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corale
due muse allo specchio
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corale
due muse allo specchio
comune di cotignola assessorato alla cultura con il patrocinio della provincia di ravenna in collaborazione con associazione culturale primola la presente pubblicazione è stata realizzata nell’ambito di selvatico rassegna di campagna in occasione della mostra corale 22 dicembre 2007 – 6 gennaio 2008 a cura di sabrina foschini e massimiliano fabbri progetto grafico e impaginazione: marilena benini finito di stampare nel dicembre 2007 da grafiche morandi fusignano crediti fotografici: le fotografie per Simone Pellegrini sono di Dario Lasagni per Gilberto Giovagnoli di Stefano Tedioli
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corale
due muse allo specchio
* palazzo sforza cantiere delle arti
simone bergantini gilberto giovagnoli matteo guidi + andrĂŠs galeano beatrice pasquali simone pellegrini anton roca diego zuelli
sabrina foschini lo specchio delle muse
Ci sono allegorie secentesche in cui Musica e Pittura si baciano, le arti si toccano, si contaminano, a partire dai corpi che prendono la forma tangibile di un’idea, un sentimento. C’è a volte l’invidia di un’arte per un’altra, dei suoi mezzi e gesti, dei suoi strumenti e strategie, oppure l’innamoramento di una per l’altra, o ancora, la necessità di convivere nel medesimo spazio della creazione. A questa suggestione e a questo felice, talvolta periglioso concubinaggio, si lega questo progetto dedicato alla musica, un linguaggio che non contiene immagini ma che le può evocare senza disegno, ed è la musica, anche quando manchi, la colonna portante del pensiero che costituisce l’unisono di questa mostra. Corale è dunque la chiamata a raccolta di un gruppo di artisti attorno al suono e alla melodia, avendo cura di preservare la polifonia delle voci e il tragitto singolare della risposta. Niente di più differente tra un’arte composta di segni visibili concentrati in un punto, e un’altra fatta di movimenti invisibili d’onde nello spazio, ma non c’è nel connubio nessun rapporto di vassallaggio o di primato; non ci sarà quindi la visione che illustri la melodia, piuttosto un matrimonio di sensi che contamini le diverse percezioni. I linguaggi stranieri di due bocche così differenti, si uniscono, si specchiano o si respingono, e a volte l’eco di un possibile ascolto resta silenzioso o segreto, come un incontro solamente immaginato. Gli artisti invitati, nel numero delle note (considerando la coppia presente, come acuto e grave di uno stesso tono) hanno preso di petto il confronto con la musica, partendo da tecniche e poetiche differenti, nel tentativo di campionare in una sequenza minima il più vasto raggio di azione. Tra loro Diego Zuelli che da diversi anni lavora con video d’animazione rigorosamente muti, in cui la nudità del movimento è sottolineata dalla mancanza della sua ombra sonora, ha cercato per la prima volta l’ibridazione col suono, dedicando la sua isola musicale ad una composizione di Franco Battiato. Un po’ fantasmica come l’isola dei morti di Böcklin, un po’ zattera alla deriva, o sognato approdo, l’isola è ferma come un punto cardinale, bussola per marinai, lambita dalla lingua animata delle onde che seguono il gocciolare cadenzato della musica. Il mare sereno di Diego, disegna il gorgoglio di una musica che ha all’incirca la sua età, intitolata “l’Egitto prima delle sabbie”. e che fa pensare ad una terra non ancora prosciugata, non ancora estinta, un luogo fertile graziato dall’acqua e andando a ritroso fino alle origini, alla crosta di pietra emersa come un indice dalle acque, il corno di continente che buca il mare. Un’isola che contiene come un iceberg l’estensione futura del suo continente abitato. Simone Pellegrini ha invece compiuto il tragitto inverso chiedendo ad un compositore amico, il musicista Olivier Manchion di creare una partitura originale. La melodia si aggrappa all’ordito ritmico
dei suoi segni, spesso ribattuti nell’anarchia di una geometria inventata, ovvero ritrovata nello scavo della terra. La simphonie désertique di Olivier raccoglie la sequenza simbolica delle sue anatomie frammentate e aureolate d’unto, perché tatuate sulla carta paglierina attraverso il bagno d’olio delle matrici. Per Simone il linguaggio è il corpo e l’alfabeto è fatto delle sue parti strutturali, sezionate e rimontate in congiunzioni mostruose che rifondano una nuova lingua, oppure vanno a decifrarne l’origine ideogrammatica. Nei suoi velli di carta suturata si accampano sciami d’occhi e cosce, inediti grilli medioevali, rizomi di braccia e sessi che segnano una cadenza, un leitmotiv del disegno che nella scarnificazione degli elementi, guadagna l’infinita combinazione sonora, propria delle note. Per Anton Roca la musica è sempre stata un territorio di ispirazione fecondo che gli ha fatto imboccare le strade di una ricerca rigorosa e poetica, contigua al fronte d’avanguardia dei musicisti contemporanei. E l’origine, la forma della musica, sembra sempre essere data da uno spostamento fisico, un viaggio del corpo. Il tragitto disegnato sul pentagramma crea i suoni, gli sbalzi del vagone ferroviario fermano la caduta delle note sul rigo come farfalle infilzate, la rotta della nave è tradotta in canto, in sostanza la musica è camminare. Il camminante segna il percorso con dei sassi, come nelle favole che diventano suoni di una musica casuale, eppure regolata dalla più severa disciplina. Questo suo corpo compositore può essere anche dotato di appendici, di protesi esterne che lo prolungano, ma che di fatto lo limitano, come la manoforte e gli auricoli, perché non sono composte della stessa carne della volontà umana, sono mutilazioni del caso, gambe di legno per chi cammina. Nell’opera fotografica di Simone Bergantini la musica trova una dimensione narrativa, sposa un racconto che evoca la propria colonna sonora o la sua assenza, lasciando allo spettatore la libertà o il compito di comporla. Incontra la favola o il melodramma nella danza, immagine muta che contiene una traccia da carillon e la suggestione di storie, con principesse costrette a danzare nella gabbia foderata di broccati. Tocca la caduta degli dei o dell’infanzia in Ludwig, con il pianoforte giocattolo fiorito o sopravvissuto tra le macerie di una guerra domestica, che oppone al disastro della devastazione, gli intarsi del legno o la tenerezza dei tasti colorati, che da soli intonerebbero per Elisa. Infine, con mazurka diventa pagina di diario struggente e familiare in una delle ultime immagini del nonno che suona l’armonica all’ospedale per i compagni di malattia, come un eroe del transito. La musica è resistenza, la fotografia denuda l’occhio per mostrare soltanto l’enormità di ciò che manca. Anche Gilberto Giovagnoli inserisce la musica all’interno di una storia, di una biografia immaginaria che ridisegna come un commento arbitrario, la vita di un personaggio reale. In questo caso si tratta di Paul Mc Carthy, il chiacchierato artista statunitense che immette nella propria opera fluidi corporali come sangue e muco e che ha un nome felicemente consonante con il cantante dei Beatles. Nei suoi libri illustrati e rilegati Gilberto compone un falso album di ritagli, di fotografie da gossip, di pornografia
privata e lo fa con un disegno secco e feroce che sembra intagliato sui tavoli dei bar, un graffito che si sporca di fumetto, di pubblicità, si colora di arte africana o sudamericana, con l’approdo artistico di una lingua di babele contemporanea e allo stesso tempo arcaica. Il suo disegno sembra essere passato attraverso tutti i pertugi e tutti gli stili, guadagnando e disperdendo tracce della sua estrazione e della sua memoria. Andrés Galeano e Matteo Guidi hanno lavorato sull’idea di un silenzio riempito, un’assenza eloquente. Hanno estratto da alcune interviste a musicisti o persone comuni, le scorie delle parole, quei “fenomeni di esitazione” o pause piene, che spezzano il discorso con degli ehm, uhm e che fanno da virgole alla nostra conversazione, da contrappunto nascosto. In questo modo la lingua epurata dai nomi, ritrova il suo universo segreto e primordiale, un ruggito d’animale, un verso sconosciuto. Il silenzio delle parole crea una musica gutturale, una vibrazione insospettata, rigettata dall’alfabeto e ricondotta ai segni dai due artisti, che la sottolineano nel suono e la rendono visibile nella pagina, ricreando una inedita e immaginaria trascrizione fonetica. Dal silenzio al sonoro, fino al segno. Una risalita da salmoni, un’azione che sembra sottrarre ma che al contrario aggiunge, traducendo in fonema il nostro rantolo selvatico e incoerente, che è allo stesso tempo il metronomo della riflessione. Nell’opera scultorea di Beatrice Pasquali non compaiono dei fabbricanti di musica ma un coro dell’ascolto, un consesso di figure con le orecchie tese e gli occhi chiusi, puri ricettori di suoni, insensibili allo sguardo. Sono un esercito pacifico di uditori, che richiamano nello schieramento i famosi guerrieri cinesi di terracotta e che raccolgono suoni come manna, pronta a piovere sopra delle teste, orfane di qualsiasi movimento. Così il suo fabbricante di cuffie dalle orecchie di porcellana e la carne di cera, è un demiurgo dell’attenzione, un fantoccio scientifico e magico per studiare la raccolta, la vendemmia dei suoni, di cui l’elemento umano sia il canestro capiente. Infine nella sinottica dell’orecchio giunge a isolare l’organo dell’udito, il padiglione esterno, il ricettore gommoso di cartilagine mimata nella morbidezza della gomma e nello scrigno soffice e attutito del velluto, che ricorda la carezza della pelle e che nella realtà riveste i teatri, moderni templi dell’ascolto. Tornando alle muse dell’incipit posso concludere dicendo che Corale vuole dare la suggestione di un luogo dove arte e musica danzino avvinghiate, e dove si possano rintracciare le fasi di questo loro corpo a corpo, dall’avvicinamento, allo stacco. In cui siano contemplati all’unisono la sosta sulla sedia e il vortice, il tempo battuto col piede e il calcolo del ritmo, l’abbandono e l’attenzione. È come se a ciascuna di queste due muse amate e corteggiate mancasse un senso. La musica cieca e l’arte sorda, si scambiano occhi per orecchi e nutrono silenziosamente la memoria e il riflesso dello specchio che le incornicia.
ph: Leonardo Casali
Simone Bergantini è nato a Velletri (RM) nel 1977. Vive e lavora a Milano. www.simonebergantini.com
Gilberto Giovagnoli nato a San Marino nel 1954, dove vive
Matteo Guidi nato a Cesena (FC) nel1978 vive e lavora a Bologna www.matteoguidi.it
AndrÊs Galeano nato a Matarò (BCN) Spagna nel 1980 vive e lavora a Bologna pulgarcitoflip@yahoo.es
ph: Matteo Monti
Beatrice Pasquali nata a Verona nel 1973, Vive e lavora a Bologna www.beatricepasquali.it
Simone Pellegrini Nato il 18.07.1972 ad Ancona. Vive e lavora a Bologna. www.cardelli&fontana.com www.hachmesiter-galerie.deâ‰
ph: Maria Lucrezia Schiavarelli
ph: Carles Fargas
Anton Roca Reus, Catalunya, 1960 vive a Cesena www.arteco.org
Diego Zuelli nato a Reggio Emilia nel 1979, vive e lavora a Reggio Emilia www.seemonkey.com/diego
opere
simone bergantini
mazurka 2006, stampa fotografica a getto di inchiostro sotto plexiglas, 26x40 cm, copia unica, proprietà dell’artista
la danza (dittico): 2005, stampa fotografica a getto di inchiostro sotto plexiglas 90x200 cm circa, 1/6 + una p.d.a, courtesy: romberg arte contemporanea, roma
simone bergantini
ludwig, 2007, stampa fotografica a getto di inchiostro sotto plexiglas, 100x100 cm, 1/6 + una p.d.a courtesy: romberg arte contemporanea, roma
simone bergantini
2000, tecnica mista, dal libro voglio la testa di paul mccarthy
gilberto giovagnoli
gilberto giovagnoli
gilberto giovagnoli
gilberto giovagnoli
gilberto giovagnoli
andrĂŠs galeano + matteo guidi
[ĂŚ:m] 2007, installazione audio, video e tecnica plastica mista
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[ĂŚ:m] andrĂŠs galeano + matteo guidi fotografia digitale, colore
Cosa senti all’interno del silenzio? Vivi o hai mai vissuto “fenomeni di esitazione”? Cos’è che vibra o che senti vibrare? Come rappresenteresti il concetto di “pieno” o cosa ti ispira? Cosa è per te una pausa? Quale significato ha per te la possibilità di fare un discorso?
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andrés galeano + matteo guidi video-still
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andrés galeano + matteo guidi video-still
beatrice pasquali
Il fabbricante di cuffie 2001, cera e ceramica, cm 29x19x17
beatrice pasquali
sinottica dell’orecchio 2005, cm189x86, gomma e velluto
beatrice pasquali
tavola delle fiandre (particolare) 2003, cera e smalto, installazione, 216 elementi
www.massimozamboni.it
beatrice pasquali
cover del cd sorella sconfitta
simone pellegrini
sestante, 2007, tecnica mista su carta, cm. 70X120 (particolare)
pagina seguente esternata differenza, 2007, tecnica mista su carta, cm. 82X145 (particolare)
www.sunbeep.com
symphonie désertique partitura originale di olivier manchion dedicata all’opera dell’artista
simone pellegrini
AD LANTICUM Composizione per tempo dilatato & lunga distanza Composto da Anton Roca durante la traversata dell’oceano Atlantico, compiuta tra i porti di Barcellona e Halifax per raggiungere il Québec nel mese di aprile del 2001, lo spartito Ad Lanticum ripropone in chiave sonora la rotta del cargo “Cala Piedad” nei suoi 12 giorni di navigazione. Il meccanismo sonoro si attiva sovrapponendo ai punti cardinali un valore notale in modo che alla direzione della nave, stabilita sulla base della combinazione di minimo due punti cardinali, corrispondano di conseguenza e contemporaneamente due suoni dell’ottava musicale. Per la sua esecuzione a cappella è prevista la presenza di minimo due interpreti che nell’emettere il suono compiranno un percorso orientato sui punti cardinali; mantenendone la direzione per tutta la durata di un singolo suono e cambiando direzione in corrispondenza di un nuovo suono. Gli interpreti ridisegneranno idealmente il percorso compiuto dalla nave all’interno dello spazio ospitante l’esecuzione. Inoltre, nell’emissione sonora, gli interpreti sono tenuti a seguire le annotazioni relative allo stato ondoso dell’oceano al momento della composizione dello spartito e di attivare delle modulazioni vocali, quali aspirato, vibrato, ecc. In corrispondenza di calmo, mosso, agitato, molto agitato dello stato ondoso. Infine, è facoltà degli interpretti di interpretare, appunto, lo spartito. Proponendo una propria lettura che tenga conto anche delle indicazioni di cui sopra.
anton roca ad lanticum
spartito. resoconto sonoro del percorso trasatlantico del cargo cala piedad nel viaggio tra i porti di barcelona e halifax. inchiostro e matita su carta pentagrammata, esemplare unico due fogli. cm. 22x31 (ciascuno), québec, 2001 collezione del fondo d’arte del comune di la spezia un ringraziamento alla galleria il gabbiano di la spezia
Prima esecuzione assoluta a cappella: 1 giugno 2001 Come evento all’interno della residenza d’artista What’s new in my new continent? La Chambre Blanche, Québec Interpreti: Marie Maude Viens, soprano (Québec) Xavier Camino, tenore (Messico) 4 luglio 2003 Esecuzione a cappella dello spartito all’interno del programma di eventi collaterali alla mostra Vers Orient. Il Laboratorio dell’Imperfetto, Gambettola (FC) Interpreti: Manuela Tassani, soprano (Italia) Margherita De Laurentis, mezzosoprano (Italia)
anton roca manoforte
oggetto. calco della mano di anton roca usata come terza mano per esecuzioni al pianoforte, esemplare unico, dimensioni reali, 2005 collezione privata del musicista luca miti
anton roca
prototipo per auricoli
oggetto. strumento d’uso quotidiano per filtrare i rumori. esemplare unico, gesso dipinto, cm. 8x5 (ciascuno), 1996 collezione privata del musicista francesco michi. progetto auricoli da rumore http://www.arteco.org/offerte/auricoli
RUNNING SOUNDS 1987 Uno degli elementi che potremmo definire “nuovi acquisti” del nostro universo quotidiano è il rumore. Questo fenomeno si è verificato di conseguenza con lo sviluppo dell’industrializzazione, sopratutto a partire della fine dell’ottocento e per tutto il novecento. Il rumore fa parte di un ambito di interesse personale in quanto esso è una possibilità per giungere ad una forma di espressione artistica. Il meccanismo può essere (mi si conceda la licenza) paragonato a quello dei musicisti classici nel loro modo di porsi, ad esempio, di fronte alla natura. Da uno stimolo sensoriale ed emotivo giungevano ad uno stimolo nuovo attraverso la trasposizione musicale dello stimolo iniziale. Il risultato è uno stimolo diverso, ma concettualmente legato a quello iniziale. In Sonata per Bicicletta (1985) ed in Studi per Impastatrice Meccanica (1986), la qualità dello stimolo iniziale non è più “naturale”, ma proveniente da entità meccaniche appositamente costruite per lo svolgimento di attività motorie e/o produttive che, per svolgere la propria funzione, sviluppano rumore. Lo sguardo però è ancora di tipo “naturalistico”, nel senso che si tratta sempre di una trasposizione al modo dei classici. La partitura Running Sounds (1987), a differenza degli studi svolti sulle fonti di rumore sopra citate, è la trascrizione diretta ed in modo automatico sui righi di uno spartito del movimento del treno, e non più del rumore da esso prodotto. Quindi, non più la trascrizione dello stimolo ma l’origine stessa del rumore. Questa partitura è stata composta in tempo reale durante un viaggio tra Genova e Barcelona (CAT) con il concorso del braccio e la mano del “compositore”, sospesi in aria. Quindi, il risultato è la trascrizione del movimento del treno che, agendo su di una matita tenuta nella mano sospesa, lasciava una traccia sul rigo. L’unico controllo effettuato riguardava il cambio di rigo nello spartito, debitamente fissato al finestrino.
anton roca
running sounds
libro-spartito. resoconto sonoro del movimento oscillatorio di un treno. realizzato in tempo reale nel viaggio tra le stazioni di genova e barcelona (1987). versione di luca miti al theremin (2007), esemplare unico inchiostro su carta pentagrammata, cm. 23,5x33,5, 1987, collezione del fondo d’arte della biblioteca nazionale centrale di firenze
La lettura analogica della partitura restituirà all’ascolto uno stimolo sonoro (rumoroso) che va oltre al meccanismo della trascrizione “naturalistica” dello stimolo iniziale. La prima esecuzione assoluta è stata affidata alla sensibilità di Luca Miti, Francesco Michi, Albert Mayr, Paolo Tramannoni e Letizia Bolognesi con la direzione di Anton Roca, in sede alla prima Edizione del Festival Incontri Musicatici. Montevarchi (FI), 1995. Anton Roca
anton roca
walkirian horse libro-spartito. cucitura a zig-zag rossa sullo spartito la walkiria di richard wagner esemplare unico, cm. 18X26 (chiuso), 1987, collezione privata dell’artista installazione sonora macchina da cucire, cotone stampato, ferro, acqua, sabbia, figurina in plastica cm. 170x50x20, 1987, collezione privata dell’artista
l’isola musicale di zuelli DVD 16:9, 14 minuti. loop. sonoro: “l’egitto prima delle sabbie” 1978, di franco battiato
diego zuelli
diego zuelli
l’isola musicale di zuelli – immagini di lavorazione DVD 16:9, 14 minuti. loop. sonoro: “l’egitto prima delle sabbie” 1978, di franco battiato
Ringraziamenti Questa mostra è resa possibile dall’impegno e partecipazione del Comune di Cotignola, ufficio Cultura. Antonio Pezzi Sindaco di Cotignola Maurizio Casadio Assessore alla Cultura di Cotignola Daniele Ballanti Capo settore Servizi Socioculturali di Cotignola. Grazie all’Associazione Culturale Primola, nello specifico a Mario Baldini, Mario Mazzotti, Mauro Ronconi. Grazie agli autori che hanno partecipato alla serata del 29 dicembre 2007 al Teatro Binario di Cotignola:
Fluxus di Franco Pozzi La memoria del latte di Lucia Baldini entrambi i video vedono la collaborazione di Daniele Casadio alla fotografia, Federico Settembrini al montaggio Simone Pelliconi alle musiche. e sono stati presentati alla 52esima Biennale di Venezia nell’ambito della manifestazione “Difesa della natura-the living sculpture”, omaggio a Joseph Beuys e Harald Szeemann (a cura di Lucrezia De Domizio Durini). + Simone Pelliconi, (computer) concerto “In c” di Terry Riley, nella “Versione per dieci clavicembali ben stemperati & beatz” accompagnata da un montaggio video del regista Mauro Santini.
LC Elettrodomestici di Lucca Mauro Corso Sforza, 29 Cotignola (RA) Tel. 0545.41605
* palazzo sforza cantiere delle arti
comune di cotignola assessorato alla cultura con il patrocinio della provincia di ravenna in collaborazione con associazione culturale primola