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taranto tra storia leggende e tradizioni ( sesta parte fino a San Cataldo) a cura di nonna Serena


TARANTO DOPO LA NASCITA DI GESÙ CRISTO

Sotto l’impero di Cesare Ottaviano Augusto ed il regno di Erode il Grande, nacque a Betlemme, un piccolo paese della Palestina, Nostro Signore Gesù Cristo, fondatore del Cristianesimo. Questo avvenimento cambiò il corso della storia e la datazione del calendario, infatti, dopo la nascita di Gesù, gli anni saranno contati in modo progressivo e avranno come dicitura d.C.( dopo Cristo).

Taranto imparò a conoscere il Cristianesimo probabilmente nel 42 d.C., quando, secondo una leggenda di cui raccontano molti storici fra cui il De Vincentis ed il sacerdote Martini, arrivarono a Taranto gli apostoli San Pietro e San Marco. Nella sua rubrica” Taranto, Taranto mia” sul Corriere del Giorno del 1980, Dino Primo ( pseudonimo del giornalista Clemente Salvaggio), racconta questa leggenda, aggiungendo citazioni di autori storici che la rendono molto vicina alla “ storia”.


Dagli Atti degli Apostoli si evince che San Pietro, insieme con il suo discepolo San Marco, dopo la morte di Gesù, passò per Corinto e poi proseguì verso l’Italia, per raggiungere Roma. Secondo una leggenda gli Apostoli, colti da una brutta tempesta, sbarcarono nel territorio di Manduria, in una località marina che poi prese il nome di San Pietro in Bevagna e dove è stata eretta una chiesa dedicata a San Pietro. Dopo aver evangelizzato la gente di Manduria e Maruggio, i due apostoli

ripresero la via del mare e approdarono sulla più grande delle isole Cheradi, a cui poi fu dato il nome di San Pietro. Il De Vincentis racconta che proprio sull’isola avvenne il primo miracolo dell’apostolo. Egli infatti si inginocchiò sopra un duro sasso che si ammorbidì tanto da lasciare impressa la forma delle sue ginocchia. Questo sasso fu in seguito trasportato da alcuni marinai veneti a Venezia, dove si può venerare nel Duomo di San Marco. Dall’isola i santi si diressero verso il porto di Taranto.


Arrivati nella città, i due apostoli percorsero la via Soteira, in contrada Solito, nei pressi dell’attuale via Terni,dove esisteva un tempio dedicato al dio Sole con una statua del nume ed una fontana di acqua purissima sulla quale c’era scritto” Adora et bibe”, cioè” prima adora il dio e poi bevi”:San Pietro e San Marco si affrettarono a bere, interrotti dal guardiano che li invitò a rendere prima omaggio al dio. San Pietro rifiutò e fece il segno della croce, poi bevve. A quel punto la statua cadde e si infranse fra lo stupore dei presenti.

Nel 1900, il professor Luigi Viola, durante alcuni lavori di rifacimento del manto stradale in via Terni, scoprì, proprio dove prima sorgeva il tempio del dio Sole, una Cripta, detta del Redentore, perché la sua abside aveva tre affreschi con al centro l’immagine del Redentore. Il professor Viola affermò che la Cripta era un’antica tomba romana che faceva parte della prima chiesa tarantina” Santa Maria di Murivetere”, chiusa al culto


nel 1578. Nel 1979, grazie all’interessamento di Monsignor Guglielmo Motolese, fu presa la decisione di iniziare i lavori per il recupero della Cripta del Redentore. Tornando all’episodio di San Pietro e San Marco, è bene ricordare che dopo aver bevuto l’acqua della sorgente, i due apostoli proseguirono il loro cammino dirigendosi verso il mar Piccolo, dove c’erano i bellissimi giardini di Eucadio, il governatore della cittàchiamato anche Regolo-. Il giardiniere era un certo Amasiano, gobbo dalla nascita e molto malandato.

San Marco lo guarì poi lo battezzò nel nome di Gesù Cristo. La notizia del miracolo si sparse in fretta e lo stesso Eucadio si rivolse agli apostoli per chiedere loro di guarire sua figlia molto malata. San Marco segnò con la croce la fanciulla che subito guarì. Da quel momento i prodigi furono tanti e molti tarantini si convertirono al Cristianesimo. San Pietro predicava tra la Rocca e la città e sembra che abbia celebrato Messa nel fossato dove ora c’è il Castello su di un pezzo di colonna di marmo, che


viene conservata in una cappella della Chiesa del Carmine, a Taranto. Poi San Pietro decise di proseguire il suo viaggio verso Roma, ma prima nominò Amasiano vescovo di Taranto. Era il 45 d.C. ed il mite giardiniere di Eucadio governò la Chiesa tarantina per circa venti mesi. Partito San Pietro, San Marco restò ancora nella città bimare per tre mesi, per aiutare Amasiano nella predicazione del Vangelo, quindi partì anche lui per Roma. Molti furono i cittadini convertiti al Cristianesimo ed il fatto impensierì non poco i Romani che decisero, però, di

non infierire, purché i Tarantini garantissero la fedeltà all’Impero. Dalla morte di Amasiano avvenuta,pare, per martirio, poco si conosce circa i successori del primo vescovo, fino all’arrivo di San Cataldo. Secondo alcuni storici subirono il martirio anche i Santi Matteo e Primo e la vergine eremita Santa Sofronia.


Santa Sofronia visse nell’isola di San Pietro e subì il martirio nel 309 d.C. C’è una delicata leggenda che riguarda questa Santa e racconta che, alla sua morte, gli uccellini ne ricoprirono il corpo con fiori e foglie. Dopo qualche tempo giunsero sull’isola alcuni pescatori che, attirati dal profumo dei fiori, scoprirono il corpo senza vita di Sofronia. Gli uomini la portarono a Taranto, dove le venne data sepoltura. Anche il periodo in cui arrivò a Taranto San Cataldo non è certo. Secondo padre Adiuto Putignani, San Cataldo sarebbe

giunto a Taranto nel VII secolo d.C. perché da alcuni testi si evince che il suo viaggio a Gerusalemme avvenne nel 665 d.C. ed anche alcuni scritti irlandesi sostengono che San Cataldo fu discepolo del monaco benedettino Carthagh di Lismore sempre nel VII secolo. Altri invece sostengono che il Patrono di Taranto fu nominato vescovo all’età di circa trent’anni da San Patrizio che si trovava in Irlanda nel 432 d.C. Questa è anche la tesi del De Vincentis e a questa ci atteniamo.


SAN CATALDO Nacque nel 405 d.C. circa in Irlanda da una nobile famiglia di Rachau. I genitori Eucho Sambriak e Aclena Milar, cristiani nobili e caritatevoli, lo allevarono con sani principi e lo fecero studiare fino a diventare sacerdote. Cataldo predicava il Vangelo con tanto entusiasmo e chiarezza che molti fedeli

accorrevano anche da posti lontani per ascoltare la sua parola. Divenuto discepolo di San Patrizio, diventò molto saggio e maestro venerato anche in altre nazioni, tanto che San Patrizio lo nominò vescovo e gli affidò la missione di fare da àncora stabile alla Chiesa cattolica. Molti furono i prodigi compiuti dal Santo in Irlanda; tutti si rivolgevano a lui per risolvere i loro problemi e per guarire i loro congiunti e le grazie venivano accordate dal Signore per la sua intercessione. Questi prodigi suscitarono l’invidia del duca Meltride che convinse il re a far imprigionare Cataldo.


Durante la notte, però, due angeli andarono in sogno al re per esortarlo a liberare il vescovo e a dargli il ducato di Meltride il qualesarebbe morto di lì a poche ore. Infatti, poco tempo dopo il duca morì ed il re fece immediatamente liberare Cataldo a cui dette il ducato come dono per la Chiesa. Il vescovo accettò il territorio che divise in dodici episcopati con a capo il suo Arcivescovado. Dopo aver evangelizzato tutte quelle terre, San Cataldo decise che era giunto il momento di andare a visitare la Terra Santa, come pellegrino. Dopo ave compiuto

questo pellegrinaggio, si accinse a tornare in Irlanda, ma una notte sognò Gesù che gli disse di recarsi a Taranto, dove la fede cristiana era quasi scomparsa. A questo punto ci piace raccontare una leggenda che le mamme hanno trasmesso ai propri figli da tempi lontanissimi. Secondo questo racconto, San Cataldo avrebbe accettato di recarsi a Taranto e di governarne la Chiesa, ma chiese ed ottenne dal Signore che la città sarebbe stata l’ultima ad essere distrutta nel giorno del Giudizio Universale.


San Cataldo, quindi, si imbarcò su di una nave facendo rotta verso l’Italia. Il viaggio fu lungo ed avventuroso e la nave venne colpita da una tempesta e trasportata verso le coste del Salento, dove il Santo sbarcò: quella località, nei pressi di Lecce, è ora conosciuta come Marina di San Cataldo. Dopo lo sbarco, Cataldo si diresse a Felline, presso Manduria, dove compì un altro miracolo.

Incontrò una ragazza e le chiese di indicargli la strada per Taranto, ma lo sguardo stupito della fanciulla gli fece intuire che era sordomuta. Allora si raccolse in preghiera e benedì la ragazza che improvvisamente si mise a parlare e fece capire che sentiva, poi lo condusse nel suo villaggio, dove il Santo battezzò molti abitanti. Quindi Il vescovo giunse a Taranto, dove compì altri prodigi. Questa è una delle versioni che riguardano l’arrivo di San Cataldo nella città. Ma c’è un altra leggenda che racconta che


l’episodio della tempesta si svolse nel mar Grande, di fronte alla città, dove egli buttò in mare il suo anello per cercare di calmare la furia delle acque. Nella zona di mare dove sarebbe caduto l’anello si formò una sorgente di acqua dolce , visibile ancora oggi. Le predicazioni di Cataldo certamente cominciarono dall’Acropoli, la città vecchia, dove esistevano numerosi templi dedicati agli dei, protettori della città ed uno dei primi pensieri del Santo fu quello di trasformare il Tempio

della Vittoria in una chiesa cristiana dedicata a Maria SS. Vicino fece costruire una Cappelletta dedicata a San Giovanni, alla quale diede il nome di San Giovanni di Galilea. Per oltre quindici anni, San Cataldo governò la Chiesa di Taranto, istituendo il Clero Regolare, dedicandosi alla cura delle anime e compiendo miracoli, poi, quando si sentì vicino alla morte,chiamò i rappresentati del Clero ed una rappresentanza di cittadini per esortarli a non abbandonare la fede cristiana e ad osservare i precetti. Poi chiese di essere sepolto sotto


la Cappella di San Giovanni di Galilea e dopo aver ricevuto i Sacramenti, morì. Era l’8 marzo del 475 d.C. (o 480). Per molti anni, a causa delle incursioni dei Saraceni e delle invasioni barbariche, la tomba di San Cataldo fu dimenticata. Solo nel 1050, Drogone, vescovo di Taranto, volle riedificare la Cattedrale nel luogo dove una volta si trovava la Cappella di San Giovanni di Galilea e dove oggi c’è il battistero del Duomo. Il 10 maggio del 1070, un operaio, mentre scavava le fondamenta, sentì un soave odore di rose che

proveniva da una tomba. Quando questa fu aperta, fu rinvenuto il corpo del Vescovo di Rachau, che fu riconosciuto da una croce d’oro, sulla quale erano incise queste parole ” KATALDUS RA. CHRI.” La croce si può vedere ancora nel tesoro di San Cataldo. Dopo la costruzione della cattedrale, il corpo del Santo, fu collocato sotto l’altare maggiore.


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