Tennis World Italia numero 13 - 2014

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N°13 - Febbraio 2014

AUSTRALIAN OPEN

Attacco al potere

Na Li

Wawrinka

Nick Kyrgios

Eugenie Bouchard

La grande muraglia

La prima volta

Intervista in esclusiva

Ha capito di essere diventata popolare quando ha ricevuto una lettera durante l’ultimo Halloween


Contenuti 47

4

37

18

EUGENIE BOUCHARD

AUSTRALIAN OPEN Attacco al potere da parte di Na Li e Wawrinka

26

Ragazza bella e solare

ALLENAMENTO MENTALE

TONI NADAL Intervista in esclusiva

NICK KYRGIOS

LA MENTE TECNICA

Intervista in esclusiva

DAVID FERRER Successo tra le ombre

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Australian Open

NA LI

Chinatown sbuca dal nulla con un grande portale di lacca e ghirigori copiato dalla Città Proibita, ma gli spazi sono angusti. Tre strade, poche persone in giro e qualche anatra stecchita nei negozi. La Cina è ovunque in città, meno dove ti aspetti che sia.

I

l centro di Melbourne, grattacieli di vetro e marmi vittoriani, alberi altissimi e opossum in fila per un po’ di cibo, è nato come emblema di una città di forti tradizioni anglosassoni con un deciso senso di ospitalità verso le minoranze “accettabili”, selezionate da un’immigrazione controllata. Oggi gli ingegneri tedeschi, domani i tecnici scandinavi, poi i tassisti greci e così via.

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Ma i cinesi si sono resi “accettabili” due volte, e la città è cambiata. Prima ristoratori e sguatteri, dopo imprenditori, con libertà di portare qui le maestranze di casa. Grazie a loro Melbourne ha sentito meno la crisi, dicono, ma non è più la città di prima. Si è cinesizzata. Forse è per questo che, da qui, la proposta di un quinto Slam tennistico da organizzare in terra cinese, appare logica. Tanto più se viene dai tennisti del Celeste Impero. Forse perché la Cina è ingombrante, svelta, reattiva, e arriva ovunque. Forse perché le tradizione secolari dell’Europa sportiva, viste “down under”, a testa in giù, appaiono

meno ineluttabili, e si arriva persino a pensare che se il gioco vale candela e dollari, molti dollari, si può far finta che i quattro Slam di sempre (da Melbourne a New York, passando per Parigi e Wimbledon), siano rimasti tali non perché esistono da oltre un secolo, ma perché nessuno aveva le possibilità organizzative di farne un quinto. O un sesto. E magari anche un settimo. Ora queste possibilità ci sono, dicono dalla Cina, dunque dateci la concessione. «Noi siamo pronti». Cambia qualcosa la vittoria di Na Li nello Slam dell’Asia e dell’Oceania, l’unico al momento, che la cinese ha giocato come fosse in casa sua battendo una Cibulkova già sin troppo brava a raggiungere la finale?

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AUSTRALIAN OPEN L'Australian Open si sta cinesizzando? Sì, cambia moltissimo. Lo dice la stessa Na con i modi spicci che sta imparando da un coach (Carlos Rodriguez… lo ricordate al fianco di Justine Henin?) che la vuole “meno cinese”, più felice e ciarliera, più libera di sentirsi come meglio crede e di dire ciò che crede: «Finirò per fare l’ambasciatrice del nostro sport. Ma il mio Paese è davvero pronto per ospitare un grandissimo torneo. Ha sponsor e futuro imprenditoriale da mettere sul piatto. E spero anche ottimi giocatori. Anzi, di questo sono sicura». Shanghai, Pechino. Già si fanno i nomi della futura sede. Ai cinesi il tennis piace. ono piaciute moltissimo le vittorie olimpiche di Atene, i Giochi del 2004, e ancor di più quelle della

ribelle Li Na (il primo Slam cinese, a Parigi 2011, e ora quello di Melbourne), oggi numero tre del mondo. Poi hanno scoperto che il tennis è una fabbrica di quattrini, allora il piacere si è trasformato in amore. In pochi anni hanno strappato tre date utili a un calendario affollato (Shanghai al maschile, GuangZhou

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al femminile e Pechino, combined), quest’anno sono giunte la quarta e la quinta (Shenzen e Wuhan), presto arriverà la sesta (Nanchino, forse). L’Asian Swing. Dieci tornei nel Sud Est asiatico, con Shanghai e Pechino a fare da fulcro e Corea del Sud, Tailandia, Giappone e Malesia in lieto vassallaggio.


AUSTRALIAN OPEN

Con i soldi si creano anche le nuove tradizioni

LA CRSCITA CINESE

«Un nostro circuito per dare maggiori occasioni ai nostri giocatori», hanno fatto sapere, ma con i soldi si fa tutto e la presenza di Djokovic e Nadal, Federer e Murray non è mai mancata. «Pazienza se vi sembra irrealistico», afferma sicuro il direttore del torneo di Pechino, Alfred Zhang, «ma per noi l’ipotesi quinto Slam è la direzione da seguire. Dieci anni fa anche il torneo di Pechino sarebbe apparso impossibile, e invece lo abbiamo messo in piedi e contiamo su una larga base di fans». Oggi il tennis, in Cina, è il terzo sport per ascolti televisivi, dopo calcio e basket, e il mercato che ruota intorno a racchette e racchettari è sui 4 miliardi di dollari. Piccolo per loro, uno sproposito per noi. Lo stesso per i praticanti. Erano 4 milioni a fine anni Ottanta, ora sono 16 milioni. Cifre insignificanti per un movimento che punta ai 50 milioni tondi, ma impressionante se visto in ottica europea. È come se un terzo della popolazione italiana, ogni mattina, uscisse di casa con la racchetta.

È una regola che i cinesi hanno imparato presto e bene La crescita però è legata al tennis di vertice, e quando e come la Cina riuscirà a proporre una Li Na al maschile non è dato sapere: il primo cinese nel ranking Atp, Wu Di, è al numero 203. Lì il ritardo è netto, nonostante le dieci Accademie già operative (dopo la prima aperta nel 2008 da Michael Chang, oggi coach di Nishikori), ma la risposta è sempre la stessa. «Più tornei, più possibilità di coprire il gap», spiega Anil Kumar Khanna, a capo dell’Asian Tennis Federation. Non bastano gli otto di oggi, ce ne vogliono di più. Con in testa un Grande Slam. «Prima o poi lo avranno», dice John Newcombe, fautore di una deroga cinese alla tradizione. «Rappresentano un settore del mondo in frenetica espansione, e saprebbero organizzarlo benissimo. Non solo, potrebbero pagare il loro avvento agli altri quattro tornei, e rendere tutti felici…».

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STANISLAS WAWRINKA

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STANISLAS WAWRINKA

STANISLAS WAWRINKA Per anni la Svizzera ha avuto solamente un uomo di punta, ma vincendo il suo primo titolo del Grande Slam agli Australian Open, per una volta Stanislas Wawrinka ha messo Roger Federer nell’ombra. Il talento naturale di Wawrinka è conosciuto da molto, ma per anni è sembrato improbabile che avrebbe mai avuto la forza fisica e mentale necessaria a sfidare i migliori del mondo. Dopo aver battuto in successione Novak Djokovic, Tomas Berdych e Rafael Nadal per prevalere a Melbourne, non c’è dubbio che abbia raggiunto il vertice. Il 14 volte campione di titoli Grande Slam Pete Sampras crede che Wawrinka possa rimanere al top per un po’ di tempo a venire per essere regolarmente nella top five del mondo. Comunque Wawrinka stesso dice di non essere interessato in nessuna rivalità di classifica con Federer. “Ad essere onesti questo non è il mio obiettivo dell’anno,” ha detto a Tennis World. “Non importa che io sia il Numero 1 o il Numero 2 in Svizzera. Mi sentirò sempre come se fossi il Numero 2 perché lui è il più grande giocatore di sempre. Quindi lavorare per essere in una posizione migliore della sua, non è per niente il mio obiettivo. Sto provando di fare del mio meglio per migliorare il mio gioco, migliorare sicuramente la mia classifica e questo è tutto ciò che è importante.”

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STANISLAS WAWRINKA

Impendere idque finis ut, arguerent sit aeque honestatis beateque et aut rerum conducunt, expediunt.. Eo beatus, se metuque et quod perspici titillaret et ultimum errore maxime si linguam late, atomi in probant id esse expetendas.

F

ederer si è goduto la sua miglior performance in un major degli ultimi dodici mesi, battendo Jo-Wilfired Tsonga

e Andy Murray sulla strada per le semi-finali e Wawrinka, occasionalmente suo compagno di doppio e compagno di squadra in Coppa Davis, lo vede ancora come un contendente molto importante negli slam. “Non sono sicuro sul giocare alla grande tutto l’anno, ma sono sicuro che abbia alcune possibilità di fare un exploit forse in un Grande Slam o vincendo un titolo importante, questo è certo,” ha detto, “ma quando vedi i colpi che producono le racchette dei ragazzi in cima alla classifica è difficile stare rimanere al passo con loro tutto l’anno anche per Roger, ma di nuovo, sono sicuro che questo sarà un anno migliore di quello passato per lui.”

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STANISLAS WAWRINKA Cosa arriverà per Wawrinka?

Wawrinka sa bene quanto velocemente l’impatto di un allenatore possa

La decisione di Federer di nominare Stefan Edberg come allenatore sembra già una mossa accorta, basata sulle sue prestazioni di Melbourne e Brisbane. Il suo, una volta sublime, gioco a rete ha risentito notevolmente nel 2013, ma durante gli Australian Open è sembrato essere tornato alla sua precedente intensità e anche Federer sembrava molto più sicuro del suo rovescio nella lotta da fondocampo.

cambiare le cose. Lui ha nominato Magnus Norman durante la stagione su terra l’anno scorso e questa mossa ha riscosso immediato successo. Da allora Wawrinka è andato migliorando sempre di più e mentre giocatori come Murray, Novak Djokovic e Kei Nishikori hanno uomini di profilo più alto nei loro angoli, lui sa che Norman è un maestro della tattica.

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“Penso che sia bravo abbastanza da aiutarmi,” ha detto. “E’ stato numero 2 del mondo. Ha fatto un ottimo lavoro con Robin Soderling, portandolo dal numero 30 alla top5. Mi ha aiutato molto già l’anno scorso e sono sicuro che potremmo migliorare molto insieme e questo è il motivo per cui lavoriamo insieme.” Quindi cosa arriverà per Wawrinka? Dopo la sua ottima prova agli US Open di settembre, userà le sue possibilità per una buona prestazione sia a Indian Wells che Miami in marzo e vista la facilità con cui adatta il suo gioco alla terra, sentirà di avere la possibilità di possibile minaccia ai top 4 in primavera. Wawrinka ha passato la sua vita come uno degli “inseguitori”, il quasi uomo del circuito. Ora è uno dei “cacciatori” .


ATTACCO AL POTERE

Come il celebre film, è il modo giusto per definire la vittoria di Stanislas Wawrinka agli Australian Open

ATTACCO AL POTERE Lo svizzero ha confermato con una prestazione maiuscola i progressi fatti nella stagione 2013 conclusasi con la sua prima partecipazione al master di Londra. Lo svizzero ha vinto battendo i primi due al mondo, impresa che mancava negli annali da 20anni,dimostrando grande soliditĂ e un gioco straordinario. Tennis World


ATTACCO AL POTERE

S

tan the man ha avuto un cammino abbastanza agevole fino ai quarti di

finale dove lo attendeva il grande favorito per la vittoria finale Novak Djokovic. Lo scorso anno fu una battaglia epica conclusasi dopo cinque ore di match con la vittoria del serbo. L’esito del match non è scontato, visto che lo svizzero ha sempre impegnato il numero due al mondo, ma Djokovic sembra veramente in forma e parte con i favori del pronostico, ma dopo aver fatto suo abbastanza agevolmente il primo set, è Wawrinka a salire di tono vincendo il secondo e terzo parziale, a questo punto Djokovic messo alle corde reagisce e manda l’esito finale al quinto parziale. Questa volta è il campione serbo a dimostrarsi meno lucido, compiendo due errori sotto rete nel momento cruciale che mandano avanti il 28enne elvetico. In semifinale, Wawrinka affronta il ceco Berdych e in quattro set non si lascia sfuggire l’accesso alla prima finale Slam della carriera. Dall’altra parte c’è il sempre presente Nadal, che ha avuto i primi grattacapi del torneo nei quarti di finale con Dimitrov,ed in semifinale ha

“Non sono Federer“ annichilito uno spento Federer. I bookies danno tutti i favori del pronostico al maiorchino, considerando che non ha mai vinto nemmeno un set contro il numero uno della classifica. La sorte si mette di mezzo e con un problema alla schiena condiziona la finale del campione di Manacor e così dopo quattro set Wawrinka può esultare e Rafa a stento trattiene le lacrime. Il primo bollente Slam dell’anno va in archivio, con Wawrinka che finalmente può essere considerato a pieno titolo uno dei fenomeni del momento. Con questo torneo l’elvetico si è tolto di dosso l’etichetta del buon giocatore ed è passato con prepotenza al rango di top player. E gli altri? Del Potro anche quest’anno è uscito prematuramente dal torneo dimostrando ancora grossi limiti di continuità, non dovuti a problemi fisici in questo caso, forse ha pagato la scelta di disputare il torneo di Sidney subito prima dello Slam Murray ha disputato un buon torneo, appena tornato dall’intervento alla schiena è arrivato fino ai quarti dove ha ceduto sotto i colpi di un buon Federer, tutto sommato

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ATTACCO AL POTERE

Il grande deluso è Djokovic! un buon torneo per lui. Lo svizzero sembrava tornato quello di qualche tempo fa,con la nuova racchetta e la cura Edberg, ma proprio contro la sua nemesi Nadal si è sciolto, con lo spagnolo che neutralizzava qualsiasi suo tipo di attacco. Nadal è arrivato in finale, e purtroppo la sfortuna gli ha impedito di giocarsela fino in fondo con Wawrinka, sicuramente però il maiorchino è sempre lì ad ogni appuntamento importante. Dimitrov ha giocato un ottimo torneo, uscendo ai quarti contro lo spagnolo, commettendo qualche errore di gioventù nei momenti cruciali del match. In ogni caso un ottimo torneo che sembra un buon segnale per la definitiva crescita del bulgaro. Stesso discorso per il ceco Berdych che ottiene il massimo dal suo torneo. Grande deluso del torneo probabilmente è il serbo, con Becker nel suo angolo ci si aspettava di non vedere più errori dovuti a cali mentali nei momenti delicati del match, invece proprio un gioco a rete sbagliato, terra

dove il suo coach dominava, lo condanna all’uscita dal torneo. Wawrinka ora numero tre del ranking promette grande battaglia e le aspettative per una grande stagione ricca di sorprese ci sono tutte.

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AUSTRALIA ROVENTE

AUSTRALIA ROVENTE

Quante volte da bambini la vostra mamma vi avrà detto:”non uscire con questo caldo o ti prenderai un insolazione!” Oppure quante volte avrete sentito al telegiornale il manuale delle regole da osservare durante la calda stagione estiva?

P

robabilmente ci avranno pensato anche i giocatori dell’Australian Open ai cambi campo mentre cercavano un po’ di refrigerio,visto che la prima settimana dello Slam è stata caratterizzata da molti ritiri e addirittura malori in campo, (9 solo al primo turno) dovuti alle condizioni difficili di gioco durante le ore più calde. Non tutti dovuti alle bollenti temperature,ad esempio Isner, Haas e Tomic, ma sicuramente si quello di

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AUSTRALIA ROVENTE

"Ho visto anche Snoopy in campo!" Frank Dancevic caduto esanime sul campo rovente. Dancevic che ha commentato così la sua situazione "Finché non morirà qualcuno continueranno a far giocare con questo caldo. Ho visto anche Snoopy in campo!" La protesta del canadese non è stata l’unica, a lui si sono uniti Tsonga, Wozniacki, Paire, Cornet e Mladenovic. Persino Martina Navratilova ha parlato di condizioni impossibili per giocare. La temperatura media era attorno ai 40°C, con vento afoso e non solo i giocatori ne hanno fatto le spese ma

persino un raccattapalle si è sentito male,aiutato da Gimeno Traver. Il 16 Gennaio Adelaide vinceva il premio come città più calda del mondo, a prova delle condizioni veramente infernali a cui erano sottoposti gli atleti. Dal terzo giorno di torneo, è stato inserito uno stop forzato durante i match per consentire ai giocatori di recuperare,la situazione ovviamente è migliorata con il proseguire dei turni,visto che il tabellone, assottiliandosi consentiva ovviamente di giocare in turni più freschi,m già ci si interroga sul prossimo anno.

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AUSTRALIA ROVENTE La temperatura media era attorno ai 40°C Murray ha espresso perplessità sulla proposta di modifica della data di partenza del primo Slam stagionale, anche se ha consigliato Atp e Itf di accordarsi per trovare una soluzione. Probabilmente il prossimo anno sarà confermata la regola dello stop, perché risulta difficile trovare una soluzione, con tutte le variabili che comporta uno Slam (numero di match, giocatori, diritti televisivi), diversa dal prolungare la durata almeno dei primi turni. Andy Roddick, fuori dal circuito da un anno, invece è stato di altro avviso, dichiarando a PowerShare Series che i giocatori devono smettere di lamentarsi perché dovrebbero esser preparati a spingere il loro fisico al limite, ben pagati per farlo e consci c'è

anche quello fa parte delle sfide che un atleta deve affrontare. L’americano ha continuato dicendo che tanti atleti sbagliano a far preparazione al fresco e poi andare in Australia non essendo pronti al caldo che gli aspetta. Ognuno come giusto che sia ha le sue opinioni, Wawrinka fresco, se così

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si può dire,vincitore del torneo sicuramente non ricorderà il caldo ma la sua grande prestazione sportiva dove è definitivamente assunto allo status di Top Player.


TONI NADAL

TONI NADAL Il progetto Nadal è duplice, inarrestabile, geometrico. Il progetto Nadal è quello di Toni, lo zio. Ed è quello di Rafa, il nipote. È un progetto aperto più di dodici anni fa e non ancora concluso.

Soprattutto, è un progetto che, nel processo di miglioramento stabilito, dovrà dare identiche risposte, oggi, di quelle date in passato. In altre parole, scordatevi un Rafa in maggiore difficoltà, ora che ha varcato la famosa soglia dei 27 anni (quella che semina di intoppi l’annuale corsa ai Majors). Dopo un anno da incorniciare, il progetto prevede nuove conferme, nuove motivazioni, se volete anche nuove rinunce (ammesso che pensiate che la carriere di siffatti campioni comporti anche qualche piccola privazione). E nuove vittorie. Basta ascoltare pochi minuti zio Toni per farsi

un’idea della inesausta volontà “nadaliana” di proseguire sul tracciato disposto. Che comporta inevitabilmente (anche se di questi aspetti non amano parlare, in casa Nadal) la sfida ai record. Nel tragitto che ha condotto Rafael al numero 1 del mondo, in quale momento della sua crescita sportiva si è reso conto che sarebbe diventato un giocatore d’alto livello e quando invece uno dei giocatori più forti della storia? «Io ho sempre pensato che Rafa fosse molto forte. Quando siamo arrivati a disputare il circuito ATP ero convinto sarebbe arrivato al numero uno, però poi è uscito Djokovic e mi

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TONI NADAL "Ho sempre creduto in Rafael" I sono ricreduto. Rafa in quel momento era numero due dopo Federer; Djokovic cominciò a vincere in Australia, ci stava molto vicino e pensavo che probabilmente ci avrebbe superato perché era più fresco. Io, fin da quando Rafa era un bambino, ho sempre

quattro anni nel giro del Master di fine anno, dunque fra i primi otto. Iorisposi di sì, ma solo perché Moya era lì presente. SUbito dopo sussurrai a Rafael: “Io non firmo nemmeno per scherzo!”. Non perché pensassi che Rafa fosse superiore, non era un atto di presunzione, ma

“Quando Rafael era un bambino, l’idea di gioco che cercavo di comunicargli era di essere sempre molto aggressivo» creduto che sarebbe diventato un grande giocatore, a me piace lavorare con l’illusione, non voglio lavorare pensando che il giocatore che alleno sarà un giocatore normale. Ho un aneddoto: anni fa, stavamo a casa di Carlos Moya, il quale mi domandò: “Firmeresti per avere un giocatore come Albert Costa, vincitore del Roland Garros?”. Gli risposi: “No, claro che no!”. Io pensavo di arrivare più in alto, Rafael aveva 15 anni e a me piace stare più in alto che al numero 6 o 7 del ranking. “E per avere un giocatore come Carlos Moya?”, proseguì lui, sapendo che stava parlando di un tennista ormai da

perché voglio credere sempre che raggiungerò grandi risultati, se poi non ci riesco va bene uguale». Dall’anno scorso Rafael gioca più avanzato, è più aggressivo. In che modo lo ha aiutato in questo? Le grandi rivalità, nel tennis, sono come delle partite di scacchi, questo cambiamento rappresenta un’ulteriore mossa nella rivalità con Djokovic? «Noi ci siamo sempre adattati alla situazione. Quando Rafael era un bambino, l’idea di gioco che cercavo di comunicargli era di essere sempre molto aggressivo, aveva un ottimo

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TONI NADAL

drive, colpiva la palla davanti al corpo e cercava sempre il punto. Quando è arrivato nel circuito ATP, era il più giovane e doveva giocare con gente più grande e che aveva molta più forza di lui. Il cambio che si produsse fu dettato proprio da questo: cominciò a

alto. Ancora oggi, per me, è fondamentale una grande capacità di adattamento alle situazioni» Quali sono gli obiettivi che si pone di raggiungere con Rafael nel prossimo futuro? Molti parlano dei quattro Slam che lo

“quando perdi delle qualità, ne devi aggiungere altre per mantenere un livello di gioco alto» colpire la palla più tardi, dovette arretrare perché il suo servizio era molto debole e ci rendemmo conto che, così facendo, arrivavano le vittorie con dei giocatori molto forti e quindi abbiamo proseguito in questa direzione. Se lui non avesse vinto giocando in questo modo, avrebbe seguitato a colpire come faceva in precedenza; questo è stato il principio che abbiamo utilizzato per tutta la vita. Il principio che ha condotto al cambio di gioco più recente è che in quel periodo riusciva a correre molto, ma oggi può correre molto meno; quando perdi delle qualità, ne devi aggiungere altre per mantenere un livello di gioco

separano da Roger Federer: questo rappresenta uno degli obiettivi principali? «No, questo non è uno dei nostri obiettivi principali. L’obiettivo che ci poniamo è quello di giocare sempre al meglio. Ci si allena al massimo, se si vince bene, altrimenti ci riproveremo la volta successiva. Poi, quando arrivano i record, se arrivano, senti che la felicità ti scoppia dentro. E noi vogliamo continuare a sentirci felici, magari già dalla prossima trasferta in Australia. Se Rafa vincesse, avrebbe ottenuto per due volte tutti gli Slam. Ma il significato dell’impresa, non sarebbe poter dire

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TONI NADAL

C’è sempre il problema del servizio. Rafa, lo sapete, gioca mancino, ma non è naturalmente un mancino

che abbiamo raggiunto Sampras, quanto quella, altrettanto bellissima, che ora gli Slam vinti sono14. Del resto, Rafa ha sempre lavorato duro, e ha sempre creduto che la sola cosa fondamentale fosse migliorare. Questo è sempre stato il suo chiodo fisso. E io gli ho sempre detto che il tennis non è uno sport così complicato, soprattutto perché offre soluzioni... Voglio dire, a ogni cosa che non funziona esiste una risposta, una soluzione possibile. Penso che la ricerca di questa soluzione sia la cosa che più diversifica i normali tennisti dai campioni. Questi ultimi non smettono mai di cercare la soluzione giusta»

E quali altre “giuste soluzioni” deve trovare Rafa? «C’è sempre il problema del servizio. Rafa, lo sapete, gioca mancino, ma non è naturalmente un mancino. Questo comporta una perdita di velocità nel movimento del servizio. Stiamo cercando di ovviare. Non è facile, ma abbiamo alcune idee che potrebbero rivelarsi utili» Quale vittoria l’ha sorpresa di più nel 2013 di Rafa? «Mi ha sorpreso la stagione, nella sua interezza. A Vina del Mar, alla ripresa, il gioco di Rafa era stento. Giunse in finale, ma non era a suo agio. E il ginocchio gli faceva male... È stato

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TONI NADAL

Io non so se esiste un metodo spagnolo, io non l’ho utilizzato e ho seguito il mio metodo

Nel suo modo di fare coaching con Rafael quanto ha usato il metodo spagnolo? Esiste, secondo lei, un metodo spagnolo? «Io non so se esiste un metodo spagnolo, io non l’ho utilizzato e ho seguito il mio metodo. Carlos Moya non aveva lo stesso gioco di David Ferrer, il gioco di Alex Corretja non era uguale a quello di Albert Costa. Non penso vi sia un metodo spagnolo, quello che credo è che in Spagna vi sia una mentalità che si è trasformata in una catena vincente: quando Bruguera vinse il Roland Garros, la gente si è resa conto che questo era possibile, dopo hanno vinto Carlos

Moya, Albert Costa, Juan Carlos Ferrero e Alex Corretja ha giocato la finale poi vinta da Moya. Io credo che questi giocatori giochino tutti in modo differente. L’aspetto da sottolineare è che noi, come tutti i giocatori di terra, basiamo il nostro gioco sul controllo». Rafael è considerato uno dei giocatori più determinati e forti mentalmente. Quanto spazio c’è, nel suo coaching, per il mental training? «Do una grandissima importanza al mental training. Non prediligo un lavoro esclusivo».

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LA FINE DEI FAB 4

STAN, JUAN MARTIN, DAVID E LA FINE DEI FAB 4 Il successo di Wawrinka in Australia, il ritorno di del Potro e la costanza di Ferrer: dopo un lungo periodo di dominio dei "Fab 4", per la prima volta cambiano i protagonisti, per un 2014 che promette spettacolo

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LA FINE DEI FAB 4

C

Ci stavamo quasi annoiando. Dal 2010 al 2013 gli unici giocatori in

grado di vincere nelle prove del Grande Slam erano stati i quattro fenomeni (Federer, Nadal, Djokovic e Murray) che hanno dominato la scena tennistica nelle ultime stagioni. Ora qualcosa sembra essere cambiato. Già nella seconda parte del 2013 si era visto qualcosa di diverso: le precoci eliminazioni di Rafa Nadal (primo turno) e Roger Federer (secondo turno) a Wimbledon, le semifinali raggiunte da Wawrinka e Gasquet agli U.S. Open, il dominio di del Potro negli Atp 500, le tre finali consecutive di Ferrer nel finale di stagione. Sono proprio gli ultimi quattro giocatori citati ad aver cambiato le gerarchie nel mondo del tennis, e oggi finalmente, oltre ai Fab 4, ci sono altri tennisti a poter lottare per le prime posizioni del ranking Atp. Tutti i segnali che il finale del 2013 aveva dato, sono stati confermati dai risultati dei primi tornei della nuova stagione: nella prima settimana dell'anno Lleyton Hewitt è tornato al successo in un evento Atp superando in finale Roger Federer a Brisbane; Stanislas Wawrinka ha vinto a Chennai, mentre nella settimana

La classifica attuale pone fine al dominio dei Fab 4 successiva del Potro si è imposto a Sydney, confermando di essere tornato ai livelli del 2009, anno in cui vinse a New York quello che per il momento è il suo unico torneo dello Slam. All'Australian Open è però accaduto ciò che nessuno si sarebbe aspettato alla vigilia del primo Major della stagione: a vincere il torneo infatti non è stato nessuno dei favoriti d'obbiligo, quei Fab 4 che avevano trionfato in trentaquattro delle ultime trentacinque prove dello Slam. Stanislas Wawrinka, superando uno dopo l'altro Djokovic, Berdych e Nadal, ha conquistato il suo primo Major della carriera. Ma non è stato solo il torneo dello svizzero, che è ora diventato il numero 1 del suo Paese, superando Roger Federer in classifica. Proprio Re Roger è stato uno dei protagonisti positivi della kermesse australiana, con il successo nei quarti di finale su Andy Murray e la successiva eliminazione in semifinale contro Rafa Nadal. Ha deluso invece del Potro, eliminato al secondo turno da Baustista Agut, che è però salito in classifica per via delle disgrazie altrui, mentre Ferrer ha ottenuto il nono quarto di finale

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LA FINE DEI FAB 4

consecutivo negli Slam, confermandosi ad altissimo livello. La classifica attuale pone fine al dominio dei Fab 4. In vetta c'è Rafa Nadal, seguito da Novak Djokovic, ma è dalla terza posizione in poi che si sono verificati eventi del tutto inattesi. Al terzo posto c'è infatti "Stan the Man" Wawrinka, con del Potro in quarta posizione e Ferrer quinto. Murray è solo sesto, seguito da Berdych e Federer, ottavo nel ranking Atp. Guardando la classifica stagionale il cambiamento è ancora più importante: la Race è infatti guidata da Wawrinka, con Nadal, Federer e Berdych ad inseguire, mentre a sorprendere è il settimo posto del talento bulgaro Grigor Dimitrov, che in Australia ha finalmente messo in mostra le sue qualità, raggiungendo i quarti di finale. La nuova stagione ci permette quindi di sognare nuovi scenari, con una lotta per la prima posizione del ranking Atp tra un gruppo di almeno otto giocatori, che comprende Wawrinka, del Potro, Ferrer e Berdych. Lo svizzero, che lo scorso

anno aveva già ottenuto due importanti semifinali agli US Open e alle Atp World Tour Finals, prima dell'incredibile successo australiano in questo avvio di 2014, è ancora imbattuto in questa stagione, con 10 successi all'attivo, e dovrebbe essere uno dei principali contendenti alla vetta del ranking di fine anno; l'argentino, dopo i quattro successi tutti in tornei Atp 500 (record assoluto) nel 2013, ha già vinto il suo primo titolo in questa stagione, e nonostante la delusione di Melbourne potrebbe essere molto pericoloso per tutti sul cemento americano; lo spagnolo continua ad avere un'incredibile regolarità e difficilmente avrà un calo in questa annata in cui sembra possa esserci maggiore equilibrio nelle prime posizioni della classifica; il ceco, infine, è uno di quei giocatori che se in giornata può battere chiunque, e sta facendo vedere dei progressi anche dal punto di vista della costanza di rendimento. Non vanno poi dimenticati i più giovani Dimitrov e Raonic, che potrebbero fare da contorno ad una stagione 2014 che si preannuncia interessantissima e piena di sorprese

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SERENA WILLIAMS

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SERENA WILLIAMS

SERENA WILLIAMS Che Serena Williams sia la regina incontrastata del Wta Tour è ormai cosa assodata, ma lo strapotere della numero 1 del mondo è se vogliamo ancor più evidente nei numeri. L'americana ha vinto 18 trofei da aprile 2012 ad oggi solo uno in meno dei 19 vinti dal '99 al 2002, e, paragone ancor più impressionante, dal 2003 al 2011. Parlando ancora di numeri, sembrano ancora irraggiungibili le cifre di Steffi Graf: 22 Slam, 107 tornei in bacheca. Ma Serena, a 32 anni, non ha alcuna voglia di ritirarsi: "Mi diverto così tanto che non ho ancora pensato ad un’età in cui potrei smettere, di sicuro non penso di ritirarmi tanto presto”, e ancora "Potrei continuare a giocare ancora per un decina d’anni oltre i 40. Già 10 anni fa non mi sarei immaginata di essere ancora nel circuito, quindi niente è impossibile". Basterebbero altre 2 stagioni come l'ultima trascorsa per sancire il sorpasso, anche numerico, nei confronti della leggenda di Germania. L'inizio non fa ben sperare, certo, ma anche lo scorso anno la statunitense patì infortunio ed uscita prematura agli Australian Open... Ci si è chiesto, in primis il sottoscritto, il perchè della nuova imbattibilità della 'vecchia' Serena. A Roma non ho potuto esimermi dal chiederlo alla diretta interessata, che parlò di differenza generazionali: "Credo ci sia una grande differenza di stile di gioco: prima per esempio incontravi una Mauresmo che scendeva spesso a rete, aveva un gioco più vario. Ora quasi tutte giocano da fondo campo, lo stile sembra sempre quello. Entrambe le generazioni sono comunque forti, senza dubbio". Tennis World


SERENA WILLIAMS

Un mix che ha reso la più piccola delle sorelle Williams la tennista più completa di sempre: tutte le più grandi avevano un punto debole; beh, sfido chiunque a trovarne uno a lei. beh, sfido chiunque a trovarne uno a lei.

W

D'accordo, esclusa l'ultima riga; fortunatamente per le sue colleghe di oggi, Lei è molto educata nei modi,

nonostante le apparenze. La risposta è un condensato di motivazioni, che vanno dalla evidente monotonicità della generazione della seconda decade del nuovo millennio, alla ritrovata fortuna, in termini di mancati infortuni, e quindi di forma fisica, passando per la tranquillità emotiva apportata dal compagno-coach Mouratoglou, ed arrivando a questioni prettamente tecniche: Serena Williams è una tennista più forte. E' migliorata nel footwork, negli spostamenti laterali in particolar modo, permettendosi il lusso di difese sensazionali; è più costante al servizio; costruisce meglio il punto, limitando la potenza al 'momento' del winner; sembra avere anche molto più tocco.

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DJOKOVIC, CHE SUCCEDE?

DJOKOVIC, CHE SUCCEDE?

Il serbo è il numero 2 del mondo, eppure in questo momento non detiene alcun titolo dello Slam e sembra essere entrato in una spirale negativa che non gli permette di vincere le sfide che davvero contano

M

olti tennisti, o meglio, tutti tranne uno (Rafa Nadal) sarebbero felicissimi di trovarsi in questo momento nella posizione di classifica che occupa Novak Djokovic. Eppure il serbo sta attraversando un periodo non proprio esaltante dal punto di vista dei risultati, almeno per quanto riguarda i tornei dello Slam. Quella subita a Melbourne nei quarti di finale contro Stanislas Wawrinka è una sconfitta che pesa molto per il giocatore che ha chiuso il 2011 e il

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DJOKOVIC, CHE SUCCEDE?

Djokovic ha steccato proprio dove vinceva sempre! 2012 in vetta al ranking Atp: per Djokovic si è infatti interrotta una striscia di 14 semifinali consecutive nei tornei del Grande Slam, e soprattutto ora Novak non detiene più alcun titolo Major. Sono infatti passati più di 12 mesi dal suo ultimo acuto Slam, con quel successo ottenuto proprio in Australia lo scorso anno. Ora per Djokovic sembra essere iniziata una vera e propria maledizione nei quattro più importanti tornei della stagione tennistica. In realtà il serbo non è mai stato un "cecchino" a livello Major, considerando che ad esclusione del 2011 non è mai

riuscito a vincere uno Slam diverso dall'Australian Open. Il problema è che in questa stagione ha "steccato" proprio lì dove non perdeva mai un colpo, e ora deve rimettersi in piedi senza poter contare sui 2000 punti conquistati nell'emisfero australe. Ciò che rende di difficile interpretazione la situazione attuale di Nole, è che la sua crisi, se di crisi si può parlare, riguarda solo i grandi tornei. Nel finale della scorsa annata il serbo aveva dominato, vincendo l'Atp 500 di Beijing, i Masters 1000 di Shanghai e Parigi, le Atp World Tour Finals, e la Coppa Davis, infilando una striscia di 24 vittorie consecutive. Prima di quelle 24 partite aveva

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DJOKOVIC, CHE SUCCEDE? Nole sta affrontando una situazione difficile! perso in uno Slam (nella finale degli US Open contro Nadal), ora ha interrotto la serie ancora in uno Slam. E' un caso? Difficile considerarlo tale. Ciò che si può affermare con sicurezza è che una situazione così difficile Djokovic non la affrontava da tanto tempo. Dall'inizio del 2011 il serbo aveva sempre detenuto almeno un titolo dello Slam. L'unico aspetto positivo della questione potrebbero essere le maggiori motivazioni nei Masters 1000 sul cemento nella primavera americana, e soprattutto al Roland Garros, dove Nole negli ultimi anni è arrivato sempre da favorito: nel 2011 era ancora imbattuto prima dell'evento parigino, nel 2012 poteva conquistare in "Nole Slam" visto che aveva vinto le 3 precedenti prove dello

Slam, lo scorso anno aveva conquistato Monte Carlo e sembrava il più in forma di tutti con un Nadal che non era certamente nelle migliori condizioni. Va detto che non avendo mai vinto all'Open di Francia, Novak ha sempre avuto grosse motivazioni nell'affrontare questo torneo, ma in questa stagione il fatto di non

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vincere da molto nei grandi tornei potrebbe dargli un'ulteriore input per ritrovare il suo miglior tennis. Per quanto riguarda la classifica, l'astinenza di Djokovic non ha avuto una grande incidenza, visto che il serbo, come detto, è il numero 2 del ranking Atp. In questo momento Novak ha circa 3700 punti in


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Un Djokovic numero 1 da ottobre?

BORIS BECKER

meno di Nadal, che però da questo momento in avanti deve difendere tantissimi punti. Djokovic invece, ad esclusione dei torneo di Dubai (Atp 500) e Monte-Carlo (Masters 1000) non difende alcun successo fino al mese di ottobre. Considerando la grandissima regolarità del serbo, e i tanti punti ottenuti nel finale della scorsa stagione, si potrebbe immaginare, provando a fare un pronostico, un Djokovic numero 1 a ottobre di quest'anno, senza alcun successo Slam ottenuto. Sicuramente Djokovic tenterà comunque di tornare al successo nel minor tempo possibile, visto che ora deve fare i conti anche con altri contendenti alla prima posizione mondiale, come Wawrika e del Potro, che sembrano più in forma che mai. La classifica è ancora dalla parte del serbo, il 2014 ci dirà se riuscirà a tornare il numero 1 o verrà risucchiato dal gruppo degli inseguitori.

Io come Guardiola, Nole come il Bayer Monaco! "Il mio obiettivo è migliorare la sua tattica di gioco e anche l'aspetto mentale. La nostra è una situazione simile a quella che vede come protagonisti Guardiola e il Bayern Monaco. Gli aspetti da migliorare anche in quel caso sono pochi ma ciò non vuol dire che non ce ne siano. Non posso dire su cosa stiamo lavorando ma stiamo cercando di trovare un modo per conquistare i punti più velocemente." Il tedesco poi ammette che il tennis è praticamente uno sport diverso rispetto alla sua generazione: "Tutto è cambiato. Adesso è molto più fisico, più intenso. Bisogna anche dire che tecnicamente però il livello è molto più basso rispetto a 10/15 anni fa. Sono contento di essere tornato in campo da allenatore e di respirare di nuovo l'aria degli spogliatoi."

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ATTENTI AL BABY La storia di Stefan Kozlov parte dalla lontana Macedonia ed è datata 2001, quando alla tenera età di 3 anni, venne preso in braccio da papà Andrej e caricato su un aereo con destinazione Stati Uniti. A Pembroke Pines, il padre entrò a far parte di un’Accademia locale che si trovava vicino al Centro federale della USTA... Tennis World


ATTENTI AL BABY

F

u così che la vita di Stefan venne, inevitabilmente, indirizzata lungo i campi

in cemento della Florida e all’interno del programma statunitense, con una racchetta in mano e tanta voglia di diventare un campione. Corri e tira Kozlov colpì immediatamente gli addetti ai lavori per la sua facilità di gioco: agile nella corsa, dotato di piedi veloci ma soprattutto rappresentante del corri e tira tanto caro ai giocatori a stelle e strisce, Stefan entrò undicenne nel programma finanziato dalla federazione di cui facevano parte pure Michael Redlicki, Alexandra Kiick, Taylor Townsend e Grace Min, tutti sotto la cura di Nicolas Todero. Le prime esperienze internazionali lo videro trionfare nella "Aegon Teen tennis" di Bolton, in Inghilterra, un torneo riservato agli under 14, con un particolare: lui era di tre anni più giovane rispetto alla concorrenza. L'agenzia di management “Octagon” non perse l’occasione di metterlo immediatamente sotto contratto e Stefan non li ha certo fatti pentire della scelta. Nel 2012, appena quattordicenne, conquistò il primo punto della classifica Atp nel future di Godfrey, la

Oggi Kozlov è il più giovane fra i migliori quindici del mondo scorsa estate stupì tutti battagliando a lungo nel primo turno sull'erba di Newport col bombardiere Michael Przysiezny, crollando sul più bello, quando si trovava avanti di un break nel terzo set. Przysiezny sbalordito I crampi presero il sopravvento, il fratello Boris fu costretto addirittura a soccorrerlo in mezzo il campo quando svenne dalla fatica. Ma quella sconfitta servì a gettarlo nell’arena e contribuì a far rinascere negli Stati Uniti la speranza di vedere un futuro protagonista della top-ten che manca da troppo tempo. Con annessa confessione dello stesso Przysiezny che ammise: «Un giocatore della sua età solitamente è utile per il riscaldamento, stavolta ho rischiato di perderci». l più giovane Oggi Kozlov è il più giovane fra i migliori quindici del mondo nella categoria juniores. Il successo nei campionati primaverili degli Stati Uniti, i quarti di finale a Wimbledon (dove era il secondo più giovane iscritto in tabellone) e le finali in due

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manifestazioni importanti come la Copa Gerdau e gli International Hard Courts Championship di College Park, sono soltanto un assaggio di quello che potrà avvenire nel prossimo futuro. La sfida con Quinzi L'Italia lo ha visto sfilare velocemente al Trofeo Bonfiglio, dove venne sconfitto all'esordio, Gianluigi Quinzi lo ha battuto al Roland Garros non senza faticare in una sorta (ci auguriamo) di gustoso antipasto di future sfide ad alto livello, Stefan dimostra almeno a parole di conoscere la via verso la gloria: «Voglio imparare da ogni esperienza, la partita di Newport mi ha detto che contro i professionisti di un certo livello è molto dura. Loro sono più forti in ogni colpo e servono a velocità ben differenti dalle nostre

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Nick Kyrgios

NICK KYRGIOS ´Federer il migliore, Ivanovic la piu´ bella´ Intervista in esclusiva alla stella del tennis australiano

Quando hai iniziato a giocare a tennis? Ho iniziato a giocare a 6 anni. Come mai hai scelto il tennis come professione? In verità, all’inizio non volevo giocare a tennis. Mia madre mi portava ai campi, mi metteva una racchetta in mano e mi faceva giocare. C’è qualcun altro nella tua famiglia che gioca a tennis? Non più, ma anche mio fratello e mia sorella giocavano. Quando hai capito che volevi diventare un tennista professionista?

Credo quando avevo 16 anni e ho iniziato a mettermi in vista tra i junior. Ho sempre amato il tennis e avevo la passione per il gioco ma in quella fase ha iniziato ad essermi abbastanza chiaro che era qualcosa che volevo diventasse la mia professione. Qual è la tua routine prima di una partita? Hai qualche rito scaramantico? A parte scaldarmi e una preparazione pre-partita generale ho sempre le mie cuffie che pompano musica.

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Nick Kyrgios Hai una ragazza? Come influenza la vostra relazione il tennis?

Qual è stata la parte peggiore della tua carriera tennistica?

No, niente di ufficiale. Se ne avessi una, dovrebbe essere una persona che sa chi sono e cosa significhi questo sport per me. Ciò significa supportarmi e tirarmi su quando può e non rendermi le cose più dure in nessun modo. Essere un professionista e lottare per il meglio è un percorso difficile e quindi dovrebbe capire non solo il tempo che prende, ma anche la dedizione mentale.

A dire il vero non guardo a nessuna parte del percorso come “la peggiore”. Le cose che affronti, le affronti per una ragione. A volte puoi guardare ai bassi in maniera negativa, o puoi vederli come sfide che ti spingono a migliorarti e a fare meglio. È in questi periodi di difficoltà che impari di più su te stesso e testi veramente quanto tutto questo significhi per te. Questi sono i periodi che

“È in questi periodi di difficoltà che impari di più su te stesso e testi veramente quanto tutto questo significhi per te» Cosa non manca mai nella tua borsa da tennis? Le mie beats (cuffie). Ti piace leggere? Se sì, che tipo di libri preferisci? Ogni tanto leggo. Se capita, di solito biografie e storie su persone influenti. Dicci qualcosa della tua pagina Facebook. Dopo aver finito questa intervista, la visiterai e metterai “mi piace”. Dicci qualcosa sul tuo sito web. E’ un blog che aggiorno regolarmente. È un buon posto per i miei tifosi per controllare cosa sto facendo e i miei pensieri su cosa mi sta succedendo al momento.

Qual è la tua cotta tra le celebrità? Ne ho qualcuna. Cosa ne pensi del fatto che Genie Bouchard abbia detto di vedersi con Justin Bieber? Visto quello che è venuto fuori di recente non ne sono molto sicuro, ma se si vedono per davvero, non durerebbe comunque troppo a lungo... Con quale giocatrice WTA ti piacerebbe uscire? Aspetta e vedrai – potrei chiederle di uscire piuttosto presto. Quante ore al giorno passi in campo? E in palestra? Varia – in media sono almeno un paio per entrambe.

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"Il servizio è probabilmente la mia arma più forte"

Qual è stato il tuo momento tennistico più memorabile?

Qual è il miglior giocatore che tu abbia mai affrontato?

Direi la mia sconfitta contro (Benoit) Paire al secondo turno degli Australian Open. Tutta la mia famiglia e miei amici erano venuti a supportarmi al Margaret Court. Inoltre, il supporto che ho ricevuto dai fan australiani è stato incredibile. L’atmosfera era elettrica e ho sentito alcune emozioni incredibili là in campo. Ho giocato un ottimo tennis ma ovviamente non sono comunque arrivato alla vittoria. Il lato positivo, è che la partita mi ha insegnato alcune lezioni valore che mi aiuteranno a trasformarmi in un tennista migliore. Ancora una volta, apprezzo tutto il supporto che ognuno mi ha dato quella notte.

Tutti quelli del circuito sono estremamente talentuosi e se sono in giornata tutto può succedere. Dando un occhio alla classifica, comunque il miglior giocatore contro cui ho giocato è stato David Ferrer agli US Open del 2013.

Qual è la parte di allenamento che ti piace meno? Non ne ho una, mi piacciono le sfide.

Qual è la tua superficie preferita e perché? In questo periodo non ho una superficie preferita. Ho giocato un buon tennis su ogni superficie e penso che una delle sfide del gioco sia essere capaci di adattarsi. Mi piace giocare su tutte le superfici. Qual è la parte migliore del tuo gioco? È la più debole? Direi che il servizio è probabilmente la mia arma più forte. In questo momento la più debole sarebbe la mia condizione e fisicità.

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Nick Kyrgios Qual è stato l’ultimo gadget elettronico che hai comprato?

La tua opinione su Bernard Tomic e Thansasi Kokkinakis

Probabilmente il caricabatterie per il mio iPhone 5 perché ho lasciato il mio sull’aereo in viaggio verso la Francia per la Coppa Davis

Grandi giovani talenti con tutta una carriera davanti. Quanto andranno avanti dipenderà tutto da quanto duro saranno disposti a lavorare

Qual è il tuo cibo preferito? Non ho un cibo preferito, ci sono così tanti cibi che amo mangiare.

Qual è il tuo film preferito? Pitch Perfect, Project X o Juwanna Man. Quali sono I tuoi attori preferiti? Jonah Hill è in cima alla lista.

“Il tennis in Australia è emozionante» Cosa ne pensi dello stato del tennis in Australia? E’ emozionante.

Dicci qualcosa sul tuo recente, scontro sfinente con Benoit Paire. Devo diventare più forte, ma non smetterò mai di lottare.

Cosa potrebbe essere cambiato per rendere il tennis australiano più grande e migliore? Più coinvolgimento dei bambini fin da piccoli. Includere il tennis di più nei programmi di educazione fisica a scuola.

Quand’è stata l’ultima volta che hai pianto? Quando mi sono fatto male alla spalla prima degli internazionali di Brisbane.

Qual è il tennista più spiritoso? (Novak) Djokovic.

Ora, non vogliamo una risposta diplomatica qui ;) Chi è il migliore tra Federer, Nadal, Djokovic e Murray? (Roger) Federer.

Qualche tennista in particolare con cui non vai d’accordo? Nessuno al momento.

Chi è la giocatrice più bella? (Ana) Ivanovic.

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Obiettivi 2014? Migliorare le mie prestazioni in campo

Qual è il tuo torneo preferito? Gli Australian Open. Quali sport pratichi a parte il tennis? Il basket. Hai letto la biografia di Andre Agassi? Cosa ne pensi? Sì – l’ho adorata. Una rappresentazione onesta, vivida e vera della vita di un campione. Queste sono il tipo di cose che mi piace leggere.

Se avessi la possibilità, quale giocatrice WTA sceglieresti per un doppio misto? Chiunque sia l’attuale n1 della classifica di doppio al momento. Leggi Tennis World? Quali suggerimenti hai e che voto ci daresti su una scala da 1 a 10? Sì, lo leggo. Nessun suggerimento, penso che ogni cosa che facciate sia fantastica. E non vi posso dare un voto perché siete oltre la classifica ;)

Quali sono i tuoi obiettivi tennistici per il 2014? Continuare a migliorarmi in campo e in palestra. Continuare a sviluppare la mia fondazione mentre prova a migliora la mia classifica e a giocare un buon tennis.

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AUMENTA L'ETA' MEDIA DEI TOP 100

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AUMENTA L'ETA' DEI TOP 100 Interessante studio proveniente dall’Australia: i primi cento giocatori del mondo sono sempre più vecchi

Il 2014 del tennis in Australia si è aperto nel segno di Lleyton Hewitt: l’ex numero 1 ha trionfato a Brisbane, nella finale tutto fascino contro Roger Federer. 32 anni e tanti acciacchi per Rusty, che è riuscito a tornare ancora una volta sotto la luce dei riflettori, a distanza di tre anni dal suo ultimo successo nel World Tour. L’età non è certo un problema nel tennis attuale, basta solo guardare la top 10, dove troviamo due tennisti over 30 (Federer e David Ferrer). Lo stesso Tommy Haas, numero 12 osannato per il suo splendido tennis, segna all’anagrafe 35 primavere. Come spiegare questa “lunga conservazione” dei tennisti più anziani? Uno studio dell’ISEAL (Institute of Sport, Exercise and Active Living), dell’AIS (The Australian Institute of Sport) e di Tennis Australia ha analizzato gli ultimi 35 anni dei ranking ATP, per provare ad individuare un trend di lungo period nello sviluppo del giocatore. Lo studio aveva come obiettivo di individuare fatti reali sull’evoluzione del tennis.

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I risultati suggeriscono infatti che gli atleti impiegano di più per conquistare la top 100, piuttosto che un allungamento della carriera in sé per sé

I

n media, l’età dei top 100 è aumentata, ad un tasso di 1 anno circa per decade, negli ultimi 35 anni. Sembrerebbe una

buona notizia per un tennista, ma uno sguardo più vicino rivela altro. I risultati suggeriscono infatti che gli atleti impiegano di più per conquistare la top 100, piuttosto che un allungamento della carriera in sé per sé. Detto semplicemente, la top 100 è come un collo di bottiglia, con un ingresso davvero stretto, e di solito sono i più giovani a rimanere bloccati fuori, almeno all’inizio. Anche l’ATP conferma: nel 2013, solo 4 dei 64 tornei del World tour sono stati vinti da under 24, e la media dei top 10 è di 28 anni. Cosa dire alle giovani speranze, come l’azzurro Gianluigi Quinzi o gli australiani Nick Kyrgios o Thanasi Kokkinakis? La strada sarà lunga, rapportata anche a quella dei

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loro predecessori. Prendiamo Bernard Tomic, che a 18 anni nel 2011 ha conquistato i quarti a Wimbledon, entrando nella top 50; da allora però il suo ranking non ha avuto una significativa progressione, anzi. Le critiche sono sempre giustificate? Come dovrebbe essere classifica? In realtà Tomic è quinto giocatore più giovane nella top 200 ATP, e i giovani nel tennis attuale sono una

élite ristretta. Solo lui e il ceco Jiri Vesely sono under 23 nella top 100. E’ dura quindi affermare che dovrebbe avere un ranking migliore, il buon Bernard, alla luce di quello che fanno i suoi coetanei. Servirebbe forse più pazienza verso di lui, da parte di colleghi, commentatori e spettatori. Un anno di tennis costa, seconda stime, tra i 121 mila e i 197 mila dollari; poco meno di 200 tennisti hanno

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guadagnato questa cifra nel 2013. La strada più lunga per raggiungere il break even point (leggasi top 100) significa maggior tempo per ottenere una stabilità finanziaria. Anche per le Federazioni diventa dura individuare i top tra gli juniores, dato che il gap rispetto al professionismo è decisamente ampio. Un po’ come le previsioni del tempo a 1,2 o 7 giorni.


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SUCCESSO TRA LE OMBRE David Ferrer ha passato la maggior parte della sua carriera saldamente nell’ombra di uno dei piÚ grandi di tutti i tempi, Rafael Nadal. Ma nel 2013, il 31 ha disobbedito al corso del tempo per godersi la miglior stagione della sua carriera.

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SUCCESSO TRA LE OMBRE

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embra essere un trend in crescita nel circuito quello che vede i giocatori

produrre il loro miglior tennis tra la fine dei 20 anni e l’inizio dei 30. Il fresco campione dell’ Australian Open Stanislas Wawrinka, è stata la rivelazione degli ultimi dodici mesi e Ferrer è migliorato costantemente con l’età, vincendo il suo primo titolo di un Master a Parigi alla fine del 2012 prima di arrivare alla finale dell’Open francese e arrivare al suo best ranking di N.3 l’anno scorso. “Non saprei”, ha detto Ferrer, quando Tennis World gli ha chiesto il suo segreto. “Forse è perché non ho mai subito un infortunio importante, come molti giocatori, ho più esperienza con il mio servizio e più fiducia in questi giorni. Ma penso che la cosa più importante sia che non ho mai subito un infortunio importante.” Ferrer da il merito alla genetica per la sua capacità di non infortunarsi nonostante un calendario di tornei serrato che sempre farlo competere molto di più rispetto a giocatori come Nadal, Novak Djokovic, Roger Federer ed Andy Murray. “Ho sempre cercato di lavorare sul mio fisico fin da quando ero giovane, così come sul migliorare il mio

“Forse è perché non ho mai subito un infortunio..." gioco,” ha detto. “Forse sono nato con vantaggi genetici o fisiologici visto che non ho mai subito un infortunio grave. Ma ovviamente lavoro anche sodo e questo ha un ruolo.” Ferrer insiste sul fatto che non assottiglierà il suo calendario anche se compirà 32 anni in aprile e il suo appetito insaziabile per il lavoro duro gli è stato insegnato negli anni fin dalla sua infanzia dall’allenatore Javier Piles con cui ha rotto appena prima di iniziare la nuova stagione dopo una decade insieme nel circuito. Dice che è ancora una volta determinato a finire l’anno nella top 5 ma non c’è dubbio che sarà più dura che mai per lui con Federer tornato in forma, Wawrinka che mostra la sua capacità di far cadere l’elite sui grandi palcoscenici e Juan Martin del Potro che cerca più gloria. Ferrer si è goduto due settimane solide agli Australian Open ma è stato fatto fuori ai quarti di finale da un determinato Tomas Berdych in quattro set. “Sono in un buon momento della mia carriera,” ha insistito. “Il mio obiettivo è sempre quello di finire tra i top 5 della classifica e giocare abbastanza partite

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da raggiungerlo. Ma non voglio pensare al futuro. Mi voglio concentrare solo sul presente, e ora ho più fiducia ed esperienza, specialmente sul mio servizio, ora più che mai, quindi credo di poter fare grandi cose.” Mentre Wawrinka ha ammesso di aver passato gran parte della sua carriera tormentato da dubbi su di sé, se Ferrer abbia o meno sofferto da questo tipo di afflizione è stato nascosto bene. Nonostante la sua statura relativamente ridotta, lo spagnolo di 1,75 m ha sempre compensato con un’intensità costante e spirito battagliero usati come esempio dagli allenatori di tutto il mondo. Come la finalista agli Australian Open Dominika Cibulkova (che con il suo 1,61 m è una delle giocatrici più basse del circuito WTA), Ferrer è sempre stato determinato a mostrare che le proporzioni da giocatori di basket non sono sempre necessarie per avere successo nel tennis e che quando era più giovane si è ispirato al successo di Juan Carlos Ferrer e Lleyton Hewitt.

“Ferrero è stato N.1 del mondo e ha vinto un Grande Slam, ed è simile a me per altezza e struttura,” ha detto. “Certo, il gioco si evolve ogni anno, e i giocatori diventano sempre più alti, ma ho comunque raggiunto il N.3 (un nuovo picco in carriera) del mondo nel 2013. Cerco di essere solida e consistente. Se non hai un buon servizio, di solito controlli meglio la palla o sei più agile nel muoverti in campo. Se sei alto, agile e hai un buon servizio come (Novak) Djokovic o (Andy) Murray, allora è l’ideale.” Ferrer ha sempre basato il suo gioco su una risposta solida con Federer che una volta l’ha descritto come il miglior ribattitore del mondo. “Non ho un gran servizio, non ho un colpo importante ma ho una buona risposta,” ha detto Ferrer. “E’ qualcosa che ho esercitato molto da giovane con il mio primo allenatore e provo ancora a migliorarla ogni giorno perché è un’arma importante per il mio gioco. Il allenatore mi serve da metà campo e io faccio del mio meglio per reagire il più velocemente possibile. E’ un colpo così importante e ci è voluto molto lavoro nel corso degli anni per arrivare a questo punto.”

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"“Abbiamo allenatori molto buoni e il tempo in Spagna è perfetto per giocare a tennis"

E’ questa attenzione per i dettagli che ha visto lo spagnolo dominare il tennis maschile nella passata decade ma Ferrer crede che siano anche altre spiegazioni. “Abbiamo allenatori molto buoni e il tempo in Spagna è perfetto per giocare a tennis,” ha detto. “E’ molto importante che si sviluppi una buona tecnica da junior per costruire delle buone fondamenta per il tuo gioco e i nostri allenatori

junior sono eccellenti. Penso che sia anche una questione generazionale. Una volta la Svezia dominava il tennis, ora non hanno giocatori al top. Negli ultimi dieci anni, la Spagna è stata molto fortunata ad aver prodotto alcuni ottimi giocatori e questo necessita anche molta fortuna.”

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JUAN CARLOS FERRERO

JUAN CARLOS FERRERO Nato vincente, fedele alle sue origini e semplice son alcuni degli aggettivi che descrivono l'ex numero uno del mondo, Juan Carlos Ferrero. "Juanki" chiamato così a Villena dal 1989, luogo in cui si è formato come tennista insieme ad Antonio Martinez Cascales. Pochi anni fa ha costruito la sua casa vicino alla sua accademia di tennis "Equelite" en Villena, luogo in cui noi andiamo per fare un chiacchierata con lui.

Dopo il tuo ritiro, come si sta dedicando nel suo tempo libero? l'abbiamo visto come coach con Nico Almagro, giocando al paddle... la verità è che faccio un po di tutto. Sono qui nell'accademia cercando di aiutare i ragazzi, con Tita Torro, anche con Nico ed il torneo di Valencia che mi sta portando via molto tempo. Parlando dei suoi giocatori, uno dei ragazzi più importanti cresciuti nella sua accademia è sicuramente Tita Torro. Come vede il futuro di questa ragazza?

Tita sta giocando davvero bene. Non sta ottenendo grandissimi risultati, pero l'ho vista allenarsi questi giorni e sta giocando bene. Auguro il meglio per lei. Cosa ha provato quando è stato il numero 1 del ranking? Io credo che è qualcosa che arriva dopo un percorso graduale... ci vuole tempo. Se non ottieni buoni riusltati, non puoi arrivare ad essere il numero 1. Così, io venivo da un momento in cui stavo giocando alla grande e fu una conseguenza delle mie vittorie. La verità è che quando arrivi là in alto è qualcosa che non puoi

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JUAN CARLOS FERRERO

Il tennis spagnolo non è in un momento speciale

immaginare quando sei bambino. Qual'è stato il momento più emozionanate della sua carriera, il più speciale? Io direi che sono stati: la Coppa Davis nel 2000, che per la mia nazionale è stato incredibile così come anche per me a livello personale; inoltre, vincere uno Grand Slam (Roland Garros), uno torneo che inseguivo da molto tempo e dopo, essere il numero 1 del mondo.

Come vede il tennis spagnolo e ai giocatori in generale? Non lo vedo in un momento semplice. Credo che il tennis spagnolo negli ultimi 10-12 anni è stato e sta al massimo livello e i giovani che si affacciano al mondo vero per migliorare questo livello devono lavorare tanto, pero c'è un buon livello, speriamo bene.

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GUILLERMO GARCIA LOPEZ

GUILLERMO GARCIA LOPEZ Il suo soprannome è "Guille" o "Willy" ... Ha cominciato a giocare a tennis all'età di sette anni ... il padre Juan Garcia Ballesteros, è un insegnante ... la madre, Paqui Lopez Cuesta, è un'infermiera ... Ha un fratello minore , Juan ... si diverte a giocare a calcio e lo sci ... Ciao Guillermo! Una delle cause principali dei tanti infortuni riguarda il duro calendario ATP, cosa pensi in merito? Io credo che è sempre stato esigente. Io trascorro molto tempo in campo e credo che tutti gli anni è stato molto duro. Personalmente, ho giocato tutti gli anni più di 30 settimane. Hai molto tempo per recuperare tra un torneo e un altro? Trascorro tanto in termini di viaggi e spostamenti. Si fanno molti viaggi e chilometri e vuoi o no arrivi stanco alla fine. Voi tennisti, viaggiate per molti paesi dove il cibo è differente, cosa ti piace mangiare? Sei molto rigido con le tue abitudini alimentari? Non troppo (risata). Sono molto attento al mangiare e cerco di mangiare quasi sempre lo stesso indipendentemente dal paese in cui mi trovo. La colazione è sempre uguale... mangio sempre prima di ogni match, mi rilasso un po e conservo una buona routine.

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GUILLERMO GARCIA LOPEZ

Anche se questo è uno sport individuale e normalmente non si arriva ad instaurare un rapporto di amicizia vero, pero ho un gran rapporto con David Ferrer, Albert Montanes, Oscar Hernandez, Pablo Andujar

N

ormalmente, quali sono le tue abitudini prima di ogni partita?

Dopo essermi riscaldato, mi piace molto concentrarmi e stare da solo. Isolarmi è una routine. Tra i giocatore del circuito, qual'è uno tra i più scomodi per te? Ho giocato contro i fantastici 4 e la verità è che Federer e Djokovic sono i più duri, almeno dal mio punto di vista. Quando gioco contro di loro sembra che non abbia possibilità di successo. Quando vuoi distarti e rilassarti, quali sono i tuoi hobby? Amo andare al cinema. Entrare in una sala e sederti tranquillamente a vedere un film che ti piace in un maxi schermo mi rilassa davvero tanto.

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GRANDI ANNATE

GRANDI ANNATE La stagione perfetta. Una singola annata in cui vincere ogni torneo al quale si partecipa, inclusi ovviamente i quattro del Grande Slam, ma anche tutti gli altri, concludendo con un sontuoso zero nella casella sconfitte. È il sogno, segreto e inconfessabile, di ogni giocatore, ma, da quando il tennis ha superato la barriera del dilettantismo, nessuno è mai riuscito a tradurlo in realtà. Tennis World


GRANDI ANNATE

P

Per restare alla stretta attualità, Rafael Nadal e Serena Williams sono

reduci da un 2013 straordinario, nel quale hanno riconquistato la vetta dei rispettivi ranking mondiali, vincendo due titoli dello Slam ciascuno e perdendo pochissimi incontri (sette lo spagnolo, di cui appena tre fino al play-off di Davis post-US Open, e quattro la statunitense). Le loro vanno senza dubbio annoverate tra le migliori stagioni dell’Era Open: eppure sono ben lontane dalla perfezione e, se osserviamo gli ultimi quarantacinque anni di tennis, scopriamo che ve ne sono state di migliori, e non poche. Serena al top dal 1996 Dal punto di vista della percentuale vittorie-sconfitte, a ogni modo, nessuna giocatrice dal 1996 in poi ha fatto meglio della versione più recente di Serena Williams: 95,1 per cento di successi (78 su 82). Nel 2012 Serena si era fermata al 93,5% (58 su 62); dieci stagioni prima, quando aveva vinto tre Slam, al 91,8% (56 su 61); nel 2003 al 92,7% (38 su 41). Che la pantera di Compton sia oggi addirittura più forte rispetto a due lustri or sono? Il sospetto è che il numero di

“Lorem ipsum dolor sit, consectetuer“ avversarie di livello sia calato, e comunque ora Serena riesce a prevalere anche grazie a una sopraggiunta maturità, che le consente di fronteggiare al meglio ogni tipo di situazione. Anche Nadal ha stabilito quest’anno la sua miglior performance in carriera a livello percentuale (75-7, 91,5%), migliorando il 2005 (79-10, 88,8%, uno Slam), il 2008 (82-11, 88,2%, due Slam) e il 2010 (71-10, 87,7%, tre Slam). Fra gli uomini, però, abbiamo avuto, anche per limitarci all’ultimo decennio, una serie di annate migliori da parte di Federer e anche lo straordinario 2011 di Djokovic. I signori dello Slam Ma quali sono i criteri per definire la grandezza di una stagione in assoluto? Su tutto, in verità, andrebbe considerato il rendimento nei Major: in questo Rod Laver del 1969, Margaret Smith Court del 1970 e Steffi Graf del 1988 sono inattaccabili, avendo realizzato il Grande Slam. Nel ‘69, però, il mancino di Rockhampton, pur vincendo la bellezza di diciotto tornei, perse quindici incontri (su 117,

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Chi sono i signori dello Slam? come definire il migliore?

Navratilova la più vicina alla "perfect season"

87,2%). Più “puro” il cammino della sua connazionale nei dodici mesi successivi, con sole sei sconfitte (su 115, 94,8%), anche se, da questo punto di vista, la fuoriclasse di Albury fece ancor meglio tre anni più tardi (cinque match persi su 107, 95,3%). Nell’88 la Graf aggiunse ai quattro Big Four la medaglia d’oro olimpica, realizzando quello che è passato alla storia come il “Golden Slam”. L’allora diciannovenne tedesca vinse 72 match su 75 (96%), cedendo solo per due volte a Gabriela Sabatini (finale di Boca Raton e semi di Amelia Island) e una a Pam Shriver (nella semifinale del Masters). Per l’attuale moglie di Agassi l’anno migliore come percentuale di vittorie è però l’89, con il 97,7%: Steffi conquistò tre Major e perse solo due incontri su 88, entrambi per 75 al terzo, le finali di Amelia Island con la Sabatini e del Roland Garros con Arantxa Sanchez. Due sconfitte anche nell’87 e nel ’95: in quest’ultima annata (talora non menzionata nelle stats ufficiali, perché vinse “solo” 47 match) la Graf catturò tre Slam, ma nell’87 fece suo soltanto il Roland

Garros. Infatti non partecipò agli Australian Open e le due sconfitte coincisero giusto con le finali di Wimbledon e degli US Open, entrambe con Martina Navratilova. Nessuna come Martina Proprio la mancina ceca naturalizzata americana, che non ha mai vinto tutti i Big Four nello stesso anno (nonostante una serie di sei titoli di fila tra ’83 e ’84), è la giocatrice a essersi avvicinata maggiormente all’ideale di “perfect season”. Fra ’82 e ’86 perse un massimo di cinque incontri all’anno (in tutto 14 su 442!), giungendo nell’83 a trionfare in sedici tornei e a subire una sola, inopinata, battuta d’arresto, su 87 incontri (98,9%). Accadde negli ottavi del Roland Garros contro la diciassettenne statunitense Kathy Horvath, all’epoca numero 45 del mondo e mai in carriera oltre il decimo posto. Ancor più dolorosa, probabilmente, la seconda delle sole due sconfitte su ottanta (97,5%) dell’84 (la prima era giunta a gennaio nella finale di Oakland per mano di Hana Mandlikova): la resa per 75 al terzo contro Helena Sukova nella semi degli

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La Graf agevolata dal forzato stop di Monica Seles!

Australian Open, infatti, le costò il sogno Slam. Parlando di Martina non si può non menzionare la sua storica rivale, Chris Evert. La campionessa di Fort Lauderdale ottenne i suoi maggiori successi prima dell’esplosione della Navratilova, ma non riuscì mai a conquistare più di due Major in una singola stagione. La sua miglior annata in quest’ottica è il 1978, quando si aggiudicò 56 match su 59 (94,9%), portando a casa però solo gli US Open.

Lo stop di Monica Per tornare alla Graf, Steffi fu senz’altro agevolata, nella seconda parte della sua carriera, dal forzato stop di Monica Seles, che fra il ’91 e il ’93 (prima dell’accoltellamento subito ad Amburgo) aveva conquistato sette Slam su nove, con una sola sconfitta nei Major (proprio con la tedesca nella finale di Wimbledon ’92, mentre l’anno precedente Monica Seles non aveva preso parte ai Championships sull’erba). La belvetta di Novi Sad si distrasse qualche volta di più

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Strepitoso Magic Mac con 82 vittorie su 85 incontri nel circuito Wta, perdendo sei match su 80 (92,5%) nel ’91 e cinque su 75 (93,3%) nel ’92. Prima della esplosione di Serena Williams, l’ultima giocatrice a realizzare tre quarti di Slam era stata Martina Hingis nel 1997. La giovanissima elvetica, complice una precedente caduta da cavallo, mancò la finale del Roland Garros con Iva Majoli, perdendo complessivamente cinque incontri su 76 (93,4%). Dieci anni più tardi Justine Henin uscì battuta solo in quattro occasioni su 67 (94%), aggiudicandosi due Major e il Masters. 1984, Magic Mac Se tra le donne la giocatrice a vantare la migliore annata dell’Era Open è la Navratilova, fra gli uomini tale primato spetta a John McEnroe e al suo ormai proverbiale 1984. Un “Big Mac” all’apice giocò in maniera talmente superlativa da non riuscire più a ripetersi, tanto è vero che dall’85 in poi non vinse più neanche uno Slam. Nell’84, invece, furono suoi Wimbledon (61 61 62 a Connors in finale), US Open (63 64 61 a Lendl) e altri undici tornei, con

lo strepitoso bilancio di 82 vittorie su 85 incontri (96,5%). La prima delle tre sconfitte, però, segnò in modo indelebile la sua carriera. Giunse nella finale del Roland Garros, cui John si affacciò con una striscia aperta positiva di 42 match: non perdeva dalla semi degli Australian Open ’83 con Mats Wilander. Il suo avversario nell’ultimo atto parigino era Ivan Lendl, ancora a secco di titoli Major (nonostante fosse già approdato quattro volte al match clou), e ciò che accadde è storia: Mac dominò per due set, ma si distrasse e finì per cedere 75 al quinto. La seconda sconfitta dell’anno, indolore, arrivò al primo turno di Cincinnati per mano di Vijay Amritraj, mentre la terza, ben più importante, contro Henrik Sundstrom a Goteborg nella finale di Davis, diede il la al trionfo svedese nella massima manifestazione a squadre. Jimmy il Fenomeno Dietro a McEnroe ecco un altro mancino americano, Jimmy Connors, con il suo fantastico 1974. Jimbo conquistò tre titoli dello Slam (e non poté giocare al Roland Garros, perché

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Jimbo conquistò tre titoli dello Slam (e non poté giocare al Roland Garros, perché sotto contratto con il World Team Tennis)

sotto contratto con il World Team Tennis) più altri dodici tornei, per un bilancio di 93 affermazioni in 97 match disputati (95,9%). Il fighter di Belleville perse solo in finale a Omaha con Karl Meiler, nei quarti di Nottingham con Stan Smith, al terzo turno di Montreal con Juan Gisbert Sr. e nei quarti di San Francisco con Onny Parun. L’Atp gli attribuisce due sconfitte in più, ossia la semi di Washington con Vijay Amritraj

(ancora lui!) e la finale di South Orange con Alex Metreveli, ma in realtà Jimbo non scese nemmeno in campo (vedi box). Roger, aggancio mancato A completare l’ideale podio troviamo Roger Federer. Il fuoriclasse di Basilea ha realizzato per ben tre volte tre quarti di Slam (2004, 2006-07): eppure la sua annata migliore, dal punto di vista percentuale, è il 2005, in

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Roger approdò all’ultimo match dell’anno, la finale del Masters contro David Nalbandian, in corsa per eguagliare il record di McEnroe.

cui conquistò “solo” Wimbledon e US Open (più altri nove titoli). Roger approdò all’ultimo match dell’anno, la finale del Masters contro David Nalbandian, in corsa per eguagliare il record di McEnroe. Dopo aver vinto i primi due set, però, subì la rimonta dell’argentino, che prevalse al tie-break del quinto. Le altre sconfitte erano giunte a Melbourne con Safin, a Monte-Carlo con Gasquet e a Parigi con Nadal, nei

primi due casi con matchpoint a favore non sfruttati. Per Fed-Ex il bilancio conclusivo fu dunque di 81-4 (95,3%). L’anno prima Roger aveva già realizzato un fenomenale 92,5% (746) con undici centri, mentre nella stagione seguente fissò un ancor più incredibile 94,8% (92-5), con dodici trofei in bacheca. Alle spalle dell’elvetico troviamo Bjorn Borg, che nel suo anno migliore, il 1979, non

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andò oltre il 93,3% (84 su 90), con tredici successi di cui due Slam. L’ambizione di Ivan A un certo momento, negli anni Ottanta, Ivan Lendl non nascose la propria ambizione di disputare una stagione immacolata. Pur regnando a lungo sul tennis mondiale, Ivan non arrivò mai troppo vicino al traguardo, accumulando un minimo di sei battute d’arresto (nell’86, su 80 match, 92,5%). Sei sconfitte (su 76, 92,1%) anche per Novak Djokovic nel suo eccezionale 2011: il serbo rimase imbattuto (41 affermazioni consecutive, una in meno di Mac ‘84) fino alla semifinale del Roland Garros, che lo vide soccombere dinanzi a Federer. Rallentò un po’ nella seconda metà della stagione, chiudendo comunque con dieci titoli (di cui tre Major).

In effetti lo svedese fece suoi Australian Open, Roland Garros e US Open, e si impose anche a Miami (all’epoca sorta di quinto Major, con tabellone a 128 e match sulla lunga distanza dal primo turno), Cincinnati e Palermo. Per concentrarsi sugli obiettivi più prestigiosi, però, Mats andò incontro a qualche stop di troppo nel resto degli appuntamenti, fissando il proprio score sull’82,8% (53-11). Meglio, da questo punto di vista, aveva fatto cinque anni prima, con nove titoli (uno Slam) e l’88,2% (82-11). Tra i primissimi di questa speciale graduatoria non rientrano neanche i due fuoriclasse che hanno fatto epoca con le loro battaglie negli anni Novanta (e poco oltre), Andre Agassi (il suo top è l’89%, 73-9, nel 1995), e Pete Sampras (86,5%, 77-12, nel 1994). Medesimo discorso vale per Boris Becker (88,9%, 64-8, nel 1989) e Stefan Edberg (86,7%, 78-12, nel 1987).

Dov’è finito Mats? Citati i tre quarti di Slam ottenuti da Connors, Federer, Nadal e Djokovic, è curioso che in questa carrellata di stagioni-monstre non figuri lo splendido 1988 di Mats Wilander.

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Suzanne Lenglen, che tra il 1919 e il 1926 perse solo un incontro

L’inarrivabile Suzanne In definitiva, emulare oggi imprese come quella della divina Suzanne Lenglen, che tra il 1919 e il 1926 perse solo un incontro (e per ritiro, con Molla Mallory agli US Championships del ‘21), appare un’utopia. E, tutto sommato, è bene che tale rimanga: se già a volte ci lamentiamo per l’eccessivo divario tra i big e gli

immediati inseguitori, che divertimento avremmo se fosse un solo tennista a vincere inesorabilmente ogni torneo?

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ROBERTO BAUTISTA

Ogni tennista, amatoriale o professionista, sogna di vivere il suo momento di fama. E' un motorino inesauribile, una spinta necessaria. Parafrasando Andy Wahrol e la sua celebre frase “ognuno ha diritto a quindici minuti di gloria”

R

oberto Bautista Agut, 26 anni ad aprile, è stato protagonista di un Australian Open sopra le

righe. Da semplice “uno dei tanti”, nei centoventotto che hanno preso parte all'evento, si è ritagliato uno spazio di assoluto rilievo quando al secondo turno ha deciso di sconfiggere il ben più nobile Juan Martin Del Potro, suo coetaneo che occupava al momento della sfida la posizione n.5 al mondo (poi diventata addirittura n.3 alla fine

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ROBERTO BAUTISTA

Non ha il talento dei giocatori d'èlite, ma... del torneo), ed al terzo turno il francese Benoit Paire con un passivo importante. Ma chi è davvero costui? Soprannominato “Bati”, è nativo di Castellòn de la Plana, nella comunità Valenciana in Spagna. E' figlio di Joaquin Bautista, ex calciatore ed ora banchiere, e di Ester Agut, attualmente proprietaria di un negozio di abbigliamento. Prima ancora del tennis ha sempre avuto una passione per i cavalli, tanto da possederne due con cui spesso va a cavalcare. Fino ai quattordici anni aveva provato anche con il calco, percorrendo la trafila delle giovanili

per una delle sue due squadre del cuore: il Villareal (l'altra è il Castellon). Poi, quando è arrivato il momento di decidere, ha optato per l'avventura nel mondo del tennis. Non ha il talento dei giocatori d'élite, inoltre è entrato tardi tra i primi cento del mondo eppure quello è il suo ricordo migliore, fino a questo Australian Open probabilmente. La sua caparbietà lo ha spinto fino ad un'impresa inimmaginabile forse persino per lui. Del Potro era il maggiore indiziato ad ostacolare il percorso di Nadal verso la semifinale, visto anche il recente trionfo a Sydney. Eppure con un tennis semplice ma molto efficace ha disinnescato il gioco potente dell'argentino, ritrovatosi a

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ROBERTO BAUTISTA Ha speso buona parte della sua carriera vicino ai top-100 contrastare un avversario per nulla intento a recitare il ruolo di agnello sacrificale. Una buona parte della sua carriera l'ha spesa sempre ai margini della top-100, intrappolato nella palude pericolosissima dei tornei Challenger dove si è fatto le ossa tra sconfitte e viaggi fino in capo al mondo per provare a tener vivo il proprio sogno ed a non mollare. E' stato un cannibale nella categoria Futures, dove tra il 2007 ed il 2010 ha ottenuto dieci titoli, nove dei quali in Spagna (l'unico escluso è il torneo di Tripton, in Inghilterra).

Ad inizio del 2013 poi è arrivata anche la soddisfazione di una finale ottenuta a Chennai nel circuito Atp, eliminando anche Tomas Berdych durante il suo cammino. Fu però battuto all'ultimo atto da Janko Tipsarevic. Ha un gioco che si sviluppa sempre in maniera un po' diversa rispetto a quella dei suoi

Nel 2012 è riuscito a vincere tre titoli a livello Challenger, due dei quali in Italia, nella cavalcata che l'ha portato ad affacciarsi per la prima volta nei top-100.

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connazionali più celebri, come i suoi idoli Juan Carlos Ferrero e David Ferrer. Non è solito alzare molto le traiettorie dei propri colpi, preferisce colpire piatto con entrambi i fondamentali, possibilmente anticipando l'impatto con la pallina per generare ancora più rapidità. Vuole comandare lo scambio e muovere il più possibile l'avversario.


ROBERTO BAUTISTA

Di lui si è sempre sentito parlare pochissimo! Soprattutto sul rovescio sacrifica molto l'apertura del movimento per imprimere maggiore velocità alla pallina. E' un giocatore che si è costruito con il passare degli anni, partendo da un bagaglio di tecnica magari di più basso livello rispetto ad altri. Con il passare del tempo però, e tanta passione e tanta dedizione, Bautista Agut ha saputo migliorare il proprio gioco ed affinare quei dettagli che lo hanno trascinato non più di un anno fa tra i migliori cento del mondo. E' uno dei tanti giocatori di cui si sente parlare pochissimo, ma forse un giovane che vuole provare a

lanciarsi in questo modo deve anche avere un occhio di riguardo per questo spagnolo, per capire che se c'è la passione non esiste barriera che possa fermare.

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EUGENIE BOUCHARD

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EUGENIE BOUCHARD Ha capito di essere diventata popolare quando ha ricevuto una lettera durante l’ultimo Halloween. Dentro c'era la foto di una bambina vestita da Eugenie Bouchard, compresa parrucca bionda e completo Nike da tennis. Eugenie “Genie” Bouchard in Canada è una star. Viene da Montreal, meglio dire da Westmount: uno dei quartieri più ricchi dell’intero Nord America. Il reddito medio annuo pro capite è di 210.000 dollari, quello a famiglia sfiora i 450.000. A pochi isolati dai Bouchard vive l’ex primo ministro Brian Mulroney. Un posto di splendide ville, un’enclave di felicità all’interno nel Wes Side di Montreal. Ventunomila abitanti che parlano inglese in un Quebec che guarda con sospetto e arroganza chiunque non sia francofono. La ragazza viene da una famiglia dell’alta borghesia. Mike, il papà, fa il consulente finanziario per grandi istituti di credito. Julie, la mamma, è ormai diventata la compagna di viaggio di Genie che ha scoperto il tennis a cinque anni, in un asilo di Nun’s Island. Altra zona bene a pochi chilometri da Montreal. Le piaceva anche il basket, ma una vittoria ha sciolto qualsiasi dubbio. Aveva nove anni quando si è imposta in un torneo che come premio aveva la partecipazione ad una competizione Under 12 a Parigi, la città dei sogni. Da quel momento è andato tutto di corsa.

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Una che a meno di vent’anni ha le idee molto chiare. Genie, se non fossi diventata una tennista cosa avresti voluto essere? “Non ho dubbi. Mi sarebbe piaciuto essere una controllore di volo!”

G

enie aveva dodici anni quando con la mamma si è trasferita a Ft Lauderdale in Florida, nell’Accademia di Nick Saviano.

Poi, quando il Canada ha aperto il centro federale sono tornate a casa. La nostra eroina ha una sorella gemella: Beatrice. Un fratello di nome William. La più piccola di casa è Charlotte. Genie ha imparato presto le regole della vita. E’ diventata amica della coetanea Laura Robson, inglese di origini australiane, che l’ha ospitata nella sua casa di Londra durante un torneo junior a Wimbledon. Assieme a colazione, assieme nella passeggiata verso i campi in erba del mitico centro, nelle lunghe serate davanti alla tv o nella stessa cameretta a chiacchierare su sogni e realtà. Poi è arrivato il momento in cui si sono dovute affrontare.

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EUGENIE BOUCHARD Genie ha imparato presto le regole della vita

Ha deciso che non avrebbe più voluto amiche

Ha vinto Genie e ha deciso che non avrebbe più voluto amiche. Non le piaceva doversi confrontare con loro. Assieme alla Robson ha anche girato un video, “Laura and Genie’s Gangnam Style”, visto da quasi cinquecentomila persone su YouTube. Dentro ci sono un po’ tutti i loro amici: Maria Sharapova, Fernando Velasco, Jo-Wilfred Tsonga, Sam Stosur, Heather Watson.

Oltre alla banda dei fisioterapisti della Wta. Bionda, alta, abbronzata, capelli lungi, faccia da reginetta del college. Una bella ragazza che non ostenta stravaganze per conquistare attenzione. Tifa Miami Heats, adora Dwyone “Flash” Wade, ma soprattutto ha un idolo nel cuore. Al centro del campo, dopo avere battuto Ana Ivanovic a Melbourne, quando le hanno fatto una domanda di routine non

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ha avuto incertezze. Se potessi scegliere, con chi vorresti uscire a cena stasera? “Con Justin Bibier.” I fischi dello stadio hanno coperto qualsiasi altra parola. Lui, il coetaneo divo del pop, le ha mandato un messaggio via twitter. “Buona fortuna ” Scritto l’augurio il giovanotto è entrato in un locale di Miami Beach, ha fatto rifornimento, è uscito, si è messo al volante della sua Lamborghini ed ha cominciato a spingere alla massima velocità gareggiando con altri senza pensieri suoi pari. E’ stato arrestato per guida in stato di ebrezza. A migliaia di chilometri di distanza Na Li eliminava in semifinale Eugenie Bouchard. Una brutta giornata. Una partita andata male non può cancellare una splendida avventura.


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EUGENIE BOUCHARD Bene impostata, tatticamente accorta, forte dal punto di vista mentale

Favorita da un tabellone generoso, Genie ha messo via Heo Chen Tanga, Virginie Razzano, Lauren Davis, Casey Dell’Acqua e Ana Ivanovic. E’ diventata così la prima canadese a conquitare la semifinale di uno Slam trent’anni dopo Carling Bassett-Seguso, che aveva centrato lo stesso risultato agli UsOpen del 1984. Genie va veloce. Nel 2013 entrava nel torneo con il numero 147

Il miglioramente più evidente l’ha fatto nelle incursioni a rete

e ne usciva al secondo turno di qualificazioni. Un anno dopo è arrivata (al quarto Slam della sua vita) tra le quattro migliori scalando la classifica fino ad entrare tra le Top 20 della Wta. Bene impostata, tatticamente accorta, forte dal punto di vista mentale. Il miglioramente più evidente l’ha fatto nelle incursioni a rete: 19 vincenti su 24 tentativi contro la Ivanovic. Ha una palla profonda e potente.

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Deve migliorare il servizio e perfezionae un dritto che sembra ancora in evoluzione. Campione a Wimbledon 2013 da junior, migliore esordiente della Wta nello stesso anno, numero 2 del mondo nella sua fascia di età. Ha vinto sei titoli ITF, ha raggiunto una finale Atp e la semifinale in uno Slam. Niente male per una ragazza che il 25 febbrario festeggerà vent’anni. E’ arrivata a Melbourne con un montepremi di 415.742 dollari, in un solo colpo ne ha aggiunti 550.000. Tranquilli non saranno i soldi a farla andare fuori di testa. Non si comprerà una macchina superveloce, non ha neppure la patente. Al massimo investirà in qualche altra borsa di Louis Vuitton che andrà così ad arricchire la sua collezione.


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EUGENIE BOUCHARD Ogni volta che passava il turno le lanciavano un pupazzo di pelouche

Ragazza solare

Famosa in Canada, viaggi con tanto di tifosi al seguito. Sono i dieci ragazzi della GenieArmy. Indossano magliette con le lettere del suo nome G-E-N-I-E, cantano non sempre seguendo il giusto ritmo l’inno canadese, mostrano cartelli pieni di orgoglio: “Abbiamo cominciato al campo 15 e ora siamo qui”. Pubblicizzano una t-shirt con su il motto della casa “Eat, sleep, Genie repeat”.

Mangia, dormi, Genie ripete. Non è certo un componimento da Nobel, ma è di sicuro il frutto di una serena allegria. Ogni volta che passava il turno quelli della GenieASrmy le lanciavano un pupazzo di pelouche che andava così ad arricchire la collezione: koala, canguri, alcioni giganti, vombati. “Dovrò comprare una nuova valigia per mettere dentro tutti i ricordi.” Era felice la ragazza.

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“Non posso credere di avere fatto tutto questo.” Magari quando tornerà a casa festeggerà con una cena nel ristorante preferito: Beauty’s a Mont Royal. O sfoggerà nelle feste tra amici la maglietta che le ha regalato la nazionale canadese di hockey su ghiaccio. Sul retro c’è scritto GENIE e sotto il numero, 1 ovviamente. E’ una ragazza semplice, una che per rilassarsi se ne sta davanti alla tv quando trasmette Heart of Dixie, una che non si stanca mai di guardare il tennis. “Mi piace, che posso farci?” Passata dai -35° del gelo canadese ai +43° della torrida estate australiana, Eugenie Brochard non ha vinto il torneo ma si è di certo assicurata il primato della maggiore esclusione termica: 78° in un solo colpo. Ragazza solare, questa Eugenie Bouchard.


DUSTIN BROWN

DUSTIN BROWN Centoventotto soggetti, muniti di racchette e completino rigorosamente bianco. Ma uno diverso dagli altri. Simpatico e genuino come la sua Terra. Figlio di un mondo che vorrebbe diverso, scritto a chiare note su una maglietta, tre in tutto scopriremo piÚ tardi, dove il suo profilo twitter (@dreddytennis) proprio nel mezzo della bianca t-shirt, è comune denominatore di una vita passata a sbarcare il lunario, guidando il camper regalatogli da Leroy e Inge, papà e mamma, tra un challenger e Tennis World


DUSTIN BROWN

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iamaicano dalla testa, soprattutto, ai piedi, tedesco di nascita,

“con i Rasta la victoria siempre”“

adozione e passaporto, Dustin Brown poteva diventare britannico, complice una nonna inglese da parte di padre, ma la discussione con Lta (la Lawn Tennis Association) si è protratta oltremisura, e allora amen: non se n'è fatto più nulla. A cinque anni la prima racchetta, un campo dietro casa e il feeling immediato. Giamaicano anche il suo primo maestro, pensate un po'... In Giamaica a 12 anni Poi il viaggio, nel 1996, verso quella Terra tanta amata, quando a 12 anni altri sono già in giro per il mondo, con la valigia piena di racchette e zeppa di sogni. A Montego Bay, lì dove una volta quelli con la racchettina di legno giocavano esibizioni miliardarie, Dustin trova la pace, ma non la necessaria assistenza. La federazione non ha soldi, non può convincerlo a restare, a giocare per loro. Perfino il bob, sacrilegio, è più importante del tennis. E allora, nomade nella testa, prima che nelle tasche, nel 2010 vola in Germania.

E la sua storia, tra un primo, un secondo e un terzo turno, inizia, come diciamo noi, “a pizzichi e bocconi”. Il 17 gennaio 2011 il primo momento di gloria, si fa per dire. Un best ranking sufficientemente invitante: numero 89. Due anni dopo Wimbledon, attraverso le qualificazioni, la vittoria su Lleyton Hewitt e la sconfitta con Mannarino, una sorta di maledizione, dopo la finale persa a Sarajevo sempre contro il francese. Potrebbe tornare a fare il modello, per arrotondare. Forse. Perché il presente, al di là di un terzo turno ai Championships da dimenticare, è meno buio di prima. «Magari convincerò qualcuno a disegnarmi, sul serio, una linea di abbigliamento». Magari, appunto. «La maglietta che ho usato qui a Wimbledon, serviva per andare a correre. Poi mi son detto: e se la usassi anche per giocare?». Tre in tutto, ma son bastate. Il logo con i rasta e il nick di twitter. Senza baffetti miliardari, fatto in casa, su misura, come il suo essere diverso. «Non potevo offendere le qualità artistiche di Carsten (un suo amico). Oggi lui è più felice di me». Emozioni forti.

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"L'ultima volta che..." Come i quattro tornei Challenger vinti sin qui, come i quattro tornei Futures vinti sin qui, come quella vittoria in doppio a Marsiglia in coppia con l'olandese Rogier Wassen, come tutto quello che lo circonda. Felice per il suoi piercing e per le sue collanine. Felice di affacciarsi al mondo intero, attraverso il suo profilo twitter («passo le ore, mi diverto, comunico a modo mio»), con “Rasta la victoria siempre”. Un messaggio che sa di scherzo, ma ci spalanca la porta di un nuovo mondo, quello di Dustin Brown, 28 anni, di Celle, in Germania, città della bassa Sassonia. E non poteva essere altrimenti, per chi si fregia del titolo di “Grande città indipendente”. Un po' come lui, il nostro Dustin, che lungo le rive del fiume Aller proverà a sognare ancora il suo mondo, una tshirt fatta in casa e quel match con Hewitt. Da favola. Come la sua.

L'ultima volta che hai cucinato per te o per gli altri? Non ne ho idea. Non accade molto spesso che io cucini. L'ultima volta che hai viaggiato in Economy Class? Per venire qui a Montpellier. L'ultima volta che hai perso un volo? Un po' di anni fa. Era il Challenger di Aachen. Avevo un volo molto presto e non mi sono svegliato. Non ho sentito la sveglia. L'ultima volta che hai incontrato un tuo idolo dell'infanzia? E' seduto proprio qui (indica Gael Monfils). L'ultima volta che hai chiesto un autografo? L'anno scorso in Australia a Jo-Wilfried Tsonga. Era per un mio amico. L'ultima volta che hai condiviso una stanza con un altro giocatore? Qui a Montpellier, con Austin Krajicek, il mio compagno di doppio. L'ultima volta che hai fatto uno scherzo a qualcuno nello spogliatoio? Ero con Marc Gicquel ad un Challenger a Eckental. Lui stava dormendo, stava aspettando il suo match e si era fatto davvero troppo tardi. Allora ho disegnato una faccia sorridente su un foglio e gliel'ho appiccicata sul sedere. Ho scattato una foto e ho cominciato a farla girare tra tutti quanti. L'ultima volta che hai perso qualcosa di importante? L'anno scorso. Il mio telefono!!

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ALLARME! Così le coppe muoiono Nel 1931 Frank Shields avrebbe dovuto giocare la finale di Wimbledon contro il suo più caro amico, Sydney Wood. Alla fine della semifinale vinta contro Jean Borotra però Shields, grande attaccante, bellissimo uomo nonché nonno di Brooke, futura signora Agassi, si era procurato una leggera distorsione al ginocchio. Non un infortunio gravissimo, niente di invalidante. Eppure quella finale il povero Frank non la giocò. Gli fu impedito dalla USLTA, la federazione americana: poche settimane dopo a Parigi era in programma un arroventato match di Coppa Davis fra Stati Uniti e Francia e Sam Hardy, il capitano yankee, voleva avere Shields in Tennis World


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I

l giorno prima della finale sapevo già che sarei stato il campione», ha ricordato decenni dopo Woods, «Frank voleva giocare, e avrebbe potuto farlo, ma il comitato di Coppa Davis americano non glielo consentì. A quei tempi eravamo dilettanti , e la USLTA aveva potere di vita o di morte su di noi. Credo che fu un terribile affronto lasciare Wimbledon senza una finale. Ma andò così». Sacrificare la chance di vincere a Wimbledon per giocare in Coppa Davis. Follia, vero? Immaginare oggi il ripetersi di uno scenario del genere è impossibile. Meglio: oggi la situazione si è completamente rovesciata. È la veneranda zuppiera cesellata a Boston grazie ai dollaroni di mister Davis a dover subire affronti che fino a qualche lustro fa parevano inauditi, a dover incassare rifiuti a ripetizione da campioni e campioncini assortiti. Federer la snobba da anni, limitandosi – tranne annate eccezionali – a partecipare quando si tratta di evitare una retrocessione. Murray a parole dice di amarla ma la frequenta saltuariamente, e anche due come Nadal e Djokovic, che pure l'hanno conquistata e onorata, iniziano a

A volte per restare se stessi bisogna avere il coraggio di cambiare distaccarsene. Colpa del calendario troppo fitto, dello stress imposto dai ritmi folli dello sportbusiness, dell'egoismo degli atleti di oggi, molto più attratti – e molto più liberi di farsi attrarre... – dai montepremi che dalla gloria. Il risultato, è triste ammetterlo, è che la Davis – come del resto, e in maniera ancora più grave la sua sorella Fed Cup – fatica a mantenersi all'altezza della propria fama. Per un secolo è stata, insieme alla coppa di Wimbledon, del Roland Garros e degli Us Open (un po’ meno quella degli Australian Open) il trofeo che tutti i tennisti volevano tenersi in casa. E ci fu un periodo, va detto, in cui in una casa privata ci finì davvero: nel 1907, quando Mabel Brookes, fresca sposa di Norman Brookes, The Wizard, lo stregone australiano del tennis, sistemò il “punchbowl” nel salotto a The Briars, la residenza di famiglia, per usarlo come portafiori in occasione delle cene più impegnative. Per evitare che torni malinconicamente a quel ruolo di fascinoso ma impolverato soprammobile il suggerimento che avanzano in molti è

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Courier «Ci sono troppi match, si gioca tutti gli anni»

Goran "Bisogna ridurla o giocando meno match"

di cambiare formula, o “format” come si dice oggi copiando i televisivi, di una competizione che comunque riesce ogni anno a mettere in campo 120 nazioni e mantiene, specie nelle nazioni emergenti, una grande popolarità . «Ci sono troppi match, si gioca tutti gli anni», attacca Jim Courier, che pure di mestiere fa (anche) il capitano di Davis per gli States. «I migliori faticano a infilarla nella loro programmazione, e per di più in America oggi se la vinci la gente neppure si scompone. No, il sistema è invecchiato e va cambiato. Solo l'Itf non se ne rende conto». Con toni più o meno ultimativi e rudi di quelli di Courier l'opinione che i tempi siamo ormai maturi per una rivoluzione è condivisa anche da altri campioni ed ex fuoriclasse che pure la Davis ce l'hanno del cuore, come Rafa Nadal, John McEnroe, Pat Rafter, Alex Corretja, Goran Ivanisevic. «La Coppa Davis è una grande gara, ma è tempo di cambiarla perché è troppo ingombrante», argomenta Goran. «Bisogna ridurla o giocando meno match o

rendendola biennale o triennale. Il tennis non è più quello di un tempo, la gente bada al proprio tornaconto economico, e se si tratta di privilegiare la propria carriera o onorare la Davis alla fine la scelta è scontata. Non credo che averla dotata di punti Atp conti qualcosa: i big non la giocano comunque. Per alcune nazioni cambia poco: se Nadal non c'è la Spagna può schierare altri 55 giocatori, ma per alcuni piccoli Paesi non poter contare sul proprio numero uno significa non avere più una squadra». La Spagna peraltro quest'anno si è trovata a dover fare a meno non solo di Nadal, ma anche di Verdasco e Ferrer, e ha beccato in Canada. E se Federer ancora deve sciogliere la riserva sulla partecipazione al primo turno del 2014, anche Djokovic ha fatto capire che potrebbe decidere di marcare visita, con il risultato di sgonfiare del tutto l'attesissimo match fra Serbia e Svizzera programmato a Novi Sad nel prossimo febbraio. (ndr ha poi effettivamente disertato la competizione) Aggiungeteci Del Potro in lotta con la federazione (ha già detto no, per il match con l’Italia, anche se la sua

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«Quando la competizione non la giocano i migliori, è segno che qualcosa non funziona.».

federazione sta cercando di recuperarlo), Murray alle prese con la schiena malandata: l'ipotesi di un primo round con in campo tra i big solo Tsonga, Gasquet e Berdych rischia di trasformarsi in malinconica realtà. «Penso che la Davis si possa organizzare meglio», ha fatto sapere Nadal dal Sudamerica, dove partecipando ad una “gira” di esibizioni si è messo in tasca, pare, quasi 10 milioni di dollari.

«Quando la competizione non la giocano i migliori, è segno che qualcosa non funziona. È una cosa su cui dovrebbero riflettere gli organizzatori». Già, ma che fare? Come lucidarla, questa povera argenteria? Di formule alternative ne sono state proposte tante. Si parte dai semplici ritocchi, che si risolverebbero nel ricollocare gli attuali turni in settimane più gradite ai big:

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Strutturarla come i Campionati del Mondo di calcio o di rugby: cadenza biennale, o addirittura quadriennale,

a Djokovic ad esempio non piace affatto doversi giocare sfide decisive nella settimana successiva a Slam dove è abituato ad arrivare fino in fondo al torneo, e non si è fatto pregare per dirlo. Ma si tratterebbe di maquillage che non risolverebbe certo i problemi. Una soluzione proposta è quella di trasformare i primi turni in gironi, con quattro squadre impegnate a sfidarsi in altrettanti round robin, e match al

meglio dei tre set anziché cinque, riunendo poi le quattro vincenti in una Final Four sulla falsa riga di quello che avveniva fino a qualche anno in Fed Cup. Il format che però piace di più a tennisti ed ex tennisti, da Courier ad Agassi, da McEnroe a Ivanisevic, è quello che ricalca la struttura dei Campionati del Mondo di calcio o di rugby: cadenza biennale, o addirittura quadriennale, durata di

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Murray "rendiamo la Davis un evento “mandatory”, obbligatorio, come nel caso dei Masters 1000"

due settimane, sede itinerante. «Guardate alla Coppa del Mondo di calcio», invitava a cambiare Robin Soderling un paio di anni fa, «è il più grande evento sportivo del pianeta, ma se si giocasse ogni anno non sarebbe così. A me personalmente piace la Davis come si gioca oggi, ma se si giocasse ogni due anni sono sicuro che diventerebbe molto più importante». Da competizione sanguigna e annuale, impostata

sulla feroce diseguaglianza dei match giocati con o contro il fattore campo, a grande evento patinato, capace di calamitare l'attenzione dei media per un periodo di tempo limitato, ma intensamente vissuto. Un’ipotesi suggestiva, certo, di gran lunga la più convincente, la più sostenibile. Ma non priva di controindicazioni. Per molte federazioni, comprese alcune di quelle che si affacciano al

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World Group l'introito garantito dai match casalinghi è un toccasana economico a cui sarebbe difficile rinunciare. Inoltre siamo sicuri che, con i big desiderosi di ridurre al massimo la stagione per poi riposarsi o dedicarsi a lucrose tournée d’esibizione, sia così facile ritagliarsi un periodo di due settimane nell'attuale calendario? Per questo Andy Murray ha una sua personalissima e draconiana soluzione: «Rendiamo la Davis un evento “mandatory”, obbligatorio, come nel caso dei Masters 1000. Così finirebbero le discussioni e tutti dovrebbero giocarla». Un'idea che probabilmente pochissimi suoi colleghi sono disposti a sottoscrivere ma che forse salverebbe la Coppa, e ancor di più la Fed Cup, da brucianti umiliazioni. Come a esempio quella incassata quest'anno con una finale in cui la Russia è riuscita a mandare a Cagliari una squadra la cui numero uno, Alexandra Panova, era la n.129 del ranking Atp e la n.12 del suo Paese. Dopo le croniche defezioni delle Williams, della Sharapova e di tantissime altre top-player la

cinquantenne sorellina della Davis ha dovuto sopportare una finale sfigurata, un oltraggio che al netto dei boicottaggi politici forse non si era mai visto nell'atto finale di una manifestazione di vertice. Uno scandalo che deve spingere al cambiamento di rotta, sia in campo femminile sia maschile? Per il momento non sembra. L'ostacolo più grosso al cambiamento, infatti, viene proprio dall'Itf, che di smontare un giocattolo che bene o male ha resistito a 113 anni di storia proprio non vuole saperne. «Noi facciamo del nostro meglio per ascoltare tutti e cercare di migliorare», ripete da sempre il Presidente dell'Itf Francesco Ricci Bitti, «ma non siamo disposti a derogare dai nostri principi: match di andata e ritorno, con la scelta del campo, e durata annuale. La gente parla di giocare la Davis ogni due anni, ma è una posizione ingenua. Il calendario del tennis dura un anno, quindi se lo cambi devi poi ricambiarlo ancora l'anno successivo, e abbiamo visto che difficoltà si incontrano già ogni quattro anni a inserire le Olimpiadi nella programmazione». Per quanto riguarda il formato con Final

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Four l'Itf con la Fed Cup «ha conosciuto un’esperienza molto negativa, perché se la nazione ospitante non rientra fra le quattro qualificate, o perde subito, l'interesse scema rapidamente, non solo in quel Paese ma in tutto il mondo. Quindi bisogna rifletterci con molta, molta cautela». La chiusura è meno totale verso la riduzione dell'impegno sulle singole partite. La vechia idea di Rino Tommasi di portare a 5 o a 6 i singolari, e di disputare magari due doppi in modo da avere il vero polso della temperatura tennistica di una nazione oggi sembra davvero irrealizzabile, e la prospettiva è addirittura quella di ridurre a due i singolari, e per giunta giocati al meglio dei tre set. «Non lo escluderei», dice Ricci Bitti. «Magari non per semifinali o finali, ma potrebbe succedere un giorno. Noi teniamo conto delle esigenze dei giocatori, e questa è una cosa che stiamo considerando». Insomma, come è chiaro, smontare e rimontare la Coppa, toglierla dal suo piedistallo un po' impolverato per

ricollocarla sullo sconfinato mercato dell'offerta sportiva odierna non è affatto facile. Tentare l'impresa sarebbe sicuramente doloroso, perché in fondo il fascino della zuppiera sta anche nella sua natura “fossile”, di manifestazione arcaica e poco assimilabile alle logiche odierne, sopravvissuta a se stessa. Forse però è necessario ormai scollarsi dai sentimenti per evitare di ritrovarsi domani la Davis ridotta a competizione davvero marginale, a suppellettile dimenticato. La Coppa è la Coppa, nessuno lo nega. Ma a volte per restare se stessi bisogna avere il coraggio di cambiare.

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UN BIG DEL PASSATO E' AUTOMATICAMENTE UN BUON COCH? Becker, Edberg e gli altri: motivazioni, tecnica o marketing? I sodalizi illustri Federer-Edberg e Djokovic-Becker si aggiungono al rodato tandem tra Murray e Lendl, scatenando il dibattito. Un big del passato è automaticamente un bravo coach? La nuova moda del tennis è la riscoperta del vintage. Un revival anni ’80 ha travolto il gotha del tennis internazionale, inaugurato nel 2012 dallo scozzese Andy Murray con l’ingaggio dell’ex numero uno del mondo Ivan Lendl. Anche Roger Federer e Novak Djokovic non hanno resistito al fascino del “campione d’annata” da mettere in panchina. Lo svizzero aveva già ventilato, prima dell’avvio della nuova stagione, la possibilità di una collaborazione con lo svedese Stefan Edberg (suo idolo d’infanzia e vincitore di 6 prove dello Slam). Un’eventualità che si è poi concretizzata a ridosso degli ultimi Australian Open, che hanno salutato l’arrivo di Edberg nell’entourage di Roger accanto alla futura mamma Mirka. Anche per Djoker l’ufficializzazione della partnership con Boris Becker, rivale storico di Edberg nel circuito, è giunta prima di Capodanno suscitando curiosità e perplessità. Affidarsi o meno alle cure di un ex grande campione della racchetta, questo è il tema cruciale del dibattito. Se Ivan Ledl è riuscito finalmente a sbloccare un ingranaggio complicato come quello di Murray, portando il suddito di Sua Maestà alla conquista di Tennis World


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Il pioniere del filone fu l’americano Andy Roddick nel “lontano” 2006, quando l’ormai ex giocatore yankee si affidò al supporto del mitico connazionale Jimmy Connors per risollevarsi da una pesante crisi di gioco e identità.

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ue tornei major (Us Open e Wimbledon) e del torneo olimpico 2012, l’influenza dei Becker e Edberg sul gioco di Federer

e Djokovic è ancora tutto da dimostrare. Tuttavia, mentre l’elvetico può beneficiare dei consigli di “Mister Serve&Volley” per imprimere una svolta offensiva al proprio gioco, abbreviando gli scambi e ridurre virtualmente il gap anagrafico, l’ingresso a sorpresa di Becker nel clan Djokovic appare piuttosto una contromossa di ordine motivazionale al rinnovato dominio di Rafa Nadal. Proprio il maiorchino, tra i big della top10, è stato l’unico a non aver apportato modifiche al proprio staff tecnico. Il sodalizio con il coach-zio Tony, vero e proprio portavoce di Rafa nel trasmettere gli umori del suo assistito ai media internazionali (spesso anche

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invettive), non dà segnali di cedimento. Il mentore del 14 volte campione Slam ha invece più volte sottolineato la “specialità” del nipote e l’assenza di qualsivoglia bisogno di una personalità forte che sappia dargli nuovi stimoli. Altro che John McEnroe o Mats Wilander, dunque, sul cui accostamento allo spagnolo hanno fantasticato (e auspicato) in molti tra giornalisti e tifosi, anche avversari.

Tralasciando l’aspetto psicologico, quale può essere l’impatto di un campione del passato sulla carriera di un fenomeno del presente? Il pioniere del filone fu l’americano Andy Roddick nel “lontano” 2006, quando l’ormai ex giocatore yankee si affidò al supporto del mitico connazionale Jimmy Connors per risollevarsi da una pesante crisi di gioco e identità. Con Jimbo al suo fianco, A-Rod tornò protagonista

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Impendere idque finis ut, arguerent sit aeque honestatis beateque et aut rerum conducunt, expediunt.. Eo beatus, se metuque et quod perspici titillaret et ultimum errore maxime si linguam late, atomi in probant id esse expetendas omnia commemorandis alii, qui error et parte, refugiendi sic me esse, cum fieri iniucundus futuris parentes expectant maestitiam ad epicuri vitae disseruerun. Necesse qui quidem constituam tantis.esse firmam succumbere locis opinemquem in viam voluptate eorum.. Sed voluptatem in inquit, de aut vitae, exercitus possit alias nulla, ut adamare maiorum a fieri si dici maestitiam ad epicuri. maestitiam ad epicuri vitae disseruerun. Necesse qui quidem constituam tantis.esse firmam succumbere locis opinemquem in viam.


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L’australiano classe 1945, già nell’angolo dello stesso Lendl e del compatriota Pat Rafter, fu assunto da Roger Federer nel biennio 2005-2007. All’epoca lo svizzero aveva ancora saldamente in mano lo scettro di Re del ranking mondiale, dominando in lungo e in largo nel circuito. Salvo nel tal quartiere di Bois de Boulogne a Parigi, dove un giovanissimo Nadal gettava le basi del futuro

record di otto trionfi sulla terra rossa francese. Roche rientrava evidentemente nel disegno “federeriano” di accrescere la propria competitività al Roland Garros, unico Slam mancante nella bacheca rossocrociata e unico major presente nel palmares dell’anziano allenatore. Il tanto agognato titolo sul Philippe Chatrier, però, sarebbe arrivato solo nel 2009. Il presunto automatismo

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che porterebbe un big del passato da sprigionare magie in campo a sciorinare perle di saggezza in panchina non rappresenta dunque un assioma da scienza esatta, e lo si evince anche da altri sport (vedi calcio). Il tandem Lendl-Murray ha sì mostrato i suoi frutti nelle ultime due stagioni, con Ivan il Terribile in grado di tagliare il cordone tennistico tra Andy e la carismatica mamma Judie. Per giudicare fortune e sventure degli illustri connubi dell’ultima ora, tuttavia, occorre attendere i prossimi mesi e tanti appuntamenti nel circuito. Solo allora sarà possibile trarre un bilancio, ad esempio, della famigerata “gestione Becker”: una scelta che i più hanno definito un’astuta mossa marketing per


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aggiungere il pepe delle rivalità d’antan alla dittatura dei Fab Four, alla luce dell’analoga trovata di Federer. D’altro canto, come è notorio che nel mirino di Nole ci sia soprattutto una Coppa dei Moschettieri da strappare al rivale di Monacor, è altrettanto assodato che il trofeo in questione non sia mai stato alzato da buon Boris in carriera. In un’epoca storica contraddistinta dall’omologazione delle

superfici, si standardizzano anche le assunzioni di vecchie glorie altrimenti perdute tra campi da golf o tavoli da poker. Djokovic non ha perso tempo per fornire la prima imitazione del suo nuovo mentore, divenuta rapidamente un tormentone sul web: in attesa di un responso del campo sul successo o meno di simili collaborazioni, al tennis è comunque garantita un bella fetta di pubblicità.

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ALLENAMENTO MENTALE

ALLENAMENTO MENTALE La preparazione a una gara non è soltanto fisica, ma è anche mentale. Esattamente come il corpo, anche la mente ha bisogno di esercitarsi, di allenarsi, di scaldarsi prima del match. Vi sono tanti modi per farlo ed è molto importante che ogni atleta trovi quello più adatto a sé. Tennis World


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C

’è il self-talk, di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo, c’è il

condizionamento emotivo e dunque la ricerca dello stato d’animo più funzionale alla migliore performance, vi sono tecniche di rilassamento e di attivazione. Tra le tecniche di cui si parla più spesso, anche se non sempre a proposito, c’è la visualizzazione, detta anche allenamento mentale. Per allenamento mentale in senso stretto, s’intende l’apprendimento o il miglioramento di un processo di movimento ottenuto attraverso una sua intensa rappresentazione mentale, senza che però il gesto venga fisicamente eseguito. L’allenamento mentale è particolarmente efficace quando è collegato a un precedente rilassamento. Questo perché, se ci si esercita in stato di rilassamento, si riesce a creare più facilmente una rappresentazione fedele della realtà. L’allenamento mentale avviene attraverso alcune tecniche. 1. L’allenamento subvocale, che consiste nel parlare con se stesso, ripassando come si svolge il movimento desiderato non solo con le immagini, ma anche con le parole. 2. L’allenamento percettivo

“La mente va allenata“ nascosto, che consiste nell’osservare lo svolgimento di un movimento altrui. 3. L’allenamento ideomotorio, che consiste nella rappresentazione mentale e visualizzata del proprio movimento. Tali tecniche possono intendersi come progressive e successive l’una all’altra, dunque iniziando dall’allenamento subvocale si passa all’allenamento percettivo nascosto e infine a quello ideomotorio, oppure si possono intendere come complementari. L’allenamento mentale è particolarmente complesso. Se si producono rappresentazioni non chiare o inficiate da errori, l’allenamento deve essere interrotto, altrimenti si stabilisce un’immagine sbagliata del movimento che avrà conseguenze negative nella pratica. Questa considerazione è particolarmente importante. In sostanza, l’allenamento mentale è consigliabile soltanto se si è certi della correttezza del movimento che si immagina, altrimenti diventa controproducente perché anziché aiutare il miglioramento, l’esercizio cristallizza i difetti.

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La visualizzazione dell’allenamento mentale, per essere efficace, deve avvenire alla stessa velocità con la quale il movimento o il comportamento è eseguito nella realtà. In più, il movimento va immaginato dal punto di vista di chi lo compie. Questo significa che se un tennista immagina di servire, non dovrà vedere se stesso mentre serve, dall’esterno, quanto invece immaginare di compiere lui stesso il gesto del servizio. Tutti questi aspetti rendono la visualizzazione particolarmente complessa: richiede infatti molta concentrazione, molta precisione e notevole capacità rappresentativa. E’ un allenamento faticoso, soprattutto le prime volte che lo si effettua. La sua durata dovrebbe essere limitata a due o tre minuti al giorno e andrebbe fatto tutti i giorni, scegliendo bene il dettaglio del movimento che si desidera allenare. I vantaggi dell’allenamento mentale si sono dimostrati molto consistenti nella pratica sportiva. In particolare si sono osservati i seguenti risultati: - diminuzione dei tempi di

apprendimento dell’acquisizione pratica delle tecniche; - aumento della stabilità motoria; - aumento della precisione e della velocità della performance; - diminuzione dello stress pre-gara; - correzione di tecniche apprese in modo sbagliato. L’allenamento mentale può essere anche usato con obiettivi meno tecnici ma di vera e propria preparazione emotiva alla gara. Ci sono atleti che immaginano il momento in cui scenderanno in campo, immaginano il rumore del pubblico, l’odore dell’aria, il sudore, il battito del proprio cuore. Ecco un’altra, fondamentale caratteristica di tale allenamento: la sinestesia. Più ci si immagina una situazione nei dettagli, e dunque si immagina con tutti e cinque i sensi, più efficace sarà la visualizzazione. Non tutti hanno la stessa capacità di immaginare. Ad alcuni la visualizzazione viene naturale, ad altri no. Per alcuni è più funzionale, per altri meno. Di sicuro trattandosi di una tecnica, anzi di una serie di tecniche, per dare risultati apprezzabili va allenata

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Il movimento va immaginato dal punto di vista di chi lo compie

costantemente. Seguo un giovane tennista, classifica 2.5, che con la visualizzazione aveva iniziato ad allenarsi già da bambino. Lo faceva inconsapevolmente, istintivamente. La sera prima delle partite, prima di addormentarsi, le immaginava e questo lo aiutava a giocare meglio il giorno dopo. Poi, per diversi anni, non lo ha più fatto. Quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, il giovane atleta aveva un

problema legato proprio all’inizio del match. Entrava in campo come sorpreso, impreparato, mentalmente freddo. Di conseguenza, molto spesso, iniziava la partita perdendo i primi due o tre game e tutto diventava più difficile. Quando gli ho parlato della visualizzazione, in qualche modo sapeva già cosa fosse, l’aveva già provata anche se diversi anni prima. Insieme l’abbiamo resa più precisa, ordinata,

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"Perché quando la partita inizia, lui la sta già giocando da un po’."

completa. Abbiamo aggiunto la fase di rilassamento, la consapevolezza del processo da seguire e della continuità che esiste tra quello che immagina e la partita da giocare. La sua capacità di produrre immagini mentali efficaci era già molto buona perché, sia pure da bambino, l’aveva allenata e dunque aveva una buona dimestichezza con le rappresentazioni della mente.

Oggi, la sera prima dei match, ha ripreso a immaginare momenti specifici della gara, il suo ingresso in campo, le sue sensazioni. Non visualizza un gesto tecnico, ma un momento particolare della gara. Questo lo aiuta ad arrivare al match già pronto, mentalmente caldo, preparato. I primi game hanno smesso di essere un problema per lui e lo sono diventati per il suo avversario.

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LA MENTE TECNICA “Completamente assorta in quello che fa, la mente diventa più elastica, libera da ogni legame materiale, per ricevere e tradurre in movimento qualsiasi esperienza collegata a ritmo e tempo.” Lilly Raffa Madre Natura, Padre Coraggio e “la teoria della mente sensibile” E’ vero che oggi la genetica gioca un ruolo fondamentale in quasi ogni sport, visto che tutti gli sport sono diventati sempre più incentrati sulla potenza fisica, tennis incluso. Come risultato, quello che posseggono le abilità innate di un atleta sono più capaci ad affrontare lo stress e gli sforzi di essere uno sportivo professionista. Queste persone sono anche in grado di adattarsi a diversi contesti differenti, specialmente quelli legati alla competizione. Queste sono le abilità di base, o abilità, che nel caso dello sport possono e devono essere aumentate e rinforzate attraverso l’allenamento. E’ comunque vero, che anche quando questo tipo di capacità fisiche sono presenti, altre abilità – di natura cognitiva ed emotiva – sono necessarie per far uscire in maniera efficace talenti fisici. Possiamo dire che Madre Natura ha sempre bisogno di “Padre Coraggio” per prosperare. Lasciatemi spiegare questo attraverso una metafora: una macchina può essere importante, ma anche il guidatore. Una macchina bellissima con un Tennis World


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Nel tennis, per esempio, si può avere un buon approccio tecnico, combinato a una buona preparazione fisica, ma è sempre la mente che mette sempre tutto insieme e porta a giocare al momento giusto

N

buon motore è potente, ma così anche una macchina normale che è stata migliorata e modificata bene. Entrambe

Impendere idque finis ut, arguerent sit aeque honestatis beateque et aut rerum conducunt, expediunt.. Eo beatus, se metuque et quod perspici titillaret et ultimum errore maxime si linguam late, atomi in probant id esse expetendas omnia commemorandis alii, qui error et parte, refugiendi sic me esse, cum fieri iniucundus futuris parentes expectant se ad Lorem ipsum dolor sit amet. Impendere idque finis ut, arguerent sit aeque honestatis beateque et aut rerum conducunt, expediunt.. Eo beatus, se metuque et quod perspici titillaret et ultimum errore maxime si linguam late, atomi in probant id esse expetendas omnia commemorandis alii, qui error et parte, refugiendi sic me esse, cum fieri iniucundus futuris. Tennis World


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Questi elementi sono lo spazio, il tempo le percezioni profonde delle sue azioni. Paradossalmente, quasi perde la concezione del tempo e si ritrova in una dimensione personale in cui il tempo non esiste. È completamente immerso in quello che fa ed è assordo dal gusto e dal piacere per quello che sta facendo. Questa condizione può essere associata ad ogni individuo che a una vera passione per qualcosa,

che è fortemente motivato e completamente immerso nel presente. Di solito, esiste una “tecnica” specifica per tutto nella vita. Questa tecnica spesso è più di un metodo: una collezione di procedure applicate che ci permette di portare a termine i compiti richiesti. Ma, come dice il detto: “più facile a dirsi che a farsi!”. Da qualche parte tra il dire e il fare c’è la mente.

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Un giorno durante una lezione, un principiante adulto con un’attitudine fisico-atletica limitata ma con grande forza di volontà e capacità mentali superiori, mi ha spinto a sviluppare una teoria che chiamo “La mente sensibile”. In accordo con questa teoria, la mente trascende la sua rigida struttura, diventa più elastica e si prepara a ricevere l’esperienza dei sensi. Così facendo, la incanala e la ri-arrangia in una struttura più ampia, più duttile e adattabile nel tempo a esperienze simili o diverse, con cui adotterà tecnicamente lo stesso modus operandi. Il principio si traduce in pratica attraverso l’intenzione di avere una relazione “ragionevole” (piuttosto che “ragionata”)


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con il movimento e quindi con il corpo di qualcuno. Questa relazione è più libera e meno forzata del normale. Questo da flessibilità alla mente di qualcuno che ha il compito difficile di gestire il movimento del corpo, la palla e l’avversario in un contesto che regole rigide e predefinite. Questo da una struttura di apprendimento a un individuo come quello menzionato sopra.

Detto questo, l’allenatore di tennis dovrebbe essere un po’ filosofo? Credo che tutti quelli che sanno come fare il loro lavoro e lo fanno con passione hanno un legame forte ed intenso con la propria materia, ed è completamente immerso in essa. Conseguentemente, filosofeggiare (nel senso di pensare a un problema, cercando di trovare soluzioni) dovrebbe essere spontaneo.

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ALIMENTAZIONE VEGETARIANA

ALIMENTAZIONE VEGETARIANA & TENNIS Vegetariano deriva dal latino vegetus, che vuol dire sano, forte, vigoroso. Vegetarismo è quell’insieme di comportamenti (alimentari e non) che permettono all’uomo di raggiungere lo stato di “vegetus”, cioè diventare, appunto, “sano e vigoroso”.

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ALIMENTAZIONE VEGETARIANA

U

n numero sempre maggiore di Atleti adottano la dieta vegetariana per

L'essere umano preistorico era vegetariano

motivi ecologici, economici, religiosi, salutistici ed etici. Le diete vegetariane possono soddisfare agevolmente le esigenze nutrizionali di Atleti di ogni tipo, posto che contengano una certa varietà di alimenti vegetali. L’essere umano preistorico per lunghissimo tempo ha vissuto nutrendosi con la frutta che trovava, in armonia con le sue caratteristiche di animale fruttariano, comprovate dalla sua anatomia, fisiologia ed istinti. Per effetto dei cambiamenti geologici e meteorologici (glaciazioni, siccità..) l’uomo perse il suo habitat originario (il suo “paradiso terrestre”). Non trovando più frutta, per sopravvivere, divenne cacciatore, anche con l’aiuto del fuoco, iniziò a nutrirsi, oltre che di semi e di graminacee, anche di carne. Le conseguenze sulla salute e sulla durata della vita furono immediate, secondo illustri paleo-antropologi meno della metà sopravvivevano oltre i 20 anni. Ovviamente è importante rendersi conto che mentre un frutto è un cibo “vivo”(la sua maturazione ad esempio continua anche dopo che è stato staccato dall’albero), la carne

ricavata da un cadavere è sede ormai solo di processi degenerativi (decomposizione e putrefazione). Diete ad elevato contenuto di Carboidrati contribuiscono a rendere ottimali le scorte di glicogeno nel muscolo e nel fegato ed hanno dimostrato di ottimizzare la performance atletica durante l'esercizio prolungato e di moderata intensità (ad es. ciclismo e corsa su distanza e durante esercizi intermittenti, di breve durata e di elevata intensità). Studi recenti hanno anche suggerito l'ipotesi che il beneficio di un alto consumo di Carboidrati non sia confinato al mero mantenimento delle scorte tissutali di Glicogeno, ma sarebbe anche correlato con il mantenimento delle fasi intermedie del ciclo di Krebs e con la preservazione dello stato bioenergetico del muscolo in attività (fattori correlati anche con la fatica muscolare). Le linee guida nutrizionali per gli sportivi raccomandano che il 60-65% dell'energia totale debba provenire dai Carboidrati. I carboidrati costituiscono il carburante di eccellenza, utilizzato dal tessuto muscolare durante l'esercizio

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fisico intenso e prolungato. In assenza di un adeguato apporto calorico fornito dai carboidrati complessi, l'organismo è costretto a utilizzare i grassi di deposito e le proteine tissutali. La durata dell'esercizio fisico, la sua intensità, il livello di allenamento e la quantità iniziale di carboidrati immagazzinati nel muscolo sotto forma di glicogeno, determinano il fabbisogno energetico dell'organismo dell'Atleta. Nella dieta dell'Atleta, i carboidrati complessi devono costituire la maggior componente, in quanto le proteine sono necessarie esclusivamente per il rinnovo e l'accrescimento del tessuto muscolare. Cereali integrali, frutta, verdura, costituiscono fonti eccellenti di carboidrati e proteine: quindi un'alimentazione basata su una varietà di cereali, legumi e verdura, è facilmente in grado di fornire il substrato energetico e tutti gli aminoacidi essenziali richiesti dall'organismo dell'Atleta. In particolare la dieta vegana (che

esclude ogni componente di origine animale) è la scelta migliore, perché consente di ottenere il giusto apporto proteico senza lo svantaggio di introdurre grassi animali. Le Proteine, composte da catene di molecole denominate aminoacidi, giocano un ruolo importante nella costituzione, mantenimento dell'integrità e riparazione di tutti i tessuti dell'organismo, muscolo incluso. Nel cibo che assumiamo sono contenuti venti differenti aminoacidi, ma il nostro organismo è in grado di sintetizzarne solamente undici. I nove aminoacidi essenziali, che non possono venire sintetizzati dall'organismo, devono essere ottenuti dalla dieta. Una dieta basata su una varietà di cereali, legumi e verdure è facilmente in grado di fornire tutti gli aminoacidi essenziali richiesti dal nostro organismo. Si reputava, un tempo, che i vari cibi vegetali dovessero venire assunti simultaneamente per sfruttare appieno il loro valore nutrizionale proteico, un metodo denominato "combinazione" o "complementazione proteica". Ora sappiamo che una combinazione

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Le proteine dovrebbero provenire da fonti vegetali (piuttosto che da carne, latticini ed uova) o da cibi molto ricchi di fibre e di carboidrati complessi

pianificata non è in verità necessaria per ottenere tutti gli aminoacidi essenziali. Altre fonti concentrate di proteine sono costituite da tofu, soia, tempeh, seitan. Gli Atleti vegetariani possono raggiungere facilmente un adeguato apporto proteico a patto che la loro dieta sia adeguata in apporto energetico e costituita da una certa varietà di cibi contenenti proteine vegetali, come legumi, cereali, noci e semi.

E' importante ricordare sempre che anche se una parte di proteine può venire catabolizzata in aminoacidi per fornire energia durante lo sforzo fisico, il ruolo primario delle proteine è quello di struttura e di supporto. Anche se il fabbisogno proteico è aumentato nelle diete degli atleti, dovrebbe venire consumata una quantità di proteine comunque adeguata e non eccessiva (10-15% delle calorie o quanto basti per soddisfare le richieste individuali).

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ALIMENTAZIONE VEGETARIANA

Le proteine dovrebbero provenire da fonti vegetali (piuttosto che da carne, latticini ed uova) o da cibi molto ricchi di fibre e di carboidrati complessi. Va enfatizzata l'importanza di una dieta ad alto contenuto di carboidrati per preservare le proteine per le funzioni per le quali sono state deputate, ovvero la costituzione e riparazione dei tessuti dell'organismo, muscolo incluso. I Grassi dovrebbero completare il fabbisogno energetico rimanente una volta soddisfatto quello di Carboidrati e Proteine. Un apporto più elevato in Grassi (in particolar modo Grassi mono e polinsaturi) può essere realmente benefico. L'aggiunta di più cibi Grassi come noci e semi, burro di noci, tahini, avocado, olive, olio di oliva, olio di sesamo, ecc., può facilitare l'atleta vegetariano negli allenamenti intensi a soddisfare il fabbisogno energetico e nutrizionale, assicurando contemporaneamente che non vengano compromessi i Trigliceridi intramuscolari. Diete cronicamente troppo povere in Grassi (meno del 15%) non sono le migliori da praticare durante allenamenti

intensi. ESEMPIO DI DIETA - Cereali integrali: scegliere pane di farine integrali, cereali, riso, pasta. Questi cibi sono ricchi in carboidrati complessi, fibre, zinco, e vitamine del gruppo B. Una singola porzione fornisce inoltre circa 2-3 grammi di proteine. - Verdure: scegliere una varietà di verdure di colore intenso rosso, arancio o giallo in aggiunta alle verdure a foglia verde, per ottenere vitamina C, betacarotene, ed altri antiossidanti che saranno in grado di proteggere l'organismo dallo stress ossidativo secondario all'esercizio fisico. Questo genere di alimenti fornisce inoltre ferro, calcio, fibre e la modesta quantità di 2 grammi di proteine per porzione. - Legumi: scegliere una varietà di legumi (pisellini, fagioli neri, fagioli, fagioli grandi del nord, ceci, ecc.), latte di soia, tofu, tempeh, e proteine vegetali ristrutturate. Questi cibi non solo sono ricchi in proteine (circa 7-10 grammi per porzione), ma sono ricchi di carboidrati complessi, fibre, ferro, calcio e vitamine del gruppo B. - Frutta: scegliere vari tipi di frutta (di

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stagione) e succhi di frutta in modo da ottenere altre vitamine, specialmente vitamina C. Ottima anche cotta. Il numero di strutture proteiche è praticamente illimitato, per esempio nel corpo umano sono presenti non meno di 10.000 proteine differenti. Sono stati individuati otto gruppi di proteine “semplici” e quattro gruppi di proteine “coniugate”, fra queste, le nucleoproteine con il loro chimismo, offrono una delle tante prove che l’uomo non è un animale adatto per natura a nutrirsi con proteine animali. Nelle proteine vegetali le basi azotate sono prevalentemente del gruppo pirimidinico; il loro metabolismo, basato su processi ossidativi, dà come prodotto finale l’urea, eliminata normalmente dall’uomo con l’urina. Nelle proteine animali, invece, prevalgono le basi azotate del gruppo purinico; danno come prodotto finale, acido urico. Nei carnivori tale acido viene trasformato mediante un particolare enzima di cui sono provvisti ( detto “uricasi”). Nell’uomo (che non possiede questo enzima), l’acido urico che proviene

Impendere idque finis ut, arguerent sit aeque honestatis beateque et aut rerum conducunt, expediunt.. Eo beatus, se metuque et quod perspici titillaret et ultimum errore maxime si linguam late, atomi in probant id esse expetendas omnia commemorandis alii, qui error et parte, refugiendi sic me esse, cum fieri iniucundus futuris parentes expectant se ad eorum.. Sed voluptatem in inquit, de aut vitae, exercitus possit alias nulla, ut adamare maiorum a fieri si dici atomi in probant id esse expetendas omnia commemorandis alii, qui error et parte, refugiendi sic me esse, cum fieri iniucundus futuris parentes expectant se ad eorum.. Sed voluptatem in inquit, de aut vitae, exercitus possit alias nulla, ut. Impendere idque finis ut, arguerent sit aeque honestatis beateque et aut rerum conducunt, expediunt.. Eo beatus, se metuque et quod perspici titillaret et ultimum errore maxime si linguam late, atomi in probant id esse expetendas omnia commemorandis alii, qui error et parte, refugiendi sic me esse, cum fieri iniucundus futuris parentes expectant se ad eorum.. Sed voluptatem in inquit, de aut vitae, exercitus possit alias nulla, ut adamare maiorum a fieri si dici.

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ALIMENTAZIONE VEGETARIANA

I Vegetariani, pur avendo eliminato dalla loro dieta ogni alimento di origine animale, presentano uno sviluppo fisico-psichico e un tono muscolare del tutto normali

ecc., si nutrono solo di vegetali, dalle cui proteine ricavano, evidentemente, tutti gli aminoacidi necessari alla costruzione delle loro proteine specifiche. I Vegetariani o meglio Vegani, pur avendo eliminato dalla loro dieta ogni alimento di origine animale, presentano uno sviluppo fisicopsichico e un tono muscolare del tutto normali dimostrando così che l’uomo può sintetizzare anche gli aminoacidi

essenziali o ricavarli da alimenti vegetali, le cui proteine li contengono; così come fanno gli erbivori che sviluppano potenti muscolature senza nutrirsi di proteine animali. ALCUNI ATLETI VEGETARIANI o VEGANI Carl Lewis, salto in lungo e velocità. Ha vinto moltissime medaglie d’oro e argento, ai vertici dello sprint e del

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salto in lungo per 15 anni, quattro titoli olimpici nella stessa edizione dei giochi. Carl Lewis è vegano dal 1991. Robert Sweetgal, marcia. Ha attraversato 7 volte gli Stati Uniti a piedi, ha stabilito il record mondiale di marcia con 17.071 Km percorsi in 279 giorni (9 mesi e 6 giorni). Marco Olmo, ultramaratona. Marco è considerato una Leggenda. Protagonista principe delle ultramaratone che vanno oltre i 100 km, con tappe di più giorni, in tutto il mondo, nei deserti, saltando tra le rocce dei fiumi, salendo e scendendo alture fra temperature gelide e torride, di giorno e di notte. Ha vinto la 5° edizione della corsa attorno al Monte Bianco, vinto la Chaberton Marathon, Desert Cup, Desert Marathon, Ultratrail Tour du Mont Blanc, la Gran Raid Du Cro-Magnon, Verdon Trail, Oman Raid. Definito l’uomo che ha fermato il tempo, è vegetariano, quasi vegano, da 20 anni. Billie Jean King, tennista. 6 titoli a Wimbledon nel singolo e 10 titoli a nel doppio; 4 titoli, sempre a Wimbledon nel misto; 4 titoli US Open; 5 titoli US Open nel doppio; 1 titolo agli Open di

Australia; 1 titolo agli Open di Francia. Scelta come migliore atleta donna del mondo nel 1967; nel 1972 viene nominata “Personaggio sportivo dell’anno” (prima donna a ricevere questo riconoscimento), nel 1973 eletta migliore atleta del mondo, ha stabilito un record: 20 titoli conquistati a Wimbledon. Martina Navratilova, tennista. N°1 del mondo nel 1978/79/80/82/83/84/85/86/87; vincitrice degli Australian Open nel 1981/83/85; Wimbledon nel 1978/79/82/83/84/85/86/87/90; Roland Garros nel 1982/84; US Open nel 1983/84/86/87; nel 2003 doppio misto Melbourne. A 46 anni e tre mesi stabilisce il record come il più anziano giocatore in una prova del Grande Slam, l’unico atleta ad aver vinto su tutte le superfici (Wimbledon, Roland Garros, Flushing Meadows e Melbourne). Boris Becker, tennista. Ha giocato 927 match vincendone 713, 49 tornei 6 dei quali del Grande Slam, soprannominato “Boom Boom Becker” per la velocità del servizio.

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IL SONNO DELLO SPIRITO

IL SONNO DELLO SPIRITO DELLO SPIRITO

“ La sofferenza è forse l’unico mezzo valido per rompere il sonno dello spirito “ Saul Bellow, Il re della pioggia 1984

I

o mi sento un marziano. Tutti i santi giorni, quando sono in campo con i miei allievi, provo sempre la stessa sensazione di essere appena sbarcato da un altro pianeta … E so benissimo perché la provo … E’ tutta “colpa” di mio padre e dell’educazione durissima che mi ha impartito da bambino all’insegna del: tutto quello che non ti uccide ti fortifica. Ricordo, ad esempio, che quando mi ammalavo non voleva mai darmi alcun medicinale per far sì che il mio corpo Tennis World


IL SONNO DELLO SPIRITO

Inutile dirvi che quando ero allenato potevo stare in campo per un giorno intero

creasse da solo le proprie difese immunitarie. Una volta presi una fortissima influenza e il dottore lo aveva caldamente consigliato di darmi subito gli antibiotici, ma lui niente, non voleva darmeli assolutamente e si mise seduto accanto al mio letto con il termometro in mano, misurandomi la febbre ogni mezz’ora. Mi ricordo che la temperatura saliva, saliva … e quando superò i 40 gradi e io cominciai a vaneggiare, solo allora si decise a somministrarmeli … inutile dirvi che ora i microbi quando mi vedono cambiano strada. Un pomeriggio, avevo circa 12 anni,

entrò in campo dicendo: “oggi facciamo solo servizio!“ , “ meno male oggi non c’è il solito allenamento massacrante“ pensai io tra me stesso, sbagliando alla grande. Mio padre sistemò tre barattoli di palle per ogni rettangolo di battuta e mi costrinse a stare in campo fino a notte fonda finché non li abbattei tutti rigorosamente solo al volo … inutile dirvi che il servizio ora mi telefona ogni sera per augurarmi la buona notte. Per molto tempo mi ha fatto svegliare alle 6 di mattina per andare a correre prima di andare a scuola … inutile dirvi che quando ero allenato potevo stare in campo per un giorno intero. Per non parlare del mio

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IL SONNO DELLO SPIRITO

DEDICATO A MIO PADRE comportamento in campo che doveva sempre essere irreprensibile e rispettoso dei miei avversari. Se mai mi fossi permesso di lanciare per terra la racchetta o di provare a rubare un punto al mio avversario sarebbe stato meglio che mi fossi nascosto per un anno sull’Aspromonte … inutile dirvi che in tutti i tornei il giudice arbitro mi faceva sempre i complimenti per il mio comportamento in campo.

custode e contadino del mio corpo e della mia anima Certo, penserete voi, che gioventù triste e sfortunata senza mai un po’ di alcol, di droga e di trasgressione … e anch’io lo pensavo quando ero un ragazzo. Ma ora che sono un uomo maturo e che mio padre non c’è più, ho capito che mi ha amato tantissimo e ha fatto per me quello che ogni padre dovrebbe fare per i propri figli: renderli il prima possibile e il più possibile forti, seri ed autonomi, in grado di cavarsela nella vita senza di lui. Mi ha fatto conoscere il valore del sacrificio quotidiano, somministrandomi delle dosi di sofferenza controllate che hanno tenuto ben sveglio il mio animo, tenendolo assolutamente lontano da quel sonno dello spirito in cui, purtroppo, sono immersi la maggior parte dei miei allievi e che gli impedisce e gli impedirà, al di là di qualsiasi impugnatura, di diventare mai dei veri campioni nella vita e nello sport. Dedicato a mio padre Mario, custode e contadino del mio corpo e della mia anima, che continua a vivere dentro di me …

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TITRE DE LA RUBRIQUE

20 REGOLE D'ORO PER UNA GRANDE PRESTAZIONE Allistair McCaw è un insegnante di fitness di prim’ordine, specialista di prestazioni sportive, ha contribuito al libro “ Tennis Mental Game Secrets”, nel 2013 ha corso 12 maratone in 12 mesi in diverse città del mondo, relatore alla prestigiosa Australian Tennis Coaches Conference appena prima gli Australian Open, ha creato una formula eccezionale di allenamento chiamata Metodo McCaw

Parole di saggezza: 1. Non limitare le sfide, sfida i tuoi limiti. 2. La cosa migliore del passato è che ti mostra cosa non portare nel tuo futuro. 3. Una chiave importante per il successo è la fiducia in sé stessi. Una chiave importante per la fiducia in sé stessi è la preparazione. 4. Gli atleti che hanno successo sono quelli che ascoltano e assimilano quello che insegnano i loro allenatori. Desiderano imparare. 5. Non abbassare mai i tuoi standard perché offende qualcuno, anzi continua ad alzarli. Non lasciare che niente e nessuno ti trattenga dal raggiungere i tuoi obiettivi. 6. Per essere un vincitore, bisogna pianificare la vittoria, prepararsi a vincere e aspettarsi di vincere. 7. Non possiamo sempre controllare quello che ci succede nella vita, ma possiamo controllare il nostro atteggiamento verso di essa. 8. Il progresso è fatto di passi avanti, a volte grandi, a volte piccoli. La chiave è continuare a farli! 9. La disciplina non è una punizione. Disciplina è fare quello che ha bisogno Tennis World


20 REGOLE D'ORO

di essere fatto, nel momento giusto, al meglio delle tue possibilità. 10. Se ti sfida, se ti fa paura, se ti spinge fuori dalla tua zona di sicurezza... fallo. 11. La disciplina è semplicemente scegliere tra quello che vuoi più di tutto e quello che vuoi ora. 12. Un brutto momento non rende una giornata “brutta”! 13. Un uomo creativo è motivato dal desiderio di

ottenere risultati, non dal desiderio di battere gli altri. 14. Oggi sei dove ti hanno portato i tuoi pensieri. Domani sarai dove ti porteranno i tuoi pensieri. Pensa a dove vorresti essere. 15. Se passi del tempo con persone che hanno successo avrai più successo, prenderai i loro tratti. Anche l’opposto è vero. 16. Vinci perché sei sicuro, sei sicuro perché vinci. In altre parole – il successo motiva. 17. Un atleta di successo non passa il suo tempo paragonando sé stesso o il suo livello attuale a quello delle prestazioni più grandi di sempre.

18. Fare grandi cambiamenti nella tua vita può spaventare. Ma sai cosa spaventa ancora di più? Il rimorso. 19. Stai cercando il segreto del successo di un atleta? Smettila di cercare, non ci sono segreti. Semplice... Mettiti a lavoro. Sii puntuale. Sii costante. Impegnati ogni giorno. Fai il riscaldamento. Dai il tuo meglio. Poniti obiettivi. Fai un piano. Prenditi cura della tua nutrizione. Impara da ogni allenamento e partita. Fai un riposino a metà giornata. Pensa positivo. Impara dai fallimenti. Fai allungamento. Riposati bene. Preparati. Lavora più sodo. Questo ti darà possibilità per il successo. 20. Cos’è la sconfitta? Nulla, se non un’occasione di migliorare.

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INFORTUNI ALLA SPALLA PER I TENNISTI

INFORTUNI ALLA SPALLA PER I TENNISTI La maggior parte dei tennisti a qualche punto della loro carriera soffre di dolori o infortuni alla spalla, perché questo è l’infortunio degli arti superiori da sollecitazione eccessiva piú comune nei tennisti. La battaglia con gli infortuni alla spalla di una tennista famosa come Maria Sharapova ha generato un sacco di attenzione a questo tipo di problema Tennis World


INFORTUNI ALLA SPALLA PER I TENNISTI

I

l dolore alla spalla è causato quasi esclusivamente dall’azione

Non c’è ancora certezza sulla causa degli infortuni alla spalla nei tennisti

del servizio nel tennis. Il servizio è il colpo piú importante nel tennis, non solo perché procura tanti punti, ma anche perché costituisce il 45% di tutti i colpi giocati in un torneo. Gli infortuni alla spalla affliggono anche giocatori di sport con azione di lancio sopra la testa, come il baseball, la palla a mano, il giavellotto ed il cricket. Nonostante gran parte della ricerca nella medicina dello sport si sia concentrata sulla spalla, non c’è ancora certezza completa sulla causa degli infortuni alla spalla nei tennisti. Al torneo Sud Africano interprovinciale senior del 2007 abbiamo fatto uno studio su 76 giocatori di cui 20 avevano una storia di dolori alla spalla causati dal tennis. Quando abbiamo analizzato la velocità del servizio, la posizione dell’impugnatura, il livello di gioco, il numero di anni e la differenza nel range di movimento di questi giocatori, non siamo stati in grado di isolare nessun fattore specifico che potesse aver causato gli infortuni alla spalla. I nostri studi hanno confermato che c’è una differenza nel range di movimento nella spalla dominante dei

tennisti studiati, fatto confermato anche da studi fatti in America su tennisti e giocatori di baseball. Gli infortuni alla spalla nei tennisti sono infortuni da sollecitazione eccessiva causati dall’azione del servizio e dovrebbero essere prevenibili. Una capsula articolare posteriore rigida combinata ad un disequilibrio relativo dei muscoli della cuffia dei rotatori è la causa degli infortuni alla spalla nei tennisti. È importante che i tennisti abbiano la tecnica giusta e che tengano presente la catena cinetica che risulta in un servizio vincente. Ci sono alcuni tennisti professionisti che usano azioni di servizio abbreviate e riescono a generare un sacco di velocità nel servizio, ma sono poi gli stessi ad avere i problemi alla spalla piú frequenti. Giovani giocatori ed allenatori devono cercare di evitare scorciatoie nell’azione del servizio e di prestare attenzione agli esercizi del nucleo. Ci sono poi altre cause per il dolore alla spalla, come fratture da stress nei tennisti piú giovani e osteo-artrite, artrite infiammatoria e spalla congelata nei

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INFORTUNI ALLA SPALLA PER I TENNISTI

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetuer adipisci elit ? tennisti piú vecchi. Quando un tennista comincia ad accusare sintomi alla spalla durante il servizio, si raccomandano i seguenti cambiamenti nella tecnica e nella preparazione atletica: - Posizione di lancio della palla piú a destra per giocatori che giocano con la destra, - Attenzione al ritmo del servizio, ai tempi e all’azione delle gambe, - Cambiare l’impugnatura della racchetta al numero 2 o 1 - Comnciare un programma di stretching della capsula posteriore - Programma di potenziamento della cuffia dei rotatori. Lo stretching deve essere focalizzato sulla capsula articolare sul retro della spalla, e non sulla parte anteriore della spalla. La fisioterapia, il ghiaccio e degli antiinfiammatori non-steroidali possono essere d’aiuto nel caso di infortuni in fase acuta. Se il dolore non diminuisce con un programma di stretching e potenziamento con l’aiuto di un fisioterapista o kinesiologo, ci

potrebbero essere altre cause alla base del dolore alla spalla, nel qual caso si raccomanda un’analisi approfondita con radiografie. Le radiografie e gli ultrasuoni diagnostici possono escludere altre patologie come lesioni borsali sub acromiali, o tendinite acromiale e del bicipite. Qualora queste analisi specifiche non portino a nessuna conclusione, occorre fare l’analisi in risonanza magnetica per escludere una patologia all’interno dell’articolazione della spalla. La chirurgia in artroscopia puó rendersi necessaria per risolvere gli infortuni alla spalla nei tennisti, ma la maggior parte dei casi sono risolvibili con l’aiuto di un buon allenatore, un fisioterapista ed un kinesiologo

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TPRA TENNIS SUPER SLAM SERIES Con il Super Slam Australian che si è giocato nel week-end del 25-26 gennaio sul veloce indoor del Centro Sportivo Mongodi di Cividino (Bg), è ufficialmente partito il TPRA TENNIS SUPER SLAM SERIES, la grande novità 2014 proposta ai propri iscritti dal circuito amatoriale più famoso al mondo.

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uattro tappe, in coincidenza delle finali dei grandi tornei dei

professionisti, ovvero Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e Us Open. Al di là della collocazione temporale, viene rispettato anche lo stesso terreno di gioco, con il plus di giocare quindi un torneo ufficiale sull’erba vera. Prima volta in assoluto nella storia di TPRA. Un’idea originale venuta al direttivo di Tpra Tennis, che dopo aver gettato le basi lo scorso anno con una tappa sperimentale di Super Slam amatori, per il 2014 sull’onda del successo dell’evento, ha deciso in collaborazione con tutti i manager di dare vita al Tpra Tennis Super Slam Series. Potenzialmente aperti a tutti i tesserati – chiunque può infatti iscriversi – i Super Slam vedono sfidarsi i migliori giocatori del Ranking Tpra, arrivati a Cividino per il primo appuntamento da svariate zone d'Italia portando TPRA ad essere il nucleo di un tennis amatoriale sempre più in evoluzione. Per rendere ancora più appetibile l’evento, in palio oltre al prestigio, c’è un punteggio maggiorato, molto importante per tutti i giocatori in gara

“Lorem ipsum dolor sit, consectetuer“ verso la qualificazione a BARCELLONA 2014, teatro del titolo mondiale AWT BANCA GENERALI 2014. Quattro le categorie in programma: oltre all’OPEN maschile e femminile, possono ambire al titolo di Super Slam anche i giocatori con power MAX 65 e MAX 45. Questo significa che ad ogni appuntamento vengono riuniti circa 200 giocatori, come è successo nella prima tappa di Cividino, con il risultato che oltre all’agonismo, ci si diverte pure. E’ questo che spinge un giocatore a farsi in auto 900 km in due giorni per una partita di tennis pur di esserci. “C’è la voglia di respirare l’atmosfera di Tpra…di essere “uno” di voi” in questo messaggio postato sul sito ufficiale www.tpratennis.it si riassume bene cosa è diventato questo circuito amatoriale per chi ne fa parte. Ci si diverte insomma, ma ci si tiene anche a fare risultato. Ed allora giusto celebrare degnamente i vincitori del primo Super Slam Australian di Cividino. Tra gli uomini, nella categoria OPEN, il migliore è un nome noto, Andrea

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Berardi, ovvero il Campione del Mondo di Tpra, nonché vincitore del Trofeo Royal Master Zona 2. In finale si è imposto (6/3) su un acciaccato Graziano Roversi. Per chi volesse godersi un po’ di spettacolo ecco il video della finale, perché grazie a TPRA TV, le partite giocate sui campi centrali sono state trasmesse in streaming. Un altro valore aggiunto di questo circuito, che fa sempre di più vivere ad un amatore le emozioni di un giocatore professionista. Spettacolo anche in campo femminile, dove a trionfare è stata Sonia Di Stefano, che ha battuto (6/4) in finale Alessandra Perna. Un successo significativo per la Di Stefano, che torna a vincere dopo un periodo di infortuni e lo fa proprio in un torneo importante come il Super Slam. Completano il quadro dei vincitori Paolo Agnelli che ha battuto Galli (6/2) nella finale riservata alla categoria Max 65 e Gianluca Biagi che per la categoria Max 45 si è imposto (6/3) in finale sul concittadino Ceruti. Berardi di Bergamo, Di Stefano di Milano, Agnelli di Cremona, Biagi di Brescia.

Quattro vincitori di quattro province diverse. Perché per giocare il Super Slam sono arrivati da tutta Italia ed è questo uno degli obiettivi degli organizzatori, come sottolinea la Direzione: “Arrivare a riunire sempre più iscritti provenienti da differenti città, perché è questo lo scopo di TPRA. Aggregazione, per sentirci sempre più uniti. Varietà, per affrontare avversari fino a quel momento sconosciuti, mettersi alla prova e non annoiarsi mai”. L’appuntamento con il prossimo torneo Super Slam di TPRA è fissato per il week-end dell’8 giugno, quando oltre 250 fighters (questo è il numero stimato) arriveranno da tutta Italia per partecipare all'evento sulla terra rossa e quindi contendersi il titolo del SUPER SLAM Roland Garros. Anche in questa occasione tutti i match sul centrale, potranno essere seguiti in diretta streaming sul canale TPRA TV. Grande novità della tappa di giugno sarà l’introduzione dei tornei di doppio e la presentazione della classifica di doppio.

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