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Sostituti lacrimali: i lubrificanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . n Caratteristiche generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1. OsmolaritĂ 2. Composizione elettrolitica 3. ViscositĂ 4. Tensione superficiale 5. Conservanti 6. Preparazioni farmaceutiche n Classificazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1. Agenti mucomimetici - Esteri della cellulosa - Mucopolisaccaridi - Polimeri sintetici - Mucomimetici sintetici 2. Agenti mucolitici 3. Agenti osmoprotettivi 4. Agenti idratanti 5. Soluzioni lipidiche 6. Integratori - Elettroliti - Vitamine - Aminoacidi - Antiossidanti Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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N. PESCOSOLIDO, M. EVANGELISTA • I principi terapeutici nella sindrome da disfunzione lacrimale
Sostituti lacrimali: i lubrificanti le citochine, la mucina e le Ig che provvedono a nutrire le cellule corneali, a lubrificare la superficie oculare e a proteggerla da infezioni (Tab. 1). Nella sindrome da disfunzione lacrimale l’infiammazione cronica modifica tale composizione lacrimale (Tab. 2) arrecando sintomi e segni più o meno caratteristici. I sostituti lacrimali utilizzati funzionano da lubrificanti e malgrado alcune recenti formulazioni abbiano una composizione elettrolitica simile a quella delle lacrime umane comunque mancano delle proteine presenti nelle
Caratteristiche generali I lubrificanti oculari o sostituti lacrimali sono correntemente usati nel trattamento dei pazienti con la sindrome da disfunzione lacrimale, sia di grado lieve che severo, associati o meno ad altre terapie. Il termine molto usato «lacrime artificiali» è una definizione poco appropriata per la maggior parte dei prodotti che si identificano come tali perché la loro composizione non è simile a quella delle lacrime umane. Infatti, le lacrime naturali contengono un complesso di proteine e altri componenti assenti nei sostituti lacrimali ed essenziali per la salute e il comfort oculare. Il lisozima, la lattoferrina, la lipocalina, la lipofillina, l’albumina sono solo alcune delle proteine presenti nel film lacrimale oltre a elettroliti cationici come il Na, K, Ca, Mg e Fe e anionici (cloruri, bicarbonato e fosfati) (Murube, 2006),
Variazione delle componenti delle lacrime in soggetto con sindrome da disfunzione lacrimale Elettroliti: Na
↑
K
↑
Cl
↑
Lisozima
↓
Lattoferrina
↓
Componenti delle lacrime naturali
Lipocalina
↓
Elettroliti: Na, K, Cl, Ca
Albumina
↓
Lisozima
EGF
↓
Lattoferrina
Citochine:
Lipocalina
IL-1β
Albumina
TNF-α
↑
EGF
IL-1RA
↓
Citochine: IL-1β, TNF-α, IL-1RA, TGF-β
TGF-β
↑
↑
Mucina 5AC
Mucina 5AC
↓
Proteasi attive
Proteasi attive
↑
IgA, IgM
IgA
↓
IgG-IgM
IgG-IgM
↑
Tabella 1. Componenti delle lacrime naturali in soggetto sano
Tabella 2. Modifiche delle componenti delle lacrime naturali in soggetto con occhio secco
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e Lemp, 1971; Gilbard et al., 1989; Green et al., 1992; Ubels et al., 1995). Come già accennato i più comuni colliri sono isotonici ed il loro effetto è quello di espandere il volume delle lacrime e di diminuire l’osmolarità. Per ottenere ciò si rendono necessarie frequenti istillazioni in quanto è stato osservato che una goccia di soluzione salina isotonica è sostituita per il 50% da una nuova lacrima prodotta dal paziente in poco più di 60 secondi (Murube, 2006). Utilizzare prodotti iposmotici per ridurre l’osmolarotà presente in tale sindrome è stata una successiva e naturale conseguenza per la modifica del naturale microambiente della superficie oculare (Barendsen et al., 1979; Gilbard et al., 1989); quando l’osmolarità del collirio scende però al di sotto di 75 mOsm/l si può determinare edema epiteliale e conseguente discomfort oculare (Gilbard et al., 1985). Anche con questi prodotti iposmotici la durata della riduzione dell’osmolarità lacrimale è piuttosto breve e la tonicità lacrimale di base viene rapidamente ristabilita in seguito all’immediato riflesso lacrimale secretivo (Milazzo et al., 2002). Per quanto riguarda la loro natura fisica questi lubrificanti possono essere non newtoniani, cioè soluzioni che riducono la loro viscosità all’aumentare della velocità o della forza di taglio, o newtoniani, ovvero che mantengono inalterata la loro viscosità anche all’aumentare della forza di taglio con un pH da neutro a leggermente alcalino. In effetti questa classificazione può non avere una grande importanza per la nostra specialità quando si utilizzano prodotti con bassa viscosità. Il pH dovrebbe mantenersi simile a quello delle lacrime che è tra 7.2 e 7.4 e ciò dipende dalla percentuale di bicarbonato, proteine, fosfati ecc. presenti in esse. Soluzioni alcaline sono meglio tollerate delle neutre o delle acide. In situazione di lieve pH alcalino lo strato muco-proteico è più solido mentre con pH > 8,5 esso perde di solidità. L’osmolarità o pressione osmotica è la pressione esercitata da un solvente su di una membrana al
lacrime naturali essenziali per la protezione oculare che queste apportano (Gilbard et al., 1989; Gilbard, 1994) (Tab. 3). Malgrado alcune lacrime artificiali abbiano dimostrato un miglior risultato di altre nella riduzione dei sintomi di irritazione o nella diminuzione della colorazione della superficie oculare, non sono state effettuate sperimentazioni cliniche su ampie casistiche, comparative in cieco per valutare i vari lubrificanti oculari. I principali obiettivi del trattamento dei pazienti con occhio secco sono quelli di migliorare il comfort oculare del paziente e la qualità della vita e di ristabilire il normale equilibrio omeostatico della superficie oculare e del film lacrimale. I sintomi possono essere raramente eliminati, malgrado comunque possono spesso essere ridotti, con un conseguente miglioramento della qualità di vita. È più difficile dimostrare che i lubrificanti topici migliorino le alterazioni della superficie oculare e del film lacrimale associate all’occhio secco. La maggior parte degli studi clinici non riescono a dimostrare una correlazione significativa tra i sintomi e i valori dei test clinici o tra i valori dei test stessi (Nelson, 1988; Nelson e Gordon, 1992; Schein et al., 1997). Non è raro che un occhio secco con sintomi lievi mostri una colorazione significativa con il rosa bengala. I lubrificanti oculari in commercio sono caratterizzati da soluzioni tampone ipotoniche o isotoniche contenenti elettroliti, surfattanti e vari tipi di agenti regolatori della viscosità. In teoria, il lubrificante artificiale ideale dovrebbe essere privo di conservanti, contenere potassio, bicarbonato e altri elettroliti, avere un sistema polimerico per aumentare il suo tempo di ritenzione, dovrebbe essere ipotonico e fornire osmoprotezione (Holly Componenti dei lubrificanti oculari Na
K
Cl
Ca
Tabella 3. Elettroliti presenti nei lubrificanti oculari, notare le differenze con le componenti delle lacrime naturali (Tab. 1)
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Figura 1. Valori di osmolarità nella sindrome da disfunzione lacrimale secondo diversi ricercatori (da Rolando et al., 2008)
mmHg, mentre il plasma di 25 mmHg. Gli integratori composti da alto peso molecolare (esteri della cellulosa, polimeri sintetici, destrano) hanno pressione oncotica fino a 65 mmHg mantenendo una bassa viscosità (27 mPs). La viscosità lacrimale è la resistenza di un fluido al deflusso e si misura in Poises (Ps) e sottomultipli (cPs e mPs). Dipende dal peso molecolare, dalla concentrazione dei soluti, dalla temperatura e dal solvente usato: le lacrime naturali hanno una viscosità di 4 mPs (millipoises), le soluzioni idratanti di 9 mPs (millipoises), gli umettanti dai 10 ai 40 mPs, i viscosanti dai 60 ai 9.800 mPs e i gel hanno una viscosità dai 1.500 ai 5.000 cPs. Come citato i lubrificanti oculari presentano differenti caratteristiche fisico-chimiche che andremo ora a descrivere.
fine di bilanciare due soluzioni. Il cut off della pressione osmotica del film lacrimale è 305 mOsm/l (Chen et al., 2008) (Fig. 1), del plasma è 290 mOsm/l mentre l’osmolarità delle lacrime artificiali può variare da 150 a 354 mOsm/L (Perrigan e Morgan, 2004). Gli integratori lacrimali ipotonici (< 295 mOsm/l) servono per equilibrare occhi secchi, con ipertonia > 320 mOsm/l. Le cellule di diversi organismi possono compensare la condizione di ipertonicità attraverso l’accumulo o la produzione di soluti compatibili che come gli elettroliti bilanciano la pressione osmotica, ma al contrario di questi non interferiscono con il metabolismo cellulare (Yancey et al., 2004) e in questo modo svolgono un’azione di richiamo di liquidi all’interno delle cellule determinando una loro idratazione e una naturale osmoprotezione. Si considerano soluti compatibili alcuni aminoacidi, carboidrati, metilamine, urea, L-carnitina, betaina... (Yancey et al., 2004; 2005). La pressione oncotica o colloido osmotica è la pressione esercitata dalle macromolecole (es. proteine) su di una membrana permeabile alle micromolecole (es. acqua), è una frazione della pressione osmotica. Il film lacrimale ha una pressione oncotica di 2
1. Osmolarità Le lacrime dei pazienti con occhio secco hanno un’osmolarità del film lacrimale più alta rispetto a quelle dei pazienti normali (Gilbard, 1985, 1986). L’iperosmolarità del film lacrimale
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razioni delle loro membrane cellulari o a causa di un problema nel meccanismo di pompa. Dopo l’aggiunta di un fluido con un’alta osmolarità colloidale alla superficie cellulare danneggiata si verifica una deturgescenza, che porta al ripristino della normale fisiologia cellulare. In teoria, una formulazione di lacrime artificiali con un’alta osmolarità colloidale può essere importante. Nel 1985 Holly ed Esquivel hanno valutato le molte e diverse formulazioni di lacrime artificiali allora presenti sul mercato e hanno dimostrato che una in particolare possedeva la più alta osmolarità colloidale fra tutte le formulazioni testate (Holly e Esquivel, 1985). Da allora, formulazioni con una maggiore osmolarità colloidale sono state messe in commercio.
causa dei cambiamenti morfologici e biochimici all’epitelio corneale e congiuntivale (Gilbard et al., 1978, 1984) agevolando l’infiammazione (Luo et al., 2005; Liu et al., 2009). A questo proposito sono state sviluppate lacrime artificiali iposmotiche (230 mOsm/L; 181 mOsm/L; 150 mOsm/L) (Fig. 2) (Gilbard e Kenyon, 1985) ed è stato eseguito un confronto tra sodio ialuronato allo 0.4% isosmolare vs iposmolare evidenziando come questa formulazione ipotonica abbia un migliore effetto sui sintomi e sui segni dell’occhio secco (Aragona et al., 2002). L’osmolarità cristalloide è legata alla presenza di ioni e altre molecole con caratteristiche cristalloidi (es. carnitina, taurina, eritritolo, glicerina) definite soluti compatibili. Si pensa che tali sostanze si distribuiscano tra le lacrime e i fluidi intracellulari e proteggano dal potenziale danno cellulare dell’iperosmolarità lacrimale (Yancey, 2005). Di contro, l’osmolarità colloidale è un altro fattore che varia nelle formulazioni delle lacrime artificiali e dipende in larga parte dal contenuto macromolecolare. L’osmolarità colloidale, anche nota come pressione oncotica, è coinvolta nel controllo del trasporto dell’acqua ai tessuti. Le differenze nell’osmolarità colloidale influiscono sul passaggio dell’acqua attraverso le membrane; infatti, applicando una pressione idrostatica con segno opposto al flusso, questo si arresta. L’entità della pressione osmotica è determinata dalla differenza di osmolarità presente nei due compartimenti posti ai lati della membrana che li separa. Le cellule epiteliali si gonfiano a causa delle alte-
2. Composizione elettrolitica Le soluzioni contenenti elettroliti o ioni si sono dimostrate efficaci nel trattamento della superficie oculare in presenza di occhio secco (Gilbard et al., 1989; Gilbard e Rossi, 1992; Bernal e Ubels, 1993; Nelson et al., 1994; Ubels et al., 1995). Il potassio è fondamentale per mantenere lo spessore corneale (Green et al., 1992). Da non sottovalutare altri ioni essenziali come il calcio e il magnesio importanti per l’adesione, la giunzione e il trasporto delle cellule; questi elettroliti sono contenuti in una soluzione ipotonica (150 mOsm/l) che si è dimostrata efficace nell’accellerare il processo di guarigione delle abrasioni corneali e nella riduzione della colorazione corneale con verde di lissamina rispetto alla soluzione fisiologica. Nel modello di occhio secco di coniglio una soluzione ipotonica con composizione elettrolitica simile a quella delle lacrime, dopo due settimane di trattamento ha aumentato la densità delle cellule caliciformi congiuntivali e il contenuto di glicogeno corneale e ha ridotto l’osmolarità lacrimale e la colorazione con rosa bengala (Gilbard e Rossi, 1992). Un ulteriore soluzione ipotonica (150 mOsm/l) elettrolitica, oltre al potassio con-
Figura 2. I diversi tipi di lacrime artificiali in base all’osmolarità
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zinco situato extracellularmente. Tutte queste isoforme svolgono attività vitali per gli organismi aerobici (Benov et al., 1996). Tutti gli animali utilizzano ancora la catalasi (CAT) contenente zinco in tutti gli organi, con concentrazioni particolarmente elevate nel fegato. L’enzima è anche universale tra i vegetali. Alcuni microorganismi presentano delle catalasi che mostrano sia attività di catalasi che di perossidasi (Fraaije et al., 1996). Secondo la teoria dei radicali liberi, l’accumulo dei ROS porta ad un accumulo di danni ossidativi con conseguente degenerazione strutturale della cellula e dei suoi organelli. Il principale assunto di questa teoria è che i livelli delle difese antiossidanti non siano sufficienti, in tal modo i ROS si accumulano causando danni irreversibili (Fig. 3). Tale prodotto ha evidenziato un miglioramento del test di Schirmer, una riduzione della colorazione corneale con rosa bengala e un aumento del BUT (Koverech e Pescosolido, 2007). Il ripristino delle cellule caliciformi notato nell’occhio secco dei conigli è stato confermato in pazienti con occhio secco post-LASIK (Lenton e Albietz, 1999). Le soluzioni contenenti bicarbonato favoriscono la ripresa della funzione di barriera nell’epitelio corneale danneggiato e aiutano a mantenere l’ultrastruttura epiteliale normale. Queste
tiene altri due microelementi quali il manganese e lo zinco presenti in enzimi antiossidanti quali la SOD e la CAT. In risposta al danno ossidativo la cellula ha sviluppato una serie di meccanismi difensivi; alcuni, definiti antiossidanti primari, sono basati su sistemi enzimatici come la superossido dismutasi (SOD), la catalasi, la glutatione perossidasi, mentre altri, definiti antiossidanti secondari, sono basati su scavenger non enzimatici di basso peso molecolare e sono in grado di bloccare i radicali liberi (glutatione, vitamina E, vitamina C, carotenoidi, catechine) (Behndig et al., 1998; Kasetsuwan et al., 1999). L’estensione del danno corneale dovuto all’ossidazione è quindi limitato da questi sistemi. La SOD è un enzima citosolico in grado di catalizzare la dismutazione dello ione superossido a ossigeno e perossido di idrogeno. La sua importanza, ai fini della protezione dalla tossicità dello ione superossido, è dimostrata dal fatto che, la SOD, presenta il tempo di turnover più basso di ogni altro enzima conosciuto. Nell’uomo sono presenti tre forme di superossido dismutasi: la SOD1, un dimero contenente rame e zinco situato nel citoplasma, la SOD2, un tetramero contenente manganese localizzato nei mitocondri e la SOD3, che è un tetrametro contenente rame e
Figura 3. Gli effetti dello stress ossidativo sulle strutture e funzioni cellulari
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pazienti con occhio secco hanno una ridotta secrezione acquosa delle ghiandole lacrimali, ma anche alterazioni o deficit di mucina possono causare tale patologia. L’aggiunta di un agente regolatore di viscosità aumenta il tempo di trattenimento, offrendo un periodo maggiore di comfort al paziente. Per esempio, quando una soluzione viscosa di carbossimetilcellulosa (CMC) è stata confrontata con una soluzione neutra di idrossipropilmetilcellulosa (HPMC), la CMC ha mostrato un tempo molto più lento di eliminazione dall’occhio (Hawi et al., 1990). Gli agenti viscosi nelle formulazioni con farmaci attivi possono anche prolungare il tempo di contatto del farmaco con la superficie oculare, aumentandone la durata dell’azione e la sua penetrazione. Gli agenti viscosi possono anche proteggere l’epitelio della superficie oculare. È risaputo come il rosa bengala colori le cellule epiteliali danneggiate della cornea e della congiuntiva, che presentano un’alterazione della mucina del glicocalice (Argueso et al., 2006). Agenti come l’idrossimeticellulosa (HMC), che diminuiscono la colorazione del rosa bengala nei soggetti con occhio secco (Versura et al., 1989) possono coprire e proteggere l’epitelio superficiale o aiutare il ripristino dell’effetto protettivo delle mucine. Negli Stati Uniti, la carbossimetilcellulosa è l’agente regolatore di viscosità polimerico più usato (IRI Market Share Datam Chicago, IL), in genere usato in concentrazioni che variano dallo 0.25% all’1%, con differenze di peso molecolare che contribuiscono alla viscosità finale del prodotto. Altri agenti regolatori di viscosità sono l’alcool polivinile, il glicol-polietilene, il glicol 400 e il glicolpropilene, l’HP-guar, l’acido ialuronico, l’HPMC. Gli agenti altamente viscosi possono presentare degli inconvenienti come la visione offuscata e gli svantaggi estetici legati alla formazione di piccole secrezioni che si seccano sulle ciglia, mentre gli agenti viscosi con scarso peso molecolare aiutano a minimizzare questi problemi. Visto che la
soluzioni possono essere rilevanti anche nel mantenere lo strato di mucine del film lacrimale (Ubels et al., 1995). Alcuni lubrificanti oculari (Gilbard et al., 1989; Gilbard, 1994) contengono quindi anche il bicarbonato, fondamentale peraltro per la formazione e il mantenimento del gel protettivo mucinico nello stomaco (Slomiany e Slomiany, 1991).
3. Viscosità La stabilità del film lacrimale passa attraverso le mucine (MUC-16 e MUC-4). Il film lacrimale è schematicamente divisibile in tre differenti zone, la più profonda delle quali è costituita dalla mucina, complesso di glicoproteine idratate provenienti per la maggior parte dall’escrezione delle cellule mucipare caliciformi della congiuntiva, ghiandole unicellulari molto abbondanti (1.5 milioni). Allo strato mucoso del film lacrimale contribuiscono anche cellule epiteliali non caliciformi e le ghiandole principali accessorie. La funzione principale delle mucine è quella di mascherare, avvolgendoli, i contaminanti lipidici o in generale idrofobici che potrebbero, in contatto con l’epitelio, alterare la tensione superficiale dell’interfaccia lacrime-epitelio; questa azione di pulizia consente di mantenere la distribuzione omogenea della porzione acquosa del film. Lo strato mucoso, inoltre, costituisce il sito di aggancio delle IgA secretorie prodotte dalle ghiandole lacrimali principali e assume una funzione difensiva e ottica mantenendo la superficie corneale liscia e bagnabile. Quanto detto potrebbe spiegare il perché le soluzioni idratanti contenenti solo acqua sono minimamente efficaci nel ripristino della normale omeostasi della superficie oculare. Ai lubrificanti artificiali vengono quindi aggiunti complessi macromolecolari che agiscono come agenti regolatori di viscosità. Oltre a lavare via e diluire le sostanze tossiche o irritanti presenti nel film lacrimale, i lubrificanti artificiali idratano le formazioni gelatinose di mucina. Alcuni
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un angolo di contatto basso indicano una migliore bagnabilità della superficie. La misura della tensione superficiale o dell’angolo di contatto di una soluzione di ialuronato di sodio ha valori significativamente più alti rispetto a soluzioni come il condroitinsolfato, il condroitinsolfato in combinazione con sodio ialuronato o l’HPMC; ciò indica che queste ultime tre soluzioni hanno una migliore bagnabilità. Una delle funzioni fondamentali dei sostituti lacrimali è quella di ripristinare una normale tensione superficiale. Si tratta della capacità propria dello strato mucoso di permettere alla fase acquosa di distendersi sull’epitelio. La tensione superficiale dei colliri per soddisfare tale funzione dovrebbe aggirarsi teoricamente attorno a 42 dyne/cm (tensione superficiale del muco idrofilico oculare sull’epitelio corneale). Quella della fase acquosa sulla fase mucinica è di circa 6 dyne/cm. I migliori sostituti lacrimali oggi garantiscono valori attorno a 50 dyne/cm. I surfattanti non ionici migliorano la tensione superficiale dei lubrificanti artificiali: PVA, PVP, poloxameri, polisorbati, lecitina.
soddisfazione, il comfort e la comodità del paziente sono elementi importanti, è necessaria la presenza di una gamma di formulazioni di sostituti lacrimali con viscosità variabile. L’idrossipropilguar (HP-guar) è stato utilizzato come agente gelificante in soluzioni contenenti glicol 400 e glicol-propilene. Si suppone che l’HP-guar si unisca di preferenza alle aree più idrofobiche o danneggiate delle cellule epiteliali della superficie oculare, fornendo una protezione temporanea per queste cellule (Christiansen et al., 2004; Di Pasquale et al., 2004). L’acido ialuronico è un agente regolatore di viscosità che è stato studiato per anni come un componente «attivo» aggiunto alle formulazioni di sostituti lacrimali per il trattamento dell’occhio secco. L’acido ialuronico (0.2%) ha tempi di permanenza sulla superficie oculare significativamente più lunghi della HPMC 0.3% o dell’alcool polivinile 1.4% (Polack e McNiece, 1982). Alcuni studi clinici hanno riportato un miglioramento nei pazienti affetti da occhio secco (Polack e McNiece, 1982; DeLuise e Peterson, 1984; Stuart e Linn, 1985; Nelson e Farris, 1988; Sand et al., 1989) trattati con soluzioni contenenti ialuronato di sodio paragonato ad altre soluzioni lubrificanti, mentre altri non hanno riportato alcun miglioramento (Nelson e Farris, 1988).
5. Conservanti Visto il rischio di contaminazione delle confezioni multidose, la maggior parte dei prodotti contiene un conservante o utilizza un meccanismo per ridurre al minimo il rischio di contaminazione (Fig. 4). La FDA ha chiesto che le lacrime artificiali multidose contenessero i conservanti per prevenire lo sviluppo microbico (Kaufman e Novack, 2003). I flaconcini monodose da 0.10 a 0.65 ml, utilizzati per una singola applicazione, non richiedono invece l’uso dei conservanti. La vasta disponibilità di preparazioni senza conservanti permette ai pazienti di usare i lubrificanti in maniera più frequente senza doversi preoccupare degli effetti tossici di questi. Per i pazienti affetti da una moderata o grave forma di disfunzione lacrimale l’assenza di conservanti è
4. Tensione superficiale La tensione superficiale è una particolare proprietà fisica dei fluidi che opera lungo la superficie di separazione (interfaccia) tra il fluido stesso e un materiale di un’altra natura, ad esempio un solido, un liquido o un gas. Un liquido con tensione superficiale inferiore a quella del solido si stende completamente sopra di esso (tensione superficiale critica - Zisman, 1964). La bagnabilità di una sostanza è caratterizzata dalla misura della tensione superficiale e cioè dall’angolo di contatto. Una tensione superficiale bassa e quindi
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Figura 4. I conservanti più usati per i lubrificanti della superficie oculare
Figura 5. Effetto del conservante BAK sulle membrane cellulari corneali
più importante dell’effetto dell’agente polimerico usato nei lubrificanti oculari. Infatti, l’infiammazione della superficie oculare associata all’occhio secco è aggravata dall’uso di lubrificanti con conservanti, tuttavia, gli stessi lubrificanti senza conservanti non sono in grado di migliorare l’infiammazione della superficie e le alterazioni epiteliali (Albietz e Bruce, 2001). Il cloruro di benzalconio (BAK o BAC) a concentrazioni varie, tra 0.002 e 0.2%, più frequentemente allo 0.01%, è il conservante più usato nelle preparazioni oftalmiche topiche come anche nei lubrificanti topici. I suoi effetti tossici sull’epitelio sono stati dimostrati (Gasset et al., 1974; Wilson, 1979; Burstein, 1980, 1985; Brubaker e McLaren, 1985; Smith et al., 1991). Il BAK può danneggiare l’epitelio corneale e congiuntivale, intaccando le giunzioni tra le cellule, la forma delle cellule, i microvilli e portando infine alla necrosi cellulare con la perdita di 1-2 strati di cellule epiteliali (Smith et al., 1991) (Fig. 5). Questo ammonio quaternario possiede proprietà detergenti e tensioattive, ma è caratterizzato anche da un elevato potere battericida, che causa la distruzione delle membrane cellulari, con una tossicità identica sulle cellule della cornea e della congiuntiva. Sotto l’azione di questo agente, la coesione dell’epitelio viene compromessa e si manifestano
alterazioni della superficie oculare che aggravano le disfunzioni lacrimali (O’Brien, 2007). Il potere irritante dei conservanti dipende dalla dose e dai tempi della loro somministrazione, dal livello della secrezione lacrimale e dalla gravità della malattia della superficie oculare, ma in ogni caso raggiunge la soglia critica con l’associazione di più colliri, ad esempio nei pazienti glaucomatosi che ne fanno un uso cronico (Baudouin et al., 1999; Hamard et al., 2002; Pisella et al., 2002; Bensoussan et al., 2003; Blondin et al., 2003; Dogan et al., 2004; Guenoun et al., 2005). Infatti, nei trattamenti antiglaucoma basati sull’instillazione di colliri contenenti conservanti, i sintomi di intolleranza locale dei pazienti sono in media da 2 a 3 volte più frequenti di quelli riscontrati nelle terapie senza conservanti (Levrat et al., 1999; 2000; Pisella et al., 2002). Analogamente, la sensazione di sabbia negli occhi, bruciori, secchezza oculare, lacrimazione o prurito, iperemia congiuntivale e presenza di follicoli congiuntivali sono molto più frequenti nei pazienti che utilizzano colliri contenenti conservanti (Fig. 6). Va precisato che l’interruzione della somministrazione di colliri contenenti conservanti o la loro sostituzione con colliri senza conservanti concorre a migliorare notevolmente questi segni e sintomi. A conferma di ciò, uno studio condotto in 4 Paesi in cui
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Figura 6. Rappresentazione degli eventi avversi locali con collirio senza conservanti (Visita2) vs collirio con conservanti (Visita1) (da Levrat et al., 1999)
sono stati arruolati 9658 pazienti, ha dimostrato una riduzione significativa (p<0.0001) di tutti i segni e i sintomi oculari nei pazienti nei quali il trattamento con colliri contenenti conservanti è stato sostituito da colliri senza conservanti (Jaenen et al., 2007). I conservanti, oltre che danneggiare le membrane cellulari, riducono la stabilità del film lacri-
male attraverso il loro effetto detergente sulla fase lipidica, la deplezione del numero di cellule secernenti muco e l’alterazione delle mucine transmembrana (Fig. 7-8). Le conseguenze di questo potere detergente sono una maggiore evaporazione delle lacrime e una secchezza lacrimale che può peggiorare un’eventuale sindrome da disfunzione lacrimale (Baudouin, 2004). Inoltre, BAK
Figura 7. Effetto del BAK sulla componente lipidica lacrimale
Figura 8. Effetti del BAK sulle cellule mucipare congiuntivali
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determina una moderata attivazione del complemento (Blondin et al., 2003). La liberazione di radicali liberi sembra manifestarsi a partire da concentrazioni estremamente ridotte (0.00001%) e anche la crescita cellulare si arresta a una bassa concentrazione (0.001%) (Fig. 9). Alle concentrazioni da 0.005% a 0.001% gli ammoni quaternari provocano, in 15 minuti, alterazioni cellulari irreversibili e apoptosi. Infine, con dosi maggiori (da 0.05 a 0.1%) si osserva una marcata necrosi cellulare a livello della superficie oculare (Debbasch et al., 1999; Hamard et al., 2003; Dogan et al., 2004; O’Brien, 2007) (Fig. 10-11). Inoltre, in pazienti sottoposti a lunghi periodi
di trattamento con colliri antiglaucoma contenenti conservanti è stata osservata un’infiltrazione della congiuntiva da parte di macrofagi e linfociti. La reazione infiammatoria è evidenziata dall’espressione da parte delle cellule congiuntivali degli antigeni HLA-DR e delle molecole di adesione ICAM1, indispensabili alla reazione immunitaria delle cellule (Fig. 9; Fig. 12-15) (Bensoussan et al., 2003; Baudouin et al., 2008). L’infiammazione della congiuntiva è responsabile delle alterazioni dell’epitelio congiuntivale la cui intensità sembra correlata al numero di somministrazioni di colliri e alla durata del trattamento con defosforilazione delle catene leggere della miosina nelle cellule dell’epitelio corneale (Fig. 16-17).
Figura 9. Liberazione di radicali liberi (ROS) dalle cellule epiteliali congiuntivali dopo somministrazione di BAK (in vitro) e effetti da loro indotti
Figura 10. Effetto di diverse concentrazioni di BAK sulle cellule epiteliali congiuntivali (in vitro).
Figura 11. Persistenza del BAK sulla superficie oculare e suoi effetti tossici.
Figura 12. Meccanismi d’insorgenza della reazione infiammatoria dopo somministrazione di BAK
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Figura 13. Interazione tra apoptosi e infiammazione
Figura 14. Apoptosi e infiammazione
Figura 15. Espressione da parte delle cellule epiteliali congiuntivali degli antigeni HLA-DR e delle molecole di adesione ICAM-1 indispensabili alle reazioni immunitarie delle cellule, con colliri antiglaucoma con e senza BAK (Baudouin et al., 2008)
Figura 16. Il BAK riduce il rilascio da parte delle cellule epiteliali corneali di ATP con defosforilazione delle catene leggere della miosina (MLC) e perdita della contrattilità cellulare
È quindi evidente che formulazioni prive di conservanti sono assolutamente necessarie per i pazienti affetti da occhio secco acuto con malattia della superficie oculare e un’insufficiente secrezione lacrimale (Fig. 18) o per pazienti che fanno uso di vari farmaci topici con conservanti per malattie oculari croniche. I pazienti con un grave occhio secco che subiscono una forte riduzione della secrezione lacrimale e un’occlusione del puntino lacrimale rischiano in modo particolare un’intossicazione da conservanti (Fig. 19). In questi pazienti non avviene il wash out per gli agenti instillati per
Figura 17. Bilancio tra fosforilazione (P) e defosforilazione delle catene leggere della miosina (MLC) con effetto sulla contrattilità cellulare dell’epitelio corneale
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cui si rende necessario un trattamento antiossidante (Fig. 20). Un altro additivo utilizzato è l’EDTA (acido etilendiaminotetracetico). Questo composto tra lo 0.01% e 0.1% aumenta l’efficacia del BAK e di altri conservanti con azione chelante e diminuendo la resistenza della membrana cellulare batterica, ma non possiede una diretta azione antimicrobica. Utilizzato in alcune soluzioni senza conservanti può aiutare a limitare lo sviluppo microbico nei flaconcini monodose aperti. Anche se l’uso di EDTA permette una minore concentrazione di conservante, può essere tossico per l’epitelio della superficie oculare. Uno studio in cui venivano
Figura 18. Ricerca di sistemi alternativi ai conservanti tossici
Figura 19. Confronto dei risultati della percentuale d’inibizione cellulare (%) dei conservanti BAK, tiomersale e clorobutanolo a varie concentrazioni (da Imperia et al., 1986)
Figura 20. Rappresentazione grafica del confronto BAK vs BAK + vitamina E nella stessa formulazione nell’integrità di membrana, condensazione di cromatina, produzione di H2O2 e produzione di O2- (da Debbasch et al., 2001)
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sali mercuriali. Durante lo sviluppo di questa nuova formulazione i saggi di diluizione in brodo hanno rivelato una buona attività antibatterica di N-IG, ma una scarsa attività fungicida. Ciò ha permesso di ridurre la concentrazione di N-IG necessaria per inibire la crescita microbica, tanto che la concentrazione dello 0.005% è risultata sufficiente per bloccare la crescita di tutti i ceppi saggiati in terreno di coltura. Questo studio ha permesso di dimostrare che l’attività antibatterica e antifungina di N-IG è incrementata dalla sua associazione con EDTA 0.1%, che l’associazione N-IG 0.002% ed EDTA 0.1% è un conservante efficace e che l’attività antimicrobica di questa associazione non viene alterata dall’aggiunta di molecole contenute nei sostituti lacrimali in commercio. Il poliquad presenta una buona attività battericida ed essendo una macromolecola è compatibile con le lenti a contatto morbide. È un polimero ad alto peso molecolare molto attivo contro batteri e miceti, possiede anche cariche positive (è un ammonio quaternario). I conservanti «che si dissolvono» che non danneggiano la superficie oculare sono il perborato di sodio, il clorito di sodio e il sistema Oxid®. Il clorito di sodio dopo l’instillazione, a seguito dell’esposizione a raggi UV, si degrada in ioni di cloruro e acqua (Way et al., 2001). Essendo un ossidante può dare problemi di stabilità della formulazione, si decompone in NaCl e O2, ma in fase di applicazione lo ione ClO2 è fortemente irritante per cui prima di decomporsi può dare origine a fenomeni irritativi sulla superficie oculare. Il perborato di sodio, a contatto con il film lacrimale, viene convertito in H2O2 che a sua volta viene disattivato dalle catalasi di superficie in acqua e ossigeno. Nei pazienti affetti da occhio secco acuto, possono risultare irritanti persino i conservanti che si dissolvono in quanto, a causa di una diminuzione del volume lacrimale, non si degradano completamente. Il sistema a scomparsa Oxid® a contatto con la superficie oculare si tra-
messi a confronto due soluzioni prive di conservanti (contenente EDTA e senza EDTA) ha dimostrato che entrambe le formulazioni presentavano gli stessi profili di sicurezza ed erano assolutamente non tossiche nell’epitelio corneale di coniglio (Gilbard et al., 1978). Altri studi hanno mostrato che le preparazioni contenenti EDTA aumentavano la permeabilità dell’epitelio corneale (Lopez Bernal e Ubels, 1991) è quindi possibile che i pazienti affetti da grave occhio secco riscontrino un aumento dell’irritazione utilizzando preparazioni contenenti EDTA. È stato recentemente messo a punto un sistema conservante trifasico: gramcide (0.2%), EDTA (0.05%) e p-ossibenzoato di metile (0.05%). In questo modo si crea un sinergismo tra i tre conservanti che se usati singolarmente dovrebbero essere utilizzati a concentrazioni più alte con problematiche di tollerabilità oculare, con questa associazione si ottiene un sistema meno tossico che è risultato efficace in quanto verificato con il challenge test secondo i criteri della farmocopea europea ed ha superato i test di biocompatibilità previsti dalle normative (citotossicità, sensibilizzazione e irritazione oculare). Altri conservanti utilizzati sono il thimerosal usato a una concentrazione variabile tra 0.01 e 0.02% è spesso associato con l’EDTA ove raggiunge concentrazioni molto più basse fino allo 0.004%, la cetrimide che è un buon battericida e fungicida e il propile p-idrossibenzoato (già riportato). Conservanti reputati meno tossici, come il sistema N-IG (N-idrossi-metilglicinato) allo 0.002%, il polyquad (polyquaternium-1), il clorito di sodio, il perborato di sodio e l’Oxid® sono stati sviluppati per permettere l’uso di flaconcini multidose e per evitare la nota tossicità delle soluzioni contenenti BAK (Tripathi et al., 1992; Noecker, 2001). Il sistema N-IG è una combinazione di chelante EDTA e di un aminoacido modificato (N-idrossimetilglicinato) che diminuisce le cariche batteriche senza la tossicità dei sali quaternari di ammonio, dei biguanidi e dei
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attraverso il tampone, raggiunge il compartimento secondario e bagna la membrana nella sua parte idrofila; quando la pressione è sufficiente, la soluzione attraversa il filtro antibatterico di 0.2 μm formando la goccia che si stacca dal beccuccio dell’instillatore. La soluzione può essere utilizzata per un periodo di 8 settimane dopo l’apertura. Nel trattamento dell’occhio secco sono usati anche le pomate oculari e i gel. Le pomate sono formulate con un specifica combinazione di oli minerali e petrolato, alcune contengono lanolina, questa può risultare irritante e ritardare la cicatrizzazione di ferite corneali (Herrema e Friedenwald, 1950). Inoltre, gli individui allergici alla lana possono risultare allergici alla lanolina (Nelson et al., 1994). I pazienti con forme severe di occhio secco non tollerano alcune pomate che hanno come conservanti i parabeni. A proposito dei gel, quelli che contengono acido poliacrilico (carbomeri) con alto peso molecolare, hanno dei tempi di ritenzione più lunghi rispetto alle soluzioni di lacrime artificiali, ma rispetto alle pomate con petrolato, hanno un minore effetto di annebbiamento visivo.
sforma in acqua, ossigeno e cloruro di sodio; l’evoluzione di questo sistema è l’Oxid® + Protector®, ottenuto aggiungendo un polimero idrosolubile che potenzia l’azione dell’acido ialuronico aumentandone viscosità, potere bagnante e permanenza. I pazienti preferiscono le preparazioni in flaconi per ragioni di praticità e di costi. Il lubrificante ideale dovrebbe essere un multidose in boccetta, facile da usare e che contenga un conservante che si dissolve completamente prima di raggiungere il film lacrimale oppure dovrebbe essere assolutamente non tossico nè irritante e che mantenga l’assoluta sterilità anche con un uso frequente. Un prodotto simile, multidose e senza conservanti, è stato introdotto nel mercato. Altri sistemi utilizzati nelle formulazioni multidose senza conservanti sono il COMOD® e l’ABAK®. Nel sistema COMOD® (COntinuous MOnoDose), la sicurezza microbiologica è garantita dalla presenza di molle d’argento e dal mancato contatto, durante l’utilizzo del collirio, tra soluzione sterile e aria grazie a due valvole che si aprono in maniera alternata permettendo l’erogazione di una singola goccia per volta. Infine, una recente innovazione è costituita da ABAK® con sistema di filtraggio. Nella sua formulazione iniziale, il dispenser risultava costituito da un contenitore rigido ed ergonomico contenente la soluzione sterile, da una pompetta posteriore che consentiva l’instillazione fino a 330 gocce calibrate (30 μl ciascuna) e da un inserto anteriore in cui la membrana del filtro impediva contaminazioni esogene della soluzione per 8 settimane. Successivamente, sulla spinta della constatazione che la soluzione giusta è quella di fornire al paziente un flacone di collirio classico fuori e innovativo dentro, il sistema è stato ulteriormente perfezionato. Attualmente nel nuovo sistema ABAK® il flacone è morbido per favorirne la maneggevolezza e presenta un’apertura convenzionale. Esercitando una pressione sulle pareti del flacone, la soluzione avanza
6. Preparazioni farmaceutiche Le preparazioni farmaceutiche ad uso oftalmologico per la sindrome da disfunzione lacrimale sono i colliri, i gel, e le pomate, come prima accennato. I gel sono forme farmaceutiche semisolide contenenti oltre ai comuni eccipienti dei colliri, un polimero. Se la matrice in cui il polimero è disperso è acquosa, si parla di idrogel (Kaur e Kanwar, 2002). Gli idrogel sono reticoli macromolecolari composti da polimeri ramificati che si rigonfiano incorporando grandi quantità di acqua. A causa della loro natura ramificata gli idrogel non si dissolvono in acqua (non sono soluzioni), ma contengono grosse quantità di molecole di acqua all’interno della matrice. Gli idrogel possiedono un alto grado di flessibilità
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(viscosità, aspetto) che dipendono dal pH e dalla presenza di ioni in soluzione acquosa. In particolare, il profilo mucoadesivo è massimo a pH acido in cui i gruppi acidi non sono dissociati (neutri) ed è limitato a pH neutro delle lacrime dove, in aggiunta a ciò, la presenza di cationi nel fluido lacrimale scherma i gruppi acidi del polimero, limitando ulteriormente la mucoadesione (Ludwig, 2005). I poloxameri sono copolimeri di origine sintetica composti da unità di poliossietilene - poliossipropilene, di carattere non ionico. Hanno proprietà surfattanti, quindi modificano il film lacrimale. Quanto più una formulazione è biocompatibile, tanto meno l’occhio tende poi a difendersi da essa e maggiore sarà il tempo di permanenza e l’efficacia della formulazione stessa. La biocompatibilità di una formulazione dipende dalle sue caratteristiche chimico-fisiche, che devono essere quanto più possibile simili a quelle del tessuto o fluido con cui essa è destinata ad entrare in contatto (superficie oculare). Più recentemente sono stati introdotti i concetti di pseudoplasticità e di mucoadesione, come fenomeni che contribuiscono ad aumentare il tempo di permanenza, riducendo la velocità di drenaggio. Per quanto riguarda la pseudoplasticità essa è una caratteristica che si valuta con il profilo reologico, cioè la risposta del prodotto a forze di taglio applicate, come l’ammiccamento. Il profilo o comportamento reologico viene valutato sottoponendo un fluido a una deformazione, a cui fa seguito uno stress, che è proporzionale alla viscosità. Ciò viene fatto mediante l’impiego di reometri, per lo più di tipo rotazionale, che esercitano una forza tangenziale o di “taglio” sul campione. A seconda del tipo di dipendenza della viscosità dalla velocità di taglio (o shear rate) applicata un fluido può manifestare un comportamento reologico di tipo newtoniano o non.
molto simile al tessuto naturale, dovuto al loro significativo contenuto di acqua. Sono caratterizzati da viscosità, trasparenza, idrofilicità e altre caratteristiche che andremo a descrivere e possono essere classificati in due tipi principali: gel che si formano in situ e gel preformati. – Gel che si formano in situ: soluzioni o dispersioni acquose di un polimero che gelifica in seguito ad uno “stimolo” esterno, come la temperatura (es. poloxamero), il pH (es. acidi poliacrilici, latex), la forza ionica (sali, es. gellan gum), la luce (Kwon).Il gel che si forma in situ ha caratteristiche non riproducibili tra i soggetti trattati, in quanto dipende dalle condizioni esterne o soggettive, come patologie e variabilità individuale; – Gel preformati: gelificati già nel contenitore in cui ogni goccia è uguale all’altra. I polimeri più comunemente utilizzati nelle formulazioni di gel oftalmici e già in parte riportati quando abbiamo riferito della viscosità sono i derivati semisintetici della cellulosa, come l’idrossipropilmetilcellulosa (HPMC) o la sodio carbossimetilcellulosa (NaCMC) o polimeri sintetici come gli acidi poliacrilici (carbomeri o carbopol) con diverso grado di reticolazione o i poloxameri. In particolare, l’HPMC è un polimero derivato dalla cellulosa, di natura semisintetica e con carattere non ionico, con proprietà tensioattive che alterano le proprietà chimico-fisiche del film lacrimale provocando irritazione e lacrimazione, con conseguente rapida eliminazione della formulazione stessa (Ludwig, 2005). Anche la NaCMC è un derivato semisintetico della cellulosa, con carattere anionico e proprietà mucoadesive. I carbomeri sono polimeri ad alto peso molecolare, derivati sintetici dell’acido acrilico. Esistono diversi gradi di carbomeri a seconda della lunghezza della catena principale o del grado di reticolazione (es. Carbopol 980, Carbopol 974P o altri), con carattere polianionico e proprietà mucoadesive. I carbomeri hanno proprietà chimico-fisiche
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proprietà di mucoadesione. Grazie alla mucoadesione, un gel è in grado di distribuirsi in modo uniforme sul tessuto, e ha un tempo di permanenza maggiore non solo rispetto ad un collirio (non viscoso), ma anche rispetto ad un gel contenente un polimero non mucoadesivo. Alcuni colliri viscosi, proprio grazie alla presenza di particolari tipi di polimeri, come l’acido ialuronico, anche se in più bassa concentrazione rispetto ad un gel, possono manifestare un comportamento mucoadesivo. Le molecole di sodio ialuronato aderiscono e si legano allo strato di mucina del liquido lacrimale precorneale, fornendo alla cornea un rivestimento duraturo. Le proprietà di questo polimero saranno descritte in seguito. La mucoadesione giustifica tempi di permanenza sulla superficie oculare molto più elevati di quelli che si possono ottenere con il solo aumento della viscosità. Infatti, il turnover delle mucine oculari è molto più lento di quello del fluido lacrimale (Moschetti et al., 2007). Per quanto riguarda la pomata essa è composta da una matrice lipofila costituita in genere da una miscela di grassi, in cui sono dispersi principi attivi ed eccipienti. Ne risulta che una pomata non è in grado di miscelarsi totalmente e intimamente con il fluido lacrimale come invece avviene per un gel, che come già detto è caratterizzato dalla elevata quantità di acqua contenuta all’interno del reticolo del polimero. Sia una pomata che un gel possono essere definiti “semisolidi” per la loro caratteristica consistenza, che ne rallenta la velocità di eliminazione aumentando il tempo di contatto con la superficie oculare, rispetto ad una formulazione non viscosa come un collirio. Una pomata ha in genere un comportamento reologico di tipo plastico: la viscosità resta costante fino ad un valore soglia di forza applicata (soglia di scorrimento), oltre la quale la pomata inizia a scorrere, pur mantenendosi sempre a valori di viscosità piuttosto elevati. Questo com-
In particolare un fluido non newtoniano può essere pseudoplastico o dilatante. Il fluido pseudoplastico scorre sotto un’azione di taglio, quindi la viscosità diminuisce all’aumentare della velocità di taglio. Ad es. polimeri che a riposo sono disposti disordinatamente e all’applicazione della sollecitazione tendono a districarsi, allinearsi opponendo via via meno resistenza. Nel fluido dilatante la viscosità aumenta all’aumentare del gradiente di taglio, in quanto esso assume una struttura via via più rigida. Il profilo reologico ideale per una formulazione per uso oftalmico (collirio viscoso o gel) è quello pseudoplastico, in quanto concilia elevati tempi di permanenza con un’elevata compliance che limita quei meccanismi di difesa che contribuiscono all’eliminazione del prodotto stesso (lacrimazione riflessa, sensazione di corpo estraneo, visione offuscata, ecc). Grazie alle proprietà dell’idrogel di inglobare grandi quantità di acqua, la formulazione di un gel risulta essere estremamente idrofilica, cioè affine all’acqua e in grado di miscelarsi completamente con mezzi acquosi come le lacrime. Un collirio può avere la stessa proprietà se il suo veicolo è l’acqua (è una soluzione, una sospensione acquosa o un’emulsione olio in acqua); se il veicolo del collirio è oleoso (es. soluzione oleosa, emulsione acqua in olio) esso non è in grado di miscelarsi direttamente con la lacrima. Lo stesso accade con la pomata. Il gel, così come il collirio, ha un aspetto trasparente, che non interferisce con la visione. Anche questo fattore contribuisce a limitare i meccanismi di difesa oculari e l’eliminazione del prodotto. Alcuni colliri che non sono delle soluzioni, ma sono sospensioni o emulsioni, non sono trasparenti, quindi possono interferire con la visione. Alcuni tipi di idrogel, a seconda della loro particolare natura chimico-fisica e della loro concentrazione, sono in grado di interagire in modo specifico con le mucine tissutali, manifestando la
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Ciò evita o riduce l’attivazione dei meccanismi di protezione messi in atto dall’occhio nei confronti di prodotti estranei (lacrimazione riflessa, diluizione ed eliminazione del prodotto), che in genere ne limitano l’efficacia. Al contrario, un tempo di permanenza più prolungato permette di ottenere una migliore efficacia e sicurezza di un farmaco. Quindi, una formulazione, che in parte riprende il lavoro di Asbell (2006), caratterizzata da trasparenza, non-blurring (non provoca offuscamento), idrofilicità, viscosità e profilo reologico pseudoplastico, mucoadesiva, preferibilmente priva di conservante, libera da contaminazione microbica, con una composizione salina bilanciata, buon rapporto costo-efficacia e facile da usare, può essere considerata l’ideale per il trattamento di una superficie oculare compromessa da patologie (come il dry eye) o da ferite di diversa natura (come il wound healing).
portamento reologico è caratteristico dei materiali molto appiccicosi, concentrati, tipo le paste e le pomate, che hanno una loro struttura piuttosto resistente allo scorrimento. La pomata è completamente idrofoba poiché “teme” l’acqua con cui non è in grado di miscelarsi. Ne consegue che, mentre il gel è in grado di integrarsi con la lacrima formando un film uniforme ad ogni ammiccamento, la pomata forma aggregati disomogenei, che danno fastidio alla visione, e tendono a “scivolare” fuori dall’occhio sporcando e appiccicando le palpebre e le ciglia (Kaur e Kanwar, 2002). La pomata ha un aspetto in genere opalescente, spesso con una colorazione gialla, in funzione della natura grassa degli eccipienti, sicché essa dà visione offuscata alla somministrazione, a differenza del gel che grazie alla trasparenza non interferisce con la visione. Le pomate, per la loro natura grassa priva di una struttura reticolare polimerica, non manifestano in genere comportamento mucoadesivo. La mucoadesione è una proprietà caratteristica di alcuni tipi di idrogel (in funzione del peso molecolare e della concentrazione), di interagire formando specifici legami chimico-fisici con le mucine, prodotte dalle goblet cells congiuntivali e dalle cellule epiteliali corneali, che ricoprono i tessuti oculari (cornea e congiuntiva) (Ludwig, 2005). Ne risulta che il tempo di permanenza sulla superficie oculare di un gel mucoadesivo è maggiore rispetto a quello di una pomata con pari viscosità (Hagerstrom e Edsma, 2001). In conclusione, le proprietà chimico-fisiche di una preparazione farmaceutica possono influenzarne le caratteristiche (efficacia, sicurezza) in seguito a somministrazione oftalmica. Ad esempio, tanto più le proprietà chimico-fisiche sono simili a quelle del tessuto o fluido (superficie oculare, lacrime) con cui la formulazione è destinata ad entrare in contatto, tanto più la formulazione stessa è “biocompatibile”.
Classificazione 1. Agenti mucomimetici Esteri della cellulosa
I derivati della cellulosa sono stati i primi sostituti lacrimali, disponibili sotto forma di soluzioni dallo 0.3 al 3%. Hanno buona proprietà di assorbimento da parte dell’epitelio e non presentano una relazione con l’osmolarità e con la tensione superficiale, al contrario hanno buona relazione oncotica. La loro funzione è quella di intrappolare l’acqua e di contenere l’evaporazione. In genere i polisaccaridi oggi usati come viscosanti per opporsi alla disidratazione sono: metilcellulosa, idrossietilcellulosa, idrossipropilmetilcellulosa e carbossilmetilcellulosa. La percentuale e il peso del principio attivo che agisce determinano la viscosità del prodotto. La carbossimetilcellulosa (CMC), un polimero ad alto peso molecolare, è tra i più utilizzati (Fig.
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21). La sua somministrazione si è dimostrata utile nel trattamento della sindrome da occhio secco da carenza acquosa per la riduzione dei sintomi e il miglioramento delle condizioni dell’epitelio della superficie oculare (Donshik et al., 1998; Noecker, 2006) con un effetto dose dipendente, essendo maggiore alla concentrazione dell’1%. La CMC è stata anche utilizzata dopo trattamento LASIK per accelerare la guarigione e ridurre i sintomi (Lenton e Albietz, 1999; Ahee et al., 2002). La CMC è anche utile nell’uso delle lenti a contatto, dove ha dimostrato un’azione citoprotettiva sulla superficie oculare, se utilizzata prima dell’inserimento della lente; inoltre, lenti a contatto ricoperte di CMC prima dell’uso sono meglio tollerate rispetto a lenti non trattate (Vehige et al., 2003; Coles et al., 2004). Si è sempre ritenuto che gli effetti della CMC fossero riferibili alle sue proprietà fisiche di viscosità e mucoadesività che permettono un prolungato tempo di permanenza sulla superficie oculare. In vitro è stata dimostrata la sua elevata attività mucoadesiva. Su cellule corneali in coltura è stato dimostrato un tempo di residenza di circa 2 ore e mezza. Un recente studio ha dimostrato, in vitro e in vivo, che la CMC è anche dotata di azione biologica, essendo in grado di stimolare la riepitelizzazione di cellule umane corneali poste in coltura e di cornee di coniglio in vivo sottoposte a lesione traumatica calibrata in quanto promuove la migrazione delle cellule corneali. L’azione della CMC sembra essere dovuta alla interazione tra le subunità di glucopiranosio della CMC e le molecole trasportatrici del glucosio. Inoltre, il legame tra CMC e matrice extracellulare stimola le cellule corneali ad aderire alla matrice e a migrare, migliorando la riepitelizzazione delle ferite corneali (Qian Garrett, 2004). Le soluzioni presenti in commercio contengono CMC a diverse concentrazioni: allo 0.3% (allo 0.5%) e all’1%. Per quanto riguarda l’HPMC (presente in commercio allo 0.3% e allo 0.5%) e la NaCMC e altri derivati (HMC) si può far riferimento a
Figura 21. Formula chimica della carbossimetilcellulosa (CMC)
quanto prima riportato discutendo sulle preparazioni farmaceutiche e sulla viscosità. Inoltre in commercio sono presenti soluzioni con metilcellulosa allo 0.4%. Mucopolisaccaridi L’acido ialuronico è un polimero naturale idratante, mucomimetico e muco adesivo costituente essenziale del corpo umano, normalmente presente nei fluidi oculari e nella matrice extracellulare. Le caratteristiche chimiche fisiche e reologiche di questo polimero rendono i colliri a base di sodio ialuronato (sale di sodio dell’acido ialuronico) sostituti lacrimali ad azione lubrificante per il trattamento della sindrome da disfunzione lacrimale. Ha un elevato peso molecolare, compreso tra 104 e 108Da, ed è costituito da una serie ripetitiva di acido D-glucuronico e di N-acetil-Dglucosamina uniti da un legame glicosidico 1-3β (Boldrini, 2003) (Fig. 22). Il profilo reologico dell’acido ialuronico viene riportato nella figura 23. Una delle caratteristiche più importanti delle soluzioni contenenti questo polimero è la viscoelasticità, la combinazione delle proprietà viscose
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di un liquido con quelle elastiche di un solido, che stabilizza e riequilibra il film lacrimale. Le molecole di sodio ialuronato formano un rivestimento protettivo duraturo sulla superficie oculare quindi non sono soggette a stress da attrito tra due ammiccamenti. Mentre, sotto stress da attrito, durante l’ammiccamento, le molecole si allineano e si distribuiscono facilmente sulla superficie oculare. Le soluzioni che contengono sodio ialuronato sono mucoadesive, le molecole aderiscono e si legano allo strato di mucina del film lacrimale. Questa proprietà permette al polimero viscoelastico di rimanere sulla superficie oculare per più tempo rispetto ad altre sostanze non mucoadesive (Fig. 24). Inoltre, possiede proprietà mucomimetiche, simili a quelle dello strato di mucine del film lacrimale. Il sodio ialuronato attira e trattiene una grande quantità di molecole d’acqua e possiede la capacità di rallentarne l’evaporazione, questa attività è dovuta alle sue proprietà idrofile e alla sua struttura a spirale (Fig. 25). Infine, stimola la cicatrizzazione corneale come induttore di fibronectina. L’acido ialuronico opera un controllo sulle cellule epiteliali corneali tramite l’interazione con particolari proteine recettoriali presenti sulla superficie cellulare. Il recettore per l’acido ialuronico che al momento è stato maggiormente indagato è quello di tipo meccanico. Per altro, esiste anche un recettore di tipo chimico in cui si stabilisce un rapporto fra l’estremità intracellulare e la quota contrattile dei filamenti del citoscheletro a cui segue una traduzione del segnale con cui la matrice extracellulare sembra dirigere i processi di differenziamento e di adattamento morfofunzionali delle cellule. L’acido ialuronico può essere prodotto in diversi modi, per via biotecnologica (fermentazione da Streptococcus o da Bacillus Subtilis) o per estrazione (origine animale). L’acido ialuronico prodotto per via biotecnologica attraverso la fermentazione da B. Subtilis, rispetto alle altre vie di produzione, è quello più sicuro scevro da rischi di contaminazione
Figura 22. Formula chimica del sodio ialuronato
Figura 23. Profilo reologico del sodio ialuronato 0.2%, pm 1000000 D
Figura 24. Rappresentazione schematica della muco adesività del sodio ialuronato
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Figura 25. Rappresentazione dell’interazione del sodio ialuronato con le molecole di acqua
virale come nel caso dell’estrazione animale o di contaminazione con esotossine prodotte nel caso della fermentazione da Streptococcus. Le soluzioni presenti in commercio contengono acido ialuronico a diverse concentrazioni: allo 0.015% (+carbopol+glicerolo) (prodotto di sintesi), allo 0.1% (prodotto estrattivo), allo 0.15% (prodotto di sintesi), allo 0.18% (prodotto estrattivo), allo 0.2% (prodotto estrattivo; prodotto di sintesi) allo 0.3% (prodotto estrattivo e prodotto di sintesi) e allo 0.4% (prodotto estrattivo). Il condroitin 6-solfato invece è poco usato (Fig. 26). Il Tamarind seed xyloglucan (TSP): galattoxilgluconato, è costituito da una struttura ramificata simile alla mucina1 (MUC1) del glicocalice epiteliale (Fig. 27). Possiede un profilo reologico e proprietà viscoelastiche e muco-adesive simili all’acido ialuronico (Calabria e Bagnis, 2004). Fino all’introduzione del TSP i polimeri utilizzati nella formulazione dei sostituti lacrimali erano lineari (acido ialuronico) o cross linked (carbomeri e derivati della cellulosa), non erano invece disponibili polimeri con una struttura assimilabile alle mucine (strutture lineari con piccole catene laterali oligosaccaridiche ramificate). Il TS Polisaccaride è un galatto xiloglucano molto idrofilo con massa molecolare intorno a 600 kDa. Le catene laterali di xiloso e xilogalattosio, coniugate lateralmente con la struttura portante lineare di glucosio, conferiscono a questo polimero una struttura “mucin like” o “MUC 1 type” (Fig. 28). La configurazione ramificata e l’assenza di carica
Figura 26. Formula chimica del condroitinsolfato
Figura 27. Formula chimica del tamarind seed xyloglucan (TSP) legato all’acido ialuronico (HA)
elettrica del TSP favoriscono la formazione di legami con le mucine del glicocalice e dello strato acqua-muco e l’adesione della membrana delle cellule apicali degli epiteli, promuove inoltre l’ancoraggio delle cellule dello strato basale alla matrice extracellulare. In soluzione presenta un comportamento reologico pseudoplastico che gli conferisce proprietà mucomimetiche, presenta
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male e influenza positivamente l’adesione delle cellule congiuntivali alla matrice extracellulare in presenza di laminina (glicoproteina presente nella membrana basale dell’epitelio congiuntivale e corneale, che riveste un ruolo fondamentale nei processi di guarigione delle lesioni epiteliali) (Fig. 28). A questo riguardo può essere utile ricordare che l’unico sostituto lacrimale noto in letteratura per la sua capacità di felcizzare è l’acido ialuronico. Testato in vitro su cellule congiuntivali umane non solo mostra di non modificare la vitalità cellulare, ma ne aumenta la sopravvivenza proteggendo le cellule dall’azione tossica dei conservanti e sembra che sia in grado di esercitare un’azione batteriostatica in soluzioni deliberatamente inquinate con microrganismi patogeni. Infine, la soluzione TSP + acido ialuronico ha dimostrato di possedere speciali caratteristiche di mucoadesività e maggior efficacia rispetto ai singoli componenti che si può spiegare con l’effetto sinergico del copolimero che amplifica le singole proprietà idratanti, lubrificanti, di protezione della superficie oculare e di ricrescita dei microvilli che fanno da supporto al glicocalice (Fig. 30). Questi risultati sono stati mostrati anche in soggetti con cheratocono, nei quali l’uso del copolimero si è dimostrato più efficace nell’aumento del BUT e dello Schirmer test dopo 90 giorni di trattamento rispetto all’uso del TSP e dell’acido ialuronico somministrati singolarmente (Capobianco, 2009). Questo si traduce nel vantaggio della riduzione del numero di somministrazioni giornaliere. Lo xanthan gum (gomma di xantano) è un polisaccaride che viene ottenuto mediante un processo di fermentazione in coltura pura di un carboidrato (glucosio o saccarosio) da parte di ceppi naturali del batterio Xanthomonas campestris. Viene purificato per estrazione con etanolo oppure propan-2-olo, essiccato e macinato, contiene, quali principali esosi, il D-glucosio e il Dmannosio, nonché gli acidi D-glucuronico e piruvico e viene preparato sotto forma di sali di
Figura 28. Confronto tra la struttura della mucina 1 e del tamarind seed xyloglucan (TSP)
buone caratteristiche di adesione al muco (mucoadesività) e alle cellule apicali degli epiteli (congiuntivale e corneale-bioadesività), cristallizza a forma di felce come le mucine del film lacri-
Figura 29. Aspetto della felcizzazione del muco congiuntivale (in alto) vs TSP (in basso)
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Figura 30. Confronto tra la struttura di proteine, glicoproteine, polisaccaridi e polimeri sintetici
sioni e sospensioni per lunghi periodi di tempo. Con l’acqua forma un reticolo tridimensionale pseudo-plastico, in grado di sospendere e trattenere varie sostanze, che sono rilasciate gradualmente in relazione alle loro caratteristiche fisiche e chimiche. In base a questi principi, in commercio è presente un gel che contiene lo xanthan gum associato all’acido ialuronico. È utilizzato nel trattamento della sindrome da disfunzione lacrimale di tipo moderato-severo in quanto integra lo strato acquoso-mucinico garantendo un tempo di contatto prolungato con la superficie oculare.
sodio, di potassio o di calcio. Da un punto di vista reologico, presenta proprietà intermedie tra quelle di una soluzione e quelle di un gel. Questo comportamento deriva dal fatto che lo xantano in soluzione presenta una conformazione ordinata, rigida e forma un tenue network tridimensionale derivante dalla debole associazione, l’una accanto all’altra, di catene ben organizzate. In pratica, la debole struttura simil-gel che si forma esibisce, anche a basse concentrazioni del polimero, una inusuale alta viscosità, che può essere utilizzata per dare consistenza alle soluzioni acquose e permettere la stabilizzazione di emul-
Figura 31. Formula chimica del beta-glucano
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N. PESCOSOLIDO, M. EVANGELISTA • I principi terapeutici nella sindrome da disfunzione lacrimale
in grado di stabilizzare il film lacrimale abbassando la tensione superficiale del liquido lacrimale sulla cornea (Fig. 32). Tra i surfattanti non ionici si evidenziano: l’acido poliacrilico (carbopol), il polivinilalcol (PVA), il polivinilpirrolidone (povidone), il polietilenglicole (macrogol) e il poliossitilene-polipropilenglicole (poloxamero). L’acido poliacrilico per il 56-68% della sua struttura è composto da COOH (carbopol 936, 940, 941, 974 P, 980, 934 P) (Fig. 33). È usato come viscosante con una concentrazione allo 0.2%, allo 0.25% (e allo 0.3% per la sua composizione. I carbomeri, anche detti acidi poliacrilici, sono polimeri ottenuti per reticolazione dell’acido acrilico con esteri, in presenza di un solvente organico. Le macromolecole di carbomero si dispongono in una rete tridimensionale capace di immagazzinare tra le sue maglie una notevole quantità d’acqua (oltre 1000 volte il proprio volume secco). Questa proprietà determina la formazione di un gel acquoso, stabile, trasparente, incolore che, per effetto degli ioni contenuti nel liquido lacrimale, è in grado di liberare progressivamente l’acqua accumulata tra le sue maglie. Le proprietà reologiche dei carbomeri sono particolarmente idonee a un loro impiego oftalmico: la loro viscosità diminuisce con la velocità di movimento dell’ammiccamento e torna al suo valore originario quando esso non è presente. Alla chiusura della palpebra il film di carbomero che ricopre la superficie oculare oppone una scarsa resistenza, la sua viscosità si riduce in proporzione all’occlusione e ritrova istantaneamente le sue proprietà reologiche al momento dell’apertura. Una goccia di carbomero non defluisce neppure quando è posta su un piano inclinato: ciò ne dimostra una proprietà essenziale, ossia il suo elevato potere coprente, che risulta particolarmente interessante a livello oculare, dove la superficie esposta è prevalentemente verticale.
Il beta-(1,3)/(1,6)glucano è un polisaccaride può essere ricavato dal lievito di birra e da funghi come il Lentinus edodes (Shiitake ) o Linghi (Fig. 31). Il glucano prodotto da altre fonti ha composizioni chimiche differenti e differenti proprietà. Il corretto rapporto tra il numero e la lunghezza delle ramificazioni (es. il beta-glucano presente nel lievito) determina la sua capacità lubrificante. È utilizzato come soluzione oftalmica alla concentrazione dello 0.5%. Polimeri sintetici I polimeri sintetici si presentano sulla base del numero di gruppi funzionali, sono idrosolubili, hanno buona pressione oncotica, tensione superficiale, proprietà di adsorbimento epiteliali e sono
Figura 32. Rappresentazione schematica dell’angolo di contatto con cui si valuta la tensione superficiale di un liquido. Più piccolo è l’angolo θ e più bassa sarà la tensione superficiale
Figura 33. Formula chimica dell’acido poliacrilico
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zione è presente in una quantità pari al 25% circa della sua quantità iniziale (Wilson et al., 1998). Tuttavia, i carbomeri puri hanno una viscosità tale da poter causare un annebbiamento visivo, anche a distanza di minuti dalla loro instillazione. I carbomeri sono divenuti trattamento d’elezione della secchezza oculare proprio in virtù di queste loro proprietà. Diversi studi confermano la loro capacità di allungare il tempo di rottura del film lacrimale (BUT), sia in soggetti sani, sia in soggetti con sindrome da disfunzione lacrimale (Marquardt, 1986; al-Mansouri et al., 1994; Brodwall et al., 1997). I carbomeri sono utilizzati anche nella formulazione di determinati veicoli per aumentare il tempo di contatto e di liberazione intraoculare dei principi attivi (Wilson et al., 1998; Pouliquen, 1999). Il principio attivo viene imprigionato nelle maglie del polimero e rilasciato progressivamente in proporzione alla ionizzazione di quest’ultimo. Ad esempio, l’intensità della risposta miotica a un’instillazione di pilocarpina al 2% è maggiore con carbopol che con PVA, sebbene in entrambi
Le proprietà mucoadesive sono all’origine del tempo di contatto oculare prolungato osservato con i carbomeri nei quali la viscosità è molto ridotta (Pouliquen, 1999). Di fatto, la clearance di un collirio, misurata mediante radioisotopi, non è influenzata solo dalla viscosità del veicolo, infatti, un’ora dopo l’instillazione, confrontando il tasso di attività residua a livello precorneale di 2 diversi colliri alla stessa viscosità, uno con carbopol e l’altro con PVA, la permanenza corneo congiuntivale risulta essere 2 volte maggiore con carbopol (Davies et al., 1991). Lo stesso discorso si deduce dal confronto tra gel tears, carbomero e soluzione salina (Fig. 34). Il vantaggio dei carbomeri rispetto alle soluzioni oftalmiche tradizionali risiede nell’allungamento dei tempi di permanenza corneo-congiuntivale della sostanza, con una facilità d’instillazione paragonabile a quella di una soluzione basata su gel fluidi. Dalla scintigrafia effettuata per rilevare il tempo di contatto corneale, emerge che una soluzione salina standard scompare dalla superficie oculare in meno di 20 minuti, mentre un gel mucoadesivo dopo 40 minuti dalla sua instilla-
Figura 34. Tempo di permanenza corneocongiuntivale di una soluzione salina, di un gel e di una soluzione di gel carbomero. Notasi maggior tempo di permanenza con il gel carbomero (da Wilson et al., 1999)
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i casi sia superiore a quella ottenuta con una soluzione standard (Davies et al., 1991). Nei tessuti oculari e, in particolare, nell’umor acqueo, le concentrazioni di un principio attivo associato a un gel di carbomero sono significativamente superiori rispetto a quelle osservate con una soluzione standard (Lehr et al., 1994). Inoltre, è stata valutata l’efficacia e la tollerabilità di un gel oftalmico a base di carbomero 974P + PVA (ìin soggetti con sindrome da occhio secco ed è stata confermata da alcuni studi (Danzi e Sfagara, 2005). È stato dimostrato un miglioramento significativo dei segni e dei sintomi di occhio secco rispetto alle misurazioni basali nei pazienti trattati con carbopol 974P + PVA rispetto ai soggetti trattati con ipromellosa. Considerando il numero inferiore di instillazioni di carbopol 974P + PVA necessarie per ottenere tali miglioramenti, emerge da questo studio anche un impatto positivo sulla qualità della vita dei pazienti. Il PVA (polivinilalcol) è stato uno dei primi umettanti. Utilizzato fin dal 1964 all’1%, all’1.4% o al 3%, tiene bassa la viscosità, ma rimane adsorbito all’epitelio fino a 30 minuti e, aggiunto al povidone, aumenta ulteriormente la sua funzione idratante. Inoltre, possiede un’efficace funzione mucomimetica. Il povidone (polivinilpirrolidone) è un ottimo mucomimetico, tende ad aumentare la viscosità del prodotto ed è utilizzato alle concentrazioni dal 2% al 5%. Il macrogol (polietilenglicole) è un ottimo biadesivo, il suo peso molecolare stabilisce la viscosità. Infine, il poloxamero (poliossitilene-polipropilenglicole) ha buone proprietà tensioattive ed è un buon umettante. Per altre caratteristiche relative ai carbomeri e ai polaxameri si fa riferimento alle preparazioni farmaceutiche.
contatto con il pH lacrimale forma una pellicola gommosa idrolizzata che si lega al glicocalice. Sostituisce e aiuta lo strato mucoso nella sua funzione di bagnabilità di superficie dell’epitelio (Christensen, 2004). Il Guar è una gomma a elevato peso molecolare (10 milioni di Dalton), di polisaccaride naturale formata da una catena lineare di mannosio e galattosio (rapporto 2:1) capace di legarsi a ioni metallo e in particolare a tetra-idrossi-borato per formare un gel: Hp-Guar che è un Guar chimicamente modificato con una soluzione molare di 0,4 (Fig. 35). Sono state considerate cinque diverse proprietà fisiche: la viscosità, la capacità di lubrificazione, la tensione all’interfaccia acqua-aria, la tensione all’interfaccia acqua-ottanolo e la viscosità ottenendo buoni risultati (Ketelson et al., 2004). Inoltre, è stato condotto uno studio su 30 pazienti che avevano subito un intervento di chirurgia LASIK e che avevano successivamente utilizzato l’HP-Guar come lubrificante oculare rimanendo soddisfatti dell’effetto del prodotto (Olivieri et al., 2005) (Fig. 36). Peraltro, il conservante presente nel prodotto farmaceutico è il polyquad (polidronio cloruro) 0.001% che è un conservante meno tossico del BAK. Il polyquad è un nuovo composto ammonico quaternario pensato come conservante alternativo, mostra una minore tossicità in vivo anche ad alte concentrazioni (50-500 volte le concentrazioni commerciali) rispetto al BAK (Labbe et al., 2006) (Fig. 36). Avendo ridotto l’effetto tossico del conservante diminuiranno di conseguenza anche infiammazione, produzione di radicali liberi e apoptosi. Sono stati condotti vari studi multicentrici sul prodotto in diverse nazioni tra cui l’Italia (Fig. 38). Infine, un recente studio di Rolando et al. (2009) ha valutato l’efficacia di un sostituto lacrimale contenente HpGuar nel diminuire i segni e i sintomi dell’occhio secco. Sono stati ottenuti miglioramenti statisticamente significativi sia per quanto riguarda la diminuzione dei sintomi che l’aumento dell’OPI (indice di protezione oculare) a 7 e a 28
Mucomimetici sintetici L’HpGuar (idrossipropilguarpolisaccaride) a
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Figura 35. Formula chimica dell’HpGuar
Figura 36. Rappresentazione schematica del meccanismo di insorgenza dell’iposensibilità corneale post-LASIK e i suoi effetti clinici
Figura 37. Rappresentazione grafica della riduzione delle cellule mucipare con BAK vs poliquad (PQ) a varie concentrazioni
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osmotico protratto nel tempo induce una sofferenza cellulare che porta a una alterazione dei sistemi metabolici intracellulari che conducono a morte la cellula. Le terapie attualmente disponibili per correggere l’iperosmolarità si basano sull’impiego di sostituti lacrimali ipotonici che hanno solo un’azione indiretta sulla cellule epiteliali, non essendo in grado di interferire con l’alterazione dei processi metabolici endocellulari (Aragona et al., 2002). Moderni studi nell’ambito della biologia marina hanno dimostrato che uno dei meccanismi di sopravvivenza delle cellule in ambiente iperosmotico si basa sull’azione di molecole organiche che, interagendo con acqua, elettroliti, e prodotti del metabolismo cellulare, permettono di contrastare le alterazioni del volume cellulare conseguenti allo stress osmotico. Tra queste macromolecole, definite soluti compatibili, vengono inclusi alcuni aminoacidi e loro derivati, polioli e zuccheri, metilamine e urea (Yancey, 2001). Anche sulla superficie oculare sono presenti molecole che svolgono questa funzione di compensazione degli squilibri osmotici tra ambiente intra ed extra cellulare. Tra queste ricordiamo l’n-acetil aspartato, seconda molecola più concentrata nel cervello dopo l’aminoacido glutammato. La funzione primaria dell’n-acetil aspartato è quella di agire da soluto compatibile (osmolita) neuronale, coinvolto nel mantenimento del bilanciamento dei fluidi tra ambiente intra ed extracellulare. Altro soluto compatibile è la betaina, derivato della colina, di origine alimentare che si accumula nelle cellule del rene e di altri tessuti per bilanciare l’ipertonicità extracellulare (Nadkarni et al., 1999). La presenza di queste molecole nell’ambiente intracellulare aumenta l’osmolalità cellulare, richiamando liquidi e aiutando a raggiungere un bilanciamento osmotico, con conseguente protezione dalla ossessiva concentrazione di sali presenti in eccesso nel fluido lacrimale (Yancey, 2001). I soluti compatibili sono
Figura 38. Risultati della ricerca multicentrica Systane® svolta in Italia
giorni di trattamento dimostrando un’efficacia nell’alleviare i segni e i sintomi dell’occhio secco.
2. Agenti mucolitici Gli agenti mucolitici sono preparati per uso topico a base di N-acetil-cisteina, una sostanza ad attività mucolitica e anticollagenasica. È presente un preparato in commercio a base di questo composto al 5% con PVP al 10%. È un collirio isotonico che presenta come conservante il BAK.
3. Agenti osmoprotettivi Qualunque sia la patogenesi che determina l’instaurarsi dell’occhio secco l’iperosmolarità lacrimale che viene a determinarsi gioca un ruolo rilevante nella genesi dei disturbi da discomfort e nel danno alla superficie oculare (Dews, 2007). Le cellule epiteliali vanno incontro a fenomeni di metaplasia squamosa, con riduzione del rapporto nucleo/citoplasma, comparsa di evidente cheratinizzazione e apoptosi. Lo stress
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cerina che ristabilisce il film lacrimale apportando lubrificazione e idratazione alla superficie oculare così come la CMC o l’acido ialuronico. Studi condotti misurando la Resistenza Elettrica Trans Epiteliale (TEER) in cellule corneali di coniglio, poste in coltura in monostrato, in ambiente isotonico e ipertonico, hanno dimostrato che il trattamento delle cellule con soluti compatibili migliora le condizioni di queste sottoposte a stress ipertonico. Infatti, aggiungendo un’associazione di eritritolo e carnitina, si ottiene una normalizzazione della risposta cellulare nell’analisi della Resistenza Elettrica Trans-Epiteliale (TEER), ottenendo un risultato simile alla risposta cellulare in condizioni isotoniche, indice di salute corneale. Inoltre, carnitina ed eritritolo combattono lo stress ipertonico mostrando una riduzione dell’attivazione delle SAPK (Corrales et al., 2008) (Fig. 39). Inoltre, lo studio di Corrales et al. (2008) ha mostrato l’azione di osmoprotezione esercitata dalla carnitina e dall’eritritolo verificando il loro effetto sulle cellule epiteliali corneali in condizioni di iperosmolarità. I risultati dimostrano che la carnitina (10mM) e l’eritritolo (40mM), da soli o in associazione, diminuiscono significativamente
agenti osmotici non-elettrolitici che vengono quindi accumulati dalle cellule. Altri composti quali la carnitina, l’eritritolo, il trilosio e la taurina proteggono le cellule con questo meccanismo dove è possibile una condizione di iperosmolarità lacrimale. Alcune soluzioni contengono sia la carnitina che la taurina in diverse concentrazioni, in particolare carnitina all’1% e taurina allo 0.5%, e carnitina al 10% e taurina al 2%. Invece, altre soluzioni contengono la carnitina allo 0.25% e l’eritritolo. Al contrario dei sali, i soluti compatibili non disturbano le funzioni cellulari, ma bilanciano il gradiente osmotico, normalizzando le funzioni cellulari anche in ambienti ad alta concentrazione salina (ipertonici). La carnitina è usata nel metabolismo dei grassi per l’incremento energetico e per problemi cardiaci; si trova in tutto il corpo, occhi inclusi. È un nutriente essenziale che può essere di derivazione alimentare, ma può anche essere sintetizzato dal fegato. La taurina è un aminoacido usato alla concentrazione dello 0.5-2%. L’eritritolo è simile alla glicerina, ma più grande di un atomo di carbonio. Le sue modeste dimensioni gli permettono di entrare facilmente nella cellula; ha un’azione simile, ma una durata maggiore della gli-
Figura 39. Effetti dell’attivazione delle SAPK nella traduzione del segnale dal citoplasma al nucleo
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N. PESCOSOLIDO, M. EVANGELISTA • I principi terapeutici nella sindrome da disfunzione lacrimale
ma semplicemente soluzioni monodose di soluzione fisiologica, cloruro di sodio allo 0.9% con sali minerali disciolti e con un osmolarità prossima a quella del film lacrimale (304 mOsm/l).
i livelli di MAP chinasi in risposta allo stress iperosmolare. A questo proposito, in un recente studio (Pescosolido et al., 2009), è stato ulteriormente dimostrato il ruolo protettivo della carnitina nei confronti della superficie oculare. Lo studio è stato condotto su 20 soggetti, 10 affetti da occhio secco e 10 soggetti sani. I risultati dimostrano che nelle lacrime dei soggetti con occhio secco la concentrazione di carnitina e suoi derivati era più bassa rispetto alla concentrazione trovata nelle lacrime dei soggetti normali. Nello specifico la concentrazione media di L-carnitina è stata di 3.27 ± 0.80 e 8.94 ± 0.50 μmol/l; di L-acetilcarnitina 1.66 ± 0.50 e 3.05 ± 0.65 μmol/l e Lpropionilcarnitina 0.30 ± 0.11 e 0.57 ± 0.13 μmol/l, rispettivamente nei soggetti con occhio secco e nei soggetti normali. La correlazione tra i livelli di carnitina e l’iperosmolarità non è stata ancora stabilita. Il danno alle cellule della superficie oculare esposta all’iperosmolarità del film lacrimale, può essere dovuto allo sbilanciamento della concentrazione di carnitina. Per questo la carnitina può avere un ruolo di prevenzione nei confronti degli effetti avversi dovuti all’iperosmolarità. Un ulteriore studio di Garrett et al. (2008) ha dimostrato l’espressione e la localizzazione di trasportatori di carnitina (OCTN1 e OCTN2) sull’epitelio oculare, in particolare sulla membrana apicale delle cellule. La possibilità di disporre di sostanze che possano contrastare direttamente gli effetti dello stress iperosmolare sulle cellule (osmoprotezione) apre prospettive molto interessanti nella terapia delle alterazioni della superficie oculare in corso di occhio secco.
5. Soluzioni lipidiche L’integrità del film lipidico è essenziale per impedire l’eccessiva evaporazione del secreto lacrimale e deve essere oggetto di interventi terapeutici mirati. A tal proposito si ricorda come la struttura dello strato lipidico sia un bilayer con uno strato esterno idrofobico o non polare antievaporazione costituito da idrocarburi, acidi grassi liberi, trigliceridi, esteri del colesterolo e cere e uno strato interno a contatto con le mucine e lo strato acquoso idrofilico o polare (surfattante) costituito da fosfolipidi (fosfatidilcolina, fosfatidiletanolammina), sfingomielina, ceramidi e cerebrosidi. È in commercio una microemulsione che possiede caratteristiche simili alla secrezione meibomiana capace di mimare la composizione dello strato lipidico delle lacrime naturali. Questa microemulsione contiene fosfolipidi e trigliceridi a media catena (MCT) ed è in grado di ripristinare la struttura fisiologica dello strato lipidico del film lacrimale, di lubrificare, proteggere la superficie oculare e di facilitare la guarigione degli epiteli, restaurando un microambiente fisiologico e promuovendo l’efflusso del colesterolo citoplasmatico. È stato dimostrato, infatti, che un eccesso di colesterolo intracellulare può indurre apoptosi e alterazioni della proliferazione e della differenziazione. Le micelle presenti in questo prodotto sono aggregati di fosfolipidi e trigliceridi, strutturalmente simili alle lipoproteine ad alta densità (HDL), fisiologicamente deputate a favorire l’efflusso extracellulare del colesterolo. La somiglianza strutturale di queste micelle con le HDL può giustificare gli effetti sul colesterolo che gli sono attribuiti. Questa microemulsione è indicata in tutte le situazioni che comportano
4. Agenti idratanti Sono integratori lacrimali utili per chi lavora in ambienti con polveri, nei casi di ipersecrezione mucosa (CPG) o nei periodi allergici (primavera). Diluiscono le istamine o gli addensamenti mucoidi. Non presentano principi attivi specifici,
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smolarità lacrimale presente nei soggetti con sindrome da disfunzione lacrimale. Inoltre, ha una viscosità elevata (4800 mP/s) che garantisce un prolungato tempo di permanenza corneo-congiuntivale e che riduce la necessità di instillazioni multiple. È attualmente in commercio uno spray oculare con fosfolipidi liposomiali. Tale composto ai liposomi si spruzza su ogni occhio a 30 cm di distanza tenendo le palpebre chiuse (Lee et al., 2004). Lee et al. (2004) hanno valutato l’efficacia dei fosfolipidi liposomiali presenti in questo preparato sotto forma di spray oculare ottenendo ottimi risultati. Tutti i pazienti negli anni precedenti lo studio erano stati sottoposti a terapia con lacrime artificiali convenzionali senza risultati. Vi sono stati miglioramenti per tutti i parametri analizzati (plica congiuntivale parallela al bordo palpebrale, BUT, Schirmer test e acuità visiva); tuttavia, la diminuzione dell’89.5% nelle infiammazioni del bordo palpebrale è stata particolarmente significativa. In relazione all’occhio secco questo risultato è particolarmente significativo,
un’alterazione del film lipidico fisiologico. Nella sindrome da occhio secco lo spessore del film lipidico può presentarsi sia ridotto che aumentato (eccesso di lipidi di qualità alterata): in entrambe le situazioni la supplementazione di fosfolipidi e MCT è utile per ripristinare l’interfaccia alterata fra fase acquosa delle lacrime e strato lipidico soprastante e per migliorare la composizione qualitativa della fase lipidica non-polare (Fig. 40). Un ulteriore lubrificante lacrimale con funzione lipidica è un’emulsione a base di olio vegetale di soia (7%) con fosfolipidi (3%). È senza conservanti. Ha dimostrato di ridurre sia l’osmolarità che l’evaporazione lacrimale in pazienti con un’alterazione del film lipidico (McCann et al., 2009). È presente un altro sostituto lacrimale a composizione lipidica in cui i trigliceridi a media catena (C8 e C10), fisiologicamente presenti nel film lacrimale, vengono impiegati in una preparazione oftalmica. È un gel acquoso avente lo stesso pH dei fluidi lacrimali (7.2) e un’osmolarità di 241 mOsm/kg che permette di contrastare l’ipero-
Figura 40. Rappresentazione schematica degli strati del film lacrimale
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N. PESCOSOLIDO, M. EVANGELISTA • I principi terapeutici nella sindrome da disfunzione lacrimale
le TJ (Tight Junctions) dell’epitelio e il rapporto muco-epitelio (Murube et al., 1998), il calcio assieme al bicarbonato assicura la viscosità mucinica e le TJ epiteliali (Tsubota, 1995). Alcuni prodotti si basano su questo concetto. Gli oligoelementi si trovano raramente in altri prodotti commerciali, è presente una soluzione con aloe vera al 3% nel cui estratto sono presenti (ppm): calcio (484), rame (0.32), ferro (1.84), magnesio (92), manganese (3.49), fosforo (30.4), potassio (594) e sodio (176). Altri prodotti presentano manganese e zinco (0.019 mg/100ml e 0.213 mg/100ml rispettivamente). Lo zinco è presente in numerosi enzimi presenti sulla superficie oculare quali la SOD citoplasmatica e la catalasi (Murube et al., 1998), mentre il manganese è presente nella SOD mitocondriale.
Figura 41. Rappresentazione schematica della vescicola liposomiale
Vitamine La vitamina A rinforza l’epitelio e ne facilita il trofismo, inoltre migliora lo stato di salute delle cellule caliciformi (Murube et al., 1998). È stato valutato da Selek et al. (2000) l’efficacia di un’emulsione oftalmica contenente acido retinoico allo 0.01%, per il 10% olio di arachidi e per il 90% carbopol 940, nel trattamento della sindrome da disfunzione lacrimale. I risultati hanno dimostrato un miglioramento statisticamente significativo del BUT e dello Schirmer test, ma non della sensazione di secchezza oculare, di sabbia negli occhi e della fotofobia. Inoltre, l’epitelio corneale e congiuntivale valutato con la colorazione con rosa bengala e fluoresceina, ha mantenuto le stesse caratteristiche durante il trattamento con acido retinoico. La vitamina A è presente in un prodotto commerciale associata alla vitamina E. La vitamina C aumenta la produzione lacrimale, la vitamina D è utilizzata nel trattamento dell’haze e dei danni corneali (Murube et al., 1998), la vitamina E migliora le catene lipidiche del film pre-corneale, rappresenta un forte antiossidante, soprattutto degli acidi grassi (omega 3) e
perché l’infiammazione del bordo palpebrale suggerisce sempre una disfunzione dello strato lipidico. Lo spray oculare con fosfolipidi liposomiali ha portato a un miglioramento soggettivo complessivo del 72%, sebbene in alcuni casi fosse stata indicata la presenza di una leggera sensazione iniziale di bruciore. I liposomi sono vescicole formate da doppi strati a struttura lamellare di fosfolipidi, che includono un compartimento acquoso e che galleggiano nell’acqua (Fig. 41). Essi sono stabili solo in solventi acquosi perché vengono tenuti insieme da interazioni idrofobiche.
6. Integratori Elettroliti Gli integratori a base di potassio, calcio, sodio, cloro, magnesio, fosfato di sodio e bicarbonato aumentano la densità delle cellule caliciformi e del glicogeno corneale (Gilbard e Rossi, 1992). A tal proposito si ricorda come la concentrazione di elettroliti (mEq/l) presenti nelle lacrime sono: sodio 133, potassio 24, bicarbonato 33, calcio 0.80 e magnesio 0.61. Il bicarbonato normalizza
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specifici aminoacidi e in specifiche quantità, al fine di ottimizzare i processi riparativi cui sono destinati. I lubrificanti oculari che contengono aminoacidi si dimostrano utili in tutte le condizioni di ripristino della superficie oculare come nelle ulcere corneali o dopo chirurgia rifrattiva. Gli aminoacidi contenuti in queste diverse formulazioni sono prolina, lisina, glicina e leucina, scelti tra quelli maggiormente presenti nelle molecole che compongono la matrice extracellulare su cui poggiano le cellule degli epiteli corneale e congiuntivale. Un recente studio (Rusciano et al., 2009) dimostra che la presenza degli aminoacidi nelle lacrime artificiali appare indurre un più precoce rimodellamento della matrice extracellulare (attraverso un incremento della MMP9), favorendo così un ripristino più veloce e completo dell’omeostasi tissutale. Un ulteriore sostanza ricca di aminoacidi è l’aloe vera pura che presenta i seguenti aminoacidi in ppm: isoleucina (14), leucina (20), lisina (37), metionina (14), fenilalanina (14), treonina (31), triptofano (30), valina (14), alanina (38), arginina (14), acido aspartico (43), acido glutammico (52), glicina (28), istidina (18), prolina (14), serina (45) e tirosina (14).
reidratante cellulare, presente in alcuni prodotti commerciali. In questi ultimi è presente alla concentrazione dello 0.2%. La vitamina B12 si distingue per l’apporto alla solidità dell’epitelio e infine la vitamina B6 insieme alla vitamina C e al magnesio sono utili per facilitare la conversione e il metabolismo degli acidi grassi omega 3 (Murube et al., 1998). Inoltre è utilizzata anche la vitamina B5. Aminoacidi La supplementazione con aminoacidi aumenta la divisione dei fibroblasti corneali e ottimizza il processo di riepitelizzazione modulando alcuni fattori di crescita (EGF, TGF-β, HGF) e le poliammine. Le poliammine aumentano fino al 450% nei soggetti trattati con aminoacidi. Queste molecole giocano un ruolo fondamentale nella regolazione della proliferazione e differenziazione cellulare essendo indispensabili per una normale crescita cellulare. Ne consegue un aumento della proliferazione, migrazione e differenziazione corneale con riduzione dell’haze precoce del 50% e miglioramento clinico della riepitelizzazione corneale dopo supplementazione con aminoacidi (Roszkowska et al., 2006). L’importanza degli aminoacidi per i processi riparativi del tessuto corneo-congiuntivale è stata dimostrata da vari studi. Gli aminoacidi favoriscono la sopravvivenza dell’epitelio congiuntivale (Micera et al., 2008), regolano e modulano i processi riparativi corneo-congiuntivali (Roszkowska et al., 2006) e aumentano la densità dei cheratociti influenzando la struttura della matrice corneale (Vinciguerra et al., 2003). Ciò è subito spiegato dal fatto che gli aminoacidi sono molecole organiche che rappresentano i costituenti delle proteine. A livello tissutale è necessaria la presenza di un appropriato patrimonio proteico al fine di assicurare la possibilità di un’adeguata rigenerazione e riparazione, ciò può avvenire solo con un corretto apporto di aminoacidi. Per ogni tessuto l’apporto di aminoacidi dovrà essere di
Antiossidanti Un’attività nociva delle specie attive dell’ossigeno è stata dimostrata nella comparsa del danno epiteliale corneale e congiuntivale in corso di occhio secco (sia iposecretivo che evaporativo). A questo proposito è stato proposto il trattamento della sindrome da disfunzione lacrimale con sostanze antiossidanti. Lo stress ossidativo si produce nelle cellule a seguito di alterazioni nell’equilibrio redox dovuto o a iperproduzione di radicali liberi, prodotti di scarto del metabolismo cellulare, o a un’inefficienza dei sistemi antiossidanti. È noto che, quando vengono generati ad alte concentrazioni i radicali liberi, i derivati e le specie reattive non radicaliche sono tossiche per la cellula e possono indurre apoptosi (Fig. 42). A concentrazioni moderate però specie reattive
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lipoperossidazione (Fig. 44). Questo è un fenomeno che conduce al disfacimento della componente fosfolipidica di membrana aumentandone la fragilità (Petit et al., 1995). Gli acidi gassi polinsaturi, presenti ad alte concentrazioni nei fosfolipidi delle membrane cellulari, sono i principali bersagli della lipoperossidazione. Tale stress ossidativo svolge anche un ruolo importante nella regolazione dell’attività delle metalloproteasi (MMP) implicata nel rimodellamento della superficie corneale. È stato dimostrato che i ROS possono mediare questo tipo di danno sia attivando i fattori di trascrizione NFkB e AP-1, sia incrementando l’espressione di
quali il radicale dell’ossido nitrico (NO•), l’anione superossido o altre specie reattive dell’ossigeno svolgono un ruolo importante come mediatori di effetti biologici in vari fenomeni fisiologici. Tali molecole si formano nei mitocondri a seguito della riduzione dell’ossigeno ad acqua durante il processo di respirazione cellulare; in questo caso si possono formare il radicale superossido (•O2) nonché l’idrossile (•OH) e l’ossidrile (OH-). La reazione del radicale superossido con il perossido di idrogeno può generare ossigeno singoletto 1O2, una specie molto reattiva (Fig. 43). L’azione ossidativa a carico dei lipidi di membrana viene considerata dannosa quando procede con un meccanismo radicalico a catena definito
Figura 42. Schema delle principali reazioni che avvengono durante lo stress ossidativo
Figura 43. Formazione dei radicali dell’ossigeno (ROS)
Figura 44. Meccanismo della lipoperossidazione lipidica
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PKC. A tutto ciò si aggiunge il danno diretto che possono provocare i ROS sulle TIMP (inibitori naturali delle metalloprotesi) riducendone l’attività. L’aumento incontrollato di MMP e la riduzione delle TIMP portano ad un abnorme e diffuso danneggiamento dei tessuti connettivi e delle proteine della matrice extracellulare. Le metalloproteasi di matrice (MMP) sono una famiglia di enzimi (endopeptidasi zinco-dipendenti) prevalentemente prodotti da cellule del tessuto connettivo che operano una specifica attività proteolitica su gran parte dei costituenti della matrice extracellulare. Svolgendo un ruolo chiave nel regolare la degradazione della matrice extracellulare, le MMP risultano coinvolte in numerosi processi fisiologici e patologici di rimodellamento tissutale, come la rimarginazione di ferite, l’angiogenesi, le infiammazioni e le metastasi (Werb, 1997; Woessner, 1991; Nagase, et al., 1999). Tutti gli enzimi appartenenti alla famiglia delle MMP possiedono tre caratteristiche peculiari: la presenza di atomi di zinco nel sito attivo (Fig. 45), la capacità di essere inibiti da specifici inibitori delle metalloproteasi (TIMP) e una relazione evolutiva con la collagenasi dei vertebrati (Nagase et al., 1999). Le metalloproteasi sono secrete dalla cellula in forma di zimogeno e vengono successivamente attivate da altre proteinasi. Oltre al dominio catalitico, le MMP sono accomunate da altri due motivi strutturali alle estremità N-terminale e C-terminale (Fig. 46). Il prodominio all’estremità N-terminale ha la funzione di bloccare il dominio catalitico dell’enzima, tramite un legame con l’atomo di zinco. L’attivazione enzimatica prevede il taglio di questo propeptide. Il dominio emopexina-like all’estremità C-terminale conferisce invece all’enzima la specificità del substrato. Il primo membro della famiglia delle metalloproteasi fu scoperto da Gross e Lapière nel 1962 nella coda di un girino; oggi si conoscono circa 20 differenti metalloproteasi nei vertebrati e omologhi in batteri, lievito, drosophila e piante.
Figura 45. Struttura del dominio catalitico delle MMP (in rosa gli atomi di zinco)
Figura 46. Struttura della pro-MMP
In base a proprietà strutturali e funzionali la famiglia delle MMP può essere suddivisa in cinque gruppi: le collagenasi (MMP-1, 8 e 13), che riconoscono il collagene fibrillare di tipo I, II e III; le gelatinasi A e B (MMP-2 e 9), che degradano il collagene denaturato; le stromalisine 1 e 2 (MMP-
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estratti secchi che contengono numerose sostanze, le più frequenti delle quali sono flavonoidi (24%), terpeno-lattoni o ginkolidi (6%) e proantocianidine (7%). I flavonoidi hanno azione di scavengers. I terpeno-lattoni modulano il rilascio di acetilcolina dai terminali sinaptici regolando la secrezione lacrimale riflessa. Le proantocianidine mostrano invece legami con i fosfolipidi della membrana endoteliale e riduzione dell’enzima caspasi di rilevante importanza nella catena dell’apoptosi. Uno studio multicentrico randomizzato su un gruppo di pazienti è stato effettuato per valutare l’efficacia di tale prodotto sui sintomi della superficie oculare post intervento di facoemulsificazione, evidenziando tale composto come utile nel contenere i segni e i sintomi clinici post intervento (Scialdone et al., 2006) ma altrettanto utile può essere nella sindrome da disfunzione lacrimale. L’acido alfa lipoico (alla concentrazione dello 0.1% è contenuto in un collirio è parte integrante del metabolismo cellulare (piruvato deidrogenasi) e la sua funzione è di forte antiossidante e partecipa ai processi di rigenerazione dei tessuti, con più precisione è epitelio protettivo, trofico e neuroprotettivo. In base a tali caratteristiche può essere utile nel trattamento della sindrome da disfunzione lacrimale. Sempre su questi presupposti un recente studio (Drouault-Holowacz et al., 2009) ha dimostrato che il trattamento orale per 12 settimane con un pool di antiossidanti quali vitamina C, E, PP, B6, B2, B1 e B9, zinco, β-carotene, licopene e estratto di Porphyra umbilicalis in soggetti con sindrome da occhio secco, ha indotto un aumento sia del BUT che dello Schirmer test e una diminuzione dei sintomi di discomfort oculare quali bruciore, prurito, sensazione di corpo estraneo e iperemia congiuntivale.
3 e 10), che agiscono su collagene, proteoglicani, gelatina ed elastina; le MT-MMP (membranetype), scoperte recentemente, che sono legate sulla superficie cellulare e coinvolte in varie attività pericellulari; infine un gruppo eterogeneo contentente matrilisina (MMP-7), enamelisina (MMP20), la metalloelastasi dei macrofagi (MMP-12) ed MMP-19. Per proteggersi dal danno ossidativo le cellule aerobiche hanno sviluppato un sistema integrato di difesa antiossidante che include componenti enzimatici e non. I danni ossidativi possono essere ridotti dall’uso di antiossidanti esogeni che mimano l’azione di quelli endogeni. L’azione degli antiossidanti si esplica generalmente attraverso la neutralizzazione dei ROS o di metalli di transizione che ne catalizzano la produzione, oppure mediante il blocco della perossidazione lipidica che risulta essere un punto cruciale per la sopravvivenza della cellula. Tuttavia per alcuni antiossidanti sono stati dimostrati altri meccanismi d’azione diversi da quelli conosciuti. Questi hanno un’azione inibitoria sulla PKC, e impediscono l’attivazione di NF-kB e AP-1, con il risultato di una significativa riduzione delle MMP (Kameda, et al., 2003). Un collirio a base dell’estratto di Ginkgo Biloba (0.05%) ha un razionale antiossidante. Il Ginkgo Biloba è una pianta ubiquitaria i cui estratti officinali sono in uso da secoli per le dimostrate azioni di efficacia neurotrofica, antinfiammatoria, antiapoptotica e di incremento del flusso vascolare i cui effetti sono stati rilevati anche a livello oculare (Baudouin et al., 1994; Droy-Lefaix et al., 1995; Schein et al., 1997; Chung et al., 1999; Ritch et al., 2000; Luo et al., 2002; Thiagarajan et al., 2002; Ahlemeyer et al., 2003; Hirooka et al., 2004; Ilieva et al., 2004). Non sono noti con precisione i meccanismi farmacologici di azione degli
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