Giornale delle Giudicarie marzo 2022

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Il Saltaro

MARZO 2022

Mosche, insetti e vermi, prelibatezze contemporanee

Col freddo che fa non c’è riparo. Oddio, l’osteria della Maroca non è male, riscaldata da una vecchia stufa a “olle”, garantisce tepore ed entusiasmo a sufficienza per riprendere i confronti d’umore e di pensiero politico boicottati da Dio e dai mille virologi che per anni ormai ci hanno costretti in casa a meditare sulle altalene umane che quando sembra che tutto fili a meraviglia, basta un microscopico Virus per stenderti a terra, non proprio, ma stenderti sul canapè in attesa che passi la giornata, nella noia della solitudine, e della non sempre gradita compagnia della suocera saccente. “Finalmente liberi” sembra dire l’Abele, contento di poter rivedere finalmente i vecchi sodali: l’Arcadio, a prima vista di molto dimagrito, el Gelindo, barbuto come non lo era mai stato, l’Eusebio, dalle “braghe” rattoppate, fatte più di rattoppi che del tessuto originale, el Fiorani, che balbetta con l’intero viso, con la voce, con le ciglia tremolanti e le orecchie caduche, ma gran cervello fino, e il sindaco Filippo, santo protettore per l’occasione. La vecchia Maroca, prudente come sempre, ha lasciato l’osteria in provvi-

soria gestione alla Paradisa, sua coetanea. Tutti bene, chi più chi meno, e tutti ansiosi di riprendere i saggi ragionamenti del passato. Il virus sembra finalmente sconfitto, basta mascherine, forse al chiuso, come nel loro caso le mascherine sarebbero ancora d’obbligo, ma il sindaco Filippo, dall’alto del suo carisma, le ha abolite ovunque: “Basta mascherine, mi hanno rotto...Guardiamoci in faccia finalmente, riprendiamoci la nostra libertà...” Applauso unanime, mai più mascherine. “Paradisa, portaci un fiasco di quello buono, senz’acqua, spero che la Maroca non ti abbia insegnato i suoi trucchi...” dice col suo vocione l’Abele. Non che la Paradisa sia tanto meglio della Maroca, veste come una zingara di prima della guerra, ha capelli giallognoli che sembrano di stoppa, una faccia scarnita da vecchia arpia, ma il suo mestiere lo fa bene, e questo basta. “Vengo ora dal rifugio di Val Bona, sono stato invitato a pranzo da alcuni amici, che mangiata, per Dio, sono proprio pieno...” confessa il sindaco Filippo. “Anch’io...durante questa clausura ho solo mangiato e sono cresciuto di peso...e non di poco!” con-

ferma el Gelindo. “Ormai è stato il mangiare il pensiero principe di questi mesi di chiusura, e la moglie: cosa facciamo oggi a pranzo...ti va bene questo...o questo... o quest’altro...una bistecca al giorno, abbiamo svuotato il freezer...” racconta il Fiorani, l’arguto. “ Già, adesso si pensa quale cibo scegliere per pranzo e cena, ma quando eravamo bambini, era già molto se c’era un po’ di pane e salame o una fetta di polenta avanzata...com’è cambiato il mondo...” dice l’Eusebio con non poca tristezza. E poi riprende il bandolo il sindaco Filippo: “Ho letto da qualche parte che oggi gli Italiani divorano una cinquantina di chili di carne all’anno. Ai nostri tempi si mangiava la gallina ripiena il giorno della sagra, e altrimenti quando c’era in tavola una gallina o era malata o c’era il nonno malato….allora si mangiava si e no una decina di chili all’anno e basa manina. Talvolta quando in malga moriva una manza o un vitello, lo si attaccava al muro nel mio corridoio e lo si vendeva a “tocchi” e venivano tutti, non tanto per la carne, quanto per essere solidali con chi aveva subito il danno alla propria stalla. Pesce non se

ne mangiava, se non qualche trota in casa dei pochi pescatori, oggi anche da noi, in montagna, si mangiano circa 15 chili di pesce di varie specie….oh..mangiamo di più adesso, tanto di più, ma non saprei se oggi mangiamo anche meglio...” lascia tutti con un interrogativo non da poco sul tavolo il sindaco Filippo. “ Mah…- interviene l’Arcadio competente in materia, per vent’anni ha fatto il cuoco nei cantieri delle dighe in val di Daone, faceva da mangiare per mille e più operai, e di cibo se ne intende - ...ma si, adesso i cuochi sono degli specialisti, fanno le scuole, imparano bene, si guarda più alla tecnica del cucinare che agli ingredienti che si usano...sono scomparsi i sapori originari, ormai i prodotti sono tutti uguali, tutta roba industriale, si cucina sempre meno in casa e allora non si tramandano più le vecchie ricette, i vecchi sapori...” A questo punto è il Fiorani che dice la sua: “Ormai non si ricordano più i cibi prelibati delle sagre o dei grandi avvenimenti in paese...chi tra le nuove generazioni ricorda la “polenta concia” a base di burro fatto in casa, la polenta e osei, la boia, la lepa, i fradagoi, el brò brusà, i fa-

soi enbraghe, l’mpoarada, la gallina coll’”impium”, el sanch rostì, le greppole, ...ormai i cibi genuini sono rimasti pochi, come poche sono le persone che si dedicano alla cucina...purtroppo questo non va bene, di solito la quantità non genera mai la qualità.” E l’Abele cerca di tirare qualche conclusione: “ L’è inutile contarsela e girarghe entorno: cinquant’anni fa le donne italiane cucinavano per quattro ore al giorno, oggi la donna scongela per circa mezz’ora al giorno. Lavorano un po’ tutti, donne comprese, a mezzogiorno nessuno torna a casa a pranzo. Si mangia in ufficio, a scuola, in mensa, il fast-food, si mangia un panino trangugiandolo in piedi, tutti modi di saziarsi che hanno sostituito la cucina casalinga. Il pranzo del mezzogiorno ormai lo si vive il sabato (non sempre) o le feste comandate.” “Il bello è che adesso che ognuno di noi che mangia più di 800 chili di cibo all’anno, che le vacche hanno raddoppiato la produzione del latte, che le galline fanno due uova al giorno, che i vitelli si gonfiano in un paio di mesi, che la verdura sempre più verde e i pesci sempre più lucidi, che si possono ricavare 120

Cosa MEttiamo Un locale nel comune di Sella Giudic

chili di prosciutto con solo 100 chili di maiale ( gonfiandoli con i polifosfati), adesso l’unica preoccupazione degli Italiani è diventata quella di ridurre il peso corporeo. Per fortuna che avanzano in ogni parte del mondo e recentemente anche in Europa, nuovi alimenti a base di fibre di cellulosa che possono sostituire i cibi tradizionali, ma ancora meglio recentemente l’Europa ha autorizzato anche da noi una nuova cucina a base di insetti: grilli, larve, vermi, cavallette, scarafaggi, tutti insetti commestibili, trattati e trasformati in farine impiegate poi nella produzione di alimenti.” così ha concluso il sindaco Filippo che aggiunge: “A parità di peso il cibo preparato con questi componenti conterrà circa un 40% di calorie in meno rispetto a quello tradizionale. Non è il massimo, a qualcuno farà anche schifo, ma oggi come oggi non sembra un problema...” Il vostro Saltaro basito, lascia i sodali continuare nei loro lungimiranti ragionamenti e se ne torna nell’alto dei cieli. Ha preso appunti e non vede l’ora di discuterne con i Santi Protettori della nostra terra….modernizzazione sì, ma vermi e scarafaggi no! Mai!


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