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La comunità di Tione e la sua resistenza per salvare la famiglia Knoedel

di Giuliano Beltrami

Il paese nascose una coppia ebrea, originaria di Padova, nel 1940, per salvarla dai rastrellamenti nazifascisti e dall’invio nei campi di concentramento.

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27 gennaio 1945: le truppe dell’Unione Sovietica entrano nel campo di sterminio di Auschwitz, liberando i pochi derelitti, impauriti, affamati, distrutti nel corpo e nell’anima che i nazisti non avevano ancora bruciato nei forni. Quella data diventa uno spartiacque: diventa il simbolo mondiale della memoria contro la sopraffazione e la violenza.

Lascia stare che poi, come accade in Italia, dove si decide sempre per tifoserie, qualcuno ha stabilito che se c’è la memoria ci deve essere pure il ricordo, perciò il 10 febbraio viene istituito il Giorno del ricordo per celebrare le vittime delle foibe. Se ci è concesso un parere personalissimo, evidentemente vanno ricordate tutte le vittime degli Olocausti, delle ingiustizie, delle violenze collettive. Sarebbe stato bello celebrarle tutte insieme, perché i morti non hanno co- lore. Ma questa è un’altra storia.

Torniamo alla Giornata della memoria. In quell’occasione Vincenzo Zubani (ex sindaco di Tione) ha deciso di rendere pubblica una storia che ha visto protagonista la comunità di Tione in un’azione di resistenza al nazismo.

Attenzione, protagonista non significa necessariamente attivista: si può essere protagonisti anche nel silenzio, più che mai prezioso nella circostanza. Perché poteva bastare una parolina sussurrata all’orecchio giusto per mandare a morte una famiglia, e magari pure chi aveva offerto ospitalità.

Tione, 1940. In quel tempo il primario del reparto di chirurgia del glorioso ospedale mandamentale di Tione (l’ospedale dei giudicariesi) era un dottore di Padova che di cognome faceva Rui, il quale aveva come assistente suor Camilla, che chi

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Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 1129 ha una certa età ricorda come bravissima operatrice, sempre disponibile ad aiutare chi ne aveva bisogno. Il ricordo è andato oltre quel periodo, perché la suora fu assistente anche dopo, ai tempi del dottor Chesi, per lunghi anni a capo dell’ospedale di Tione, un’istituzione vera.

Zubani crede che fosse la primavera del 1940 quando il primario Rui fu informato che una famiglia ebrea di Padova, evidentemente di sua conoscenza, stava vivendo la situazione difficilissima che vivevano tutti gli ebrei. Il 1940 è l’anno di entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania di Hitler, due anni dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali che tolsero gli ebrei dalla vita pubblica, dalle scuole, dal lavoro e dalla società. E’ il momento in cui venivano presi, caricati sui treni e spediti nei lager, da dove in pochi sarebbero tornati.

Il destino della famiglia di conoscenti del dottor Rui era segnato: dovevano nascondersi, abbandonare la casa per non essere portati dai tedeschi in Germania in un campo di concentramento.

Il coraggio... O ce l’hai o non ce l’hai, come dice Alessandro Manzoni. Il dottor Rui lo aveva. Come racconta Zubani, “non ebbe esitazioni: fece venire a Tione i due componenti della famiglia, Ermanno Knödel (nato nel 1906, commerciante, apolide, ossia senza patria) e la moglie Giovanna Müller, di un anno più giovane”. Arrivati nel paesone delle Giudicarie, i due furono nascosti per qualche tempo dal medico e dalla suora nell’ospedale, e già questa era un’azione coraggiosa, perché sovversiva, e quindi passibile di deportazione e di morte. “In un secondo momento la coppia venne alloggiata in una casa lungo il viale di Tione, Viale Dante 248, ora Via III Novembre: un piccolo appartamento nella parte nascosta sul retro”.

Così passò il periodo della guerra: un periodo lungo cinque anni, caratterizzato non solo dal passaggio dei tedeschi, che in particolare dopo l’8 settembre del 1943 si fece insistente e disperato perché significava la ritirata degli sconfitti verso la Germania.

C’era pure la presenza ad intimorire la comunità. Zubani parla del ricordo di “Franz, la guardia nazista che con gli scarponi pesanti percorreva tutte le notti le vie di Tione nella sua ronda implacabile”.

Avrebbero potuto i tionesi sussurrare all’orecchio di Franz una mezza parola: “Andate a vedere in Viale Dante...”, eccetera. Non lo fecero in cinque anni. E non lo fecero in tanti, come narra l’ex sindaco, che elenca: “Chi all’ospedale il 19 marzo del 1945, alle ore 20,45, aiutò la signora Giovanna a far venire al mondo il figlio Alessandro. E poi le persone che si occuparono di loro e ne divennero amiche: i proprietari della casa di Viale Dante (la famiglia Parolari Bocchetto), la vicina di casa, signorina Pia Failoni; personaggi pubblici come Ida Parolari e Irene Zamboni, funzionarie del Comune, che agevolarono alla famiglia Knödel le pratiche burocratiche e non solo. Quando nacque il figlio Alessandro, le due donne fecero da testimoni nella registrazione dell’atto di nascita dichiarando, sapendo di mentire, che i genitori erano di ‘razza ariana’. L’autenticazione dell’atto fu firmata dall’allora segretario comunale Dagostin, anch’egli evidentemente compartecipe consapevole di quanto si stava compiendo”.

La famiglia Knödel rimase a Tione fino al 1950, quando decise di partire per la Francia, e precisamente per la Normandia. Ma non dimenticò mai quegli anni terribili, vissuti con la paura quotidiana di essere scoperti. Non per niente la famiglia tornò negli anni successivi. “Addirittura – come narra Vincenzo Zubani - comprò una casa sulla montagna di Tione, tale era la gratitudine verso questo paese. Il figlio Alessandro, che aveva sposato una principessa iraniana, venne spesso a passare le vacanze. Le ultime volte pochi anni fa.

La signora Giovanna, elegante e colta, venne per l’ultima volta una trentina di anni fa. ‘Questa è la casa dove ci rifugiammo spesso per nasconderci; ora è il rifugio della mia anima’, soleva dire”. Una piccola storia, questa di Tione, semplice e lontana dagli echi delle grandi vicende riprese dalla cronaca e dalla cinematografia, nelle quali vennero salvati da uomini coraggiosi - imprenditori, esponenti della diplomazia e della chiesa - migliaia di ebrei. Questa ha una particolarità che merita di essere citata: ha visto, come abbiamo detto, il protagonismo di un’intera comunità. E scusate se è poco.

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