Quotidiano Meeting_22ago2015

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ANNO 25 Numero Tre Sabato

MEETING

PRIMO PIANO Incontare don Giussani oggi. Partecipano Massimo Borghesi, Pietro Modiano, Gianni Riotta. Introduce Alberto Savorana. Sala eni B1

11.15

O N A I D I T O U Q

22

Ragione e libertà: la generazione di un soggetto. Partecipano Eddo Rigotti, Carlo Wolfsgruber. Introduce Giorgio Vittadini. Auditorium Intesa Sanpaolo B3

15.00

PRIMO PIANO Chiesa e denaro. Partecipa George Pell, introduce Roberto Fontolan. Auditorium Intesa Sanpaolo B3

17.00

Islam, costituzioni e democrazia. Partecipano Rafaa Ben Achour, Tania Groppi, Ibrahim Kabo˘ Adel Omar Sherif. Introduce Andrea glu, Simoncini. Sala Neri CONAI

19.00

AGOSTO 2015

Galantino: la Chiesa è libera p. 3

Percorso nella «danger zone» p. 7

Volontari da record p. 11

L’abate generale dei Cistercensi, Mauro-Giuseppe Lepori, ha spiegato il verso di Mario Luzi che dà il titolo al Meeting

Il monaco e il poeta Incontrare oggi don Giussani di MASSIMO BORGHESI on Luigi Giussani, uno dei più grandi – forse il più grande – tra gli educatori dell’Italia del ’900, è morto nel 2005. Sono trascorsi dieci anni. Pochi dal punto di vista temporale, eppure molti se si considera la velocità con cui, ormai, avvenimenti personaggi mode cadono rapidamente nell’oblio. Per questo occorre chiedersi: il suo pensiero, la sua prospettiva formativa, sono ancora attuali? Sono in grado di oltrepassare la soglia del

D

nuovo millennio così diverso da quello precedente? Vero è che l’educatore Giussani fu in grado di intercettare due generazioni di giovani, molto diverse tra loro: quella studiosa ed esistenzialista del dopoguerra, quella contestataria ed ideologizzata del post-’68. Epperò la generazione della caduta di tutte le evidenze, scettica e senza futuro, appare tremendamente lontana da quelle, impegnate, del secolo passato. Una generazione non aprioristicamente ostile verso la religione, eppure infinitamente distante da essa. L’anno scorso Alberto Savorana ha mandato in stampa, per Rizzoli, una monumentale biografia dedicata al sacerdote di Desio. Si potrebbe pensare che rappresenti una sorta di sigillo su una testimonianza ormai conclusa, definita nel tempo e nello spazio. In realtà leggendola si rimane col-

piti non solo da una grande vicenda biografica segnata in profondità dalla fede ma, altresì, dalla chiarezza di un giudizio storico la cui pertinenza non è venuta meno. Si tratta della riflessione, profetica, che Giussani svolge a ridosso del ’68 quando percepisce, con una intensità senza pari, che la cristianità è finita, che non è più possibile affidarsi alla tradizione per educare i giovani alla fede. Se nel 1954, allorché inizia la sua avventura educativa al liceo Berchet di Milano, l’invito era quello di riscoprire la ricchezza inesplorata e ignota della tradizione cristiana ora non rimaneva che l’annuncio evangelico veicolato da un “incontro”, una testimonianza umanamente significativa della fede nel mondo. Una prospettiva, questa, pienamente condivisa da Ratzinger-Benedetto XVI e dall’attuale

pontefice. Come dirà ne Il senso della nascita, il suo colloquio del 1980 con Giovanni Testori: «Questo è il tempo della rinascita della coscienza personale. È come se non si potessero fare più crociate o movimenti, … crociate organizzate; movimenti organizzati». È quanto ribadirà nel 1981, dopo il referendum che sanciva la vittoria della legge sull’aborto in Italia: «Ecco questo è il momento in cui sarebbe bello essere solo dodici in tutto il mondo». Vale a dire: è un momento in cui si ritorna all’inizio, perché è stato dimostrato che la mentalità non è più cristiana. Il cristianesimo come presenza stabile, consistente, e perciò capace di “tradere” (tradizione, comunicazione), non c’è più». Il colpo di genio, di fronte ad una secolarizzazione (segue a pag.5)


PRIMO PIANO 2

22 agosto

Vince l’Europa o la crisi? Il caso greco incendia il dibattito sul futuro della moneta unica. Lombardi: l’Italia deve tornare a crescere I francesi la chiamano terrible semplification. La banalizzazione della realtà proposta dai media e covata nel malumore del popolino ha dato storia, negli ultimi anni, alla rinascita di populismi e nazionalismi. Cura a questa tendenza a pensare al ribasso (e proposta di lavoro) è stato l’incontro che si è tenuto ieri in Sala Neri “Le prospettive dell’eurozona. Dove siamo e dove stiamo andando”. Un assaggio di prospettiva più complessa delle problematiche che l’Europa sta attraversando. Tante le domande che hanno tenuto banco all’incontro tra cui: qual è lo stato dell’arte della moneta unica, quali le sue prospettive? Ma soprattutto, essere o non essere Europa? Tra i relatori: Edmond Alphandéry, presidente del CEPS (Centre of European policy studies), Domenico Lombardi, direttore Global economy department e Hans-Werner Sinn, presidente dell’Information and Forschung Institute, e a moderare Bernhard Scholz. Misurandosi sul tema, i relatori hanno sempre tenuto con la coda dell’occhio la situazione greca balzata agli onori della cronaca giovedì con le dimissioni del premier greco Tsipras. «Sono due le crisi vissute dall’Europa nel nuovo millennio: una finanziaria, dalla quale stiamo uscendo a fatica e un’altra, politica, della quale stiamo vivendo la fase acuta». Comincia così Alphandéry. La Grecia, infatti, dal 2013 iniziava a registrare qualche timido segnale di ripresa. Ma la cura, amara, dell’austerity doveva ancora mostrare gli effetti collaterali che non hanno mancato di manifestarsi. Una crisi iniziava a risolversi, un’altra stava

L’incontro di ieri in sala Neri: “Le prospettive dell’eurozona. Dove siamo e dove stiamo andando”

per nascere, questa volta politica. Secondo il tedesco Sinn, la crisi greca è stata la prova della fragilità del progetto euro. E dice: «Invece di unire, la moneta unica ha alimentato la sfiducia tra i paesi europei». I numeri del salvataggio? 344 miliardi finiti nella casse della Grecia Per intenderci: 83 mila euro per ogni famiglia greca. «Questa, se permettete, non è austerità, si tratta di un immenso atto di salvataggio – ha continuato Sinn – tenendo la Grecia in uno stato di continua dipendenza non ne permettiamo la ripresa». La soluzione, abbozzata anche dall’ex ministro Varufakis, potrebbe essere l’uscita dall’euro con conseguente svalutazione della dracma per riportare la Grecia a essere competitiva sui mercati.

Accantonare la retorica di un’Europa unita in favore di una soluzione più vicina allo stato delle cose? La risposta di Sinn sembra andare verso questa direzione: «Poteri comuni, questa è la

«Poteri comuni, questa è la priorità. Le altre confederazioni del mondo non hanno iniziato facendo cassa comune»

cosa più importante da fare. Le altre confederazioni del mondo hanno cominciato così: non hanno iniziato facendo cassa comune. L’Europa ha pensato di fare una moneta unica senza unità politica. Impossibile recuperare la produzione della Grecia da una parte strozzando il popolo e dall’altra risolvendo ogni problema con i soldi». Tutt’altra la visione sulla crisi greca di monsieur Alphandéry che però concorda con il continuare a percorrere la strada verso un’unificazione delle istituzioni e la creazione di un Governo centrale. Mentre per quanto riguarda la questione greca dice: «Le riforme strutturali è meglio farle nella zona euro rimanendo nel circuito dei mercati internaziona-

li». Quindi, se si è commesso insieme l’errore di accettare la Grecia nell’euro, a pagare sarà la comunità europea, ancora insieme. Tra Grexit e non, il testimone è passato a Domenico Lombardi con un focus sulla situazione dell’Italia. «Le origini della crisi italiana – ha detto Lombardi – sono diverse e uniche. L’avanzo primario dello Stato, la somma disponibile per pagare gli interessi sul debito pubblico, è sempre stato positivo. Quindi le origini della crisi italiana non vanno ricercate in politiche fiscali errate o lassiste ma nella mancata crescita, che si riverbera sul rapporto debito/pil. Le origini della crisi nascono dalla bassa produttività e da un problema dell’istruzione; dai pochi laureati italiani in discipline scientifiche a una mancata legifirazione per agevolare le assunzioni, fino ad arrivare a un costo della burocrazia esagerato e alla mancanza di un ambiente attraente per investimenti stranieri. Gli ideali che hanno dato vita all’Europa sono tanti e hanno radici lontane. Così come sono tanti sono gli intellettuali che hanno contribuito alla nascita. Da Nietzsche a Beethoven fino allo scrittore Victor Hugo citato da Alphandéry. L’incontro di ieri non voleva certo dare una soluzione ai problemi dell’eurozona, e il fatto che tre grandi esperti avessero visioni differenti rende l’idea della complessità della situazione. Si è cercato quel giusto mezzo tra idealismo pacifico e storicismo pessimista semplicemente mostrando i fatti. Duri e crudi, difficili anche, ma sempre interessanti perché reali. Francesco Graffagnino

Libertà religiosa e sviluppo economico le vere armi per battere il terrorismo Tajani: più cooperazione. Grim: serve libertà. Valensise: Italia pivot nel Mediterraneo Spesso rispetto al fondamentalismo religioso e al terrorismo che ne deriva, sembra che le risposte siano timide, non ci siano soluzioni particolari e che in ultimo solo l’opporre violenza a violenza possa rappresentare una risposta. Quello che invece gli autorevoli personaggi che si sono confrontati ieri al Meeting hanno espresso è una risposta ben diversa. Come ha affermato il moderatore, Roberto Fontolan: «Si sono voluti porre all’attenzione due temi che quasi mai vengono messi insieme: sviluppo economico e libertà religiosa perché c’è un legame forte tra essi». «Immigrazione, Isis, fondamentalismo, profughi oggi sono un problema centrale non solo dei singoli Stati e dell'Europa, ma delle Nazioni Unite» così Antonio Tajani, vicepresidente del Parlamento europeo. Tajani ha individuato tre direttrici d’azione: con le Nazioni Unite interventi in Libia; poi una politica europea della cooperazione internazionale che favorisca la crescita economica; infine favori-

re il dialogo interreligioso e puntare sulla scuola perché i giovani siano formati al rispetto dell'altro. Lucio Battistotti, Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea ha ricordato che da anni l’Europa promuove il dialogo interreligioso. E sui giovani, che vanno posti al centro dell’azione europea, il Programma Europa per i giovani investe 185 milioni di euro. «L’Europa – ha detto concludendo - deve infine tornare alle origini, ritrovare un humus di comuni valori e finalità condivise per essere davvero un’opportunità per tutti, e favorire una società aperta, pluralista ed inclusiva». «Dove c'è libertà religiosa c'è più sviluppo economico» ha detto Brian Grim, in base al lavoro della Fondazione Religious Freedom & Business, che presiede. Diverse sono le strade che portano all'estremismo: insoddisfazione, squilibrio, voglia di notorietà, desiderio di potenza. L'Isis è nato in Siria per tanti fattori:

conflitto etnico e religioso, corruzione, crimine, ma il primo motivo è stato la disoccupazione. Lo sviluppo è quindi un sicuro fattore di pace tanto è vero che è il contenuto del programma delle Nazioni Unite Business for Peace. Ha concluso che economia e fede possono essere antidoto contro il radicalismo. Fouad Makhzoumi (Ceo of Future Pipe Industries & Founder of the National Dialogue Party, Libano) ha ricordato che la metà delle risorse energetiche del pianeta vengono dal Medio Oriente, dove però non c'è libertà e infatti vi è un reddito pro capite basso e ricchezze personali enormi. Solo se c’è libertà religiosa lo sviluppo per tutti è possibile e tale sviluppo frena il fondamentalismo. Vi è infatti un nesso positivo tra libertà religiosa e crescita. «Nulla va imposto. Tutti coloro che usano la violenza sono terroristi», ha detto. Michele Valensise, segretario generale del ministero degli Affari esteri, ha sottolineato

Brian Grim e Antonio Tajani dopo l’incontro

che l’Italia ha cominciato già da molti anni un dialogo fatto di collaborazione reale con i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente. Ha proposto un nuovo piano Marshall per tali Paesi che ponga come capofila l’Italia. «L’Italia – ha detto – dovrebbe fare il pivot della politica mediterranea e mediorientale per l'Europa». Chiaro che per fare questo dovrebbero essere aumentati gli stanziamenti dedicati alla cooperazione internazionale oggi per l’Italia pari allo 0,16% del bilancio dello Stato contro lo 0,36 della Francia e lo 0,41 della Germania. Walter Viola


PRIMO PIANO 3

22 agosto

Il segretario generale della Conferenza episcopale parla di «persona e senso del limite»: «La diffusione del cristianesimo è l’evento che più ha rivoluzionato la storia del mondo e il modo di pensare l’umano»

Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, durante il suo intervento al Meeting 2015

«Chiesa rinnovata e libera» Monsignor Galantino: c’è tanto da fare nella via della testimonianza Il limite umano come una risorsa prie aspirazioni, fatica a collaboragrazie alla quale costruire il rinno- re e a convivere con gli altri: per vamento individuale, ecclesiale e Galantino queste non sono altro sociale. È stato questo il filo con- che manifestazioni di una stessa duttore dell’intervento del segreta- mancanza. rio generale della Cei, Nunzio GaGuardare a questa condizione in lantino, ieri ospite tra i padiglioni maniera positiva è però possibile: del Meeting. Un discorso molto at- «Il limite è un fattore propulsivo – teso, soprattutto dopo le polemiche ha affermato Galantino – in quanto sollevate da una parte del mondo genera il desiderio. Se l’uomo pospolitico a riguardo dell’immigra- sedesse tutto non cercherebbe nulzione. la; se al contrario Le parole utisi scopre mancanlizzate dal vesco- «Gli “ultimi” non sono te, è mosso alla vo sono apparse ricerca di ciò che però diverse da scarti ma persone da non ha». quelle che hanno sollevare e delle quali Il cammino di caratterizzato lo ciascuno è oggi condividere la sorte. tuttavia complicascontro nelle ultiTanto dobbiamo me settimane. to da quella che è Monsignor Gacrescere nel dar vita la cultura domilantino, infatti, ha nante: «Il nostro a dinamiche scelto di rispontempo è sempre dere in maniera meno attento alla autenticamente indiretta, lasciangiustificazione raevangeliche» dosi provocare zionale degli odalla «mancanrientamenti e delza» descritta nella poesia di Mario le scelte – avverte il prelato – esse Luzi e presa come titolo del Mee- infatti sono guidate per lo più dal ting. Essa è un «dato esperienzia- perseguimento di interessi e fini le – che secondo il prelato – acco- immediati e poco meditati, dettati muna tutti», in quanto propria del- spesso dalla ricerca dell’utile e mel’essenza umana. no da un progetto consapevole e a Il suo intervento, così, si è incen- lunga scadenza». Ogni azione che trato sulla necessità di una nuova compiamo ha comunque sempre alantropologia che parta proprio dal la base «una certa idea di persona, limite insito nell’uomo, oggi più un ideale di essere umano e di soche mai concreto. Malattie, soffe- cietà da raggiungere e verso il quarenze, difficoltà a realizzare le pro- le ci si incammina».

Per questo motivo occorre tornare a concepirci in quella che è la nostra reale essenza, quella di «essere-nel-limite». Chiunque non è consapevole di ciò, ha spiegato Galantino, corre un rischio enorme: «Se la mancanza di cui siamo rivestiti non è accettata, l’esistenza può trasformarsi in finzione». Una svolta decisiva nel guardare e nel pensare all’uomo arriva dalla tradizione cristiana, la cui diffusione «è l’evento che più ha rivoluzionato la storia del mondo. Credere in un Dio che soffre fino alla morte e che vince il male assumendo la debolezza altrui stravolge per sempre le categorie». Il Vangelo porta un’ottica rivoluzionaria, grazie alla quale si può stare davanti a tutte le domande suscitate dalla mancanza, senza censurarne nessuna. Il limite diventa apertura e svela quale sia il senso della vita, comportando «il desiderio di aprirsi agli altri e all’Altro con la “a” maiuscola, cioè a Dio». Proprio quest’accoglienza è diventato il tema centrale dell’ultima parte dell’intervento di monsignor Galantino: «Il comandamento dell’amore, che riassume tutti gli altri, porta a intendere gli ultimi non più come scarti, ma come persone da sollevare e delle quali condividere la sorte». Nell’ascolto della parola di Gesù, nella contemplazione del mistero della Pasqua si ha «un’antropologia del limite già compiuta

e nella sua perfezione». Francesco – ha detto monsignor Il compito di ciascuno di noi, oGalantino – diventando sempre ra, è quello di cogliere i riflessi di meno dispensatori di servizi e questa novità portata dal cristianesempre più “ospedale da campo”, simo e di tradurla nel nostro tempo. chinati sugli ultimi, nei quali è Il primo influsso che monsignor racchiusa la più grande ricchezGalantino riscontra è quello sociaza». Questa la sfida che attende il le: «Una società che fa del limite umondo cattolico e che si potrà na risorsa non considera i gruppi e compiere solo attraverso un lungli Stati per quanto sanno produrre go cammino: «Le comunità eco per le risorse finanziarie di cui clesiali e le associazioni già sono, dispongono; essa per il nostro temtenta anzitutto, e po, un mirabile con i mezzi di cui «Nel nostro tempo segno della prerealisticamente di Dio e le scelte sono guidate senza dispone, di risoldella carità che levare i poveri per per lo più da interessi da lui promana, non creare un ma tanto dobbiaimmediati e poco mondo a due vemo fare nella temeditati, dettati locità. Lo fa con stimonianza; tanl’attenzione a tutti dobbiaspesso dalla ricerca tomoancora i poveri, a quelli crescere nel dell’utile e meno che non hanno il dar vita a dinalavoro o lo hanno miche autenticada un progetto perso, a quelli che mente evangeliconsapevole» provengono dalle che e libere, che zone più povere manifestino in ed economicamente arretrate, a modo sempre più trasparente la quelli che non sono in grado di dicarità che ci ha raggiunti». fendersi perché attendono di nasceDa ultimo, ma non per imporre e godere della vita». tanza, è la vita del singolo che deL’antropologia del limite, poi, ve cambiare: «Una persona che fa sollecita anche la Chiesa a rinnodel limite una risorsa mette da varsi nelle sue strutture, nelle dinaparte l’istinto a difendersi dagli miche decisionali e nelle prassi altri e si apre più facilmente alla concrete delle comunità: «Solo se condivisione, sperimentando la consideriamo la mancanza come usua mancanza non solo come sofna risorsa assumiamo lo stile misferenza, ma come consolazione». sionario tanto invocato da papa Davide Giuliani

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PRIMO PIANO 4 Nel nome di Dio, clemente e misericordioso. È così che Rula Ghani, first lady dell’Afghanistan, inizia il suo intervento al Meeting di Rimini. È così che si aprono le sure del Corano, ad eccezione della nona. Sul palco con lei Roberto Fontolan, che l’ha definita il fiore di quest’edizione, così come “fiore” è la traduzione dal parsi del suo nome afghano, Bibi Gul. Indossa un velo chiaro sul capo, che la avvolge dolcemente lasciandole scoperti i capelli sulla fronte, e, stretta in una giacca ideata, disegnata e confezionata da giovani donne afghane, come racconta fieramente, ringrazia Emilia Guarnieri, presente sul palco per porgerle i saluti del Meeting, e Agnese Renzi, la first lady ospitante, che dalla prima fila ha assistito all’incontro. Questa volta gli organizzatori del Meeting hanno ceduto alle richieste di Bibi Gul: non ha voluto una conferenza, ma un dialogo aperto con il pubblico, perché, come spiega lei, «il mio lavoro è quello di ascoltare le persone». Per una mezz’oretta racconta della sua vita, della prima volta che mise piede nel paese, da novella sposa, nel 1975. «L’Afghanistan che ho nel cuore è quello che ho scoperto quarant’anni fa a Kabul», quando le donne giravano senza velo, o lo indossavano solo per la preghiera, e si facevano lunghi viaggi in campagna, lontano dalla città, dove l’asprezza della roccia si mischiava alla bellezza della natura. Lei e suo marito lasciarono il Paese dopo tre anni, poco prima

22 agosto L’incontro con Rula Ghani, nella Sala eni

Rula: così lotto per il mio popolo La first lady afghana racconta la sua vita, la sua fede e i progetti «Ho cinque anni per affermare la piena dignità di ogni persona» che arrivassero i russi, per continuare gli studi in America. «Non riuscimmo a tornare fino al 2002», dopo i comunisti, la guerra civile, i talebani e il crollo delle torri. Vivevano nella Kabul ovest; quella parte della città era completamente distrutta, come del resto il Paese. Ma il popolo era ostinato a tornare a vivere. Nel settembre del 2014 suo ma-

rito ha varcato la soglia del palazzo presidenziale, vincendo le elezioni con un margine di un milione di voti sul suo avversario. Fin da subito ha chiesto a Rula di aiutarlo sul fronte interno per ricostruire il tessuto sociale del Paese. «Una giornalista una volta mi ha chiesto quale obiettivo avrei voluto raggiungere entro i cinque anni del mandato presidenziale». Rispetto,

risponde. Per sé e per le donne afghane. Dopo un paio di settimane aveva già allestito un ufficio con due persone che l’aiutavano. A dicembre erano in cinque e nei primi mesi più di trecento associazioni femminili si erano già rivolte a lei. Arrivavano in massa, un po’ per la novità di una first lady che si occupa del popolo, un po’ perché «finalmente a-

vevano trovato qualcuno che le ascoltasse». È il momento delle domande e in molti si accalcano al microfono: chiedono dei giovani afghani, del futuro di una generazione che è nata e cresciuta nella violenza, dell’istruzione femminile, dello sviluppo del Paese. «Una volta venne un’esperta americana a parlarci di riciclo dei materiali. Ero curiosa di sentire cosa avrebbe detto perché qui non si butta via nulla. Tutto viene riciclato». Alcuni si azzardano a parlare dell’emergenza profughi o a rievocare il discorso del generale Al Sisi ad Al Azhar, l’università del Cairo. Bibi Gul si illumina parlando dei giovani afghani, del loro futuro e ricorda l’impegno dell’Italia in questi anni, mentre sul tema dell’immigrazione è sferzante: «Credo che l’Europa stia dimenticando che parliamo di esseri umani. Persone che ripongono tutte le loro speranze in voi. L’unica cosa che si può fare è tornare a parlare della componente umana di questa tragedia, perché queste persone non si sentano disperate al punto da perdere la speranza». E ai giornalisti che le chiedono quanto influisca il suo essere cristiana in un paese mussulmano risponde in modo altrettanto secco. «Sono nata cristiana, ma ho avuto un matrimonio islamico. Quando mi chiedono se mi senta più cristiana o mussulmana, io dico entrambi. Perché preghiamo lo stesso Dio, cambia solo la lingua». Francesca Capitelli


PRIM0 PIANO 5

22 agosto

«Ci manca Uno cui manchiamo noi» L’abate Lepori e il titolo del Meeting 2015: «Il poeta Luzi interroga il cuore di tutti. Ci vuole una ferita affinché il bisogno vago diventi un desiderio ardente. Gesù ci invita a seguirLo, a stare con Lui: in Dio c’è uno spazio di amore che ci attende sempre» «L’uomo è un cuore teso, in equilibrio, fra due dimensioni: la mancanza e la pienezza». Mancanza, cuore e pienezza: sono queste le parole chiave del verso di Mario Luzi, «Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno?» diventato titolo della XXXVI edizione del Meeting. Parole che fanno da punto di partenza all’incontro con Mauro-Giuseppe Lepori, abate generale dell’ordine cistercense, invitato in fiera per aiutare a comprendere meglio il tema di questa edizione e fare da guida in un percorso sulla vera natura delle domande dell’uomo. Scoprire che cosa sia questa mancanza sembra interessare davvero il popolo del Meeting che, già mezz’ora prima dell’inizio dell’incontro, ha riempito completamente il padiglione B3, rendendo necessaria la proiezione in altri due spazi, oltre che in una affollatissima hall sud. Il percorso per andare alla scoperta del vero volto di questa mancanza, tratteggiata con chiarezza dal poeta-profeta Luzi, parte proprio dall’interrogare i desideri del cuore dell’uomo. Per padre Lepori è necessario mettere il cuore al banco degli imputati, incalzandolo su quale sia effettivamente la natura di questa mancanza: «Il cuore potrebbe confessare, se è onesto, che non lo sa, che non sa rispondersi, che non sa cos’è, chi è quel quid della cui mancanza si sente pieno». Il miracolo di un cuore che non mente può solo arrivare, però, come frutto di un cammino. «Ci vuole qualcosa che faccia sussultare in noi la coscienza della mancanza che ci invade, che ci affoga». Quel “qualcosa” per padre Lepori è stato l’incontro, a 17 anni, con una comunità di persone che lui definisce come il volto vivo della Chiesa, il volto vivo di Cristo. Davanti a un incontro con una realtà positiva ci si accorge, allora, di una ferita aperta: «Il cuore è ferito dall’incontro di ciò che gli manca, che ferendolo si rivela e quindi lo attira». Una domanda che riecheggia nella storia da duemila anni, partendo dalla parabola sul giovane ricco del Vangelo fino ad arrivare al verso di Luzi: «Che altro mi manca?». «Gesù risponde a questo con una parola che, a sua volta, è una domanda: “Seguimi!” ovvero lascia tutto e seguimi perché ti manco solo io».

Padre Mauro-Giuseppe Lepori, abate generale dell’ordine cistercense, con l’archeologo Giorgio Buccellati

La risposta di Cristo alla domanda su cosa può colmare il cuore dell’uomo non è quindi esplicita, non è un “sappi che sono io che ti manco”, ma una proposta di vita che coinvolge tutta la persona. La risposta di Cristo, ribadisce dunque padre Lepori, è una vera e propria chiamata che assume i tratti della missione: «La via di Cristo è la sua missione, la direzione di Cristo è la missione

per la quale il Padre lo ha mandato al mondo». L’estrema mancanza del cuore trova quindi soddisfazione nella chiamata di Cristo che invita a seguirlo nella sua missione di salvezza. La sequela a Gesù non è, però, un percorso privo di ostacoli. Padre MauroGiuseppe sottolinea infatti la presenza di una tentazione sempre in agguato: quella di mettere in dubbio il fatto che ciò

che davvero risponde al cuore dell’uomo è Cristo. «È una tentazione che provo anche nel mio ministero – ha raccontato l’abate – la tentazione di dover chiedersi se Cristo manchi veramente a coloro a cui lo annunciamo, alle persone, alle comunità». Una tentazione a cui il demonio ha sottoposto anche il cuore di Gesù: «È proprio vero che sei tu che manchi al cuore dell’uomo?».

1.000 euro per aiutare il Meeting quali lavorano come volonMentre tra i padiglioni tari anche a questa edizione della fiera continuano che, ci racconta la signora ad arrivare nuovi visi«magari ora riceveranno tatori, si tengono inmeno regali, ma ne sarà contri e si spiegano valsa la pena». Se le si chiemostre, il Meeting de il perché di questa donacontinua a chiedere uzione, la sua risposta è semna mano. La possibiplice: «Questo è un punto lità di costruire insiedi incontro bello e grande, me una parte di questo che vale la pena mantenere. luogo con una donaNon devono essere solo le azione si palesa ai visiziende a dare una mano, tatori ogni mattina (o Lo stand del Fundraising nella hall sud ma se ci unissimo tutti poa ogni passaggio) presso lo stand del Fundraising nella hall sud o nel- tremmo davvero cercare di assicurare un futuro le piazze C1, A1, A3 e C5. E c’è chi questa occa- a questo luogo. L’educazione per me è imporsione non se la è fatta sfuggire. La signora Pi- tante – ha raccontato la signora – e il Meeting è nuccia si definisce una veterana del Meeting, una grande opportunità di educazione per il che frequenta dal 1982, e ha deciso di donare u- Movimento, ma anche per tutte le persone che na cifra di 1.000 euro(per ora da record) alla vengono a visitarlo per la prima volta». B.C. raccolta fondi. Quattordici nipoti, alcuni dei

(segue dalla prima pagina) radicale che stava divorando le proprie premesse umanistico-religiose, stava qui nel non attardarsi in una reazione, in un mero moto di difesa volto al ricompattamento della fortezza assediata. La vocazione dell’educatore era indirizzata, oltre che al mondo cattolico, particolarmente ai “pagani”. La sua prospettiva educativa, che sarà alla genesi di Gs prima e di Cl poi, era indirizzata ai lontani, al mondo e non solamente alla Chiesa. Gettato in mare aperto, in una realtà per lo più ostile, sostenuto da una trama di amici, il cristiano era chiamato a “incontrare” gli uomini del proprio tempo, ad offrire loro il dono gratuito di un’umanità diversa. Dentro questo mare il cristiano è colui che, agostinianamente e patristicamente, non ha una fissa dimora, non ha una

Incontrare oggi don Giussani

Monsignor Luigi Giussani negli anni ’80

patria stabile, non è consegnato a progetti egemonici. Il che non significava, certo, disinteresse per la città degli uomini, per l’impegno pubblico – che stante la distinzione tra l’impegno diretto dei singoli e quello indiretto delle comunità e della Chiesa – era volto al bene comune. Significava, però, che l’accento doveva cadere su Cristo, sull’ ”incontro” cristiano aperto a tutti, e non primariamente sui “valori” cristiani. Come affermerà nel 1982: «Fino a quando il cristianesimo è sostenere dialetticamente e anche praticamente valori cristiani, esso trova spazio e accoglienza ovunque. Ma quando il cristia-

Vincere questo ostacolo è però possibile, riaffermando l’origine. Gesù contraddice questa tentazione affermando il Padre e la stessa cosa è possibile all’uomo di oggi: «Ciò che vince non è un giudizio sull’umanità, un’analisi sulla situazione morale delle persone, della Chiesa, del mondo, ciò che vince è il riferimento al Padre». «Ma che cosa vuole il Padre?» si chiede a questo punto padre Lepori e la risposta che propone è un vero ribaltamento di prospettiva: «La risposta è venuta a darcela Lui stesso, ce l’ha rivelata Lui stesso. La risposta è che Colui che ci manca è Uno a cui manchiamo noi! In Cristo, Dio ha rivelato e sta rivelando a tutta l’umanità che l’uomo manca al Padre infinitamente di più di quanto il Padre possa mancare all’uomo». Lepori definisce questa rivelazione proprio come il vero volto della misericordia: noi manchiamo a Dio più di quanto Lui manchi a noi. La mancanza di cui parla il titolo del Meeting assume allora dei tratti ben precisi: «Il cuore dell’uomo è la coscienza improvvisa, stupefacente, della nostra mancanza a Dio». Questo vuoto strutturale può dunque diventare punto di partenza per la creazione di un volto diverso per la società odierna, a patto di lasciarsi abbracciare da Dio: «Che cultura nuova, che mondo nuovo, che soluzione diversa dei mille e tragici problemi del mondo di oggi si diffonderebbero se imparassimo dall’abbraccio di Dio ad andare verso tutti e accogliere tutti. C’è un profondo bisogno di mistica della misericordia nel mondo di oggi». La vita a partire da quella mancanza presente descritta da Luzi, ha la possibilità di rinascere ogni giorno grazie all’iniziativa di Dio, un’iniziativa di misericordia che ridesta l’uomo a prescindere dalla sua dimenticanza. Ecco allora che ritorna a risuonare potente quel «Seguimi!» detto da Cristo, che contiene una promessa per tutto il creato: «È a questo che Gesù chiamava il giovane ricco dicendogli “Seguimi”: non lo chiamava innanzitutto a “cambiare vita”, ma a vivere con Lui, perché è questo che cambia veramente la vita, la vita reale, la mia vita». Benedetta Cremona

nesimo è annunciare nella realtà quotidiana, sociale, storica, la presenza permanente di Dio diventato uno tra noi – Gesù Cristo presente nella sua Chiesa – oggetto di esperienza come la presenza di un amico, di un padre, di una madre, orizzonte totale che plasma la vita, ultimo amore, centro del modo di vedere, di concepire e di affrontare la realtà tutta, senso e scaturigine di ogni azione, allora esso non ha patria». Un giudizio, questo, che, a fronte della riduzione etica del cristianesimo contemporaneo, interamente posizionato sui “valori” cristiani, consente di comprendere il punto di sintonia tra Giussani e il papa della Evangelii gaudium. Consente di comprendere l’ “attualità” di don Luigi Giussani a dieci anni dalla morte. Massimo Borghesi (da www.ilsussidiario.net)


INCONTRI 6

22 agosto

Don Camillo dà lezione di agricoltura La Cdo Agroalimentare incontra il ministro Martina: «Quando il fiume invade i campi bisogna salvare il seme» “Take care of the seed” è la frase che attira lo sguardo entrando nel corridoio del padiglione A1. La Cdo Agroalimentare ha scelto questo slogan per lanciare il suo messaggio alle imprese e agli operatori del settore. Uno slogan per una mostra che, all’interno dello stand, racconta esperienze di lavoro attraverso gli occhi dei protagonisti. Un percorso breve e intenso, di testimonianze e video per ritrovare ciò che non bisognerebbe mai perdere: il seme. Lo slogan riprende, tradotta in inglese, la celebre frase di Cristo nel Don Camillo di Guareschi nell’episodio dell’esondazione del Po: «Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà». Attraverso quattro storie accadute in decenni diversi, le testimonianze sono centrate sull’importanza della conservazione del seme come preoccupazione principale dell’imprenditore. Seme che prende un significato che va oltre la semente e che si configura in uno sguardo positivo alla realtà. Alla fine della mostra ai visitatori è offerto anche un gentile omaggio

simbolico: una busta di semi di basilico. Camillo Gardini è il presidente della Cdo Agroalimentare: un’organizzazione che raccoglie più di 4000 imprese del settore agricolo e della distribuzione. «La formazione delle imprese e degli operatori in un contesto di filiera insieme all’aiuto a promuovere sinergie con altri imprenditori del settore - ribadisce Gardini - sono i due cardini del nostro impegno». Nel pomeriggio Gardini ha coordinato un incontro dal tema: “Risorse, alimentazione e sviluppo sostenibile” che ha visto la partecipazione di Stefano Berni, direttore generale Consorzio tutela Grana padano; Massimo Goldoni, presidente Federunacoma; Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura; Franco Sotte, docente di Economia del territorio e dell’ambiente e di Economia e politica agraria all’università politecnica delle Marche; Federico Vecchioni, amministratore delegato Bonifiche Ferraresi Spa. L’incontro è stato introdotto da Gardini che ha richiamato l’avvenimento di Expo Milano 2015 dal tema “Nutrire il pianeta” come una grande possibilità di pubblicizzazione e confronto per l’industria agroalimentare italiana in una prospettiva internazionale e la sottoscrizione della Carta di Milano come e-

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Il ministro Maurizio Martina visita lo sand della Cdo Agroalimentare

lemento centrale della strategia che gli stati membri delle Nazioni Unite hanno elaborato per sradicare il problema della fame e per uno sviluppo sostenibile. Gardini ha quindi chiesto ai vari relatori di introdurre le loro realtà e al ministro di trarre le conclusioni. Il professor Sotte ha presentato un quadro dell’industria agroalimentare che ha descritto come composto di una maggioranza di piccole e medie aziende e poche grandi aziende che però fanno la quasi totalità del fatturato. Vecchioni, Goldoni e Berni hanno presentato esempi concreti di affermazioni italiane identificando i fattori di successo in: distintività, innovazione, organizzazione di filiera. Il ministro Martina ha concluso l’incontro confermando l’importanza di Expo e della carta di Milano, ha sottolineato che il vero lavoro inizierà dopo il 31 ottobre e ha indicato quattro direttrici di lavoro: distintività come capacità di riposizionarsi in un mercato in movimento, miglioramento della sinergia tra produzione, trasformazione e distribuzione (filiera), rivitalizzazione delle aziende cooperative, mantenimento e armonizzazione di imprese sia di piccola come di grande dimensione. Marco M. Gentile

Abramo fa colpo su Agnese Renzi

Agnese Renzi, moglie del presidente del Consiglio, ha visitato ieri il Meeting. Ha assistito all’incontro con la first lady afghana e ha visto alcune mostre, tra cui quella su Abramo guidata da uno dei curatori, don Ignacio Carbajosa (insieme nella foto).


MOSTRE 7

22 agosto

Percorso nella «danger zone» Le domande rischiose sul senso della vita in una mostra di giovani americani per il New York Encounter Il cartone animato del brutto anatroccolo e delle pagine facebook alternate da citazioni di don Giussani sono l’innovativa miscela che dà forma alla mostra “I am exceptional: the millennial experience. Alla ricerca della propria identità”. Protagonista della mostra è la generazione chiamata in inglese “millennial”, o “net generation”, cioè quella composta dai giovani nati fra i primi anni ’80 e gli anni zero, illusi da visioni di prosperità e progresso, poi scontratisi brutalmente con la recessione economica e la crisi lavorativa. Una generazione alle prese con la ricerca della propria identità, dove lo strumento privilegiato per incontrare amici è l’articolato mondo dei social. La mostra nasce da un gruppo di 75 giovani americani e canadesi, alle prese con le provocazioni di un sacerdote spagnolo, Josè Medina. Originariamente, l’educatore avrebbe chiesto loro di studiare alcuni testi di don Giussani in piccoli gruppi su skype, compatibilmente con i vari fusi orari. Il desiderio di Medina era di realizzare una mostra sul sacerdote brianzolo in occasione del decimo anniversario della sua morte. Tale ricerca avrebbe messo in luce la rilevanza del fondatore di Cl, da parte di una generazione mai imbattutasi in lui personalmente. «Dopo due mesi di lavoro pensavo

L’ingresso della mostra nella hall sud del Meeting. Il percorso utilizza i nuovi linguaggi e le schermate delle reti sociali

stessi per scrivere una tesi di dottorato su Giussani – commenta ridendo Jonathan Ghaly, giovane americano di origine egiziana –;siamo poi riusciti a incontrarci tutti con don Josè e da questa riunione è emerso il desiderio di cambiare la struttura della mostra. Questo incontro ha chiarito che, in fondo, non ci interessava quanto eccezionale fosse stata la vita di don Giussani. Ciò che desideravamo era capire come quest’eccezionalità potesse diventare nostra». Così il lavoro nei singoli gruppetti cambia totalmente direzione. I ragazzi abbandonano, infatti,

l’analisi del testo a favore di una ricerca più umana ed esistenziale, ponendo al centro dei dibattiti le domande «Chi sono? Chi siamo? Che cosa cambia la mia vita?», continuamente sollecitati da don Josè a non rispondere con frasi risolutorie e sbrigative. Laurence Rivest, giovane canadese, rivela che il lavoro più duro durante la preparazione è stato la condivisione della «danger zone», cioè quella parte di te stesso che non vuoi condividere con gli altri, quel luogo in cui si annidano i desideri e le amarezze più profonde. La prima ragazza a entrare

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in questa «zona pericolosa» è stata una giovane mamma che, nel suo gruppetto, ha messo a tema il sospetto che la promessa di felicità percepita all’inizio del suo matrimonio rimanesse incompiuta: «È stato il punto di svolta del lavoro. Il suo coraggio nel guardare le vere domande del cuore ha svelato la nostra codardia – commenta ancora Jonathan –. Generalmente ci sono due posizioni con cui le persone affrontano queste domande: la prima mira a cambiare le circostanze per sopportare la realtà, com’è possibile vedere dai numerosi divorzi nella ge-

nerazione dei nostri genitori; la seconda riduce il grido dell’anima a tal punto che le insoddisfazioni sono vissute attraverso tentativi di sopportazione. Questa posizione è visibile in molti nostri nonni, che non hanno mai divorziato o cambiato lavoro, ma che si sono trascinati le amarezze senza mai affrontarle a pieno». Il desiderio di incontrare più persone possibili e di condividere le scoperte a cui sono giunti, ha suggerito ai giovani americani quale forma dare alla mostra. «Volevamo parlare nel linguaggio più familiare alla nostra generazione. Da qui nasce l’idea di trascrivere gli stralci più interessanti dei nostri dialoghi sotto forma di chat, impaginando i pannelli come se fossero delle schermate di facebook. Le nostre domande e osservazioni sono state accostate a citazioni di cantanti, giornalisti ed esponenti culturali, così da evidenziare la trasversalità del linguaggio del cuore – spiega Martina Saltamacchia, curatrice dell’esposizione –. Alla fine del percorso invitiamo i visitatori a seguirci su facebook e twitter, perché desideriamo che la mostra sia il punto di partenza per un dialogo con tutti. Proprio come la storia del brutto anatroccolo: la fine della fiaba è evidentemente solo l’inizio della sua avventura». Benedetta Parenti


INCONTRI 8

22 agosto

Gi Group, 15 incontri per trovare impiego La prima multinazionale italiana del lavoro propone seminari, appuntamenti per l’orientamento e una Guida pratica su contratti, curriculum e mercato Grande opportunità al Meeting 2015 per chi è alla ricerca del primo lavoro, per chi l’ha perso o per chi è in cerca di una ricollocazione. Nello stand Gi Group (Padiglione A1), una delle maggiori realtà europee nel lavoro interinale, è possibile seguire workshop di aiuto concreto alla ricerca di un impiego. Gli incontri saranno su varie tematiche: dall’aiuto alla compilazione del curriculum, all’uso degli attrezzi per conoscere e mappare il mondo del lavoro, alla modalità di utilizzo dei social network tipo Linkedin. Gli incontri previsti sono una quindicina suddivisi tra le 12 e le 16. Il programma dettagliato dei workshop è disponibile allo stand della società. Il materiale presentato nei singoli incontri è stato anche raccolto in una Guida pratica sul mondo del lavoro JOBook che si può richiedere al personale dello stand. La Guida tratta diversi argomenti come il mercato del lavoro italiano in pillole, i contratti di lavoro, primo impiego, ritrovare e cercare lavoro tramite i social network in maniera efficace.

Sempre allo stand è possibile prenotare ed effettuare incontri personali di orientamento con personale specializzato della Gi Group. Alessandro Nodari (direttore marketing della Gi Group) riassume le motivazioni della presenza dell’azienda al Meeting: «È un luogo coerente con il modo d’essere e di fare impresa di Gi Group – Continua Nodari: – La storia di Gi Group nasce nel 1998 come Générale Industrielle, a seguito dell’entrata in vigore della legge Treu che ha dato inizio all’intermediazione nel mondo del lavoro. Diventa la prima realtà italiana nel 2004 dopo l’ac-

Nodari, direttore marketing: «Il Meeting è un luogo coerente con il nostro modo d’essere e di fare impresa»

quisizione di Worknet ma fino al 2006 rimane una realtà nazionale. Dal 2007 attraverso acquisizioni e nuove sedi all’estero si espande fuori dal territorio nazionale e oggi è presente in 40 Paesi europei ed extraeuropei, confermandosi come la prima multinazionale italiana del lavoro». Il gruppo si occupa di temporary e permanent staffing, ricerca e selezione, executive search, outplacement, formazione e Hr consulting. Stefano Colli-Lanzi, amministratore delegato di Gi Group, mercoledì 26 alle 15 sarà tra le figure di spicco dell’incontro dal titolo “Formazione, apprendistato e flexicurity: la via italiana per sostenere lo sviluppo e l’occupazione” che si terrà in Sala Neri Conai. Parteciperanno inoltre Gigi Petteni, segretario confederale Cisl; Giuliano Poletti, ministro del Lavoro; Cristina Scocchia, amministratore delegato L’Oreal Italia; Paola Vacchina, presidente Enaip (Ente nazionale Acli per l’istruzione professionale). Introduce Dario Odifreddi, presidente della Piazza dei mestieri. Marco M. Gentile

Lo stand di Gi Group nel padiglione A1

Anticipo di Meeting in cella a Padova Al Meeting, il banchiere venezuelano German García-Velutini racconterà la sua storia eccezionale martedì 25: sequestrato per 12 mesi da un’organizzazione criminale che ha perdonato. L’incontro riminese oggi avrà un’anticipazione a Padova, in un auditorium molto particolare come la casa di reclusione Due Palazzi. «È un filo sottile di incontri quello che ci ha portato a German – spiega Nicola Boscoletto, che nel carcere padovano organizza con Officina Giotto varie lavorazioni artigianali –. Attraverso German molti detenuti potranno vivere in anteprima una delle testimonianze più intense del Meeting».

Con Avvenire idee, analisi e approfondimenti prendono spazio e diventano strumento di comprensione dei mutamenti della società e un contributo quotidiano alla riscoperta dei valori profondi dell’essere cristiani e cittadini dell’Italia e del mondo. Avvenire interpreta il cambiamento nella Chiesa e nei mondi vitali del cattolicesimo, portando il lettore nel cuore delle vicende sociali e dei dibattiti culturali ed etici. Tutto questo è valorizzato da una proposta di lettura integrata su tutte le piattaforme digitali, per garantire informazioni puntuali, autorevoli e costantemente aggiornate. Leggere Avvenire significa ritrovarsi persone nuove nei valori di sempre, per essere insieme protagonisti nel cambiamento.

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INCONTRI 9

Enzo Jannacci saluta il pubblico alla fine del concerto svolto al Meeting nell’agosto del 2009

Matto ma non scemo Jannacci che stupore ma nei dischi non si vede. Gaber, prende il volo come cantante commerciale di successo. Il discografico Nanni Ricordi non rinuncia a lanciare Jannacci, gli procura un provino alla Rai. Il mica scemo ma matto si presenta come diplomato al Conservatorio in triangolo (e spiegando che proponeva una «canzone progressista»). La canzone era Il cane con i capelli, storia di un diverso che più diverso

non si può essendo emarginato dagli altri cani per via dei bei capelli e dagli uomini perché cane. La Rai lo spedisce a casa: «inadatto a fare l’artista» fu la sentenza scritta. Ma questo è solo l’inizio. Pedrinelli ne ha da raccontare. Il matto ma non scemo diventa un fenomeno apprezzato da Zavattini («ecco il neo-realismo nella canzone!»), Bianciardi, Eco, dal musicista del Piccolo Teatro Fiorenzo Carpi, da

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da una situazione in cui non hai tutta la pappa fatta e dunque capisce cos’è marginalità, bisogno, mancanza, tanto più con la guerra che ha segnato la sua infanzia. «A 12 anni (siamo nel primissimo dopoguerra, 1947, ndr) ero piccolo brutto e terrone», confidò una volta a Pedrinelli. Cerca di emergere col jazz, ma è musica senza parole; e allora prova da rockettaro: lui e Gaber fanno i Due corsari. Uno spasso da vedere,

Dario Fo. Lui resta timido (che scuse), canta schizo e così si capisce che è lui, patisce la censura della Rai democristiana: guance bianche e rosse devono parere bicolore e non tricolore se no è vilipendio. Strada sempre in salita di uno sempre diverso e non allineato perché appena ha un po’ di autorevolezza lancia gli altri, i giovani che trova talentuosi: Boldi, Teocoli, Abatantuono, Cochi e Renato, Paolo Rossi, Bove e Limardi… fino a San Remo, dove vince in premi della critica ma ancora una volta subisce il disinteresse del mondo discografaro che conta commercialmente. Anche come medico (cardiochirurgo e altro) patisce invidie di tanti colleghi, perché lui è noto in tv, e perché è anche bravo e umano coi pazienti. «Quando il sipario calerà / io me ne andrò / ed ogni luce sparirà, io me ne andrò… l’elettricista chiederà / Ma vale tanto una canzone?». Pedrinelli racconta di quando Enzo gli raccontò che due bambinetti lo riconobbero. Guarda, quello di Vengo anch’io. E l’altro: ma a me piace di più il lato B, perché quando lo sento piango. É la storia d’amore sfortunata di un «cuore urgente». La canzone era Giovanni Telegrafista. «In quella canzone ci sono io, la mia disperazione, e la canto in modo sincero». Il cuore urgente i bambini lo capiscono. Pedrinelli aiuta a farlo capire anche ai grandi. Maurizio Vitali

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Uno che di sé dice «sono matto ma non sono scemo», al Meeting non finisce mai di interessare e di piacere. Perché matto equivale a libero dagli schemi e mica scemo equivale ad avere un giudizio. L’uomo che si definì come sopra è il grande medico e artista Enzo Jannacci. Ricordate? Stupì nel 2009 la sua intervista data al Corriere su Eluana, perché andava controcorrente di brutto e parlava anche di carezza del Nazareno. Stupì lo scorso anno qui al Meeting la mostra dedicata a lui e a Giovannino Guareschi, che dei due così diversi faceva conoscere la comune grandezza nell’amore al Mondo piccolo e alla Roba minima. Ieri è toccato al giornalista e critico musicale Andrea Pedrinelli tener vivo il fuoco dello stupore per la figura e l’opera di Jannacci. Riuscendoci benissimo, perché la conoscenza che Pedrinelli ha di Jannacci non è solo quella professionale e distaccata del competente e del reporter di lungo corso, ma è dichiaratamente affettiva, maturata negli anni in tanti incontri e tante interviste (e tanto ascolto delle sue canzoni). Roba minima (mica tanto) è il titolo del libro di Pedrinelli che è come la bibbia completa e ragionata delle canzoni di Enzo (editore Giunti). Racconti minimi è la godibilissima ora di incontro-quasi spettacolo in cui Pedrinelli inanella racconti, ricordi personali, frasi di Enzo, testi recitati di sue canzoni. Vien fuori la possibilità di un incontro, vero e commovente, con il grande Jannacci. Il quale è partito dalla periferia,

22 agosto


INCONTRI 10

22 agosto

Negli occhi di un grande uomo 65 opere di pittori e scultori ripercorrono la vita del beato Alberto Marvelli. ÂŤUn uomo che ha segnato piĂš epocheÂť, lo ha definito l’arcivescovo Negri alla presentazione della mostra al Meeting. Con lui è intervenuto il vescovo di Rimini Lambiasi Da assessore alla ricostruzione andava spesso nelle case a spiegare alle famiglie come si compilavano le richieste di aiuto. Quando tornava a casa per pranzo, di solito in ritardo, apriva la porta di casa alle persone che lo aspettavano, in fila in cerca di aiuto. Niente male come politico. Siamo nell’immediato dopoguerra, Rimini è semidistrutta dai bombardamenti. Alberto Marvelli è un uomo di appena 28 anni, dal volto severo e al contempo disponibile, che giĂ sotto le bombe correva in sella alla sua bicicletta per le strade della sua cittĂ e della campagna per portare aiuto agli sfollati. Non si tratta di un eroe, sottolinea il vescovo Francesco Lambiasi, ma di un uomo vero, che ÂŤha visto crescere per grazia la sua umanitĂ Âť. ÂŤUn uomo che ha segnato piĂš epocheÂť, lo ha definito Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara, cittĂ natale di Alberto. Per capire la statura di Marvelli ci viene in soccorso l’immagine del suo funerale, celebrato nella Chiesa di S. Maria Ausiliatrice, sul lungomare di Rimini. La bara fu portata a piedi in spalla fino al cimitero, lontano 3 km, distanza interamente occupata dal corteo. “Salutiamo l’amico e il compagno che tanto bene ha cosparso sulla terraâ€?, scrivono sui manifesti attaccati a Bellariva gli avversari politici comunisti. Marvelli muore il 5 ottobre 1946 per un misterioso incidente stra-

In bici con Marvelli

Gli occhi... specchio dell’anima di Irene Balducci, tra le opere in mostra

dale, travolto in bicicletta da un camion militare guidato da un soldato polacco, probabilmente ubriaco. Negri e Lambiasi intervengono al Meeting per presentare la mostra “Lèvati, o anima, e guarda. Pittori e scultori raccontano Alberto Marvelli nel decennale della beatificazioneâ€?. 65 opere, tra pitture, sculture e tecniche miste, realizzate da 55 artisti che si sono lasciati provocare dalla figura del giovane beato e dalla sua

Oltre alla mostra, allestita nel padiglione A5 della fiera, sono tante le iniziative che il Meeting dedica al beato riminese: domenica si andrĂ â€œIn bici sulle tracce di Albertoâ€?. Partenza alle 15.30 in spiaggia, al bagno 62. Arrivo in fiera alle 18.15 e visita all’esposizione. L’iniziativa è organizzata dall’associazione culturale “L’umana dimoraâ€?.

breve ma intensissima vita, fatta di grandi passioni intellettuali, sportive e spirituali. In una parola umane. Il titolo della mostra è un invito ad “alzare lo sguardoâ€?, per misurarci con un uomo che ha vissuto con la “passione per le altezzeâ€?. Le opere, donate dagli artisti, sono in vendita e il ricavato andrĂ al Centro di Documentazione Marvelli per sostenere gli eventi dell’ “Anno con Albertoâ€?. ÂŤNe abbiamo giĂ vendute otto, nelle precedenti tappe della

mostra, una già ieri al primo giorno di Meeting, racconta Elisabetta Casadei, vice postulatrice della causa di beatificazione di Marvelli. Cosa ha trasmesso la vita di Alberto Marvelli alla tua? Le chiediamo a margine dell’incontro. Due cose: la fede forte, nonostante fosse cosÏ giovane, che lo portava sempre a guardare avanti, e l’impegno per un amore concreto. Cosa ha reso possibile l’esistenza di un uomo cosÏ? – Si domanda invece

mons. Negri – La famiglia. Alberto ha avuto in Maria Mayr una madre forte nelle motivazioni della fede, e tenera al contempoÂť. Dobbiamo guardare all’esperienza di questi due testimoni per affrontare l’attuale conflitto, che mira a distruggere la famiglia: ÂŤnon si può opporre ideologia a ideologia, occorrono testimonianze ed esperienze alternative al nulla che ci circondaÂť. Alessandro Caprio

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PERSONAGGI 11

22 agosto

Quei volontari da record C’è chi non ha perso un’edizione dal 1980. Marcello: sono grato. Mario: venni nell’82 per il Papa. Pietro: imparo ancora Marcello Tosi: partecipa al Meeting di Rimini da trentasei anni come volontario per i comunicati

La sua faccia placida ispira uno strano senso di tranquillità. Gli occhi, a volte persi verso l’alto sono gli stessi che a ventun anni videro l’apertura della prima edizione del Meeting, il 23 agosto 1980. Da quell’epoca Marcello, che al tempo studiava giurisprudenza a Bologna, non si è perso una delle 36 edizioni che si sono succedute fino ad oggi. «Anche nell’86, quando ho fatto il militare, sono riuscito a venire almeno un giorno e mezzo». La maggior parte delle edizioni le ha fatte lavorando come volontario. Testimone silenzioso ma granitico di tanta fedeltà, che lo ha spinto a considerare l’appuntamento riminese come il più importante dell’anno per lui. «Perché qui per me è come sentirmi a casa. Tutti gli anni e tutte le edizioni, anche le più difficili». Quando gli chiedono dove andrà a finire il Meeting, lui risponde con semplicità estrema: «Spero dove è sempre andato. È un gesto più grande di noi a cui siamo chiamati, e dobbiamo essere grati per la bellezza che è accaduta». Lo stesso sguardo di Mario, che venne da Torino nell’82 per sentire papa Giovanni Paolo II. Da lì in poi rimase talmente colpito da dire: «non potevo più rinunciare ad essere protagonista. Dovevo costruirlo anch’io». E ha cominciato a lavorarci, ogni anno, fino a oggi. Una montagna di aneddoti, piccole e grandi storie, si nascondono nelle vicende di questo trentennio. Raccontano di Testori, del re degli

Zulu, di Giulio Andreotti. E ogni cosa diventa un richiamo. «Bertinotti ha addosso una domanda che lo sta rosicchiando, secondo me. E io mi sono chiesto: ma la domanda che ha lui, tanto forte, ce l’ho anch’io così viva? Perché lo spazio che c’è qui non è solo per quelli del Movimento, è per tutti».

«È un gesto più grande di noi, a cui siamo chiamati». E che rimane negli anni appiccicato al cuore Sono storie ordinarie di uomini investiti dallo straordinario. Pietro fa l’autista. Ama scherzare, ma ad un tratto si fa serio: «Gli ospiti che porto rimangono stupiti. Questo qui, il Meeting, è una cosa che non esiste in tutto il mondo!». Da trentaquattro anni anche lui non ha mollato un colpo. Poi continua commosso: «In una settimana costruisci rapporti che tu non avresti mai pensato. Di autisti in questi anni, ne sono morti tre: quando ci siamo trovati ai funerali, ci siamo riconosciuti come parte di qualcosa di più grande di

noi». Rapporti gratuiti, come il mattino in cui lui ed altri sono andati a prendere in hotel, a sorpresa, una volontaria. Lei, che sognava un giro su una di quelle macchine, si è ritrovata con hostess, autista ed un mazzo di fiori. Ma tutto questo è un dono che ci è stato fatto, spiega. È bastato dire di sì. Il vero miracolo è che Pietro ha 64 anni, e ha ancora voglia di imparare. «Io cresco guardando questi ragazzi che lavorano con me. Perché è vero che più uno cresce negli anni, e più cresce nella vita. Per questo anche mia moglie si accorge di quanto bene c’è a vivere qui». Se uno torna, continuamente, per la durata di una vita, vuol dire che c’era qualcosa che gli è mancato. Tutti parlano con nostalgia di questo strano luogo. Senza magari nemmeno comprenderne a fondo il motivo, c’è qualcosa che si è appiccicato al cuore, e non se ne vuole staccare. Una frase risuona nella voce di Pietro: «Se qui noi vediamo Gesù nei volti degli ospiti, è quello che ci è chiesto». In ogni caso, non è normale trovare gente ancora così commossa dopo tanti anni. Ancora così viva. Storie ordinarie, in una storia straordinaria. Dietro, a poca distanza, c’è una frase scritta sull’ultimo pannello di una mostra su Don Giussani: «E che tutto non finisca mai fra di noi». Simone Lombardo

Di Masterchef Junior ce ne facciamo un baffo Al “Romagnolo” laboratorio di cucina per educare i piccoli alla creatività e al rapporto positivo con il cibo Sono già quasi 200 i bambini dai 2 anni in su che presso il ristorante «Il Romagnolo» (situato nel padiglione B5) hanno imparato a impastare e creare fusilli, pappardelle e tagliolini. Il laboratorio creativo “Con le mani in pasta”, organizzato dal servizio catering Vanni, è una novità assoluta per il Meeting e fin dalle prime ore ha riscosso un notevole successo. La ragione di tale boom è dovuta «all’accostamento di divertimento, creatività ed educazione» spiega Marisa, insegnante nella vita e collaboratrice all’interno del laboratorio durante la kermesse riminese. Bambini e ragazzi, infatti, non solo hanno la possibilità di sperimentarsi con l’impasto e la creazione di nuovi tipi di pasta, ma anche di divertirsi, sviluppare doti manuali e la capacità di collaborare insieme. «Tendono a guardarsi, talvolta anche a copiarsi, ma più spesso a suggerirsi, consigliarsi nuovi spunti – continua Marisa – e decidono insieme cosa inventare». I piccoli ospiti, vestiti da chef con tanto di grembiule e cappello, sono entusiasti. I genitori, invece, stupiti, osservando i figli felici di apprendere alcune ricette

semplici, ma gustose, e antiche tecniche d’impasto, qualcosa che purtroppo si tramanda sempre meno nelle generazioni. L’iniziativa è guidata, inoltre, da educatori, docenti e altri esperti dello sviluppo infantile. Per i più meritevoli l’esperienza è coronata dalla consegna di un vero e proprio diploma, il quale conferisce il titolo di «Artista chef». Ma perché un laboratorio sulla sfoglia? Odiato o amato, preparato con cura o consumato al volo, il cibo è sempre in cima ai nostri pensieri, anche nei momenti più imprevedibili. Lo sa bene chi, in un momento d’ansia, inizia a sfamarsi con qualsiasi pietanza commestibile (o in mancanza unghie); o chi, per lenire un dispiacere, consuma vari alimenti, tra cui cioccolatini e gelato, come ben ci racconta la cara Bridget Jones, nella commedia cinematografica tratta dai romanzi di Helen Fielding. Il cibo però è molto più che la valvola di sfogo delle nostre tensioni o emozioni: il cibo è nutrimento e vita, come sottolinea il titolo dell’Expo 2015; ma è anche cura, amore e attenzione al dettaglio; è socialità e comunicazione. Cucinare diven-

Un gruppo di bambini con grembiule e cappello da chef impegnati a impastare la sfoglia

ta, quindi, un atto profondamente creativo, giocoso ed educativo. Inoltre, ogni fase della preparazione di un piatto diventa un momento prezioso, da godere da soli o condividere con gli altri: trovare e sistemare gli ingredienti, manipolare la materia, attendere la cottura, assaggiare. Fino al momento più bello e più atteso, quello del convivio. Un’altra curiosità interessante del laboratorio è il fatto di poter portare a casa quanto è stato realizzato, così che, oltre all’aspetto della condivisione, i protagonisti siano spronati a con-

frontarsi con il tema della gratuità: il tortellino preparato diventa un dono, un regalo sentito. Altro che Masterchef Junior e compagnia bella: qui i bambini fanno esperienza di un rapporto positivo e vero con il cibo e la preparazione dello stesso, perché, come ci ricorda la mostra su Abramo, senza un dialogo con un tu, non c’è nemmeno un io. Perché non far quindi passare questo tu anche durante la preparazione di un bel piatto di pasta? Margherita Dahò


FederUnacoma: 70 anni di storia, attività ed esperienze La Federazione Nazionale Costruttori Macchine per l’Agricoltura riunisce in seno a Confindustria i costruttori italiani di macchine e attrezzature per l’agricoltura, il giardinaggio e il movimento terra e relativa componentistica. L’associazione è nata nel 1945 all’indomani della fine della II guerra mondiale, e nei suoi 70 anni di storia ha accompagnato l’evoluzione della meccanizzazione agricola italiana sostenendo imprenditori-artigiani che in pochi decenni hanno dato vita a un’attività industriale prima al mondo per gamma merceologica prodotta, in grado di fornire mezzi ad elevata tecnologia per lavorazioni agricole di ogni tipo e ad ogni latitudine. FederUnacoma oltre a rappresentare gli interessi dei propri associati e contribuire alla divulgazione di una cultura della meccanizzazione agricola, promuove il comparto anche attraverso l’organizzazione diretta di importanti eventi fieristici in Italia e all’estero (Eima International, Eima Agrimach, Eima Show, Agrilevante).

LA STORIA

LE ATTIVITÀ

LE ESPERIENZE FederUnacoma è presente al Meeting di Rimini 2015 presso il Padiglione adiglione A A1

Vieni a visitarci e a giocare con noi. Ti aspettiamo!!

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VITA MEETING 13 22 agosto

Clic, hashtag e Youtube il Meeting conquista il web Social media e Video team, un gruppo di volontari che racconta le giornate riminesi sui network Il «live twitting» consente di seguire le conferenze in tempo reale: basta tenere sott’occhio #meeting15 Incontri, mostre, spettacoli: il Meeting è pieno di cose da vedere. Ma come si fa a star dietro a tutto? C’è chi corre a destra e a manca e chi invece si affida, almeno in parte, ai social network. Il Social media team lavora per raccontare il Meeting a chi non c’è o a chi non ha il dono dell’ubiquità in fiera. Lo fa attraverso il web, sui canali più utilizzati. Seguirli è facile: @MeetingRimini su Twitter, Meeting per l’amicizia tra i Popoli su Facebook e MeetingRimini su Instagram. Mani veloci e testi sintetici: così vengono raccontate le conferenze attraverso il live twitting che permette a tutti di fissare e ricordare le frasi più significative pronunciate dai relatori. Non un riassunto ma spunti su cui riflettere. Diverso invece è il canale Facebook dove si possono trovare contenuti inediti, video e curiosità su tutto quello che accade durante il giorno. Instagram infine raccoglie gli scatti più belli, scorci di vita che arrivano direttamente dalla fiera e che vengono postati all’istante. Coinvolgersi da casa

La cornice bianca con cui i volontari del Social media team del Meeting girano tra i padiglioni a caccia di notizie

è facile, ma lo è anche in fiera. Basta intercettare una cornice bianca portata dai volontari del Social media team tra i padiglioni e il gioco è fatto. Uno scatto, un clic e un solo motto: vivilo con noi #meeting15. Un racconto fluido e istantaneo, fatto da 20 giovani volontari, che a suon di cinguettii e hashtag portano il Meeting anche a chi sta in Austra-

lia, a chi, rimasto in città per lavoro, apre Facebook durante una pausa, a chi insomma qui non può esserci ma lo vorrebbe. Nei meandri della sala stampa, a braccetto con il Social media team c’è anche il Meeting video news, un gruppo di giornalisti e video maker che mostrano il Meeting da dietro la telecamera. Interviste, video, servizi

disponibili sul sito www.meetingrimini.org oppure sul canale di Youtube dedicato. Pillole fatte non per esaurire la grandezza di un evento così ricco, ma per mostrare anche a chi non lo conosce quello che accade, personaggi, ospiti, mostre e sorprese. Denominatore comune #meeting15. Non vi resta che seguirci! Francesca Mortaro

«Voglio tutto» La storia di Marta «Voglio tutto» (Edizioni Itaca), il libro dedicato alla vita di Marta Bellavista e alla sua straordinaria esperienza sarà presentato al Meeting sabato 22 agosto alle 18.30 presso il padiglione A3, stand della Confraternita. L’incontro avrà come titolo “Marta, testimone della vitalità del carisma” e vedrà la partecipazione di don Francesco Ferrari, Fraternità San Carlo Borromeo, uno degli amici più cari di Marta e di Emanuele Polverelli, che ha curato il libro. «In lei vibra un’intensità di desiderio che investe tutto, a partire dalle sue passioni, dal ballo allo studio agli amici. Desiderio che si condensa in un’unica insistente domanda, quella di essere felice», scrive nella prefazione don Stefano Alberto, docente di teologia all’Università Cattolica e grande amico di Marta.

AL MEETING DI RIMINI, 20 - 26 AGOSTO 2015

BENVENUTI A

CASA

NOSTRA STORIE DI PASSIONE, LAVORO, EDUCAZIONE

22 agosto • SALA NERI Conai • h. 11.15 L’IO ESPRESSIONE DI AUTENTICITÀ: IL DESIGN SINTESI DI STORIA E CULTURA Padre Andrey Yurevich • Architetto capo della Direzione Economica della Chiesa Ortodossa Russa, Responsabile del programma della costruzione delle nuove chiese a Mosca. Don Francesco Braschi • Dottore della Biblioteca Ambrosiana e Presidente Associazione Russia Cristiana Andrea Cancellato • Direttore Generale Fondazione La Triennale di Milano James Biber • Architetto e progettista del Padiglione degli Stati Uniti a Expo 2015 Modera: Chiara Piccinini • Docente di Lingua Cinese all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

22 agosto • stand FederlegnoArredo (Pad. C1) • h. 13.45 GIOVANI IN CERCA DI LAVORO, IMPRENDITORI IN CERCA DI GIOVANI. Un caffè con: Nicoletta Azzi • Titolare Panguaneta SpA Renato Crosti • Titolare Meridiani Srl On. Luigi Bobba • Sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze (in attesa di conferma) Modera: Giorgio Vittadini • Presidente Fondazione Sussidiarietà TI ASPETTIAMO AL PAD. C1 ALLA MOSTRA PER CONOSCERE IL “SAPER FARE ITALIANO”.

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SPETTACOLI 14

22 agosto

Chi è rimasto uomo I cori della Grande Guerra Perché, un secolo dopo, i canti degli alpini parlano ancora di noi. Il coro Cet protagonista al Meeting con una mostra e uno spettacolo in programma stasera Ricordate da bambini, quando sulla cima di una montagna con il vento che ululava, coperti dal pile, ascoltavamo i canti alpini in silenzio? In religioso silenzio. Quelle melodie, quelle voci, quelle parole, di cui forse allora non coglievamo appieno il senso, ci rapivano. Era chiaro che non fosse il momento di giocare, che non si dovesse aprire bocca. Nessuno aveva dovuto dircelo, nemmeno mamma e papà. E noi, piccoli, diventavamo improvvisamente grandi, travolti da qualcosa che non comprendevamo, ma che ci faceva palpitare il cuore. Ora siamo tutti cresciuti, eppure udire quei canti ci riporta indietro, ci fa tornare semplici, ci tira fuori dai nostri ragionamenti, dai nostri pensieri. Come è possibile che questi canti abbiano un simile potere? Come possono quelle voci che raccontano della nostalgia per l’amata lontana, per la patria, colpirci in pieno petto, farci venire i brividi, farci ammutolire? C’è qualcosa in essi che rimane attuale, che ci descrive e ci riguarda. Tutto questo è messo a tema dall’e-

Uno dei cori universitari che si esibiscono ogni giorno alle 16.30 alla mostra “Un cuore più grande della guerra” nel padiglione A3

vento “Un cuore più grande della guerra” che all’interno del Meeting si compone di un grande concerto che si svolgerà stasera alle 21.45 all’Arena Frecciarossa e di una mostra allestita nel padiglione A3. Il tentativo è quello di andare a rintracciare l’origine di quei canti alpini, nati cento anni fa, e comprendere le ragioni del riscontro che, ancora oggi, sperimentiamo su di noi.

La Grande Guerra, che sarebbe dovuta essere una guerra lampo, viene accolta dai giovani con ideologico entusiasmo, ma si tramuta ben presto in una guerra di trincea, di logoramento. In un contesto del genere, che consuma l’umano, i soldati portano con sé i canti della loro tradizione. Tali melodie permettono loro di non dimenticarsi a cosa anela il cuore e li fanno riscoprire tutti fratelli.

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È proprio questo che colgono i quattro fratelli Pedrotti, intorno agli anni ’20, quando decidono di riunire i canti popolari della tradizione e creano un coro, il coro della Sat (Società alpinisti tridentini). Tali canti, resi colti dalle armonizzazioni, divengono polifonici, senza essere snaturati. Le armonizzazioni sono, infatti, alla base di quella immediatezza tipica dei canti alpini, che ci

permette di percepirne la verità che vi si cela. Negli anni 2000 si forma il coro Cet (Canto e tradizione), che esegue elaborazioni di canti popolari del repertorio del coro Sat. Allo stesso tempo nascono esperienze simili in università, all’interno di diverse facoltà. «Importante negli anni 2000 – racconta Francesco Morabito, presidente del coro Cet – l’incontro di Mauro Pedrotti, presidente del coro Sat, con il coro Cet e con i cori degli universitari che si formano nelle facoltà milanesi e che fanno nascere grandi amicizie. Sempre in questo incontro – prosegue Morabito – Mauro Pedrotti dichiarerà “Non credevamo ci fossero più giovani capaci di accogliere e recepire il nostro messaggio” e invece li trova nelle facoltà, nelle comunità di Cl che sono abituate a cantare e che cercano quei canti che meglio esprimono il cuore». La formazione di tali cori giovanili sorprende, ma testimonia quel riscontro con la nostra vita che i canti alpini ci trasmettono ancora oggi. È proprio per questo che, all’interno dell’allestimento della mostra, viene riservato, ogni giorno alle 16.30, uno spazio all’ascolto di canti popolari alpini, eseguiti da cori universitari e liceali. In questo percorso “Cuore più grande della Guerra” potremo, quindi, sperimentare di nuovo quel rapimento che avvertivamo sin da bambini nell’ascolto di questi canti e a cui oggi, forse, possiamo dare un nome, citando Don Giorgio Pontiggia: «Il canto ci muove, ci commuove, fino a farcelo percepire come segno di un Altro». Federica Capaccioni


I FATTI DI OGGI 15 22 agosto Alle 17 il prefetto della Segreteria vaticana per l’economia Incontri INCONTRARE DON GIUSSANI OGGI Ore: 11.15 Sala eni B1 Partecipano: Massimo Borghesi, Docente di Filosofia Morale all’Università degli Studi di Perugia; Pietro Modiano, Presidente SEA (Società Esercizi Aeroportuali); Gianni Riotta, Editorialista de La Stampa. Introduce Alberto Savorana, Portavoce di Comunione e Liberazione.

LA GIORNATA

L’IO ESPRESSIONE DI AUTENTICITÀ: IL DESIGN SINTESI DI STORIA E CULTURA Ore: 11.15 Sala Neri CONAI In collaborazione con FederlegnoArredo. Partecipano: James Biber, Architetto e Progettista del Padiglione degli Stati Uniti a Expo 2015; Francesco Braschi, Dottore della Biblioteca Ambrosiana e Presidente Associazione Russia Cristiana; Andrea Cancellato, Direttore Generale Fondazione La Triennale di Milano; Andrey Yurevich, Architetto capo della Direzione Economica della Chiesa Ortodossa Russa, Responsabile del programma della costruzione delle nuove chiese a Mosca. Introduce Chiara Piccinini, Docente di Lingua Cinese all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Il cardinale Pell: Chiesa e denaro chele Brambilla, Vice Direttore de La Stampa. CHIESA E DENARO Ore: 17.00 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 Partecipa S. Em. Card. George Pell, Prefetto della Segreteria per l’Economia della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano. Introduce Roberto Fontolan, Direttore Centro Internazionale di Comunione e Liberazione. AL FONDO DELLA MANCANZA. DIALO-

GO CON… Ore: 19.00 Sala eni B1 Partecipa Piero Sansonetti, Fondatore e Direttore de Il Garantista. IntroduceAlberto Savorana, Portavoce di Comunione e Liberazione. ISLAM, COSTITUZIONI E DEMOCRAZIA Ore: 19.00 Sala Neri CONAI Partecipano: Rafaa Ben Achour, Giudice della Corte Africana dei diritti dell’uomo e dei popo-

GIOVANI IN CERCA DI LAVORO, IMPRENDITORI IN CERCA DI GIOVANI. UN CAFFÈ CON… FEDERLEGNOARREDO Ore: 13.45 Stand FederlegnoArredo Pad. C1 Partecipano: Nicoletta Azzi, Titolare Panguaneta Spa; Luigi Bobba, Sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; Renato Crosti, Titolare Meridiani Srl. Introduce Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà.

I BAMBINI SANNO Ore: 21.45 Sala Neri CONAI Presentazione e proiezione del film di Walter Veltroni. Una produzione SkyCinemaHD realizzata da WILDSIDE in collaborazione con PALOMAR. Introduce Letizia Bardazzi, Presidente Associazione Italiana Centri Culturali.

UN CUORE PIÙ GRANDE DELLA GUERRA Ore: 21.45 Arena Frecciarossa1000 D3 Biglietto intero: 10 euro, ridotto: 8 euro I canti del popolo soldato nel primo conflitto mondiale. Coro CET - Canto e Tradizione - Milano.

Sport 1° TORNEO BASEBALL GIOVANILE MEETING RIMINI Ore: 9.00 Stadio baseball - Rimini Orario svolgimento torneo: mattina 9.00-12.00 - pomeriggio 15.00-18.00 Domenica 23, alle ore 14.00, presso il padiglione Kinder + Sport Village (Rimini Fiera) ci sarà Fuori Campo con la partecipazione di Campioni di Baseball. A cura della Federazione Italiana Baseball-Softball.

LE PROSPETTIVE DELL’ECONOMIA GLOBALE E I PAESI DEL MEDITERRANEO Ore: 15.00 Sala Neri CONAI Partecipa Carlo Cottarelli, Executive Director International Monetary Fund. Introduce Bernhard Scholz, Presidente Compagnia delle Opere.

UN GIORNO DA LEONI Ore: 14.30 - 17.00 Kinder + Sport Village (PAD A7/C7) Giochi per bambini e ragazzi delle Scuole Primaria e Secondaria di I grado. A cura di CdO Sport.

GIUSEPPE VERDI: RELIGIONE E FEDE. Letture, musiche e dialogo Ore: 15.00 Sala Poste Italiane C2 Partecipano: Egidio Bandini, Giornalista e Presidente Club dei Ventitré; Adriano Contestabili, Amministratore Parrocchiale a Roncole Verdi; Corrado Medioli, Fisarmonicista. Introduce Mi-

QUOTIDIANO

MISTERIOSA È L’ACQUA Ore: 19.00 Sala Poste Italiane C2 Presentazione della mostra. Partecipano: Liliana Cortellini, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; Mario Gargantini, Giornalista scientifico e Direttore Emmeciquadro; Manuela Kron, Direttore Corporate Affairs Gruppo Nestlé in Italia. Introduce Maurizio Carvelli, Amministratore Delegato Fondazione CEUR.

Spettacoli

RAGIONE E LIBERTÀ: LA GENERAZIONE DI UN SOGGETTO Ore: 15.00 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 Partecipano: Eddo Rigotti, Professore Emerito allo IALS (Istituto di argomentazione, linguistica e semiotica) dell’Università della Svizzera italiana; Carlo Wolfsgruber, Rettore della Fondazione V. Grossman di Milano. Introduce Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà.

MEETING

li; Tania Groppi, Docente di Istituzioni di Diritto Pubblico all’Università degli Studi di Siena; İbrahim Kaboğlu, Docente di Diritto Costituzionale alla Marmara University, Istanbul; Adel Omar Sherif, Vice Presidente della Suprema Corte Costituzionale d’Egitto. Introduce Andrea Simoncini, Docente di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Firenze.

TORNEI DI SCACCHI Ore: 15.00 Kinder + Sport Village (PAD A7/C7) Torneo di scacchi semilampo OVER 14. A cura di Francesco De Vincenzo. Il cardinale George Pell

Direttore Stefano Filippi Direttore responsabile Cesare Trevisani Editore Associazione Meeting per l’amicizia tra i popoli Associazione riconosciuta con D.P.R. n.869 del 6/8/1986, sede: via Flaminia 18/20, c.p. 1106, 47900 Rimini. Tel. 0541-783100, Fax. 0541-786422

Progetto grafico G&C, Milano Impaginazione Èdita, Rimini Fotolito e stampa CED Via dell’Industria, 52 Erbusco (BS) Registrazione Tribunale di Rimini n.16/91 del 15/07/1991

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