VISCO chirurgia 2/2020

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VISCOCHIRURGIA

RIVISTA SCIENTIFICA DI OFTALMOLOGIA CHIRURGICA | ANNO XXXIV | 2/2020 OTTOBRE

MEDICINA LEGALE ”Per non commettere errori“ Dubbi comuni, risposte esaurienti dall‘esperto Demetrio Spinelli

Valutazione delle aberrazioni oculari di alto ordine nella scelta dell’impianto secondario di IOL in assenza di supporto capsulare Marco Zagari, Silvio Zagari, Mario Urso

FGE Srl – Reg. Rivelle, 7/F – 14050 Moasca (AT) – Anno XXXV – N.2/2020 – Quadrimestrale

Tecnica personale di dilatazione pupillare mediante uncini iridei Michele Marullo, Francesco Pellegrini

Chirurgia rifrattiva corneale e chirurgia rifrattiva intraoculare: esiste un confine?

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Raffaele Nuzzi, Luigi Ludovico Carucci, Flavia Tripoli

Corpo estraneo orbitocranico; presentazione clinica, imaging e gestione di un caso complesso Stefano Tricarico, Luigi Petitti, Roberto Bonfili

PILLOLE DI ESPERIENZA L’utilizzo dei FANS dopo chirurgia della cataratta Pietro Colosi, Francesca Colosi



VISCOCHIRURGIA

RIVISTA SCIENTIFICA DI OFTALMOLOGIA CHIRURGICA | ANNO XXXIV | 2/2020 OTTOBRE

MEDICINA LEGALE ”Per non commettere errori“ Dubbi comuni, risposte esaurienti dall‘esperto Demetrio Spinelli

Editoriale 3 Vittorio Picardo

Valutazione delle aberrazioni oculari di alto ordine nella scelta dell’impianto secondario di IOL in assenza di supporto capsulare Marco Zagari, Silvio Zagari, Mario Urso

FGE Srl – Reg. Rivelle, 7/F – 14050 Moasca (AT) – Anno XXXV – N.2/2020 – Quadrimestrale

Tecnica personale di dilatazione pupillare mediante uncini iridei Michele Marullo, Francesco Pellegrini

Chirurgia rifrattiva corneale e chirurgia rifrattiva intraoculare: esiste un confine?

2

Raffaele Nuzzi, Luigi Ludovico Carucci, Flavia Tripoli

Corpo estraneo orbitocranico; presentazione clinica, imaging e gestione di un caso complesso Stefano Tricarico, Luigi Petitti, Roberto Bonfili

PILLOLE DI ESPERIENZA L’utilizzo dei FANS dopo chirurgia della cataratta Pietro Colosi, Francesca Colosi

MEDICINA LEGALE

”Per non commettere errori“ Dubbi comuni, risposte esaurienti dall‘esperto

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Demetrio Spinelli

Valutazione delle aberrazioni oculari di alto ordine nella scelta dell'impianto secondario di IOL in assenza di supporto capsulare

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Marco Zagari, Silvio Zagari, Mario Urso

Tecnica personale di dilatazione pupillare mediante uncini iridei

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Michele Marullo, Francesco Pellegrini

Chirurgia rifrattiva corneale e chirurgia rifrattiva intraoculare: esiste un confine?

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Raffaele Nuzzi, Luigi Ludovico Carucci, Flavia Tripoli

Corpo estraneo orbitocranico; presentazione clinica, imaging e gestione di un caso complesso

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Stefano Tricarico, Luigi Petitti, Roberto Bonfili

PILLOLE DI ESPERIENZA

L’utilizzo dei FANS dopo chirurgia della cataratta

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Pietro Colosi, Francesca Colosi

L’indirizzo di posta elettronica di Viscochirurgia è cambiato. Il nuovo è viscochirurgia@fgeditore.it

ATLAS OF ANTERIOR SEGMENT OCT NOVITÀ EDITORIALE www.fgeditore.it

ISSN 0349 - 61

FGE Srl Redazione: Via Petitti, 16 - Milano Reg. Rivelle, 7/F - 14050 Moasca (AT) Tel. 0141 1706694 - Fax 0141 856013 info@fgeditore.it - www.fgeditore.it

Anno XXXV • N. 2 • 2020 contiene I.P.

Direttore Editoriale Vittorio Picardo

Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 335 del 14-06-1986

Direttore Responsabile Ferdinando Fabiano

FGE srl - Fabiano Gruppo Editoriale Redazione: Via Petitti, 16 - Milano Reg. Rivelle, 7/F - 14050 Moasca (AT) Tel. 0141 1706694 - Fax 0141 856013 info@fgeditore.it -www.fgeditore.it

Segreteria di redazione 0141 1706694 f.fabiano@fgeditore.it

Impaginazione e stampa FGE srl Moasca (AT) Abbonamenti e libri e-mail: ordini@fgeditore.it

Chiuso in redazione Ottobre 2020



Mesi terribili, questi da febbraio ad ora, che hanno modificato radicalmente tante nostre abitudini di vita e creato, per molte settimane, un’atmosfera surreale e imprevista di “lockdown” e di distanziamento sociale. Un virus, una pallina con tante antennine, grande pochi micron, ha terrorizzato un pianeta intero perché ha voluto “viaggiare” (sicuramente in aereo) dalla Cina, sulla via della seta verso l’Europa e da qui, varcare l’Oceano e arrivare nelle Americhe ed anche in Africa, ritornando verso i luoghi di origine. La pandemia da SARS COVID 19 ha così bloccato tutte le attività sociali, culturali ed ancor più politiche ed economiche di quasi tutte le nazioni del mondo. I momenti terribili, almeno in Italia, sembrerebbero passati. Con l’inizio dell’estate, la vita nelle nostre città sembrerebbe aver ripreso un taglio di normalità, pur richiedendo a noi tutti alcune piccole norme di igiene personale e di comunità. Ancora, però, congressi e incontri scientifici non possono aver luogo e quindi le attività scientifiche culturali, in web e per stampa, hanno assunto un valore maggiore ed una valenza più ampia, perché si sono fatti carico di quell’aggiornamento professionale necessario a noi tutti e anche di produrre una rete di informazione e scambio culturale che vive h 24. Come segno di fiducia in questa filosofia di ottimismo, la Redazione e il gruppo di lavoro di Viscochirurgia ha realizzato il secondo numero della rivista, sia in versione digitale che cartacea. Proseguono quindi le rubriche, compaiono importanti e particolari contributi, … insomma la rivista, credo, sarà interessante come sempre e la voglia di sfogliare le sue pagine non vi mancherà ancora una volta. A patto che prima abbiate disinfettato le vostre mani con l’opportuno gel alcolico. Vittorio Picardo

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M E D I C I N A LEGALE

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”Per non commettere errori“ Dubbi comuni, risposte esaurienti dall‘esperto

Demetrio Spinelli

Prosegue la collaborazione con il Professor Spinelli su quesiti di Medicina Legale legati al nostro lavoro quotidiano, ulteriormente complicato in questo ultimo periodo per la ben nota pandemia da Covid 19, anche se l’evoluzione degli eventi ha cambiato qualcosa … in meglio.

In un momento così particolare e ben comprendendo le difficoltà prodotte dalla regionalizzazione del nostro sistema sanitario, quali semplici consigli possiamo offrire ai lettori di Viscochirurgia per le attività ambulatoriali? Per le attività in un ambulatorio pubblico (o convenzionato) valgono le disposizioni cogenti: Ministero – Regione – Struttura Ospedaliera (Direzione Sanitaria). Per la attività di un ambulatorio privato è indispensabile seguire le norme di igiene e sicurezza, le procedure di sanificazione e di protezione individuale. In particolare: 1) per quanto attiene alla struttura: sanificazione dell’ambulatorio (e certificazione della stessa); igienizzazione di tutte le superfici e delle apparecchiature medicali all'apertura dello studio, prima e dopo ogni visita, alla chiusura dello studio, aerazione dello studio, divisorio per segreteria. 2) per quanto attiene al paziente: triage per appuntamento, autocertificazione, acquisizione dei dati relativi alla temperatura corporea, tampone da riservarsi ai casi da sottoporre ad intervento chirurgico per l’eventuale

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percorso diversificato, mascherina e guanti, igienizzazione delle mani, da solo o con un accompagnatore, distanza interpersonale. 3) per quanto attiene al personale (che è edotto della normativa): mascherine, guanti, visiera, camici, igienizzazione mani nonché superfici e apparecchiature medicali prima e dopo ogni visita, distanza interpersonale. Ricordiamoci che l’autodichiarazione del paziente non è sufficiente in caso di contenzioso: è sempre necessario attivare le disposizioni normative in vigore, al fine di arginare la diffusione del contagio e garantire la sicurezza del paziente.


M E D I C I N A LEGALE

È utile, se non necessario, che le Assicurazioni coprano gli eventuali profili di responsabilità da infortunio da Covid-19. In genere le Assicurazioni chiedono che siano rispettate le disposizioni vigenti al momento della prestazione effettuata ad es: non uso Dispositivi Protezione Individuale, non rispetto delle procedure riguardo le misure di sicurezza per il paziente e per il sanitario da adottare nel corso delle visite, gli accertamenti diagnostici, gli interventi para chirurgici o chirurgici. Il Sanitario che opera in una struttura pubblica in rapporto di dipendenza è coperto dalla Assicurazione dell’Ospedale. Ricordiamo che qualora un Sanitario contragga malattia da Covid-19, questa è considerata infortunio ed è soggetta a denuncia INAIL. Quale percorso e soprattutto quale documentazione Lei ritiene non solo utile, ma indispensabile da inserire in una cartella clinica di un paziente che si opera di cataratta, ricordandoci che questo intervento è definito “ambulatoriale”? La Cartella Clinica è uno strumento informativo individuale finalizzato a rilevare tutte le informazioni anagrafiche e cliniche significative relative ad un paziente e ad un singolo episodio di ricovero (Ministero della Sanità, 1992), ovvero è l’insieme di documenti che registrano un complesso eterogeneo di informazioni sanitarie, anagrafiche, sociali, aventi lo scopo di rilevare il percorso diagnostico-terapeutico di un paziente.

Funzioni della cartella clinica sono: fornire informazioni per decisioni diagnostico-terapeutiche razionali e per garantire continuità assistenziale; consentire la tracciabilità delle attività svolte; permettere l’integrazione di competenze multidisciplinari; essere fonte di informazioni per ricerca scientifica e monitoraggi gestionali; avere funzione medico legale. La cartella clinica ospedaliera e di casa di cura convenzionata costituisce un atto pubblico (art. 2699 c.c.) di fede privilegiata, con valore probatorio contrastabile solo con querela di falso. La cartella clinica redatta dal medico liberoprofessionista è un semplice promemoria privato dell’attività diagnostica e terapeutica e non riveste carattere né di atto pubblico e né di certificazione e la conservazione dei dati raccolti necessita di autorizzazione scritta del paziente. Ricordiamo brevemente i requisiti necessari per la chirurgia ambulatoriale (Ministero della Sanità 2000) e cioè: • Requisiti strutturali – accessibilità – dotazione minima ambienti – locale ambulatori • Requisiti tecnologici – dotazione attrezzature e farmaci • Requisiti tecnologici specifici • Requisiti organizzativi – utilizzo esclusivo – consenso informato (fascicolo operatore) – registro ambulatorio (fascicolo operatore) – protocolli di cura – relazione al medico curante – gestione delle complicanze – qualificazione del personale. La documentazione sanitaria ambulatoriale (cartella clinica) è costituita dal fascicolo nel quale sono registrate, dal personale abilitato, le informazioni sanitarie e amministrative relative all’insieme degli episodi ambulatoriali afferenti ad uno specifico episodio o percorso di diagnosi, cura e riabilitazione. La rendicontazione delle singole prestazioni ambulatoriali è regolata dalle scadenze deliberate dalia Regione e non è vincolata alla chiusura dei percorso ambulatoriale del singolo paziente. Nel caso di prestazioni erogate in regime di BIC (Bassa Intensità Chirurgica)/MAC

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(Macroattività Ambulatoriale Complessa) tutta la documentazione prodotta durante l'accesso ospedaliero dovrà essere raccolta nella cartella dedicata. Tale cartella, per cui viene generato dall‘applicativo Ticket uno specifico numero di pratica distinto da quelli utilizzati per i ricoveri, deve essere inviata all’Archivio clinico entro trenta giorni dal giorno della prestazione, della chiusura del/i ciclo/i programmato/i e comunque entro il 15 gennaio dell’anno successivo. La cartella dedicata a BIC e MAC deve essere chiusa dopo la verifica della sua completezza, in particolare: documentazione inerente le prestazioni eseguite, i referti delle indagini diagnostiche, tracciabilità dell'assistenza e delle attività cliniche, compresa la tracciabilità dell’eventuale notte di osservazione dopo la prestazione, consensi, ecc. Deve contenere una serie di dati non solo necessari ma indispensabili: generalità del paziente; motivo del ricovero; data e struttura di ammissione; anamnesi; esame obiettivo; referti di esami diagnostici e specialistici; terapia; consenso e dichiarazioni di volontà; decorso della malattia; epicrisi; data e struttura di dimissione. Vengono inoltre inclusi il verbale chirurgico, la scheda anestesiologica e la relazione alla dimissione (obbligatorie per legge), la check-list per

la sicurezza in sala operatoria, il foglio unico di terapie farmacologiche (FUT). Tutta la documentazione sanitaria, compresa quella ambulatoriale, deve essere conservata in ossequio alla normativa sulla privacy. Le cartelle BIC/MAC devono essere conservate presso gli ambulatori o in altri spazi identificati sino all’invio presso l’Archivio clinico che deve avvenire entro trenta giorni dall’avvenuta prestazione/della chiusura del/i ciclo/i programmato/i e, comunque, entro il 15 gennaio dell’anno successivo. La responsabilità della documentazione, anche dal punto di vista della conservazione, è a carico del Direttore/Responsabile della SC/SSD sono al momento dell’invio dell’archivio clinico per archiviazione o sino all’invio per smaltimento. Eventuale documentazione integrante la cartella disponibile dopo l’archiviazione della cartella sarà inviata presso l'Archivio, con lettera di accompagnamento a cura dei Direttore/Responsabile della SC/SSD. Tale documentazione sarà inserita nella cartella archiviata previa apposizione, da parte del personale dell'Archivio Clinico, di timbro attestante la data di ricevimento. Il modello di consenso per la privacy da utilizzare è lo stesso in uso per i ricoveri ordinari/DH. Ricordiamoci che nel caso in cui dalla irregolare compilazione della cartella clinica siano derivate conseguenze nocive al paziente, il medico è responsabile per colpa per negligenza con l’obbligo al risarcimento del danno. È importante in questa epoca Covid far firmare al paziente ogni prestazione elargita e riportata in cartella clinica? Il paziente deve sottoscrivere l’autocertificazione, nonché il consenso informato all’intervento chirurgico o parachirurgico. A differenza della informazione che va consegnata perlomeno una settimana prima dell’intervento e controfirmata dal paziente, e del consenso vero e proprio, che può anche essere firmato il giorno dell’intervento, non è necessaria la firma del paziente per conferma delle visite successive.

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M E D I C I N A LEGALE

È sufficiente che in cartella clinica e/o fascicolo e/o registro consultabile figuri copia della lettera di dimissione e copia della/e visita/e effettuata/e. Come già detto tuttavia ambedue in caso di contenzioso, essi non sono sufficienti. Il chirurgo e la struttura devono dimostrare da un lato di avere attivato tutte le disposizioni normative in vigore al fine di evitare la diffusione del contagio e garantire la sicurezza del paziente, dall’altro devono dimostrare di aver fornito prima del giorno dell’intervento un informazione esaustiva su rischi e benefici, complicazioni e rischi dell’intervento che il paziente deve sottoscrivere non solo per presa visione ma per presa conoscenza. Va ricordato che vi può essere un contenzioso non solo per condotta omissiva (mancato rispetto delle norme in vigore stabilite e non adozione delle misure atte a prevenire il contagio), ma anche per condotta commissiva (aver favorito la diffusione della malattia contravvenendo alla normativa in vigore al momento). Ricordiamoci che l’articolo 452 del Codice Penale parla di epidemia colposa. In caso di contenzioso per infezione da Covid in primis il paziente deve dimostrare di aver contratto l’infezione per colpa dell’oculista. L’oculista deve documentare di aver agito correttamente secondo le regole cogenti in tutte le prestazioni.

Se quanto dichiarato dal paziente al questionario telefonico fosse non conforme al vero, come può l’Oculista tutelarsi sia per un’eventuale prestazione ambulatoriale pura che per una prestazione chirurgica “ospedaliera”? Per quanto attiene al triage e alla autocertificazione, a posteriori è impossibile documentare quanto detto o scritto dal paziente; il criterio d’urgenza o di improrogabilità di una determinata prestazione si basa sulla sintomatologia lamentata dal paziente e su come “vive” quella determinata problematica (aspetto psicologico), sui risultati dell’accertamento = visita effettuata e sulle caratteristiche proprie della patologia diagnosticata. L’accertamento oculistico va sempre refertato. L’oculista deve dimostrare di aver attivato tutte le disposizioni normative in vigore. Ovviamente questo è difficile e talora impossibile da effettuarsi. Per ovviare a questo è necessario preparare un attestato da tenere in studio, datato e sottoscritto dal responsabile medico, dal responsabile ortottista e personale infermieristico e dal responsabile amministrativo, che attesti che nello studio vengono seguite tutte le normative cogenti. In questo modo esiste per lo meno una attestazione di quanto viene fatto.

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Valutazione delle aberrazioni oculari di alto ordine nella scelta dell'impianto secondario di IOL in assenza di supporto capsulare 

Marco Zagari  Silvio Zagari  Mario Urso

Poliambulatorio Centro Europeo, Catania

Scopo del lavoro: valutare e confrontare le aberrazioni di alto ordine (HOAb) di vari impianti secondari di lenti intraoculari (IOL). Objective: To evaluate and compare the high order aberrations (HOAb) of various secondary intraocular lens (IOL) implantation.

PAROLE CHIAVE chirurgia della cataratta afachia impianto secondario di IOL aberrazioni oculari di alto ordine KEY WORDS cataract surgery aphakya secondary IOL implantation High Order Aberrations

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L'aggiornamento tecnologico e i progressi nelle tecniche e negli strumenti chirurgici oggi consentono di gestire con successo quasi tutte le cataratte, quindi quasi tutti i pazienti hanno un impianto IOL immediato con buoni risultati post-operatori. Sebbene questo intervento abbia raggiunto un alto tasso di successo, dobbiamo ancora trattare con i pazienti afachici, in cui il chirurgo decide di ritardare l'impianto della IOL. Questi pazienti possono ricorrere a lenti a contatto o occhiali afachici. Tali alternative non sono molto comode, la prima induce aniseikonia, effetti telescopici e compromissione della percezione della profondità e del campo visivo, e la seconda fornisce problemi sulla superficie oculare con una permeabilità ai gas limitata, spesso responsabile della neovascolarizzazione corneale. Il risultato migliore in questi pazienti può essere ottenuto con un impianto IOL secondario. Tuttavia, questi pazienti presentano spesso carenza o assenza di supporto capsulare posteriore, quindi la IOL deve essere impiantata con altre modalità. Sono disponibili diverse opzioni, come la IOL da camera anteriore, l’enclavazione iridea, la sutura trans-sclerale, incollata con colla di fibrina o con tappi autobloccanti. Tuttavia, queste tecniche possono dare una ridotta acuità visiva rispetto all'impianto nel sacco capsulare, dando luogo a aberrazioni, inclinazione e decentramento della IOL. L'aberrazione è una

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distorsione identificata da un fronte d'onda di luce quando passa attraverso l'occhio. È identificata da espressioni matematiche (polinomi di Zernike). Le aberrazioni possono essere costituzionali o derivare da cicatrici della cornea a seguito di interventi chirurgici agli occhi, traumi o malattie. Distinguiamo aberrazioni di basso ordine (defocus e astigmatismo) e di alto ordine (HOAb) (coma, trifoglio, aberrazione sferica). L'ordine si riferisce alla complessità della forma del fronte d'onda che emerge attraverso la pupilla; più complessa è la forma, maggiore è l'ordine di aberrazione. Le HOAb costituiscono almeno il 15% del numero totale di aberrazioni. A causa della loro natura complessa, queste aberrazioni non possono essere corrette con occhiali normali e la maggior parte dei contatti possono causare difficoltà a vedere di notte, abbagliamento, aloni, sfocatura, motivo a stella e diplopia. Questo lavoro mira a determinare le HOAb indotte da diversi impianti IOL secondari, per identificare la scelta migliore. Sono stati arruolati 25 pazienti di entrambi i sessi con afachia e assenza di supporto capsulare posteriore, per un totale di 25 occhi. L'età era compresa tra 28 e 76 anni (media 66 anni). I pazienti sono stati suddivisi in 4 gruppi, a seconda della tecnica chirurgica adottata. Quattro pazienti sono stati impiantati con lente a enclavazione iridea anteriore, 8 con IOL a fis-


Valutazione delle aberrazioni oculari di alto ordine nella scelta dell'impianto secondario di IOL in assenza di supporto capsulare

Total Hoab

Total coma RMS

IOL Coma

Scleral fixation

0.10

0.42

0,23

IOL Spherical aberration

IOL Tilting

-0.10

-0.95

Iris claw

7.21

0.13

-0,41

0.16

-3.12

Carlevale

0.06

0.94

-0.003

-0.08

-2.23

Glued

0.09

0.50

0.1

-0.09

-2.39

Tabella 1. Caratteristiche delle aberrazioni oculari nei diversi gruppi (espresse in microns). RMS=root mean square

sazione sclerale, 5 con GLUED IOL e 8 con lente di Carlevale. È stata eseguita aberrometria corneale utilizzando “Keratron Scout analyfront wave analzer” e un'aberrometria totale con “Ocular Wavefront Analyzer Irx3”. È stata condotta un'analisi statistica differenziale tra l'aberrazione totale e quella corneale. È stata eseguita aberrometria corneale e totale. Sono state valutate l'acuità visiva post-operatoria, la coma, l'aberrazione sferica e il tilting. Risultati: nel gruppo degli impianti a fissazione sclerale, la BCVA preoperatoria era compresa tra 0,67 e 0,8 log Mar (media 0,7 ± 0,08) e nel post-operatorio ha mostrato un incremento fino a 1,0 (media 0,93 ± 0,11). Nel gruppo con lente a enclavazione iridea (Iris Claw) la BCVA è passata da 0,67-0,8 ± 0,06 a 0,8 ± 0,04 log Mar. Nel terzo e nel quarto gruppo vi è stato il miglioramento più importante dell'acuità visiva rispetto agli altri gruppi. Nel gruppo impiantato con lente intraoculare di Carlevale la BCVA preoperatoria era 0,7 ± 0,01 e si è spostata a 0,91 ± 0,14 dopo l'intervento. Nel gruppo impiantato con Glued IOL la BCVA preoperatoria era 0,8 ± 0,03, mentre quella post-operatoria era 0,93 ± 0,14. La IOL fissata

con sutura sclerale mostrava la prevalenza di aberrazione comatica rispetto altre categorie. L’iris claw ha mostrato la prevalenza di aberrazioni corneali. La glued mostrava una distribuzione bilanciata delle diverse componenti aberrometriche. La lente di Carlevale ha mostrato invece prevalenza di aberrazione sferica. Non ci sono state complicanze intraoperatorie né post-operatorie. Durante il follow-up non si sono verificate erosioni sclerali da plug né da sutura, né necrosi sclerale, scompenso delle cellule endoteliali, rottura o lussazione dell'impianto. L'analisi statistica non ha rivelato una differenza significativa tra i diversi gruppi riguardo alle aberrazioni della IOL (P = 0,87), mentre la somma delle aberrazioni totali ha mostrato uno squilibrio significativo a sfavore delle IOL a enclavazione iridea (P <0,03). La correlazione tra BCVA e le aberrazioni totali non era significativa (R = -0,91). (Tabella 1). Sono disponibili molte procedure chirurgiche per impiantare una lente intraoculare negli occhi con supporto capsulare carente. In questi casi la scelta della tecnica chirurgica dipende dall'esperienza del chirurgo e dalle specifi-

Grafico 1. Acuità visiva corretta pre e post-operatoria

Grafico 2. Insieme delle aberrazioni di alto ordine di ciascuna IOL rispetto al diottro oculare.

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Marco Zagari, Silvio Zagari, Mario Urso

Grafico 3. Somma delle aberrazioni dell'intero diottro oculare

Grafico 4. Distribuzione del tilting

che dei singoli casi1,2. L’iris claw è particolarmente utile nei pazienti più anziani, poiché il suo impianto richiede tempi chirurgici brevi ed è meno invasivo rispetto alle IOL di impianto in camera posteriore, in quanto La IOL può essere posizionata con poche manovre nella superficie anteriore o posteriore dell'iride, tuttavia questa tecnica necessita di un’ampia incisione corneale3. Inoltre, a questa tecnica sono associate molte complicanze, come la possibile lussazione della IOL, elevato astigmatismo, ovalizzazione della pupilla, rischio di scompenso corneale e aumentato rischio di glaucoma4,5. Tae Won Hahn ha confrontato la lente a fissazione sclerale trans-solco in alternativa alla lente a enclavazione iridea ottenendo risultati migliori con la prima tecnica6. Anche nel nostro studio, l'acuità visiva postoperatoria nei casi impiantati con lenti a enclavazione iridea è risultata meno elevata rispetto agli occhi con lenti a camera posteriore. Inoltre, in accordo con K Hayashi e coll, nel nostro studio le aberrazioni oculari differivano significativamente tra gli occhi con le diverse IOL7. (Grafici 1-4). Malbran et al. avevano descritto la IOL a fissazione sclerale in occhi afachici che erano stati precedentemente sottoposti a'ICCE nel 1986, questa tecnica si è rivelata efficace per rag-

giungere un buon risultato visivo, tuttavia, sono necessari molti passaggi per l'impianto di IOL fissate con suture sclerali, come suture e manipolazione delle aptiche delle IOL vicino alla base del corpo vitreo8. Inoltre, questa tecnica presenta tipiche complicanze, come l'erosione e la rottura delle suture, che possono portare a dislocazione, inclinazione e decentramento della IOL. Daisuke Kunita ha confrontato le aberrazioni delle IOL monopezzo rispetto alle IOL tre pezzi, indicando che la prima scelta era la più stabile e resistente6. Oshika et al. Hanno studiato l'inclinazione delle IOL tre pezzi usando la videocamera Scheimpflug, e anche gli HOA dopo la fissazione della sutura sclerale nella camera posteriore, scoprendo che il tilting della IOL può portare a un'aberrazione simile alla coma9. Matzuki suggerisce che le HOA delle IOL vengono modificate quando le aptiche della IOL vengono stirate per la fissazione intrasclerale10,11. Per ridurre alcuni di questi rischi, nel 2007 è stata introdotta la fissazione intrasclerale senza suture, utilizzando diverse tecniche come l'impianto di IOL con plug autobloccanti o la fissazione con colla di fibrina12,13,14. La Glued IOL e la lente di Carlevale forniscono i migliori risultati visivi nei casi di supporto capsulare carente.

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Bibliografia

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Valutazione delle aberrazioni oculari di alto ordine nella scelta dell'impianto secondario di IOL in assenza di supporto capsulare

Guida alla comprensione dell’angiografia OCT

4. Donaldson KE, Gorscak JJ, Budenz DL, Feuer WJ, Benz MS, Forster RK. Anterior chamber and sutured posterior chamber intraocular lenses in eyes with poor capsular support. J Cataract Refract Surg 2005;31:903-9. 5. Donaldson KE, Gorscak JJ, Budenz DL, Feuer WJ, Benz MS, Forster RK. Anterior chamber and sutured posterior chamber intraocular lenses in eyes with poor capsular support. J Cataract Refract Surg 2005;31:903-9 6. Hahn T.W., M.D., KimM.S., M.D., KimJ. H., M.D. Secondary intraocular lens implantation in aphakia J cataracf refracf SURG-VOL 18, March 1992 7. Hayashi K, Yoshida M and Hayashi H. Correlation of higher-order wavefront aberrations with visual function in pseudophakic eyes. Eye (2008) 22, 1476–1482 8. Malbran ES, Malbran E, Jr, Negri I. Lens guide suture for transport and fixation in secondary IOL implantation after intracapsular extraction. Int Ophthalmol. 1986;9:151–60 Rispoli 9. Marco Oshika T, Sugita G, Miyata K, Tokunaga T, Samejima T, Okamoto C, et al. Influence of tilt and decentration of scleral-sutured intraocular lens on ocular higher-order wavefront aberration. Br J Ophthalmol. 2007;91:185–8 Maria Cristina Savastano 10. Taketani F, Yukawa E, Ueda T, Sugie Y, Kojima M, Hara Y. Effect of tilt of 2 acrylic intraocular lenses on high-order aberrations. J Cataract Refract Surg. 2005 Jun;31(6):1182-6. Bruno Lumbroso 11. Matsuki N., Inoue M., Itoh Y., Nagamoto T, Hirakata A. Changes in higher-order aberrations of intraocular lenses with intrascleral fixation David Huang Br J Ophthalmol 2015;0:1–7. 12. Sinha R, Bali SJ, Sharma N, Titiyal JS. Fibrin glue-assisted fixation of decentered posterior chamber intraocular lens. Eye Contact Lens. Yali Jia 2012 Jan;38(1):68-71 Eric H Souied 13. Kumar S, Singh S, Singh G, Rajwade NS, Bhalerao SA, Singh V., Visual outcome and complications of various techniques of secondary intraocular lens. Oman J Ophthalmol. 2017 Sep-Dec;10(3):198-204. 14. Agarwal A, Kumar DA, Jacob S, Baid C, Agarwal A, Srinivasan S. Fibrin glue-assisted sutureless posterior chamber intraocular lens implantation in eyes with deficient posterior capsules. J Cataract Refract Surg. 2008; 34:1433–8.

Dalla fisiopatologia all’imaging clinico

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Redazione: Via Petitti 16 – 20149 Milano Sede operativa: FGE srl − Regione Rivelle 7/F − 14050 Moasca (AT) - Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013 Redazione: Via Petitti 16 – 20149 Milano e-mail: info@fgeditore.it − www.fgeditore.it Sede operativa: FGE srl − Regione Rivelle 7/F − 14050 Moasca (AT) - Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013 e-mail: info@fgeditore.it − www.fgeditore.it

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Tecnica personale di dilatazione pupillare mediante uncini iridei 

Michele Marullo1  Francesco Pellegrini

Direttore1, UOC Oculistica, Ospedale “Spirito Santo” Pescara

Obiettivo: descrivere la nostra personale tecnica nell’impiego di uncini per dilatazione iridea mediante utilizzo di ago 27 G Tecnica: un ago 27 G viene utilizzato per eseguire 4 ingressi in camera anteriore dopo marcatura a livello limbare. Successivamente gli uncini retrattori iridei vengono inseriti in camera anteriore attraverso i quattro ingressi e agganciati all’iride. In ultimo, i retrattori iridei vengono tensionati fino alla dilatazione desiderata. Conclusioni: con l’utilizzo di questa tecnica si possono ottenere diversi vantaggi, come ad esempio una maggiore stabilità di camera, l’assenza di leakage e la non interferenza con le incisioni della facoemulsificazione. Aim: to describe our personal technique for inducing a mechanical mydriasis with iris hooks using a 27 G needle Technique: a 27 G needle is used to penetrate the anterior chamber after limbal marking. Then, iris hooks are inserted in the anterior chamber and grappled to the iris margin. Last, iris hooks are tensioned to the desired mydriasis. Conclusions: use of our technique allows several advantages, such as anterior chamber stability, absence of leakage though the incisions and avoidance of interference with phaco incisions.

PAROLE CHIAVE uncini iridei Intervento di cataratta midriasi KEY WORDS iris hooks cataract surgery mydriasis

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La scarsa dilatazione farmacologica della pupilla è uno dei problemi più comunemente riscontrati dal chirurgo oculista nell’intervento di cataratta isolato o combinato con altri interventi del segmento anteriore o posteriore. La scarsa midriasi può essere legata a condizioni sistemiche (es. diabete), farmaci (es. farmaci alfa-litici, sindrome IFIS) o condizioni locali (es. sindrome pseudoesfoliativa, pregresse uveiti etc…). Una relativa miosi pupillare è un fattore di rischio ben noto per varie complicanze nella chirurgia della cataratta1, e una inadeguata dilatazione pupillare può inoltre favorire danni iatrogeni iridei e conseguente discoria postoperatoria con fotofobia2. L’utilizzo di uncini retrattori iridei dal loro primo utilizzo agli inizi degli anni ’903,4, è diventata una delle più comuni soluzioni chirurgiche per risolvere una midriasi non sufficiente e portare a termine l’intervento con successo. Generalmente l’applicazione dei retrattori iridei viene eseguito praticando 4 (in alcuni casi 5) incisioni limbari con lo stesso tagliente 15° che viene utilizzato per eseguire le paracentesi laterali. L’ingresso con la lama 15° può tuttavia risultare eccessivo

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rispetto alla larghezza degli uncini iridei, risultando quindi in un possibile leakage intraoperatorio e conseguente riduzione e/o sbalzi di profondità della camera anteriore. Ingressi eccessivamente larghi possono inoltre interferire con le incisioni laterali per la chirurgia della cataratta nonché favorire teoricamente un Seidel postoperatorio. Alcuni chirurghi preferiscono eseguire le incisioni più sclerali che non corneali per inserire i retrattori parallelamente al piano irideo ma questo può comportare sanguinamento congiuntivale rendendo poi difficile la localizzazione del sito di ingresso. Inoltre l’entrata sia a livello corneale che sclerale non è mai perfettamente riproducibile potendo risultare in un taglio troppo piccolo (con necessità di un ulteriore taglio) o troppo grande (con i problemi elencati sopra). Un semplice accorgimento che può ovviare a queste complicanze prevede l’utilizzo di un ago 27 G con il quale praticare i 4 ingressi per i retrattori iridei. I passaggi di tale tecnica sono i seguenti: - Dopo aver asciugato il limbus corneale, si procede alla marcatura puntiforme dei quattro ingressi con penna dermografica. È importante


Tecnica personale di dilatazione pupillare mediante uncini iridei

che la marcatura sia quanto più precisa possibile in maniera da avere poi una dilatazione iridea regolare ed evitare eccessiva diffusione di colore che può mascherare il sito di entrata - Un ago da 27 G viene piegato “bevel up” in maniera tale da risultare più ergonomico nella penetrazione in camera anteriore - L’ago viene quindi fatto entrare in camera anteriore in direzione del centro pupillare e parallelamente al piano irideo - Nel punto di entrata dell’ago, al microscopio operatorio è possibile apprezzare una interruzione nella colorazione corneale che rende facile riconoscere il preciso punto di ingresso in camera anteriore - I retrattori iridei vengono quindi inseriti in camera anteriore attraverso i siti di entrata e agganciati all’iride. È preferibile il posizionamento orizzontale dell’ uncino al momento del suo ingresso in cornea. - Una volta agganciati tutti i retrattori a livello dell’orletto pupillare, si provvede all’esatto tensionamento degli stessi fino al grado di dilatazione desiderato - Dopo aver così ottenuto una midriasi sufficiente, si procede all’intervento chirurgico

- La rimozione dei retrattori iridei avviene come di solito Utilizziamo comunemente questa tecnica che offre alcuni vantaggi rispetto all’utilizzo classico dei taglienti 15°: 1. La tecnica è elegante e meno traumatica rispetto all’utilizzo del tagliente. Assicura inoltre un minor o assente sanguinamento dai vasi congiuntivali perilimbari 2. Non vi è la possibilità di eccessiva “apertura” della camera anteriore come può avvenire per un tagliente spinto troppo a livello corneale, in quanto il diametro dell’ago è lo stesso per tutta la sua lunghezza 3. La dimensione degli ingressi risulta quindi standard, prevedibile e riproducibile 4. Assenza di leakage intraoperatorio (che può indurre a perdite di camera) o postoperatorio 5. Mancata interferenza dei quattro ingressi corneali con le paracentesi per facoemulsificazione In conclusione possiamo affermare che l’utilizzo di un ago 27 G per l’esecuzione degli ingressi in camera anteriore offre indubbi vantaggi ed è preferibile all’utilizzo di altri taglienti comunemente utilizzati nella chirurgia della cataratta.

Figura 1. Prima dell’intervento. Scarsa midriasi in un paziente con cataratta evoluta

Figura 2. Il limbus viene accuratamente asciugato prima della marcatura

Figura 3. Il limbus viene marcato delicatamente in quattro punti con penna dermografica

Figura 4. L’ago 27 G viene piegato con “bevel up”.

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Michele Marullo, Francesco Pellegrini

Figura 5. L’ago così piegato viene inserito in camera anteriore nei siti precedentemente marcati.

Figura 6. Si noti come il retrattore irideo venga inserito orizzontalmente in cornea

Figura 7. I quattro retrattori iridei vengono posizionati e agganciati all’iride

Figura 8. Come ultimo passaggio si procede al tensionamento dei retrattori fino a raggiungere il grado di midriasi desiderato.

Figura 9. Controllo post operatorio a 24 ore

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Bibliografia

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Chirurgia rifrattiva corneale e chirurgia rifrattiva intraoculare: esiste un confine? 

Raffaele Nuzzi  Luigi Ludovico Carucci  Flavia Tripoli

Clinica Oculistica Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino

Scopo del lavoro: stabilire se esiste un confine tra la chirurgia rifrattiva intraoculare e la chirurgia rifrattiva laser. Materiali e metodi: analisi delle principali review presenti in Letteratura. Risultati: la chirurgia rifrattiva intraoculare rappresenta una valida alternativa alla chirurgia laser per difetti rifrattivi medio-alti, quando con il laser aumenta il rischio di esiti negativi (aloni, abbagliamento, ectasie). Gli studi concordano nel ritenere gli impianti intraoculari fachici sovrapponibili o superiori come risultati alla chirurgia rifrattiva laser. Discussione e conclusione: non esiste un netto limite tra le due tecniche chirurgiche. A orientare la scelta, oltre all’entità del difetto rifrattivo, è lo stato accomodativo del paziente. Nel paziente presbite l’opzione migliore è l’estrazione di cristallino trasparente. Nel giovane con accomodazione conservata e difetto rifrattivo medio-basso è preferibile la chirurgia rifrattiva laser corneale; in caso di difetto medio-alto le lenti intraoculari fachiche. Objective: to establish if there is a limit between intraocular refractive surgery and laser refractive surgery. Materials and methods: analysis of the main reviews in the literature. Results: intraocular refractive surgery represented a valid alternative to laser refractive surgery for medium-high refractive errors, when with the laser the risk of negative results increases (halos, glare, ectasis). Studies agree that phakic intraocular IOL are superimposable or superior as results to laser refractive surgery. Discussion and conclusion: there is no clear limit between the two surgical techniques. To guide the choice, in addition to the degrees of the refractive errors, patient's accommodative state should be considered. In presbyopic patients, the best option is the refractive lens exchange. In young people with preserved accommodation and medium-low refractive error, corneal laser refractive surgery is preferable; in case of medium-high refractive error, the best choice is the phakic intraocular lenses implantation.

PAROLE CHIAVE smile PRK lasik lente intraoculare fachica chirurgia refrattiva KEY WORDS smile PRK lasik RLE pIOL refractive surgery

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>> INTRODUZIONE

>> CHIRURGIA RIFRATTIVA INTRAOCULARE

La chirurgia rifrattiva comprende una serie di procedure localmente invasive volte a modificare lo stato rifrattivo dell’occhio agendo sulla cornea o sul cristallino. I difetti che possono essere corretti sono la miopia, l’ipermetropia, l’astigmatismo e la presbiopia. Tali procedure chirurgiche possono essere divise in due grandi categorie: - Chirurgia rifrattiva corneale - Chirurgia rifrattiva intraoculare. Scopo di questo articolo è analizzare le diverse tecniche e capire se esiste un confine tra le stesse.

Comprende due categorie principali: - Refractive Lens Exchange (RLE) - Phakic Intraocular Lenses (pIOLs)

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Refractive Lens Exchange Consiste nell’estrazione chirurgica del cristallino naturale e sostituzione con una lente artificiale. A differenza della chirurgia della cataratta, in questo caso il cristallino è trasparente. Le procedure sono virtualmente identiche (Figura 1). Esistono tre tipi di lenti a disposizione: - Monofocali → visione chiara per lontano o per vicino - Multifocali → visione chiara a multiple distanze.


Chirurgia rifrattiva corneale e chirurgia rifrattiva intraoculare: esiste un confine?

Figura 1. Inserimento IOL nel sacco capsulare.

Figura 2. Inserimento IOL nel sacco capsulare.

- Accomodative → lenti monofocali in grado di variare il fuoco a multiple distanze cambiando la posizione Dal punto di vista rifrattivo, la principale indicazione si ha nei pazienti presbiti o con iniziale cataratta, associata all’uso di lenti multifocali (eventualmente nella versione torica) o accomodative.

• Dimensione della pupilla mesopica <5-6 mm • Angolo irido-corneale ≥ 30° • Profondità della camera anteriore (ACD) >2,8 mm • Conta delle cellule endoteliali (ECC) età dipendente e specifico per ciascuna pIOLs • Assenza di patologie oculari (endoteliopatie, affezioni iridee, cataratta, glaucoma, anomalie della retina) o malattie sistemiche (disordini autoimmuni) incontrollate

Phakic Intraocular Lenses Lenti trasparenti che, senza rimuovere la lente naturale, vengono posizionate chirurgicamente in: • Camera anteriore (CA) o Fissazione iridea (Figura 2) o Fissazione angolare: ritirate dal commercio • Camera posteriore (PC) I criteri generali di candidabilità alla procedura sono: • Età> 18-21 anni • Rifrazione stabile (variazione < 0,5 D in un anno) • Ametropia non correggibile mediante chirurgia laser a eccimeri

Figura 3. pIOL da camera posteriore

pIOLs a fissazione iridea

Si hanno a disposizione due modelli: 1) Artisan/Verisyse™ pIOL Si tratta di un modello non pieghevole che richiede un’incisione corneale di 5-6 mm, con aumento dell’astigmatismo indotto dalla procedura chirurgia. È necessaria anche un’iridectomia periferica per evitare un blocco pupillare e garantire un flusso regolare di umor acqueo. La gamma di potenza per la miopia è da -3,0 D a -23,5 D; per l’ipermetropia da +1,0 D a +12,00 D. È disponibile un modello torico che consente una correzione sferica da +12,0 D a -23,5 D con correzione cilindrica addizionale da +1,0 D a +7,5 D. 2) Artiflex/Veriflex™ pIOL A differenza del precedente, è un modello pieghevole che richiede un’incisione corneale di circa 3 mm, riducendo al minimo l’astigmatismo indotto. Anche in questo caso è richiesta un’iridectomia periferica. La gamma di potenza per la miopia è da

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-2,0 D a -14,5 D e anche in questo caso vi è un modello torico con correzione sferica da -1,0 D a -13,5 D con correzione cilindrica addizionale da -1,0 D a -5,0 D pIOLs da camera posteriore

Due modelli a disposizione: 1) Visian ICL (Implantable Collamer Lens) V4b pIOL Modello pieghevole che richiede un’incisione corneale di 3,2 mm. È richiesta un’iridectomia periferica o 2 iridotomie al laser prima della procedura chirurgica. La gamma di potenze per la miopia è da -3,0 D a -23,0 D; per l’ipermetropia da +3,0 D a +12,0 D. Esiste un modello torico con correzione sferica da -3,0 D a -20,0 D e correzione cilindrica addizionale da +1,0 D a +6,0 D 2) Visian ICL (Implantable Collamer Lens) V4c pIOL Nuovo modello disponibile in Europa per la correzione della miopia. A differenza del modello precedente, è presente un foro centrale di 360 micron che consente un flusso più naturale di umor acqueo rendendo non necessaria l’iridectomia periferica e riducendo il rischio di cataratta dovuta al contatto tra la lente e il cristallino naturale in caso di flusso non omogeneo.

>> CHIRURGIA RIFRATTIVA CORNEALE Anche in questo caso si hanno dei criteri generali di eleggibilità: • Età > 18 - 21 anni • Rifrazione stabile (variazione < 0,5 D in un anno) • Spessore corneale complessivo > 450-500 micron con spessore stromale residuo >250 micron • Assenza di patologie corneali (ectasie corneali, riduzione patologica della densità cellulare endoteliale, cheratiti) • Assenza di patologie oculari (dry eye severo, cataratta, glaucoma incontrollato) • Assenza di patologie sistemiche (disordini autoimmuni) incontrollate Un riassunto delle diverse tecniche a disposizione è il seguente:

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1. Tecniche di ablazione di superficie: • PRK (photorefractive keratectomy) • LASEK (laser epithelial keratomileusis) • Epi-LASEK (epipolis laser epithelial keratomileusis) • Epi-LASIK (Epipolis laser in situ keratomileusis) 2. Teniche di ablazione stromale • LASIK (laser in situ keratomileusis) • FS-LASIK (femtosecond laser in situ keratomileusis) 3. Tecniche ReLEx (refractive corneal lenticule extraction) • FLEx (femtosecond lenticule extraction) • SMILE (small incision lenticule extraction) 4. Tecniche incisionali • Cheratotomia radiale • Cheratotomia astigmatica • Incisure rilassanti limbari Le più utilizzate ad oggi sono la PRK, la LASIK e la SMILE. Lasik Il laser a eccimeri viene utilizzato per rimodellare lo stroma corneale esposto mediante creazione di un lembo superficiale; il lembo rimane parzialmente attaccato, in modo da facilitare il riposizionamento preciso e sicuro. La miopia viene corretta mediante un trattamento ablativo centrale che induce appiattimento, e l’ipermetropia mediante ablazione della parte periferica, in modo che il centro diventi più curvo. La LASIK viene generalmente usata per trattare ipermetropia fino a 4 D, astigmatismo fino a 5 D e miopia fino a 12 D a seconda dello spessore corneale iniziale. PRK Impiega l’ablazione mediante laser a eccimeri per rimodellare la cornea ed è in grado di correggere la miopia fino a 6 D (a volte superiore), l’astigmatismo fino a circa 3 D e l’ipermetropia da bassa a moderata. Non venendo creato un lembo, vi è minor rischio di complicanze gravi rispetto alla LASIK, quali ectasia corneale e dislocazione tardiva del lembo, e può essere


Chirurgia rifrattiva corneale e chirurgia rifrattiva intraoculare: esiste un confine?

Figura 4. Procedura Lasik: creazione lembo (1-2), applicazione laser (3-4), riposizionamento lembo (5-6)

Figura 5. Procedura PRK: disepitelizzazione (1-2), applicazione laser (3-4)

la procedura di prima scelta per i pazienti che presentino un rischio di lesioni oculari occupazionali o correlate al tempo libero superiore alla media. Smile L’estrazione di un lenticolo corneale a scopo refrattivo è una tecnica relativamente nuova che utilizza un laser a femtosecondi per tagliare un pezzo di tessuto corneale a forma di lente all’interno della cornea intatta. Questo viene poi rimosso con un’incisione mini-invasiva di 4 mm (SMILE, Small Incision Lenticule Extraction).

>> DISCUSSIONE Scopo di questo articolo è capire se esiste un confine tra le due alternative di chirurgia rifrattiva. Gli interventi di chirurgia rifrattiva corneale laser, come la PRK e la LASIK, infatti, presentano

limitazioni quando utilizzati per la correzione di errori di rifrazione elevati. In particolare, la guarigione delle ferite e le risposte biomeccaniche possono causare risultati di rifrazione imprevedibili, rifrazione instabile e perdita della vista a causa di irregolarità corneali o cicatrici. Inoltre, l'ablazione eccessiva può portare a ectasia post-refrattiva. L'impianto di pIOLs è una valida alternativa in questi casi. In molti studi, infatti, la qualità della visione nei pazienti con miopia elevata risultata essere migliore dopo l'impianto di pIOLs rispetto alla tecnica LASIK. L'analisi del “European Registry of Quality Outcomes for Cataract and Refractive Surgery” dal 2004 al 2014, poi, ha mostrato che le pIOLs avevano risultati visivi riferiti relativamente buoni, in particolare rispetto alla tecnica LASIK. Inoltre, una Cochrane Review di Barsam et al. ha evidenziato che le pIOLs erano più accurate e più sicure della correzione chirurgica mediante laser a eccimeri in caso di miopia da moderata a elevata in un intervallo compreso tra 6,0 e 20,0 diottrie (D), con o senza astigmatismo. Infatti, le pIOLs portano a una perdita significativamente inferiore della BSCVA a 12 mesi dopo l'intervento. Tuttavia, esiste un rischio, seppur basso, di sviluppare una cataratta precoce con le pIOLs. Sempre secondo questa Cochrane, la chirurgia intraoculare con pIOLs sembra dare una migliore sensibilità al contrasto rispetto alla correzione laser e ha anche ottenuto un punteggio più alto nei questionari sulla soddisfazione dei pazienti. Per quanto riguarda la tecnica intraoculare di Refractive Lens Exchange, secondo la review Alió et al. l'indicazione è la presenza di un elevato errore di rifrazione in assenza di cataratta e richiede un approccio che tenga conto del rapporto rischio-beneficio in base all'età del paziente, alla condizione rifrattiva e alle condizioni preoperatorie. In generale, RLE dovrebbe essere eseguita solo in occhi presbiti. Per il ripristino della visione da vicino, intermedia e lontana, le IOL multifocali sono attualmente superiori alle IOL accomodative disponibili. La capacità delle IOL multifocali di migliorare la

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Raffaele Nuzzi, Luigi Ludovico Carucci, Flavia Tripoli

funzione visiva per vicino nei pazienti pseudofachici è stata confermata da numerosi studi, a fronte però di una riduzione della sensibilità al contrasto e di fenomeni disturbanti quali abbagliamento e aloni. La complicanza più pericolosa della procedura di RLE è il distacco di retina (RD), con incidenza dall'8,1% all'1,5-2,2%. Per evitare il distacco di retina, dovrebbe essere effettuato un attento esame preoperatorio del fundus con indentazione sclerale per valutare lo stato del corpo vitreo. In linea di massima, nei pazienti con miopia maggiore di -8,0 D che ancora mantengono una capacità accomodativa la RLE non dovrebbe essere presa in considerazione a causa dell'aumentato rischio di RD, ripiegando sull’impiego di lenti fachiche. Per quanto riguarda i pazienti con ipermetropia, invece, uno studio comparativo tra pIOL e RLE ha evidenziato che RLE è una procedura di scelta principalmente a causa delle dimensioni anatomiche dei loro occhi (le camere anteriori poco profonde predispongono al glaucoma ad angolo chiuso in caso di impianto di pIOL). In caso di presbiopia, invece, si hanno a disposizione vari metodi per la sua correzione: • Cornea o Monovisione – Laser in situ keratomileusis – Cheratectomia fotorefrattiva o Presbyopic LASIK (ablazione laser multifocale) o Cheratoplastica conduttiva o microlenti • Lenti intraoculari o Monovisione (IOL monofocale) o IOL multifocali o IOL accomodative • Sclera o Sclerotomia ciliare anteriore Tuttavia, nessuno di questi ha prevalso come soluzione finale per la presbiopia. I più utilizzati sono: • Monovisione tramite LASIK e PRK La monovisione è stata utilizzata come strategia per compensare la presbiopia correggendo l’occhio dominante per la visione da lontano

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e l’occhio adelfo per quella da vicino. Tuttavia, questa strategia induce anisometropia con una conseguente riduzione dell’acuità binoculare e della stereopsi. Le percentuali di successo variano dal 72% al 92,6%. • Presbyopic LASIK (ablazione laser multifocale) Consiste nella creazione di una cornea multifocale per correggere la miopia e mantenere un buon visus non corretto da vicino. Ai fini della creazione di una multifocalità corneale, sono state proposte diverse tecniche presbyLASIK. Nella presbyLASIK periferica, la cornea centrale viene trattata per la visione da lontano, mentre nella periferia viene creata una sfericità negativa per aumentare la profondità di campo. Nella presbyLASIK centrale viene creata un’area centrale iperpositiva per la visione da vicino, mentre la periferia è deputata alla visione da lontano. • Lenti intraoculari Una soluzione per la correzione della presbiopia è l’estrazione di cristallino trasparente a scopo rifrattivo. Un approccio possibile è l’uso di lenti monofocali andando a correggere nell’occhio dominante il difetto per lontano, lasciando nel controlaterale un residuo miopico per la correzione da vicino. L’alternativa è rappresentata dalle IOL accomodative, in cui si usa la contrazione del muscolo ciliare per modificare la potenza diottrica della lente, e dalle IOL multifocali. Rispetto alla monovisione, i pazienti con IOL multifocali lamentavano una minor sensibilità al contrasto e la presenza di abbagliamento e aloni. Tali disturbi in alcuni casi sono stati tali da portare il paziente a richiedere la rimozione delle lenti. Esiste quindi un confine tra le due tecniche? Un primo confine viene ovviamente posto dalle controindicazioni a una tecnica rispetto all’altra. Ad esempio, un paziente con camera anteriore di profondità non adeguata o una conta endoteliale non sufficiente sarà indirizzato verso una


Chirurgia rifrattiva corneale e chirurgia rifrattiva intraoculare: esiste un confine?

tecnica di chirurgia rifrattiva laser corneale; allo stesso modo, un paziente con cornea sottile o con un dry eye severo sarà candidabile preferenzialmente verso una tecnica di chirurgia rifrattiva intraoculare. Nella scelta tra una tecnica e l’altra, poi, bisogna sempre andare a valutare i rischi-benefici. Per fare un esempio, se è vero che le lenti intraoculari fachiche garantiscono una refrazione stabile e un recupero visivo più rapido, consentendo anche un calcolo certo del potere della lente da impiantare in caso di successiva asportazione di cataratta (non essendoci rimozione di tessuto corneale e trattandosi in ogni caso di una tecnica reversibile), di contro si tratta di una procedura che prevede l’ingresso in camera anteriore, esponendo il paziente a tutti i rischi derivanti, tra cui endoftalmiti, astigmatismo indotto, uveiti croniche, glaucoma da blocco pupillare, sindrome da dispersione di pigmento, cataratta, distacco di retina. È necessario, quindi, analizzare il singolo caso e informare sempre il paziente di tutti i rischi potenziali a cui potrebbe andare incontro. Il confine tra le due tecniche, però, viene a cadere in due situazioni: - Ritrattamenti - Tecnica bioptics Nel primo caso, si tratta di applicare una tecnica di chirurgia rifrattiva corneale in un paziente già sottoposto a una tecnica di chirurgia rifrattiva intraoculare (o viceversa). Un esempio in tal senso si può avere in un paziente che, in seguito a una LASIK, presenta ancora un difetto rifrattivo non correggibile mediante una nuova tecnica laser per un tessuto corneale insufficiente su cui andare ad agire. In tal caso, l’applicazione di una lente intraoculare fachica risolverebbe il problema. Diverso è il discorso della tecnica bioptics, in >>

cui vi è un impiego programmato di due o più tecniche chirurgiche per correggere un difetto rifrattivo molto grande. In sostanza, si ha che: - la prima tecnica riduce il difetto rifrattivo a un livello inferiore a quello di partenza (di solito si utilizza una lente intraoculare fachica) - la seconda porta all’emmetropia (di solito chirurgia laser corneale). Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia di tale metodica. In particolare, l'accurato risultato rifrattivo, l'assenza di importanti complicanze, la stabilità dei risultati e, soprattutto, il miglioramento della qualità della vista (definita come nessun cambiamento nella visione quando le condizioni di illuminazione variavano, ad es. di notte) sperimentate da questi pazienti forti miopi sono ragioni per continuare a usare e migliorare questa tecnica combinata.

>> CONCLUSIONI Un confine netto tra chirurgia rifrattiva laser corneale e chirurgia rifrattiva intraoculare non esiste, soprattutto in caso di difetto rifrattivo medio-elevato. È necessario quindi valutare caso per caso, orientando il paziente verso una determinata scelta chirurgica sulla base di un accurato esame obiettivo e in base all’entità del vizio rifrattivo. In generale, l’estrazione di cristallino trasparente è da preferire nei pazienti presbiti che hanno già perso la fisiologica accomodazione. Nei giovani pazienti, invece, occorre preservare la capacità accomodativa. Per errori rifrattivi medio-bassi, si preferisce la tecnica laser; per errori medio-alti, invece, le lenti intraoculari fachiche dovrebbero essere privilegiate. In caso di errori di rifrazione estremi, la tecnica bioptics è l'opzione migliore.

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Raffaele Nuzzi, Luigi Ludovico Carucci, Flavia Tripoli

Storia della chirurgia refrattiva

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Storia della Lucio Buratto – Giuseppe Perone chirurgia refrattiva NOVITÀ EDITORIALE Lucio Buratto – Giuseppe Perone

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Corpo estraneo orbitocranico; presentazione clinica, imaging e gestione di un caso complesso 

Stefano Tricarico1  Luigi Petitti2  Roberto Bonfili3

1. U.O.C. Oftalmologia, Università La Sapienza di Roma, Terracina, Italia 2. Università Magna Grecia - Catanzaro, Italia 3. Azienda Ospedaliera S.Camillo - Roma, Italia

Abstract: si riporta il caso di un paziente ferito accidentalmente con una fiocina subacquea. Il corpo estraneo penetrava completamente l’orbita sinistra. Nonostante un violento impatto e nonostante l’asta metallica percorresse all’interno del cranio per circa 30 cm, il paziente si presentava al nostro Pronto Soccorso senza difetti neurologici e oculari. Per valutare l’entità e l’estensione del danno sono stati eseguiti esami radiografici (RX cranio e TC). Il corpo estraneo è stato rimosso con un delicato intervento chirurgico e successivamente dimesso con una prognosi eccellente. Abstract: the paper present an unusual orbitocranial foreign body. The patient arrived with a metal bolt penetrating the left eye. Despite a violent impact and an extended intracranial path (about 20 cm) the patient arrived at our Department without any neurological or ocular defect. Cranial RX and Computerized Tomography was performed. The foreign body was removed and the patient was then discharged with an excellent prognosis.

>> INTRODUZIONE

PAROLE CHIAVE trauma corpo estraneo orbitocranico imaging KEY WORDS trauma foreign body orbitocranial imaging

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I corpi estranei intraorbitari (OrbFBs) sono una comune complicanza dei traumi orbitari, specialmente quando questi sono associati ad un’alta velocità di impatto1. Sono più frequenti nei maschi rispetto alle donne e nei soggetti giovani più che negli anziani2. Secondo una nuova classificazione, i corpi estranei intraorbitari possono essere classificati come Corpi Estranei degli Annessi (AFB) e più specificatamente suddivisi in Intra Conici (ICF) o Extra Conici (ECF) se coinvolgono il cono muscolare o sono localizzati al di fuori3. Gli Extra Conici sono più frequenti degli Intra Conici4. I Corpi estranei intraorbitari possono causare diversi danni alle strutture oculari e orbitarie sia a livello anatomico che a livello funzionale. La prognosi del paziente dipende soprattutto dalla localizzazione del corpo estraneo ma anche dalla gestione e dalla prevenzione delle complicanze, primo fra tutte le infezioni secondarie5. Possono essere classificati in base alla loro composizione in metallici e non metallici (organici o inorganici) I corpi estranei organici

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sono associati ad un maggiore tasso di infezione secondaria rispetto a quelli metallici. D’altro canto i corpi estranei metallici possono causare altre complicanze secondarie come retinopatia o tossicità sistemica6. Quando un corpo estraneo penetra a livello dell’orbita e raggiunge il cranio viene classificato come corpo estraneo orbitocranico. Questo tipo di evento viene osservato molto raramente ed è associato ad una prognosi molto più severa7. La TC del cranio e dell’orbita è il metodo di prima scelta per la visualizzazione e la caratterizzazione del corpo estraneo e per valutare l’eventuale coinvolgimento delle strutture contigue8. Il trattamento raccomandato è l’intervento chirurgico di rimozione del corpo estraneo, che però può causare diversi danni iatrogeni. Per questa ragione, specialmente se il corpo estraneo è localizzato esclusivamente posteriormente all’orbita e non causa nessun tipo di sintomo si può provare un approccio conservativo lasciandolo in quella posizione9.


Chirurgia rifrattiva corneale e chirurgia rifrattiva intraoculare: esiste un confine?

Figura 1. La fiocina e la maschera subacquea dopo l’incidente.

Figura 2. Il paziente si presentava con l’asta metallica che penetrava all’interno dell’orbita sinistra.

>> CASE REPORT Presentiamo il caso di un ragazzo inglese di 15 anni (D.W.) che venne trasportato al nostro Pronto Soccorso per la presenza di un corpo estraneo metallico intraorbitario. Il ragazzo stava trascorrendo le vacanze in Italia, quando durante una gita in barca con la sua famiglia mentre ricaricava il suo fucile subacqueo, accidentalmente fece partire un colpo sparando l’arpione verso la sua faccia. L’asta metallica lo colpì in pieno volto trapassando la maschera subacquea che indossava e penetrando a livello dell’orbita sinistra (Figura 1). Il ragazzo venne immediatamente soccorso dalla guardia costiera e trasportato successivamente con eliambulanza al nostro Pronto Soccorso (Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, Roma). Il paziente alla presentazione si trovava sulla tavola spinale, vigile e collaborante, GCS

15, tachipnoico (FR 25), FC 80, PA 120/70, TC 36°C. La fiocina penetrava l’orbita sinistra e fuoriusciva all’esterno per circa 50 cm. All’esame obiettivo neurologico non erano evidenti difetti neurologici ne deficit di lato. Per quanto riguarda la valutazione oculistica, il paziente non mostrava difetti pupillari, non valutabili i movimenti oculari per la presenza dell’asta metallica (Figura 2). A causa della lunghezza esterna dell’asta metallica venne eseguito come primo esame una RX del cranio a proiezione laterale. Le immagini rivelavano un corpo estraneo metallico lineare che passando attraverso l’orbita raggiungeva e percorreva il cervello (Figura 3). In modo tale da poter effettuare una TC, la parte esterna dell’asta venne tagliata con l’aiuto del team di emergenza e dei vigili del fuoco, irrigando continuamente soluzione fisiologica sterile per evitare surriscaldamento del metallo. La TC senza mezzo di contrasto venne eseguita confermando la presenza di un corpo estraneo metallico che si estendeva per circa 30 cm nel cervello. Il corpo estraneo attraversava il parenchima cerebrale dell’emisfero sinistro linearmente con un tragitto cranio-caudale, antero-posteriore raggiungendo e perforando il cranio a livello parietale (Figure 4,5). A causa della densità metallica del corpo estraneo erano presenti molti artefatti che rendevano difficoltosa la valutazione morfologica delle strutture cerebrali coinvolte. Il sistema

Figura 3. RX cranio, proiezione laterale: evidente il tragitto intracranico della fiocina.

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Figura 4. TC sagittale: l’asta metallica raggiunge e perfora le teca cranica.

Figura 5. Scansione assiale TC del cranio

Figura 6. TC-3D volume rendering: piano frontale

Figura 7. TC cranio dopo l’intervento che evidenzia residuo piccolo ematoma.

ventricolare sopratentoriale era di dimensioni inferiori alla norma ed appariva moderatamente deviato a destra rispetto alla linea mediana. Il IV ventricolo era di normale morfologia ed in sede. La TC inoltre mostrava frattura del tetto dell’orbita che si estendeva al pavimento della fossa cranica anteriore (Figura 6). La presenza di artefatti locoregionali impediva la corretta valutazione delle strutture endorbitarie, ma era possibile constatare l’assenza di lesioni a carico del nervo ottico nella sua porzione intraorbitaria. Dopo l’esecuzione della TC, il paziente veniva preparato per l’intervento d’urgenza con intubazione orotracheale e terapia sistemica preoperatoria con antibiotici a largo spettro. L’intervento chirurgico di rimozione del corpo

estraneo venne eseguito dal neurochirurgo con l’ausilio dell’oculista e del chirurgo maxillo- facciale. Successivamente alla rimozione dell’asta metallica anche la frattura del tetto dell’orbita venne riparata. Si rese necessario indurre il coma farmacologico dopo l’intervento. Dopo 3 giorni venne eseguita una TC cranio e orbita per valutare l’integrità di queste strutture. L’esame non mostrava nessun danno cerebrale ma solo la presenza di un residuo piccolo ematoma di forma allungata (Figura 7). L’esame obiettivo neurologico non mostrava nessun danno motorio o sensoriale. Venne inoltre eseguita la valutazione oculistica che mostrava: pupille reattive isocoriche e isocicliche, motilità oculare preservata, lieve ptosi

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Chirurgia rifrattiva corneale e chirurgia rifrattiva intraoculare: esiste un confine?

Figura 7. OCT occhio sinistro, scansione verticale. La depressione foveale, gli strati retinici e il complesso EPR-cc sono conservati.

palpebrale, l’acuità visiva era di 10/10 naturale. L’esame del fondo oculare non mostrava nessun tipo di danno retinico. Infine per valutare l’integrità della macula venne eseguito un esame OCT, anch’esso nella norma (Figura 8). Il paziente venne infine dimesso con una prognosi ed un recupero postoperatorio eccellente.

>> DISCUSSIONE I corpi estranei orbitocranici penetranti si riscontrano nel 24% dei traumi cranici penetranti degli adulti e nel 45% di quelli pediatrici. A causa della sottile placca ossea, il tetto dell’orbita rappresenta la via di ingresso più comune per il cervello. Altre comuni vie d’accesso sono: transorale e transnasale11. I pazienti con questo tipo di corpo estraneo, possono presentare diverse manifestazioni cliniche a seconda delle strutture coinvolte sia cerebrali che oculari. Le complicanze intraoculari più frequenti quando ci ritroviamo a dover gestire un corpo estraneo penetrante intraorbitario e intracranico sono: la compressione del nervo ottico, il coinvolgimento dei muscoli extraoculari, le abrasioni corneali, iridocicliti e il distacco di retina. Nel caso fossimo di fronte ad un corpo estraneo organico, questo è associato ad un tasso maggiore di endoftalmite ma anche di infezione sistemica1. Per questo motivo i corpi estranei organici sono meno tollerati e

devono essere rimossi il prima possibile12. Grazie alla presenza di abbondante tessuto grasso periorbitario non è raro in questi traumi che l’occhio possa rimanere illeso13. Un tragitto intracranico esteso è associato ad un alto rischio di complicanze serie che possono portare alla morte del paziente nel breve periodo14. La mortalità e la morbilità è legata principalmente a danni cerebrali diretti o conseguente emorragia o ischemia per danno delle strutture vascolari15. Come gia accennato il trattamento di prima scelta, anche per evitare complicanze secondarie, è l’intervento chirurgico di rimozione del corpo estraneo. Presentiamo questo caso di un ragazzo con un insolito corpo estraneo orbitocranico. La singolarità di questo caso risiede non solo nella natura dell’incidente, ma specialmente nella prognosi positiva del paziente. Infatti nonostante un violento impatto ed un tragitto intracranico esteso (circa 30 cm) il paziente si presentava al nostro Pronto Soccorso senza deficit neurologici o oculari e così anche dopo l’intervento chirurgico e al momento della dimissione. Grazie ad una corretta e tempestiva gestione, ed ad una dose di fortuna del paziente, siamo stati in grado di preservare l’integrità morfologica e funzionale sia delle strutture oculari che cerebrali.

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L’utilizzo dei FANS dopo chirurgia della cataratta

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Pietro Colosi*  Francesca Colosi**

PILLOLE di ESPERIENZA

* Professore Aggregato f.r. Clinica Oculistica Università di Messina ** Presidio Autonomo di day surgery Villa Maria - Messina

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La chirurgia della cataratta, anche senza complicanze né fattori di rischio, può comportare un edema maculare cistoide con riduzione dell’acuità visiva nel post-operatorio. Conosciuto sotto il nome di “Sindrome di Irvine-Gass” dalla prima descrizione di Irvine nel 1953 e dalla dimostrazione angiografica di Gass nel 19661-2, appare generalmente tra il primo ed il sesto mese dopo la chirurgia, può persistere fino a tre mesi ed avere un andamento clinico acuto (comparsa nei primi 4 mesi), subacuto (dopo i 4 mesi) o cronico (durata dell’evoluzione superiore ai 6 mesi). La frequenza dell’Edema Maculare Cistoide varia a seconda dei criteri diagnostici e se ne può stimare un’incidenza nei giorni seguenti all’intervento che va dallo 0.2 al 2% delle forme clinicamente significative (esame biomicroscopico e riduzione dell’acuità visiva) fino al 20-50% ricorrendo alla diagnostica per immagini3 ed esiste una correlazione anche con la riduzione dei tempi operatori e dell’energia utilizzata4,5,6. L’Edema Maculare Cistoide postoperatorio è la conseguenza di una rottura delle barriera emato-retinica attribuibile prevalentemente al rilascio dal tessuto irideo durante le manipolazioni intraoculari di numerosi mediatori proinfiammatori come le prostaglandine ma che comprendono anche diverse citochine, VEGF compreso. Queste molecole pro-infiammatorie aumenterebbero la permeabilità al liquido extracellulare rompendo in prima istanza la barriera ematoacquosa e poi, diffondendo attraverso il vitreo fino alla retina, provocando degenerazione delle cellule di Müller ed alterando i legami sia tra le cellule endoteliali (barriera emato-retinica interna) ma soprattutto tra le cellule dell’epitelio pigmentato (barriera emato-retinica esterna)7. La rottura delle barriere emato-retiniche indotta dall’infiammazione conseguente alla chirur-

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gia è quindi all’origine della ritenzione di fluidi e proteine a livello maculare ben identificabile con l’OCT che costituisce l’esame di riferimento della diagnostica. È importante anche il ruolo delle cellule di Müller che, in una retina normale partecipano al mantenimento dell’emostasi grazie all’eliminazione rapida dei fluidi verso i vasi retinici ed il vitreo attraverso i canali acquosi AQP4 e potassici Kir 4.1. Le cellule di Müller, alterate per l’infiammazione, riducono l’espressione di questi canali a livello delle aree perivascolari della membrana plasmatica con conseguente aumento della pressione osmotica ed accumulo di liquido intracellulare (Figura 1) La mancata integrità delle barriere può normalizzarsi spontaneamente in circa il 90% dei casi8 se lo stimolo infiammatorio non è intenso e di breve durata ma può persistere ed evolvere verso la comparsa di distacco sieroso dell’epitelio pigmentato e loggette cistiche intraretiniche, inizialmente tra gli strati plessiforme esterno e nucleare interno, che se aumentano e persistono possono portare alla coalescenza degli spazi cistoidi fino alla formazione di un foro lamellare o di un vero e proprio foro maculare. Anche le alterazioni dei fotorecettori dovu-

Figura 1. Ruolo delle cellule di Muller nella formazione dell’edema maculare


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Midriasi pre operatoria

te all’edema cronico possono indurre un calo dell’acuità visiva permanente. Una metanalisi dei risultati di studi randomizzati è arrivata all’evidenza che solo i farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) hanno efficacia nel trattamento medico preventivo dell’edema maculare secondario alla chirurgia della cataratta non complicata ed è stata confermata la loro specificità e superiorità rispetto ai colliri steroidei9,10,11. In particolare è stata condotta una ricerca12 per valutare l’efficacia della profilassi della somministrazione topica di diclofenac all 0.1% in pazienti diabetici, categoria ad alto rischio per l’edema maculare dopo intervento di facoemulsificazione. Lo studio in doppio cieco è stato condotto su 108 occhi di pazienti diabetici la metà dei quali ha ricevuto un trattamento convenzionale con steroidi e placebo mentre ai rimanenti è stato assegnato il diclofenac per una settimana prima e per 6 settimane dopo la chirurgia. È stato valutato lo spessore foveale centrale all’OCT prima dell’intervento e dopo 1,30 e 60 giorni. Questo studi0 ha dimostrato un aumento significativa dello spessore maculare centrale in tutti i diabetici ma questo incremento è stato significativamente inferiore nel gruppo di chi ha ricevuto il diclofenac, confermando che il suo utilizzo contribuisce a ridurre ulteriormente l’infiammazione della camera anteriore e a prevenire l’edema maculare postfacoemulsificazione con elevati profili di efficacia e tollerabilità. Nonostante la loro eterogeneità chimica, tutti i FANS agiscono bloccando gli enzimi cicloossigenasi (COX) riducendo o inibendo così la produzione di prostaglandine e la penetrazione oculare della maggior parte di quelli in com-

mercio sembra essere adeguata per contrastare l’infiammazione del segmento anteriore e posteriore13,14,15. Alcuni FANS hanno effetti anche su altri mediatori come il diclofenac che inibisce la formazione dei leucotrieni responsabili di amplificare l’infiltrazione cellulare in corso di reazione infiammatoria16. A fronte di questi indubbi vantaggi, gli effetti collaterali locali sono nella stragrande maggioranza dei casi trascurabili. I più frequenti sono un bruciore passeggero all’instillazione ed una lieve iperemia. I più rari comprendono le cheratiti puntate superficiali, i difetti epiteliali più estesi fino all’ulcera ed un ritardo di cicatrizzazione17. Non sono disponibili molti dati sui potenziali effetti sistemici dei FANS somministrati per via oculare ed in particolare sui loro possibili effetti sulla funzione piastrinica e ciò assume una particolare rilevanza in quanto la chirurgia della cataratta viene spesso eseguita in una popolazione anziana con un’alta incidenza di eventi cardiovascolari ischemici o di fibrillazione atriale. Uno studio18 ha valutato comparativamente gli effetti di due FANS comunemente usati nel post operatorio della cataratta, indometacina e diclofenac, dosando la P-selectina piastrinica, un marker di attivazione piastrinica in vivo. È stato dimostrato un effetto inibitorio sistemico significativamente più accentuato dell’indometacina topica rispetto al diclofenac. Questo risultato è probabilmente attribuibile al più alto rapporto di selettività dell’indometacina nei confronti delle COX-1, più rappresentate nelle piastrine rispetto alle COX-2 più presenti nell’infiammazione oculare. Questo spiegherebbe perché il diclofenac è tra i FANS più efficaci nel contrastare l’infiammazione della camera anteriore e nella riduzione delle prostaglandine vitreali senza indurre contemporaneamente alcuna soppressione della funzionalità piastrinica e quindi di potenziali eventi avversi sul sistema cardiovascolare. Benché i progressi della moderna chirurgia della cataratta abbiano ridotto di molto il rischio dell’edema maculare, non bisogna minimizzare i benefici dell’utilizzo sistematico dei FANS. Una tale attitudine deve essere la regola quan-

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Edema Maculare Cistoide

do ci si trova in presenza di fattori di rischio aggiuntivi rappresentati da diabete, pregresse uveiti, occlusioni venose e pseudoesfoliatio, condizioni in cui le barriere emato-oculari sono già potenzialmente compromesse e quindi più soggette allo scompenso. In tali casi i FANS possono essere prescritti anche nel preoperatorio, 48 ore prima, anche per il loro ruolo nel prevenire la miosi durante l’intervento chirurgico19. L’utilizzo dei FANS è adottabile in monoterapia nel post-operatorio in considerazione della loro specifica capacità antiinfiammatoria e di prevenzione dell’edema maculare specie nei casi in cui l’utilizzo degli steroidi può essere controindicato come nei responder o nelle cheratiti herpetiche recidivanti. Va da sé che anche nel trattamento dell’edema maculare post-chirurgico i FANS per periodi lunghi (2-6 mesi) sono imprescindibili per la

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loro azione sinergica in associazione a tutti gli altri presidi disponibili che vanno dagli steroidi topici, parabulbari o intravitreali fino alle iniezioni di anti-VEGF o al trattamento chirurgico di vitrectomia nell’eventualità di una componente trattiva. In conclusione20 si può ribadire che: • La prevenzione dell’edema maculare postoperatorio si fonda sui colliri anti-infiammatori non steroidei (FANS): molti studi di metanalisi confermano la loro superiorità nei confronti degli steroidi, senza supremazia tra quelli della stessa classe farmaceutica; • In presenza di fattori di rischio aggiuntivi all’intervento il trattamento preventivo assume maggior significato e deve essere più prolungato; • Ulteriori strategie di prevenzione e soprattutto di cura devono essere attuate ma sempre a completamento dei FANS.


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Risoluzione di Edema Macualre Cistoide dopo terapia

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Trocar Surgery per i chirurghi della cataratta Ulrich Spandau - Edizione italiana a cura di Alfonso Anania

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Aspetti non convenzionali della patogenesi del glaucoma Sergio Claudio Saccà – Alberto Izzotti

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