Casa Ungers II

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1 Università IUAV Venezia Dipartimento di Architettura, Costruzione, Conservazione Corso di Storia dell’architettura 3 Prof. Marco Pogacnik Anno Accademico 2015-2016

Casa Ungers II, Oswald Mathias Ungers Margherita Antolini - 279895


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INDICE

Stato degli studi

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Biografia

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Storia e descrizione del progetto

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Interpretazione critica

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L’identità dello stesso

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Bibliografia

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STATO DEGLI STUDI Casa Ungers II è un caso esemplare di ricerca teorica nell’architettura di fine Novecento. In essa convergono temi fino ad allora estranei alla pratica contemporanea,concentrata completamente sulla funzionalità degli edifici. Proprio questa distanza dalla contemporaneità ha sfavorito la nascita immediata di una vasta letteratura specifica, che tuttavia è arrivata a circa quindici anni di distanza dalla costruzione dell’edificio. E’ necessario specificare che allo stato dei fatti la letteratura riguardo questa casa in particolare è scarsa, non tanto per disinteresse della critica, quanto per l’essenza stessa della costruzione. Data la sua natura teorica e astratta che la rendono un manifesto, infatti, è stato ritenuto più significativo concentrarsi sui testi teorici dell’architetto subito precedenti la costruzione che sull’aspetto materico della casa stessa. Nei testi editi nel 1982 “Work in progress” e “Architecture as a theme” Ungers sviluppa l’apparato teorico che ricadrà visibilmente nella Casa Ungers II, cui però non seguono elaborazioni critiche rilevanti. Il 1991 è l’anno della “scoperta” della casa in Italia grazie alla monografia edita lo stesso anno da Electa con un saggio di Fritz Neumeyer, cui farà seguito una seconda monografia nel 1998 con un saggio di Marco de Michelis. Questo sarà l’anno di gloria italiana per Ungers e la sua casa: con una mostra presso la Basilica Palladiana di Vicenza, riportata su “Casabella” da uno scritto di Aldo Rossi insieme ad un’intervista all’architetto, e un articolo monografico e fotografico sulla casa sempre su “Casabella” lo stesso anno, si assicura la presenza in quattro articoli sulla rivista. Nel 2001 esce in Italia l’ultima monografia dell’opera ungersiana edita da Zanichelli a cura di Kieren. Ma sono forse i testi critici di Vieths e di Petta, rispettivamente Ungers: città dialettica,1997, e Astrazione come tema, 2004, che forniscono una lettura chiara e critica dell’apparato teorico sviluppato dall’architetto. Di seguito si riportano gli esiti della ricerca riguardo ai documenti descritti: il lavoro di studio ha avuto inizio da un’analisi prettamente teorica del lavoro dell’architetto negli anni Ottanta per poi arrivare ad una descrizione originale dell’edificio data la motivata carenza di materiale scritto sull’edificio stesso.


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BIOGRAFIA Oswald Mathias Ungers nacque il 12 luglio 1926 a Kaisersesch nella regione dell’Eifel, Germania dell’Ovest. La sua infanzia e giovinezza trascorsero tra l’avvento e la caduta del regime nazista. Frequentò un regolare corso di studi dal 1932 al 1945 nell'ambito dell'educazione della Gioventù Nazista, ed in seguito al compimento della maggiore età prestò servizio militare prima presso il gruppo Giovani Ausiliari e poi nell'esercito nazista. Durante la Seconda Guerra Mondiale venne fatto prigioniero di guerra. Terminato il conflitto, nel 1947 si diplomò presso il Megina-Gymnasium a Mayen, e dal 1947 al 1950 studiò architettura alla Technische Hochschule di Karlsruhe. Dopo aver collaborato con Egon Eiermann, nel 1950 aprì il proprio studio di architettura a Colonia, inaugurando un primo periodo (1953—1964) di incarichi che interessarono l’edilizia residenziale e scolastica e la propria casa manifesto a Colonia-Mungersdorf. Nel 1963 intraprese l’attività didattica come professore ordinario presso la Technische Universität di Berlino, aprendo uno studio nella capitale. L’attività realizzativa di Ungers si arrestò dal 1964 al 1978 per dare spazio a molti progetti di concorso ed alla profonda ricerca teorica - anticipato dal manifesto “Zu einen neuen Architektur” scritto insieme a Gieselmann nel 1963 - nella quale si definirono con solide basi la poetica caratterizzante dell’architetto, nonché i molteplici interessi di questo per una teoria e la storia dell'architettura, e per la morfologia e trasformazione urbana. Negli anni ‘80, il lavoro dell’architetto acquistò maggior importanza internazionale, in seguito alla grande attività realizzativa di molti progetti, divenendo ampiamente conosciuto tanto che si contano ben 8 mostre in questi anni tra Venezia, Milano, Colonia e Tokyo. Questa ricca attività di costruzione del progetto – inveramento dell'idea architettonica sul piano pratico - permise ad Ungers di scontrarsi con la realizzazione pratica delle sue idee e per questo scendere a dei compromessi che destarono diversi malumori tra i suoi colleghi architetti. Tuttavia, tutta la sua attività “pratica” rimase sempre supportata e corroborato da densi scritti teorici per le maggiori testate di architettura, tra cui si cita l'importantissimo saggio “Architettura come tema” (1984).Morì il 30 settembre 2007 nella sua casa a Colonia all’età di 81 anni.


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STORIA E DESCRIZIONE DEL PROGETTO

Nel 1986, 17 anni dopo la costruzione della sua prima casa a Colonia-Mungersdorf, Ungers decide di costruire una casa per sé stesso e la propria famiglia nella campagna meridionale della zona montuosa dell’Eifel, a Glashutte, vicino Treviri. La casa sorge su una piccola collina circondata da due stagni, un giardino, un’antica cappella in rovina e i resti di una fabbrica del XVII sec. che inizialmente occupava e definiva il luogo. Il luogo è permeato di un’atmosfera particolarmente bucolica e arcaica, lontano dalla città e raggiungibile solo attraverso un sentiero angusto. La tipologia della villa qui è declinata in una logica molto semplice e chiara: è infatti basata su una pianta quadrata e simmetrica con scala centrale che serve le stanze, quasi tutte collocate sul perimetro e organizzate in quattro appartamenti semi-privati. Il sistema distributivo si articola in modo piuttosto differente al piano terra e al primo. La pianta del piano terra rivela la partizione degli ambienti già a partire dalle quattro scale di ingresso: da esse è infatti possibile ad accedere ai quattro blocchi chiusi che comunicano solo attraverso i corridoi che circondano la scalinata centrale. I blocchi sono simili due a due e generano dei brevi percorsi. Accedendo nel primo e nel terzo blocco ci si trova nell’ingresso, che comunica direttamente con la scalinata, ma mentre nel primo si ha subito a destra una sauna/WC e poco più avanti un guardaroba e a sinistra un ripostiglio, nel terzo si ha un vano tecnico e due ripostigli, dimostrando chiaramente la presenza di un ingresso pubblico e uno di servizio. Il secondo e il quarto blocco invece ospitano le stanze della vita giornaliera: si entra dallo soggiorno nello studio e indirettamente nella sala da bagno. I due blocchi opposti si differenziano solo per la dimensione della sala da bagno, infatti nel blocco due ne è presente solo una molto grande che nel blocco quattro si sdoppia. Al primo piano il sistema distributivo cambia completamente: non ci sono blocchi chiusi ma due percorsi concentrici, l’uno interno che corre intorno alla scalinata e si apre su tutti i vani, l’altro esterno che connette ogni vano al successivo e al precedente. E’ difficile trovare un punto di partenza


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in questo sistema, pertanto si inizierà dal punto di arrivo della scalinata per procedere in senso orario. Da qui il primo ambiente che si incontra è lo studio, da cui si passa alla stanza da letto, di seguito al bagno e poi alla cucina, fino alla stanza da pranzo e un altro studio, che insieme al primo converge nell’atelier. In quest’area la tradizione romana è particolarmente presente la scelta dei materiali e dei riferimenti è particolarmente importante: le facciate lisce e spoglie sono coperte di pietra bianca di Nancy, la stessa delle costruzioni romane di Treviri. Le aperture sono fortemente definite e danno ai prospetti un carattere di solidità e pulizia che ben si sposa con il tetto leggermente spiovente di rame. Tuttavia dalla sezione si può notare che il tetto spiovente è nascosto all’interno con una controsoffittatura, applicata con lo scopo di omologare piano terra e primo piano e creare un effetto straniante nelle stanze del primo piano, in cui le finestre, tutte uguali tra loro, sono ambiguamente alte e nella stessa posizione delle porte di comunicazione tra le stanze. Nel complesso è chiaro l’intento di Ungers di combinare forme elementari con il paesaggio in modo da ottenere qualità attraverso il contrasto, ottenendo un artefatto che restituisce la forza poetica della ricerca e trasmette un senso di inviolabilità. In questo senso è chiaro come la ricerca del dettaglio costruttivo o della funzionalità della casa siano aspetti secondari nel progetto.


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INTERPRETAZIONE CRITICA

<<Mi interessano la forma pura, l’astrazione, la tipologia di base, la costruzione elementare. Non il materiale naturale appesantito contenutisticamente, non il dettagli architettonico che racconta la storia della finestra, dell’ingresso e della casa con cornicioni, coperture o rivestimenti, o i diversi trattamenti di base e coronamento. Parlo invece della semplice capanna, della forma più elementare di interpretazione di un elemento ricorrente. Priva di elementi che distraggono, di aggetti o rientranze; priva insomma di caratteri distintivi>> -O.M. Ungers Il progetto nasce dopo circa dieci anni di riflessioni teoriche sui temi dell’archetipo e dell’astrazione, per cui la costruzione diventa un vero e proprio manifesto del pensiero ungersiano degli anni ’80. La chiave interpretativa per questa fase del lavoro è Disziplinerte Reduktion: definisce la continua ricerca dell’equilibrio e dell’archetipo. Tale pensiero porta alla costruzione di una casa in quanto tale, chiusa tra quattro semplici mura di pietra attraverso lo studio dei modelli classici. Due aspetti caratterizzanti del pensiero ungersiano sono chiaramente riconoscibili nel progetto: l’invenzione e l’esegesi. Il concetto di invenzione è il contributo personale di Ungers al panorama architettonico contemporaneo; consiste nell’introdurre temi estranei ai campi tecnici della funzionalità della lavorazione di materiali e della scienza delle costruzioni in quanto non crede che tali aspetti possano contenere elementi che ne danno la forma. L’invenzione della forma pertanto avviene attraverso tre livelli, l’idea, il tema e il concetto. In questo progetto la casa viene in primo luogo trasformata in idea e resa estranea alla propria esistenza reale e materiale di edificio abitabile; per dare una forma alla casa si analizza il tema dell’abitazione attraverso l’esegesi, processo a sua volta


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consistente di tre fasi (ricordare-trovare forme-sintetizzare) che si svolge redigendo un’ “enciclopedia delle forme”, in cui sistematizza tutte le forme della casa tradizionale e storica e le applica al proprio progetto funzionale.

Confrontando le

forme storiche intese come temi, si può arrivare infine al concetto, alla forma della casa moderna, che risponde all’esigenza umana di metafisica, creando una realtà strutturata attraverso rappresentazioni e in cui gli oggetti acquistano un proprio significato attraverso i processi sensori.


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L’IDENTITA’ DELLO STESSO

Come già spiegato, la strategia progettuale di Ungers affonda le proprie radici nello studio della storia e nella ricerca di riferimenti tipologici e formali per poter portare avanti un discorso formale contestualizzato alla zona di costruzione, tralasciando qualsiasi collegamento con la vita o con la figura umana; per questo è stato possibile eliminare in prima istanza l’identità dell’”autonomo” e dell’”altro” dalle possibilità, in quanto fondate sul rapporto uomo-architettura. Resta quindi da stabilire quali siano i termini di relazione tra le fonti e il progetto. Innanzitutto si chiariscano i riferimenti utilizzati da Ungers per la propria casa a Glashutte: la domus, Villa Rotonda (Palladio), Neuer Pavillon (Schinkel), la casa rurale tedesca La tradizionale casa padronale romana viene interpretata in diversi modi in questo progetto. La pianta rettangolare viene divisa in due quadrati, in cui l’uno diventa la pianta della casa vera e propria, mentre l’altro viene portato all’esterno in un disegno di siepi a esedra. Tuttavia la monodirezionalità della domus, segnata anche dal tetto spiovente, viene intersecata con le quattro scale e porte di accesso riconducibili alla tradizione palladiana, dove la scalinata prende il posto dell’atrio/cupola, come aveva già suggerito Schinkel nel suo padiglione di caccia a Charlottenburg. Accanto a questi esempi colti si trova anche la modesta casa rurale tedesca a graticcio, di cui sono riconoscibili le forme nei primi schizzi di progetto, e di cui rimarrà soprattutto l’aspetto materico.


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Da questo excursus potrebbe sembrare che Ungers abbia utilizzato un procedimento “rinascimentale” di citazioni, tuttavia è opportuno specificare che lo studio delle tipologie e dei riferimenti avviene sempre in modo astratto, e si traduce nella sintesi e trasformazione in archetipi di tali forme al fine di trovare la forma più opportuna. Per questo risulta chiaro che l’identità più vicina al progetto di casa Ungers II sia quella dello “stesso”, ovvero dell’identificazione della casa con l’idea di casa in un discorso quasi platonico che vede l’architetto come demiurgo delle forme.


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BIBLIOGRAFIA Manuali  W. Curtis, L'architettura moderna dal 1900, Phaidon, 1999 

K. Frampton, Storia dell'architettura moderna, Zanichelli, 1982

Monografie sull’architetto  AA. VV., Oswald Mathias Ungers. Opera completa 1991-1998, Electa Mondadori, 1998 

AA. VV., Oswald Mathias Ungers, Opera completa 1951-1990, Electa Milano, 1991

(a cura di) M. Kieren, Oswald Mathias Ungers, Zanichelli serie di architettura Bologna, 2001

R. di Petta, Oswald Mathias Ungers, astrazione come tema, Libria, 2004

Rossi, Un giovane architetto tedesco; Oswald Mathias Ungers, in “Casabella” 654

O. M. Ungers, Works in Progress, Rizzoli, 1982

O. M. Ungers, Architecture As Theme, Rizzoli, 1982

O. M. Ungers, Pensieri sull’architettura, in “Casabella, 657 p.2

Intervista a Oswald Mathias Ungers “Dall’imago al progetto, l’architettura come scoperta archeologica”, in “Domus” 735, febbraio 1992

Oswald Mathias Ungers Architetto, Mostra alla Basilica Palladiana di Vicenza, in “Casabella” 654

S. Vieths, Oswald Mathias Ungers, Ungers: città dialettica, Skira, 1997

Monografie sull’edificio  G. Guidi, La casa degli opposti che coincidono, saggio fotografico in “Casabella”, 662/663, p.173 

O. M. Ungers, Haus Ungers, Utscheid 1986-88, in “Casabella” , 662/663, p.172


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