Andy Murray, prossimo numero 1? by Marco Di Nardo
sogni del numero 1 al mondo. Ad approfittarne, e questa non è certo una sorpresa, è stato Andy Murray, che ha conquistato il suo secondo titolo ai Championships dopo quello del 2013, il terzo se si considera anche il titolo Olimpico vinto proprio a Wimbledon nel 2012. Lo scozzese è il giocatore più in forma del momento, oltre ad essere stato il più regolare in questa prima metà del 2016. Escludendo i risultati negativi dei Masters 1000 sul cemento nordamericano (sconfitto al terzo turno sia a Indian Wells che a Miami), Murray ha sempre raggiunto almeno le semifinali in tutti i tornei disputati. Lo score complessivo del tennista britannico è di 40 vittorie e 6 sconfitte. Djokovic, invece, pur avendo perso appena 4 partite in stagione, si è fermato in ben 3 occasioni prima delle semifinali, perdendo ai quarti a Dubai (anche se per ritiro a fine primo set), al primo turno a Monte-Carlo, e appunto al terzo turno a Wimbledon. Numeri alla mano, il primato di Djokovic sembra comunque essere ancora indisturbato, avendo il serbo quasi 5000 punti di vantaggio su Murray: ma lo scozzese potrebbe puntare al numero 1 a
Dopo il successo al Roland Garros, eravamo tutti concentrati sulla possibilità di Novak Djokovic di completare il Grande Slam in questa stagione, e invece dopo il torneo di Wimbledon ci ritroviamo con un Andy Murray in grande forma, che sembra destinato combattere con il serbo per la conquista dei grandi tornei almeno per tutto questo 2016. Lo avevamo detto, per Djokovic la conquista dei quattro tornei Major nella stessa stagione non sarebbe stata una passeggiata, anche perché per realizzare l'impresa riuscita solo a Rod Laver nell'Era Open, il serbo avrebbe dovuto vincere 6 titoli Major consecutivi, avendo vinto anche Wimbledon e U.S. Open 2015, prima della doppietta Australian OpenRoland Garros 2016. Infatti al terzo turno di Wimbledon è arrivata la sorpresa della sconfitta contro Sam Querrey, che ha spento i
fine stagione? O almeno diventare il prossimo Re del ranking ATP? Guardando la Race, ossia la classifica che tiene conto solo dei risultati ottenuti nella stagione in corso, Andy è ad appena 815 punti da Novak, un distacco quindi inferiore ad una vittoria in un Masters 1000. Il prossimo torneo in cui ci si giocano punti importanti sarà il Masters 1000 di Toronto, poi ci sarà il Torneo Olimpico, ma per quanto riguarda questo secondo evento, va aperta una parentesi: pur essendo un torneo in cui tutti i migliori vorranno ottenere un risultato importante, questo non darà punti per il Ranking (come invece era successo a Pechino 2008 e Londra 2012). Potrebbe essere un vantaggio per Murray, che arriverà a Rio da campione olimpico, visto che Djokovic ha dichiarato come uno dei suoi obiettivi principali sia proprio la medaglia d'oro, che non ha mai vinto in passato. Detto questo, chi conquisterà il primato in classifica a fine anno verrà deciso probabilmente nei tornei di fine stagione, quindi Cincinnati, U.S. Open, Shanghai, Parigi-Bercy e quindi le ATP World Tour Finals, e la sfida DjokovicMurray sembra essere molto più aperta in questa annata rispetto alle precedenti. Ma anche se Murray non dovesse riuscire a conquistare il numero 1 nel 2016,
avrà grosse possibilità di farlo all'inizio del 2017, quando Djokovic dovrà difendere uno dopo l'altro i titoli all'Australian Open, Indian Wells e Miami: sarà quello il periodo in cui lo scozzese, se dovesse riuscire ad ottenere dei buoni piazzamenti, potrà diventare il 26° giocatore ad occupare il primo posto nella classifica ATP, entrando definitivamente tra i grandi della storia del tennis.
Murray e Lendl, un binomio più che mai vincente! by Giorgio Giannaccini E' proprio vero che certi amori non muoiono mai. Lo sa bene Andy Murray che per tornare a vincere ha dovuto aspettare il ritorno di Ivan Lendl nel suo box. Una strana storia la loro, e che aveva visto come protagonista un giovane ragazzo scozzese che aveva tutto per essere un vincente, tra doti innate come il fisico e il talento, ma non riusciva ad esserlo. E poi ecco l'incontro magico: con Ivan Lendl il grande campione del passato che cambiò il tennis e attraversò da protagonista svariati lustri in questo sport. Ma Ivan aveva un segreto, anch'egli, nel suo passato più recondito, era nato perdente. E sì, quanti pianti, quanta disperazione aveva sopportato il giovane Lendl nel perdere le prime quattro finali Slam contro i campionissimi del tempo che rispondevano agli immortali nomi di Bjorn Borg, Jimmy Connors e Mats Wilander! Serviva proprio un tipo come lui per far guarire Murray da quel male comune che si chiamava sconfitta. Nel 2012, l'anno in cui Muzza assume a sorpresa Lendl come suo allenatore, qualcosa cambia radicalmente nel suo gioco: l'aggressività. Andy, che fino ad all'ora non era mai stato - dicendola alla Manzoni un cuor di leone, diventa un giocatore più aggressivo negli scambi da fondo, capisce il suo potenziale e fa quello che non aveva mai fatto: comandare il gioco. I risultati sono a dir poco eccelsi: dopo una buona semifinale raccolta agli Australian Open e persa contro Nole Djokovic, Murray, malgrado un pessimo torneo al Queen's Club dove viene
sconfitto al secondo turno da Mahut, arriva a Wimbledon in un stato psicofisico imperioso. Seppur con qualche difficoltà, il britannico approda alla fine in finale a giocarsi i Championships contro sua altezza Roger Federer. La finale non è così scontata, Murray vince meritatamente il primo set per 6-4 e conducente largamente il gioco anche nel secondo set, ma qualcosa si inceppa improvvisamente, e lo perde 7-5. Da lì il campione svizzero capisce che è il momento di agire e affonda il colpo: gli altri due set che seguiranno saranno abbastanza combattuti ma sarà l'elvetico a imporsi per 6-3 6-4. Murray piange amaramente durante la premiazione ma saprà vendicarsi con gli interessi da lì a breve. L'occasione ghiotta si presenta un mese dopo, ai giochi olimpici di Londra, il torneo di tennis, infatti, si gioca sempre a Wimbledon. Il fato, sommo giudice imparziale, ripropone la medesima finale del torneo del mese precedente. Questa volta è
Murray che, appresa la dura lezione, si sbarazza fin troppo agevolmente di Federer per la medaglia d'oro quella medaglia che Federer sogna da anni e non ci dorme la notte e con un rapido 6-2 6-1 6-4 si prende la standing ovation di tutto il Centrale. I successi di questo ambo, che finalmente si è sbloccato, proseguono: in quel di settembre Murray sconfigge in un'epica battaglia conclusa al quinto set Nole Djokovic in finale agli Us Open per 7-6(10) 7-5 2-6 3-6 6-2. Il match fu così duro che Murray, poco prima della premiazione, accusò i crampi a fine match. L'anno dopo, nel 2013, Murray fa ancora meglio nel primo Slam dell'anno, gli Australian Open. Giunto in semifinale sconfigge Roger Federer al quinto set, ma questa volta sarà Djokovic a vendicarsi nell'atto conclusivo del torneo. Dopo un primo set vinto al tie beak da Murray e un secondo perso per il rotto della cuffia sempre al tie break, Nole piazza la zampata decisiva, e si aggiudica nettamente il terzo e
quarto set per 6-3 6-2, alzando così il trofeo. Mesi dopo Muzza compirà il suo capolavoro più grande, a Wimbledon. Dopo un ottimo torneo del Queen's che lo vede vincere in finale contro il croato e bombardiere Marin Cilic, si appresta a disputare i Championships da favorito e col peso di una nazione intera. La sua è una marcia perfetta fino ai quarti dove, sotto due set a zero contro Verdasco, lo scozzese si rianima e rimonta il parziale, concludendo il tutto con un 7-5 nel quinto set. In semi incontra Jerzy Janowicz, un gigante polacco con buona dose di talento. Perde il primo set al tie break il britannico, ma poi rimonta tranquillamente nei set restanti e chiude per 6-4 6-4 6-3 in suo favore. Ad aspettarlo in finale rimane solo il numero 1 del mondo, quel Nole Djokovic che ultimamente era stato più che un pensiero per Murray. Ma lo scozzese dà il meglio di sé in finale: in tre set densi, lunghi e interminabili, Murray tramortisce i sogni di gloria del campione serbo dopo 3 ore 30 minuti, e con un 6-4 7-5 6-4 realizza il sogno di ogni spettatore inglese presente in quel campo. Finalmente, dopo 77 anni di attesa, ecco un degno successore di Fred Perry che riporta il trofeo in mani britanniche. Dopo un successivo Us Open alquanto deludente dove perde con Stanislas Wawrinka, e le Atp Finals che vengono saltate perché operato a una schiena più che mai dolorante, finisce così la sua stagione anzitempo. In quella successiva ottiene, come debutto negli Slam, un buon quarto agli Australian Open, dove però viene sconfitto da Roger Federer in quattro set. Ma ecco che all'inizio del torneo di Miami avviene uno scossone a dir poco traumatico, Murray annuncia la sua separazione da Ivan
Lendl, un qualcosa che sembra a dir poco inspiegabile e dissennato. Dopo un primo periodo sotto la guida provvisoria di Dani Vallverdu per la stagione sulla terra battuta e il successivo ingaggio come tecnico che rispondeva al nome prestigioso ma femminile di Amélie Mauresmo, Murray non vincerà più nulla. Escludendo la Coppa Davis del 2015, dove Murray trascina la sua Gran Bretagna con 11 vittorie su 11 incontri disputati, giocando tutti gli 8 singolari e raggiungendo il record detenuto dai soli John McEnroe e Mats Wilander, Andy ritorna il delizioso perdente di sempre. Il resto della sua storia è più che mai recente: Murray reingaggia Ivan Lendl a sorpresa dopo tanto tempo per il torneo di quest'anno del Queen's che si aggiudica, tra l'altro, in una finale complicatissima vinta al terzo contro Milos Raonic. Finale identica che si proporrà, poco dopo, a Wimbledon, dove finirà
sempre in tre set ma questa volta non 2-1 ma 3-0! - sempre per Murray. “Un trionfo ancora più bello del primo, perché questa volta ero senza pressione”, dirà Murray, un trionfo quasi perfetto con soli due set persi in tutto il torneo, cioè quelli ceduti contro Tsonga ai quarti in una partita poi chiusa nettamente al quinto. Un trionfo ma, ancora meglio, un'alchimia con Ivan Lendl innata e che fortuna permettendo, visti anche l'infortunio di Nadal e la clamorosa sconfitta di Djokovic contro Sam Querrey ha reso e renderà Murray sempre di più un grande campione.
Djokovic: solo con gli ace si vince contro il numero 1 by Marco Di Nardo Battere Novak Djokovic, in particolare in questo periodo, è davvero un'impresa per pochi. Tuttavia, la recente sconfitta subita a Wimbledon contro Sam Querrey, addirittura al terzo turno, ha messo in luce una volta di più come il numero 1 si trovi in difficoltà quando affronta i grandi battitori. Escludendo Andy Murray, Roger Federer, Rafael Nadal e Stan Wawrinka, quindi i giocatori che si trovano immediatamente dietro al serbo in classifica, sembra infatti essere chiaro come Djokovic soffra maggiormente i tennisti dotati di un gran servizio, quelli che riescono a mettere a segno oltre 20 ace a partita di media in un match al meglio dei 5 set. Innanzitutto andiamo a vedere lo score di Djokovic negli scontri diretti contro alcuni dei migliori battitori che si è trovato ad affrontare nel corso della sua carriera: Novak Djokovic 4-5 Andy Roddick Novak Djokovic 1-2 Ivo Karlovic Novak Djokovic 8-2 Sam Querrey Novak Djokovic 8-2 John Isner Novak Djokovic 5-1 Kevin Anderson Totale: Novak Djokovic 26-12 altri Come si può notare, prendendo in esame gli head-to-head contro cinque giocatori dal servizio devastante come Karlovic, Roddick, Querrey, Isner e Anderson, Novak è comunque avanti con circa il doppio dei successi rispetto ai rivali presi in considerazione. Soffermandoci però sui primi due, vale a dire Andy Roddick ed Ivo Karlovic, Djokovic si trova indietro contro entrambi: l'americano, avanti 5-4, è l'unico
giocatore, tra quelli che lo hanno affrontato almeno in quattro occasioni, ad essere avanti sul serbo negli scontri diretti; Ivo invece lo ha battuto 2 volte su 3, e nel 2015 è stato l'unico tennista ad eliminare Djokovic prima della finale in un qualsiasi torneo, battendolo ai quarti nell'ATP 250 di Doha. Cosa dire di Sam Querrey e John Isner? Entrambi sono indietro 2-8 nel totale degli H2H, ma Sam in questo torneo di Wimbledon ha compiuto l'impresa di battere il serbo prima dei quarti in uno Slam, cosa che non accadeva addirittura dal Roland Garros 2009, quindi da oltre 7 anni. E come non ricordare la vittoria a Parigi-Bercy nel 2012, quando Querrey era indietro per 0-6 0-2 (praticamente un parziale di 0-8 da inizio partita), ma riuscì a rimontare Djokovic ritrovando il suo devastante servizio nel corso del match, finendo per vincere con lo
score di 0-6 7-6 6-4. Le due vittorie di Isner su Novak sono invece arrivate entrambe in tornei Masters 1000, in semifinale a Indian Wells 2012 e nei quarti a Cincinnati 2013, sempre attraverso prestazioni perfette al servizio, e tiebreak vinti al fotofinish. Concludiamo l'analisi con Kevin Anderson, che nonostante abbia battuto il serbo solo una volta, lo scorso anno fu il più vicino di tutti a battere Djokovic in uno Slam, escludendo la finale del Roland Garros. Sui prati di Wimbledon, Novak fu costretto da Anderson al quinto set, con il sudafricano che si era aggiudicato i primi due parziali al tie-break, e nel parziale decisivo ebbe la palla-break che avrebbe potuto regalargli il successo più importante della sua carriera. Alla fine Djokovic vinse 7-5, ma quel match fu più difficile anche rispetto alla finale poi vinta contro Roger Federer.
In definitiva, non si può certamente dire che quando Djokovic entra in campo contro un grande battitore sia sfavorito, perché la maggior parte delle volte poi riesce a portare a casa la vittoria, ma se c'è uno stile di gioco che riesce a metterlo in crisi, è proprio il tennis basato sulla ricerca del punto diretto con il servizio. Questo è dovuto al fatto che il miglior colpo del serbo è la risposta al servizio. E l'unico modo per neutralizzare la risposta, è fare tanti ace, non permettendo quindi al numero 1 di rispondere, e di conseguenza di fare il break. Risolto il problema di non subire il break, poi non è impossibile battere Djokovic, che pur essendo molto migliorato in battuta, non è certamente "imbreakkabile", e comunque se trascinato al tie-break non è infallibile, come si è potuto vedere nel match di Wimbledon perso contro Querrey.
Il Samurai di cristallo By Valerio Carriero
Per 16 volte ha dovuto alzare bandiera bianca, in altri 5 casi non ha avuto nemmeno la forza di scendere in campo. Nel mezzo un paio di operazioni chirurgiche e una valanga di infortuni che avrebbero potuto condizionare la carriera di chiunque, ma non di Kei Nishikori. Vero e proprio samurai, non solo per le sua nascita in Giappone pochi giorni prima dell’arrivo degli anni ’90, ma anche per l’accettazione delle proprie debolezze e per la costante ricerca dell’autoperfezionamento unito all’arricchimento culturale. Figlio di un ingegnere e di un’insegnante di pianoforte, di Kei si parla sul circuito di un ragazzo intelligente e particolarmente divertente, un aspetto non proprio visibile in campo nei suoi match, vissuti apparentemente con poca partecipazione emotiva. Il rettangolo di gioco per il samurai tascabile (di “soli” 178 cm se paragonato ai pesi massimi che popolano i piani alti del ranking) si trasforma nella personale arena da combattimento, in cui rispettare sino alla fine l’avversario che il suo sport gli mette di fronte di giorno in giorno per spingersi verso nuove mete. È quello che si era ripromesso Nishikori appena entrato nel mondo professionisti, il cosiddetto “Project 45”, raggiungere e migliorare appunto il ranking di 45 per entrare nella storia del suo Giappone, abbandonato in tenera età per formarsi e inseguire i propri sogni nella lontanissima America, all’accademia di Bollettieri. Obiettivo centrato e ampiamente superato, si direbbe: Kei è una presenza ormai fissa nella top10 da un paio d’anni con un best
ranking di numero 4 al mondo, solamente alle spalle di Djokovic, Federer e Nadal. Ma la sua consacrazione ha vissuto (ad esempio, racconta il suo coach Dante Bottini, di quella stregata vittoria che gli avrebbe permesso di sfondare il muro del 45° posto che tardava ad arrivare, trasformandosi per mesi in un vero e proprio incubo) e continua a vivere ancora oggi continui stop dovuti a diversi acciacchi fisici. Una costante nella sua carriera, sin dagli albori e con il sorprendente titolo nel 2008 da numero 244 al mondo e partendo dalle qualificazioni, con tanto di scalpo James Blake in finale. Qualche mese dopo entra in tabellone a Wimbledon, il suo primo Slam della carriera che però coincide con il primo dei dolorosi ritiri in un Major (nel caso specifico, per un infortunio all’addome). Nishikori ha imparato ormai a conviverci e accettare anche questo fattore del suo lavoro. Infortuni che, soprattutto nel 2014, hanno rappresentato nella sua carriera delle “sliding doors”: a maggio, quando nella finale della Caja Magica era a un passo dal primo Masters 1000 in carriera, avanti set e break su Nadal (ridicolizzato sino al 6-2 4-2) prima di arrendersi ai dolori alla schiena, che costano la partecipazione a Roma e compromettono la partecipazione al Roland Garros, sconfitto al primo turno; ma soprattutto a settembre, quando arriva a Flushing Meadows a fari spenti, dopo aver saltato Rogers Cup e Cincinnati per un piccolo intervento al piede (rimozione di una cisti) ed esser stato a lungo in dubbio per gli Us Open. Il giapponese, però, mette inaspettatamente in riga al termine di tre maratone, uno dopo l’altro, Raonic, Wawrinka e Djokovic, approdando nella sua prima finale Slam: solamente un Cilic ingiocabile e un serbatoio completamente vuoto di energia impediscono il coronamento
del sogno di Nishikori. Nessuno in top10 ha i suoi “numeri” tra ritiri e forfati (il più vicino è Tsonga, 12-3) sebbene gente come Nadal e Murray abbia affrontato lunghi periodi lontano dai campi e operazioni chirurgiche. Eppure, nelle rese di Nishikori c’è un comune denominatore: 6 ritiri (su 21) e 2 walkover (su 5) sono arrivati in un torneo sull’erba. Una tendenza che si è intensificata nelle ultime due stagioni: tra 2015 e 2016, Nishikori ha alzato bandiera bianca per due volte sia a Halle che a Wimbledon, rispettivamente per problemi al polpaccio e alla costola. E non è un caso che in questi due anni Nishikori abbia elevato esponenzialmente il proprio rendimento sul rosso: 18 match giocati nella passata stagione, 17 in quelli in corso, tutti concentrati in poco più di un mese (da metà aprile a maggio inoltrato). Errori di programmazione o, più banalmente, una predisposizione fisica a questi intoppi? Kei è sicuramente di cristallo, ma pur sempre un samurai. La resa non è contemplata, con il Project 45 ormai alle spalle e un lontanissimo ricordo, nulla può ormai essere lasciato al caso per competere alla pari con i primi della classe. A partire dall’integrità fisica.
Un giovincello di nome Lucas Pouille by Giorgio Giannaccini Mentre tutti parlano della next generation, cominciando dall'istrionico Nick Kyrgios che sciupa ogni cosa che si ritrova in mano, fino ad arrivare alla bellezza del rovescio a un mano di Dominic Thiem o ad Alexander Zverev designato come il prossimo numero 1, c'è un ragazzo che zitto zitto, senza la luce dei riflettori addosso, sta dicendo la sua. Questo ragazzo è Lucas Pouille, nato il 23 febbraio del 1994 a Grande-Synthe, un comune francese di appena 21.000 abitanti situato nel nord della Francia. Pouille si può definire un giocatore moderno: tennista di spinta con buona potenza in tutti i fondamentali, dal servizio fino al dritto e al rovescio dove è capace di eseguire improvvise e veementi accelerazioni da fondo campo. Abbastanza imponente fisicamente (è alto 1 metro e 85 e pesa 81 chili) ha anche buone doti atletiche in fase difensiva. Noi italiani, tra l'altro, avevamo avuto il piacere di conoscerlo anzitempo,
durante il 2014. Lucas infatti nel torneo di Parigi-Bercy si era reso protagonista di una buona cavalcata. Partendo dalle qualificazioni, visto che era il numero 176 della classifica Atp, aveva dapprima sconfitto in due set lo statunitense Steve Johnson, numero 41 del mondo, e poi aveva conquistato il pass per il main draw battendo il finlandese Jarko Nieminen sempre in due set. Al primo turno del tabellone principale si era poi imbattuto nel bombardiere Ivo Karlovic ancora in buona forma, ma nonostante questo era stato Pouille a spuntarla piuttosto agevolmente per 6-1 6-4. Al secondo turno invece aveva incontrato il nostro Fabio Fognini, numero 20 del
mondo, già incappato in una delle sue prime crisi tennistiche. E' Pouille a spuntarla nuovamente in un match schizofrenico pieno di ribaltamenti di fronte e di break: 7-6(5) 7-6(7) in favore del transalpino. Lo stesso Fognini, interrogato dai giornalisti italiani per l'ennesima sconfitta bruciante e inattesa, aveva avvisato: “Guardate che Pouille è forte!”. Solo nel turno successivo la marcia di Pouille si interrompe bruscamente, e questo per opera di Roger Federer, numero 2 del mondo in quel momento, che gli rifila un 6-4 6-4 che sicuramente non lo fa sfigurare, visto
anche che ad affrontare Re Roger c'era il numero 176 del ranking Atp. Dopo quasi due anni finalmente Lucas Pouille ha pensato bene di fare il salto di qualità, e di compierlo in un momento tennistico pieno di giovani talenti. Si parla infatti degli sbalzi di umore di Nick Kyrgios, del rovescio e della classe vintage dell'austriaco Dominic Thiem, del futuro dominatore del mondo Alexander Zverev e dell'intelligenza tattica di David Goffin, ma non del francese. Ma quest'anno ha inanellato una serie di risultati importanti: pensiamo soprattutto alla finale ottenuta al torneo di Bucarest e persa purtroppo
con Verdasco, o alla cavalcata ottenuta agli Internazionali d'Italia dove, dalle qualificazioni, è stato capace di arrivare alle semifinali e arrendersi solo a Murray, incontrando però nella sua strada e battendo nomi importanti come l'istrionico Ernest Gulbis e il maratoneta David Ferrer. E poi, poco dopo, l'ultima grande sgaloppata che ha certificato come Pouille non sia solo un giocatore da terra battuta: i quarti di finali ottenuti a Wimbledon. In un gran torneo che lo ha visto battere l'ex stella del tennis americano Donald Young in tre secchi e solidi set (6-4 6-3 6-3), il redivivo Juan Martin Del Potro in una lotta conclusa al quarto per 6-7(4)
7-6(6) 7-5 6-1 in suo favore, e poi il talentoso ma insofferente Bernard Tomic per 10-8 al quinto set, ha poi dovuto pagare dazio al turno successivo contro Thomas Berdych, numero 9 del mondo. Ma poco importa, Pouille si è potuto consolare con un balzo avanti in classifica che lo ha proiettato dritto alla 21esima poltrona del ranking mondiale e, non dimentichiamolo, con un cospicuo assegno di 250.000 dollari. Questo per dimostrare che adesso è venuta l'ora anche per Lucas Pouille, e staremo a vedere se gli altri della next generation gli staranno dietro.
Ci voleva una nuova favola che facesse dimenticare per un momento all'Inghilterra la bruciante sconfitta agli Europei di calcio con la modesta Islanda. E cosa poteva capitare di meglio se non la favola dell'ex brutto anatroccolo Marcus Willis? Un storia che ha incantato, seppur solo nei primi due turni dei Championships, gli appassionati inglesi delusi oltremodo dal calcio. La favola di Willi-Bomb (questo il suo soprannome) a Wimbledon, in realtà, parte da molto lontano. Il tutto comincia con Willis che riesce a entrare nel mini-torneo organizzato dalla federazione britannica che mette in palio due wild card per
La favola di Marcus Willis by Giorgio Giannaccini
il tabellone di qualificazione di Wimbledon, una sorta quindi di pre-qualificazioni come già esiste da noi per il torneo degli Internazionali d’Italia. Marcus, dopo questo mini-torneo disputato in modo vittorioso, ottiene il biglietto per Roehampton, ovvero i campi secondari dove si disputano solo le qualificazioni di Wimbledon, lontano dai campi di Church Road utilizzati solo ed esclusivamente per il main draw del torneo londinese. Nel frattempo Willis al primo turno delle qualificazioni riesce dapprima a rimontare il nipponico Yuichi Sugita, poi regola nel successivo turno, in due set, l’enfant prodige ma vulcanico russo Andrey Rublev e infine sul campo 9 completa la favola della qualificazione
al tabellone principale con la vittoria per tre set a uno su Daniil Medvedev. Una vittoria che gli spalanca per la prima volta le porte di accesso a Wimbledon, questo con una classifica bassissima, ovvero la posizione 772 del ranking Atp. E fino a qua si pensava che la favola dovesse bruscamente interrompersi, d'altronde la qualificazione stessa era stata pressoché un miracolo, poi ecco l'imponderabile. Ad attenderlo al primo turno c'era Ricardas Berankis, numero 54 del tennis mondiale, giocatore di buona caratura tecnica ma spesso frenato dalla sua tennisticamente parlando minuta stazza di appena 1 metro e 75. Marcus si diverte ancora a compiere l'impensabile: rifila un secco 6-3 6-3 6-4 al lituano, e compie l'ennesima impresa. Adesso però ad attenderlo al secondo turno c'è il suo idolo di infanzia, quel Roger Federer di cui porta le iniziale (RF) sulla propria maglietta. Un doppio sogno, e tutto questo nel Centrale di Wimbledon. La sfida con Federer presto si trasforma in un'ovazione dove il pubblico spesso incoraggia, applaude e scherza con il beniamino di casa. Poco importerà se lo stesso Federer, regale come sempre, si imporrà abbastanza nettamente per 6-0 6-3 6-4 e farà i complimenti allo sconfitto. “Ero nervoso ma l'atmosfera era fantastica. Ho amato ogni minuto che sono stato in campo. E' stata un'esperienza davvero incredibile”, ha poi detto a fine match Marcus Willis. Un piccolo sogno che gli è valso un assegno 65.000 dollari, non male per chi nel 2016 ne aveva appena guadagnati 356 in montepremi e
che doveva ancora saldare i conti della sua carta di credito perennemente in rosso, mantenendosi solo ed esclusivamente con la sua professione di istruttore di tennis al Warwick Boat Club, con il compenso di 30 sterline l'ora. Ma in questa impresa i meriti sono anche di una donna, ovvero di Jennifer Bate, 30enne ex reginetta di bellezza che ora fa la dentista, nonché sua fidanzata. I due si conobbero al concerto di Ellie Goulding e, come racconta lo stesso Marcus, dopo che le disse che intendeva smettere di giocare a tennis per l'ennesimo infortunio al ginocchio, “mi ha dato dell'idiota, dicendomi che dovevo invece andare avanti col mio sogno di giocare a tennis". Così Marcus ha deciso di proseguire, mettendosi sotto con gli allenamenti e con una dieta ferrea che lo hanno fatto dimagrire, levandosi inoltre anche quel nomignolo di “Cartman" (il bambino cattivello e cicciotto della serie americana South Park) che gli era stato affibbiato, "è stata dura, ma ne è valsa la pena" ha poi sinceramente confessato. Ma se l'Inghilterra si era consolata e commossa all'inizio per la sua storia, ci ha poi pensato Andy Murray a completare un'altra storia ancora più bella. Ma questo poco importerà a Marcus, ora il nostro beniamino avrà la convinzione di poterne tessere altre e ancora più belle.
Attacco e difesa by Federico Coppini
È l'anello più debole dì una catena a determinare la sua resistenza. Così, nel tennis attuale, è il colpo più debole di un giocatore a determinare la sua forza. I tempi dei giocatori dal servizio e dritto sono tramontati per sempre. Oggi, per raggiungere il vertice, un giocatore deve essere completo. Lasciamo quindi per un attimo da parte ogni confronto sulle abilità di base dei giocatori e, ammettendo che siano tutti ugualmente dotati, concentriamoci sulla questione fondamentale dell'uso dei vari colpi. Molti grandi incontri sono stati vinti dal giocatore che ha saputo usare il colpo giusto al momento giusto; e molti match sono stati persi dal tennista che ha scelto dal suo potenziale tecnico il colpo sbagliato. Un colpo tecnicamente bellissimo può essere inutile se è indirizzato nel punto sbagliato al momento inopportuno; mentre un colpo in apparenza poco incisivo, ma indirizzato nel punto giusto del campo nel momento critico di una partita, ha spesso trasformato una sconfitta in una vittoria. Così come lo è domandarsi se un perfetto giocatore da fondocampo sconfiggerebbe un perfetto giocatore di volo. La verità è che giocatori di questo tipo non esistono. Se esistessero, il perfetto giocatore di fondocampo batterebbe il perfetto giocatore di
volo per sei a zero, perché per definizione conquisterebbe tutti i punti. Infatti, al servizio non si può rispondere con una volée; quindi il perfetto giocatore di fondocampo, che sa usare i colpi di rimbalzo, vincerebbe ogni punto prima che il perfetto giocatore di volo abbia avuto l'opportunità di giocare le sue volée. In realtà non esiste attacco senza difesa, né difesa senza attacco. Proviamo quindi a classificare i colpi del tennis in colpi offensivi, o d'attacco, e colpi difensivi. I colpi d'attacco sono quelli di rimbalzo, lo smash,le volée e molte volte il servizio e la risposta. I colpi difensivi sono i lob, la demi-volée la rotazione chop e slice. In alcune circostanze certi colpi difensivi possono essere utilizzati per attaccare, ma nessun colpo offensivo (con l'eccezione dei colpi di rimbalzo) può mai essere usato per difendere. Vediamo innanzitutto come affrontare il
flagello di tutti i tennisti, il mago della racchetta che riprende e rimanda qualsiasi palla nel campo avversario, in altre parole il controattaccante (tra i pro Murray, Radwanska, Errani) che non sbagliano (quasi) mai. È una specie di giocatore che passa da un campo all'altro nei vari club di tennis, correndo senza sosta dietro a ogni palla e rimandandola sempre indietro, facendo letteralmente impazzire i propri avversari. Questo tipo di giocatore è il nemico più pericoloso da affrontare per un giovane tennista che ha più colpi che cervello ed esperienza. Credetemi, ci vuole ben più di una legnata per battere il controattaccante. Ci sono cose molto importanti che un tennista deve sapere se vuole passare il pomeriggio a giocare contro quel tipo di avversario e avere qualche speranza di vincere. Innanzitutto, non illudetevi di riuscire con
facilità a mandare il controattaccante fuori dal campo, perché commettereste troppi errori. L'unica speranza che avete di batterlo è aspettare la vostra opportunità, e sfruttarla al meglio. Secondo, evitate di protrarre lo scambio troppo a lungo,perché alla fine sbagliereste per primi, a meno di non colpire così forte da indurlo in errore. Infine, non pensate di poter giocare un colpo vincente su ogni palla che vi rimanda, perché le sue palle sono sempre così alte e ben piazzate che è molto difficile colpirle con forza e velocità. Quindi, per giocare contro il controattaccante dovrete armarvi di pazienza, aspettare le occasioni opportune e quando si presentano affondare con sicurezza. In altre parole, giocate di attesa fino a quando non avrete un'opportunità chiara, col campo sufficientemente aperto, prima di sferrare il vostro attacco. Ma che cosa significa aprirsi il campo contro questo tipo di giocatore? Il controattaccante in realtà vi concederà diverse occasioni, che però potrebbero passare inosservate se non siete attenti. La prima possibilità consiste nel giocare un colpo di rimbalzo in un angolo del campo in modo da spostarlo e successivamente attaccarlo con un potente approccio nell'angolo opposto. La seconda è attirare il contro attaccante a rete
per poi passarlo, perché raramente questo tipo di tennista è un buon giocatore di volo. Altre opportunità possono essere più difficili da riconoscere. Certe volte, per esempio, il controattaccante vi restituirà una palla meno profonda delle altre nel centro del campo. Questa è un'occasione da non lasciarsi sfuggire. Tirate un colpo profondo e angolato e seguitelo avanzando a rete, quindi chiudete il punto con una volée o smash. Un'altra possibilità è quella di aprirvi il campo direttamente col servizio. Servite in modo diverso dal solito (perché il contro attaccante avrà imparato in fretta a
rispondere al vostro servizio abituale), e seguite il servizio a rete di sorpresa. Questo tipo di giocata può destabilizzare il gioco del contro attaccante, perché lo mette sotto pressione. E qui sta appunto il segreto per batterlo e per battere tutti quelli come lui: mettetegli fretta! Mettetegli fretta in tutti i modi e in tutti i momenti della partita e vedrete che batterlo non è poi così difficile, perché sotto pressione non riesce a fare il suo gioco.
Ciò che pensi....compri! by Federico Coppini
Ho letto una cosa l’altro giorno che si è fissata nella mia mente. E’ un’idea così sconcertante e al tempo stesso così ovvia, che non riesco a credere di non averci pensato prima… “I nostri pensieri sono SOLDI.” Pensaci un po’ a questa frase. In altre parole, tutto quello che pensi, COMPRI. Abbiamo tutti sentito del principio che la nostra attenzione determina il nostro stato emotivo e quindi la qualità dei risultati che otteniamo. Questo è chiaro. Se davvero desideri qualcosa abbastanza intensamente, e concentri tutte le tue energie per raggiungerlo, molto probabilmente lo raggiungerai. Se invece non ti concentri a raggiungerlo, non lo avrai. Ma il concetto della metafora dei soldi, porta questo principio a un nuovo livello. Suggerisce che otteniamo persino le cose che NON vogliamo se ci pensiamo abbastanza. Quindi se continui a pensare, “Non voglio essere povero. Detesto non avere soldi. Non guadagno abbastanza per comprare ciò che voglio. ” se SPENDI la maggior parte dei tuoi pensieri sull’esperienza dell’essere povero, questo è ciò che avrai. Noi tutti conosciamo quelle persone che si lamentano sempre di quanto siano sfortunate e di come tutto gli sia sempre contro. E quando osserviamo attentamente la loro vita, cosa notiamo? Hanno ragione! Sembra proprio
che siano più sfortunati della persona media. Com’è possibile questo? Beh, pensiamo al venditore preoccupato di non riuscire a fare la vendita; e non riesce a pensare ad altro. Nella sua presentazione, pensi che sia rilassato o teso? Pensi che sia più concentrato a risolvere i problemi del cliente o a vendere il suo prodotto? Pensi che risponderà empaticamente o in modo difensivo alle obiezioni del cliente. Chiaramente, un venditore teso e difensivo che cerca aggressivamente di spingere il suo prodotto non avrà buone chance di fare la vendita. Allora se i pensieri sono soldi, e compriamo quello che pensiamo, l’importanza di un focus mentale positivo diventa ovvia. Per esempio, se ogni mese quando ricevi la busta paga tu andassi a comprare tutte le cose che non vuoi, questo lo considereresti ridicolo, vero? Allora si frugale con i tuoi pensieri così come lo sei col denaro. Come? In questo modo: Aumenta la tua consapevolezza delle volte in cui pensi negativamente. Abituati a farti questa domanda: “In che modo sto pensando adesso? E’ positivo o negativo? Se il tuo focus è negativo, sostituiscilo col suo opposto positivo. Invece che pensare alle cose che mancano nella tua vita, concentrati su ciò che hai e sulle possibilità future. Sviluppa l’abitudine di chiederti: “Cos’è che più mi piace della mia vita?”
Difenditi ferocemente dalle influenze negative esterne. Stai alla larga da quelli che si lamentano. Limita l’input dei messaggi amplificati e negativi dei mass media. Abituati a chiederti, “Cos’è che sta influenzando la mia attenzione adesso, è positivo o negativo? Circondati da influenze positive (oppure fai attenzione a ciò che ti circonda). Non è colpa dell’ambiente, o dell’economia, o del tuo potenziale, tu hai tutto ciò che ti serve, devi soltanto nutrire la tua mente. Cerca dei modelli di riferimento, associati frequentemente con persone potenzianti, persone che ti ispirino e che accendano il tuo spirito. Unisciti ad un ‘mastermind group’ (ossia un gruppo di persone di simili interessi); questo tipo di associazione migliorerà la tua vita più di qualsiasi altra cosa. Ricorda, tu sei le persone con le quali trascorri il tuo tempo. Arreda e decora la tua casa con immagini e colori che ti fanno star bene. Ascolta musica entusiasmante, energizzante, stimolante. Abituati a chiederti, “Su cosa posso focalizzarmi per migliorare la qualità dell’esperienza che sto vivendo?” Nel suo famoso libro “Think and Grow Rich (Pensa e arricchisciti)”, Napoleon Hill scrisse, “Devi avere CONTROLLO ASSOLUTO su una cosa: i tuoi pensieri. Se non controlli la tua mente, puoi star sicuro che non controllerai nient’altro.” Con un continuo focus mentale positivo, coltiverai terreno fertile dove farà radice e crescerà il successo e la soddisfazione. Con un focus negativo, la tua vita diventerà sempre più inquinata, uccidendo così i tuoi sogni senza che neppure abbiano avuto una chance.
Babolat si veste a stelle e strisce by Carlo Cazzaniga
Una novità davvero speciale per la casa francese Babolat, che ha realizzato un telaiovariante in stile americano della già ben nota Pure Aero. Gli amanti delle stelle e strisce troveranno sicuramente questa racchetta molto accattivante, soprattutto in previsione dei prossimi US Open. Il testimonial della nuova versione tutta “americana” è il 23enne tennista statunitense Jack Sock, attualmente numero 26 delle classifiche ATP. Le specifiche rimangono le stesse della classica “Aero gialla e nera”, che in questa annata ha riscosso grandissimo successo sia a livello
amatoriale sia tra i giocatori agonisti. Confermato il peso di 300 grammi, il telaio offre grande potenza e possibilità di movimenti rapidi per chi riesce a gestirla correttamente, mantenendo la racchetta stabile durante l’impatto. L’inserimento della tecnologia FSI Spin Technology aumenta la distanza tra una corda e l’altra e di conseguenza la qualità delle rotazioni. La linea non si ferma però soltanto ai telai, ma
come da copione viene proposta l’abbinata del borsone porta racchette oltre al classico zainetto rivisitato con la bandiera americana.
Sarà perché è il torneo più antico e prestigioso del tennis, sarà l’obbligo di indossare abbigliamento rigorosamente bianco, ma Wimbledon ogni anno riesce a mettere a dura prova anche il migliore degli stilisti. Spesso ci capita di vedere completi meravigliosi che nessuno si sarebbe mai immaginato di vedere su un campo da tennis, mentre altre volte ci ritroviamo a chiederci se il giocatore appena sceso in campo si sia dimenticato di togliersi il pigiama o se quello sia effettivamente il suo completo da gioco. A torneo concluso, senza farci condizionare dai vincitori, diamo un occhio ai due migliori e i due peggiori look. Pollici alzati per Feliciano Lopez ed Ellesse!
Wimbledon 2016, il meglio e il peggio dell’erba londinese by Edoardo Di Mino
È ormai evidente che in questi ultimi due anni Ellesse riesce a sorprendere in maniera positiva, grazie forse alla ventata di aria fresca portata dal nuovo team di designer. Ellesse si concentra moltissimo nel cercare di mantenere uno stile classico e old school, utilizzando però tessuti e tecnologie di ultima generazione. L’ultima collezione dedicata a Wimbledon 2016 ha positivamente sorpreso per lo stile impeccabile, tessuti traspiranti e ultra leggeri, che non ci sia aspetta da un brand non troppo conosciuto, e per l’intelligentissimo utilizzo delle cuciture, soprattutto della parte superiore; infatti seguono perfettamente i movimenti del corpo donando una libertà di movimento che raramente si riesce a ritrovare. Tomas Berdych e Adidas in bianco pallido! Premettendo che Adidas è e sempre sarà uno
dei più influenti brand nel mondo dello sportswear soprattutto tennistico, l’ultima collezione Wimbledon 2016 sembra lasciare qualcosa in sospeso. La linea uomo indossata da Tomas Berdych quest’anno, presenta un pantaloncino poco rinnovato, accompagnato da una maglietta che non riesce a spiccare sugli altri brand per colpa forse, di uno schema cuciture non troppo studiato. Chi è amante Adidas però non si disperi, Tennis World Italia è riuscita a dare una prima occhiata in anteprima alla collezione US Open che non sembra per nulla male. Serena e Nike vincono su tutto! La vincitrice del singolare e doppio femminile di quest’anno merita sicuramente anche il premio di giocatrice meglio vestita dell’edizione 2016 del torneo di Wimbledon. Serena, che collabora con gli stilisti Nike sulla realizzazione dei suoi completi da gioco, ha fatto davvero un ottimo lavoro. L’abito risulta linearmente pulito, con cuciture nascoste sulla parte superiore e una scollatura inesistente che rende particolarmente felice gli organizzatori del torneo; la parte inferiore del vestito è una favola che rende il completo un perfetto mix tra abito da cocktails e abito da tennis. Il tessuto super leggero, grazie alla sovrapposizione della doppia struttura della gonna lascia una libertà totale di movimento che ti fa quasi dimenticare di averla addosso. Ekaterina e il calzino nero! Misteriosamente senza essere multata, quest’anno durate tutti i suoi incontri sull’erba di Wimbledon, Ekaterina Makarova (attuale n °30 al mondo) è scesa in campo indossando dei “poco felici” calzini neri. È per caso la nuova tendenza russa della quale non eravamo stati informati? Credo che non lo sapremo mai.
Mizuno consolida il successo e presenta la collezione invernale by Carlo Cazzaniga Continua il ritorno in grande stile per Mizuno, che grazie alla linea dedicata al tennis per la stagione primaveraestate 2016 ha riscosso grande successo. Ma il brand giapponese non vuole fermarsi e propone anche per la collezione invernale 2016-2017 prodotti altamente tecnici, in grado di accontentare sia élite player, sia giocatori occasionali, alla ricerca di una scarpa sicura e versatile. Grazie alla continua ricerca tecnologica, Mizuno propone per la nuova collezione delle calzature ulteriormente migliorate, che ha permesso di raggiungere il massimo livello. Il feedback è stato molto positivo. Una lista importante di giocatori rappresenterà il marchio Mizuno alle gare internazionali del Grande Slam, ATP e WTA. Il giocatore croato Ivo Karlovic (n.21 del ranking mondiale) e Marcos Baghdatis (n. 45), originario di Cipro, Roberto Bautista Agut e Albert Ramos-Vinolas, e l’italiano Simone Bolelli indossano le scarpe Mizuno da tennis. Sono due i modelli principali della linea tennis Mizuno, proposte per l’autunno-inverno 2016-17. Tutti i modelli sono prodotti con due tipi diversi di suole: una per campi in terra rossa e una per le altre superfici. Le scarpe da tennis Mizuno sono sviluppate con la tecnologia Wave, esclusiva Mizuno, l’unica in grado di fornire allo stesso tempo ammortizzazione controllata e
stabilità negli spostamenti laterali, e garantire la corretta posizione della caviglia. La Mizuno Wave Exceed Tour 2, progettata per i migliori giocatori professionisti che sono alla ricerca di una scarpa leggera ma altamente performante. L'altro modello proposto è la Mizuno Wave Tour Intense 2, che da questa stagione è in vendita anche nella versione femminile, progettato per i giocatori che ricercano maggiore stabilità.
Mizuno Wave Tour Intense 2