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Paese natale

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Non so se Leonardo oggi nascerebbe a Vinci o se quel comune è come i tanti piccoli paesi in cui non nasce più nessuno o quasi perché non c’è ospedale: niente ospedale, niente clinica privata, niente reparto maternità, niente nascite. Ospedali nei comuni più piccoli non ci sono mai stati, in quelli meno piccoli non ci sono o non ci saranno più e – se le cose stanno come credo – quasi nessun nasce più in questi paesi.

Un tempo alle donne capitava anche di partorire in casa, non sempre assistite da un medico: c’erano le levatrici che facevano nascere i bimbi anche nei più remoti casolari e comune di nascita e di residenza della madre coincidevano. Non necessariamente si nasceva in casa perché non c’erano ospedali: dei miei fratelli minori, uno è nato in un piccolo paese nell’ospedale che non c’è più e l’altro in casa in una città dove l’ospedale c’era e c’è.

Ora di regola si nasce in ospedale o clinica, magari in giorni programmati; i primi vicini del neonato non sono fratelli e consanguinei ma estranei multicolori; talvolta il padre è un codice a barre.

I miei genitori sono nati in un paese in cui non si nasce più: i bimbi di qualche giorno nati nell’ospedale della vicina città vi immigrano da quel comune. Capisco che alla maggioranza dei neonati non importerà niente risultare nati nel paesello dove abitava la madre, forse non sapranno mai il nome di quel paese e diranno solo di essere nati in Europa o in Italia, sapranno dov’era l’ospedale in cui sono nati

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