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Fòla - ’l cavrèr in tribünal

Da “Li fòli dala nòna cuntadi ‘ndai filò” di Elisa Polla

ci sono fasci enormi di carte. Entra il giudice, ma il ragazzino capraio non sembra impaurito, si guarda attorno sorpreso.

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Il Giudice si rivolge al ragazzo con voce imponente: “Siete colpevole di aver lasciato che le capre mangiassero le cime dei mughi e delle piccole piante, impedendo loro sto modo di difendersi del ragazzo e resta un attimo a riflettere poi dice: “Bravo Tonino, hai saputo difenderti, non con una scusa, ma con una domanda pronta e intelligente, meriti che ti venga condonata la multa!”-

Al ghiciöl - Tradizione Anche il capraio riceveva il

Alla bella età di 92 anni, ospite della RSA “Abelardo Collini” di Pinzolo, il famoso “Trocadero” di Tione ripercorre la storia della sua vita in un racconto avvincente che si snoda lungo tutto il secolo scorso a partire dall’agosto del 1931 data della sua nascita. Chi non ricorda la famosa “Pasticceria Trocadero” sul viale di Tione, una delle prime in Giudicarie, che aprì nel 1974 e che gestì fino al 1988, dove oltre a vendere prelibati dolci intratteneva i suoi clienti con storie e aneddoti.

A proposito, nel racconto svela il motivo di questo di crescere e siete multato per 15.000 lire!” (salario di tutta la stagione).

“Ma, sior giüdice, le mie cavre hanno mangiato le cime picióle e devo pagare una mülta così grande? Ma voi per fare tüta questa carta (segnando gli scaffali colmi di faldoni), quante piante grandi avete tagliato…?”.

Il giudice è sorpreso da que- ghiciöl.

Nell’antica tradizione il ghiciöl era un panino rotondo di sapore gradevole quasi come un dolce pan dulz che veniva dato dala güdaza-madrina ai fiòz-ai figliocci in particolari occasioni dell’anno.

Questa tradizione si è poi evoluta e il ghiciöl veniva fatto trovare sul tavolo in occasione della festa dei morti per dimostrare ai bambini che le madrine mantenevano la loro promessa di sostenerli sempre, anche dopo la morte.

Ai nostri tempi (miei e di chi mi racconta), anni ’40’50-’60 del secolo scorso, in molti paesi della Val Rendena e delle Giudicarie, il ghiciöl si era già trasformato in munéda, centésam - centesimi - e veniva dato ai ragazzi- ni che tutte le mattine alle 6, per tre o quattro mesi estivi, suonavano la trumba del cavrèr per il raduno delle capre e ai cavrèr che il giorno dei Santi andavano di casa in casa a raccogliere le offerte per il lavoro svolto durante l’estate.

L’usanza del ghiciöl si è mantenuta ancora per pochi anni; veniva dato sotto forma di mancia, di poche lire, nel giorno della festa dei Santi ai chierichetti che suonavano le campane tutto il giorno: era veramente faticoso dato che le campane si suonavano tirando le corde a mano.

In diversi paesi delle Giudicarie era chiamato chiciöl e veniva dato pure come mancia o dono in diverse occasioni.

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