La neurorigenerazione retinica cellulomediata

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Paolo G. Limoli

La neurorigenerazione retinica cellulomediata Principi, applicazioni e prospettive

Paolo G. Limoli

La neurorigenerazione retinica cellulomediata Principi, applicazioni e prospettive

ISBN 978-88-97929-30-7

FGE Editore

Volume 2 a Collan

FGE Editore

EMY N ACAD

2014

ISIO

LOW V

ITALY


Paolo G. Limoli

La neurorigenerazione retinica cellulomediata Principi, applicazioni e prospettive con la collaborazione di Gianluca Campiglio Nicola Pescosolido Genni Santorelli Sergio Scalinci Duilio Siravo

FGE Editore


Paolo Giuseppe Limoli Responsabile scientifico del Centro Studi Ipovisione di Milano e del Centro Oculistico Eye.com a Palermo, Segretario scientifico della Low Vision Academy e membro della Association of Research on Vision and Ophthalmology. Ha sviluppato il protocollo scientifico per la riabilitazione visiva del soggetto ipovedente in ambiente virtuale. Ha identificato le metodologie per incrementare la capacità di lettura da associare alla riabilitazione visiva. Ha scoperto il ruolo della fissazione nel processo visivo e le modalità per modificarla ai fini riabilitativi creando una via complementare alla riabilitazione visiva. Unendo la conoscenza della chirurgia del segmento anteriore, della clinica della retina e della riabilitazione visiva sta studiando con successo la possibilità di rendere meno discriminante la condizione dell’ipovedente. Si occupa dal 2002 di rigenerazione tissutale. .


Dedico questo libro alla professoressa Rita Levi Montalcini che mi ha onorato per avermi scelto come suo oculista e chirurgo, stimolando la mia passione verso la ricerca nel campo neurorigenerativo Ringrazio i professionisti e i ricercatori che mi hanno aiutato a curare questa edizione, per la collaborazione e la competenza, Gianluca Campiglio, Nicola Pescosolido, Genni Remo Santorelli, Sergio Zaccaria Scalinci, Duilio Siravo. Ringrazio il prof. Renato Meduri che mi ha iniziato a questa tecnica e all’uso dei fattori di crescita e su cui spesso abbiamo potuto confrontarci. Ringrazio il dott. Renzo Carpi e il personale tutto del Centro di Chirurgia Ambulatoriale Vista Vision di Milano, per l’attenzione e la cura con cui hanno seguito e seguono ogni passo volto negli anni alla messa a punto e al perfezionamento della tecnica chirurgica. Ringrazio gli ortottisti, gli oftalmologi, le segretarie e le amministratrici del Centro Studi Ipovisione a Milano e di Eye.com a Palermo, per le capacità dimostrate nel seguire la riabilitazione visiva di questi pazienti, nell’organizzare la chirurgia, nel gestire lo studio. Ringrazio i miei familiari per la loro comprensione e per gli stimoli e mi scuso per non averli considerati in molti momenti perché “troppo occupato” a scrivere. Ringrazio soprattutto tutte le persone che soffrendo di una grave patologia oculare, hanno riposto in me fiducia e stima, affidandomi la conservazione della loro vista. Paolo Limoli


“La neurorigenerazione retinica cellulomediata – Principi, applicazioni e prospettive” © Copyright 2014 – Fabiano Gruppo Editoriale Impaginazione e stampa: FGE Srl Regione Rivelle 7/F – Moasca (AT) Gli autori e l’Editore declinano ogni responsabilità per eventuali errori contenuti nel testo. Tuttti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione totale o parziale senza il consenso dell’autore. ISBN: n. 978-88-97929-30-7 Finito di stampare nel mese di Ottebre 2014 FGE S.r.l. – Regione Rivelle 7/F – 14050 Moasca (AT) - Italy Tel. 0141 1768908 Fax 0141 1768911 e–mail: info@fgeditore.it – www.fgeditore.it


Indice

I Premessa .......................................................................................................................................................................................................................................7 La medicina rigenerativa ........................................................................................................................................................................................................9 Il tessuto adiposo ..................................................................................................................................................................................................................77 Le cellule staminali ................................................................................................................................................................................................................95 Le cellule staminali derivate dal grasso ..................................................................................................................................................................123 I fattori di crescita ..............................................................................................................................................................................................................159 Implicazioni bioetiche e medicolegali ......................................................................................................................................................................207

II Il lipofilling ...............................................................................................................................................................................................................................231 Il gel piastrinico ....................................................................................................................................................................................................................247 Cellule retiniche: premesse anatomofunzionali .................................................................................................................................................271 Apoptosi e neurobiologia retinica ............................................................................................................................................................................293 Studi sulla neurorigenerazione retinica ..................................................................................................................................................................309 Patologie oculari e medicina rigenerativa .............................................................................................................................................................363 Impianto subsclerale di lipociti nella degenerazione tapetoretinica ......................................................................................................399 Limoli Retinal Regeneration Tecnique o innesto sovracoroideale di cellule autologhe .............................................................407 Anestesia in corso di innesti autologhi sovracoroideali ...............................................................................................................................425 Prospettive .............................................................................................................................................................................................................................437 Abbreviazioni e acronimi ...............................................................................................................................................................................................441 Note biografiche sui co-autori ...................................................................................................................................................................................447



Capitolo 7

Il lipofilling A cura di Paolo G. Limoli

Le ADSCs (Adipose-derived Stem Cells) potrebbero essere impiegate nella rigenerazione tissutale attraverso la metodica del lipofilling (dal greco lipos

= grasso e dall’inglese to fill = infiltrare)1-3, una metodica chirurgica mini-invasiva codificata alla fine degli anni ’80 dal dott. Sidney Coleman di New York4.

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Coleman S.R. Lipoinfiltration in the upper lip white roll. Aesth. Surg. (1994) 14: 231-234.

Cenni storici L’ uso del tessuto adiposo come materiale per correggere difetti dei tessuti molli risale alla fine del XIX secolo. Nel 1989 Billings e May pubblicarono una panoramica storica dell’innesto di grasso autologo1. Nel 2004 Mojallal divise la storia del trapianto di grasso autologo in tre periodi2. 1. Primo periodo, prima dell’invenzione della lipoaspirazione, chiamato periodo della “chirurgia a cielo aperto” (1889-1977). 2. Secondo periodo, dopo l’invenzione della lipoaspirazione, detto “non raffinato” o “traumatico” (1977-1994 ). 3. Terzo periodo, dopo la divulgazione della tecnica di Lipostruttura di Coleman chiamato “raffinato”(dal 1994 a oggi).

Questi periodi storici si devono analizzare alla luce delle conoscenze del tempo sul tessuto adiposo. Il termine “chirurgia a cielo aperto” rappresenta il trapianto in blocco del tessuto adiposo senza alcuna modifica della sua struttura. La prima relazione su innesto di grasso autologo è stata pubblicata da G. Neuber nel 1893 dove venne descritto l’impianto di piccole quantità di tessuto adiposo per il riempimento di depressioni cicatriziali. Neuber ha riportato buoni risultati postoperatori inficiati però da notevoli tassi di riassorbimento dell’innesto in caso di grandi volumi di trapianto3. Come accennato precedentemente il grasso, fino al secondo periodo (anni ’80), era considerato nel migliore dei casi poco più di una riserva energetica, in genere un eccesso da tenere a bada o da eliminare. A partire dagli anni ’90 si fa strada invece un concetto


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diverso del tessuto adiposo, che comincia ad essere considerato un vero e proprio organo multicentrico con attività di tipo endocrino, in grado di essere un elemento regolatore fondamentale per una miriade di funzioni vitali quali il metabolismo glucidico, la termoregolazione, l’increzione di tutti gli ormoni surrenalici, corticali e midollari, di tutti gli ormoni liposolubili, il controllo neuroendocrino dell’appetito4-7. Ma la più grande rivalutazione biologica del tessuto adiposo arrivò proprio da quei clinici che ne praticavano l’eliminazione massiva, per lo più con finalità estetiche. Le pratiche chirurgiche volte all’eliminazione del grasso formarono l’esperienza per poterlo riutilizzare, per esempio, nella ricostruzione dei tessuti molli, in caso di gravi demolizioni per cause traumatiche o tumorali. Questi chirurghi, spesso supportati da un pragmatico empirismo, più che da una consapevolezza biologica dettagliata, cominciarono a modificare le tecniche di asportazione del tessuto adiposo passando della demolizione chirugica alla meno invasiva e traumatica liposuzione, finalizzandone poi la raccolta per procedure ricostruttive. Per la cultura del chirurgo plastico è sempre stato chiaro e indiscutibile che il tessuto adiposo, trasferito con la sua architettura tridimensionale intatta, non riesce a sopravvivere a causa della povertà della sua trama vascolare, che lo porta ad una inevitabile necrosi ischemica con colliquazione completa. Per ridurre il riassorbimento del tessuto impiantato era pratica utilizzare impianti associati al derma profondo, anche se la necrosi interessava comunque la metà del tessuto innestato, limitando le indicazioni dell’innesto dermoadiposo solo alle perdite di sostanza sottocutanea causa di importanti alterazioni di una data regione. I chirurghi dell’epoca impararono così a manipolare e riutilizzare il tessuto adiposo rimosso, ideando la pratica del lipofilling, consistente, in sintesi, nell’innesto di piccolissimi lobuli di tessuto adiposo ottenuti mediante aspirazione tramite un’apposita ago-cannula e collocati nella sede ricevente mediante una

semplice iniezione transcutanea: pratica semplice ed economica. Parte del grasso infatti potrebbe riassorbirsi, il rimanente, una volta attecchito, rimane nella sede di impianto permanentemente. L’avvento del lipofilling dunque, pur non garantendone il completo attecchimento, mantiene stabile nel tempo il tessuto adiposo innestato. Inizialmente tale effetto venne attribuito alla maggior facilità di attecchimento che i lobi adiposi di piccoli dimensioni avrebbero rispetto a maggiori volumi di tessuto. Dopo le prime iniziali indicazioni come la riduzione di una ruga o il rigonfiamento labiale, se ne affiancarono altre più importanti, miranti a ricostruire o, meglio, ristrutturare alcune aree come orbite scavate, guance incavate o colpite dal morbo di Romberg, mani senili, genitali esterni, cicatrici depresse. Il risultato non era solo l’incremento volumetrico, ma soprattutto il migliorato trofismo delle aree trattate8-9. Si studiarono poi le modalità ideali per ottenere e prevedere il miglior risultato clinico: lavaggi, centrifugazioni, addizioni . Gli studi degli ultimi dieci anni hanno rivelato che la capacità trofica degli innesti ottenuti con lipofilling dipende dalla presenza di cellule staminali all’interno del tessuto stesso (Adipose Derived Stem cells o ADSCs), dotate di potenzialità rigenerative analoghe alle cellule staminali mesenchimali estratte dal midollo osseo (Bone Mesenchimal Stem Cells o BMSCs)11-12. Un grammo di tessuto adiposo contiene circa 5.000 cellule staminali mesenchimali, mentre un grammo di midollo osseo ne contiene da 100 a 1000. Le ADSCs sono un relativamente nuovo sottotipo di MSCs che può essere ottenuta con metodi meno invasivi e in quantità maggiori rispetto ad altri MSCs. L’attività secretoria delle hMSCs aiuta a creare un microambiente con proprietà rigenerative nei siti di danno tissutale13. E’ quindi da ritenere che la tecnica del lipofilling consista in realtà nell’autoinnesto di cellule staminali mesenchimali, presenti nel tessuto adiposo14.


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Figura 1: Sono mostrati alcuni esempi di positività per l’espressione di beta integrina 1 nelle cellule prelevate dallo strato vascolo-stromale mediante lipoaspirazione. Poiché l’espressione di beta integrina 1 è considerata tipica delle cellule staminali adipose, è possibile identificare alcune delle cellule estratte come cellule staminali mesenchimali. La positività è caratterizzata dalla colorazione marrone.

Le indicazioni del lipofilling si sono dunque moltiplicate e attualmente viene utilizzato per trattare patologie in cui è utile un impulso rigenerativo ulteriore, come nelle radiodermiti, nelle ustioni, nelle cicatrici ipotrofiche, nelle lesioni nervose, in ulcere e ferite A

difficili, nei trapianti cutanei con vascolarizzazione incerta, nella costruzione di tessuti ingegnerizzati15-20. Le proprietà rigenerative delle ADSCs ottenute dalla frazione vascolostromale del tessuto adiposo è stata utilizzata per la riparazione di nervi periferici21-23. B

Figura 2: La rigenerazione dei nervi appare migliorata dopo innesto di ADSCs. Sezioni trasversali semisottili della porzione distale dell’innesto nervoso sono stati sottoposti a colorazione blu di toluidina 12 settimane dopo chirurgia. L’innesto nervoso non trattato con ADSCs (A, caso controllo) ha mostrato rigenerazione compromessa con remielinizzazione sottile. L’innesto nervoso trattato con ADSCs (B) ha mostrato una maggiore densità di fibre nervose correttamente mielinizzate. Barra della scala = 50 micron (21).

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Capitolo 7: il lipofilling

Sulla base della letteratura Limoli et coll., che dal 2000 stanno studiando la possibilità di rigenerare, ristrutturare, conservare la retina attraverso innesti cellulari adiposi, hanno ragione di credere nell’applicazione del microlipofilling sovracoroideale al fine di

mantenere volume e trofismo del peduncolo adiposo impiantato sotto la sclera e di esercitare una azione trofica sulle cellule della coriocapillare, dell’epitelio pigmentato e della retina24-25.

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La tecnica La tecnica consiste nel prelevare un piccolo quantitativo di grasso attraverso una microliposuzione da una sede idonea (addome, fianchi, cosce, ginocchia) e nel

suo reimpianto in un altro distretto corporeo dello stesso individuo, in modo da ottenere un effetto di “filling”, cioè di riempimento.

Figura 3: Materiale necessario alla lipostruttura manuale e, previa centrifugazione del lipoaspirato, alla sua purificazione.

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L’innesto di grasso libero combinato con ADSCs gioca un ruolo molto importante nel mantenimento del volume del tessuto adiposo iniettato. Attualmente per la metodica del lipofilling è possibile utilizzare esclusivamente le ADSCs già presenti nel grasso libero prelevato dai pazienti mentre l’utilizzo di elevate concentrazioni di cellule staminali adipose differenziate in vitro non è ancora possibile in ogni sala operatoria. In primo luogo la preparazione, la progettazione e il mantenimento in vitro delle ADSCs è possibile solo in laboratori specializzati con tecniche adeguate (Cells Factory). Inoltre le conoscenze attuali non permettono di controllare le ADSCs una volta impiantate ed escludere che un’eventuale iperproliferazione possa degenerare in patologie tumorali. La tecnica chirurgica del lipofilling è costituita da tre fasi ben distinte: prelievo di grasso, purificazione attraverso centrifugazione e infiltrazione nell’area da trattare.

elevate pressioni negative, per la vaporizzazione all’interno del tubo che li disidrata. Le cellule adipose prelevate in tal modo, una volta infiltrate, non sono in grado di sopravvivere nel sito di impianto. Una seconda possibilità è quella di utilizzare la metodica della lipostruttura. Con tale metodica, al contrario, il grasso non viene aspirato tramite un comune liposuttore come avviene nella liposuzione, ma mediante una siringa da 10 ml con attacco Luer-lock e con una cannula di 3 mm. di diametro e 15, 23 o 36 cm. di lunghezza, i cui fori di ingresso hanno dimensioni tali da permettere il passaggio delle particelle di tessuto adiposo attraverso il lume dell’ago della siringa. Una volta che la siringa è stata riempita dal grasso aspirato, la cannula viene rimossa e un tappo LuerLok viene posto sulla siringa per sigillare l’apertura4-5.

Prelievo

Prima di procedere all’aspirazione, viene praticata l’anestesia, introducendo attraverso la superficie dell’area del prelievo una grande quantità di soluzione di Klein nel grasso. La soluzione di Klein contiene, in rapporto, 500 ml di soluzione fisiologica, 150 mg di lidocaina e 0,5 mg di adrenalina. L’adrenalina provoca vasocostrizione riducendo il sanguinamento, la lidocaina induce anestesia locale, la soluzione fisiologica aiuta a ridurre le aderenze tra le cellule in previsione della successiva aspirazione che avviene circa 30 minuti dopo1-3. Il prelievo di grasso può essere effettuato attraverso due metodiche: 1. Liposuzione 2. Lipostruttura Attraverso la liposuzione il grasso viene aspirato meccanicamente con una cannula a pressione negativa. Con la liposuzione, il rischio di alterare sia la struttura che la funzione cellulare è elevato: la liposuzione danneggia gli adipociti, oltre che per le

Figura 4: Cannula e successivo prelievo di tessuto adiposo dall’area prescelta.


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Figura 5: La cannula nel grasso sottocutaneo si muove con lieve aspirazione negativa aspirando nel proprio lume le cellule adipose.

E’ stato dimostrato che gli innesti di tessuto adiposo prelevati con la tecnica di Coleman, cioè con siringhe collegate a cannule, contengono una quantità maggiore di cellule vive, dotate di funzionalità e capacità di attecchire, rispetto agli innesti ottenuti mediante prelievo con aspirazione. Questa osservazione è riconducibile al fatto che, aspirando a bassa pressione, il traumatismo del processo sulle cellule adipose è notevolmente ridotto. Coleman ritiene che per proteggere gli adipociti durante il loro reimpianto, il prelievo deve mantenere la propria architettura strutturale lobulare: i frammenti devono essere abbastanza grandi per conservare la propria architettura strutturale, ma abbastanza piccoli per poter passare dalla cannula di 17-18 G6.

La purificazione (centrifugazione)

La fase successiva è la purificazione: una volta rimosso lo stantuffo, la siringa viene posizionata in una centrifuga sterilizzata e fatta centrifugare a 3000 rpm per tre minuti. Alcuni autori utilizzano velocità inferiori con tempi maggiori come 2500 rpm per 8 minuti o superiori (3500 rpm per 3 minuti).

Figura 6: Alla fine della lipostruttura, ecco come si presenta la siringa riempita del lipoaspirato. A questo punto si deve procedere alla sua purificazione.

Con la centrifugazione si formano nella siringa 3 strati: 1. lo strato superiore è oleoso e costituito essenzialmente da materiale fuoriuscito da cellule adipose traumatizzate; 2. lo strato inferiore è il più denso fra i tre ed è formato da sangue e soluzione fisiologica; 3. lo strato intermedio contiene cellule adipose vive

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che saranno poi infiltrate nella zona da correggere. Lo strato intermedio verrà poi isolato e purificato.

Figura 7: Dopo la centrifugazione si osserva la disposizione del tessuto adiposo in tre strati, olio in alto grasso omogeneo nello strato intermedio e liquidi ematici nello strato inferiore.

Figura 8: Le centrifughe vengono utilizzate per creare una stratificazione del lipoaspirato o di altri liquidi biologici in modo da permettere l’utilizzo mirato dei singoli componenti.

Sia lo strato superiore che quello inferiore vengono rimossi rispettivamente usando stoppini assorbenti, esercitando con lo stantuffo una lieve pressione o lasciandolo fuoriuscire dalla siringa per gravità; nella siringa rimane il solo strato intermedio. E’ infatti necessario isolare il più possibile gli adipociti da trapiantare al fine di diminuire la risposta infiammatoria dopo il reimpianto; se nel sito ricevente sono presenti molti detriti cellulari si sviluppa un’intensa reazione infiammatoria con l’attivazione delle cellule della flogosi che vengono richiamate a pulire la zona interessata. La centrifugazione non reca danno alle cellule adipose, ma è stato osservato che nel materiale ottenuto con questa metodica è presente il 13% di adipociti in meno rispetto al materiale ottenuto con la decantazione.Tuttavia, con la centrifuga viene eliminata la maggior parte delle cellule adipose distrutte7,8. Inoltre, lo strato intermedio, quello ricco di cellule adipose integre e vitali, è a sua volta divisibile in tre strati, di cui il profondo e l’intermedio contengono rispettivamente il 250% e il 140% in più di adipociti vitali rispetto al superficiale, rappresentando la parte dello strato di tessuto adiposo più fertile. La tecnica di Coleman utilizza come procedura di purificazione la centrifugazione, ma sono state messe a punto altre metodiche come il lavaggio, la decantazione e la filtrazione9,10.

Il lavaggio viene generalmente effettuato con soluzione di Ringer lattato. Non è una tecnica molto apprezzata in quanto si ritiene che possa danneggiare l’adipocita sia da un punto di vista meccanico che osmotico11-14. La decantazione consente di purificare e isolare il tessuto adiposo da materiale non necessario e potenzialmente dannoso per l’instaurarsi di un processo flogistico, senza traumatizzare gli adipociti. Si tratta quindi di una metodologia piuttosto vantaggiosa, anche se comporta un aumento del tempo operatorio in confronto alla centrifugazione e, di conseguenza, il rischio di ossidazione delle cellule adipose che possono entrare in contatto con l’aria: una lunga esposizione all’aria può determinare la lipolisi del 50% degli adipociti15-17.

Figura 9: Decantazione (a sx) ed eliminazione del materiale sedimentato (a dx).


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La filtrazione è un metodo sconsigliato se effettuato con filtri metallici o posti all’interno del tubo di aspirazione, in quanto aumenta il traumatismo sulle cellule adipose. Alcuni autori la preferiscono alla centrifugazione18, perché meno traumatica se effettuata mediante raccolta del grasso su una garza posta su un recipiente, lavaggio ripetuto (4-5 volte) del tessuto raccolto con soluzione fisiologica ed esercizio su di esso di una leggera pressione, per eliminare i liquidi in eccesso. Il grasso concentrato viene trasferito in piccole siringhe collegate ad aghi di 16-18- 20 G18.

Il reimpianto

Il materiale adiposo così ottenuto, detto frazione vascolostromale del tessuto adiposo e ricco in ADSCs, deve essere infiltrato nei tessuti da ristrutturare. Per l’innesto di piccole quantità di tessuto adiposo, è consigliato l’impiego di siringhe da 1 ml; la cannula deve essere smussa per evitare di danneggiare i tessuti e gli adipociti rilasciati e progettata al fine di indurre il minor trauma possibile durante l’infiltrazione. Noi utilizziamo all’uopo il venflon: il materiale acrilico di cui è costituito lo rende particolarmente interessante per il lipofilling sovracoroideale, dove, per la contiguità della retina è richiesta l’assoluta atraumaticità. L’iniezione deve iniziare in profondità e creare un reticolo tridimensionale che consenta il contatto di tutti gli adipociti con il sito ricevente.

Figura 10: Per effettuare la filtrazione del tessuto adiposo lo si posiziona sopra una garza e si esercita con una spatola una lieve pressione su di esso per poter eliminare la parte liquida.

Si distinguono quattro modalità di iniezione: 1. iniezione immediata sub-dermica 2. iniezione immediata tridimensionale (tecnica di Coleman) 3. congelamento con iniezione frazionata differita 4. emulsione per aumento cutaneo autologo L’innesto deve avere piccole dimensioni in modo da indurre velocemente una nuova vascolarizzazione; se la zona da trattare è molto ampia è necessario procedere con l’impianto ripetuto di piccole quantità di grasso che, rispetto all’innesto unico, aumenta la sopravvivenza delle cellule adipose che, non essendo vascolarizzate, andrebbero incontro a necrosi certa. A tal fine, è nata l’esigenza di conservare il tessuto adiposo prelevato in un’unica seduta attraverso il congelamento e la reiniezione a posteriori19,6.

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Fattori che influenzano il successo del lipofilling Il successo di un intervento di lipofilling dipende essenzialmente dalla sopravvivenza del tessuto adiposo trapiantato nell’area da correggere. La vitalità del trapianto delle cellule adipose può essere spiegata da due teorie: la teoria della sostituzione cellulare dell’ospite e la teoria degli adipociti superstiti che sembra incontrare maggior favore in tempi più recenti1,2. Secondo la teoria della sostituzione cellulare dell’ospite, proposta da Tuffier prima e da Koll poi nei primi anni del secolo scorso, la sofferenza dell’innesto determina il richiamo di istiociti che eliminano i detriti cellulari. Nel sito si realizza una reazione fibrosa per l’afflusso di fibroblasti. Gli istiociti assumono le caratteristiche degli adipociti e li sostituiscono interamente; in altre parole, l’innesto di tessuto adiposo

genera, per induzione, la formazione di nuovo tessuto adiposo a livello locale3. Secondo la teoria degli adipociti superstiti, sostenuta da Coleman e altri autori, gli adipociti trapiantati sopravvivono e continuano i loro cicli di crescita a livello del sito ricevente. Inizialmente, attraversano una fase ischemica con il richiamo di macrofagi, istiociti e polimorfonucleati che ripuliscono il sito dai detriti cellulari; successivamente (di solito al quarto giorno), grazie alla neoangiogenesi dell’ospite, inizia la rivascolarizzazione centripeta dell’innesto. La vascolarizzazione del grasso centrale, che subisce quindi un’ischemia prolungata, non avviene, a meno che il trapianto non coinvolga innesti di piccole dimensioni4-6 . Dunque tutto ciò che ostacola la rivascolarizzazione e la sopravvivenza cellulare nell’ambito del filling ridu-


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ce l’efficacia clinica del trattamento. Dobbiamo considerare poi che il tessuto adiposo è piuttosto fragile e per preservare la vitalità degli adipociti trapiantati, oltre ad una manipolazione delicata del materiale cellulare da utilizzare, vanno considerati una serie di fattori riguardanti le sequenze che costituiscono l’intero processo, l’anestesia, le tecniche di reiniezione, il trattamento post-operatorio. E’ fondamentale che le fasi di prelievo, raccolta e reiniezione del grasso siano le meno traumatiche possibili; in caso contrario, la sopravvivenza delle cellule adipose risulta limitata e così la loro capacità di attecchire nella nuova sede.

Quantità

La quantità di grasso iniettato è limitata dalla disponibilità del sito donatore e dal volume del sito ricevente. Così, correzioni significative spesso richiedono più di una procedura proprio per favorire la sopravvivenza degli adipociti. Il grasso è prelevato a livello di zone corporee in cui il tessuto adiposo è abbondante o in eccesso. Occorre anche tener conto del fatto che gli adipociti, in base al loro sito di origine, non hanno tutti la stessa grandezza o la stessa attività lipogenetica.

Sito

I distretti maggiormente utilizzati per il prelievo sono la regione trocanterica, la faccia interna delle cosce e la regione periombelicale. Fulton considera come miglior sito donatore quello della regione trocanterica poiché le cellule adipose di questo distretto sono più voluminose ed hanno un’attività lipoprotein-kinasica più elevata7,8. Niechajev preferisce il grasso prelevato dalla parte interna delle cosce perché più vascolarizzato9. Coleman non è ancora in grado di affermare quale sia la zona migliore per il prelievo10,11. Tuttavia, la longevità degli adipociti in funzione dei differenti siti donatori è ancora in fase di ricerca e altri studi hanno evidenziato che non sembrano esserci grandi differenze sulla qualità del grasso in relazione al sito di prelievo12-14. Anche il sito ricevente ha un ruolo molto importante per la sopravvivenza dell’innesto: una zona priva di

precedenti traumatismi o patologie è ben più predisposta ad accettare l’innesto rispetto ad un tessuto cicatriziale che pone maggiore resistenza ed è meno vitale e malleabile. Alcuni autori ritengono che il miglior sito ricevente sia il muscolo e che l’innesto abbia più probabilità di attecchire grazie all’abbondante vascolarizzazione di quest’area. Secondo altri, invece, l’innesto nel muscolo determina l’insorgenza di un ematoma che può portare alla lisi delle cellule adipose. La coroide sembra dare ottime garanzie da questo punto di vista e, in generale, i distretti maggiormente vascolarizzati sono i migliori15.

Anestesia

Altro aspetto da non sottovalutare è il tipo di anestesia e più specificatamente l’effetto dell’anestetico iniettato. In particolare, sono stati valutati gli effetti di lidocaina e adrenalina sul tessuto adiposo, osservando che gli adipociti infiltrati con la sola lidocaina subiscono un’inibizione del trasporto di glucosio, della lipolisi e della crescita in coltura, mentre in quelli infiltrati con lidocaina e adrenalina non è evidenziabile nessuna alterazione del metabolismo e della funzionalità. Questi risultati sono indicativi di un effetto negativo della lidocaina più che dell’adrenalina sulle cellule adipose16. Autori come Coleman preferiscono ricorrere all’anestesia generale o loco regionale e ad un’anestesia locale per il trattamento di piccole aree; quest’ultima viene invece sconsigliata da Chajchir per il maggior danno che reca agli adipociti17,18. Sotto anestesia locoregionale o generale, gli adipociti mostrano maggiore vitalità, mentre con l’iniezione di vasocostrittori e di grandi quantità di soluzione fisiologica a livello del sito donatore o ricevente la loro vitalità diminuisce. Inoltre, l’anestesia locale induce modificazioni del volume del sito ricevente rendendo più difficile la valutazione del quantitativo di grasso da inniettare.

Additivi biologici

E’ possibile aumentare il tasso di sopravvivenza di queste cellule associando all’innesto fattori ormonali e fattori di crescita. L’insulina, l’IGF-1 (Insulin-Like

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Capitolo 7: il lipofilling

Growth Factor -1), il bFGF (Basic Fibroblastic Growth Factor) o un mix di questi fattori aumentano infatti il tasso di sopravvivenza cellulare, agendo sui preadipociti presenti nell’innesto di grasso19. Inoltre, se l’ambiente di coltura viene arricchito con aminoacidi, vitamine, glucosio, oligoelementi, fattori di crescita, insulina e tiroxina si passa da una sopravvivenza a 4 mesi del 31% ad una del 44%20,21. Alcuni autori hanno notato una maggior sopravvivenza cellulare se il lipoaspirato viene trattato con Coenzima Q1022. Molti autori preferiscono comunque perfezionare il procedimento dalla raccolta al reinnesto piuttosto che usare fattori di crescita supplementari23.

Tecnica di reimpianto

Anche le modalità di reimpianto influenzano la buona riuscita del lipofilling: gli strumenti utilizzati, le dimensioni, la forma, il diametro e il volume della cannula o dell’ago impiegati per l’iniezione sono tutti aspetti da valutare attentamente prima di procedere all’intervento. Per l’innesto di piccole quantità di tessuto adiposo, Coleman consiglia di utilizzare durante l’infiltrazione cannule smusse per evitare di danneggiare i tessuti e gli adipociti. L’iniezione deve iniziare in profondità e creare un reticolo tridimensionale che consenta il contatto di tutti gli adipociti con il sito ricevente24. Alcuni autori più recentemente utilizzano per il prelievo cannule con microfori multipli per selezionare gli agglomerati cellulari adiposi, da reimpiantare, previa centrifugazione lavaggio e filtraggio, con cannule

più piccole, di 27 G, da utilizzare in microimpianti volti al ringiovanimento del tessuto trattato. Con tale metodica cellule staminali CD34+ sono risultate presenti e vitali nel lipoaspirato25. Nel lipofilling sovracoroideale si utilizzano le cannule in materiale plastico con punta smussa dei venflon.

Pratiche di congelamento

Se si deve provvedere a innesti ripetuti nel tempo è possibile praticare il congelamento del lipoaspirato per poter disporre di materiale cellulare senza praticare liposuzioni o lipostrutture. Naturalmente le modalità con cui avviene il congelamento influenzano la vitalità degli adipociti e ad oggi i risultati ottenuti sono piuttosto contrastanti. Coleman ha proposto la crioconservazione del grasso prelevato fino ad una temperatura di -30° C, ottenendo buoni risultati. Infatti, dopo scongelamento ad uno, tre e sei mesi, il numero di cellule vitali era tale da rendere l’innesto funzionale. Altri autori hanno ottenuto risultati soddisfacenti congelando gli adipociti prelevati ad una temperatura di -20° C e conservandoli per due mesi. Lafontan ritiene invece che il congelamento delle cellule adipose sia un processo dannoso e distruttivo e che riduca il loro tasso di sopravvivenza in modo direttamente proporzionale alla durata del tempo di conservazione26. Ad oggi, si ritiene che il congelamento effettuato lentamente fino a una temperatura di -20° C, seguito da scongelamento a due mesi, non provochi effetti dannosi sulla qualità dell’innesto e consenta di mantenere un’alta percentuale di cellule vitali.

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