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>> Caso clinico di linfoma B mantellare blastoide >> Dispositivi viscochirurgici oftalmici e viscoelastici >> Facoemulsificazione coassiale a piccolo diametro (MICS 1,8) con controllo Doppio Lineare e ultrasuoni micropulsati >> Caso clinico di cisti fluttuante nel vitreo >> Imaging: cliccando qua e là


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Editoriale

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Vittorio Picardo

Caso clinico di linfoma B mantellare blastoide

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Giuseppe Mannino, Silvia Calafiore, Giorgia Maraone, Luca Scuderi, Cristina Mannino

Dispositivi viscochirurgici oftalmici e viscoelastici

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Savino D'Amelio, Christian Luigi Demasi, Marco D’Amelio

Facoemulsificazione coassiale a piccolo diametro (MICS 1,8) con controllo Doppio Lineare e ultrasuoni micropulsati

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Marco Dal Vecchio, Cristina Briamonte

Caso clinico di cisti fluttuante nel vitreo

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Giuseppe Mannino, Silvia Calafiore, Giorgia Maraone, Martina Maria Delle Fave, Marco Balestrieri, Cristina Mannino

Imaging: cliccando qua e là

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ISSN 0349 - 61 Anno XXVIII • N. 4 • 2013 contiene I.P. Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 335 del 14-06-1986

FGE Srl Reg. S. Giovanni, 40 - 14053 Canelli (AT) Tel. 0141 1768908 - Fax 0141 1768900 e-mail: editore@fgeditore.it - www.fgeditore.it

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Direttore Editoriale Vittorio Picardo Direttore Responsabile Ferdinando Fabiano Segreteria di redazione 0141 1768504 f.fabiano@fgeditore.it Impaginazione e stampa FGE srl Canelli (AT)

Abbonamenti e libri e-mail: ordini@fgeditore.it Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

Chiuso in redazione Novembre 2013



Ultimo numero dell’anno 2013 di Viscochirurgia / Euvision. L’uscita di questo numero coincide con il Congresso Nazionale SOI che quest’anno celebra le elezioni per il rinnovo del Consiglio Direttivo e della Presidenza. È facile pensare che, quindi, sfoglierete con più velocità le pagine di questo numero che abbiamo deciso, proprio per questo, di presentare in forma più snella e speriamo gradevole, sostituendo, ad alcuni articoli, una serie invece di immagini cliniche, come prosecuzione ideale della vecchia rubrica “Imaging”. La diagnostica per immagini, la raccolta di immagini chirurgiche, la documentazione di una storia clinica per immagini, fa parte ormai del nostro quotidiano. Addirittura tanti di noi sfruttano gli smartphone per queste esigenze. Così ci è sembrato logico aderire a questa mentalità e sfruttare qualche immagine in archivio per far vedere ai Colleghi più giovani, qualcosa di curioso. Un po’ come abbiamo fatto in qualche altro numero chiedendo ad alcuni amici esperti di illustrarci l’utilizzo di vecchi ferri e strumenti per diagnostica. L’anno che si conclude non ha favorito la nostra Specialità per tutta una serie di motivazioni politiche ed amministrative, che hanno ancor più aumentato la distanza tra il progresso tecnologico e della ricerca e le reali possibilità di garantire un’assistenza moderna ed efficace a tutti: lenti Premium, cataratta con femtolaser, unità faco e per chirurgia vitreoretinica sempre più cibernetiche e computerizzate sfilano in passerella nei nostri congressi, ma poi non sono alla portata di tutti per problemi economici. Come del resto succede anche nel campo delle terapie intravitreali. I soldi non bastano mai. Ma quelli che abbiamo li spendiamo veramente bene? Ci rivedremo spero nel 2014. E comunque... Auguri al nuovo Presidente SOI 2014-2017, il cui cognome, ne sono certo, non potrà che cominciare con la lettera “P”

Vittorio Picardo

L’indirizzo di posta elettronica di Viscochirurgia è cambiato. Il nuovo è viscochirurgia@fgeditore.it

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Caso clinico di linfoma B mantellare blastoide

Giuseppe Mannino Silvia Calafiore Giorgia Maraone Luca Scuderi Cristina Mannino

Facoltà di Medicina e Psicologia, Università “Sapienza” di Roma Dipartimento NE.SM.OS., U.O.C. di Oftalmologia Ospedale Sant’Andrea - Direttore Prof. S. M. Recupero

RIASSUNTO Obiettivi: descrivere un caso clinico di un paziente affetto da linfoma B mantellare blastoide (MCL) del sistema nervoso centrale con coinvolgimento orbitario. Procedure di base: il paziente è stato sottoposto a : visus, esame della motilità oculare, esoftalmometria, biomicroscopia del segmento anteriore, esame del fondo oculare, RMN, ecografia bulbare. Risultati: il paziente è stato sottoposto a diversi cicli di terapia. Al termine del trattamento con Lenalidomide 25 mg e Desametasone 20 mg, il visus era migliorato e la neoformazione appariva ridotta del 50%. Conclusioni: il linfoma B mantellare blastoide (MCL) è molto difficile da trattare a causa degli effetti nocivi che la radio e/o la chemioterapia potrebbero dare sulle strutture oculari e sui tessuti limitrofi. È necessario quindi effettuare studi volti ad approfondire il meccanismo d’azione della Lenalidomide e la sua minore tossicità. ABSTRACT Aim: to describe a clinical case of a patient with mantle cell lymphoma B blastoide (MCL) of the central nervous system with orbital involvement. Methods: the patient was subjected to: visual acuity, ocular motility examination, exophthalmometry, biomicroscopy of the anterior segment, fundus examination, MRI, ultrasound bulbar. Results: the patient was subjected to several cycles of therapy. After treatment with lenalidomide 25 mg and dexamethasone 20 mg, the visual acuity had improved and the tumor had reduced by 50%. Conclusions: the B lymphoma Mantle blastoide (MCL) is very difficult to treat because of the adverse effects that radio and / or chemotherapy may give on the ocular structures and the contiguous tissues. It is therefore necessary to carry out studies to investigate the mechanism of action of lenalidomide and its low toxicity.

>> Introduzione PAROLE CHIAVE linfoma SNC orbita ecografia oculare Lenalidomide KEY WORDS lymphoma CNS orbit ocular ultrasonography Lenalidomide

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Il linfoma B mantellare blastoide (MCL) è un raro tipo di linfoma maligno che rappresenta il 3 – 5% delle forme non Hodgkin1. MCL è una patologia più frequente in età senile, con predominanza nel sesso maschile. Il decorso clinico è di norma molto aggressivo2. Il linfoma MCL interessa comunemente i linfonodi, ma può avere anche un’espansione extranodale coinvolgendo il tratto gastroenterico e l’anello del Waldeyer3. L’occhio viene aggredito molto raramente, come sede primaria o secondaria. Le strutture più frequentemente interessate sono la palpebra, la congiuntiva, la ghiandola lacrimale

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e la regione orbitaria4,5. Lo scopo del lavoro è presentare il caso di un paziente affetto da MCL del sistema nervoso centrale (CNS) con coinvolgimento orbitario monolaterale destro trattato con Lenalidomide.

>> Caso Clinico Paziente maschio di 74 anni si presentava alla nostra osservazione nel gennaio 2011 inviato dall’ambulatorio di ematologia. All’anamnesi patologica remota e prossima si riscontrava: ipertensione arteriosa essenziale in terapia con irbesartan 150 mg e un linfoma B aggressivo (IV stadio) comparso nel 2008 e trattato con ra-


Caso clinico di linfoma B mantellare blastoide

dioterapia ad alte dosi, seguita da trapianto di cellule staminali autologhe6. Il paziente lamentava un offuscamento progressivo della vista in occhio destro. Il visus corretto risultava essere in OD 4/10 ed in OS 9/10. L’esame della motilità oculare mostrava un deficit di elevazione ed ipofunzione del retto mediale in OD, OS nella norma. I valori rilevati mediante esoftalmometria erano OD: 23 mm, OS 18 mm. L’esame obiettivo evidenziava in occhio destro esoftalmo, proptosi, abrasione epiteliale corneale ed iperemia congiuntivele; nella norma OS. Alla risonanza magnetica, effettuata il 17/12/2010, si rilevava nell’orbita destra tessuto patologico intraorbitario che sembrava coinvolgere il muscolo retto superiore (Figura 1). All' esame ecografico era visibile lo stesso quadro: in sede orbitaria a livello del tetto dell’orbita la neoformazione occupante spazio presentava riflettività medio – bassa, da riferire verosimilmente a neoformazione linfomatosa (Figura2). Una biopsia della ghiandola lacrimale rilevava un’istologia caratteristica di MCL. Il paziente è stato quindi sottoposto ad un ciclo di ventuno giorni di chemioterapia con Ifosfamide ad alte dosi e con Desametasone e Rituximab ed a una settimana di chemioterapia intratecale con Aracytin e Methotrexate. Il paziente tornava alla nostra osservazione nel Febbraio 2012 presentando un visus corretto di OD 4/10 e OS 9/10, esoftalmometria OD 20 mm. All’esame della motilità oculare era presente deficit dell’elevazione associato a diplopia nello sguardo in alto. Iniziava quindi il trattamento con la Lenalidomide 25 mg al die per cicli di 21 giorni combinata ad una terapia settimanale di Desametasone 20 mg. Nel Giugno 2011 il visus corretto in OD era di 5/10 e in OS di 9/10. L’esoftalmometria era di 17 mm in entrambi gli occhi. Il paziente è stato quindi sottoposto di nuovo ad esame ecografico che dimostrava in OD una sensibile riduzione della neoformazione, pari al 50%, dato confermato dalla MRN: moderata riduzione delle dimensioni del tessuto patologico endoorbitario destro e dell'esoftalmo omolaterale. (Figure 3 e 4).

to spesso non può essere effettuata una terapia e la malattia ha un andamento molto aggressivo. La diagnosi di MCL è effettuata tramite biopsia ed esame istologico, anche se questo non permette di distinguere una forma primaria da una

Figura 1 RMN encefalo Dicembre 2010

>> Discussione MCL è un tipo di linfoma non Hodgkin che comunemente coinvolge regioni extranodali. Mol-

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Giuseppe Mannino, Silvia Calafiore, Giorgia Maraone , Luca Scuderi , Cristina Mannino

secondaria7. I linfomi aggressivi intraoculari e intraorbitari sono molto difficili da trattare, a causa degli effetti tossici che la radio e/o chemioterapia potrebbero determinare sulle strutture oculari e sui tessuti limitrofi. Ad oggi sono in corso numerosi studi volti ad approfondire il meccanismo d’azione immunomediato ed antiangiogenetico della Lenalidomide e la sua minore tossicità rispetto ai tradizionali regimi terapeutici. Abbiamo perciò ritenuto interessante illustrare il nostro caso clinico, nel quale c’è stata una importante regressione della massa linfomatosa dopo trattamento con questo nuovo farmaco pur se associato al desametasone.

Figura 2 Esame ecografico Gennaio 2011

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Figura 3 Esame ecografico Giugno 2011

Figura 4 RMN encefalo Giugno 2011

Bibliografia

1. Andersen NS, Jensen MK, de Nulli Brown P, et al. A Danish population-based analysis of 105 mantle cell lymphoma patients: incidence, clinical features, response, survival and prognostic factors. Eur J Cancer 2002;38; 401-8 2. Samaha H, Dumontet C., Ketter N, et al. Mantle cell lymphoma: a retrospective study of 121 cases. Leukemia 1998; 12 1281-7 3. Ruskone – Fourmestraux A., Delmer A., Lavregne A., Molina T., Brousse N., Audouin J., Rambaud J.C.: Multiple lymphomatous polyposis of the gastrointestinal tract: prospective clinicopathologic study of 31 cases. Groupe D’etude des Lymphomes Digestifts, Gastroenterology 112 (1) 1997;7-16 4. Knoweles DM, Jekobiec FA, McNally L, Burke JS: Lymphoid hyperplasia and malignant lymphoma occurring in the ocular adnexa (orbit, conjunctiva and eyelids); a prospective multiparametric analysis of 180 cases during 1977 to 1987. Hum Pathol 21; 959-973. 5. Seol – Bong Yoo, Young A. Kim, Yoon Kyung Jeon, Chul – Woo Kim: CD5- undetected by immunohistochemestry, t(11;14) (q13;q32) – positive conjunctival mantle cell lymphoma: A case report. 6. Zhang MM., Gopal AK.: Radioimmunotherapy based conditioning regimens for stem cell transplantation. Semin Hematol 2008; 45: 118 – 125. 7. Aspiotis M., Gorezis S., Asproudis I., Tsanou E., Papatiodis E., Kamina S., Agnantis N., Bai M.: Primary mantle cell lymphoma of the conjunctiva: a case report. Virchows Arch 2006 449; 472-475

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Dispositivi viscochirurgici oftalmici e viscoelastici

Savino D'Amelio1 Christian Luigi Demasi2 Marco D’Amelio3

1. Direttore Dipartimento Malattie Oculistiche, Ospedale Oftalmico di Torino 2. Clinica Oculistica Università di Verona, Direttore Prof Giorgio Marchini 3. Laureato in Farmarcia, università dii Torino

RIASSUNTO I viscoelastici, dispositivi viscochirurgici oftalmici (ODV), sono fluidi molto utilizzati in chirurgia per le loro diverse proprietà fisiche. Tra queste, quelle di maggior interesse per il chirurgo sono la viscosità, la tensione tangenziale e la velocità di deformazione che rendono conto del loro diverso utilizzo in base alle preferenze del chirurgo nelle differenti situazioni. Sulla base delle loro proprietà, sono state proposte diverse classificazioni, fra queste la più recente e attualmente in uso è quella del 2003 che permette di inserire ogni singolo viscoelastico attualmente in commercio in un determinato gruppo lasciando spazio a possibili ulteriori nuove sostanze. Le molecole più utilizzate per i preparati in commercio sono lo ialuronato di sodio, il condroitin solfato e l’idrossipropilmetilcellulosa. ABSTRACT The ophthalmic viscosurgical devices (ODV) are fluids widely used in surgery with different physical properties. Among these, the ones of most interest to the surgeon are viscosity, shear stress and the shear rate that account for their different applications according to the surgeon's preference in different situations Based on their properties, several classifications have been proposed, the most recent and currently in use in 2003, which allows to classify every single viscoelastic currently on the market in a particular group leaving space for possible further new substances. The molecules most used for the commercially prepared are sodium hyaluronate, chondroitin sulfate and the idrossiproprilmetilcellulosa.

>> Introduzione

PAROLE CHIAVE viscochirurgia oftalmica, viscoelastici, condroitin solfato, ialuronato di sodio KEY WORDS ophthalmic viscosurgery, viscoelastics, chondroitin sulfate, sodium hyaluronate

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I dispositivi per viscochirurgia oftalmica (ophthalmic viscosurgical devices, ODV) sono dispositivi che vengono quotidianamente utilizzati in oftalmologia1,2. Meglio conosciuti con il termine viscoelastici, rispondono alle leggi della reologia, scienza che studia la deformazione e il flusso dei materiali sotto l’azione di forze esterne3. Le caratteristiche reologiche più importanti dei materiali sono due: la prima, che riguarda i solidi, è l’elasticità, cioè la capacità di un materiale sottoposto a una forza deformante di immagazzinare una certa quantità di energia elastica e di ritornare più o meno velocemente alla sua forma originale; la seconda, che riguarda i fluidi,

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compresi quelli utilizzati in viscochirurgia, è la viscosità, cioè la capacità di deformarsi illimitatamente, di avere una scarsa o nulla capacità di recuperare la forma iniziale e di fluire se sottoposti a una tensione tangenziale (shear stress). A livello molecolare quest’ultima caratteristica significa che due particelle di fluido inizialmente contigue possono essere allontanate indefinitamente tra loro da una forza anche piccola e costante; cessata la causa deformante, le particelle non tendono a riavvicinarsi (assenza di ritorno elastico): ciò è dovuto alla diversa entità delle forze intermolecolari che agiscono all'interno di un solido e di un fluido4. Questa suddivisione fra caratteristiche dei solidi e caratteristiche dei fluidi non è asso-


Dispositivi viscochirurgici oftalmici e viscoelastici

luta in quanto in tutti i materiali reali lo sforzo di deformazione è funzione sia della deformazione che della velocità di deformazione: per esempio la pece a temperatura ambiente è in grado di fluire e il calcestruzzo, sottoposto ad una forza tangenziale, oltre ad esprimere la sua caratteristica deformazione elastica, evidenzia anche una modesta viscosità. Il netto prevalere della prima caratteristica rispetto alla seconda determina l'appartenenza ai solidi, mentre il prevalere della seconda sulla prima determina l’appartenenza ai fluidi. I materiali in cui non esiste un prevalere di una caratteristica su l’altra sono chiamati viscoelastici. Al di là della terminologia, questi dispositivi sono ormai diventati un presidio insostituibile nella moderna chirurgia e, con gli anni, sono stati messi a punto dei viscoelastici con diverse caratteristiche chimico-fisiche che rispondono alle esigenze di ciascun chirurgo e che si adattano ai vari tipi di chirurgia e alle varie fasi dell’intervento. Questi dispositivi sono soprattutto utili nella chirurgia del segmento anteriore, dove mantengono gli spazi facilitando le manovre chirurgiche e l’impianto della IOL e proteggono i tessuti endooculari, in particolare l’endotelio corneale, dai danni meccanici5.

>> Proprietà fisiche La tensione tangenziale o sforzo di taglio o (shear stress)6 è definito come il rapporto tra la forza F applicata tangenzialmente ad una superficie del corpo e la stessa superficie A secondo l’equazione:

La velocità di deformazione o gradiente di velocità a (shear rate)6 è la velocità alla quale è applicata una deformazione tangenziale a un materiale. La sua unità di misura è il secondo-1. La viscosità μ (shear viscosity) è quella grandezza che quantifica la capacità di un fluido di

resistere allo scorrimento laminare o in altre parole la resistenza che le molecole offrono allo scorrimento7. Essa è espressa come una forza su una superficie per un tempo, ovvero come una pressione per un tempo (Pascal per secondo). La sua unità di misura è il Poise, in onore a Jean Louis Marie Poiseuille (1 Pascal per secondo = 10 Poise = 1000 centiPoise). Essa dipende dal tipo di fluido (in particolare, dal peso molecolare a velocità di deformazione uguale a zero cioè allo stato stazionario, mentre dalla concentrazione a qualsiasi altra velocità), dalla forza di attrazione che esiste tra le molecole che lo compongono (coesione interna) e dalla temperatura. A volumi costanti, all’aumentare della temperatura la viscosità dei fluidi liquidi decresce mentre quella dei fluidi gassosi aumenta. La viscosità dinamica è la forza che occorrerebbe applicare allo strato di fluido vicino al bordo per raggiungere la velocità dello strato posto a una certa distanza, essendo la velocità di un fluido che scorre in un tubo, minima per lo strato più vicino al bordo della sezione (a causa dell'attrito) e massima per lo strato al centro. Quindi secondo l’equazione di Newton, la viscosità dinamica è definita come:

dove F è forza che viene applicata, 6a la distanza tra i due strati, S la superficie dei due strati e 6 la differenza di velocità tra i due strati. Questa formula è però applicabile ai soli fluidi Newtoniani in quanto il coefficiente di viscosità è indipendente dalla tensione tangenziale e dalla velocità di deformazione. Poiché è impossibile applicare e misurare una forza applicata a uno strato di fluido infinitesimale, la misura della viscosità si esegue ponendo il fluido tra due piatti posti a una distanza regolabile (viscosimetro): mentre uno dei due

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Savino D'Amelio, Christian Luigi Demasi, Marco D’Amelio

>> a.I fluidi Newtoniani

piatti viene mantenuto fisso, il secondo viene fatto ruotare. In questo modo però non si misura la forza, ma il momento torcente applicato e la velocità angolare generata nel fluido. L’inverso della viscosità è la fluidità f. La coesività è la capacità di una sostanza di aderire a se stessa e di uscire come massa singola2,8. Questa è funzione dell’aggrovigliamento molecolare e quindi del peso molecolare e della concentrazione. Il suo inverso è la dispersività, cioè la proprietà per cui il materiale tende a sepimentare, cioè a dividersi in masserelle separate. La viscoelasticità è la proprietà dei materiali che esibiscono un comportamento reologico intermedio tra i "materiali puramente viscosi" e i "materiali elastici". L'individuazione del comportamento viscoelastico viene svolta misurando la variazione della viscosità in funzione della velocità di deformazione.

>> I materiali fluidi Si definisce fluido un particolare stato della materia, che comprende i liquidi e i gas, generalmente costituito da una sostanza o da una miscela di più sostanze che, se sottoposto a una tensione tangenziale, si deforma illimitatamente scorrendo, indipendentemente dall'entità della tensione. Viene definito ideale quando la sua viscosità è nulla e la sua densità è costante al variare della pressione, cioè è incomprimibile e non viscoso. I fluidi si dividono in Newtoniani (per i quali gli sforzi sono direttamente proporzionali alla velocità di deformazione) e non-Newtoniani (dove lo sforzo non è direttamente proporzionale alla velocità di deformazione).

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Un fluido è definito Newtoniano se e solo se il rapporto tra la tensione tangenziale e la velocità di deformazione è correlato a un indice di viscosità costante, non dipendente né dallo stato di tensione né dalla velocità del flusso. Il modello matematico sviluppato per calcolare la viscosità di questi fluidi è quindi lineare, passante per l’origine del diagramma, e direttamente proporzionale al coefficiente di viscosità. Molti liquidi e gas, come l’acqua, l’aria, il condroitin solfato (CDS) e alcuni oli per motore, vengono considerate fluidi Newtoniani anche se in realtà nessun fluido reale rispetta le caratteristiche per entrare perfettamente in questo gruppo.

>> b. I fluidi non-Newtoniani Un fluido è definito non-Newtoniano quando la viscosità è dipendente dal velocità di deformazione. Il modello matematico per i fluidi nonNewtoniani che mette in relazione la tensione tangenziale e la velocità di deformazione non è quindi lineare ma dipendente dal tempo, cioè dalle forze che agiscono sul fluido di secondo in secondo. Non potendo definire un coefficiente di viscosità costante, si sono sviluppati diversi modelli matematici che mettono in relazione deformazione e forze in diverse condizioni di flusso. A questo tipo di fluidi appartengono lo ialuronato di sodio (Na-Ha) e altre dispersioni colloidali, emulsioni, sospensioni, unguenti che interessano la tecnologia farmaceutica e non solo (sono degli esempi il sangue, il ketchup, il dentifricio, la pittura e lo shampoo). Se si colpisce rapidamente un fluido non-Newtoniano, lo stress indotto determina un ri-arrangiamento degli atomi come se questo fosse solido e il fluido non viene attraversato. Si riuscirà invece a penetrarlo se la forza viene applicata lentamente. Se a questo punto si applica rapidamente una forza di estrazione, il fluido si ricomporterà come un solido e lo si riuscirà a estrarre dal suo contenitore. I fluidi non-Newtoniani si dividono ulteriormente in viscoplastici (che comprendono le plastiche di Bingham e i pseudoplastici) e dilatanti. I fluidi pseudoplastici e dilatanti variano il loro comportamento in funzione della velocità di deformazione. Le plastiche di Bingham (quale il dentifricio) sono molto simili a quelli newtoniani da cui differisco-


Dispositivi viscochirurgici oftalmici e viscoelastici

no per il fatto che necessitano di una determinata quantità di sforzo per far si che il movimento inizi. Su un grafico reologico risulteranno quindi traslati sull’asse delle ordinate rispetto a un fluido Newtoniano. I fluidi pseudoplastici costituiscono la maggior parte dei fluidi non Newtoniani. Essi presentano notevole deformazione iniziale con bassi sforzi e piccole deformazioni con sforzi elevati. Il reogramma di questi fluidi non è quindi lineare ma presenta una prima fase in cui lo scorrimento inizia anche per l’azione di una forza modesta e la velocità di flusso (dv/dy) aumenta con l’aumentare della forza applicata, come si vede dalla ripidità del primo tratto della curva. La viscosità diminuisce all’aumentare della tensione tangenziale. Nella seconda fase, con l’aumentare della tensione tangenziale, la velocità di deformazione si riduce e la curva tende ad appiattirsi. La non linearità del reogramma riflette l’azione delle forze di taglio sulle molecole a lunga catena che, inizialmente disposte in modo intrecciato nella dispersione, tendono a districarsi e ad allinearsi nel verso della loro lunghezza, riducendo così la resistenza interna del sistema. Questo orientamento, oltre a produrre un effetto favorevole sullo scorrimento, comporta il rilascio di una parte del solvente trattenuto dalle macromolecole, con riduzione delle loro dimensioni e diluizione della dispersione. Fra le preparazioni farmaceutiche che presentano un comportamento pseudoplastico vi sono i polimeri in soluzione e i sistemi colloidali e le dispersioni liquide di gomme arabiche o sintetiche (gomma adragante, gomma arabica, sodio alginato). Appartengono a questa categoria di fluidi la metilcellulosa e lo ialuronato di sodio, entrambi utilizzati nella preparazione di ODV. Per i fluidi dilatanti vale la regola inversa: la loro viscosità aumenta con l’aumentare della velocità di deformazione. Il flusso dilatante è caratteristico delle sospensioni molto concentrate (oltre il 50%) di particelle solide sufficientemente piccole e non flocculate: sistemi polibasici, quali le sospensioni di amido in acqua o in glicerina acquosa e paste all’ossido di Zinco con elevata percentuale di particelle di forma irregolare. Questi preparati possono, con l’aumentare della velocità di deformazione, addirittura arrivare ad un grado

di solidificazione tale da causare la rottura delle pale di una centrifuga.

>> Dispositivi per viscochirurgia oftalmica I dispositivi per viscochirurgia oftalmica (OVD) sono soluzioni acquose pseudoplastiche composte da catene molecolari polisaccaridiche con diversa forma e peso molecolare, diverso orientamento dei polimeri e concentrazioni9. Idealmente, dovrebbero essere non infiammato-

rie, non piogene, non tossiche, non antigeniche, isotoniche, dovrebbero mantenere gli spazi e proteggere i tessuti (ODV ad alta viscosità a bassa velocità di deformazione), permettere i movimenti degli strumenti, aiutare nell’impianto della IOL (ODV a moderata viscosità a medie velocità di deformazione) ed essere facili da iniettare attraverso piccole cannule (ODV a bassa viscosità ad alte velocità di deformazione)10. Attualmente nessun ODV possiede tutte queste caratteristiche. I più utilizzati sono comunque l’acido ialuronico e il condroitinsolfato. La prima classificazione degli ODV risale al 1990 ed era basata solo sulla viscosità misurata allo stato stazionario11. A seconda che fossero coesivi12 (caratteristica propria delle molecole più lunghe e con maggior peso molecolare, di rimanere come massa singola e di non separarsi e disperdersi) o dispersivi13 (proprietà di un materiale a disperdersi in camera anteriore una volta iniettato, maggiore se costituito da molecole corte e di basso peso molecolare), vennero suddivisi in quattro gruppi principali: • ODV coesivi ad elevatissima viscosità: molecole ad altissimo peso molecolare che, in pre-

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senza di flussi di media portata, a causa della loro elevata viscosità, si fratturano simulando un comportamento dispersivo/coesivo. La loro viscosità è maggiore di 1.000.000 cPoise. • ODV coesivi ad elevata viscosità: hanno un'elevata capacità di mantenere gli spazi (sono utili per fronteggiare la maggiore spinta vitreale nei bambini e nei casi di anestesia topica o intracamerale, facilitando la capsuloressi e l’impianto della IOL) e di proteggere i tessuti intraoculari, ma l’elevata coesività determina un’immediata fuoriuscita dall’occhio sotto l’effetto di flussi di ridotta entità e non permettono la compartimentalizzazione dei fluidi all’interno della camera anteriore14. La loro viscosità varia da 100.000 a 1.000.000 cPoise. • ODV dispersivi a viscosità moderata: avendo una buona capacità di protezione e di mantenimento degli spazi, sono utili nelle fasi in cui si richiede un maggiore movimento degli strumenti chirurgici e nell’introduzione della IOL. La loro viscosità varia da 10.000 a 1.000.000 cPoise. • ODV dispersivi a bassa viscosità: composti per lo più da metilcellulosa, sono facili da introdurre anche attraverso cannule di piccolo calibro. Grazie alla loro elevata dispersibilità, tendono a rimanere aderenti ai tessuti proteg-

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gendoli, permettono di compartimentalizzare la camera anteriore, permettono di isolare singole strutture intraoculari (come quando si vuol tenere dietro il vitreo, in corrispondenza di una disinserzione della zonula o di una deiscenza della capsula posteriore), ma per la loro bassa viscosità non riescono a mantenere o stabilizzare gli spazi come fanno gli OVD ad alta viscosità15. Essendo aspirati in piccoli frammenti, sono più difficili da rimuovere rispetto agli altri ODV e portano alla formazione di un’interfaccia viscoelastico-umore acqueo irregolare che oscura parzialmente la visione intraoperatoria16. La loro viscosità è minore di 10.000 cPoise. Nel 1998 fu introdotto un nuovo gruppo di ODV che prese il nome di viscoadattivi17 e il precedente schema classificativo subì un allungamento per far posto a questa nuova categoria. Questi composti sono caratterizzati da un’alta viscosità a basse velocità di deformazione e dalla capacità di fratturarsi ad alte velocità di deformazione che rende quindi la sua rimozione più difficile rispetto agli ODV coesivi. Inoltre la sua iniezione attraverso piccole cannule è più difficoltosa rispetto agli ODV ad alta viscosità. Nel 2003 comparve un nuovo gruppo di ODV18: gli OVD visco-dispersivi. Questi ODV possiedo-


Dispositivi viscochirurgici oftalmici e viscoelastici

Healon 5

Healon

Iniezione di viscoelastico in camera anteriore durante un intervento di cataratta 1. coesivo ad alta viscosità; 2. dispersivo a bassa viscosità.

Healon GV

no un’alta viscosità allo stato stazionario ma anche un comportamento dispersivo. Queste caratteristiche lo rendono quindi ideale durante la facoemulsificazione ed è più facilmente rimosso. Si rese quindi necessaria una rivisitazione della precedente classificazione che considerava le proprietà viscose e dispersive un’espressione diretta del grado di viscosità di un ODV nel suo stato stazionario. I viscoelastici sono caratterizzati anche dalle seguenti altre caratteristiche: • Adesività: capacità di coprire e aderire alla superficie dei tessuti endooculari, degli impianti, degli strumenti. Essa dipende dalla carica elettrica delle molecole della sostanza viscoelastica, dalla tensione superficiale, dall’angolo di contatto. Basse tensioni superficiali e piccoli angoli di contatto indicano una maggior adesività. • Elasticità: molecole a catena lunga come lo ialuronato di sodio sono più elastiche di quelle corte. Il tempo caratteristico per tale rilassamento viene detto tempo di rilassamento. • Plasticità: indica la resistenza iniziale di un fluido a scorrere; si riduce quando il movimento è iniziato. • Pseudoplasticità: proprietà di quei fluidi di passare da uno stato di gel ad uno più liquido sotto l’azione di una pressione. Più un materiale è pseudoplastico, più rapido sarà il suo passaggio dall’alta viscosità a riposo (ideale per mantenere gli spazi, proteggere e lubrificare) alla soluzione acquosa ad alte velocità di deformazione (capace di assorbire le modificazioni, come nel passaggio attraverso una cannula di piccolo diametro). È importante sottolineare che la viscosità di una sostanza viscoelastica a riposo è in funzione della concentrazione e del peso molecolare e della flessibilità delle catene, mentre ad alte velocità di deformazione è determinata principalmente dalla concentrazione.

>> Preparati in commercio Lo ialuronato di sodio (Na-Ha) è una sostanza viscosa presente nella matrice connettivale di quasi tutti i vertebrati; ad alte concentrazioni nel vitreo e nel trabecolato, a basse concentrazioni nell’umore acqueo, dove svolge un ruolo fisiologico di protezione dell'endotelio19. Può essere prodotto dalla fermentazione batterica mediante tecniche di ingegneria genetica o dall’estrazione dalle creste di gallo; è quindi un prodotto naturale capace di un’ottima tenuta della camera anteriore, facile da introdurre e da rimuovere, ma ha lo svantaggio di una bassa adesività. Il Na-Ha, non essendo metabolizzato, va rimosso completamente al termine dell’intervento per evitare un ipertono oculare, essendo la sua emivita di 2-7 gg. Nei vari ODV può variare il peso molecolare e la concentrazione: preparati a base di NaHa sono l’Healon (primo viscoelastico prodotto, iperviscoso), Healon GV (3 volte più resistente alla pressione rispetto a Healon in presenza di un'alta pressione vitreale positiva ma che abbandona la camera anteriore rapidamente), Healon 5 (a bassi flussi è il più viscoso mentre ad alti flussi risulta coesivo), Provisc (paragonabile all’Healon e preferito nelle fasi finali della chirurgia del segmento anteriore quali l’espansione del sacco, il mantenimento degli spazi e l’impianto della IOL), Amvisc (a viscosità variabile), Amvisc Plus (più viscoso rispetto a Amvisc), Vitrax (simile a Healon per la bassa viscosità a riposo, mantiene la sua viscosità in presenza di flussi moderati), Ophthalin, BioLon. Il Na-Ha di elevata purezza va conservato in ambiente refrigerato e riportato a temperatura ambiente prima dell’uso Il condroitin solfato (CDS) è estratto dalla cartilagine delle pinne di squalo; a bassa concentrazione ha un'ottima adesività, ma per la sua ridotta viscosità ha una scarsa capacità di mantenere gli spazi19. Ad elevate concentrazioni (* 50%) la viscosità aumenta, ma per contro si manifesta un effetto deidratante indesiderato, che comporta

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Dispositivi viscochirurgici oftalmici e viscoelastici

un danno delle cellule endoteliali. Pertanto l’eccellente adesività a basse concentrazioni viene sfruttata mescolandolo al Na-Ha, che con la sua elevata viscosità è ottimo per mantenere gli spazi. Un esempio di questa associazione è il Viscoat: le sue proprietà lo rendono preferibile nelle fasi iniziali della chirurgia del segmento anteriore, quali la facoemulsificazione, anche se deve essere conservato in ambiente refrigerato e riportato alla temperatura ambiente prima dell'uso. Il CDS non sembra essere metabolizzato ed è eliminato dalla camera anteriore in 24-30 ore. L’idrossipropilmetilcellulosa (HPMC) è un materiale di sintesi derivato dalla metilcellulosa,

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costituito da lunghe catene di molecole di glucosio in cui si sostituiscono radicali di idrossido con catene di metossipropile e idrossipropile. A fronte di alcuni vantaggi, quali la buona adesività, la disponibilità, il basso costo, la resistenza in autoclave e la possibilità di essere conservato a temperatura ambiente, si tratta comunque di un carboidrato non presente in natura, nell’uomo o nell’animale, è difficile da asportare dalla camera anteriore al termine dell'intervento e non si conosce ancora bene il suo destino nell’occhio. Esistono altri due preparati, uno a base di poliacrilamide e l’altro di collagene, che hanno avuto scarsa diffusione.

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Facoemulsificazione coassiale a piccolo diametro (MICS 1,8) con controllo Doppio Lineare e ultrasuoni micropulsati

Marco Dal Vecchio

Cristina Briamonte

Clinica Oculistica dell’Università di Torino

RIASSUNTO Scopo del lavoro: scopo del presente lavoro è di illustrare la tecnica della facoemulsificazione a piccolo diametro (1,8 mm) con il controllo avanzato Doppio Lineare (DL) e l'impostazione micropulsata degli ultrasuoni. In particolare è stato valutato il rapporto tra il tempo totale di utilizzo degli ultrasuoni e quello di effettivo rilascio dell'energia. Materiali e metodi: 31 occhi di 30 pazienti con cataratta di vario grado e non sottoposti a pregressi interventi chirurgici ocular sono stati arruolati e sottoposti, in anestesia topica, ad intervento di facoemulsificazione a piccolo diametro (1.8 mm), con il controllo Doppio Lineare (DL) del facoemulsificatore Stellaris (Bausch+Lomb, Rochester, NY) seguito da impianto di una lente intraoculare pieghevole Akreos AO MI60 (Bausch+Lomb, Rochester, NY). Oltre alla visita di routine, è stata misurata la migliore acuità visiva corretta in LogMAR prima dell’intervento e a 7 giorni dall’operazione. Sono stati inoltre valutati la quantità complessiva di Soluzione Salina Bilanciata (BSS) impiegata, il tempo totale di ultrasuoni, il tempo effettivo di energia utilizzata ed infine la percentuale di ultrasuoni utilizzati. Risultati: la BCVA media preoperatoria era di 0.58 ± 0.45 LogMAR, e a 7 giorni era migliorata a 0.16 ± 0.16 LogMAR (p = 0.00001). In 29 of 31 eyes (93,54%) è stato possibile completare l’operazione con meno di 100 ml of BSS (mean: 74 ± 20 ml). Il tempo medio di rilascio è stato di 86 ± 30 sec, mentre quello di effettivo rilascio dell’energia è stato di 17 ± 10 sec (min. 4 max. 60 sec.) con una differenza statisticamente significativa (p<0,00001). Infine la percentuale media del tempo di utilizzo degli ultrasuoni è stata del 20% ± 5%. Non sono state registrate complicanze intraoperatorie o a breve termine. Discussione e conclusione: durante la facoemulsificazione coassiale a piccolo diametro, la funzione a pedale Doppio Lineare dello Stellaris fornisce al chirurgo un controllo completo e intuitivo sia dei parametri di vuoto che di energia degli ultrasuoni. Insieme all’impostazione Microburst Lineare il chirurgo può così affrontare le cataratte di varia durezza e ogni fase dell’intervento con precisione ed accuratezza, senza bisogno di regolazioni esterne. La presente ricerca, con la quale gli Autori hanno voluto descrivere la funzione Doppio Lineare, presenta gli evidenti limiti di una piccola casistica e di un follow-up estremamente breve. Costituisce uno studio preliminare per una più ampia e dettagliata indagine sull’efficacia e sicurezza di questa promettente e innovativa tecnica chirurgica.

PAROLE CHIAVE facoemulsificazione cataratta MICS doppio lineare KEY WORDS phacoemulsification cataract MICS dual linear

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ABSTRACT Purpose: continuous improvements of technology and surgical technique have been done in order to reduce the amount of thermic damage during the phacoemulsification in the cataract surgery. The corneal micro-incision cataract surgery (MICS) has required the development of new fluidic concept and a more user-friendly interface surgeonmachine, as the Double Linear (DL) control of the duty cycle of the ultrasound energy. In this study the Authors illustrate the use of DL and Microburst technique during MICS 1.8 mm phacoemulsification. Methods: 31 eyes of 30 patients with various degree of cataract and no previous ocular surgery underwent a topical anesthesia, micro-incision (1.8 mm), dual-function footswitch phacoemulsification with Stellaris (Bausch+Lomb, Rochester, NY) followed by insertion of foldable Akreos AO MI60 intraocular lens (Bausch+Lomb, Rochester, NY). Best corrected visual acuity (BCVA) at baseline and after 7 days from surgery has been evaluated. Has been recorded the amount of Balanced Salt Solution (BSS) used, the total time of ultrasound, the time of effective ultrasound used and the percentage of time of the ultrasound energy.

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Facoemulsificazione coassiale a piccolo diametro (MICS 1,8) con controllo Doppio Lineare e ultrasuoni micropulsati

Results: the mean BCVA at baseline was 0.58 ± 0.45 LogMAR, and after one week from surgery was improved to 0.16 ± 0.16 LogMAR (p = 0.00001). In 29 of 31 eyes (93,54%) the operation has been completed with less than 100 ml of BSS (mean: 74 ± 20 ml). The mean time of ultrasound delivery has been 86 ± 30 sec, whereas the mean effective energy used has been 17 ± 10 sec (min. 4 max. 60 sec.) and this difference has been statistically significant (p<0,00001). Finally, the mean percentage of the time of ultrasound was 20% ± 5%. Neither during surgery, nor at the control have been recorded complications. Conclusions: during MICS coaxial cataract surgery, the Dual Linear function of Stellaris footswitch give to the surgeon the complete, user-friendly control of both vacuum and ultrasound energy. Thus, the DL function and the Microburst Linear settings allows the surgeon to deal the various hardness of cataract and each stage of the operation with precision and smooth transition. The present study has the purpose to show the Dual Linear function and has the limit of a few records and a very short follow-up. A further study is necessary to investigate the effectiveness an safety of this recent and promising technique.

>> Introduzione La chirurgia della cataratta ha subito continue evoluzioni negli ultimi decenni. In particolare, il miglioramento dell'efficienza delle macchine e degli strumenti chirurgici, hanno permesso un perfezionamento della tecnica chirurgica, la riduzione dell’incisione corneale con il conseguimento di un migliore e più veloce risultato visivo e refrattivo, nonché una minore incidenza di complicanze intra e post operatorie. Durante la facoemulsificazione, le vibrazioni ultrasoniche della punta del facoemulsificatore generano energia termica, che è trasmessa al tessuto corneo-sclerale contiguo. Di qui la necessità di un continuo flusso di BSS attorno alla punta a ultrasuoni, diretto in Camera Anteriore (CA), per dissipare rapidamente tale calore. Classicamente, nella facoemulsificazione coassiale, l’infusione in CA è determinata da un manicotto in silicone, forato lateralmente, che circonda la punta a ultrasuoni: il sistema coassiale perciò ha richiesto, almeno fino a ieri, un’incisione corneale di 2.5-3.2 mm. Sebbene tali incisioni siano notevolmente inferiori rispetto a quelle necessarie per effettuare l'estrazione extracapsulare della cataratta, possono comunque essere associate ad alcuni importanti rischi, tra i quali l'instabilità della Camera Anteriore, l'astigmatismo postoperatorio, la rara eventualità di endoftalmiti settiche o reattive e un'eccessiva produzione di calore per alti livelli di ultrasuoni. L'osservazione che tali effetti collaterali diminuivano al ridursi dell'ampiezza del tunnel corne-

ale, ha posto le basi per lo sviluppo di tecniche di facoemulsificazione più avanzate e sicure. Con l’acronimo MICS (MIcroincision Cataract Surgery) si identifica una tecnica chirurgica eseguita mediante incisioni corneali aventi una larghezza del tunnel corneale inferiore o uguale a 2,2 mm.1 La riduzione del taglio corneale ha implicato non solo una complessiva revisione dell’intera procedura chirurgica, ma anche lo sviluppo di nuovi strumenti chirurgici, nuovi facoemulsificatori e nuove lenti intraoculari. Inoltre la MICS ha richiesto la modifica della fluidica e dell'interfaccia tra la macchina ed il chirurgo, mettendo a sua disposizione nuovi e più sofisticati comandi a pedale per un controllo, sempre più sicuro ed efficace dell'intera procedura2. Risposte a queste esigenze ci vengono, appunto, dalle recentissime innovazioni che hanno coinvolto le varie ditte produttrici di facoemulsificatori (Bausch+Lomb con Stellaris, AMO con White Star Signature, Alcon con Constellation). Un cambiamento importante è avvenuto con l'introduzione della tecnologia Doppio Lineare (DL), progetto avviato e concretizzato per la prima volta da Bausch+Lomb, che consente al chirurgo di controllare simultaneamente e con precisione le variabili di vuoto e di energia effettivamente utile degli ultrasuoni, oltrepassando i limiti classici dei due tempi di facoemulsificazione per la scolpitura del nucleo e per l'asportazione dei frammenti.

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Infine, un ulteriore avanzamento è rappresentato dalla possibilità di regolare in modo lineare anche la frequenza degli ultrasuoni, in modalità micropulsata, con lo scopo di ridurre il tempo effettivo di rilascio dell'energia emessa dalla punta del manipolo e il conseguente abbassamento di temperatura, mantenendo invariata l'efficienza di emulsificazione e di controllo della Camera Anteriore. Tale modalità previene il surriscaldamento della punta a ultrasuoni attraverso la suddivisione dell'emissione di energia in frazioni estremamente brevi: il calore prodotto dalla fase di microemissione, infatti, ha la possibilità di essere dissipato durante la successiva fase di non emissione. La modalità micropulsata rappresenta una evoluzione della modalità lineare continua: in essa infatti la frequenza degli impulsi è preimpostata, mentre l’energia rilasciata ad ogni impulso è funzione della pressione esercitata dal chirurgo sul pedale. Nei più recenti software inoltre è possibile stabilire non solo la frequenza, ma anche la durata delle fasi di emissione e non emissione (on-off time) preimpostando i parametri del ciclo di lavoro degli ultrasuoni (Duty Cycle). In questo modo è possibile una ulteriore riduzione del calore generata dalla elongazione della punta ad ultrasuoni. Scopo del presente lavoro è di illustrare la tecnica della facoemulsificazione a piccolo diametro (1,8 mm) con il controllo avanzato DL e l'impostazione micropulsata degli ultrasuoni. In particolare è stato valutato il rapporto tra il tempo totale di utilizzo degli ultrasuoni e quello di effettivo rilascio dell'energia.

stesso chirurgo (MDV) con facoemulsificatore Stellaris (Bausch+Lomb, Rochester, NY) in anestesia topica con instillazione di due gocce di Lidocaina in soluzione 2% (Visthesia®, Carl Zeiss Meditec, La Rochelle), tunnel in cornea chiara di 1,8 mm, introduzione in CA di Visthesia® 1,5%, frammentazione del cristallino con tecnica stop and chop e impianto di Lente intraoculare acrilica Akreos® MI60 (Bausch+Lomb, Rochester, NY). Per tutti gli interventi sono stati impostati i seguenti parametri: programma Segmento DL, vuoto massimo a 500 mmHg, energia massima di ultrasuoni 30%, modalità micropulsato 80/30. Per gli scopi della ricerca, al termine di ogni intervento sono stati presi in considerazione questi valori: la quantità di fluido impiegato, il tempo di utilizzo complessivo degli ultrasuoni, la durata utile dell'energia di ultrasuoni liberata e infine la percentuale del tempo di ultrasuoni impiegato.

>> Risultati La quantità di fluido (BSS) utilizzata era compresa tra 47 e 127 ml. come rappresentato nel grafico di Figura 1 (media: 74 ± 20 ml).

>> Materiali e Metodi Al presente studio sono stati ammessi 31 occhi di 30 pazienti con cataratta di varia entità, non affetti da altre patologie oculari né sottoposti a precedenti interventi (15 maschi, 15 femmine, di età compresa tra 59 e 91 anni, media 74,29 ± 7,76 anni). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a visita oculistica completa di routine con la sola differenza che la valutazione della migliore acuità visiva corretta (BCVA) è stata misurata in LogMAR a 4 metri, prima dell’operazione e in settima giornata. Tutti gli interventi sono stati effettuati dallo

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Figura 1


Facoemulsificazione coassiale a piccolo diametro (MICS 1,8) con controllo Doppio Lineare e ultrasuoni micropulsati

Il tempo di utilizzo complessivo di ultrasuoni era compreso tra 26 e 187 sec (media: 86 ± 30 sec.), mentre il tempo di effettiva liberazione dell'energia era compreso tra 4 e 60 sec (media: 17 ± 10 sec), con una differenza statisticamente significativa (p<0,00001) come evidenziato nel grafico di Figura 2.

Figura 4

Figura 2

La BCVA media baseline era compresa tra 2 e 0,20 LogMAR (media: 0,58 ± 0,45 LogMAR), e a 7 giorni dall'operazione la BCVA era migliorata da 0,50 a 0,00 LogMAR (media: 0,16 ± 0,16 LogMAR), come rappresentato nel grafico della Figura 3.

Figura 3

La differenza tra la BCVA pre e post operatoria si è dimostrata statisticamente significativa (p = 0,00001) e la correlazione buona (R2 0,334) come rappresentato nel grafico di Figura 4. Infine la percentuale di tempo effettivo di ultrasuoni era compresa tra 12% e 32% (media: 20% ± 5%, Figura 5). Per quanto riguarda la sicurezza della tecnica, il piccolo diametro si è dimostrato vincente, non avendo registrato alcun tipo di complicanza intraoperatoria o postoperatoria precoce.

Figura 5

>> Discussione L'intervento di Facoemulsificazione coassiale classica prevede diversi tipi di tecnica atti a frammentare il nucleo del cristallino naturale e permettere la sua asportazione attraverso un'apertura di dimensioni ridotte. Le tecniche più diffuse comprendono la divide and conquer in cui il cristallino è suddiviso in 4 quadranti, la stop and chop che prevede la divisione della lente in due metà e la tecnica chop pura in cui il cristallino viene frammentato direttamente con

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A

B

Figura 6 A-B Funzione Doppio Lineare del pedale Stellaris. (riprodotto con il permesso di Bausch+Lomb)

l'ausilio di un chopper senza la preventiva scolpitura di solchi3. Nell'ambito di queste tecniche fondamentali, nel corso del tempo sono comparse innumerevoli piccole varianti a seconda delle preferenze e delle attitudini del chirurgo, ma i principi di base sono sostanzialmente rimasti invariati dalla loro codificazione. Durante l'intervento il chirurgo si trova a dover gestire i vari parametri del facoemulsificatore (vuoto, valore di flusso in CA, percentuale di ultrasuoni) in tempo reale a seconda del tipo di cataratta e del momento dell'intervento. Di qui la necessità di avere un controllo a pedale completo e progressivo. Per la scolpitura dei solchi è necessario impostare bassi livelli di aspirazione e di flusso, onde evitare l'occlusione della punta. Dopo la separazione dei frammenti, al contrario, sono necessari alti livelli di vuoto e di flusso, indipendentemente dal fatto che la pom-

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pa della macchina sia di tipo peristaltico o Venturi. Il chirurgo deve pertanto cambiare (o farsi cambiare) il programma con i valori impostati precedentemente, a seconda della fase dell'operazione, essendo costretto a utilizzare con il pedale un unico controllo lineare per l'infusione, l'aspirazione e la liberazione degli ultrasuoni. Lo sviluppo della tecnologia a controllo Doppio Lineare (DL) ha consentito un superamento di questo limite. Infatti il pedale DL ha due gradi di libertà, uno al centro (classico) e l'altro lateralmente, verso destra. (Figura 6a e 6b). Il chirurgo può impostare indifferentemente l'aspirazione o gli ultrasuoni in entrambe le posizioni, a seconda delle sue preferenze e personali attitudini. È possibile pertanto avere il completo e progressivo controllo del vuoto e degli ultrasuoni a seconda degli spostamenti del pedale, in relazione alla fase dell'intervento, alla densità della cataratta e alla tecnica di facoemulsificazione prescelta. Inoltre, con la possibilità di escludere completamente gli ultrasuoni e grazie alla particolare geometria ovale dei fori di infusione della sleeve, è possibile utilizzare la punta da 1,8 mm. del facoemulsificatore per aspirare in tutta sicurezza e rapidamente gli spessi strati di epinucleo eventualmente rimasti dalla idrodelineazione, abbreviando sensibilmente il successivo utilizzo del manipolo di infusione/aspirazione. L'impostazione DL del pedale offre al chirurgo il controllo completo dei parametri precedentemente impostati, adattandoli ai vari tempi dell'operazione e alle necessità, talora impreviste, che debbono essere fronteggiate con la massima efficacia e sicurezza. Come già accennato in precedenza, il problema che si è presentato sin dalla comparsa della facoemulsificazione è stato la trasformazione dell'energia cinetica della punta a ultrasuoni in energia termica, con la liberazione di calore in grado di determinare una certa qual lesione del tessuto corneale adiacente al tunnel d'ingresso. Il primo passo verso una riduzione dell'energia termica emessa si è avuto con la transizione da un controllo dell'emissione continua di ultrasuoni di tipo on-off alla modulazione lineare continua con il pedale dell'energia in base alle reali necessità: alte potenze sono usate solo quando è necessario4. (Figura 7)


Facoemulsificazione coassiale a piccolo diametro (MICS 1,8) con controllo Doppio Lineare e ultrasuoni micropulsati

Un'ulteriore evoluzione si è avuta con la transizione dalla modalità di emissione continua a quella pulsata, consistita nel suddividere l'energia in brevi impulsi, intervallati da identici periodi di inattività: ha permesso di ridurre drasticamente l’emissione totale di energia, a parità di potenza massima nell’unità di tempo, senza perdita dell’efficacia di emulsificazione e con un sensibile incremento dell’efficienza della fluidica. Poiché la regolazione permette di ottenere fino a 250 impulsi di ultrasuoni al secondo, si può parlare di impostazione micropulsata5. (Figura 8) Infine l'identificazione del concetto di ciclo utile cioè di lavoro (duty cycle) ha consentito un ulteriore passo avanti nella riduzione dell'energia termica emessa. Conviene a questo punto chiarire brevemente il concetto di duty cycle, ovvero di tempo di effettivo utilizzo degli ultrasuoni (ciclo utile) all'interno del periodo di pulsazione. In pratica, all'interno della suddivisione temporale in impulsi avviene un'ulteriore riduzione della parte di attivazione degli ultrasuoni. Per esempio, se viene impostato un periodo di ultrasuoni di 10 cicli al secondo e un duty cycle del 50%, lo spazio di un secondo sarà suddiviso in una serie di 10 oscillazioni, ognuna delle quali sarà a sua volta suddivisa in due metà (50% + 50%), nella prima delle quali si avrà il rilascio effettivo degli ultrasuoni, mentre nella seconda la punta del facoemulsificatore non emetterà alcuna energia. (Figura 9). Se si imposta un 30% di duty cycle con un pulsato di 10 cicli al secondo, al termine della procedura con queste impostazioni il tempo di utilizzo utile degli ultrasuoni sarà più che dimezzato, con una riduzione del 70% dell'energia cinetica emessa, e quindi anche di energia termica dannosa, senza perdita di efficacia nell'emulsificazione. La tecnologia sviluppata da Bausch+Lomb si è spinta oltre, fornendo al chirurgo non solo la possibilità del controllo lineare della potenza e durata di ultrasuoni pulsati, ma anche quella di regolare la durata del duty cycle all’interno del ciclo della pulsazione, consentendo una regolazione lineare estremamente precisa e versatile della durata delle fasi ON e OFF nell’ambito di ogni singola pulsazione (impostazione Burst Multiplo Lineare)6. (Figura 10) SLIDE 4

Figura 7 Rappresentazione dell'emissione continua fissa e variabile lineare. (riprodotto con il permesso di Bausch+Lomb)

Figura 8 Emissione degli ultrasuoni in modo pulsato, con controllo lineare. (riprodotto con il permesso di Bausch+Lomb)

Figura 9 Il Duty Cycle nell'emissione degli ultrasuoni in modo pulsato. (riprodotto con il permesso di Bausch+Lomb)

Figura 10 Emissione di ultrasuoni in modo Burst Multiplo Lineare. (riprodotto con il permesso di Bausch+Lomb)

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Marco Dal Vecchio, Cristina Briamonte

L'aumento di efďŹ cacia nel controllo della uidica ha avuto un risvolto evidente nella dissipazione del calore generato dagli ultrasuoni e trasmesso ai tessuti oculari con sempre minori quantitĂ di Soluzione Salina Bilanciata (BSS+) impiegata, come è stato dimostrato dai dati in nostro possesso. Infatti, in 29 dei 31 occhi operati (93,54%) è stato possibile effettuare l'intera operazione con meno di 100 ml di BSS, con probabile riduzione degli effetti collaterali sull'endotelio corneale. Il presente lavoro, dedicato all'illustrazione della facoemulsiďŹ cazione a piccolo diametro con controllo a pedale doppio lineare, ha evidenziato come l’effettivo rilascio degli ultrasuoni abbia rappresentato in media solamente il 20% del tempo totale di utilizzo. Questo risultato, unita-

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mente alla ampia variabilitĂ sia del volume di BSS che del tempo di vuoto impiegati, indica che la riduzione del diametro della punta ad ultrasuoni non ha inciso sull'efďŹ cacia della facoemulsiďŹ cazione, permettendo di affrontare con sicurezza ogni tipo di cataratta, anche quelle piĂš dure. La presente ricerca ha avuto lo scopo di descrivere e illustrare i concetti del controllo doppio lineare offerto dalla tecnologia Bausch+Lomb per la chirurgia della cataratta, e presenta i limiti di una casistica ridotta e di un follow-up breve. Costituisce altresĂŹ la parte preliminare di un piĂš ampio e dettagliato studio volto a dimostrare l'efďŹ cacia e la sicurezza di questa innovativa tecÂ… nica chirurgica.

Bibliografia

Muller M, Kohnen T. Incisions for biaxial and coaxial microincision cataract surgery. Ophthalmologe 2010; 107(2):108-15. AliĂł J, Rodriguez-Prats JL. Advances in microincision cataract surgery intraocular lenses. Curr Opin Ophthalmol. 2006 Feb;17(1):80-93. Weikert MP. Update on bimanual microincisional cataract surgery. Curr Opin Ophthalmol. 2006 Feb;17(1):62-7. Vasavada AR, Vasavada V. Comparison of the effect of torsional and microburst longitudinal ultrasound on clear corneal incisions during phacoemulsiďŹ cation. J Cataract Refract Surg. 2012 May;38(5):833-9. 5. AliĂł JL, Elkady B. Corneal Optical Quality Following Sub 1.8 mm Micro-Incision Cataract Surgery vs. 2.2 mm Mini-Incision Coaxial PhacoemulsiďŹ cation. Middle East Afr J Ophthalmol. 2010 Jan;17(1):94-9. 6. Gogate PM. Small incision cataract surgery: Complications and mini-review. Indian J Ophthalmol. 2009 Jan-Feb;57(1):45-9.

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Caso clinico di cisti fluttuante nel vitreo

Giuseppe Mannino Silvia Calafiore Marco Balestrieri Cristina Mannino

Giorgia Maraone

Martina Maria Delle Fave

Facoltà di Medicina e Psicologia, Università “Sapienza” di Roma Dipartimento NE.SM.OS., U.O.C. di Oftalmologia Ospedale Sant’Andrea - Direttore Prof. S. M. Recupero

RIASSUNTO Obiettivi: descrivere un caso clinico di un paziente di 25 anni con una cisti fluttuante monolaterale del corpo vitreo nell’occhio destro. Procedure di base: Il paziente è stato sottoposto a : visus, biomicroscopia del segmento anteriore, tonometria, esame del fondo oculare, ecografia bulbare e ultrabiomicroscopia. Risultati: Il paziente risulta affetta da cisti monolaterale, idiopatica pigmentata del vitreo posteriore. Non è stato necessario alcun trattamento. Conclusioni: la cisti fluttuante del vitreo è una patologia rara che viene diagnosticata occasionalmente durante visite oftalmologiche di routine. Il movimento della cisti determina solitamente un transitorio annebbiamento visivo. ABSTRACT Aim: to describe a case of 25-year-old female patient with an monolateral free floating intravitreal cyst in the right eye. Methods: patient evaluation included: visus exam, anterior segment biomicroscopy, ocular tonometry, ocular fundus, ocular ecography and UBM. Results: the patient is affected by idiopathic monolateral idiopathic pigmented posterior vitreous cyst, she is asymptomatic and no treatment is necessary. Conclusion: free floating intravitreal cyst is a rare disease that is diagnosed occasionally during routine ophthalmologic exams. The movements of the cyst, causing only transient blurring of vision.

PAROLE CHIAVE cisti vitreale ecografia bulbare KEY WORDS intravitreal cyst ocular ecography

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La cisti idiopatica fluttuante del vitreo è una patologia rara che viene diagnosticata occasionalmente durante delle visite oculistiche di routine. La prima descrizione delle cisti idiopatiche fluttuanti del vitreo presente in Letteratura è del 18991. L’origine di tale formazione non è ancora chiara. Le cisti vitreali solitamente hanno una forma sferica o ovalare2 e possono essere pigmentate o non 3. Si pensa che le cisti pigmentate originino dalla pars plana mentre le non pigmentate derivino da residui del sistema dell’arteria ialoidea4,5,6. Studiate sin dai primi anni del diciannovesimo secolo, furono classificate e considerate formazioni benigne da Duke-Elder. Hanno scarso significato clinico eccetto nei casi in cui producono transitori disturbi visivi.

>> Case-report L.P., paziete maschio di 25 anni in buona salute, non fumatore, si rivolge presso il nostro ambu-

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latorio per una visita oculistica di controllo, riferendo da qualche mese transitori annebbiamenti visivi . Il paziente riferisce di non aver mai subito traumi o interventi chirurgici a livello oculare. Il visus corretto in entrambi gli occhi: -1,50sf era di 10/10, esame della motilità nella norma e la IOP era di 14mmHg. L’esame obiettivo del segmento anteriore non evidenziava né iperemia, né reazione ciliare o altre alterazioni. Esplorando il fundus oculi in OD, con una lente +90D abbiamo evidenziato una cisti ovalare mobile di circa 3 mm di diametro, mentre l’esame fundoscopico in OS era nella norma. La cisti appariva traslucente, pigmentata, con superficie liscia e fluttuante nella camera vitrea a seguito dei movimenti oculari del paziente (Figura 1-2). Vitreo e retina indenni in entrambi gli occhi. Abbiamo deciso di eseguire un esame ecografico A-B scan con sonda da 10 MHz per poter meglio capire la struttura, la natura e le dimensioni


Caso clinico di cisti fluttuante nel vitreo

della cisti: questo evidenziava una formazione ipoecogena , libera da tralci, fluttuante nel vitreo di 3,4 x 3 mm di diametro (Figura 3). E’ stato eseguito un esame UBM per studiare la faccia posteriore dell’iride, i corpi ciliari e la pars plana che non ha evidenziato alterazioni degne di nota. Al termine della visita, al fine di una corretta diagnosi differenziale, sono stati prescritti esami sierici di routine e test anticorpali specifici per Toxocara canis, Toxoplasma gondii ed Echinococco, che sono risultati tutti negativi.

na su lesioni di dimensioni maggiori11 per la maggiore invalidità funzionale riscontrata.

>> Conclusioni Le cisti vitreali sono rare e si possono presentare adese al disco ottico o fluttuanti nel corpo vitreo7. Possono presentarsi singole o multiple con una superficie pigmentata o non. Nel nostro caso il paziente presentava una singola cisti pigmentata fluttuante monolaterale. Le cisti pigmentate si pensa derivino dall’epitelio pigmentato della pars ciliaris e possono essere classificate in idiopatiche e secondarie a traumi o a forme infiammatorie intraoculari. Esaminando la faccia posteriore dell’iride, i corpi ciliari e la pars plana con ultrabiomicroscopia non abbiamo evidenziato alterazioni di queste strutture, eliminando così l’ipotesi di una causa infiammatoria recente. Le cisti vitreali sono la maggior parte delle volte asintomatiche e non necessitano, quindi, di alcun trattamento8 , come nel nostro caso. Sono segnalati casi in Letteratura di cisti con diametri non superiori ai 4 mm che sono stati trattati con fotocistotomia argon laser o con Nd:Yag laser9,10, mentre è stata eseguita vitrectomia via pars pla>>

Figura 1

Figura 2

Figura 3

Bibliografia

1. Tansley JO Cyst of the vitreous. Trans Am opthalmol Soc. 1899,; 8:507-509. 2. Asiyo-Vogel MN, el-Hifnawi el-S, Laqua H. Ultrastructural features of a solitary vitreous cyst. Retina. 1996;16(3):250-4. 3. Orellana J, O’Malley RE, McPherson AR, Font RL. Pigmentyed free-floating vitreous cyst in two young adults. Electron microscopic observation. Opthalmology. 1985; 92(2):297-302. 4. Jones WL. Free-floating vitreous cyst. Optom Vis Sci. 1998;75(3):171-3. 5. Aydin E, Demir HD, Tasliyurt T. Idiopathic pigmented free-floating posterior vitreous cyst. Int Ophthalmol. 2009 Aug;29(4):299-301. 6. Cruciani F, Santino G, Salandri AG. Monolateral idiopathic cyst of the vitreous. Acta Ophthalmol Scand. 1999;77(5):601-3. 7. Joyce M. Fixed vitreous cyst. Br J Ophthalmol. 1970;54(6):428-9. 8. Gangwar DN, Jain IS, Dhir SP, Chopra ML. Developmental vitreous cyst. Indian J Ophthalmol. 1977;25(3):45-6. 9. Lira RP, Jungmann P, Moraes LF, Silveira AP. Clinical features, histopathological analysis and surgical treatment of a free floating vitreous cyst: a case report. Arq Bras Oftalmol. 2006;69(5):753-5. 10. Nork TM, Millecchia LL. Treatment and histopathology of a congenital vitreous cyst. Ophthalmology. 1998;105(5):825-30. 11. Nakamura T, Hirotsuji T et al. A case of giant vitreosu cyst treated by pars plana vitrectomy. Japanese journal of the ophthalmic surgery. 2001; 14(2):235-237.

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>> LE IOL 1

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Figura 1 - IOL rigida anni 70 Negli anni 70, le lenti intraoculari in PMMA rigido da camera posteriore possedevano 4 fori per facilitare la manovra di avvitamento e posizionamento nel sacco capsulare, ancora aperto, con capsulotomia o nel solco ciliare. Nel tempo, questi fori divennero 2, qualche volta posizionati nella zona di estrusione delle loops, e in alcuni modelli, addirittura non perforanti. Gli ultimi modelli di lenti rigide abolirono poi questa caratteristica, e la manovra di rotazione veniva eseguita dal chirurgo, appoggiando un strumento, o una cannula, o sul piatto ottico o nella zona di estrusione delle loops. Figura 2 - IOL rigida monopezzo ecce 20 anni dall'intervento Questa lente è stata impiantata nel 1993, su intervento di ECCE pianificata con aspirazione meccanica delle masse residue. A distanza di 20 anni non si nota alcun segno di PCO né presenza di perle. In quegli anni, alcune lenti rigide ricevevano sulla superficie dei trattamenti tipo eparinizzazione o fluorizzazione perché si pensava riducessero l’incidenza di PCO, e principalmente, di detriti pigmentari.

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Figura 3 - Perle di Elschnig Pseudofachia post facoemulsificazione. Si nota una iniziale ACO con lieve fimosi del sacco ed alcune perle sul piano della capsula posteriore, settore inferiore. Molte volte, la reazione fibrotica della capsula anteriore è indotta dalla persistenza di molte cellule dell’epitelio lenticolare che risiedono nella faccia interna. Figura 4 - Iol e sacco dislocati Non è raro riscontrare quadri clinici come questo, quando il paziente è portatore di una PSX. In questo quadro clinico, infatti, la lassità zonale, pur in presenza di intervento chirurgico condotto regolarmente, può produrre una dislocazione più o meno accentuata della IOL nel sacco. In casi più gravi, si è anche avuta la caduta della IOL inclusa nel sacco in camera vitrea e sul piano retinico.

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Figura 5 - Iol con sutura di Mc Cannel (1) In caso di lieve dislocazione o donesi della IOL, o talora anche in assenza di adeguato supporto capsulare, è possibile fissare la lente da camera posteriore alla struttura iridea, adoperando la cosiddetta sutura di Mc Cannel. Questo punto, che viene passato attraverso la cornea e la camera anteriore, perfora l’iride dall’alto in basso e, includendo nel passaggio la loop della IOL, riesce perforando nuovamente dal basso verso l’alto l’iride, la camera e la cornea. L’aggancio, attraverso una piccola paracentesi dei due capi di fili, consente di produrre l’annodatura sufficiente a fissare la IOL. Tale manovra si può ripetere, se necessario sulla loop opposta, in condizione di cosiddetto bulbo chiuso. Qualche volta questa stessa tecnica è adoperata durante trapianto di cornea in condizione però di open sky In questa immagine, si nota bene la sutura superiore, forse un po’ troppo serrata, che produce una ovalizzazione modica della pupilla. Figura 6 - Iol con sutura di Mc Cannel (2) Altra immagine del caso precedente, dove si apprezza che la sutura inferiore è anch’essa serrata e produce pertanto l’ovalizzazione pupillare.

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>> IL GLAUCOMA - IMPIANTO DRENANTE SEC. BAERVELDT 1

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Figura 1 L’ impianto drenante secondo Baerveldt viene adoperato nel trattamento di glaucomi secondari prevalentemente in bulbi pseudofachici. Questo impianto non è una valvola, ma un vero sistema di drenaggio per capillarità dell’umor aqueo che viene raccolto al di sotto del piatto fissurato che il chirurgo posiziona generalmente nel quadrante supero temporale all’incirca in posizione pre equatoriale. Di tale device esistono due tipi, uno con terminale in camera anteriore, l’altro con terminale in camera vitrea via pars plana. Questa immagine si riferisce ad un paziente operato nell’aprile 2012 ed è ben visibile il tubo che collega la camera anteriore al piatto, in un momento ancora recente del post operatorio. Infatti, si apprezzano bene le suture dello sportello sclerale limbare e l’altra a metà percorso che riduce la portata del tubicino. Figura 2 - 20 gg post op Stesso paziente dell’immagine precedente in una fase post operatoria precoce. Ben visibile iperemia congiuntivele nel settore temporale superiore, a conferma del breve intervallo di tempo dall’intervento chirurgico.

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Figura 3 - Particolare tubo Stesso caso clinico, l’immagine mostra a forte ingrandimento la porzione di tubo drenante nel tratto tra la fine dello sportello sclerale e l’inizio del piatto drenante. In tale settore il tubicino è ricoperto solo da congiuntiva e capsula. Figura 4 - Terminale max. ingrandimento Terminale del tubicino di drenaggio dove si apprezza bene il pescaggio in camera anteriore, al di sopra dell’iride sopravanzando appena il limbus chirurgico. La porzione finale del tubicino deve avere una lievissima flautazione per evitare che tessuto irideo ostruisca il lume.

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Figura 5 - Altra immagine post op Altra immagine durante il decorso post operatorio di questo caso clinico.. Figura 6 - Fondo glaucomatoso Immagine del fondo dello stesso paziente. Si nota l’aspetto glaucomatosa della papilla

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>> IL GLAUCOMA - CICLODIASTASI SECONDO STRAMPELLI 1

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Figura 1 - OD quadro di insieme a un anno dall'intervento Paziente pseudofachico già operato di intervento filtrante senza successo. Eseguita ciclodiastasi secondo Strampelli con successo. Questo intervento, inventato dal grande Maestro, nel corso degli anni 60 sostituì la ciclodialisi secondo Heine, che sembrava fosse l’intervento chirurgico per il glaucoma in afachico. Figura 2 - Ciclodiastasi immagine alla fessura L’uso del filo di Supramid, teso a creare una ciclodialisi tra ore 6 e l’inserimento del muscolo retto esterno, produceva una via di filtrazione interna alternativa ed anche una lieve ipofunzione del corpo ciliare di quel settore. Per tale intervento lo stesso Strampelli disegnò una spatola con un occhiello sul terminale.

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Figura 3 - OD particolare Dall’’iridectomia ad ore 6 fuoriesce il filo che ha provocato la diastasi coroideale nel settore temporale inferiore e, creando un percorso al di sotto di congiuntiva e capsula, raggiunge una piccola sclerotomia, al di sotto del tendine del muscolo retto esterno, per l’annodamento. Figura 4 - Ciclodiastasi sec. Strampelli Ulteriore immagine con evocazione del riflesso rosso in campo pupillare

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Figura 5 - Ciclodiastasi OS Quadro post operatorio in OS dello stesso paziente che aveva subito altri interventi anti glaucomatosi senza successo Figura 6 - OS iridectomia ore 6, particolare Immagine di OS dello stesso paziente. Si nota la pseudofachia, la parziale cattura pupillare della IOL, e l’ampia iridectomia da cui fuoriesce il filo di Supramid

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>> IL GLAUCOMA – TRABECULECTOMIA 1

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Figura 1 - Trabeculectomia posteriore Paziente pseudofachico con esiti di intervento di filtrante protetta, il cui posizionamento è posteriore rispetto alla sede corretta. Lo sportello, inoltre, è di piccole dimensioni e ha prodotto un impegno della coroide che è ben visibile a sinistra e destra dei suoi margini. L’immagine ricorda un po’ gli interventi antiglaucomatosi di encleisis in uso negli anni 60 e 70. Figura 2 - Faco trabeculectomia a vie separate Nell’ambito delle tecniche per la chirurgia del glaucoma ad angolo aperto, ove coesista anche una cataratta, è possibile effettuare un intervento simultaneo di facoemulsificazione e trabeculectomia a vie separate o con unico accesso. L’unico accesso prevede di effettuare il tempo di facoemulsificazione entrando in camera anteriore, al di sotto dello sportello sclerale. Nella tecnica a vie separate, la faco verrà eseguita con routinaria accesso temporale, mentre la trabeculectomia rimarrà nel settore superiore. Si inizierà con lo sportello, poi si passerà alla faco, e, dopo l’impianto della IOL, si completerà il tempo della trabeculectomia e le suture.

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Figura 3 - Iperemia congiuntivale Nelle prime settimane dopo l’intervento è facile notare l’iperemia della congiuntiva al di sopra dello sportello sclerale, sede della filtrazione. Figura 4 - OCT di trabeculectomia Con le moderne apparecchiature OCT è possibile evidenziare l’area della fistola, come in questo caso.

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Figura 5 - Particolare sutura Al di sotto della congiuntiva e della capsula, si intravedono le due suture in nylon 10/0 che servono a mantenere in situ lo sportello che protegge la fistola chirurgica. Figura 6 - Quadro clinico a 40 gg Permane al di sopra della trabeculectomia una lieve iperemia congiuntivele reattiva, mentre si apprezza il leggero sollevamento del piano congiuntivele, a conferma della presenza di filtrazione e, quindi, del successo chirurgico.

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>> IL GLAUCOMA – TRABECULECTOMIA 7

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Figura 7 - Controllo a 3 mesi Immagine di faco a 3 mesi dall’intervento. Il segmento anteriore è in quiete, con pupilla centrata regolare, iridectomia basale e persistenza di filtrazione nel settore superiore. Figura 8 - Controllo a 3 mesi, particolare Immagine a più forte ingrandimento. Si nota come le strutture siano normofunzionanti e regolari con ottima trasparenza corneale, perfetto centraggio pupillare ed iridectomia beante.

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>> LA RETINA 1

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Figura 1 - Stafiloma postico Quadro del fondo oculare di paziente con miopia elevata di oltre 20D. L’immagine mostra chiaramente la deformazione dovuta allo stafiloma postico e vaste chiazze di atrofia corioretinica al polo posteriore. Figura 2 - Esiti di intervento per distacco di retina Stesso paziente dell’immagine precedente. OS operato per distacco di retina circa 30 anni fa. Si apprezza la grave corioretinosi miopica con atrofia del polo posteriore e, ad ore 2, una piccola striscia di colore azzurro riferibile a filo di cerchiaggio in camera vitrea.

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Figura 3 - Filo di cerchiaggio in CV Stesso paziente. Quadro a maggior ingrandimento del filo di cerchiaggio che ha eroso sclera, coroide e retina e raggiunto integro la camera vitrea. Si apprezza perifericamente l’effetto di indentazione sclero-coroideale. Il filo di cerchiaggio ideato da Hermenegildo Arroga, famoso Oftalmologo spagnolo degli anni 30, fu il sistema attraverso il quale, creando un nuovo profilo del bulbo, si correggeva il distacco di retina. Talora, però, si arrivava a quadri clinici come quello mostrato. Nel tempo il filo di cerchiaggio è stato sostituito da benderelle di silicone o spugne, per produrre l’infossamento sclero coroideale e il cerchiaggio equatoriale del bulbo. In questo modo, si sono evitate complicanze come quella mostrata, che talora sfociavano anche in quadri infettivi Figura 4 - Esiti di criotrattamento Visibile in alto a destra l’atrofia corioretinica indotta dal trattamento criogenico trans-sclerale in caso di distacco di retina.

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Figura 5 - Rottura retinica L’immagine apparentemente sfuocata, mostra una rottura retinica con tipica forma a ferro di cavallo, che ha generato il distacco di retina nel settore superiore Figura 6 - Bozza di distacco Immagine di OS dello stesso paziente. Ben visibile la bozza di distacco di retina nel settore superiore che non coinvolge ancora il polo posteriore.

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viscochirurgia

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VARE LA CORNEA R E S E PR D IL CRISTALLINO E POSIO NAZIONALE VISIAN IC M I S 1° I D I R I S U LTAT I P R E M I U M L N N A 0 2

Torino 11–12 Aprile 2014 Centro Congressi E ATA LY


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