>> Studio pachimetrico in alta quota e protezione corneale da UV mediante collirio con acido ialuronico ed actinochinololo >> ViscoIntervista a Antonello Spinnato >> Idrocortisone con acido ialuronico: un nuovo approccio terapeutico per la terapia corticosteroidea in chirurgia oftalmologica >> Chirurgia della cataratta: cosa è cambiato con l’avvento del femtolaser >> Corpo estraneo endobulbare senza endoftalmite: caso clinico
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Editoriale
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Vittorio Picardo
Studio pachimetrico in alta quota e protezione corneale da UV mediante collirio con acido ialuronico ed actinochinololo
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Piero Giardini LE V I S C O IN TERVISTE
Intervista a ANTONELLO SPINNATO
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Idrocortisone con acido ialuronico: un nuovo approccio terapeutico per la terapia corticosteroidea in chirurgia oftalmologica
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Vittorio Picardo, Patrizia Vincenti, Alessandro Tiezzi
Chirurgia della cataratta: cosa è cambiato con l’avvento del femtolaser
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Federica Gualdi, Luca Gualdi, Massimo Gualdi
Corpo estraneo endobulbare senza endoftalmite: caso clinico
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Oftalmologia pediatrica e strabismo Per ordinazioni: www.fgeditore.it
ISSN 0349 - 61 Anno XXVIII • N. 2 • 2013 contiene I.P. Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 335 del 14-06-1986
FGE Srl Reg. S. Giovanni, 40 - 14053 Canelli (AT) Tel. 0141 1768908 - Fax 0141 1768900 e-mail: editore@fgeditore.it - www.fgeditore.it
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Direttore Editoriale Vittorio Picardo Direttore Responsabile Ferdinando Fabiano Segreteria di redazione Pierpaola Eraldi e-mail: p.eraldi@fgeditore.it
Abbonamenti e libri e-mail: ordini@fgeditore.it
Chiuso in redazione Maggio 2013
Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana
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Si va avanti… tra mille difficoltà e un nuovo problema ogni giorno. L’esercizio della nostra professione diventa sempre più difficile, specie quando si lavora in un ambiente pubblico o privato convenzionato. La grande crisi che attanaglia il nostro Paese ha una vittima di eccezione nella Sanità e gestire la professione del medico è diventato veramente difficile e a rischio, specie quando si rivestono ruoli di responsabilità di prima linea. I fornitori non sono pagati, i materiali, anche più basilari, scarseggiano. Insomma molto spesso devi dire no ad un paziente e spiegargli il perché di un ritardo o dell’ impossibilità ad eseguire in tempi ragionevoli questo o quell’esame o l’intervento chirurgico, anche se urgente. Ne usciremo? Chissà. La politica si difende con blande autoaccuse e con parole che dovrebbero, se messe insieme, sembrare indicare soluzioni e prospettive migliori. C’è da fidarsi? Lucio Battisti direbbe “…lo scopriremo solo vivendo…” Ma certamente, resta il fatto che, in questo particolare momento, non sempre abbiamo in mano, e subito, la soluzione al problema del nostro paziente. Galleggiare o affondare?
Vittorio Picardo
L’indirizzo di posta elettronica di Viscochirurgia è cambiato. Il nuovo è viscochirurgia@fgeditore.it
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Studio pachimetrico in alta quota e protezione corneale da UV mediante collirio con acido ialuronico ed actinochinololo
Piero Giardini
Istituto Clinico S. Camillo - Brescia
RIASSUNTO I raggi luminosi emessi dal sole arrivano all’occhio con radiazioni di diversa lunghezza d’onda. È noto che i fotoni blu e violetti ed UVA ed UVC possono causare danni a cornea, cristallino, retina. La loro protezione con occhiali o con sostanze che esplichino un effetto-barriera è dunque molto importante. Nel presente lavoro è stata esaminata la protezione esplicata sulla cornea da un collirio a base di acido ialuronico ed actinochinololo in soggetti volontari esposti in alta quota ad irraggiamento moderato-intenso, mediante pachimetria corneale. Si sono considerati 16 soggetti sani, privi di alterazioni corneali, con But, Schirmer test e senza sintomi di occhio secco (punteggio OSDI <13) e si è effettuata una pachimetria basale al mattino ed alla sera del giorno stesso. I pazienti hanno effettuato attività su ghiacciaio in alta quota, senza occhiali protettivi (indice UV4). I soggetti hanno instillato in un occhio un collirio a base di acido Ialuronico ed Actinochinololo; nel controlaterale un collirio a base di soluzione salina 0.9%. Alla pachimetria abbiamo valutato la presenza di sintomi (fotofobia, dolore, visione annebbiata). Lo spessore corneale, misurato mediante pachimetria è aumentato nell’occhio trattato con soluzione salina, in modo molto più evidente rispetto all’occhio trattato con achinochinololo. Tale differenza non si è però mostrata statisticamente significativa. I sintomi sono stati molto fastidiosi ed invalidanti nell’occhio trattato con soluzione salina, molto più scarsi nell’occhio trattato con actinochinololo ed acido ialuronico. Tali sostanza presentano dunque indubbio effetto terapeutico, riducendo molto i sintomi legati ad una elevata esposizione ad UV, riducendo anche l’incremento dello spessore corneale.
PAROLE CHIAVE irraggiamento UV edema corneale pachimetria corneale
KEY WORDS UV exposure corneal edema corneal pachimetry
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ABSTRACT Solar light rays reach the eye with radiations of different wave lengths. It is well known that blue and violet photons and UVA and UVC may cause damage to the cornea, the lens and the retina. It is therefore very important to protect those tissues with sunglasses and/or substances that provide a barrier-effect. In this paper we analyze the protection provided by eyedrops containing hyialuronic acid and actinochinololo on the cornea. We considered 16 healthy patients without corneal disease nor dry eye symptoms (OSDI score <13) and with normal BUT and Schirmer test. Subjects with corneal pachimetry were exposed to an intermediatestrong level of UV radiation at high altitude and without any protection. Pachimetric measurements were taken in the morning prior to exposure, and in the late afternoon after 8 hours of exposure. Our patients performed normal activities – without sunglasses – on a glacier at high altitude, where UV exposure reached level 4. In one eye of each of the subjects we instilled hyaluronic acid/actinochinololo eyedrops several times a day (treatment), while in the other eye we used 0.9% balanced salt solution (control). Pachimetric values as well as symptoms (photophobia, itching, pain and blurred vision) were tested for each day before and after exposure Corneal thickness – measured with pachimetry – increased in the balanced salt solution eye (control), more than in the actinochinololo treated eye (treatment). However, this numeric difference was not statistically significant. Symptoms were quite disturbing and painful in the balanced salt solution eye (control), while they were much better tolerated in the hyaluronicc acid/actinochinololo treated eye (treatment). There is no doubt that these eye drops present a sure therapeutic effect, by strongly reducing both the symptoms and the increase in corneal thickness associated with high UV exposure.
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Studio pachimetrico in alta quota e protezione corneale da UV mediante collirio con acido ialuronico ed actinochinololo
>> Scopo dello studio I raggi luminosi emessi dal sole sono formati da particelle energetiche, fotoni, che arrivano sulla terra sotto forma di radiazioni. Sono classificate, a seconda della lunghezza d’onda, in radiazioni visibili e non visibili. Queste ultime divise a loro volta in raggi infrarossi (IR) e ultravioletti (UV), a lunghezza d’onda maggiore. I raggi ultravioletti sono ricchi di energia e pericolosi per l’uomo. L’occhio è esposto allo stress generato dalla luce ed i tessuti oculari assorbono le radiazioni in maniera differente. I fotoni blu e violetti e gli UVA sono pericolosi per la retina; cristallino e cornea sono sensibili agli UVC. La cornea fa da primo filtro alle radiazioni luminose ed è la prima struttura ad essere danneggiata da eccessiva esposizione. È importante sapere che, sebbene l’epitelio corneale costituisca circa il 10% dell’intera cornea, esso contribuisce ad assorbire la maggior parte dei raggi UVA. Si pensa che ciò sia dovuto al contenuto in proteine ed acidi nucleici delle cellule epiteliali. In caso di prolungata esposizione ai raggi solari senza protezione si possono manifestare lesioni epiteliali della cornea (fotocheratite, associata a dolore, fotofobia, eccessiva lacrimazione). Tali disturbi si risolvono in pochi giorni e possono essere accompagnati da eritema della cute palpebrale, edema, iperemia e chemosi congiuntivale. Tali fenomeni insorgono alcune ore dopo l’e-
sposizione ai raggi UV ed il tempo di latenza dipende dall’intensità dei raggi ed al tempo di esposizione. Il danno epiteliale corneale altera i meccanismi che mantengono l’idratazione e la trasparenza corneale, generando edema ed aumentato spessore corneale. Solo il 50% degli italiani proteggono gli occhi con occhiali da sole. Da tempo si usano additivi per le lenti a contatto e quelle intraoculari per filtrare i raggi UV. Inoltre esistono molecole applicabili sulla superficie oculare in grado di creare un effetto barriera, come ad esempio l’ACTINOCHINOLOLO. L’actinochinololo è un derivato chinolinico che esplica anche blanda azione antisettica. Esso, aggiunto ad un sostituto lacrimale, esplica azione di filtro nei riguardi dei raggi ultravioletti in modo da contrastare il danno ossidativo sia alla superficie oculare che alla retina, causata da eccessiva esposizione ai raggi solari. L’effetto protettivo di actinochinololo ed acido ialuronico è stato documentato sull’animale, in uno studio su idratazione ed assorbimento della luce di cornee di coniglio irradiate con UVB (Cejca, Photochemistry Photobiology, 2010) In assenza di dati sull’uomo, ci siamo prefissati di valutare se il prodotto esplichi o meno effetto protettivo in pazienti esposti a intenso irraggiante UV nel corso di soggiorni di alcune ore in alta montagna.
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Piero Giardini
>> Tipo di studio Valutazione di effetto protettivo di collirio a base di acido ialuronico, actinochinololo in soggetti esposti ad irraggiamento UV moderato/intenso in alta quota, mediante pachimetria corneale.
>> Materiali e Metodi
e sinistro (entro ore 9, prima dell’esposizione ai raggi UV; dopo le ore 16.00, del medesimo giorno, dopo esposizione all’UV). L’indice UV è stato 4 nella giornata relativa allo studio (Tabella 1) tabella 1
Studio comparativo di collirio contenente acido ialuronico ed actinochinololo versus soluzione salina 0.9%. Studio controllato intra paziente, utilizzando l’occhio adelfo come controllo. Sono stati presi in considerazione 16 soggetti sani, senza patologie oculari e senza segni e sintomi di occhio secco (questionario OSDI con punteggio <13). BUT e Shirmer Test normali. Tali soggetti si sono resi disponibili ad effettuare una pachimetria alla mattina ed alla sera dello stesso giorno. In tal giornata essi sono rimasti per 8 ore in alta montagna(2750/3000 mt.), in una giornata con indice UV 4. I 16 soggetti volontari sani hanno instillato collirio con actinochinololo ed acido ialuronico 1 goccia 4 volte al giorno (ore 9-11-13-15) all’occhio destro; collirio a base di soluzione salina 0.9% nell’occhio sinistro, con la stessa tempistica. Sono stati valutati: pachimetria occhio destro
CATEGORIA DI ESPOSIZIONE
INDICE UVI
Bassa Media Alta Molto alta Estrema
<2 3-5 6-7 8 - 10 > 10
Abbiamo valutato anche la presenza di sintomi (fotofobia, dolore, visione annebbiata) e segni di irritazione congiuntivale (iperemia congiuntivale – punteggio da 0 a 4). Tutti i soggetti osservati hanno passato l’intera giornata tra 2700 e 3000 mt. di altezza, sulla neve, senza fare uso di occhiali protettivi. Abbiamo rilevato pachimetria, iperemia congiuntivale e confort soggettivi, unitamente a punteggio OSDI pre e post esposizione. I risultati ottenuti sono mostrati in tabella 2.
tabella 2 HYABAK PROTECTOR OD VS HYDRABAK OS - EFFETTUATO GHIACCIAIO PRESENA MT 2750 - ORE ESPOSIZIONE UV 7 – INDICE UV 3
Paziente
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OSDI PRE
H esposizione ad Uv nei GG precedenti
Pachimetria Baseline ore 8.00 OD OS
Pachimetria ore 16.00 (0.4) OD OS
Iperemia congiuntivale
Confort soggettivo
OD
OS
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Studio pachimetrico in alta quota e protezione corneale da UV mediante collirio con acido ialuronico ed actinochinololo
tabella 3
>> Risultati L’analisi dei risultati ci ha mostrato che la pachimetria (Tabella 3) si modifica significativamente in entrambi gli occhi, in maniera minore nell’occhio destro, che ha ricevuto actinochinololo ed acido ialuronico (il confronto con l’occhio adelfo, però, non è statisticamente significativo). L’iperemia post esposizione (Tabella 4) è significativamente migliore nell’occhio sinistro, che ha ricevuto il prodotto senza actinochinololo. Il confronto soggettivo (Tabella 5) è assolutamente a favore del collirio con actinochinololo (88% dei giudizi a favore). Tale studio ci permette dunque di evidenziare come l’esposizione ad UV per 8 ore senza protezione di occhiali abbia portato ad un significativo incremento della pachimetria, come pure ad iperemia congiuntivale e discomfort, uniti a fotofobia e lacrimazione eccessiva. Nell’occhio trattato con actinochinololo la sintomatologia è stata ottimamente controllata, al contrario
>>
tabella 4
tabella 5
dell’occhio di controllo, trattato con semplice soluzione salina 0.9%. È dunque consigliabile l’uso di collirio con actinochinololo ed acido ialuronico per proteggere i sintomi causati da esposizione ad UV, come coadiuvante all’utilizzo di altri tipi di protezione, come gli occhiali scuri, o in loro assenza.
Bibliografia
Traduzione italiana dalla Guida WHO a cura dell’Istituto Superiore della Sanità (ISS): WHO (2002): Global solar UV index: a practical guide. A joint recommendation of the World Health Organization, World Meteorological Organization, United Nations Environmental Programme, and the International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection. World Health Organization, Geneva. ISBN 92 4 159007 6. Riferimenti ISS – U.O. Radiazioni non ionizzanti: Sito web: http://www.iss.it/site/sole/uvin/index.html http: //www.iss.it/site/attivita/ISSWEB_istituto/UO/index.asp?idUO=1084&lang=1
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LE V I S C O INTERVISTE
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Intervista aal Prof. Albino Rapizzi ANTONELLO SPINNATO
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General Manager della E.Janach
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Il nome E. Janach è sempre stato, nel mio periodo di formazione professionale, un nome familiare perché mio Padre, già negli anni 60 e 70, comprava quasi esclusivamente ferri di questa Azienda che, pur con un cognome straniero, è italiana. Ricordo anche che ogni tanto si spedivano taglienti di Graefe e lance per affilarle, o si chiedeva di riparare un porta aghi perché a quell’epoca le suture erano all’ordine del giorno. Quando poi ho iniziato a lavorare in prima persona, ho continuato ad acquistare i loro strumenti chirurgici perché ne ho sempre riconosciuto l’ottima qualità, garantita da una produzione pressoché artigianale che non si è interrotta nel tempo. Però, si sa, i tempi cambiano, le esigenze chirurgiche pure, e ognuno di noi può personalizzare uno strumento per necessità o… moda. Scambiare quindi opinioni e informazioni con Antonello Spinnato (il cognome tradisce l’origine siciliana) è stato piacevole e divertente perché, partendo da una qualunque pagina del loro catalogo, il discorso ha spaziato in lungo e largo. Vittorio Picardo
Caro Antonello, da quanti anni ti vediamo al
Il vostro catalogo, pieno di strumenti per tut-
fianco del Sig. Janach nei nostri Congressi in
ti i gusti e necessità, porta spesso strumenti
tutta Italia?
realizzati in collaborazione con Colleghi ita-
Ho iniziato la mia attività presso la E. Janach nel 1985, dopo la maturità e subito dopo aver abbandonato il progetto “università”. Doveva essere un anno sabatico, una breve parentesi per capire se proseguire la facoltà d’ingegneria o architettura. Quali sono state le evoluzioni tecnologiche più significative della vostra Azienda dagli anni ‘80 ad oggi? Sono state diverse e su più direzioni: dai materiali utilizzati, radicalmente cambiati rispetto a quelli usati negli anni ’80, sulle applicazioni adottate, innovative e più meccanizzate, e nelle fasi di sviluppo impiegate in ricerca, più profonde e significative. Tutte evoluzioni importanti che hanno scandito precise epoche nelle fasi evolutive che hanno portato alla moderna chirurgia oftalmologica.
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liani. È una prerogativa della vostra Azienda consultare il chirurgo e farsi guidare da lui nella realizzazione del ferro? Italiani ma anche stranieri per la precisione. Il confronto e la consulenza sono una costante nella prima fase di analisi di ogni nuovo prodotto. Le nostre creazioni nascono e vengono realizzate prevalentemente su precise esigenze dei chirurghi, scienza e tecnologia aziendale devono necessariamente dialogare per dare forma a concetti che portino a una concreta necessità. Esistono successivamente varie fasi, che vengono condotte su diversi fronti: quelle di fattibilità, applicazione chirurgica e di mercato. Quella di mercato è legata a un aspetto prettamente commerciale, ma comunque importante per determinare il target e il potenziale di vendita di un prodotto.
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Strumenti fase grezza
Negli ultimi congressi 2012 e 2013 ho visto invece una serie di strumenti di qualità, ma disposable. Un’inversione di rotta di 180° o un ampliamento delle scelte per noi oculisti? Non è esatto parlare di un’inversione di rotta, è semplicemente una risposta che la nostra Azienda ha dovuto e saputo dare a una parte di mercato. Il disposable nasce per esigenze legate alla prevenzione in casi particolari di pazienti “infettivi”, ma è oggi richiesto per scelta economica, per semplicità di gestione o praticità di utilizzo. La E. Janach non poteva esimersi né tradire queste aspettative di mercato. Devo dire che anche in questo progetto siamo stati premiati per il livello di qualità raggiunto e per la gamma offerta. Ho ritrovato anche kit già predisposti per una serie di procedure oggi di moda, come il Cross-Linking o le iniezioni intravitreali, così come leggo con piacere della possibilità di predisporre kit per singolo chirurgo. Sono scelte commerciali o in effetti il chirurgo vuole semplificare e standardizzare le procedure? Entrambe, sono scelte commerciali di marketing aziendale, aspetto che ho seguito in prima persona nella crescita della nostra Azienda, ma connesse a un desiderio di standardizzare alcune procedure. Il kit pre-configurato permette al chirurgo di non dover impiegare molto tempo nella scelta e nella composizione. Abbiamo introdotto alcune simpatiche proposte che hanno realmente semplificato le procedure: sono configurazioni studiate, basate su esperienze specifiche e su rapporti di
Ambienti di lavoro
vendita. La vasta gamma del nostro disposable permette comunque al chirurgo di personalizzare sempre e comunque i kit per ogni esigenza e procedura. Moltissimi sono inoltre gli strumenti disposable, disponibili singolarmente e utili per ogni emergenza. Interessarsi di tutta la chirurgia oculare dall’orbito-palpebrale fino alla vitreoretina vi ha obbligato a suddividere i vostri laboratori di produzione o no? Insomma, come si produce un ferro da voi? Assolutamente no, non abbiamo dovuto suddividere i laboratori di produzione. Abbiamo modificato e suddiviso alcune fasi di lavorazione, le più complesse e delicate. Per necessità sono anche state ampliate le collaborazioni per la produzione di particolari componenti: micro-stampi necessari alla creazione di parti in polimero o di alcuni componenti micrometrici di assemblaggio. Se dovessimo fotografare oggi la produzione paragonandola a un’immagine degli anni ’80, verrebbe spontaneo domandarsi dove risiede la parte di artigianato. Chiaramente tutto è stato modificato nelle procedure di lavorazione e nelle macchine utilizzate; oggi sono presenti unità a controllo numerico che svolgono in modalità automatica lavorazioni di dettagli affidate nel passato alle mani degli artigiani. Gli artigiani, sono oggi tecnici di laboratorio, persone con qualifiche e formazione scolastica diversa, possiedono qualità diverse e solo alcuni anche quella manualità utile e fondamentale nelle fasi di controllo e rifinitura. Sono coloro che conferiscono qualità e unicità al nostro prodotto conferendo quello standard qualitativo elevato che contraddistingue uno
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LE V I S C O INTERVISTE
La materia base
Congresso ESCRS Milano 2012 - Lo stand
strumento Janach. Quello che alcuni chiamano “ferro chirurgico” è per noi uno strumento molto simile a un gioiello, non a caso uso speso la parola creazioni.
in un mercato costituito da aziende che offrono prodotti di standard qualitativo elevato. Obbiettivamente, trovo non sia ancora presente nella loro filosofia quel necessario impegno nella cura dei dettagli cui abbiamo abituato, da sempre, i nostri clienti. Questo è il motivo per il quale non sentiamo la loro concorrenza. Al momento, il risultato di crescita e di pubblico mi danno ancora motivo di pensare che il prodotto di qualità avrà sempre un mercato costituito da chirurghi che danno priorità alla qualità, lo spero per il bene del paziente, e per noi tutti.
I mercati esteri come vi hanno accolto? Siamo stati ben accolti e con molta soddisfazione. La loro soddisfazione la misuriamo non solo dalle vendite ma anche attraverso le note di merito che amiamo raccogliere anno dopo anno. Alcuni mercati sono stati difficili da conquistare ma il nostro prodotto è oggi distribuito attraverso una rete vendita internazionale e per questo ci sentiamo orgogliosi. Ogni giorno è comunque una battaglia che va combattuta per difendere il prodotto e l’Azienda. E questo non va dimenticato. Dobbiamo essere sempre propositivi prestando molta attenzione a ogni singolo mercato, mantenendo sempre qualità e affidabilità di ogni singolo prodotto.
Ti ringrazio per il tempo che mi hai dedicato: è stata un’occasione per conoscere e apprezzare ancor di più la grande qualità e professionalità della vostra Azienda che, seppur localizzata in una cittadella del nord, è un colosso mondiale nel marketing internazionale dell’Oftalmologia. Una bandiera italiana in tutto il mondo! Vittorio Picardo
Prodotti a basso costo provenienti da Paesi orientali (Cina, Pakistan…) sono una concorrenza temibile per il vostro mercato italiano e internazionale? Va fatta una netta distinzione fra aziende concorrenti realmente presenti, (quelle che vediamo materialmente nelle sale operatorie) da quelle presenti, intese come partecipanti nei padiglioni dei congressi (locali e internazionali). Ricordo la loro presenza all’Academy e all’ASCRS sin dagli anni ‘90, quando ho iniziato un periodo di lavoro e studio di marketing presso la Grieshaber USA. Questo per dire che sono sempre state una realtà, oggi presente anche in Europa. Francamente non sento ancora la loro presenza così temibile
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Un riconoscimento meritato
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www.ecmfgeditore.it FGE è lieta di presentare i nuovi percorsi Formativi ECM a Distanza. I moduli didattici sono fruibili online sul sito www.ecmfgeditore.it, dove sarà possibile consultare i contenuti, rispondere ai questionari di valutazione e stampare direttamente l’attestato ECM. Una garanzia di formazione professionale di alto livello, supportata dalla comodità e i benefici della Formazione a Distanza.
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Idrocortisone Intervista al Prof. con acido ialuronico: un nuovo approccio terapeutico per la terapia Albino Rapizzi in chirurgia oftalmologica corticosteroidea Vittorio
Picardo1 Patrizia Vincenti1 Alessandro Tiezzi2
1. Casa di Cura Nuova Itor – Unità Operativa di Oculistica – Roma (Responsabile: Dr Vittorio Picardo) 2. Dipartimento Organi di senso - Clinica Oftalmologica Università Sapienza -Roma
>> Introduzione I cortisonici sono una classe di ormoni steroidei che, nell'uomo, sono sintetizzati a partire dal colesterolo nei surreni. Il più importante è il cortisolo (idrocortisone). I cortisonici hanno tutti una struttura chimica similare costituita da 21 atomi di carbonio il cui nucleo caratterizzante è noto come “anello steroideo”. I cortisonici impiegati in oftalmologia sono: anecortave, betametasone, clobetasone, cortisolo (idrocortisone), desametasone, fluocinolone, fluorometolone, lotepredno-lolo, medrisone, prednisolone, rimexolone.
Struttura della molecola
>> I cortisonici in Oftalmologia I cortisonici svolgono un ruolo importante nel trattamento delle malattie infiammatorie oculari. La terapia antiflogistica è uno degli argomenti più vasti e complessi nell’ambito della terapia oftalmica, in quanto l’occhio, rispetto ad altri distretti corporei, presenta alcune caratteristiche che lo rendono particolarmente sensibile alla reazione infiammatoria (presenza di tessuti altamente vascolarizzati come l’uvea e di tessuti trasparenti come la cornea nella quale, non essendovi vasi, la patologia infiammatoria riveste una assoluta peculiarità).
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L’effetto antinfiammatorio oculare dei cortisonici si esplica con la riduzione dell’essudazione cellulare e fibrinosa e dell’infiltrazione tissutale, dell’inibizione dei fibroblasti e della formazione di collagene, del ritardo nella rigenerazione epiteliale ed endoteliale, della riduzione della neovascolarizzazione post-infiammatoria e del ripristino della normale permeabilità dei capillari infiammati. Gli effetti antiflogistici dei cortisonici che sono aspecifici, si osservano indifferentemente in caso di eziologia allergica, traumatica o infettiva. Il loro marcato effetto antinfiammatorio e immunosoppressore si esplica mediante la: - soppressione della liberazione di mediatori dell'infiammazione come i leucotrieni, le citochine e le chemochine; - soppressione della liberazione di prostaglandine e del fattore di attivazione piastrinica; - inibizione dell'esposizione endoteliale di molecole di adesione leucocitaria; - inibizione della chemiotassi e della diapedesi leucocitaria; - inibizione delle degranulazione mastocitaria; - riduzione dei linfociti, granulociti eosinofili e granulociti basofili circolanti per migrazione leucocitaria dal sangue al tessuto linfatico; - inibizione dell'attività mitotica dei macrofagi tissutali; - inibizione della produzione di anticorpi (ad alte dosi).
>> Tossicità dei cortisonici L’indice terapeutico dei trattamenti corticosteroidei prolungati è basso. Infatti, la dose efficace si avvicina a quella che può indurre importanti effetti indesiderati, anche gravi. I colliri, le pillole e le pomate a base di cortisonici sono associate a problemi oculari, come lo
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Idrocortisone con acido ialuronico: un nuovo approccio terapeutico per la terapia corticosteroidea in chirurgia oftalmologica
sono i cortisonici intravitreali ed endovenosi. Le complicanze oculari includono lo sviluppo di cataratta sottocapsulare posteriore, le infezioni secondarie, il glaucoma ad angolo aperto secondario il cui rischio di sviluppo è aumentato significativamente nel caso in cui vi sia una storia familiare di glaucoma. In assenza di un’anamnesi familiare positiva per il glaucoma ad angolo aperto, solo il 5% degli individui normali risponde alla somministrazione topica o sistemica a lungo termine di cortisonici con un incremento rilevante della pressione intraoculare. In presenza di una storia familiare di glaucoma, tuttavia, rialzi pressori intraoculari di entità da moderata a severa sono osservati nel 90% dei soggetti. La fisiopatologia del glaucoma indotto da cortisonici non è pienamente compresa. Una possibilità è che i cortisonici inibiscano il rilascio di enzimi deputati alla depolimerizzazione di glicosaminoglicani (es. ialuronidasi) che, pertanto, si accumulerebbero a livello trabecolare causando conseguentemente una riduzione del deflusso di umore acqueo. Un’altra ipotesi suggerisce che alla base di tale accumulo vi sia
Struttura molecolare del cortisone e del cortisolo
l’inibizione della normale attività fagocitica delle cellule endoteliali trabecolari. Un aumento della pressione intraoculare o sottocapsulare associato all’uso di cortisonici può persistere per mesi e può richiedere il trattamento con i farmaci per il glaucoma o anche l’intervento chirurgico. I primi cortisonici introdotti in terapia sono stati il cortisone e il cortisolo. Quest’ultimo è stato seguito dall’introduzione del prednisolone, seguito dallo sviluppo di desametasone e betametasone. Recentemente sono stati sviluppati alcuni cortisonici cosiddetti “cortisonici leggeri” (es. Loteprednololo) che riducono, ma non eliminano, il rischio di un aumento della pressione intraoculare e “cortisonici di superficie” (es. Fluorometolone e Clobetasone). caratterizzati da proprietà farmacocinetiche tali da penetrare in bassa concentrazione in camera anteriore e quindi determinare con una frequenza contenuta i noti effetti collaterali sulla pressione oculare e sulla trasparenza del cristallino. Tuttavia una raccolta molto ampia lavori scientifici volti a valutare l’incremento della pressione intraoculare associata all’utilizzo di cortisonici topici hanno dimostrato che il cortisolo allo 0,5% determina il minore incremento pressorio rispetto ad altri cortisonici quali Fluorometolone, Loteprednolo, Clobetasone, cortisonici “leggeri e/o di superficie” ai quali si attribuisce il più basso effetto sulla pressione intraoculare1,2,3 (Figura 1). Ecco da che cosa nasce la necessità di tornare alla “endofarmacologia” e cioè di usare un cortisonico naturale, il cortisolo, migliorando la tollerabilità topica (utilizzazione del fosfato) e ad aumentando l’attività antinfiammatoria (attraverso il forte incremento nella residenza sulla superficie oculare grazie alla formazione del complesso cortisolo fosfato-acido ialuronico). Figura 1
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>> Idrocortisone in acido ialuronico: il cortisonico “bifunzionale” Alla luce di quanto esposto sopra, la terapia clinica che si avvale di farmaci steroidei ha ancora dei bisogni non soddisfatti dovuti alla tipologia stessa dei suddetti farmaci e legata essenzialmente ad un rapporto efficacia/sicurezza non soddisfacente. L’elevata efficacia dei cortisonici impiegati per la terapia topica dell’infiammazione oculare, infatti, è spesso correlata ad effetti collaterali, il più importante dei quali è rappresentato dall’aumento consistente della pressione intraoculare. Le recenti formulazioni a base di cortisonici “di superficie” se da un lato limitano l’insorgenza di effetti collaterali, dall’altro non consentono al principio attivo di penetrare in profondità a livello corneale. Nasce pertanto l’esigenza di sviluppare un farmaco capace di svolgere l’azione antinfiammatoria non solo sulla superficie oculare ma anche più in profondità a livello corneale e anche in camera anteriore, garantendo allo stesso tempo una buona sicurezza d’impiego. È stato così sviluppato un farmaco steroideo in una formulazione unica, tecnologicamente innovativa, tanto da garantire efficacia “duplice” cioè sia in ambiente idrofilo (sistema superficie oculare) che lipofilo (cornea-epitelio corneale-camera anteriore), garantendo sicurezza d’impiego, cioè riducendo al minimo l’incremento pressorio rispetto a tutti gli altri farmaci della stessa categoria. Questo nuovo collirio è quindi costituito da idrocortisone 0,3% formulato in un drug delivery system naturale a base di acido ialuronico. L’Idrocortisone è il più importante cortisonico
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>> Applicazioni in chirurgia oftalmica Per le caratteristiche farmacologiche dell’Idrocortisone e per le caratteristiche peculiari della formulazione, il farmaco così formulato può anche essere impiegato con successo nel trattamento della flogosi post-operatoria dopo chirurgia del segmento anteriore (refrattiva, cataratta, cheratoplastica, glaucoma). Chirurgia refrattiva Il danno corneale da laser ad eccimeri induce un processo infiammatorio (rilascio nelle lacrime di mediatori chimici infiammatori quali PGE2, bradichinina, tenascina, sostanza P e peptide
Acido ialuronico
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prodotto dal nostro organismo a cui la fisiologia del corpo umano ricorre per rispondere a stress psico-fisici e infiammatori. La molecola ha perciò massima affinità per i recettori presenti nell’organismo4, caratteristica che garantisce estrema rapidità d’innesco del meccanismo d’azione antinfiammatorio. L’Idrocortisone, infatti, viene considerato molecola d’elezione nel trattamento dello shock anafilattico dal Working Group of Resuscitation Council (UK)5. L'idrocortisone in associazione con l’acido ialuronico, polimero altamente viscoso e viscoelastico, si lega alla mucina pre-epiteliale, incrementandone il tempo di permanenza sulla superficie oculare6 e garantendo perciò l’azione di superficie; allo stesso tempo l’azione delle idrolasi lacrimali trasformano il cortisolo-fosfato in cortisolo alcol, creando le condizioni per un’azione profonda anche in camera anteriore. L'idrocortisone in associazione con l’acido ialuronico può essere pertanto definito come un cortisonico dalla doppia efficacia: cortisonico di superficie idrofilo-mucoadesivo grazie alla interazione Cortisolo-fosfato-acido ialuronico, ma che diventa lipofilo, non appena il Cortisolo-fosfato viene scisso delle idrolasi lacrimali in Cortisolo alcol. Ciò consente l’impiego del farmaco così formulato per il trattamento dell’infiammazione sia superficiale che intraoculare, e costituisce per il medico un valido strumento terapeutico da utilizzare nelle secchezze oculari gravi, nelle congiuntiviti allergiche e nell’infiammazione causata dalla chirurgia oftalmologica.
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Fase di faco
Sala operatoria
correlato al gene della calcitonina) e un’amplificazione degli stimoli nocicettivi che risultano in una inevitabile sensazione di dolore, trasmessa dai tessuti periferici al sistema nervoso centrale. Le sostanze pro-infiammatorie liberate, oltre a provocare una dilatazione vasale, la conseguen-
te stasi e l’essudazione plasmatica responsabile dell’edema tissutale, determinano un’infiammazione neurogenica che abbassa la soglia di sensibilità delle terminazioni nervose incrementando la risposta al dolore7, 8.
Chirurgia refrattiva I-Lasik: sollevamento flap
Chirurgia refrattiva fase I-Lasik: flap sollevato
I-Lasik a 24 ore
I-Lasik a 8 giorni
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Chirurgia refrattiva PRK
LASIK a 48 ore
Inoltre, l’accumulo di neutrofili nella sede infiammata, l’attivazione cheratocitica e la produzione e l’organizzazione delle lamelle collagene possono essere responsabili di una delle principali complicanze della chirurgia refrattiva (perdita della trasparenza corneale o haze) che può determinare aloni, glare, riduzione della sensibilità al contrasto e dell’acuità visiva9. L’impiego dei corticosteroidi è molto diffuso nella gestione post-operatoria del paziente sottoposto a cheratectomia fotoablativa poiché essi esercitano due effetti fondamentali, quello antinfiammatorio che esplicano inibendo la sintesi della fosfolipasi A2 necessario per la produzione di acido arachidonico e dei suoi metaboliti infiammatori (prostaglandine, trombossani e leucotrieni), e quello di prevenzione della formazione di haze corneali. Questa nuova miscela a potrebbe diventare il farmaco d’elezione per la gestione del paziente sottoposto a chirurgia refrattiva poiché associa all’azione farmacologica propria dei cortico-
steroidi, l’elevata tollerabilità dovuta alla presenza dell’acido ialuronico, polimero altamente idratante e nutriente per una superficie oculare particolarmente stressata dalla chirurgia. A tutto ciò si associa l’elevata sicurezza dovuta alla mancanza di tensioattivi e conservanti.
Pseudofachia
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Chirurgia della cataratta Malgrado il continuo miglioramento delle tecniche chirurgiche (microincisione, facoemulsificazione) così come la disponibilità di lenti intraoculari sempre più biocompatibili, molti pazienti continuano a soffrire di una infiammazione post-chirurgica significativa da un punto di vista clinico e tale da richiedere un trattamento con agenti anti-infiammatori per lungo tempo. Inoltre, poiché non è possibile prevedere quali pazienti svilupperanno infiammazione oculare, l’impiego di agenti anti-infiammatori è previsto nella profilassi pre- e post-operatoria in quasi tutti i pazienti10. Un’infiammazione non trattata può essere infatti causa di complicanze cliniche quali dolore, fotofobia, sinechie posteriori, pressione intraoculare elevata ed edema maculare cistoide. Storicamente i corticosteroidi topici hanno sempre costituito il trattamento di prima scelta per prevenire o trattare l’infiammazione oculare postchirurgica grazie alla loro capacità di inibire l’edema, l’infiltrazione cellulare, la dilatazione capillare, la proliferazione fibroblastica e il deposito di collagene. L’associazione così formulata, grazie all’azione delle idrolasi lacrimali che trasformano il cortisolo fosfato in cortisolo alcole, creando le con-
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Idrocortisone con acido ialuronico: un nuovo approccio terapeutico per la terapia corticosteroidea in chirurgia oftalmologica
Trapianto di cornea a 40 giorni
Trapianto di cornea a 6 mesi dopo rimozione sutura
dizioni per un’azione più profonda in camera anteriore, può costituire un trattamento d’elezione dell’infiammazione oculare conseguente ad interventi di chirurgia della cataratta, garantendo una concentrazione efficace ma non tossica. Da settembre 2012 a marzo 2013 su una casistica di oltre 500 interventi di facoemulsificazione eseguiti personalmente non abbiamo riscontato alcun caso di reazione avversa al prodotto adoperato incluso nello schema di terapia post operatoria dal 15 giorno post trattamento e proseguito per 3 settimane circa con un dosaggio di 2 somministrazioni al giorno. Cheratoplastica L’intervento di cheratoplastica viene eseguito al fine di sostituire una cornea danneggiata con una sana con l’obiettivo di permettere al paziente di riacquistare la vista. Come tutti gli interventi chirurgici è soggetto a potenziali
Trapianto di cornea a 60 giorni doppia sutura
complicanze, alcune delle quali (bruciore, fotofobia ecc) si risolvono in pochi giorni ma la più temuta è rappresentata dal fenomeno di rigetto per evitare il quale il paziente viene trattato con farmaci immunosoppressori e con cortisonici. Anche in questo contesto la formulazione di idrocortisone con acido ialuronico si inserisce perfettamente nella profilassi operatoria a lungo termine, per l’attività corticosteroidea-immunosoppressiva dell’idrocortisone, per il profilo di sicurezza dell’idrocortisone oltre che per le proprietà lenitive e nutrienti dell’acido ialuronico, componente attivo della formulazione, nei confronti di una superficie oculare fortemente traumatizzata. Chirurgia del glaucoma Gli interventi di chirurgia filtrante hanno una certa imprevedibilità di successo, che è determinata da molteplici fattori, non sempre controllabili dallo specialista o dipendenti dalla riuscita tecnica. Uno dei parametri più importanti per la riuscita funzionale dell’intervento è la modulazione della componente infiammatoria che può, se non controllata in modo adeguato, determinare un fallimento della procedura chirurgica (chiusura della bozza). Il razionale di impiego di farmaci antinfiammatori prima di sottoporre un paziente all’intervento di trabeculectomia è quello di ridurre la componente infiammatoria congiuntivale, indotta dalle terapie topiche protratte per molti anni. La riduzione della risposta infiammatoria riduce la risposta tissutale che porta alla fibrosi e alla chiusura della bozza. È stato dimostrato, infatti, che Il trattamento
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Vittorio Picardo, Patrizia Vincenti, Alessandro Tiezzi
pre-operatorio con antinfiammatori (steroidei o non-steroidei) determina una minore incidenza di interventi medici (colliri ipotonizzanti) o para-chirurgici (needling della bozza). Anche la chirurgia filtrante costituisce un altro possibile ambito di impiego del prodotto così realizzato che può contrastare efficacemente l’instaurarsi di processi infiammatori, favorendo contemporaneamente il più veloce ripristino dell’integrità della superficie oculare grazie alle proprietà nutrienti e idratanti dell’acido ialuronico. Nell’ambito della chirurgia filtrante da settembre 2012 a marzo 2013 abbiamo adoperato in 14 pazienti sottoposti ad intervento combinato di trabeculectomia + facoemul sificazione a vie separate il collirio di idrocortisone con acido ialuronico immettendolo nello schema terapeutico alla seconda settimana, e proseguendo per
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altre 3 senza riscontrare modifiche del tono endoculare né aspetti fibrotici a livello della fistola.
>> Conclusioni Per quanto detto, disporre di un collirio con idrocortisone e acido ialuronico, per le sue caratteristiche chimiche (cortisonico naturale idrosolubile), farmacologiche (azione rapida con elevato tempo di residenza precorneale) e formulative (formazione di un complesso a base di acido ialuronico), associando “efficacia” e “sicurezza”, può rappresentare la risposta terapeutica ai bisogni ancora non soddisfatti della terapia topica oftalmica corticosteroidea, trovando particolare utilità d’impiego in tutte le infiammazioni a carico della superficie oculare e più in generale del segmento anteriore dell’occhio.
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V I S C O NOVITÀ
Chirurgia della cataratta: cosa è cambiato con l’avvento del femtolaser Federica
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Gualdi Luca Gualdi Massimo Gualdi
D.O.M.A.- Diagnostica Oculistica Microchirurgia Ambulatoriale, Roma
Leggendo i testi americani sul “femtocataract”, cioè sull’intervento di cataratta assistita dal laser a femtosecondi, possiamo notare come vi siano capitoli interi che riguardano il marketing, dove viene ben sottolineato il concetto di “blade-free” (”senza lama”) per convincere il paziente ad affrontare l’intervento ed aumentare il business. Viene poi analizzato il tempo di ammortizzamento della spesa d’acquisto, il costo di gestione, e la possibilità di aumento dei numeri chirurgici nell’attività mensile dell’oftalmologo che intraprende questa innovazione, con anche consigli su come, telefonicamente o via web, si debba reclamizzare la peculiarità del centro che effettua questo nuovo intervento. L’investimento economico per il futuro e l’immagine che deriva da questa nuova chirurgia assumono, quindi, un ruolo preliminare nell’introduzione di questa tecnica. Fortunatamente in Italia, l’approccio a questa chirurgia tiene conto maggiormente dei principi ippocratici, e gli aspetti economici, seppur importanti, non superano quelli scientifici, deontologici e tecnici che hanno già spinto circa dieci chirughi italiani a partire con questa nuova avventura. Il convincimento che possano essere risparmiati dal 30% al 100% degli ultrasuoni ai nostri pazienti1,2,3,4, e che questi possano ricevere lenti Premium sfruttandone le caratteristiche in maniera ottimale5,6, con minor rischio di infezioni e di edema maculare cistoide7, 8, ha permesso di trovare delle specifiche indicazioni al femtolaser per cataratta (es. Fuchs, pseudoesfoliatio, impianto di AT-IOL)9. Uno sguardo alle possibilità future (retina, pterigio, glaucoma, presbiopia, Cross-Linking14,
etc.) stimola sempre più professionisti ad intraprendere la nuova strada della femtofaco. Ma quali sono le difficoltà? I centri pubblici e privati, oltre ai costi di gestione, devono imbattersi in problemi di spazio e formazione del personale, al livello tecnico e culturale. L’apparecchio è elettromedicale e può essere posizionato nella stessa sala operatoria del videomicroscopio e facoemulsificatore (Figura 1), altrimenti molti centri si avvalgono di una presala dedicata per velocizzare i tempi fino ad arrivare a casi limite di 40 interventi in una mattinata10. Il laser a femtosecondi per la chirurgia della cataratta, con la sua alta tecnologia, apre sicuramente più spazio ai giovani chirurghi. Questi ultimi, infatti, oltre a poter effettuare la programmazione secondo la strategia anatomica e refrattiva del singolo paziente, dovranno stabilire: a) l’ampiezza e la morfologia dell’incisione di accesso impostandone la sede a seconda dell’astigmatismo da correggere;
Figura 1 Sala operatoria
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>> Introduzione
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Federica Gualdi, Luca Gualdi, Massimo Gualdi
b) il diametro della capsuloressi in base alla tecnica chirurgica e alla biometria impostata; c) l’aggiunta o meno di eventuali incisioni arcuate, stabilendone sede, profondità e ampiezza dell’arco a seconda dei nomogrammi11;
d) effettuare il docking e aggiustare, in base all’anatomia dell’occhio visualizzata in tempo reale, i parametri del femto-trattamento, che rappresenta il 40% della totalità dell’intervento (Figure 2-5).
Figura 2 Selezione e personalizzazione del trattamento laser
Figura 3 Fase del Docking, verifica OCT applicato al sistema laser LenSx® In alto a destra: impostazione della capsulotomia. In basso a destra: impostazione della nucleoframmentazione. A sinistra: marcatura della ressi (in viola) e incisioni corneali (giallo: incisione principale; arancione: incisione accessoria)
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Chirurgia della cataratta: cosa è cambiato con l’avvento del femtolaser
Figura 4 Fase del Docking, verifica e aggiustamento dei parametri pre-selezionati Figura 5 Effetto immediato del femto-trattamento visualizzato a lampada a fessura
Il giovane chirurgo che effettua il femto-trattamento, consente al successivo chirurgo esperto di faco di evitare circa il 40% dell’intervento; altrimenti, se sarà lui stesso ad effettuare la successiva asportazione della cataratta e l’impianto di IOL, si ritroverà una capsula anteriore facilmente rimovibile ed una capsuloressi precisa che consentirà una migliore biomeccanica del sacco nel quale effettuare la facoemulsificazione, facilitata dalla “femto-frammentazione” del nucleo. Questo, da un lato facilita il training del giovane chirurgo, le cui maggiori difficoltà all’inizio sono la capsuloressi manuale e l’esecuzione della croce (“divide and conquer”) o di altre tecniche di faco-chop; dall’altro lato, in quei casi in cui non sarà possibile effettuare il femtolaser, lascerà il giovane femto-chirurgo con qualche difficoltà. In futuro probabilmente si ripresenterà la situa-
zione in cui i “giovani” chirurghi, nati con la facoemulsificazione, si trovavano in difficoltà nel gestire una conversione in extracapsulare, non avendone mai effettuata alcuna. È sicuramente consigliabile, come per la femtochirurgia refrattiva corneale (I -LASIK), quella dei trapianti di cornea, e quella degli impianti intrastromali per cheratocono o per presbiopia, che vi sia un tecnico in sala operatoria e che vengano effettuati contratti di manutenzione periodica delle apparecchiature. Il personale deve controllare i parametri di umidità e temperatura della camera operatoria, che devono rimanere stabili e senza fluttuazioni per 24 ore e per 365 giorni all’anno; inoltre le pulizie non devono essere effettuate con prodotti volatili, similmente alla gestione di un laser eccimeri12 (Tabella 1).
tabella 1
Requisiti per installazione del sistema Laser Requisiti di spazio
• Dimensioni consigliate della stanza 3,4 m × 4,3 m
Controllo climatico
• Temperatura operativa ambientale 18-22°C • Intervallo di umidità ambientale 30-65% • Sistema di condizionamento 24h
Requisiti di sterilità
• Sala operatoria di classe A (interventi chirurgici minori in anestesia topica o locale) • Disponibilità di postazioni per il lavaggio delle mani • Pavimenti e finiture lavabili, lisce e in grado di essere pulite
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Federica Gualdi, Luca Gualdi, Massimo Gualdi
Figura 6 IOL torica ben centrata
Figura 7 Incisione corneale “self-sealing”, su tre piani, ad una settimana dal trattamento femto-assistito
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I ferri chirurgici sono pressoché gli stessi, anche se spesso se ne usano meno (es. taglienti e pinza da capsuloressi non servono), mentre deve essere potenziato l’arsenale di macchine diagnostiche per poter arrivare al “goal” dell’intervento di femtocataratta, cioè alla chirurgia della cataratta refrattiva. La chirurgia della cataratta oggi deve puntare ad eliminare il vizio refrattivo pre-esistente, consentendo al paziente di vedere naturalmente, senza occhiali, se possibile anche da vicino, senza aloni e diffrazioni, di poter guidare in condizioni notturne, mantenendo una vista non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente, ottimale13. Anche il personale, quindi, se abituato diversamente, deve capire perché in alcuni casi di astigmatismo la sedia del chirurgo va spostata superiormente o temporalmente, oppure perché occorre una marcatura pre e intraoperatoria per una lente torica, etc. Le indicazioni principali alla femtochirurgia della cataratta sono quindi9: 1) l’impianto delle lenti Premium, multifocali e to riche (Figura 6), che consentono una biometria più precisa grazie alla predittività della E.L.P. (Effective Lens Position), la quale, con una capsuloressi programmata e riproducibile, garantisce risultati biometrici eccezionali con minimizzazione di aberrazioni di alto ordine (es. coma, tilting)6, 13; 2) casi di cornea guttata o distrofia di Fuch’s in cui il risparmio di ultrasuoni e fluidica erogata dal faco è fondamentale per un endotelio già di per sé debole2,9; 3) pazienti maggiormente predisposti a sviluppare edema maculare post-operatorio (es. diabetici) per la dimostrata diminuzione di ultrasuoni8; 4) casi più soggetti ad infezioni (es. immunodepressi), per la migliore chiusura dell’incisione (Figura 7) e il minor utilizzo di strumenti endoculari durante la fase di faco; 5) Pazienti con pseudoesfoliatio, per il minore stress esercitato sulla zonula. A queste principali, si aggiungono numerose indicazioni secondarie lasciando poche controindicazioni, che includono opacità corneali e miosi serrate9, che non permetterebbero il passaggio del femtolaser e camere anteriori
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troppo basse. In quest’ultimo caso l’endotelio, poiché ulteriormente avvicinato alla capsula anteriore dalla procedura di docking, potrebbe risentire degli impulsi laser durante il femtotrattamento della stessa. Il femtolaser è perciò oggi potenzialmente attuabile in oltre il 95% dei casi di cataratta. I maggiori costi, legati al personale tecnico aggiuntivo, alle interfacce-paziente monouso per il docking, alle “card” del femtolaser per ogni trattamento, etc. purtroppo ne continueranno a limitare gli usi.
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La maggiore richiesta del paziente e gli ottimi risultati ottenuti, renderanno la cataratta con il femtolaser il gold-standard così come la facoemulsificazione segnò il passaggio dalla extracapsulare e quest’ultima dalla intracapsulare. Sicuramente il livello di efficienza della facoemulsificazione tradizionale raggiunta oggi, renderà lenta e difficile la diffusione della femto-
faco, ma come fu per il passaggio dalla LASIK con microcheratomo a quella con femtosecondi, superata una breve curva d’apprendimento, questa diventerà routinaria. È impossibile, pertanto, rimanere indifferenti di fronte a questa evoluzione della chirurgia della cataratta ma, a nostro avviso, è giustificato aspettare ancora la sua naturale evoluzione.
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Bibliografia
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Corpo estraneo endobulbare senza endoftalmite: caso clinico Luigi Mele1 Giovanna Costanzo1 Valerio Piccirillo2 Adele Elisabetta Ragucci1 Vincenzo Rao2 Mario Bifani1
1. Dipartimento di Oftalmologia, Servizio Trapianti di Cornea, Seconda Università di Napoli 2. Unità Operativa Complessa ASL CE 1, Ospedale di Maddaloni
RIASSUNTO Obiettivi: Lo scopo del nostro studio è quello di presentare un caso di emovitreo conseguente a corpo estraneo endobulbare chirurgicamente trattato senza manifestazioni di endoftalmite. Soggetti: Paziente in A.B.S. con anamnesi positiva per trauma bulbare di circa 5 mesi prima. BCVA percezione luce. Oftalmoscopia positiva per emovitreo con retina non esplorabile. All’ecografia si metteva in evidenza la presenza di un corpo estraneo endobulbare. Metodi: Il paziente è stato sottoposto ad estrazione del corpo estraneo mediante vitrectomia via pars plana. L’esame del corpo estraneo ha evidenziato la natura metallica dello stesso. Risultati: A 5 mesi dall’intervento la BCVA risultava di 7/10, l’oftalmoscopia evidenziava una retina ovunque sul piano. Durante tutto il periodo di studio non è stata rilevata l’insorgenza di endoftalmite. Conclusioni: Nel nostro caso non si è sviluppata endoftalmite vista l’insorgenza di una gliosi vitreale incapsulante che ha inibito il processo flogistico. ABSTRACT Objectives: The aim of our study is to present a case of vitreous hemorrhage consequent to extraneous body surgically treated without bulbar manifestations of endophthalmitis. Subjects: Patient with a history of bulbar trauma about 5 months ago. BCVA light perception. Ophthalmoscopy positive vitreous hemorrhage with retinal not explored. Ultrasound highlighted the presence of a bulbar extraneous body. Methods: The patient was subjected to extraction of the extraneous body by means of pars plana vitrectomy. The examination of the extraneous body showed the metallic nature of the same. Results: 5 months after the intervention of BCVA was 7/10, the ophthalmoscope showed a retina anywhere on the plain. Throughout the study period was not detected the 'onset of endophthalmitis. Conclusions: In our case did not develop endophthalmitis view the onset of gliosis vitreous encapsulant that inhibited the inflammatory process.
>> Introduzione
PAROLE CHIAVE emovitreo trauma bulbare KEY WORDS vitreous hemorrhage bulbar trauma
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Un corpo estraneo, una volta penetrato nell’occhio, può indovarsi in una qualsiasi delle strutture che incontra con conseguenti effetti meccanici, infezioni o fenomeni tossici a carico delle strutture intraoculari. Tra gli effetti meccanici i più rilevanti sono la formazione di una cataratta secondaria a lesione capsulare, la liquefazione del vitreo, le emorragie della retina e le lacerazioni. Il corpo estraneo più comune sembrerebbe essere l’acciaio. Pietre e corpi estranei organici predispongono in modo particolare alle infezioni; altre sostanze come vetro, plastica, oro e
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argento risultano invece inerti. Tuttavia il ferro e il rame possono dissociarsi dando origine, rispettivamente, a siderosi e calcolosi. Un corpo estraneo di origine ferrosa, infatti, va incontro a dissociazione, determinando la deposizione di ferro nelle strutture epiteliali intraoculari, dove esercita un effetto tossico sui sistemi enzimatici cellulari, con conseguente morte cellulare (Tabella 1). La complicanza più temibile, legata all’azione di un corpo estraneo endobulbare, è rappresentata dalla endoftalmite; la cui incidenza varia tra il 4.7% ed il 13.5% (Tabella 2).
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Corpo estraneo endobulbare senza endoftalmite: caso clinico
tabella 1
Meccanismi con cui un CEE può esplicare la sua noxa patogena sulle strutture del bulbo oculare Effetto Termico
Effetto Meccanico
• Temperatura del CEE all’impatto
• A 1200° coagulazione e necrosi vasale
• Energia cinetica
• Maggior penetrazione
• Forma
• Superfici taglienti-max penetrazione
• Dimensioni
• Più grande il CEE- maggiore danno
• Sito di entrata
• Cornea, cristallino,uvea,sclera
• Sede intraretinica
• Intra-arcate: visus post-opaeratorio (18% di successo) Extra- arcate: visus post- operatorio (89% di successo)
Effetto Chimico
• Natura del CEE
1) Inerti (pietra, sabbia, porcellana, vetro, etc) 2) Causanti una reazione (metalli ferrosi)
Effetto Settico
Contaminazione del CEE
Veicolo di infezioni batteriche e fungine
tabella 2
Incidenza di endoftalmite a seguito di ritenzione di CEE Studio
Occhi con endoftalmite (occhi totali)
Incidenza di endoftalmite in occhi con CEE
Brinton et al.
11 (103)
10,7
Khan et al.
10 (198)
5,1
Williams et al.
14 (105)
13,3
Behrens-Baumann et al.
14 (297)
4,7
Thompson et al.
34 (492)
6,9
El-Asrar et al.
13 (96)
13,5
Chaudhry et al.
44 (589)
7,5
Il più importante fattore predittivo di sviluppo di endoftalmite è il ritardo nella rimozione del CEE (nell’ordine delle 48 h). Inoltre, il rischio di sviluppo di endoftalmite aumenta con l’età del paziente Scopo del nostro studio è quello di presentare un caso di corpo estraneo endobulbare asportato chirurgicamente che non ha scatenato endoftalmite nel periodo preoperatorio.
>> Soggetti Paziente di anni 70 in A.B.S. Anamnesi positiva per trauma bulbare in occhio destro occorso circa 5 mesi prima, per il quale il paziente riferisce di non essersi sottoposto ad alcun controllo oculistico in virtù della scarsa sintomatologia clinica. Al reclutamento venne riscontrato in occhio destro BCVA percezione luce; alla biomicroscopia del segmento anteriore una lieve iperemia congiuntivale, cornea speculare con gerontoxon se-
nile, camera anteriore di normale profondità ed otticamente vuota, cristallino in sede con sclerosi nucleare. La tonometria ad applanazione evidenziava un valore di 15 mmHg. Venne riscontrato, inoltre, emovitreo massivo con fondo oculare non esplorabile. L’esame ecografico A evidenziava un picco, vitreale, ad alta reflettività con attenuazione acustica posteriore. L’esame ecografico B-scan evidenziava un intorbidamento emorragico del vitreo di grado medio con presenza di corpo estraneo endobulbare, localizzato alle ore 2 in regione equatoriale anteriore, adagiato al piano retinico, con trazione vitreo- retinica dovuta alla presenza di una evidente gliosi vitreale. Le indagini cliniche ed obiettive non evidenziavano la presenza di endoftalmite. Nulla di patologico da rilevare a carico dell’occhio sinistro.
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Luigi Mele, Giovanna Costanzo, Valerio Piccirillo, Adele Elisabetta Ragucci, Vincenzo Rao, Mario Bifani
>> Metodi
>> Conclusioni
Il paziente è stato sottoposto ad estrazione del corpo estraneo endobulbare e alla rimozione dell’emovitreo mediante vitrectomia via pars plana. Il corpo estraneo asportato è stato sottoposto ad analisi che ne metteva in evidenza la natura metallica (in acciaio INOX). È stato inoltre prelevata una modica quantità di umor vitreo, sottoposta ad esame colturale, che ha messo in evidenza l’assenza di crescita batterica. Tale risultato ha confermato l’evidenza clinica dell’assenza di endoftalmite nel periodo preoperatorio.
A 5 mesi dall’intervento la biomicroscopia del segmento anteriore era nei limiti; il tono oculare mediante tonometria ad applanazione era di 13 mmHg. L’oftalmoscopia evidenziava una retina ovunque sul piano e la BCVA era di 7/10. In tutto il decorso postoperatorio non sono stati evidenziati segni clinici di endoftalmite.
Alla luce dei dati clinici, ecografici e di laboratorio rilevati durante lo Studio possiamo affermare che non si è sviluppata endoftalmite; ciò consegue alla reazione tissutale caratterizzata da una gliosi vitreale incapsulante che ha isolato immunologicamente il distretto colpito. Tale evento clinico ha inibito il processo settico-flogistico. È ipotizzabile che allo sviluppo della gliosi vitreale abbia contribuito il corpo estraneo stesso; quest’ultimo, nel suo tragitto endobulbare, può aver trascinato le fibre collagene vitreali della via d’ingresso imbrigliandosi nelle fibre stesse. L’azione combinata dei macrofagi vitreali e dei fibroblasti ha poi scatenato la gliosi, ecograficamente evidenziata, la quale ha determinato una contrazione cellulo-mediata del gel vitreale con conseguente emovitreo, nonché la formazione di un distretto immunologicamente isolato che di conseguenza ha scongiurato la comparsa di endoftalmite.
Figura 1 A scan: picco ad alta reflettività, attenuazione acustica posteriore
Figura 2 B scan (sez. longitudinale e trasversale): Lesione altamente riflettente con ombreggiamento acustico posteriore
>> Risultati
>>
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NO EDI VITÀ TOR IAL E agine
128 p
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100 M.Gualdi R. Bellucci, M. Cargnoni, F. Gualdi, L. Gualdi, M. Maurizi Enrici, U. Merlin, G.L. Scuderi
CHIRURGIA DELLA CATARATTA CON
FEMTOLASER CEDOLA DI COMMISSIONE LIBRARIA Reg. S. Giovanni 40 - 14053 Canelli (AT) - Tel. 0141 1768908 - Fax 0141 1768900 - e-mail: info@fgeditore.it - www.fgeditore.it DESIDERO SOTTOSCRIVERE L’ACQUISTO DEL VOLUME: Chirurgia della cataratta con Femtolaser
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