Serena Williams: la migliore di sempre? Marco Di Nardo
Il dibattito su chi sia il miglior tennista di sempre, sia in campo maschile che in quello femminile, è ormai aperto da tanti anni. Ognuno esprime le proprie opinioni, e l'enorme quantità di numeri e statistiche offerte dagli esperti, permette di avere molti strumenti su cui basarsi per prendere una posizione su questo argomento. Per quanto riguarda il circuito femminile,
Serena Williams è senza dubbio entrata a far parte di quel "club" di giocatrici che possono competere per essere considerate le migliori della storia. Grazie al successo ottenuto all'Australian Open di poche settimane fa, l'americana ha conquistando il suo titolo dello Slam numero 23, scavalcando nella graduatoria dell'Era Open Steffi Graf, detentrice del primato assoluto. A
Serena resta ormai solo un ultimo obiettivo, quello di scavalcare Magaret Smith Court, a cui appartiene il primato all-time con 24 tornei Major vinti (di cui 11 nell'Era Open). Andiamo quindi ad esaminare varie statistiche, per confrontare la più giovane delle sorelle Williams con le altre grandi giocatrici della storia, e cercare di capire quali altri record possa ancora realizzare. Lo scorso anno la
vincitrice di 23 titoli dello Slam è arrivata a 186 settimane consecutive trascorse da numero 1 del Ranking WTA, eguagliando il record di Steffi Graf: proprio nella settimana in cui avrebbe realizzato il nuovo primato, è però stata superata in classifica da Angelique Kerber, che il giorno dopo aver vinto gli U.S. Open, è diventata la nuova numero 1. Serena è comunque tornata a comandare il Ranking dopo il successo all'Australian Open di quest'anno, e in questo momento ha un totale di 312 settimane in vetta alla classifica WTA: davanti a lei, ci sono solo Graf (377 settimane) e Navratilova (332). Steffi è forse irraggiungibile, mentre Martina è molto vicina, e difficilmente resterà al secondo posto in questa speciale graduatoria ancora
per molto tempo. Tuttavia, anche sperare nel primato assoluto, non è una pazzia: Serena è ancora la migliore, e per arrivare al primato le mancano 65 settimane, ossia poco più di 1 anno al vertice. Non impossibile per lei. Passando alle stagioni terminate al numero 1 della classifica, la situazione è la stessa vista per il numero di settimane totali: al primo posto c'è Steffi Graf (8), al secondo Martina Navratilova (7), poi Williams e Evert (5). In questo caso,
raggiungere il primato assoluto appare più difficile. Ma andando ad esaminare la situazione dei WTA Player of the Year, premio assegnato a fine stagione dalla WTA alla migliore giocatrice dell'anno (indipendentemente dal numero di punti conquistati), Graf e Navratilova restano ferme rispettivamente a quota 8 e 7 premi vinti, mentre Serena sale a 7, essendo stata premiata anche in 2 stagioni in cui non ha terminato l'anno come numero 1 del Ranking (2008 e 2012): considerando che ci
sono buone possibilità che anche quest'anno il riconoscimento venga assegnato all'americana, il primato appare davvero vicino, e potrebbe anche essere battuto nei prossimi anni. Anche per quanto riguarda il premio di ITF World Champion, Serena è a un passo dal record: in questa graduatoria, al primo posto c'è ancora Steffi Graf, con 7 titoli di Campione del Mondo ITF, poi Williams e Navratilova con 6. Capitolo WTA Finals. Martina Navratilova appare irraggiungibile, con i
suoi 8 titoli conquistati nel torneo di fine anno, ma Serena è al secondo posto, con 5 vittorie. Il dato davvero incredibile, per quanto riguarda la campionessa americana vincitrice di 23 tornei Major, è che ha partecipato alle Finals solo 9 volte, raggiungendo la finale in 7 occasioni. Ma non è tutto, perché nelle uniche due circostanze in cui non ha conquistato la finale, si è ritirata per problemi fisici, senza giocare tutte le partite della fase a gironi: sostanzialmente, Serena ha giocato 7
volte tutta la fase a gironi del Masters, e quando lo ha fatto, è sempre arrivata almeno in finale. Non avrà vinto quanto Martina, ma ha sempre dimostrato di essere la migliore quando ha potuto giocare tutto il torneo. Infine, esaminiamo la questione riguardante il Grande Slam. Maureen Connolly lo ha realizzato nel 1953; Margaret Smith Court nel 1970; Steffi Graf nel 1988. Serena non è mai riuscita a vincere tutti e 4 i titoli dello Slam nello stesso anno, ma per ben 2 volte è riuscita a vincerne 4 consecutivi, seppur distribuiti in stagioni differenti: nel 2002 ha infatti vinto Roland Garros, Wimbledon e U.S. Open, completando l'opera nel 2003 con il successo in Australia; poi, nel 2014 ha vinto gli U.S. Open, conquistando Australian Open, Roland Garros e Wimbledon 2015.
Quest'anno la più giovane delle Williams tenterà l'ennesimo assalto al "vero" Grande Slam, quello realizzato nello stesso anno, ma il fatto di aver vinto 4 Major consecutivi per 2 volte, a distanza di oltre 12 anni, è già qualcosa di incredibile, forse anche più della realizzazione di un singolo Grande Slam, perché significa aver dominato contro avversarie di generazioni diverse, in periodi molto
diversi sotto tanti punti di vista. Per concludere, il dibattito su chi sia la migliore di sempre continuerà ancora per molto tempo, e dare una risposta precisa e condivisa da tutti è oggettivamente impossibile. Ma i numeri di Serena Williams sono davvero incredibili, e la conquista di altri 2 titoli dello Slam, come abbiamo visto, la renderebbe la tennista più vincente di sempre nei 4
tornei più importanti dell'annata professionistica. Un obiettivo che è sicuramente alla portata della tennista americana, che a quel punto sarebbe la detentrice di quello che è probabilmente il record più importante per un giocatore di tennis. Ognuno ha la propria opinione, ma i numeri non mentono mai.
Federer irragiungibil e negli Slam Marco Di Nardo
L'ennesimo successo in un torneo dello Slam, all'Australian Open 2017, di Roger Federer, ci ha confermato che lo svizzero è ancora in grado di battere i migliori tennisti al mondo, e che scalzarlo dalla posizione di giocatore più vincente della storia, sarà difficilissimo per tutti, Novak Djokovic e Rafael Nadal compresi. I tre giocatori precedentemente citati, sono stati senza dubbio i più vincenti del nuovo millennio, e uno di questi, a fine carriera, sarà sicuramente il tennista ad aver vinto il maggior numero di titoli dello Slam in singolare nella storia. Federer è infatti l'attuale numero 1 in questa speciale graduatoria, ma molto probabilmente sarà anche il primo a ritirarsi, quindi Nadal e Djokovic avranno la possibilità di raggiungerlo ed eventualmente superarlo. Fatta questa premessa, raggiungere Re Roger, almeno per quanto riguarda i
record relativi ai tornei del Grande Slam, sembra veramente difficile per tutti. Andiamo quindi a vedere alcuni dei primati attualmente detenuti da Federer. Titoli nei tornei dello Slam (all-time) 1. Roger Federer 18 2. Pete Sampras 14 2. Rafael Nadal 14 4. Roy Emerson 12 4. Novak Djokovic 12 6. Rod Laver 11 6. Bjorn Borg 11 In questa graduatoria, come si può notare, Roger ha portato a +4 il vantaggio sul primo degli inseguitori dopo la vittoria di Melbourne. Nadal difficilmente potrà raggiungerlo, perché appare
difficile pensare che lo spagnolo possa vincere altri Slam al di fuori del Roland Garros entro fine carriera, e anche dovesse vincerne 1 tra Australian Open, Wimbledon e U.S. Open, dovrebbe trionfare comunque per altre 3 volte a Parigi solo per eguagliare il primato di Federer, cosa che sembra impossibile; Djokovic ha teoricamente più possibilità di aggiudicarsi diversi titoli dello Slam nei prossimi anni, ma anche per lui uno svantaggio di 6 titoli sarà difficile da colmare, considerando che Federer potrebbe non essere ancora sazio, e vincere il titolo Slam numero 19 entro fine carriera.
Finali nei tornei dello Slam (all-time) 1. Roger Federer 28 2. Novak Djokovic 21 2. Rafael Nadal 21 4. Ivan Lendl 19 5. Pete Sampras 18 Per quanto riguarda il record di finali Slam giocate, è incredibile pensare che solo fino a qualche anno fa, questo apparteneva a Ivan Lendl. Poi è stato superato in pochi anni da Federer, Nadal e Djokovic, e ora è solo numero 4 in questa graduatoria. Roger ha ora un vantaggio di +7 proprio sui 2 principali rivali, e anche in questo caso è difficile pensare ad un sorpasso del serbo o dello spagnolo sullo svizzero, anche se la situazione è più aperta
rispetto al discorso che riguarda il numero di titoli.
giocherà 'Nole', prima del ritiro.
Semifinali nei tornei dello Slam (all-time) 1. Roger Federer 41 2. Jimmy Connors 31 2. Novak Djokovic 31 4. Ivan Lendl 28 5. Andre Agassi 26
Partite vinte negli Slam (all-time) 1. Roger Federer 314 2. Jimmy Connors 233 3. Novak Djokovic 229 4. Andre Agassi 224 5. Ivan Lendl 222
Altro primato di Re Roger, è ovviamente quello relativo alle semifinali Slam. Qui il vantaggio è più ampio (+10 su Djokovic), anche se la rimonta è più semplice, considerando che Novak arriva in semifinale in quasi tutti i gli Slam a cui prende parte. Forse è il record più semplice da battere per il serbo, ma dipende molto da quante altre stagioni giocherà Roger, e quante ne
Qui non dovrebbero esserci problemi per il mantenimento del primato di Federer: 85 partite di vantaggio su Djokovic, sono più di 12 titoli dello Slam di distanza (senza vincere alcun match per forfait degli avversari). Oltre a tutti i primati citati, Roger ha anche il record di quarti di finale negli Slam (49), e i record di finali,
semifinali e quarti di finale consecutivi conquistati negli Slam. Il tutto ottenuto in un periodo temporale molto lungo: considerando solo le vittorie Slam, tra il primo successo (Wimbledon 2003) e l'ultimo (Australian Open
2017), ci sono quasi 14 anni di distanza, a conferma del fatto che oltre ad essere stato un vincente, Federer è stato in grado di vincere per tanti anni ad altissimi livelli, affrontando rivali di epoche tennistiche differenti, e
riuscendo sempre a migliorare il proprio gioco per adattarsi agli avversari. Un campione incredibile, con record (quasi) irraggiungibili, almeno negli Slam.
Daniel Evans Alex Bisi
Il britannico Daniel Evans è sicuramente uno dei migliori giocatori di questo inizio 2017, ha infatti stupito tutti con un ottimo rendimento nel mese di gennaio raggiungendo la finale nel torneo di Sidney e giocando un fantastico Australian Open.
nel 2016 47% nel 2017 52% Punti sulla prima di servizio nel 2016 28% nel 2017 30% Punti vincenti in risposta nel 2016 36% nel 2017 38%
La fase di gioco che il 26enne di Birmingham ha migliorato maggiormente, è la fase di risposta, analizzando le statistiche del 2016 rapportate a questo inizio 2017, noteremo come sia più aggressivo nei giochi di risposta.
Naturalmente siamo solo all’inizio, ma secondo le classifiche Atp Evans è al primo posto come conversione di break tra i giocatori che hanno avuto più di 50 palle break.
Break Point Convertiti nel 2016 39% nel 2017 52%
Sulla prima di servizio, il miglioramento è di solo 2 punti percentuali, ma è una statistica che ha più valore di quello che sembra in quanto la prima di servizio è sempre potente per cui ottenere punti è più difficile, quindi sono due punti percentuali ma di grande valore.
Games vinti in risposta nel 2016 20% nel 2017 25% Punti sulla seconda di servizio
Sulla seconda di servizio il salto è di 5 punti percentuali, che porta il britannico ad essere oltre la soglia del 50% quindi un rendimento molto alto. Anche sul suo servizio Evans ha ottime percentuali di salvataggio in situazioni complicate, tanto da evitare il break nel 60% dei casi con la prima di servizio, 4
punti in più del suo connazionale, attuale numero uno al mondo, Andy Murray. Per come è iniziato l’anno, Evans sembra lanciato verso un luminoso 2017, vedremo se riuscirà a mantenere le aspettative.
L'evoluzione di Ryan Harrison Marco Di Nardo
Dalla città del Re del rock ‘n’ roll Elvis Presley suona forte la chitarra di Ryan Harrison che trova a Memphis il primo acuto sul circuito maggiore di una carriera cominciata con mire ambiziose e che si sta, invece, lentamente arenando verso una mediocrità all’apparenza irreversibile. Il 2017 ha visto un nuovo Harrison, La terza evoluzione del ragazzo di Shrevenport, Louisiana, che a ventiquattr’anni pare aver trovato la quadratura del cerchio. La finale di chiude un filotto di dieci vittorie consecutive che hanno permesso allo statunitense di incamerare il challenger di Dallas prima e il titolo del 250 americano poi. Successi che, soprattutto, valgono ad Harrison il volo alla quarantatreesima piazza del ranking mondiale, mai così in alto in carriera. Gli Stati Uniti ora, assieme al
coetaneo Jack Sock, possono nutrirsi di nuove speranze per il futuro dopo gli anni bui col solo Isner a tirare la carretta di un movimento abituato al lusso dei campionissimi del passato e che si è ritrovato scaraventato tra la plebe tennistica. Harrison s’era presentato al mondo dell’élite del tennis in grande stile: sul palcoscenico di Indian Wells Ryan si era autocandidato come next big thing del tennis a stelle e strisce raggiungendo gli ottavi di finale della tappa più prestigiosa del calendario Masters 1000. In quel torneo Harrison sconfisse Chardy, Garcia-
Lopez e Raonic prima di chinare il capo dinnanzi a Roger Federer, non prima di aver giocato un match spregiudicato per una cosiddetta sconfitta onorevole. Spregiudicato come l’atteggiamento in campo e le dichiarazioni fuori quando rivelò di non essere sorpreso dei successi e quel livello sarebbe dovuto essere il suo standard di lì a poco. Una sbruffoneria sana, tipica del ragazzotto del college americano, che però si è ritorta contro il giovane Harrison. A luglio del 2011 l’ascesa dello statunitense proseguiva col primo ingresso nei 100, mentre
un anno dopo si arrampicava fino a entrare nella top-50. La rincorsa, tuttavia, s’è arrestata l’anno seguente quando, anziché progredire, la sua classifica arretrava in modo preoccupante fino a uscire dai primi 100 ad aprile. Da quel momento Harrison è entrato in un vortice di mediocrità fatto di cattivi risultati che lo hanno relegato a cavallo della top-100 costringendolo a scendere di livello e a ricominciare a frequentare il circuito cadetto, un balzo a ritroso per nulla banale, anzi. Nel 2017 è arrivata la svolta, nell’atteggiamento prima e nel tennis poi. Il
servizio è tornato a essere un fattore decisivo, così come la solidità mentale. Emblematico della rocciosa tenuta mentale lo svolgimento della finale di Memphis vinta per 6-1 6-4 contro Nikoloz Basilashvili. Il risultato lascerebbe intuire una vittoria comoda, ma tace le 12 palle break avute dal georgiano durante il match e tutte cancellate con autorità da Harrison. Un disegno calzante dell’andamento della finale può ridursi all’ultimo game con l’americano al servizio sul 5-4 per intascare il primo titolo Atp della carriera: Harrison vince il primo 15, poi cicca tre colpi dopo il servizio
regalando il 15-40 all’avversario e altre due chance per riaprire la finale. Da quel momento in poi, in sostanza, Basilashvili non ha più toccato la palla con due servizi vincenti e altrettanti ace. Deciso, sicuro, e finalmente vincente. A Memphis probabilmente è scattata l’era dell’Harrison versione 3.0, quella della maturità. Ne può gioire la USTA che, dopo aver pianto il roboante flop di Donald Young sconfitto proprio da Harrison nella semifinale di Memphis potrebbe aver trovato un nuovo asso nella manica.
L'alimentazio ne nel tennis: dalla teoria alla pratica Marco Di Nardo
L'alimentazione nel tennis, e più in generale nello sport, sta assumendo un ruolo sempre più importante negli ultimi anni. Ormai è infatti riconosciuta lʼimportanza di un corretto stile nutrizionale nellʼottenere la migliore performance sportiva. Concentrandoci sul
discorso nutrizionale legato al tennis, andiamo quindi ad affrontare una serie di temi che potrebbero risultare molto utili nell'organizzare un piano alimentare per il tennista, in particolare per amatori e agonisti. Gli esempi: Roddick e Djokovic Prima di affrontare un discorso pratico, andiamo a vedere quali sono stati due esempi, in campo professionistico, di tennisti che cambiando il proprio stile alimentare, hanno
ottenuto benefici importanti dal punto di vista sportivo. Il primo esempio è quello di Andy Roddick, giocatore del Nebraska capace, ad appena 21 anni, di conquistare gli U.S. Open e diventare il numero 1 del mondo nel 2003. Nonostante le sue incredibili doti tennistiche, il giocatore americano durante il suo miglior periodo dal punto di vista dei risultati, conduceva uno stile alimentare tuttʼaltro che salutare: a quanto pare il fast food era una scelta molto
frequente nellʼalimentazione di Roddick, e infatti durante le Olimpiadi del 2004 ad Atene, molti sportivi di altre discipline si stupirono di come un tennista di tale livello potesse mangiare in maniera così poco attenta. Tuttavia questa scelta con il passare delle stagioni non permise ad Andy di restare ad altissimi livelli, e infatti tra il 2007 e il 2008 lo statunitense non fu più in grado di raggiungere una finale nei tornei dello Slam. Così, nella preparazione invernale che precedeva lʼinizio della stagione 2009, Roddick iniziò una collaborazione con un nuovo allenatore, Larry Stefanki: il primo punto su cui si concentrò il nuovo coach fu proprio quello relativo allʼalimentazione. Addio fast food, lʼalimentazione del tennista di Omaha cambiò radicalmente, e i risultati arrivarono immediatamente. Roddick riuscì ad avere una continuità di risultati su tutte le superfici che non aveva avuto nemmeno quando
era stato il numero 1 del mondo nel 2003. Andy tornò in finale a Wimbledon dopo 4 anni e sfiorò lʼimpresa del successo, perdendo solo al quinto set per 14-16 contro lo storico rivale Roger Federer. Diversa, ma comunque sempre legata allʼalimentazione, lʼesperienza di Novak Djokovic. Il serbo fino al 2010 era stato un ottimo giocatore, ma incapace di fermare il dupolio Federer-Nadal, che restavano sempre i migliori giocatori al mondo. In pratica Novak era un ottimo numero 3: ma soffriva gli incontri molto lunghi
e faticosi, spesso aveva problemi fisici che lo costringevano a ritirarsi, e fu molto criticato per questo motivo. Ma Djokovic era lʼunico a sapere quale fosse la verità, pur non riuscendo a capire quale fosse la causa di tutti quei problemi fisici. Provò a cambiare preparatore atletico, la preparazione fisica stessa, e provò anche ad intervenire sullʼalimentazione mangiando in maniera diversa, ma senza ancora riuscire a centrare la soluzione vincente. Poi, dopo tanti tentativi, arrivò il cambiamento decisivo: provò ad escludere
completamente il glutine dalla sua dieta, e nel giro di due settimane, come egli stesso racconta nella sua autobiografia, tutti i problemi fisici erano spariti. Djokovic riuscì in questo modo a dare vita al suo dominio tra il 2011 e il 2015, con un'unica leggera flessione nel 2013, in cui fu scavalcato in classifica da Rafael Nadal, restando comunque al numero 2 del mondo. Dalla teoria alla pratica Passiamo ora al discorso legato all'alimentazione che precede la competizione, soffermandoci in particolare sui tornei "one-day", che a livello amatoriale e agonistico è il tipo di evento che attualmente sta riscontrando il maggior successo, ossia un torneo che si gioca in un'unica giornata. Esempio pratico: è domenica e dobbiamo giocare un torneo di tennis con la formula del one-day. Il primo incontro è programmato alle ore 14, e successivamente, in
caso di vittoria, dovremo continuare a giocare altre partite, con un intervallo di circa 30 minuti tra un match e lʼaltro. Per quanto riguarda lʼalimentazione relativa alla stessa giornata del torneo, come dovremmo comportarci? Un errore da non fare, innanzitutto, è quello di mangiare troppo tardi, ossia in un momento troppo vicino allʼorario del nostro primo incontro (ad esempio alle 13). Deve esserci un intervallo di tempo abbastanza importante (solitamente almeno 2
ore), tra il momento in cui si mangia e quello in cui inizia la performance sportiva, per evitare di fare sport mentre la digestione ancora non è stata completata. Questo intervallo temporale è comunque un dato soggettivo, che varia a seconda della digestione di ciascun soggetto, anche se indicativamente, se il primo incontro è programmato per le ore 14, sarebbe meglio mangiare in un orario intorno a mezzogiorno. Ma quali sono i macronutrienti che ci servono? Per ottenere
la migliore performance sportiva, ciò di cui abbiamo bisogno sono i carboidrati, che vengono immagazzinati nei nostri muscoli (e nel fegato) sotto forma di glicogeno. Il glicogeno è fondamentale, perché è la fonte energetica a breve termine che viene utilizzata dal nostro corpo per lʼattività fisica. Terminate le scorte di glicogeno, inizieremo a sentire la fatica e la nostra performance peggiorerà, ed è per questo che è importante attuare unʼalimentazione che ci permetta di arrivare al momento della gara
(partita di tennis) con la maggior quantità di glicogeno possibile. Dobbiamo però fare attenzione a quali carboidrati mangiamo, e in particolare allʼindice glicemico degli alimenti che introduciamo nella dieta che precede il torneo. Quelli ad alto indice glicemico, infatti, dopo la loro assunzione, a causa dellʼinnalzamento dei livelli di glucosio nel sangue, provocano la secrezione di insulina da parte del pancreas per contrastare questo effetto, con il risultato che i livelli di glucosio ematico scendano al di
sotto del livello normale. Invece di sentirci più forti, se introduciamo alimenti ad alto indice glicemico, dopo un paio dʼore dal consumo del pasto, abbiamo di nuovo fame e ci sentiamo più deboli, con un effetto sulla prestazione sportiva che sarà certamente negativo. Per questo motivo, nel pasto precedente al torneo (circa 2 ore prima dellʼinizio del primo incontro), dobbiamo prediligere alimenti ricchi di carboidrati a basso indice glicemico, come la frutta (con qualche eccezione). Pesche, mele, pere, albicocche, arance, kiwi, sono tutti frutti che nel pasto che precede un torneo possono essere consumati in grandi quantità. Anche le banane, spesso considerate come cibo da evitare per lʼalto indice glicemico, possono in realtà rappresentare un buon alimento nel pasto pregara, dipende dal loro grado di maturazione: una banana abbastanza acerba (colore della buccia tendente al
verde), può arrivare ad avere, sul 27-28% di carboidrati totali, addirittura lʼ82% di amido resistente, con una percentuale di zuccheri semplici (quelli che fanno aumentare lʼindice glicemico) inferiore al 10%; sarà poi la maturazione (colore della buccia che prima diventa giallo, poi tende al nero), a far sì che diminuisca nettamente la percentuale di fibra, e aumenti quella di zuccheri semplici (anche 88%). Una banana abbastanza acerba, quindi, ha un
indice glicemico basso, e può essere consumata senza avere successivi picchi glicemici e insulinemici che incideranno negativamente sulla performance sportiva. Durante lʼincontro, sarà poi importante lʼintegrazione dei carboidrati, che permetterà di risparmiare glicogeno. Solitamente, mentre si sta facendo attività sportiva, per lʼintegrazione vengono utilizzate le maltodestrine, che vengono diluite
nellʼacqua, e hanno il vantaggio di avere un assorbimento rapido. Queste vengono classificate secondo la destrosio-equivalenza, un valore numerico che va da 0 (amido complesso) a 100 (glucosio), che indica la lunghezza della catena glucidica delle maltodestrine. Più è alta la DE (destrosio equivalenza), più è corta la catena glucidica, e di conseguenza sarà più alta la velocità di assorbimento. Infine, se abbiamo vinto
il primo incontro, sarà importante integrare nuovi carboidrati prima dellʼinizio della partita successiva, sempre con lo scopo di risparmiare il glicogeno, per evitare di sentire la fatica troppo presto. Tra un match e lʼaltro, è però importante assumere carboidrati con alto indice glicemico, che ci permetteranno di recuperare velocemente le energie: in questo caso è meglio, per esempio, mangiare una banana abbastanza matura. Nella cena o nel pasto
che segue il torneo, è importante assumere quei macronutrienti che abbiamo limitato nel corso della giornata (proteine e grassi), fibre e sali minerali. Per recuperare il sodio perso durante lʼattività fisica, è sufficiente aggiungere un poʼ di sale agli alimenti. Con una spremuta dʼarancia, senza lʼutilizzo di integratori di sali minerali, possiamo recuperare i vari elettroliti persi. I grassi nell'alimentazione del tennista
Altro aspetto da non sottovalutare, è la quantità di grassi da introdurre nella dieta. Infatti, a seconda del tipo di attività fisica che si svolge, lʼintroito calorico derivante dallʼassunzione di lipidi può variare: negli sport aerobici in cui il dispendio energetico è maggiore (maratona, ultramaratona, ciclismo, ecc.) la quantità di grassi nella dieta deve essere leggermente superiore, perché in queste attività il substrato energetico maggiormente utilizzato dal nostro organismo è
rappresentato proprio dai lipidi; nel tennis (sport aerobicoanaerobico alternato), la quota deve essere inferiore. Tuttavia, quasi in tutti gli stili alimentari si dà importanza alla differenziazione tra i vari tipi di grassi: gli acidi grassi saturi, che non presentano doppi legami tra gli atomi di carbonio, si trovano soprattutto negli alimenti di origine animale e sono quelli a cui bisogna fare maggiore attenzione, perché un eccesso di questi grassi sembra essere collegato ad un innalzamento del colesterolo totale (e anche LDL, il cosiddetto colesterolo "cattivo"), quindi soprattutto nei casi di ipercolesterolemia vanno limitati; gli acidi grassi monoinsaturi presentano invece un doppio legame tra gli atomi di carbonio, e si trovano soprattutto in alimenti come lʼolio extravergine dʼoliva o lʼavocado; infine gli acidi grassi polinsaturi sono quelli che hanno più doppi legami tra i carboni, tra cui gli acidi
grassi essenziali come omega-6 e omega-3. Gli omega-3 si trovano soprattutto in alcuni tipi di pesce, tra cui salmone (soprattutto quello selvaggio), sgombro e sardine, e sono dati dallʼalimentazione del pesce con una particolare alga, motivo per cui si trovano in maggiori quantità nei pesci non allevati; buone quantità di omega-3 si possono trovare anche in uova, latte e derivati, se gli animali che li producono assumono molta erba verde (come nel caso del pascolo), o vengono alimentati con
fonti di questi acidi grassi essenziali. Se è quindi importante fare una distinzione tra i vari tipi di grassi, resta comunque importante non eccedere nellʼintroito calorico totale derivante dai grassi (indipendentemente dalla loro tipologia), questo perché livelli elevati di grassi nel sangue portano anche a livelli di zuccheri elevanti nel sangue, poiché i glucidi non possono fluire bene quando i livelli ematici di grassi sono elevati: il pancreas e le ghiandole surrenali sono quindi
costretti a lavorare di piĂš per abbassare i livelli di zuccheri nel sangue, e questo li induce ad affaticarsi e, infine, ammalarsi. Per concludere, una graduatoria di cibi ordinati secondo il contenuto in grassi (dal piĂš povero al piĂš ricco, grammi di grassi per 100 g). Per alcuni di questi, ho fatto delle specifiche ricerche prendendo in considerazione varie tipologie dello stesso alimento (marca o produzione differente), che presentano valori nutrizionali diversi: nella graduatoria, questi cibi
sono presenti nella tipologia che presenta il minor contenuto lipidico. Ribes 0 (g); zucca 0.1; ananas 0.12; pere 0.12; cocomero 0.15; uva 0.16; mele 0.17; melone 0.19; bieta 0.2; latte scremato 0.2; pesche o.25; prugne 0.28; fragole 0.3; fichi 0.3; farro 0.3; banane 0.33; prugne secche 0.38; albicocche 0.39; datteri secchi 0.39; spinaci 0.39; piselli freschi 0.4; riso basmati 0.4; albicocche secche 0.5; uva secca 0.5; cavoletti di bruxelles 0.5; kiwi 0.52; orzo perlato 0.8; petto di pollo 0.8; orzo perlato bio (Agribosco) 1.0;
lenticchie secche 1.0; latte di riso 1.0; latte di avena 1.1; latte parzialmente scremato 1.5; latte di soia 1.8; riso integrale 1.9; mele disidratate 2.0; fagioli crudi 2.0; pasta integrale 2.1; castagne 2.26; sorgo 2.3; bresaola 2.6; vitello 2.7; fichi secchi 2.7; bovino adulto 3.4; latte intero 3.6; latte di mandorla 3.9; Prosciutto Crudo di Parma magro 3.9; coniglio 5.9; ceci secchi 6.3; coscia di pollo 6.5; cavallo 6.8; maiale leggero 7.0; maiale pesante 9.9; ricotta di vacca 10.9; ricotta di pecora 11.5; ricotta di capra 12.91; avocado 14.66; prosciutto cotto 14.7; mozzarella 17; ricotta di bufala 17.3; Speck Alto Adige 19.1; Prosciutto Crudo di montagna 22; latte di cocco 24; mozzarella di bufala 24.4; Mortadella Bologna 25; Grana Padano 28; Parmigiano Reggiano 28.1; salsiccia di maiale 28.36; Salame Milano 31.1; cocco 33.49; salame cacciatore 34; salame ungherese 34; pistacchi bio 45; arachidi 49.24; pistacchi 50; noci 65; burro 81.
A volte anche i “tic” possono far bene… Florio Panaiotti
Avrete visto spesso i campioni dello sport fare sempre le stesse piccole cose, tipo qualche gesto motorio oppure qualche piccola azione che riguarda l’attrezzatura di gioco o il vestiario, dico bene? Si tratta di gesti o azioni che a volte i media chiamano ironicamente (e impropriamente) dei “tic”, ma spesso non è niente di tutto questo. Piuttosto si tratta delle routine, ovvero di procedure che si ripetono ciclicamente in determinati momenti della prestazione, e in particolare nelle pause del gioco. Per questo sono utilizzate soprattutto negli sport che per loro natura presentano molte pause. A cosa servono le routine? Hanno un duplice obiettivo. Da una parte servono a tenere sotto controllo la propria attenzione. Infatti svolgendo piccoli compiti ben conosciuti è più facile poi spostare il proprio focus sul gesto atleticoprestazionale da compiere. Dall’altra però le routine hanno l’utilità (non da poco) di tenere lontani i pensieri, e in particolare quelli negativi, questi sì assai pericolosi. Infatti se la nostra testa è occupata a svolgere un compito, più difficilmente si concentrerà sui pensieri negativi. Comprenderete quindi come possa valere la pena rischiare di essere tacciati per persone “un po’ strane” per ottenere questo risultato assai utile dal punto di vista prestazionale.
Due giocatori comunemente oggetto di questo tipo di commenti sono stati IIvan Lendl e Rafa Nadal, guarda caso due campioni notoriamente conosciuti come giocatori dalla grande forza mentale e dalle grandi capacità di tenuta nervosa. Tuttavia anche in molti altri sport si utilizza comunemente questo strumento, basti pensare al battitore di calci piazzati nel rugby o al lanciatore del baseball. Per crearsi la propria routine basta pensare a delle situazioni pratiche che si propongono nelle pause del gioco, come ad esempio il cambio campo oppure i secondi fra un punto e l’altro, e pensare ai gesti che
normalmente fate durante queste pause. Ad esempio c’è chi rimette a posto le corde, altri puliscono la linea di fondo (se siamo sulla terra), altri ancora controllano l’usura delle palline. Pensate a come fate questi gesti, ovvero se ricorre una consuetudine nello svolgimento degli stessi. Ad esempio se preferite usare le palline più usurate fra quelle a disposizione. Una volta rintracciati questi gesti, cercate di compierli ogni volta che si presenterà quella specifica pausa, facendo attenzione al risultato che volete ottenere. Vedrete che in breve tempo riuscirete a tenere più a lungo l’attenzione sul match, e farete meno pensieri negativi.
Naturalmente l’utilità delle routine dipende anche dal tipo di persona. Se siete persone alla Joh McEnroe, ovvero in grado di spegnere e accendere la vostra concentrazione in un attimo, ne avrete meno bisogno. Se invece fate fatica a rimanere con la testa sul da farsi allora è meglio che prendiate in considerazione la cosa. In bocca al lupo!
Goal Setting: una corretta formazione degli obiettivi nel tennis.
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Marina Gerin Birsa
Prefiggersi delle mete non è un concetto nuovo per atleti e maestri, ma a volte capita che essi non sappiano come fissare degli obiettivi, come vengono chiamati nel settore psicosportivo, “ben formati”: ci possiamo trovare di fronte ad obiettivi vaghi, discordanti, non stimolanti, male indirizzati, oppure troppo ambiziosi e quindi irraggiungibili. Sarà allora compito della psicologia dello sport sottolineare i vantaggi di un' adeguata formulazione degli obiettivi da raggiungere, lasciando al maestro e all’atleta il compito di decidere quali mete perseguire per ottenere un miglioramento delle prestazioni. Il Goal Setting o formazione degli obiettivi è uno dei punti chiave della preparazione mentale in ambito sportivo, anche se prefiggersi delle mete fa naturalmente parte di molti altri ambiti extra-sportivi come la scuola o il lavoro. Comprendere bene che cosa si vuole ottenere, in quanto tempo e con quale strategia accresce notevolmente le possibilità di avere successo e permette alla persona di avere un quadro ben preciso di quello che potrebbe essere anche solo un suo desiderio ma che deve diventare un
progetto con determinate caratteristiche: allora il desiderio si trasforma in realtà. E' importante fare chiarezza sulle nostre scelte e sul processo decisionale (decision making) che le accompagna: a volte c'è la spinta motivazionale giusta per lavorare su un obiettivo, ma viene a mancare il metodo, o si sbagliano i tempi: a volte ci si illude di raggiungere quello che desideriamo troppo presto e vanifichiamo tutti gli sforzi e le energie impiegate, infilandoci in una spirale di sfiducia. Vedremo come tutto questo può essere evitato con il Goal Setting. A tale scopo è essenziale: • Definire l’obiettivo in modo chiaro e preciso: il maestro deve cercare di spiegare all’atleta il perché della scelta di un obiettivo piuttosto che un altro, e
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la decisione deve essere presa di comune accordo. • L’obiettivo è significativo, è importante per l’atleta: una meta senza particolare significato perderà valore e non costituirà più una sana sfida. • Stabilire obiettivi specifici e misurabili: nel caso delle partite e dei tornei il compito è facile poiché ci si concentra sulla vittoria o su un piazzamento, per quanto riguarda misurazioni di tipo soggettivo (ad esempio migliorare la concentrazione) si useranno scale Likert (quanto sei migliorato su una scala da 1 a 10?). • Classificare gli obiettivi recenti, a breve, a medio e a lungo termine: nel definire la formazione degli obiettivi ho trovato interessante ed opportuno cominciare dall’obiettivo raggiunto più di recente dall’atleta. Parlare di un suo successo sportivo lo predispone
favorevolmente e gli fa comprendere quale potrebbe essere la logica meta successiva. • Dopo questo primo chiarimento, si può procedere con l’individuazione di un obiettivo a breve termine (meta da raggiungere per esempio in un mese), un obiettivo a medio termine (per esempio sei mesi) ed un ultimo obiettivo a lungo termine (per esempio un anno). • Privilegiare obiettivi di prestazione: esistono due tipologie di obiettivi, quelli di prestazione e quelli di risultato. L’obiettivo di prestazione si raggiunge migliorando un gesto atletico (migliorare la tecnica del rovescio o del diritto ecc.) o un’abilità mentale (l’attenzione, la comunicazione con il maestro), mentre un obiettivo di risultato è connesso con la vittoria in una competizione. E’ meglio porsi, nella fase iniziale del programma di Mental Training, obiettivi di prestazione e passare in un secondo tempo ad obiettivi di risultato, certamente più ambiziosi ma anche più imprevedibili. Dobbiamo precisare che lo scopo principale del goal setting applicato allo sport è quello di accrescere la fiducia in se stessi, innalzare il livello di autostima e fornire un senso di autoefficacia; tutto questo è più facilmente raggiungibile privilegiando obiettivi di prestazione, che sono maggiormente controllabili e gestibili. • Formulare l’obiettivo in termini positivi: la letteratura scientifica ci dimostra quanto sia deleterio e
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inefficace concentrarsi su una frase che contiene il NON (non devo fare così tanti errori, non devo stare così rigido sulle gambe). Solitamente così facendo otteniamo l’esatto contrario di quello che vogliamo: tassativamente dobbiamo trasformare questa frase da negativa a positiva (la mia mano è ferma, sono sciolto e rilassato, calmo e padrone di me, il movimento è fluido). • Progettare il modo di raggiungere l’obiettivo: il maestro fornirà all’atleta un preciso programma di lavoro, graduale e funzionale al nostro scopo. • Fornire una valutazione dell’obiettivo: al termine della
considerare anche gli obiettivi dello staff dirigenziale).
prestazione atleta e maestro cercheranno di analizzare nei dettagli la prova e di assegnarle un voto (la nostra scala Likert che va da 1 a 10).
conseguenza la valutazione dei possibili insuccessi rivestono un peso rilevante • dev’essere valutata la capacità di mantenere fede ai propri impegni • dobbiamo sapere di potercela fare (auto-efficacia) e credere nella fiducia nei propri mezzi • è rilevante anche l'abilità nel
E' importante considerare i sotto-obiettivi di ciascun atleta, che devono convergere nell'obiettivo comune del club (nel caso si lavori con un singolo atleta, si devono
La scelta degli obiettivi "ben formati" deve essere formulata in funzione di molti fattori: • la meta dev'essere importante, significativa a livello personale • devono essere valutate le conseguenze positive o negative • deve essere valutato l'interessamento di altre persone (compagni, staff, maestro, famiglia, amici) • le esperienze vissute in prima persona influenzano il processo di scelta dell'obiettivo • le aspettative di successo e di
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Problem solving Facciamo un esempio: l’atleta XY ha raggiunto recentemente un obiettivo per lui piuttosto significativo, dato dalla vittoria in un torneo al quale teneva molto. L’atleta ora definisce il suo obiettivo a breve termine: migliorare il gioco a rete. E’ un obiettivo di prestazione, è un obiettivo tecnico, attualmente si trova al livello 6 e fra un mese vorrebbe trovarsi almeno al livello 7. A medio termine (fra sei mesi) il nostro atleta XY vorrebbe concentrarsi sulla gestione degli appuntamenti nazionali ed
internazionali, valutati come piuttosto stressanti. E’ ancora un obiettivo di prestazione, è un obiettivo psicologico, attualmente si trova al livello 4 e vorrebbe tra sei mesi trovarsi almeno al livello 7. A lungo termine (fra nove mesi) XY desidera
vincere un torneo nazionale di importanza rilevante. E’ un obiettivo di risultato, è un obiettivo prevalentemente tecnico, attualmente si trova al livello 3 e vorrebbe trovarsi al livello 10. Se sei un maestro prova a far compilare questa tabella ai tuoi atleti, ragionando con loro sugli obiettivi più rilevanti da raggiungere ed orientandoli nella scelta. Ed ora proviamo a fare questo esercizio: se sei un atleta inizia a compilare la Tabella degli obiettivi partendo dall’obiettivo più
recente e poi passa quelli a breve, medio e lungo termine; la Tabella non ti servirà solo come promemoria, ma ti aiuterà a stabilire il tuo grado di ambizione, la fermezza e la risoluzione nella scelta della meta, il grado di concordanza con l’opinione ed il suggerimento del maestro.
Dopo circa un mese potrai verificare se l’obiettivo a breve termine (sempre se esso è stato fissato in trenta giorni) è stato raggiunto o meno. Prima fase: l’obiettivo più recente deve essere individuato in un miglioramento tecnico o psicologico o in una prestazione particolarmente buona relativa ad un periodo recente (ad esempio gli ultimi sei mesi). Seconda fase: definisci l’obiettivo che ti prefiggi di raggiungere a breve termine, specifica se si tratta di un obiettivo di prestazione o di risultato, se è un obiettivo tecnico, fisico o psicologico, valuta la tua preparazione attuale riguardo la meta da raggiungere e infine formula una valutazione sul miglioramento o conseguimento stimato. Le risposte vanno riportate nelle caselle apposite: nella terza e quarta fase ripeti la procedura concentrandoti sugli obiettivi a medio e a lungo termine.
Le partite si vincono o si perdono.. Federico Coppini
Le partite si vincono o si perdono in ragione di una somma complessiva di fattori, che comprendono la condizione fisica, il coraggio, l'intelligenza, l'esperienza e la qualità dei colpi che un giocatore esprime. Se la tua somma totale è superiore a quella del tuo avversario, vincerai; viceversa, perderai. In particolare, due sono i fattori imprescindibili su cui si fonda il tennis: la mente e il corpo. Il tennis è uno sport di ritmo e di principi scientifici di cui ogni individuo di media intelligenza e capacità può imparare e godere per tutta la vita. Il primo grande fondamento del tennis è allenarsi alla concentrazione, per imparare a restare sempre concentrati quando si è in campo. La concentrazione è un'abilità che si può acquisire. Un giocatore che è davvero capace di concentrarsi, in modo da impedire alla sua mente di vagare e di pensare ad altro mentre è impegnata durante la partita, è in grado di giocare al meglio in meno della metà del tempo rispetto a un giocatore che
dispone di un'attenzione media. La stanchezza ha generalmente un'origine più mentale che fisica. Ma per contrastarla all'allenamento mentale è necessario aggiungere quello fisico. L'allenamento del corpo va rivolto a sviluppare capacità quali la resistenza, la velocità, l'esplosività, la flessibilità, ma anche e soprattutto a imparare l'arte e la scienza di sapersi muovere sul campo da tennis. I campioni sono generalmente in tempo, se non addirittura in anticipo, nell'azione di gioco. Al contrario, i giocatori di club sono spesso in ritardo, oppure si ritrovano a correre
addosso alla palla prima di colpirla. La tecnica per ovviare al problema: Quando per arrivare a colpire la palla devi correre, parti velocemente sin dai primi appoggi, così da poter decelerare nei pressi della palla, in modo da controllare l'equilibrio e la posizione del corpo prima di colpire. “Se mi chiedessero di indicare un aspetto del tennis che è la più grande debolezza dei giocatori a tutti i livelli vi direi probabilmente la concentrazione. Quantunque possono essere buoni i colpi, i movimenti e i riflessi veloci, tutto è perduto se la mente non controlla ogni movimento”.
Otto Secondi Federico Coppini
Il servizio è un colpo fondamentale che però non dipende solo dal braccio e dalla vostra tecnica. Tutto parte dalla propria testa. Ecco come sfruttarla al meglio. La capacità di eseguire un buon servizio in termini percentuali e di velocità risiede nella testa, cominciando con l'immagine del colpo e ricordando (l'immagine è basata sulle passate esperienze) quanta forza (la misura o l'intensità del colpo) abbiamo usato nel passato per un servizio simile. Il feeling è un'abilità acquisita basata sulle passate esperienze. Risiende nella banca della memoria e gioca una parte fondamentale nella creazione dell'immagine del colpo. Ci sono due tipi di “memoria muscolare”: l'andare in bicicletta è un buon esempio di memoria muscolare a lungo termine, immagazzinata nella testa e mai più dimenticata Ognuno ha un secondo tipo di memoria muscolare, chiamata a “breve termine”: pensieri e sensazioni che svaniscono dal nostro corpo e dalla mente alla velocità del 30% ogni otto secondi. Un esempio di questa
memoria è il pizzicotto: in otto secondi circa un terzo delle sensazioni è persa. Negli otto secondi successivi si lascia un altro terzo delle sensazioni e così via fino a dimenticarla del tutto. Molte operazioni umane funzionano con lo stesso tempo degli otto secondi, così è stata chiamata “costante del tempo” della memoria a breve termine. E' anche una buona misura di quanto si perde della consapevolezza acquisita nell'esecuzione del servizio. Entrambe, sia quella lunga che quella a breve termine, sono importanti nel servizio. Una volta che hai imparato e sentito il feeling del colpo verrà memorizzato nella memoria a lungo termine e non sarà dimenticato.
Verrà recuperata la sensazione così come quando si riprende la bicicletta dopo tanti anni. Molto è stato scritto riguardo a cosa pensano i giocatori di tennis che hanno nel servizio il loro colpo più forte. Il tutto è molto soggettivo!. Qualcuno si concentra sul “sentire il ritmo” come se fosse una melodia; altri cercano di sentire saldi gli appoggi con un piccolo piegamento della gamba anteriore. Fondamentalmente è avere in mnete un'immagine del gesto che comprenda il controllo del proprio canale sensoriale preferito (rumone dell'impatto con la palla, immagine visiva del gesto perfetto, sensazione muscolare....) e la focalizzazione su quest'ultimo nella fase
precedente l'esecuzione del servizio. Inoltre l'atteggiamento mentale più diffuso tra i buoni battitori è la consapevolezza di giocare un colpo conclusivo, la ricerca costante del colpo conclusivo, del colpo vincente con il servizio o col colpo successivo. LE TECNICHE PSICOLOGICHE Tale tecniche intervengono nel miglioramento della programmazione delle fasi precedenti il servizio come il controllo dello stato di energia psicofisica migliore per l'esecuzione, la ricerca del rilassamento muscolare, la programmazione dello schema di gioco che si ipotizza di voler mettere in atto, il controllo della
respirazione prima e durante l'esecuzione del servizio..... COME ALLENARSI Esercizio 1 Provate ad eseguire una serie di servizi facendo particolare attenzione a rispettare le seguenti fasi: A- Scegliere insieme al vostro coach due obiettivi tecnici o tecnico-tattici, facendo bene attenzione ad averne uno principale e uno secondario; B- Eseguire il primo servizio cercando di porre l'attenzione sull'obiettivo principale e in parte su quello secondario; C- Trattenere il finale del movimento per uno o due secondi per cercare di trattenere il più possibile la sensazione in memoria; D- Cercare di eseguire il servizio successivo non
oltre otto secondi dopo il precedente; E- Prima di eseguire il servizio successivo riprogrammare l'attenzione sugli obiettivi primari e quelli secondari; F- Ricominciare il ciclo. Esercizio 2 Ponete particolare attenzione alla gestione del tempo tra un servizio e l'altro. A- prendere circa 3-4 secondi per respirare e curare il recupero fisiologico dal punto precedente; B- Usare circa 3-4 secondi per decidere come impostare, in linea di massima, il punto che andrete a giocare; C- Prendere una decisione: è fondamentale sapere sempre cosa si vuol fare prima di eseguire un'azione; D- Controllare lo stato di attivazione: verifacate se siete scarsamente energici o troppo agitati; E- Se siete trppo agitati respirate profondamente 3-4 secondi. Respirate di pancia e non di petto. F- Se troppo rilassati eseguite alcuni saltelli prima di servie e respirate di petto e non di pancia. G- Eseguite il servizio è fondamentale nel momento dell'esecuzione del servizio non pensare più a nulla se non eventualmente a cercare di prepararsi al colpo successivo.
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potente, equilibrato e ritmico, i primi attimi sono critici. È meglio stabilire uno schema che funzioni bene e ripeterlo sempre, sia che si tratti di far rimbalzare la pallina un certo numero di volte o fermarsi per un periodo di tempo stabilito prima di iniziare il movimento. Federer non affretta la prima sequenza di movimenti. Le mani
giocatori oggi lascia la racchetta dritta leggermente indietro, come fa Federer qui. Questo serve ad evitare che la racchetta rimanga ferma al suo punto più alto (un disguido simile può rovinare l’accelerazione della testa della racchetta). Federer piega le gambe e sposta l’energia sui quadricipiti. 3. Mentre la pallina sale, il braccio destro di Federer è piegato e il polso sciolto. Molti giocatori nei club stringono il manico della racchetta con una presa mortale. Questo crea tensione nel polso e nell’avambraccio e la tensione è il nemico dell’accelerazione della testa della racchetta. Il lancio di Federer è dritto e
iniziano assieme e la racchetta viene tirata indietro e colpisce la palla mentre la mano sinistra è lasciata cadere. 2. Il servizio ha molte parti in movimento e deve essere coordinato. Ma il modo di coordinarlo è cambiato nel corso degli anni. Invece di lanciare la pallina e alzare la racchetta alla stessa velocità, la maggior parte dei
verso destra, circa a ore 2. la torsione della spalla è tale che l’avversario ora vede la sua schiena, per cui è difficile leggere che tipo di servizio colpirà. 4. Eccola: la famosa posizione del trofeo. Ma ecco di cosa non parla la gente riguardo a questo momento del servizio: dove si trova il battitore, in relazione con la pallina. Federer è quasi
Il Servizio di Federer
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Federico Coppini
Il 18 volte campione del Grande Slam ha uno dei servizi più morbidi e accurati dello sport. 1. Poiché il servizio deve essere
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sotto ad essa con il petto puntato in alto, mentre la guarda. La racchetta è a metà giro e sta per scendere. Da qui, Federer può saltare in alto verso la pallina, trasferendo tutta l’energia nel servizio. 5. Alla partenza della pallina la racchetta di Federer è al suo punto più basso. Questa è la chiave. Le gambe, il torso e il petto si stanno rialzando ma la racchetta non ha ancora iniziato a muoversi in avanti. Il suo movimento intero aveva un proposito e cioè di creare le condizioni ideali perché la racchetta balzi in avanti il più velocemente possibile. Tutto questo per aiutare il braccio ad andare più
Federer più spazio per schiacciare la pallina nel rettangolo di servizio da un’angolazione più favorevole. La testa rimane alta e gli occhi stanno sul punto di contatto fino a ben dopo che la pallina ha lasciato la racchetta. 7. In questa immagine la testa di Federer è ancora alta, anche se il colpo è quasi completo. Il polso ha ruotato in basso sulla palla e il suo slancio è nel campo. Tiene il braccio sinistro vicino al corpo per mantenere l’equilibrio. Il servizio è un colpo violento e potente ma Federer lo fa sembrare decisamente morbido e senza sforzo. 8. Federer finisce proprio dentro alla linea di fondo con il piede sinistro. Il piede destro scalcia indietro, il che
velocemente. 6. Ecco un immagine di come dovrebbe essere un servizio subito dopo il contatto. Il braccio della racchetta di Federer è completamente steso. Il corpo è leggermente arcuato, poiché si sta muovendo sia verso l’alto che in fuori (il servizio è un po’ come una capriola). L’altezza della racchetta dà a
aiuta l’equilibrio e le ginocchia sono piegate. Ora sta guardando dentro il campo ed è ben posizionato per potersi muovere sia a sinistra che a destra dopo uno split step.
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Lo schiaffo al volo di dritto di Maria Sharapova Federico Coppini
1. Sharapova sta di traverso sulla rete con una base ampia e il peso sul piede indietro
Pochi giocatori colpiscono lo schiaffo al volo di dritto spesso, o altrettanto bene, quanto Maria Sharapova. Lei lo pratica da quando era bambina ed è diventato un colpo anche più importante da quando ha subito un infortunio alla
spalla più di cinque anni fa, perché pone meno stress sulla spalla rispetto ad uno smash. Sharapova inizia con la testa e gli occhi rivolti verso l’alto guardando la pallina. La racchetta è dietro e il braccio sinistro è steso per aiutare a mantenere l’equilibrio.
2. Quando inizia a spostare il peso in avanti, i suoi occhi rimangono fissi sulla palla.
Molti giocatori all’interno dei club tennistici colpiscono con la testa della racchetta. Se state colpendo liberamente e correttamente, il tacco della racchetta accelererà per primo, come mostrato qui, e il resto del telaio colpirà. Notate
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che il tacco punta alla pallina, che ora è sopra e davanti alla testa di Sharapova. Il suo braccio sinistro cade a lato quando il corpo ruota per il colpo.
3. Essendosi spinta in avanti per il colpo, tutto il peso di Sharapova è ora sul piede avanti.
Sharapova esegue il contatto davanti al corpo, all’altezza delle spalle. Al momento del contatto il gomito forma un angolo di 90°, che è perfetto. Il piatto delle corde è di fronte alla pallina e Sharapova la impatta in modo evidente.
Sì, il topspin è importante in questo colpo, anche se la palla è molto alta.
4. Sharapova tocca la palla in modo lieve ma stende completamente il braccio verso il bersaglio. La completa rotazione della spalla di Sharapova le fa affrontare la rete col
peso in avanti. Da questa posizione può facilmente atterrare, eseguire uno split step e essere pronta per il colpo successivo se questo non è subito vincente.