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Il non voto, che è un voto da interpretare con responsabilità
tivo suo e del suo partito, e sembra essere la politica estera il terreno su cui cercherà di imboccare strade diverse. In quanto all’opposizione, il Pd, anche alle prese con un importante rinnovo interno, da pochi giorni guidato dalla Schlein, è riuscito a non farsi sorpassare dai grillini ormai ridotti, a livello regionale, ad un partitino che non va oltre i confini di qualche regione del sud e niente di più. Da segnalare che il Pd e l’ M5S si sono presentati divisi dove (nel Lazio) avevano maggiori probabilità di successo e uniti ( in Lombardia) dove ne avevano meno.
Calenda e Renzi hanno, invece, cercato con la consueta abilità di far leva sulle contraddizioni della maggioranza, senza però raccogliere grandi profitti.
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Fatte queste necessarie precisazioni, sarebbe un grave errore non parlare, così come avviene da troppi anni, del fortissimo astensionismo degli aventi diritto al voto, in ambedue le Regioni in questione. Nemmeno il 50% dei votanti! Anzi, in Lombardia (1.504 comuni) ha votato il 41% (rispetto al 70,63% alle precedenti elezioni, pur votando un solo giorno) degli aventi diritto, e in Lazio (378 comuni) il 37,2% (66,55). Già alla vigilia, ormai convinti della probabile vittoria del centro destra, era l’astensione lo spettro più temu- to. Tanto per capirci, nelle due Regioni più rappresentative del nostro Paese, ha votato 1 elettore su 3. Questo non significa, come ha detto qualcuno, che la vittoria del centrodestra è ridimensionata dalla bassa percentuale dei votanti, un’ affermazione, questa, uscita dai santuari della sinistra, che ha poco senso. Come a dire: i non votanti hanno fatto la differenza perché erano tutti dalla nostra parte. Bisogna invece ragionare sul fatto che l’astensionismo sta dilagando in tutta Italia anche dove fino a qualche anno fa si recava alle urne oltre il novanta per cento degli elettori. Si astengono cittadini che prima consideravano il voto tra i diritti e doveri fondamentali. Se oggi questo elettorato non partecipa significa che non si sente più rappresentato. Vince l’antipolitica. Altro che populismo, è la frattura tra il Palazzo del Potere e chi del potere è ormai convinto di essere vittima. Sono molti i fattori in ballo: la scomparsa dei partiti storici, lo svuotamento delle ideologie, lo scarso appeal dei candidati che ormai navigano nella mediocrità, l’incapacità di parlare con il popolo, di comunicare con efficacia, la confusione e l’inconsistenza dei programmi. Ma anche e soprattutto le mille difficoltà che l’uomo “comune” incontra nella vita di tutti i giorni. Tutte cose che sommandosi pro- vocano l’implosione. Una crisi che colpisce a destra, a sinistra e al centro. Una gran parte di elettori, di qualsiasi colore, non si trovano più rappresentati, compresi, aiutati, incoraggiati. E a questo punto recarsi ai seggi elettorali diventa ormai una seccatura. Peccato che il non voto, anche se massiccio, non viene tenuto nel minimo conto dal sistema attuale dei partiti, se non con qualche parola di circostanza. Sono convinto che se gli elettori fossero tre in tutto, i partiti se li spartirebbero in percentuale per aggiudicarsi la vittoria. Infischiandosi degli assenti: sono loro che alla fine hanno sempre torto.
Mi rendo conto che più gli anni passano più è sempre più impegnativa la professione del Saltaro. Da secoli custode della nostra vita di montagna, del nostro convivere sereno, delle nostre tradizioni, dei nostri angoli di paradiso sparsi un po’ ovunque sul territorio delle Giudicarie, da qualche tempo sono allarmato, il mondo sta cambiando, sono cambiate mille cose, e va bene! Ma che cambi anche l’alimentazione non lo posso accettare. Dopo aver mangiato polenta e formai “a disnar e cena” per secoli - basa manina! - dopo aver riempito la sporta in cooperativa con qualche cibo via via sempre più sofisticato, adesso che siamo ormai clienti fissi di supermercati e negozi d’ogni tipo, adesso che ci possiamo permettere leccornie d’ogni parte del mondo, adesso che ci godiamo giornalmente la cucina in Tv con cuochi sopraffini che sfornano piatti allucinanti, di una bellezza straordinaria, con colori da far innamorare anche la la donna più indolente del mondo, proprio adesso che il cibo è entrato a far parte dei paracarri indistruttibili della felicità, ti arriva come al solito la “trovata” blasfema dell’UE, dell’Unione Europea. “Fermi tutti... bisogna cambiare alimentazione, ne va della nostra salute ...” e giù un sacco di cavolate che mi hanno indignato profondamente. Cosa abbia a che fare un Italiano con il latte ottenuto dai piselli (io ho sempre creduto che il latte fosse un dono di Dio dato all’uomo dalla bonomia di vacche, capre e pecore), con la farina di tarme, coleotteri allo spiedo, grilli e ragni ridotti in farina, larve per hamburger, e magari con del buon vino annacquato per liberarlo dall’alcol. Lista di pietanze di fantasia? Non proprio. Mi dicono che sono alcune idee attualmente in discussione a Bruxelles e che verranno proposte quanto prima. Roba da matti, innovazioni che rischiano