testimonianza di Aragona, nonostante la gravità del caso i risultati non si sono fatti attendere. “Dopo neanche un mese dall’inizio del trial clinico la paziente aveva ottenuIl Professor Pasquale Aragona
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to una riduzione veramente cospicua dell’ulcera corneale e, cosa ancora più importante, provava dolore. Il dolore è un segnale molto importante in quanto indica un recupero della sensibilità corneale”, spiega Aragona. Questo fenomeno può essere molto intenso e il paziente che attraversa questa fase può chiedere addirittura l’interruzione del trattamento. “Il medico a questo punto deve chiedere al paziente di resistere, perché il dolore è testimone che la terapia sta facendo effetto e sta dando i suoi risultati, ed è molto importante che continui per arrivare al pieno recupero delle condizioni della cornea”, spiega Aragona. Il recupero completo del paziente può in moltissimi casi significare anche la restituzione completa del visus, sostiene Aragona. “Alla prima visita la paziente aveva un visus di 1/30 all’occhio sinistro, e dopo un ciclo di trattamento di otto settimane aveva raggiunto i dieci decimi, con una ripresa della sensibilità pari a 5,5 cm al Cochet-Bonnet, risultati che vengono mantenuti anche oggi, a distanza di cinque anni”, racconta. “Un altro caso emblematico è rappresentato da un signore anziano che avevo in cura, con un’ulcera neurotrofica post-infezione erpetica. Dopo il trattamento l’ulcera si è chiusa, lasciando purtroppo una fibrosi della cornea. Tuttavia lo strato della struttura del tessuto corneale, dimostrato con la microscopia confocale in vivo, è migliorato a tal punto da poter rendere possibile ed ipotizzabile una procedura chirurgica come un trapianto lamellare o a tutto spessore”, aggiunge Aragona. La sperimentazione sul cenegermin si è conclusa nel 2016, riprendendo nel maggio 2019 una nuova fase di perfezionamento.
“Dal maggio scorso ad oggi ho già trattato circa trenta casi, presso il Centro di Riferimento Regionale che dirigo dal 2012 e questo significa trattare molti pazienti inviati dal resto della Sicilia e da fuori regione”, spiega Aragona. Data la sua registrazione come File F, l’attuale formulazione di Oxervate è al momento ristretta ad una precisa indicazione. “L’NGF può essere usato solo nei difetti epiteliali persistenti e nelle ulcere di natura neurotrofica, quindi non si può usare per altre indicazioni”, spiega Rama. “L’anestesia corneale con conseguente rischio di sviluppo di una cheratopatia neurotrofica è comunque una condizione che può essere presente in molte patologie corneali. In questo l’NGF promuove la guarigione e può favorire la reinnervazione, ma non può guarire patologie autoimmuni infiammatorie”, prosegue. “Questo richiede ovviamente una corretta diagnosi e un corretto inquadramento nel paziente. Bisogna diventare un po’ biologi, bisogna capire il meccanismo alla base della patologia per essere efficaci nel trattamento; non selezionare cautamente il paziente può rendere il trattamento inefficace o portare ad un peggioramento del problema”. Gli oculisti possono dunque indirizzare i pazienti ai centri specializzati indicati dal Ministero, ma solo dopo un’accurata diagnosi ed una selezione dei candidati che rispondano alle indicazioni specifiche del farmaco. “Il trattamento con cenegermin viene fatto in ospedali autorizzati a livello regionale. Spetta alle regioni identificare i centri prescrittori”, spiega Rama. “Al momento il costo della terapia si aggira sui quindicimila euro, ma essendo una terapia innovativa questo costo è interamente coperto da un fondo dedicato
Microscopia confocale in vivo di paziente affetto da ulcera erpetica. Si noti la ricomparsa di nervi del plesso subbasale dopo un mese di trattamento.
del Ministero della Sanità”. Selezionare accuratamente il paziente è essenziale per garantire un’efficacia ottimale della terapia e per gestire al meglio le risorse attualmente disponibili. Considerati i costi di produzione del farmaco, la specificità del criterio di scelta può garantire infatti l’accesso alla terapia ad un numero maggiore di pazienti effettivamente in grado di trarne beneficio. “Il costo è chiaramente uno dei problemi tipici di un trattamento innovativo, e per questo motivo l’AIFA permette un singolo ciclo di otto settimane per paziente, per ragioni economiche”, approfondisce Aragona. “Il Sistema Sanitario Nazionale al momento non può coprire una spesa aggiuntiva e certamente un secondo ciclo risulta essere troppo oneroso per le tasche del paziente”, aggiunge. Il problema dell’accessibilità è tuttavia solamente una questione di tempo, rafforzata anche dalle potenzialità dell’NGF nella sua applicazione a molteplici altri settori della medicina. “Questa è la punta dell’iceberg, come diceva la Montalcini”, ricorda Rama. “L’NGF è una proteina autologa che il nostro organismo conosce ed è presente in tutti i tessuti per cui potrebbe essere indicata per il trattamento di molte altre patologie. In particolare per l’occhio si sta valutando la possibilità di trattare malattie della retina e del nervo ottico, come il glaucoma per esempio. Inoltre sta per essere completato uno studio prospettico per il trattamento dell’occhio secco”. Le potenzialità espresse del ricombinante umano rhNGF si stanno dando notevoli speranze al clinico come possibile scelta terapeutica per gran numero di patologie orfane di trattamento. Ed è solo la punta dell’Iceberg.
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1. Leonardi A, et al. Progress in OphthalmologyÂŽ 2019; 5(2):1-12. 2. Lallemand F, et al. J Drug Deliv 2012; 2012:604204012. 3. Daull P, et al. J Pharm Pharmacol 2013; 66(4)531-41.
Riflettori sull’Esperto
IL VALORE DELLE RADICI Il passato, le generazioni, il presente, i mentori, gli allievi e la famiglia. Donald J. D’Amico si racconta.
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Una carriera lunga ed importante, ma senza dimenticare le proprie origini. La storia del Professor Donald D’Amico parte dall’Italia, più precisamente da Napoli, Firenze ed un piccolo borgo di montagna a sessanta chilometri da Palermo. Una storia scritta da gente umile. Una generazione che alla ricerca del sogno americano abbandona il proprio paese per imbarcarsi verso gli Stati Uniti, e di un’altra che sacrifica tutto per poter dare una speranza ai propri figli. Donald Joseph D’Amico è professore e direttore del dipartimento di Oftalmologia al Weill Cornell Medical College e Direttore della clinica oculistica al New York Presbyterian Hospital. È stato professore alla Harvard Medical School e al Massachusetts Eye and Ear infirmary.
Donald J. D’Amico è considerato a livello globale uno dei massimi esperti di vitreoretina.
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Riconosciuto a livello internazionale come uno dei massimi esperti mondiali di vitreoretina, ha pubblicato più di 175 articoli sulle patologie della camera posteriore dell’occhio, ed è stato insignito dei premi Honor Award e Senior Achievement Award dall’American Academy of Ophthalmology. Nonostante abbia ottenuto grandi risultati a livello di carriera, D’Amico non dimentica mai il sacrificio e il duro lavoro dei suoi genitori e dei suoi nonni che gli hanno permesso di diventare un emerito professore universitario ed un esempio per il futuro dell’oftalmologia mondiale. Ci racconti un po’ delle sue origini. Sono un italiano americano - racconta D’Amico - i miei nonni da entrambe le parti della mia famiglia sono tutti nati in Italia. Del mio nonno paterno si dice che sia nato a Napoli e che fosse un sarto, ma di lui si sa poco dato che è morto più di un secolo fa. La mia nonna paterna invece era originaria di Firenze ed era una pianista. L’unica dei miei nonni in grado di leggere e scrivere, una donna molto talentuosa. I miei nonni materni erano entrambi originari di una piccolo borgo di montagna in provincia di Palermo, Montemaggiore Belsito. Mio nonno era una persona molto forte, ma in quegli anni all’inizio del ‘900 la vita era molto dura e questo ha spinto i miei nonni ad emigrare. Prima è partito lui, in nave, insieme a molti altri italiani. Rotta verso New York. Ha dovuto lavorare per un anno per riuscire a mettere via i soldi sufficienti ad acquistare un biglietto anche per mia nonna.
di Timothy Norris
Nella foto in alto, Andrea Di Gati e Rosalia Sparacio. Sotto, Un giovane Donald D’Amico al lago Cyclone (Washington) con la famiglia Digate
Come si chiamavano i nonni materni? Mio nonno si chiamava Andrea Di Gati, ma quando è arrivato a New York all’anagrafe non sapevano come scrivere il cognome e l’hanno ribattezzato “Andrea Digate”. Una faccenda confusa. La mia nonna materna invece si chiamava Rosalia Sparacio, e, anche se all’epoca avrò avuto quattro anni ancora me la ricordo come una donna piena d’amore, di forza d’animo nonché una cuoca eccezionale. Curiosamente era anche molto superstiziosa e mi ricordo che ad ogni festa di Ognissanti passava la scopa in casa per far fuggire gli spiriti maligni, così sosteneva. Una famiglia incredibile! Qualche curiosità anche sulla vita di suo nonno? Mio nonno era un uomo molto forte, e si è guadagnato da vivere portando in spalla file di mattoni appoggiate su una trave di legno. Un’altra cosa che di lui mi ricordo - e questa è probabilmente una tradizione ormai dimenticata - è che quando c’era mio nonno nella stanza, prima di entrare bisognava dire ‘sa’binidica’ che in siciliano significa “chiedo la sua benedizione” e non si poteva fare un passo in avanti finché lui non rispondeva ‘Santu’. Provate ad immaginare una tradizione più bella, più grande, più fantastica di ricevere una benedizione in casa propria. Per un americano questo è tutto un altro mondo. Ci racconti dei suoi genitori I miei nonni hanno avuto nove figli e una di questi era mia madre, Josephine D’Amico. Lei è nata negli Stati Uniti e si distingueva per es-
sere una lavoratrice instancabile. Lei più di tutti mi ha aiutato a diventare l’uomo che sono. Mio papà invece è morto quando avevo solo undici anni, purtroppo, e questo mi ha fatto vivere il resto dell’infanzia in condizioni molto difficili. Mia madre lavorava come cameriera in una ‘casa dei fiori’ dove si celebravano i matrimoni, e io nel frattempo lavoravo come un busboy, un garzone, portando vassoi e pulendo tavoli. Quel lavoro è stato molto istruttivo perché mi ha insegnato a sviluppare un istinto di reattività e uno spirito di osservazione.
Dove è cresciuto? Sono cresciuto in una comunità italoamericana a Chicago. Al tempo c’era una spinta da parte della famiglia a far imparare l’inglese e non l’italiano ai bambini. Immaginate la difficoltà che hanno dovuto affrontare i miei nonni per superare questo ostacolo linguistico. Come ha iniziato la sua carriera? Inizialmente mi sono interessato alla scienza e sono riuscito ad entrare al MIT di Boston, che è sicuramente molto rinomato per la chimica e la tecnologia. Volevo di-
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Riflettori sull’Esperto ventare un chimico. Piano piano però mi sono reso conto che in realtà preferivo stare tra la gente, e non in un laboratorio tra i composti chimici, e quindi ho deciso di spostarmi verso la scuola di medicina. Ad oggi qual è la sua maggiore area di interesse e quale contributo ha dato agli sviluppi in oftalmologia? Sono un insegnante. La mia area di interesse è principalmente la formazione e lo sviluppo dei nuovi talenti dell’oftalmologia. Mi occupo di far crescere i fellows in ambito vitreoretinico e in particolare mi dedico all’istruzione degli studenti della mia facoltà. Sono riuscito a diventare un professore di oftalmologia, e ora sono un vecchio professore, quindi mi occupo di consigliare e di dare una direzione agli studenti per trovare l’area di ricerca più adatta a loro, per sviluppare il loro potenziale e reindirizzare nel modo migliore la loro carriera. Originariamente sono stato un chirurgo, e ho operato su molti occhi, ma ora sono diventato un consulente per altri chirurghi. Una specie di prete. Ho avuto a che fare con la chirurgia, con il laser, ho affrontato endoftalmiti e così via, ma se ripenso alla mia carriera mi dà una piacevole sensazione di relax. Quale eredità vuole lasciare alle nuove generazioni? Io spero di essere in futuro ricordato come un uomo che fa di tutto per garantire una bella atmosfera aperta, dove è stato un piacere formarsi e migliorare sé stessi. Questo sia come insegnante, sia all’interno di una sala operatoria. Nella sua carriera c’è stata una persona che si è distinta come un mentore o che è stata per lei particolarmente influente? Se c’è una persona che mi ha influenzato notevolmente è stato sicuramente William Hoyt. È stato il mio maestro per un periodo di tre mesi, una mente fantastica. Ricordo che mi faceva sempre e costantemente delle domande su tutto, a cui dovevo dare una risposta. Ci sono anche stati tre chirurghi importanti nella mia vita: Bascom Palmer, Edward Norton e Victor Curtin, che sono stati degli esempi per me quando ero un giovane esordiente. Inoltre sono stato anche molto grato 28
Donald D’Amico ha visitato Montemaggiore Belsito nel 2013, insieme all’amico e collega Teresio Avitabile e la sua Lamborghini Miura.
a persone come Claes Dohlman, Evan Gragoudas, e Charlie Regan, ma soprattutto a Marilyn Miller, che all’epoca era la mia advisor e che quando ha notato che stavo per virare verso la neurologia mi ha preso per l’orecchio e mi ha rimesso sui binari dell’oftalmologia. Ci parli della sua vita al di fuori della professione La mia famiglia è l’aspetto più importante della mia vita. Essere un oftalmologo vuol dire viaggiare moltissimo e vedere moltissimi posti, ma è necessario avere un porto sicuro. Ho sicuramente moltissimi amici sparsi per il globo e mi piace anche visitare i luoghi dove vado, al di fuori delle aule dei congressi, perché c’è ancora da scoprire. Quando sono a casa invece studio l’italiano. È più una passione della mia famiglia spingermi a migliorarlo sempre più. Quindi ogni giorno leggo qualcosa in italiano, mi piacciono
i gialli, specialmente quelli di Carlo Lucarelli. Faccio anche sport, mi piace sciare in montagna e fare sci d’acqua. In passato ho anche studiato pianoforte, ma è difficile ora seguire questa passione. Cosa vorrebbe vedere nel futuro dell’oftalmologia? Il trapianto di zone atrofiche della retina e del nervo ottico. Al momento, quando l’atrofia è estesa, possiamo fare poco o niente, ma spero di vedere un futuro in cui si potranno utilizzare per staminali e protesi elettroniche per risolvere questa condizione ricostruendo le zone colpite. Una parola sull’Italia? Io sono grato al Bel Paese per tutto, per la gente e per le tradizioni che mi sono state tramandate attraverso le generazioni e che hanno plasmato la mia natura contribuendo a rendermi l’uomo che sono oggi. Un ricordo della visita ufficiale e della calorosa accoglienza di Montemaggiore Belsito.
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UN RITO DI PASSAGGIO Come affrontare i propri sbagli può far crescere professionalmente anche il chirurgo più affermato.
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Richard Packard
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Anche la più semplice operazione chirurgica è un momento che richiede livelli altissimi di concentrazione, una grande precisione e la necessaria prevedibilità per la buona riuscita dell’intervento. Un buon chirurgo è sempre preparato a gestire gli imprevisti, ma non sempre l’intervento riesce. Talvolta, spinto da elementi non precedentemente calcolati, o da improvvise variazioni dei parametri, o semplicemente dalla pressione del momento, il chirurgo può commettere qualcosa che non vorrebbe mai incontrare nell’arco dell’intera carriera: un errore. Errare è umano. Errare sul tavolo operatorio può però condizionare una vita. È normale dunque che il chirurgo possa fare di tutto per non trovarsi mai a fronteggiare questo momento in particolare. Questo sfortunato evento però accade, e non risparmia nessuno: anche i grandi maestri dell’oftalmologia hanno qualcosa da raccontare a riguardo,
spesso ripensandoci dopo anni. “Mi sento ancora male al pensiero”, ci rivela il grande Richard Packard, MD, FRCS, FRCOphth, intervistato da EyeSee, “un chirurgo vorrebbe solo il miglior risultato possibile per il proprio paziente, e poi, senza preavviso, qualcosa va tremendamente storto”. Allievo di Eric Arnott, Richard Packard si è affermato come uno dei pionieri della facoemulsificazione e uno dei maggiori innovatori dell’oftalmologia moderna. Nella sua lunga carriera ha contribuito alla diffusione delle lenti intraoculari pieghevoli e dell’intervento di cataratta con microincisione. “È accaduto dodici anni fa” ci racconta Packard, “questo paziente si è presentato in clinica con un quadro clinico particolarmente complesso. Un nanoftalmo, già sotto trattamento per un glaucoma ad angolo chiuso e con un’acuità visiva di 6/12. L’altro occhio non c’era più, probabilmente perso a seguito di un’operazione per cataratta traumatica. Era sicuramente un caso difficile da affrontare, specialmente perché l’ipermetropia elevata del paziente richiedeva l’innesto di una lente particolare”. Un intervento particolarmente delicato, secondo Packard, in particolare a causa dell’elevato rischio di un prolasso irideo, una variabile che il dottore aveva ben considerato. “Decisi che in tal caso avrei fatto una vitrectomia via pars plana, ed è proprio quello che è effettivamente successo durante l’operazione. È stato lì che è avvenuto il fattaccio, perché non ho realizzato in quel momento di aver erroneamente inciso la capsula posteriore”, racconta Packard. Anche solo un piccolo e apparentemente insignificante errore nell’inserimento degli strumenti chirurgici può avere conseguenze importanti.
di Timothy Norris
“La fase dell’idrodissezione era andata apparentemente in modo positivo, e tutto sembrava andare bene a quel punto”, prosegue Packard, “il problema si è presentato quando ho inserito il facoemulsificatore, ed a quel punto mi sono reso conto che il nucleo non era dove dovrebbe essere, ma che era invece affondato nel vitreo anteriore”, ci spiega. Dopo tre decadi di operazioni chirurgiche ed una vita sulla cresta dell’onda dell’innovazione nel trattamento della cataratta, il Dr. Packard ha dovuto affrontare per la prima volta la rottura della capsula posteriore con conseguente perdita del nucleo. “Ero sconvolto”, ci confessa Packard, “perché non mi era mai capitato di perdere un nucleo in tutta la mia carriera. Il paziente non era meno sconvolto di me, ovviamente, specialmente perché ora non era più possibile innestare la lente intraoculare”, spiega. “A quel punto il paziente è rimasto afachico”, prosegue, “e si è rifiutato categoricamente di sottoporsi ad ulteriori interventi correttivi. La cosa è proseguita con una causa legale ed è stata forse l’unica cosa prevedibile di tutta questa storia”, confessa Packard. Sbagliare un intervento succede anche al chirurgo più bravo, e nessuno è immune al momento di timore e sconforto che possono assalire proprio nel momento in cui il sangue freddo è più necessario. “In certi casi è molto facile cadere in uno stato di negazione, non volevo assolutamente credere che qualcosa di così terribile fosse accaduto proprio a causa mia. Ero
lì sopra il tavolo operatorio e ho avuto improvvisamente voglia di tornare a casa e sentirmi dire dalla mamma che tutto era a posto!”, ricorda Packard. Sbagliare nega al chirurgo il suo momento di soddisfazione, sottoponendolo invece alla responsabilità di ammettere al paziente e ai parenti la propria sconfitta e il proprio fallimento. “In quel momento ti devi cospargere il capo di cenere e presentarti al cospetto del paziente e dei familiari. In questo caso mi sono recato alla stanza dove il paziente era ancora steso, moglie al suo fianco, e gli ho spiegato ciò che
“Ripenso spesso a cosa avrei potuto fare in quel momento per risolvere la situazione, come tentare di regolare la pressione intraoculare, che avrebbe forse limitato il rischio di prolasso irideo, che invece è avvenuto. Ho pensato di usare il Mannitol, ma in un secondo momento l’ho escluso. Eppure sarebbe stata forse la scelta più corretta da fare”, racconta Packard. “Certo, un occhio nanoftalmico è sempre un caso difficile, perché serba sempre un gran numero di imprevisti ed è una cosa che va tenuta in considerazione fin da subito, specialmente quando a complicare il tutto ci si mette la pressione intraoculare”, aggiunge. Il modo migliore per fare i conti con i propri fantasmi del passato è quello di superare ogni orgoglio e di donare Richard Packard alla scienza i propri fallimenti, per era successo”, racconta Packard, far sì che nessun medico possa ri“gli ho indicato un chirurgo più petere lo stesso errore. adatto a correggere l’errore e che “Ho portato questo caso ad innuin tal caso avrebbe avuto la possi- merevoli meeting. È importantisbilità di ottenere l’impianto della simo mostrare ai colleghi, e spelente speciale. Altro errore, perché cialmente alle nuove leve, come dopo essersi fatto rimuovere il nu- e perché è andato tutto storto. In cleo nell’altro ospedale è saltato questo caso, durante una vitrectofuori che non avevano quel tipo di mia attraverso un pars plana stretlente per lui. Questo ha provoca- to, il consiglio che posso dare è to un rifiuto ancora maggiore nel quello di mantenere il cutter verso paziente che ha perso tutte le spe- il basso, così non si corre il rischio ranze”, confessa Packard. di lacerare la capsula. Un errore Un rituale di passaggio che può banale che ha avuto gravi conseessere ripetuto più volte, ma che guenze, ma che può essere evitainsegna molto: il senso di respon- to con un semplicissimo accorgisabilità e l’umiltà, se ascoltati cor- mento”, spiega Packard, “anche rettamente, possono aiutare a mi- Howard Fine era solito esporre i gliorare sé stessi umanamente e suoi errori chirurgici ai colleghi professionalmente. Perché un chi- durante i congressi, e tra questi rurgo perfetto non è un chirurgo ce n’era uno molto simile al mio”, migliore. conclude Packard.
Un chirurgo vorrebbe solo il miglior risultato possibile per il proprio paziente, e poi, senza preavviso, qualcosa va tremendamente storto
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News
L’OMS VERSO UNA VITTORIA GLOBALE CONTRO IL TRACOMA
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Le persone nel mondo che rischiano di contrarre il tracoma sono scese da un 1,5 miliardi del 2002 a 142 milioni nel 2019, registrando una riduzione del 91%. Sono i dati incoraggianti presentati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità lo scorso giugno ad un meeting internazionale a Maputo (Mozambico) dedicato all’eliminazione del tracoma. Anche le persone che necessitano di un’intervento chirurgico per la trichiasi tracomatosa (TT)
si sono ridotte del 68%, da 7,5 milioni circa del 2002 a 2,5 milioni del 2019. Il tracoma rimane endemico in quarantaquattro paesi del mondo, e ha portato quasi due milioni di persone alla cecità o all’ipovisione tra il 2002 e il 2019. Nel 2016, nel contesto del Global Trachoma Mapping Project (GTMP), è stata completata la mappatura mondiale del tracoma per identificarne la distribuzione e individuare delle misure di controllo attraverso una strategia di nome SAFE, che conta la chirurgia per la trichiasi, l’uso di antibiotici per prevenire le infezioni, una maggiore igiene del viso e un miglioramento delle condizioni ambientali esterne per ridurre la trasmissione del batterio. Solo nel 2018, 146.112 casi di trichiasi sono stati trattati e 90 milioni di persone sono state curate con antibiotici in 782 aree del mondo. Dal 2011 l’OMS ha dichiarato 8 Paesi (Cambogia, Ghana, Iran, Laos, Messico, Marocco, Nepal e Oman) liberi dal tracoma come problema di salute pubblica, grazie anche al maggiore coinvolgimento dei governi dei paesi endemici, l’espansione di misure di controllo e l’impegno di tutte le parti in causa. Per approfondimenti: https://www.who.int/news-room/ detail/27-06-2019-eliminating-trachoma-who-announces-sustainedprogress-with-hundreds-of-millions-of-people-no-longer-at-riskof-infection
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L’approfondimento
di Maurizio Rolando, Ispre Oftalmica Genova
DI COSA È FATTA QUEST’ULCERA CORNEALE?
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La perdita dell’omeostasi del sistema della superficie oculare, sia nelle sue componenti regolatorie ormonali, vascolari, immunologiche e nervose, che nella funzionalità, nella dinamica e nell’integrità delle componenti strutturali (lacrime, epiteli, ner-
vi e cellule immuno-competenti), provoca in alcune occasioni, quali le aggressioni da parte di microrganismi, un deficit del ricambio epiteliale o una eccessiva risposta immune, lo sviluppo di fenomeni ulcerativi a carico della cornea. Ulcera corneale in una cheratopatia neurotrofica in un paziente diabetico dopo un anno dall’ intervento di vitrectomia. La posizione centrale ed i bordi sottominati sono tipici anche se non esclusivi.
➧ EyeSee - Settembre 2019
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L’approfondimento Ulcera periferica di tipo immune. La forma arcuata e la presenza del bordo corneale conservato trasparente in periferia sono tipici .
DEFINIZIONE Per convenzione, una erosione della superficie corneale che non oltrepassi la membrana di Bowman viene considerata un difetto epiteliale. Il termine ulcera corneale viene riservato alle lesioni che superano la membrana di Bowman, mettendo in contatto lo stroma corneale con le lacrime e soprattutto con il loro contenuto in attivatori della risposta infiammatoria e delle metallo proteinasi della matrice. Mentre la riparazione di difetti epiteliali può essere più semplice e garantire un buon ripristino funzionale, la riparazione di un’ulcera, per la reazione infiammatoria che la accompagna, la deposizione di collagene “di emergenza, non corretto”, o il prevalere dei II
fenomeni colliquativi indotti dalle metallo proteinasi, è associata spesso alla formazione di leucomi o alterazioni localizzate irregolari dello spessore stromale che compromettono la funzione visiva anche in modo permanente. Le cause di ulcerazione corneale possono quindi essere • infettive (virus, batteri, funghi, protozoi) • non infettive (tossiche, traumatiche, immunologiche, neurotrofiche) Tuttavia nella pratica clinica le cause originarie dell’ulcera non sono sempre così chiare per la sovrapposizione di più fattori patogenetici in un sistema della superficie oculare che ha perduto le sue capacità di regolazione e difesa.
La diagnosi infatti si può presentare difficile a causa delle interazioni delle differenti componenti del sistema. Così non è inconsueto avere ulcere con la presenza di una infezione epiteliale erpetica attiva associate a una reazione stromale immune o addirittura la sovrapposizione a queste di una infezione batterica. Per cercare di formulare una diagnosi corretta e completa, in modo da impostare un processo terapeutico adeguato alla presentazione clinica, può essere importante valutare: • la storia clinica sistemica del paziente • la storia clinica oculare del paziente i • l quadro clinico inserito nel conEyeSee - Settembre 2019
Paziente con difetto epiteliale persistente, con una presentazione clinica complessa: la m. di Bowman appare integra, il margine epiteliale è sottominato ed appare evidente la spinta neovascolare ed infiammatoria. È quindi presente un difetto neurotrofico insieme ad un processo infiammatorio duraturo di origine da definire (Herpes?).
cetto di superficie oculare (pal- da un po’ di tempo sarà opportuno: pebre, lacrime, epiteli, nervi, 1 eseguire un prelievo: un’ulcevasi) • la localizzazione della lesione: ra centrale che supera i 2 mm di diametro richiede una coltura. superiore, inferiore, centrale o 2 se la patogenesi e l’eziologia periferica • la durata e la velocità del suo non sono chiare sospendere tutte le terapie in atto per 24/48 sviluppo ore (naturalmente tenere il pal e caratteristiche dei bordi: li• ziente sotto controllo). neari, tortuosi, espansioni ad 3 “smontare” l’ulcera analizampolla, bordo sotto-minato, zando le sue caratteristiche: interruzione epiteliale netta (“di cosa è fatta la mia ulcera?”) l e caratteristiche della vascola• A insorgenza: veloce (batrizzazione terica…), lenta (fungina), • la presenza e l’entità dell’incollegata a? fiammazione B. lento turnover lacrimale l a sensibilità della cornea al di • (componente neurogena o fuori e all’interno dell’ulcera malattia sistemica immune, etc…) Tenendo conto che spesso molti C centrale (infettiva se ha eventi patogenetici si sovrapponinfiammazione, neurotrogono in caso di un’ulcera che dura EyeSee - Settembre 2019
fica se senza infiammazione, esistono forme miste, un’ulcera presente da molto tempo ha spesso una componente di perdita di sensibilità corneale) D periferica (partenza da una risposta immune , sovrapposizione batterica ad un infiltrato immune da patologie palpebrali, componente immunitaria in una forma erpetica) E superiore (problemi alla palpebra superiore) F a spetto dell’epitelio: bordi sottominati (tipici della neurotrofica) aspetto netto (tipico dell’Herpes attivo) irregolari ed infiltrati (più facilmente batteriche fungine e protozoi) ➧ III
L’approfondimento Ulcera corneale settica al di sopra di un infiltrato stromale di natura immune, in un paziente affetto da recidive erpetiche. La possibile cheratopatia neurotrofica ha probabilmente favorito l’attecchimento batterico, la ricca neovascolarizzazione organizzata testimonia la risposta persistente immunitaria.
G congestione vascolare pericheratica, neo-vascolarizzazione (infiammazione, risposta immune) H Un disegno (da che cosa è composta la mia ulcera?) può essere molto utile, più di una fotografia, per essere obbligati a valutare molti dei fattori sopra descritti. 4 Stabilire una strategia terapeutica, anche temporale, sulla base di tutte le componenti in atto. Talvolta (forse spesso) un’ulcera batterica è conseguenza di uno stato di difficoltà epiteliale (infiammazione subclinica, ridotta sensibilità corneale, tossicità o scarsità lacrimale), non diagnosticaIV
ta in precedenza, che non ha consentito di mantenere l’integrità e la reattività del sistema della superficie oculare, lasciando spazio all’adesione del microrganismo ma che andrà considerata immediatamente dopo il controllo del processo infettivo, per garantire una guarigione veloce e con il minimo di reliquati dannosi al recupero visivo possibile. È inoltre importante stabilire un corretto approccio temporale della terapia (terapia dinamica). Certe cose andranno fatte prima di altre (es se ad una ipoestesia corneale è associata una forte infiammazione non è consigliabile somministrare immediata-
mente un collirio a base di Nerve Growth Factor, che non funzionerà e forse potrà peggiorare la condizione; prima bisognerà ridurre lo stato infiammatorio e ad occhio più calmo procedere; se l’ulcera è associata ad una blefarite posteriore, sarà difficile un recupero veloce del processo ulcerativo se non si prende subito cura delle palpebre). La terapia dovrà quindi essere dinamica, basata su un progetto: sulla base del quadro clinico si deciderà a quale fattore patogenetico dare più importanza o tempestività di trattamento, trattandoli tuttavia tutti in sequenza o simultaneità, modulando le frequenze e le concentrazioni dei farmaci. EyeSee - Settembre 2019
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NOVARTIS RICEVE UN FEEDBACK POSITIVO DAL CHMP PER L’USO DI LUCENTIS PER LA RETINOPATIA DEL PREMATURO
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ll Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha approvato lo scorso 26 luglio l’uso di Lucentis (ranibizumab 10mg/ml), prodotto da Novartis, per il trattamento della retinopa-
tia del prematuro (ROP). L’opinione del CHMP passerà al vaglio della Commissione Europea, che avrà tre mesi per prendere la sua decisione finale. Se approvato in via definitiva, Lucentis diventerebbe la prima ed unica terapia farmacologica per la ROP per questa fascia vulnerabile di popolazione. Il giudizio positivo del CHMP è arrivato dopo l’analisi della fase 3 dello studio clinico randomizzato controllato RAINBOW, che ha dimostrato come Lucentis sia efficace, sicuro e ben tollerato dai bambini con la ROP. Se approvato, Lucentis si proporrebbe come alternativa alla chirurgia laser, finora l’unico trattamento efficace per questo tipo di malattia rara. Il laser, tuttavia, comporta la distruzione del tessuto retinico responsabile della sovrapproduzione di VEGF, con conseguenti complicazioni significative come miopia o miopia elevata. Le iniezioni di Lucentis al contrario sarebbero un trattamento farmacologico diretto a ridurre il VEGF in maniera meno invasiva, senza danneggiare la retina. Per approfondimenti: h t t p s : / / w w w. n o v a r t i s . c o m / n e w s / m e d i a - r e l e a s e s / n o v a rtis-receives-positive-chmp-opinion-lucentis-treatment-preterm-infants-retinopathy-prematurity-rop-dis e a s e - c a u s i n g - v i s u a l - i m p a i rment-and-blindness 33
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FISICO MESSICANO RISOLVE UN PROBLEMA MATEMATICO MILLENARIO CHE PORTEREBBE AD UNA MAGGIORE QUALITÀ DELLE LENTI
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Un giovane fisico messicano, Rafael G. González-Acuña, dottorando del Mexico’s Tecnológico de Monterrey è riuscito a risolvere un problema matematico millenario, quello dell’aberrazione sferica. Per più di duemila anni i dispositivi ottici e le lenti hanno sofferto della presenza di questo problema che li portava a non avere un’immagine chiara e netta in tutta la sua interezza e con i margini meno nitidi. Le lenti ricurve dovrebbero essere in grado di ridirezionare i raggi di luce passando attraverso un singolo e netto punto focale. Tuttavia, non è mai stato così, cosa che rendeva le lenti imperfette e non permetteva di avere un’immagine del tutto chiara. Un problema che ha fatto crucciare pure Isaac Newton e il matematico greco Diocle. Il problema dell’aberrazione sferica nelle lenti è stato descritto per la prima volta nel 1949 come problema di Wasserman-Wolf e nessuno finora era riu-
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scito a risolverlo. Con questa scoperta, pubblicata su Applied Optics, Rafael G. González-Acuña ha fornito una formula che offre un piano perfetto per creare delle lenti perfette a livello ottico con una buona nitidezza da parte a parte. Una notizia eccellente per i fotografi in primis, ma anche per tutti gli scienziati e i medici che si servono delle immagini ricavate da telescopi e microscopi e che potrebbero ottenere ancora più dettagli per successive e importanti scoperte. Per approfondimenti: Rafael G. González-Acuña, Héctor A. Chaparro-Romo, and Julio C. Gutiérrez-Vega, General formula to design a freeform singlet free of spherical aberration and astigmatism, Applied Optics Vol. 58, Issue 4, pp. 1010-1015 (2019) doi: https://doi.org/10.1364/ AO.58.001010.
STORIA ED EVOLUZIONE della CHIRURGIA DELLA CATARATTA IN ITALIA E NEL MONDO
NOVITÀ EDITORIALI Il presente e il futuro della moderna chirurgia e microchirurgia della cataratta hanno avuto “pionieri” e “sperimentatori” in Italia e nel mondo che ho voluto ricordare e onorare in questi volumi. Lucio Buratto
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ATLAS OF ANTERIOR SEGMENT OCT vol 2
NOVITÀ EDITORIALE I feel honored to present to my ophthalmology colleagues this second edition – just a year after the initial appearance – of the Atlas of Anterior Segment OCT, which was strongly promoted by the CSO management board. The volume collects, in the form of clinical cases, a series of contributions by prominent, experienced international colleagues, who had the opportunity to use this new instrument in their clinical practice. The ample iconographic documentation and the uniqueness of some of the described cases give evidence of the fundamental role played by this instrument – the result of Italian technology and research – in helping international colleagues solve their clinical challenges. I am certain that readers of this rich and comprehensive Atlas will find great pleasure in browsing through its pages, possibly finding correlations between the cases described and their daily clinical practice. Many thanks also to our colleagues for their contributions, as well as to the editorial team, and most of all to the CSO management for sponsoring and strongly promoting the realization of this educational enterprise which started a year ago with the first volume of the Atlas, and is now successfully completed with the addition of this second volume. Vittorio Picardo, september 2019
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News BAYER: AFLIPERCEPT PER LA CURA DELLA ROP Lo scorso 21 giugno Bayer ha annunciato di aver iniziato uno studio di fase 3 sul trattamento anti-VEGF con aflibercept per la cura della retinopatia del prematuro (ROP) con iniezioni intravitreali. Il trial di fase 3 multicentrico e randomizzato per il trattamento intravitreale con aflibercept si occuperà di valutare la sua efficacia, sicurezza e tollerabilità. Verranno presi in esame 100 bambini affetti da ROP in 34 paesi. I piccoli pazienti verranno randomizzati in due gruppi, il primo riceverà iniezioni intravitreali di aflibercept, il secondo verrà sottoposto a fotocoagulazione laser. “Questo trial è un importante passo avanti nel nostro impegno per affrontare i più significativi bisogni nel campo dell’oftalmologia che ancora non sono stati soddisfatti” afferma il dottor Joerg Moeller, membro del comitato esecutivo della divisione farmaceutica di Bayer AG e capo della ricerca e sviluppo in un comunicato stampa. Si stima che la retinopatia del prematuro, nonostante gli odierni trattamenti, sia responsabile del 6-18% della cecità nei bambini dei paesi sviluppati. La lotta alla cecità infantile è una priorità dell’iniziativa VISION2020: The Right To Sight dell’OMS e della Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità (IAPB). Per approfondimenti: https://media.bayer.com/baynews/baynews.nsf/id/Bayer-initiates-Phase-III-trial-of-Aflibercept-to-prevent-blindness-in-premature-infants?OpenDocument& sessionID=1563457414
UN MODELLO DI BLINKING EYE ARTIFICIALE PER LO STUDIO DEI FARMACI CONTRO IL DRY EYE Un modello di blinking eye artificiale per testare e studiare i farmaci per il dry eye è stato costruito nel laboratorio di bioingegneria dell’Università della Pennsylvania. La ricerca è stata condotta da un team che ha coinvolto ingegneri e oftalmologi. Il modello di occhio artificiale è stato costruito appositamente per assomigliare ad un occhio umano con dry eye, ed è stato realizzato tramite una stampante 3D partendo da uno scaffold poroso della grandezza di una moneta e della forma di una lente a contatto sul quale i ricercatori hanno incorporato cellule oculari umane. La palpebra è stata realizzata con un tessuto gelatinoso che si muove meccanicamente con lo stesso rate umano. Il dotto lacrimale è stato realizzato in modo da creare secrezioni lacrimali artificiali e un film lacrimale. Il laboratorio è riuscito a ricreare perfettamente le condizioni per il dry eye, sia esterne che sull’occhio artificiale, e a testare i primi farmaci a base di Lubricina sul modello artificiale. I risultati sono stati raccolti in uno studio pubblicato su Nature Medicine lo scorso agosto. Questa sperimentazione può aprire la strada verso un nuovo utilizzo della bioingegneria in oftalmologia, per la ricerca sui farmaci per le patologie oculari, minimizzando i rischi e i problemi etici. Lo studio: Jeongyun Seo, Woo Y. Byun, Farid Alisafaei, Andrei Georgescu, Yoon-Suk Yi, Mina Massaro-Giordano, Vivek B. Shenoy, Vivian Lee, Vatinee Y. Bunya, Dongeun Huh. Multiscale reverse engineering of the human ocular surface. Nature Medicine, 2019; DOI: 10.1038/s41591-019-0531-2
L’EMBOLIA GASSOSA VENOSA PUÒ METTERE A RISCHIO UNA VITRECTOMIA Durante il meeting annuale 2019 dell’American Society of Retina Specialists, è stato presentato uno studio pubblicato su Journal of VitreoRetinal Diseases che ha avuto come scopo quello di esaminare casi presenti su PubMed in cui si era verificata una sospetta embolia gassosa venosa nel corso di un’operazione di vitrectomia con l’induzione di aria, conseguenza rara che può essere fatale per il paziente e che ha ricevuto scetticismo negli scorsi anni. L’embolia è generalmente causata da uno slittamento insidioso della cannula di infusione dell’aria durante la vitrectomia, risultante un’infusione sovracoroideale di aria pressurizzata. Ne consegue una precipitosa caduta della end-tidal CO2, un distacco o rottura della coroide seguita da segni di collasso cardiovascolare imminente o in atto. Questa complicazione è spesso fatale poiché l’aria pressurizzata entra silenziosamente nella circolazione sistemica venosa raggiungendo velocemente il cuore. Sono stati analizzati 13 casi in cui si è verificata l’embolia. Dieci pazienti hanno avuto un arresto cardiaco dovuto alla mancanza di prevenzione durante l’operazione. Nove di questi casi hanno registrato lo slittamento dell’aria in modo così rapido da risultare fatale. Otto di essi sono deceduti il giorno stesso della vitrectomia. Un paziente è stato rianimato con successo, ma è deceduto dopo 4 settimane a cause di complicanze dell’embolia. Solo un paziente è sopravvissuto all’arresto cardiaco e sottoposto a ECMO e monitorato per evitare le complicazioni postume dell’embolia. Lo studio suggerisce di alzare il livello di prevenzione durante le vitrectomie con utilizzo di aria o gas, prendendosi un time-out prima dell’introduzione della cannula per controllare il corretto posizionamento e cessando immediatamente l’infusione di aria se viene notato un distacco coroidale. Lo studio: E. Morris, Robert & L. Boyd, Gwendolyn & R. Sapp, Mathew & H. Oltmanns, Matthew & Kuhn, Ferenc & S. Albin, Maurice. (2019). Ocular Venous Air Embolism (OVAE): A Review. Journal of VitreoRetinal Diseases. 3. doi: https://doi. org/10.1177/2474126418822892 37
Tecniche chirurgiche
IL TRAPIANTO DI LENTICOLO STROMALE: UNA NOVITÀ PER IL CHERATOCONO Pavel Stodulka, MD, PhD presenta in questo video una nuova e promettente tecnica
I
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Il trapianto di lenticolo stromale si va ad aggiungere alle attuali opzioni esistenti per il cheratocono, collocandosi tra gli anelli intracorneali e la DALK, secondo quanto riportato dal Dottor Stodulka in occasione dello Zlín Ophthalmology Festival (ZOF) tenutosi a marzo 2019 in Repubblica Ceca. “Lo scopo è duplice: stabilizzare la cornea e migliorare la vista, e con quest’operazione è facilmente raggiungibile” commenta il dottor Stodulka. “Inoltre l’intervento permette di eseguire una PRK per migliorare ulteriormente la vista in un momento successivo, e di effettuare il cross linking anche sulla cornea, oltre che sul lenticolo”. “Si tratta di una tecnica promettente, che rende la cornea più forte e più spessa, cosa molto importante nel cheratocono. Influisce positivamente sulla forma della cornea.” afferma Stodulka. L’operazione inizia con la preparazione
Il Dottor Pavel Stodulka nella sua clinica
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di un lenticolo corneale da un donatore, fornito da una banca degli occhi. Viene utilizzato il laser a femtosecondi per dare la forma desiderata al lenticolo e viene successivamente effettuato il cross linking per renderlo più rigido e resistente. “Con l’avvento di nuovi software è possibile creare il lenticolo più sottile al centro e più spesso nella periferia, una forma che nella mia esperienza ritengo sia la migliore per una cornea con cheratocono” afferma il dottor Stodulka. Al tavolo operatorio, sull’occhio del ricevente, viene creata con l’ausilio del laser a femtosecondi una tasca intracorneale di 9 mm di larghezza e della profondità 200 micron. Con due spatoline, è possibile aprire la tasca per inserire il lenticolo corneale utilizzando un iniettore. Una volta inserito, il lenticolo viene dispiegato utilizzando le due spatole. “Si può utilizzare del Trypan Blue per migliorare la visibilità del lenticolo mentre viene inserito nella cornea. Nel video è giallo perché precedentemente imbibito di riboflavina durante il cross linking” commenta il dottor Stodulka. Una volta sistemato al meglio il lenticolo, dando anche dei colpetti sulla cornea o passando una cannula sulla superficie corneale, si controlla che tutto sia a posto e la chirurgia si conclude, senza bisogno di punti di sutura. Il dottor Stodulka ha riportato che dopo un anno, il follow up dei 10 pazienti su cui ha effettuato quest’operazione è positivo. Le loro cornee sono stabili, con un k reading sceso di 10 diottrie e con assenza di rigetti finora. “Rispetto alla DALK o alla cherato-
di Laura Gaspari
“Ho sviluppato questa tecnica da solo, ed è un’idea piuttosto ovvia, non c’è nulla di inventato, però credo sia un buon approccio.”
Pavel Stodulka
plastica perforante, mi aspetto meno rigetti perché noi andiamo a trapiantare solo una piccola parte di tessuto: le superfici anteriori e posteriori rimangono uguali. Se si verificasse un rigetto, sarebbe possibile rimuovere il lenticolo facilmente, riaprendo la tasca intracorneale e, successivamente, procedere con la DALK.” afferma. Il dottor Stodulka ha avuto l’“ispirazione” per questa tecnica dopo aver effettuato moltissime chirurgie SMILE, osservando come ogni volta il lenticolo estratto venisse buttato via. “Potenzialmente questo tessuto è riutilizzabile. Legalmente non si può, quindi ho optato per le banche degli occhi per il lenticolo di impiantare. In un futuro potremmo non essere più dipendenti dalle banche degli occhi e usare direttamente il tessuto dalle operazioni di ReLEX SMILE. Alcune aziende come Allotex negli Stati Uniti, o LinkoCare in Svezia stanno facendo ricerca sui lenticoli in collagene biosintetico” afferma. Di questa nuova tecnica chirurgica si sta iniziando a parlare da poco in Europa, non è ancora entrata nel vivo del dibattito tra oftalmologi. “Da quel che so a gennaio ne hanno parlato a Verona grazie al Dottor Roberto Bellucci. Ho sviluppato questa tecnica da solo, ed è un’idea piuttosto ovvia, non c’è nulla di inventato, però credo sia un buon approccio. Il vantaggio più grande è che il tessuto trapiantato si trova all’interno della cornea e quindi non è esposto né alla parte epiteliale né a quella endoteliale, e questo minimizza il rischio di rigetto” conclude il dottor Stodulka.
Immagine OCT del lenticolo inserito nella cornea di uno dei pazienti del Dottor Stodulka
Iniezione del lenticolo nella tasca corneale durante l’operazione
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Il Punto...
ESASO, UN PROGETTO MONDIALE DI FORMAZIONE FIRMATO ITALIA
H
di Vittorio Picardo
Giuseppe Guarnaccia fondatore di Esaso
Ho incontrato Giuseppe Guarnaccia, ideatore e motore della realtà ESASO nel suo ufficio a Lugano dove, all’ultimo piano dell’Ospedale Regionale di Lugano (Italiano), ha sede questa Scuola Superiore di Formazione in Oftalmologia. Un abbraccio affettuoso ed un ricordo di vecchie esperienze professionali vissute insieme han dato inizio alla chiacchierata che sono sicuro Vi interesserà e incuriosirà. Dottor Guarnaccia, possiamo ripercorrere brevemente la storia decennale di ESASO? ESASO nasce nel 2008 da un’idea, poi supportata dai miei amici Francesco Bandello, Borja Corcostegui e Bruno Falcomatà. Non avevo maturato ancora gli anni di servizio come Primario dell’Ospedale di Reggio Calabria, ma sentivo sempre più forte l’esigenza di mettere la mia esperienza a disposizione delle giovani generazioni, che negli anni (come allie-
Laboratorio di wet-lab a Lugano
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vo del Prof. Brancato, e successivamente come Direttore di Dipartimento e Capo della formazione professionale) avevo incontrato. Erano tutti giovani animati da una grande voglia di imparare e crescere, in un ambiente con stimoli sempre nuovi e, soprattutto, in cui diventava sempre più importante confrontarsi con le migliori strutture e novità cliniche che arrivavano dall’estero. Questa esigenza collimava con quello che era da sempre stato il mio desiderio ed obiettivo nella vita professionale, ovvero la ricerca dell’innovazione. Quale è stata l’evoluzione di questa struttura che nasce da un’idea italiana tua e dei tuoi Amici e che trova fortuna e realizzazione all’estero? La scelta di Lugano e della Svizzera era legata alla voglia di trovare una sede che fosse al centro dell’Europa e che desse sicurezza organizzativa e di gestione, efficiente nei servizi e nei trasporti. La Scuola ha avuto da subito un grande successo per l’entusiasmo riscontrato da alcuni amici e colleghi di fama internazionale tra cui, cito un paio di nomi solo a titolo di esempio, Stanley Chang e Donald D’amico, che da subito si sono resi disponibili a sostenerla. La presenza e la partecipazione di questi relatori ha aiutato a creare una credibilità internazionale. Nei primi anni, grazie anche all’intuito e alla disponibilità del Prof. Piero Martinoli e di tutte le istituzioni locali, il progetto è stato ospitato all’interno del Campus dell’Università della Svizzera italiana. Nel corso di questi anni la crescita del progetto, che oggi può considerarsi unico in Europa, ha fatto sì che si creasse un interesse da parte delle Istituzioni. Infatti, il nuovo Istituto è entrato a far parte dei progetti di politica economica regionale ed è stato sostenuto
A dall’ufficio per lo sviluppo economico. L’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) ne è stato l’attore principale, offrendo la possibilità di costruzione del Training Center sopra l’Ospedale Italiano di Lugano, inaugurato nell’Ottobre 2016. Già dal 2010, per via delle richieste sempre più numerose, abbiamo inoltre sentito la necessità di aprire anche una seconda sede in Asia, presso il Camden Medical Center di Singapore, un continente dove oltre la metà della popoB lazione del mondo vive in condizioni di grave disabilità visiva e proprio per questo vi è un’alta richiesta di formazione specialistica post-laurea. La scelta di Singapore si è rilevata azzeccata in quanto rappresenta il centro economico più importante dell’Asia. Nell’ambito di tale progetto, ESASO ha tenuto programmi accademici in Cina, in Vietnam ed in Thailandia, dove ormai da oltre due anni collabora con l’Istituto dell’Ospedale Rajavithi-Edwards-Training Center. Qui abbiamo iniziato a strutturare dei programmi di wet-lab per la prima volta. Ad aggiungersi alla lunga lista delle nostre attività e sedi in questi anni, elenchiamo anche gli Emirati Arabi, Dubai e Kuwait City, Ankara e Istanbul, Mosca e progetti di grande espansione verso l’Europa dell’Est. In sostanza è stato creato un network internazionale di valore mondiale. Come sono modulate le attività di ESASO? ESASO offre corsi teorici e corsi pratici, dove l’interazione costante tra i membri della Facoltà di fama internazionale (che comprende oltre 260 esperti provenienti da 35 paesi) e i partecipanti è arricchita da dibattiti, e i concetti sono sempre illustrati con casi clinici e video sessioni per rendere la didattica più dinamica e formativa. Inoltre, corsi di formazione con simulatori chirurgici oftalmici e sistema di visualizzazione 3D migliorano le capacità tecniche dei partecipanti e l’esperienza pratica nella chirurgia vitreo-retinica e della cataratta attraverso l’uso di attrezzature, strumenti e tecnologie di laboratorio a secco. Le attività della Scuola coprono tutte le specialità come la retina medica e chirurgica, la cornea e la refrattiva, la cataratta, il glaucoma, l’uveite, l’oculoplastica, l’oftalmologia pediatrica e lo strabismo. Il programma educativo di ESASO offre vari tipi di corsi; - Moduli: Rivolti solo agli specialisti - 3D & simulator training, wet-lab, preceptorships, executive training, courses, congresses, Retina Forum and ESASO
days: attività rivolte anche a Medici ancora in specializzazione Nella vostra organizzazione so che sono coinvolti anche numerosi Centri di ricerca in molti Paesi europei e extraeuropei dove è possibile frequentare per dei periodi attraverso corsi o fellowship Dal 2008, noi di ESASO ci siamo impegnati a sviluppare un programma educativo di livello mondiale in Oftalmologia. I giovani Oftalmologi possono scegliere di candidarsi per una Fellowship di un anno presso ospedali oculistici e istituti di ricerca di prim’ordine in tutto il mondo. In particolare, il programma di Fellowships ESASO offre ad ambiziosi Oculisti, di talento, l’opportunità di ampliare le loro competenze mediche e di ricerca, necessarie per sviluppare una carriera internazionale. Gli argomenti trattati includono la chirurgia della cataratta, la cornea, chirurgia refrattiva e glaucoma, così come la retina medica e chirurgica. È un’occasione inestimabile per imparare dai migliori della classe e per coltivare una rete di contatti internazionali. Durante una mia recente visita, mi ha particolarmente impressionato la vostra Aula di wet lab ben attrezzata e ben organizzata. Il laboratorio di Wet-Lab è stato costruito appositamente per ospitare corsi di Oftalmologia, può anche essere adattato ad una vasta gamma di situazioni ed esigenze. Contiene 20 postazioni per esercitazioni pratiche con occhi di maiale e/o occhi sintetici. La strumentazione a disposizione di ESASO comprende una vasta gamma di macchinari e attrezzature di ultima generazione di molte Aziende diverse così da permettere allo studente di fare esperienza su strumentazioni diverse. Ogni postazione riproduce esattamente quello che si trova in sala operatoria (microscopio, macchina di chirurgia – anche 3D – e ferri). Dove trova ESASO le risorse per le sue attività? Inizialmente le risorse sono arrivate da Fondi Istituzionali, donazioni, e dal supporto delle compagnie farmaceutiche che hanno visto in questa idea un progetto unico. Lungo il corso degli anni poi, la crescita internazionale, con la conseguente diffusione del brand, la serietà e la qualità dimostrata, hanno consentito ad ESASO di avere una sua solidità economica ed un’autonomia finanziaria.
I progetti futuri? In 10 anni abbiamo contribuito alla formazione di oltre 4000 Oculisti provenienti da tutto il mondo ed altrettanti speriamo di formarne nel breve periodo.
Asia Campus
In futuro ci attendono ancora grandi sfide. Tali sfide sono necessarie in un panorama sempre più globalizzato, in cui la Fondazione è chiamata continuamente ad ottimizzarsi e adattarsi dinamicamente alle mutevoli esigenze formative dei suoi studenti e partner. A breve inizieremo nuove collaborazioni e partnership per raggiungere il livello successivo di eccellenza nella formazione post-laurea in Oftalmologia in altre parti dell’Europa e del mondo, e speriamo anche in altri settori della formazione in Medicina. Abbiamo inoltre cominciato a pubblicare il programma di insegnamento completo nei volumi della serie “ESASO Course”, al fine di rendere disponibile a un pubblico più ampio una parte del contenuto dei moduli. Verranno inoltre potenziati i nuovi corsi specifici per le aziende allo scopo di estendere l’esperienza nella formazione di ESASO ai futuri professionisti del settore, anche non medici. Per ultimo, ma per questo non meno importante, verranno avviati nuovi progetti di ricerca e di studio con coordinatori scientifici di fama internazionale, con l’ambizioso intento di fornire al più presto nuove risposte e migliorare la pratica in Oftalmologia. Inoltre, verrà presto lanciato un programma di raccolta fondi per permettere la formazione di medici Oftalmologi nei paesi in via di sviluppo. Grazie tante per le risposte esaurienti e chiare che avvicineranno ancor più i giovani Colleghi alle attività di ESASO ed infine permettimi con affetto e sincera amicizia di dirti “Bravo Pippo!” 41
Eventi Congressuali
CONGRESSO INTERNAZIONALE SOI 2019 SOCIETÀ OFTALMOLOGICA ITALIANA Arrivato alla sua XVII edizione, si è svolto dal 22 al 25 maggio a Roma, nella suggestiva cornice del Centro Congressi La Nuvola, il congresso internazionale SOI 2019. Quest’anno è molto importante per SOI, che arriva a festeggiare i suoi 150 anni di vita. Abbiamo intervistato alcuni dei protagonisti di questo importante evento, raccogliendo per voi informazioni, novità, storie e opinioni. Per vedere tutte le video interviste integrali Del Congresso Internazionale SOI 2019 vai su
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TAKE HOME MESSAGES DAL CONGRESSO SOI Matteo Piovella, Presidente della Società Oftalmologica Italiana, trae le conclusioni sul 17° Congresso Internazionale SOI a Roma, parlando della necessità per i rappresentanti dell’oftalmologia italiana di restare uniti davanti le importanti sfide che il futuro riserva.
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TECNOLOGIE E TECNICHE PER UNA PERFETTA CAPSULOTOMIA Vance Thompson, vincitore della Benedetto Strampelli Medal Lecture 2019, parla dell’uso delle immagini di purkinje come guida per una perfetta centratura della capsulotomia e della lente intraoculare sull’asse visivo funzionale e di una perfetta sovrapposizione del bordo della capsulotomia con la lente. Ci parla inoltre delle nuove tecnologie per l’esecuzione della capsulotomia, in particolare della Zepto.
L’IMPORTANZA DELL’OSSIGENO NEL CROSSLINKING Farhad Hafezi parla del ruolo fondamentale dell’ossigeno nel processo di cross-linking corneale. Le procedure accelerate e transepiteliali potranno funzionare pienamente solo quando si troverà il modo di incrementare la quantità di ossigeno. Fino a quel momento, meglio attenersi al classico protocollo di Dresda.
LA CORREZIONE DELLA PRESBIOPIA SOTTO LA LENTE Hiroko Bissen-Miyajima, a cui è stata quest’anno assegnata la Antonio Scarpa SOI Medal Lecture, ci racconta la storia delle IOL per la correzione della presbiopia. La selezione personalizzata delle IOL è oggi più semplice, ci dice, grazie alle nuove tecnologie trifocali e EDOF, e le indicazioni potranno espandersi a casi difficili, come i pazienti con glaucoma, maculopatie e precedenti interventi di chirurgia refrattiva.
LA CHERATOPATIA NEUROTROFICA È UNA MALATTIA RARA? Rita Mencucci spiega come la cheratopatia neurotrofica non sia una malattia rara come precedentemente riteneva la comunità medica, ma possa svilupparsi come conseguenza di molti diversi fattori infiammatori. Dà quindi dei consigli per scongiurare, prevenire ed eventualmente trattare questo tipo di patologia. Una nuova arma a disposizione degli oculisti è il cenegermin, collirio a base di NGF, somministrabile in centri specializzati.
LA TERAPIA STEROIDEA COME ULTIMA RISORSA PER LA DME Francesco Bandello ci spiega l’importanza della terapia corticosteroidea per il trattamento dell’edema maculare diabetico nel paziente che non risponde adeguatamente alla terapia anti-VEGF. Il tempismo dello switch e la regolazione nella selezione del farmaco vengono supportati da un documento di consenso che può aiutare e guidare gli oculisti nelle loro scelte.
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Eventi Congressuali
CONGRESSO FLORETINA 2019 FLORENCE RETINA MEETING 2019 Nella splendida Firenze, si è svolto dal 6 al 9 giugno 2019 il meeting biennale di Floretina, che ha riunito tutti i migliori esperti del segmento posteriore a livello internazionale. Si sono discusse le nuove tecnologie, le nuove sfide e i nuovi trattamenti. Ecco alcune interviste ad alcuni dei protagonisti del congresso, raccolte per voi da EyeSee.
Per vedere tutte le video interviste integrali di FLORETINA 2019 vai su
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UNO SGUARDO ALL’EDIZIONE 2019 DI FLORETINA Stanislao Rizzo, organizzatore del Congresso Floretina, parla degli obiettivi raggiunti dal congresso fiorentino, i suoi successi e la sua importanza nel portare esperti di retina nazionali ed internazionali a confrontarsi su chirurgia, nuove tecnologie e innovazioni radicali come la terapia genica o la chirurgia robotica.
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NUOVI SVILUPPI NELLA TELEOFTALMOLOGIA Anat Loewenstein rivela una nuova frontiera della teleoftalmologia, che permette al paziente di sottoporsi ad un esame con OCT direttamente da casa. Una nuova tecnologia con il potenziale per migliorare non solo la pratica clinica, ma anche la raccolta dei dati di ricerca, monitorando i pazienti negli intervalli di trattamento con anti-VEGF e impianti a rilascio prolungato di farmaci.
IL TRATTAMENTO CON FARMACI ANTI VEGF NELLE RETINOPATIE DEL PREMATURO Antonio J. Capone condivide con noi il topic della sua relazione a Floretina 2019 sull’utilizzo di un trattamento con farmaci anti-VEGF per la ROP. Pur essendo un trattamento più semplice e meno invasivo rispetto alla terapia ablativa, restano da chiarire alcuni aspetti e potenziali problemi nel follow-up a lungo termine.
UNA NUOVA TECNICA PER SEMPLIFICARE LO SCLERAL BUCKLING Borja Corcóstegui espone un metodo per semplificare la procedura di scleral buckling, una chirurgia rimasta invariata da quindici anni. Si tratta di una tecnica, ideata Hernán Gras, per semplificare e perfezionare la procedura e che Corcóstegui si augura che venga approvata dalla comunità medica nei prossimi anni.
MIOPIA PATOLOGICA: VERSO UNA SOLUZIONE EFFICACE ED ACCESSIBILE? La miopia patologica colpisce l’1% della popolazione. Barbara Parolini di Eyecare Clinic ci parla di questa patologia, delle sue caratteristiche, delle sue ripercussioni sulla retina e delle conseguenze sulla vista. Studi condotti da Parolini dimostrano che i risultati migliori sono dati dalla vitrectomia, e dal piombaggio maculare.
LO STUDIO RIVAL, UNA COMPETIZIONE TESTA A TESTA Il Prof. Maurizio Battaglia Parodi ci anticipa alcuni risultati a 12 mesi dello studio RIVAL, uno studio randomizzato che compara due diversi anti-VEGF nel regime T&E.
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Case Report
APPLICAZIONE DI LENTI A CONTATTO RGP PROGRESSIVE BITORICHE DOPO INTERVENTO DI GLAUCOMA
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di Maria Giulia Muzzi Technical Support OcchioxOcchio
ABSTRACT Questo case report analizza l’applicazione di lenti a contatto RGP progressive bitoriche in un Paziente sottoposto ad intervento di trabeculectomia con scarsa soddisfazione di qualità visiva con correzione con lenti a tempiale, per la presenza di un elevato difetto refrattivo (astigmatismo misto ed iniziale presbiopia) CASE REPORT Paziente di 48 anni, caucasico, giunge alla osservazione del nostro centro di contattologia inviato dall’Oculista curante, dopo essere stato sottoposto ad intervento di trabeculectomia, per una consulenza sulla possibilità di correzione del suo difetto refrattivo con lenti RGP. Il Paziente portava in visione le lenti a tempiale in uso: OD +3sf=-6cyl(180) OS +1.5sf=-6.5cyl(170) con cui riusciva a raggiungere un visus massimo, binoculare, di 6/10. Il Paziente lamentava inoltre la necessità d’uso di una diversa correzione per vicino, vista la iniziale presbiopia, con l’obbligo di un continuo cambiamento di occhiali durante la sua normale routine lavorativa.
Fig. 1 Topografia OD
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Fig. 2 Topografia OS
E’ stata pertanto proposta al Paziente la possibilità di provare una nuova tipologia di correzione con lenti a contatto RGP, lenti progressive bitoriche. Questa tipologia di lenti a contatto permette infatti di correggere alti valori di astigmatismo, grazie alle sue caratteristiche tecniche (vedi scheda) e di adattarsi bene a piccole irregolarità sclero-congiuntivali come una bozza filtrante. Abbiamo pertanto sottoposto il Paziente ad un nuovo ed accurato esame refrattivo e topografico giungendo ad una correzione massimale di OD +3sf=9cyl(180) e OS +1.5sf=-6.75cyl(172) con una addizione per vicino di +1.5sf. (Fig:1, Fig.2). La lettura della topografia mostrava la necessità, per quel tipo di ASTIGMATISMO così elevato, di una correzione con una lente non a solo toro interno ma bitoriche, usate quando sia richiesta una sovracorrezione cilindrica o sfero-cilindrica. Venivano pertanto applicate le seguenti LAC: OD 8.30 7.80 9.10 +3 OS 8.20. 7.70. 9.10. +3
Lenti a contatto per cornea regolare RGP SENSO SELECT B (TORO INTERNO) Senso Select B è la versione a toro interno della lente a contatto RGP Senso Select. L'applicazione è consigliata in casi di cilindro corneale maggiore o uguale a 2.25 Dt. La geometria della superficie posteriore della lente Senso e la geometria del bordo “Comfort Edge Design” garantiscono un comfort eccellente durante il porto ed il movimento della lente. Le caratteristiche della tecnologia AB sulla superficie anteriore sono il motivo della visione chiara e nitida dal centro verso la periferia. Senso Select garantisce un comfort eccezionale durante l'utilizzo ed una perfetta visione. La lente Senso Select B è disponibile anche a toro esterno, multifocale oppure multifocale segmentata. Tutte le lenti sono marcate al laser e riportano con il logo di Procornea ed un numero identificativo unico che garantisce l'elevata qualità produttiva. Caratteristiche: • • • • • • •
Prima scelta tra le lenti RGP in caso di cilindri corneali maggiori a 2.25 Dt Superficie a toro interno Ottimo comfort durante il porto Breve periodo di adattamento Perfetta acuità visiva Geometria Comfort Edge Tecnologia AB
Consigli applicativi: Raggio base 1 Raggio base 2
K piatto K stretto + 0.2 mm
Gamma dei parametri: Raggio (rb) 7.10 a 9.00 mm per passi di 0.05 mm ------------------------------------------------------------------------------------------------------------Potere (F’v) +20.00 Dt a -20.00 Dt per passi di 0.25 Dt ------------------------------------------------------------------------------------------------------------Diametro (øT) 9.30 a 10.80 mm per passi di 0.30 mm. Standard (øT) 9.90 mm ------------------------------------------------------------------------------------------------------------Parametri addizionali su richiesta. Senso Select BF (Bitorica): Cilindro Cilindro massimo -2.50 Dt ------------------------------------------------------------------------------------------------------------Assi 0° a 180° per 1° -------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Pattern fluoresceinico:
Senso Select B Zoom (Toro interno multifocale) Senso Select BF Zoom (Bitorica multifocale) Consultare i dati e le caratteristiche tecniche della lente Zoom Senso Select B Duo (Toro interno, segmentata multifocale) Consultare i dati e le caratteristiche tecniche della lente Duo Materiali disponibili: Cento Verde*
Dk 58*
*materiale standard
La lente Senso Select B è disponibile con tutti i materiali RGP di Procornea. Consultare le schede dei materiali. Informazioni tecniche: Spessore centrale 0,13 mm (-3.00 Dt) ------------------------------------------------------------------------------------------------------------Geometria superficie posteriore Totalmente asferica ------------------------------------------------------------------------------------------------------------Geometria superficie anteriore Tecnologia AB -------------------------------------------------------------------------------------------------------------
SCHEDA TECNICA A
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Case Report Lenti a contatto per cornea regolare RGP SENSO ZOOM (multifocale) La lente Zoom presenta una sola superficie anteriore multifocale ed una visione da lontano centrale “Centre Distance“ (CD) che è un optional delle lenti RGP della linea Senso Select. Presenta un'addizione "Profilo 1" per i soggetti miopi ed un "Profilo 2" per i soggetti ipermetropi. Grazie all'utilizzo della tecnologia AB, si creano delle vere zone multifocali che garantiscono una perfetta visione a tutte le distanze. La geometria della superficie posteriore della lente Senso abbinata al design del bordo “Comfort Edge Design” rappresenta la prima scelta tra le lenti multifocali. Tutte le lenti sono marcate al laser e riportano il logo Procornea oltre ad un numero identificativo unico a sostegno dell'alta qualità produttiva. Caratteristiche: • • • • •
Perfetta multifocalità per l'intera gamma Senso Select Prima scelta per addizioni fino a 2.25 Dt Buona visione da lontano, intermedia e da vicino Non si notano zone di transizione Tecnologia AB
Pattern fluoresceinico:
Consigli applicativi: Scegliere il profilo 1 in caso di miopia. Scegliere il profilo 2 in caso di ipermetropia. Profilo 1
Profilo 2
Stretta
Gamma dei parametri: Addizione
+1.00 Dt fino a +3.00 Dt (per passi di 0.25 Dt)
Parametri addizionali su richiesta.
Corretta
Informazioni tecniche: Zone multifocali concentriche, visione da lontano centrale con addizione progressiva verso la periferia.
Piatta
Zone multifocali
SCHEDA TECNICA B
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Fig. 3 OD: cornea senza lente, no staining o altri problemi. Blebs ad ore 12
Fig. 4 OS: cornea senza lente, no staining o altri problemi. Blebs ad ore 12
Fig. 5 OD Blebs
Fig. 6 OS Blebs
Fig. 7 OD nessun segno di vascolarizzazione, rossore sclerale o indentazione corneale della lac
Fig. 8 OS nessun segno di vascolarizzazione, rossore sclerale o indentazione corneale della lac
Alla colorazione con fluoresceina si evidenziava in OD lente troppo piatta in corrispondenza del raggio piatto e in OS troppo piatta sia in corrispondenza del raggio piatto che di quello stretto con eccessivo basculamento della lente stessa e discomfort per il Paziente. Si è optato pertanto per stringere entrambe le lenti provando le seguenti: OD 8.20. 7.70 9.10. +3 con buona immagine fluo sul raggio piatto ma troppa su quello stretto OS 8.10 7.70 9.10 +3 con perfetta corrispondenza del raggio piatto ma leggermente stretta all’opposto. Si è comunque deciso per questa soluzione, facendo una sovra refrazione per ottimizzare l’acuità visiva. Con tale sovra refrazione di -1sf=-4.25cyl (3) in OD e in OS di -1.25sf=-3.75cyl(177) si raggiungeva una acuità visiva di 10/10 in binoculare. In considerazione della sovrarefrazione sfero-cilindrica trovata sono state ordinate, inizialmente monofocali, le seguenti lenti: OD 8.25 7.80 9.10 +1.75sf=-4.25cyl(3) e OS 8.10. 7.75. 9.10. +1sf=-3.5cyl(1). Per garantire il miglior passaggio di ossigeno tra lente e cornea è stato utilizzato un materiale ad alto DK di ultima generazione. FOLLOW UP Una volta controllata l’acuità visiva e verificata l’immagine con fluorescina, le lenti venivano consegnate al portatore spiegandogliene la manutenzione e fissando un nuovo controllo a 6 giorni. A questo controllo, visto che non erano presenti segni, impronte o staining sulla cornea, si confermava che i parametri scelti erano corretti. A questo punto si applicava una ulteriore sovra refrazione per attuare l’addizione da vicino. Le lenti definitive ordinate pertanto erano: OD 8.25 7.80 9.10 +2sf=-4.25cyl(3) ADD +1.5sf OS 8.10 7.75 9.10 +1sf=-3.5cyl(1) ADD +1.5sf (vedi Figure da 3 a 8). Attualmente il Paziente continua ad indossare le lenti indicate senza problemi e con grande soddisfazione, ottenendo una elevata acuita visiva a tutte le distanze, e si sottopone a controllo oculistico ogni 6 mesi per la misurazione del tono oculare e gli altri accertamenti necessari. Le lenti a contatto vengono sostituite ogni anno. 49
Dal Mondo dell’Ottica - Tecnologie di Produzione PRESCRIZIONE E LENTI PROGRESSIVE Servizio Informazione Scientifica Rodenstock L’articolo si propone di fare chiarezza su“prescrizione cilindrica, bilanciamento rifrattivo e prescrizione ottica binoculare”, temi a volte ancora controversi: gli argomenti verranno pertanto trattati alla luce delle evoluzioni tecnologiche delle lenti progressive, oggi in grado di offrire buone performance anche in presenza di alti cilindri o prescrizioni prismatiche.
di Mauro Nocera e Paolo Limoli
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PRESCRIZIONE CILINDRICA. La perfetta compensazione dell’astigmatismo è di fondamentale importanza per i portatori di lenti progressive più che per altre tipologie di prodotto. La prescrizione in equivalente sferico o un’incompleta prescrizione cilindrica potrebbero indurre il portatore a guardare in certe zone delle lenti “non centrali”, dove gli astigmatismi di superficie presentano una migliore compensazione. La completa prescrizione cilindrica dovrebbe sempre essere considerata anche se fosse soltanto di 0.25 D. Considerato che tutte le lenti oftalmiche sono oggi prodotte a cilindro interno, nell’esame rifrattivo si raccomanda di utilizzare cilindri negativi, indipendentemente dal segno positivo o negativo della componente sferica. Tra i diversi test soggettivi, quello
che permette la più precisa prescrizione cilindrica è il cilindro crociato +/-0.25, utilizzando test specifici o semplicemente una riga di lettere di acuità visiva di 5-6/10. Nei casi di una consapevole incompleta prescrizione cilindrica sarebbe opportuno che il medico oculista inserisca una nota all’interno della prescrizione, in modo che l’ottico possa scegliere la soluzione oftalmica più idonea. BILANCIAMENTO RIFRATTIVO E PRESCRIZIONE OTTICA BINOCULARE. Determinata la dominanza oculare per lontano è sempre raccomandato eseguire un test di bilanciamento rifrattivo con preferenza per i test polarizzati che presentano una sequenza di ottotipi vista dall’O.D., una vista dall’O.S. e un riferimento centrale, visto da entrambi gli occhi, che agisce da stimolo fusionale. Sarebbe inoltre sempre opportuno eseguire un controllo della visione binoculare attraverso specifici test polarizzati che definiscono la posizione dell’immagine retinica: in presenza di un suo eventuale errore di posizione, dovrà essere valutata un’eventuale compensazione. Definita la dominanza oculare per vicino, è opportuno che gli stessi criteri di controllo vengano applicati anche nell’esame rifrattivo da vicino. Un buon bilanciamento rifrattivo e un’accurata prescrizione ottica binoculare rappresentano il punto di partenza per produrre una perfetta visione bifoveale, la migliore stereopsi e il pieno utilizzo dei campi visivi binoculari, premesse indispensabili nelle lenti progressive per un comfort visivo a tutte le distanze e in tutte le direzioni di sguardo.
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CONGRESSO INTERNAZIONALE
News dalle aziende
APPROCCIO SPECIFICO ALL’EDEMA CORNEALE
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L’edema corneale è una patologia in cui la cornea presenta un eccessivo accumulo di fluidi in presenza o meno di infiammazione. Può essere secondaria a chirurgia oculare, cheratiti, alterazione degli equilibri osmotici nel corso di esami oftalmici, cheratopatia bollosa, distrofia di Fuchs o più genericamente a seguito di disfunzioni endoteliali. La ricerca SOOFTitalia, storicamente impegnata nella ricerca di opzioni terapeutiche per il trattamento dell’edema corneale, ha sviluppato due soluzioni oftalmiche ipertoniche dalle caratteristiche uniche nel mercato per efficacia e destinazione d’uso. EDENORM® è una soluzione a base di NaCl al 5,3% che conferisce al preparato la più elevata osmolalità e quindi la massima efficacia antiedemigena tra i prodotti attualmente in commercio, richiamando l’acqua dalla cornea per effetto osmotico e riducendone lo stato edemigeno. Nel corso degli anni si è dimostrato un supporto indispensabile soprattutto a seguito di interventi chirurgici, dove
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è importante agire con tempestività nelle fasi acute dell’edema corneale in modo da evitare complicanze post-operatorie come ulcerazioni ed infezioni che potrebbero comprometterne gli esiti stessi. LACTOSAL®, soluzione a base di acido lattobionico al 13,8% e NaCl al 2%. L’acido lattobionico è dotato di un potente effetto igroscopico dovuto alla presenza di numerosi gruppi idrossilici (che ne ha reso diffuso l’utilizzo anche nel trattamento sintomatico delle iperlacrimie), e la forma ad anello (lattone) della molecola ne maschera il gruppo acido conferendole una elevata tollerabilità persino su tessuti molto sensibili come quelli oculari. Il cloruro di sodio rende poi le lacrime iperosmotiche permettendo la nota attività antiedemigena. Queste caratteristiche di tollerabilità ed efficacia rendono particolarmente utile LACTOSAL® negli edemi lievi e/o cronici, dove il discomfort legato a maggiori concentrazioni di sodio cloruro può comprometterne l’utilizzo prolungato da parte del paziente. In entrambe le soluzioni sono stati inseriti viscosizzanti come il polivinilpirrolidone e l’idrossimetilcellulosa, che permettono una maggiore persistenza dell’effetto ed efficacia del trattamento antiedemigeno. Non esiste un prodotto in grado di risolvere ogni forma di edema corneale ma soluzioni diverse per problemi diversi. EDENORM® e LACTOSAL®, l’approccio specifico all’edema corneale.
UN PASSO AVANTI NEL TRATTAMENTO DELLA RETINA
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Visufarma, azienda da sempre orientata verso l’innovazione e impegnata nella ricerca di supporti terapeutici nella cura di patologie oculari, è lieta di presentare VISUCOMPLEX™ PLUS, pool di attivi in grado di agire sui principali meccanismi eziopatogenetici associati a patologie retiniche quali la Degenerazione Maculare legata all’età e la Retinopatia diabetica. VISUCOMPLEX™ PLUS è il primo nutraceutico indicato come coadiuvante nel trattamento della DMLE e della RD a base di Maquibright®, esclusiva Visufarma, si tratta di un estratto dal frutto dell’albero del Maqui Berry (Aristotelia Chilensis), straordinariamente ricco di Antocianine, fra cui le Delfinidine, che conferiscono al Maqui il potere antiossidante più elevato fra i frutti rossi. Un altro componente di VISUCOMPLEX™ PLUS è l’acido alfa lipoico veicolato nell’innovativo sistema MATRIS ® RETARD, grazie al quale il principio attivo viene
rilasciato in modo controllato, assorbito lungo tutto il tratto gastro intestinale garantendo quindi una maggiore biodisponibilità. L’acido alfa lipoico si distingue dai comuni antiossidanti in quanto agisce non solo come scavenger dei radicali liberi ma anche promuovendo le difese antiossidanti endogene del nostro organismo. L’acido alfa lipoico inoltre, ha dimostrato di ridurre il danno vascolare strutturale, prevenendo la permeabilità capillare, nella fase iniziale di retinopatia diabetica. VISUCOMPLEX™ PLUS contiene inoltre vitamina D, componente in grado di modulare la risposta infiammatoria e il fenomeno di angiogenesi. Una consistente letteratura ha individuato nella carenza di Vitamina D un fattore di rischio della progressione delle patologie retiniche in particolare della DMLE e della Retinopatia Diabetica. Completano la formula VISUCOMPLEX™ PLUS Vitamina E, Luteina, Zeaxantina, Zinco, Rame e Vitamina E componenti che come dimostrato dallo studio AREDS2, sono utili per prevenire una riduzione della progressione della degenerazione maculare del 25%. VISUCOMPLEX™ PLUS è in confezione da 30 capsule, senza glutine né lattosio, e la posologia è di 1 capsula al dì. 55
News dalle aziende
LTF GOCCE OCULARI LATTOFERRINA 0,1% E IPROMELLOSA 0,1%
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La disfunzione delle ghiandole di Meibomio è spesso associata ad un aumento dell’infiammazione della superficie oculare. L’infiammazione può essere sufficiente a ridurre la produzione di lattoferrina lacrimale a causa dei danni alle ghiandole lacrimali accessorie (ghiandole di Krause e Wolfring). La lattoferrina, inoltre, è stata identificata anche nelle secrezioni delle ghiandole del Meibomio e la funzionalità anormale di queste ghiandole può dare un importante contributo alla riduzione della concentrazione della lattoferrina lacrimale. La riduzione di produzione di lattoferrina può causare un aumento della sintomatologia di discomfort oculare in caso di disfunzione delle Ghiandole del Meibomio. La lattoferrina è una delle proteine maggiormente presenti nel film lacrimale e si ritiene che sia la proteina più polivalente nei vertebrati. Essa svolge un ruolo cruciale nella difesa in caso di lesioni tissutali, di infezioni e di fenomeni flogistici. Le principali attività biologiche della lattoferrina sono: • Chelazione del ferro, che contribuisce a ridurre la capacità moltiplicativa di molti ceppi batterici ferro dipendenti. • Immunomodulante, contribuisce ad aumentare o ridurre l’attivazione, la migrazione e la crescita delle cellule immunitarie, agendo sui fenomeni infiammatori. Inoltre la lattoferrina può agire in maniera diretta, indipendentemente dalla chelazione del ferro, sulla vitalità microbica e sull’omeostasi del microbiota. La Blefarite e le alterazioni della funzione delle ghiandole del Meibo-
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mio sono tra le più diffuse patologie oftalmiche. Queste rappresentano una delle cause più frequenti di discomfort a livello della rima palpebrale e della superficie oculare. Altro aspetto importantissimo in caso di Meibomiti e Blefariti è il controllo dello sviluppo del biofilm batterico. La formazione del biofilm batterico è considerato uno dei primi step per la sindrome da Occhio secco da Blefarite (DEBS). Anche in questo caso la lattoferrina gioca un ruolo cruciale in quanto il ferro è essenziale per la formazione del biofilm batterico. Come già detto in precedenza, la riduzione di produzione di lattoferrina può causare un aumento della sintomatologia di discomfort oculare in caso di disfunzione delle Ghiandole del Meibomio, l’integrazione esogena di lattoferrina con LTF gocce oculari, può essere utile a ristabilire una concentrazione adeguata di questa proteina e a favorire la normale omeostasi in caso di Meibomite e/o Blefarite grazie alle proprietà: • Antinfiammatorie • Immunomodulanti • Antimicrobiche • Antiossidanti Inoltre la lattoferrina è fisiologicamente presente a livello della superficie oculare e questo consente l’uso prolungato di LTF gocce oculari senza indurre sensibilizzazione o resistenze. LTF gocce oculari, a base di Lattoferrina 0,1% e Ipromellosa 0,1%, costituisce un contributo fisiologico per il ripristino dell’equilibrio in caso di Blefarite e di alterazioni funzionali delle ghiandole di Meibomio.
Centri autorizzati Cenegermin Lombardia • Ospedale Fatebenefratelli Sacco - Milano • Ospedale Oftalmico - Milano • Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano • IRCCS Ospedale San Raffaele - Milano • Ospedale di Abbiategrasso • Ospedale di Legnano • Ospedale di Vizzolo Predabissi (ASST Melegnano e Martesana) • Ospedale di Lodi (ASST di Lodi) • Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi (ASST Sette Laghi) • Ospedale di Tradate (ASST Sette Laghi) • Ospedale di Busto Arsizio (ASST della Valle Olona) • Ospedale S. Anna di Como (ASST Lariana) • Ospedale di Lecco (ASST di Lecco) • Ospedale San Gerardo di Monza (ASST di Monza) • ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo • ASST degli Spedali Civili di Brescia • Ospedale di Manerbio • Ospedale di Desenzano • IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia • Ospedale di Cremona (ASST di Cremona) • Ospedale di Mantova (ASST di Mantova) • Ospedale di Sondrio (ASST della Valtellina e dell’Alto Lario) • Humanitas S. Pio X - Milano Sardegna • P.O. S. Michele Brotzu - Cagliari • P.O. S. Giovanni di Dio - Cagliari • P.O. Cliniche V.le S. Pietro - Sassari • P.O. Ozieri e P.O. Alghero • P.O. S. Francesco - Nuoro • P.O. S. Barbara - Carbonia Campania • Università della Campania Luigi Vanvitelli (SUN) - Napoli • Ospedale Federico II - Napoli • Ospedale Pellegrini - Napoli • Ospedale Cardarelli - Napoli • Ospedale S.G. Bosco - Napoli • Ospedale Ruggi d’Aragona - Salerno • Ospedale Maddaloni - Caserta • Ospedale S. Giuseppe Melorio - Caserta • Ospedale Sacro Cuore di Gesù - Benevento • Ospedale De Luca e Rossano - Vico Equense • P.O.S. Maria delle Grazie (Pozzuoli) - Napoli Piemonte • Ospedale Le Molinette - Torino • Ospedale San Giovanni Bosco - Torino • Ospedale Mauriziano - Torino • Ospedale di Novara • Ospedale di Borgomanero • Ospedale di Alessandria • Ospedale di Vercelli • Ospedale di Ivrea • Ospedale di Cuneo • Ospedale di Casale Monferrato Liguria • Policlinico S. Martino (Clinica Oculistica, S.C. Oculistica) - Genova
Fonti
Abruzzo • Determinazione regionale Abruzzo n° DPF003/58 del 14/05/18, Allegato 1; dati Dompé farmaceutici Basilicata • Dati Dompé farmaceutici P.A. Bolzano • Decreto assessorile P.A. Bolzano n. 3436 del 08/03/2018 Calabria • DCA Regione Calabria n.164 del 06/08/2018, Allegato C; dati Dompé farmaceutic Campania • Dati Dompé farmaceutici
• • • • • •
E.O. Galliera - Genova P.O. Padre A. Micone di Genova Sestri Ponente P.O. di Imperia P.O. S. Paolo di Savona P.O. Montallegro di Rapallo P.O. S. Andrea di La Spezia
Toscana • A.O.U. Careggi - Firenze • Ospedale S. Donato - Arezzo • Ospedale della Misericordia - Grosseto • Ospedale Cisanello - Pisa • Ospedale Le Scotte - Siena Lazio • A.O. S. Giovanni Addolorata - Roma • Policlinico Umberto I - Roma • ASL Roma 1 - Ospedale Oftalmico • Policlinico A. Gemelli - Roma • Policlinico Campus Biomedico - Roma • Università Policlinico Tor Vergata - Roma • ASL Roma 2 - Ospedale Sant’Eugenio • ASL Frosinone - Ospedale F. Spaziani • ASL Latina - Ospedale S.M. Goretti • ASL Rieti - S. Camillo de Lellis • ASL Viterbo - Ospedale Belcolle • ASL Roma 3 - Ospedale G.B. Grassi - Ostia lido Sicilia • A.O. O.R. Villa Sofia Cervello - Palermo • A.O.U. Policlinico P. Giaccone - Palermo • ARNAS Garibaldi - Catania • A.O.U. Policlinico Vittorio Emanuele - Catania • A.O. Cannizzaro - Catania • A.O.U. Policlinico G. Martino - Messina P.A. Trento • U.O. Multizonale di Oculistica - Trento P.A. Bolzano • Ospedale di Bolzano • Ospedale di Merano • Ospedale di Brunico Veneto • U.O.C. Oculistica di Treviso • U.O.C. Oculistica di Conegliano • U.O.C. Oculistica di Mestre • Fondazione Banca degli occhi - Venezia • U.O.C. Oculistica di Padova • U.O.C. Oculistica di Camposampiero • U.O.C. Oculistica di Vicenza • A.O. Padova U.O.C. Clinica Oculistica • A.O.U. Integrata di Verona U.O.C. Oculistica Umbria • A.O. Perugia • A.O.Terni • S.C. Oculistica dei PP.OO. di Città di Castello e Branca • S.C. Oculistica dei PP.OO. di Foligno e Spoleto • S.C. Oculistica del P.O. di Orvieto Molise • Ospedale Cardarelli - Campobasso • Ospedale di Isernia
Emilia Romagna • Determina dirigenziale Emilia Romagna n. 10325 del 02/07/2018 Friuli Venezia Giulia • Elenco centri autorizzati Farmaci con registro AIFA con limitazione di centro - Friuli Venezia Giulia - aggiornamento 15/03/2018 Lazio • Nota Regione Lazio n° 110399 del 11/02/2019 Liguria • Deliberazione Regione Liguria n° 93 del 24/04/2018 Lombardia • Nota Regione Lombardia n° 6561 del 16/02/2018; dati Dompé farmaceutici • Dati Dompé farmaceutici
• Ospedale di Termoli Puglia • A.O. Cons. Policlinico Bari • Ospedale della Murgia - Altamura • EE Ospedale Miulli - Acquaviva delle Fonti • Ospedale Perrino - Brindisi • Ospedale di Barletta • Ospedale L. Bonomo Andria - Canosa • AO Ospedali Riuniti di Foggia • Ospedale Teresa Masselli San Severo - Lucera • EE Casa Sollievo - S.G. Rotondo • Ospedale Sacro cuore di Gesù - Gallipoli • Ospedale Vito Fazzi - Lecce • EE Cardinale Panico - Tricase • Ospedale SS Annunziata Taranto - Moscati Friuli Venezia Giulia • Ospedale Gorizia e Monfalcone - Monfalcone • Ospedale Latisana e Palmanova - Palmanova • Ospedale Santa Maria degli Angeli - Pordenone • Ospedale Cattinara e Maggiore - Trieste • Ospedale Santa Maria della Misericordia - Udine Emilia Romagna • Ospedale Maggiore - Bologna • Policlinico S. Orsola Malpighi (U.O. Oftalmologia Prof. Campos) - Bologna • Policlinico S. Orsola Malpighi (U.O. Oftalmologia Dr. Ciardella) - Bologna • Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma • Ospedale San Sebastiano Correggio - Reggio Emilia • Arcispedale S. Maria Nuova - Reggio Emilia • Ospedale di Sassuolo • Ospedale di Carpi • Policlinico di Modena • P.O. Piacenza • Ospedale di Castel San Pietro Terme • Arcispedale S. Anna - Ferrara • P.O. Ravenna/Lugo • P.O. Faenza • P.O. Morgagni Pierantoni - Forlì • Ospedale Bufalini - Cesena • Ospedale di Riccione Abruzzo • A.O.U. Chieti • A.O. Pescara • A.O. Avezzano • A.O. Teramo • A.O. Lanciano • Ospedale Regionale San Salvatore - L’Aquila Marche • P.O. S. Severino - Macerata - Recanati • Ospedale di Fano Basilicata • Ospedale di Potenza Calabria • A.O. Bianchi Melacrino Morelli - Reggio Calabria • Ospedale Pugliese Ciaccio - Catanzaro • Ospedale Mater Domini - Catanzaro • A.O. di Cosenza
Marche • Dati Dompé farmaceutici
Toscana • Dati Dompé farmaceutici
Molise • Dati Dompé farmaceutici
P.A. Trento • Determinazione P.A. Trento n° 607 del 17/05/2018
Piemonte • Elenco farmaci con limitazione di prescrizione (Registro web) Piemonte - aggiornamento 26/02/2018; dati Dompé farmaceutici Puglia • Nota Regione Puglia n° 547 del 01/02/2018 Sardegna • Determinazione Dirigenziale Regione Sardegna n° 371 del 27.04.2018
Umbria • Determinazione dirigenziale Regione Umbria n° 4833 del 15/05/2018 - Allegato B Veneto • DDR Regione Veneto n° 59 del 19/04/2018
Sicilia • Centri abilitati alla prescrizione del p.a. cenegermin - Regione Sicilia - aggiornato al 26/06/2018 ITA_OX_MAx_08/2019
Risultati dopo 8 settimane di trattamento Clearance corneale completa dopo colorazione vitale Acuità visiva migliore corretta per la distanza Sensibilità corneale dentro la lesione
Classificazione per sistemi e organi
Frequenza
Reazione avversa
Infezioni ed infestazioni
Non comune
Ascesso corneale
Patologie del sistema nervoso
Comune
Cefalea
Molto comune
Dolore oculare
Comune
Infiammazione oculare, dolore alla palpebra, sensazione di corpo estraneo nell’occhio, aumento della lacrimazione, blefarite, iperemia congiuntivale, fotofobia, irritazione oculare
Non comune
Neovascolarizzazione corneale
Patologie dell’occhio
Risultati dopo 4 e 8 settimane di trattamento Percentuale di casi di riparazione corneale completa
Studio NGF0214 Sett. Sett. 4 8
Studio NGF0212 Sett. Sett. 4 8
OXERVATE 56,5%
69,6%
58,0%
74,0%
veicolo 37,5%
29,2%
19,6%
43,1%
(valore p) (0,191) (0,006) (0,001) (0,002)
OXERVATE Veicolo (valore p) OXERVATE Veicolo (valore p) OXERVATE Veicolo (valore p)
Studio NGF0214
Studio NGF0212
22,7% 4,2% (0,062) 6,11 3,53 (0,143) 72,2% 60,0% (0,458)
21,4% 10,0% (0,157) 11,9 6,9 (0,213) 76,3% 68,4% (0,442)
1
5
2
3/4
6-7-8
Lattoferrina 0,1% e Ipromellosa 0,1%
Un contributo fisiologico per il ripristino dell'equilibrio in caso di alterazioni funzionali delle ghiandole di Meibomio e di Blefarite.
Indicazioni:
• Coadiuvante nelle terapie delle fasi acute di Meibomiti e Blefariti • Supporto al mantenimento dell'equilibrio nelle fasi di remissione di Meibomiti e Blefariti • Sostegno all'omeostasi del microbiota oculare