Quotidiano Meeting - 24 agosto 2015

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ANNO 25 ue Numero Cinq Lunedì

MEETING

PRIMO PIANO Scommettere e investire in Italia. Partecipano Graziano Delrio, James Hogan, Pierluigi Stefanini. Introduce Bernhard Scholz. Sala eni B1

11.15

Ripartire dal Mediterraneo: un orizzonte per la politica internazionale. Partecipano Paolo Gentiloni, Taieb Baccouche. Introduce Roberto Fontolan. Auditorium Intesa Sanpaolo B3

O N A I D I T O U Q

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15.00

PRIMO PIANO La scelta di Abramo e le sfide del presente. Partecipano Joseph Weiler, Julián Carrón. Introduce Monica Maggioni. Auditorium Intesa Sanpaolo B3

17.00

L’Annuncio a Maria di Paul Claudel. Spettacolo teatrale. Traduzione e adattamento di Fabrizio Sinisi. Regia di Paolo Bignamini, con Matteo Bonanni, Alessandro Conte, Federica D’Angelo. Arena Frecciarossa1000 D3

21.45

AGOSTO 2015

La bellezza della disabilità p. 2

Sansonetti, il Papa e Gesù p. 6

I filosofi e la mancanza p. 9 Le macerie di piazza Saadallah al Jabri, ad Aleppo

Martirio «Abbiamo bisogno di voi» estimonianze di persecuzione e di martirio. Le hanno presentate ieri due sacerdoti, uno di Aleppo (la città della Siria più martoriata), l’altro di Erbil (altra città massacrata, questa volta in Iraq), che vivono quotidianamente con le loro comunità in mezzo alla violenza e alla devastazione. Moltissimi sono stati costretti ad andarsene come profughi, lasciando tutto. Ma ieri al Meeting la cosa ancor più

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emozionante per tutti sono state le parole di una bambina di dieci anni, Myriam, costretta a sfollare, con la sua famiglia, dagli assalti dei fondamentalisti. In lei solo serenità d’animo e di giudizio e sorprendenti parole di perdono. «Lui è la mia vita». «Lui è la mia guida”». «Lui è tutto». Da dove nasce la certezza che abbiamo visto in lei? Questa domanda resta decisiva per noi, che non ci troviamo a dover versare il sangue. Anche se Von Balthasar, parlando del martirio come del caso serio anche in Occidente, osserva che si può versare il sangue, goccia a goccia, ogni giorno. Le contraddizioni non mancano, ma la questione che sta davanti ai nostri occhi è la natura della testi-

monianza. O qualcosa che devo riuscire a fare, qualche cosa di buono, ma che dipende da me, oppure la vita, la mia libertà, il mio cuore che sussultano al riconoscimento della Sua presenza, della Sua opera. La questione essenziale è essere immersi nel grande Mistero. Se noi non ci sentiamo immersi nel grande Mistero della Resurrezione di Cristo sperperiamo qualcosa dell’essere, dilapidiamo qualcosa della sua grandezza, della sua potenza, della sua signoria. Insomma, svuotiamo di contenuto e facciamo appassire l’essere, Dio, il Mistero, l’origine, il Destino. Non possiamo che essere grati a questi nostri amici cristiani per il loro sacrificio, per la loro vita, per la

loro azione e per il loro esserci. «Noi abbiamo bisogno di voi», ha detto padre Ibrahim. Non solo degli aiuti materiali, ma «abbiamo bisogno che voi ci siate». E’ la stessa cosa che aveva detto anche monsignor Amel Nona, vescovo caldeo di Mosul. E chiarendo meglio il suo pensiero, Padre Ibrahim ha usato questa espressione: «Sono colpito dal fatto che la fede per voi è un continuo approfondire. Noi abbiamo bisogno di questa educazione, o di questo cammino». E noi abbiamo bisogno della loro letizia, della loro certezza semplice. «Noi abbiamo bisogno di questo cammino», ha detto padre Ibrahim. E ne abbiamo bisogno anche noi.


PRIMO PIANO 2

24 agosto

Una casa e lo sport e la disabilità diventa una chance Suor Maria Bertelli e Timothy Shriver affermano il valore della debolezza «Nel limite si manifesta la presenza di Dio». E l’incontro diventa festa Uno stadio che tifa, canta e balla. Si è trasfor- te inconcepibile, muove il cuore delle madri: noi mato in tutto questo e altro ancora il padiglione non chiediamo di convertirsi, ma proponiamo B3 in occasione dell’incontro dal titolo: “Fully l’esperienza che abbiamo incontrato, quella di alive. Domande e sfide alla Gesù». Ed ecco allora che daricerca dell’amore di Dio in vanti alla bellezza di un’accociascuno di noi”. I due relaglienza così, c’è anche chi arriLa religiosa: tori, Maria Angela Bertelli, a chiedere di battezzare il fi«La gratuità con cui va suora saveriana in missione glio, diventato segno di quel a Bangkok, Thailandia, e accogliamo le mamme Qualcosa di più grande che si è Timothy Shriver, presidente muove il loro cuore incontrato. degli Special Olympics, soDagli occhi di Suor Maria e così tornano no venuti al Meeting per teAngela trapela un amore per i nere una relazione sulla bela occuparsi dei figli» suoi bimbi disabili che si rilezza di avere a che fare con specchia nella travolgente paspersone con disabilità intelsione con cui Timothy Shriver lettive e la loro passione ha finito per trascinare parla dei suoi atleti. Appartenente a una delle fatutta la sala. Due testimoni provenienti da lonta- miglie più famose al mondo, i Kennedy, Shriver no, accomunati dal voler dimostrare che, in un è oggi presidente degli Special Olympics (le omondo ossessionato dal successo, il valore della limpiadi speciali per persone con disabilità infragilità e del limite è un dono da riscoprire in o- tellettive) fondati dalla madre Eunice, sorella gni momento. dei più noti John, Robert e Ted. Suor Maria Angela racconta della sua espeUn relatore davvero fuori dagli schemi che, rienza di accoglienza alla «Casa degli Angeli», per presentare il suo lavoro nello sport, si imin cui trovano posto mamme e bambini abban- provvisa corridore sul palco, chiedendo alla pladonati da una società che concepisce la disabi- tea di immaginarsi un atleta disabile e urlare il lità come il risultato di un proprio nome: «Avete fatto il karma negativo. «I probletifo per voi stessi, e se siete arriIl presidente degli mi di questi bambini venvati ultimi non importa, l’imgono visti come la giusta portante era partecipare alla gaSpecial Olympics: punizione per il male e il ra. Perché la prima cosa per a«La cosa necessaria vere cura degli altri è avere peccato fatto nella vita precedente – spiega la missiocompassione per se stessi». Un per avere cura naria – e vengono per queentusiasmo per i suoi atleti che degli altri è avere sto rifiutati da tutti». Un risi riflette nell’orgoglio nel mofiuto che va a toccare ancompassione per sé» strare le foto dei ragazzi che che le famiglie dei piccoli, hanno partecipato all’ultima ele mamme e i papà che, dizione dei giochi, finita un mequando arrivano alla casa di accoglienza fanno se fa a Los Angeles, che ha visto la partecipaaddirittura fatica a guardare i propri figli. Lo zione di 4 milioni di atleti da 170 Paesi. Come sguardo sui piccoli delle suore, e degli oltre 130 un fiume in piena racconta di quella volta in cui, volontari che si sono avvicendati dal 2008, co- nei giochi di Dublino nel 2003, ha accompagnamincia però a cambiare le cose. «La gratuità con to la presidente dell’Irlanda ad assistere alle gacui ci muoviamo, che in Thailandia è totalmen- re e lei ha insistito per vedere quelle per i ragaz-

Timothy Shriver, la moderatrice Letizia Bardazzi e suor Maria Angela Bertelli

zi con i problemi motori gravi, dove Donald ha impiegato quasi 20 minuti per riuscire a spostare un sacco di fagioli. «Alla fine io e la presidente eravamo in piedi per una standing ovation, pieni di commozione, e mi sono accorto che avevo ragionato come tutta la società, – racconta Shiver – avevo paura di non fare bella figura, avevo paura che questo straordinario essere umano non avrebbe dimostrato nulla. Avevo paura e mi sono sbagliato. Adesso quando vado alle Olimpiadi, quelle vere, sono convinto che non esistano atleti migliori di Donald». Timothy Shriver ha tratteggiato una società assuefatta all’autonomia, in cui il valore di ciascuno è dato dalla sua capacità di essere indipendente nel guadagno e nel lavoro. «Ma in un mondo così, chi sono allora queste persone? - si chiede Shriver – Una società in cui le parole idiota e ritardato sono le più usate per descrivere gente affetta da questa disabilità, è una società

che attacca un’etichetta e non guarda alla totalità della persona». Un quadro che fa chiedersi quale sia la nostra immagine di Dio se pensiamo che essa ci consenta di eliminare una classe intera di persone. «Noi non possiamo sentire di essere completi se non arriviamo ad abbracciare ciò che non è comunemente accettabile. Nella debolezza c’è la presenza di Dio». Per concludere il suo intervento Timothy Shriver ha voluto nuovamente coinvolgere la platea, oltre a due atleti degli Special Olympics, cantando assieme il ritornello della canzone di John Lennon Instant Karma: «Chi diavolo pensi di essere? Una superstar. Bene, noi tutti splendiamo come la luna, le stelle e il sole». Quasi una festa, conclusa con un ballo di gruppo a cui si sono unite anche la moderatrice Letizia Bardazzi e suor Maria Angela. Una festa per celebrare la bellezza della debolezza. Benedetta Cremona

Una vita negli scenari di guerra per capire il mistero dell’uomo

Gian Micalessin, impegnato a effettuare le riprese per un reportage

Parla Gian Micalessin, autore dei reportage su Iraq, Siria e Libia Autore di reportages di guerra trasmessi in tutto il mondo, vincitore di prestigiosi premi giornalistici, autore di svariate pubblicazioni. Che cosa l’ha spinta a girare il mondo sempre in scenari di guerra? La volontà di capire cosa spinga l’umanità ad arrivare a tanto orrore. Capire l’universo estremo della guerra aiuta a capire gli uomini. Per questo indago cosa succede in queste dinamiche orribili, ma che fanno parte della dimensione umana. Mi ha sempre attratto fin da ragazzino, quando leggevo la Fallaci e Ettore Mo. Forse perché sono nato a Trieste, al confine con la cortina di ferro, la faglia dove si pensava potesse scoppiare un conflitto terrificante.

Cosa c’entra il titolo del Meeting con la sua vita? La sensazione di essere vuoto dentro è ciò che mi spinge ad andare nelle guerre a ricercare qualcosa per riempire questa mancanza. Come il dolore che ha visto ha cambiato lei e anche il suo modo di raccontare la guerra? È difficile dire come le cose che continui a vivere ti cambiano, però questo dolore ti fa capire l’orrore terribile della guerra. Ti cambia non tanto quando sei là, dove cerchi di sopravvivere, ma quando torni a casa. Lì capisci quanto sia necessario fare il possibile per evitarla, e raccontarla serve proprio a questo. Teme la morte? Certo, come tutti penso. Ma nel

mio lavoro la paura della morte tante volte ti aiuta a restare vivo. Il suo essere sempre al fronte è una sfida? È una passione più che una sfida. La sfida è stata quando da ragazzino sono partito per l’Afghanistan per arrivare dov’erano andati la Fallaci e Mo. Allora non conoscevo la guerra. Oggi è più una passione, è il cercare sempre dimensioni nuove di questo fenomeno. Raccontare le guerre è anche raccontare il cambiamento del mondo. Qual è la prima condizione per fare il suo mestiere? La prima e fondamentale dote è la voglia di farlo. Il mio consiglio è di fare tutto il contrario di quello che ho fatto io, cioè bisogna seguire una

scuola di giornalismo, studiare e capire le dinamiche interne ai media. Che idea si è fatto della situazione libica durante la registrazione del reportage? La Libia oggi è un Paese integralmente devastato, scenario di una catastrofe umana. I suoi abitanti hanno vissuto 40 anni sotto una dittatura e l’eliminazione sciagurata di Gheddafi ha portato alla frammentazione del Paese. La Libia è sprofondata nel caos perché manca

l’idea di cosa dovesse essere la gestione di un Paese, e poi per l’emersione virulenta dell’estremismo fondamentalista, che ha fatto facile presa su una società completamente disgregata. Quale episodio l’ha più colpita? Vedere come chi credeva nella rivoluzione oggi guardi stupito il tradimento di ciò per cui era disposto a morire. Ho rincontrato dopo quattro anni un ragazzo che nel 2011 combatteva coi rivoluzionari contro Gheddafi, mentre oggi combatte con le forze dei nostalgici del dittatore. Mi ha detto «se qualcuno tre anni fa mi avesse detto che sarebbe andata così lo avrei ucciso. Oggi per me Gheddafi è stato un angelo». Leonardo Cavallo


INCONTRI 3

24 agosto

Perseguitati, non schiacciati Da Aleppo ed Erbil testimonianze di speranza per i cristiani Una testimonianza che commuove perché spalanca il cuore. Nello spazio di due ore i chilometri che separano Rimini da Iraq e Siria si annullano e il popolo del Meeting se ne accorge. La fiera si ferma. Sono in migliaia a sentire la testimonianza di Douglas Al-Bazi, parroco iracheno di Mar Elia a Erbil, e padre Ibrahim Alsabagh, francescano che segue la comunità latina di Aleppo. Tutti sono attratti dalle parole che descrivono sì sofferenza, ma anche certezza per il presente e speranza per il futuro. L’impatto emotivo è forte e in sala si vedono le lacrime. A parlare per primo è padre Douglas: «Io sono il popolo dei cristiani in Iraq», dice con forza. Scampato per due volte a attacchi esplosivi; sequestrato per nove giorni, lasciato senza acqua e poi picchiato. La sua storia è segnata dalla sofferenza e quest’ultima si riflette nel suo intervento. «Tenete padre Douglas, lo aggiungeremo al numero dei nostri martiri», racconta di aver sentito dire al prete che gestiva le trattative per la sua liberazione. Così si capisce perché dei 2 milioni di cristiani presenti in Iraq prima dell’intervento americano del 2003 per abbattere Saddam Hussein ne siano rimasti soltanto 200mila; un popolo che negli ultimi cento anni è stato attaccato per otto volte. «Colpiscono i cristiani perché siamo gli ultimi istruiti», perchè siamo gli ultimi a diffondere la cultura. Come tutti i cristiani iracheni, però, padre Douglas non si lascia schiacciare da quello che accade: «Quando ero in prigionia, usavo i dieci anelli della catena con cui ero ammanettato per dire il rosario. Guardatemi in faccia, vi sembro spaventato? Così è la mia gente». «Non prendetemi per uno che ha rinunciato», prosegue padre Douglas. «Sono un sacerdote e penso mi ammazzeranno, ma mi preoccupo della mia comunità come farebbe una madre. Credo che ci distruggeranno nel Medio Oriente, ma l’ultima parola sarà la nostra e sarà “Gesù ci ha salvati”». In conclusione la richiesta a quanti, cristiani, vivono in Occidente: «Siate la nostra voce». Di diverso stampo l’intervento di padre Ibrahim, uno dei tredici frati francescani ancora presenti in Siria. In visita al Meeting per tre giorni, chiarisce subito qual è il suo obiettivo: «Sono qui per condividere la gioia della fede». La sua parrocchia

In alto don Douglas Al-Bazi, parroco iracheno; a lato e in basso il siriano padre Ibrahim Alsabagh

si trova sotto la protezione del governo regolare siriano, ma gli jihadisti sono lontani soltanto pochi metri. I bombardamenti costanti non risparmiano chiese, moschee, bambi-

Racconti drammatici dall’iracheno don Douglas Al-Bazi e il siriano padre Ibrahim Alsabagh: «L’ultima parola sarà che Gesù ci ha salvati»

ni e anziani; al problema della sicurezza si aggiunge anche quello del costo della vita, diventata sempre più cara. Un tempo che padre Ibrahim paragona a quello dell’Apocalisse: «Siamo nel caos, manchiamo di tutto. Come convincere i cristiani a rimanere in questo Paese? In tanti lo hanno abbandonato e forse lo faranno in futuro». La posta in gioco è altissima ed è ben chiara a chi vive tutti i giorni in Siria: «Se il Signore ha piantato il

seme della cultura cristiana in Medio Oriente noi non abbiamo diritto di portare fuori questo albero. Il nostro compito è di essere fruttuosi lì; continuare a testimoniare la nostra fede. Quanto tempo ci vorrebbe altrimenti per ripiantare il cristianesimo nella nostra terra?» Nell’impegno quotidiano, così, la fede diventa intelligente e creativa. «C’è gente povera che aspetta da noi tante cose», dice padre Ibrahim. «Le nostre risposte non possono essere solo passive, non possiamo limitarci a invitare a resistere. L’azione che portiamo è positiva: Gesù ci insegna nel Vangelo a elargire il perdono ai crocifissori anche quando non lo richiedono». I francescani tentano di rispondere ai bisogni primari, come quello dell’acqua potabile. Il pozzo della loro parrocchia è un punto di riferimento per quanti abitano attorno, cristiani o musulmani che siano. Tanti anziani non riuscivano a trasportare l’acqua fino alle proprie abitazioni e così si è creato un piccolo gruppo di volontari che viene loro incontro. «Innamorato degli studi – ammette padre Ibrahim – mi ritrovo a fare il vigile del fuoco, l’infermiere e come ultimo ruolo il sacerdote. È questa la vita di un consacrato per aiu-

tare la Chiesa». Un esempio lo racconta bene. Padre Ibrahim vide un uomo che trasportava dell’acqua; era bagnato e sporco di olio, il francescano si offrì

«Offriamo la nostra sofferenza e il nostro martirio per la salvezza anche di quanti ci fanno del male. Preghiamo per loro»

di dargli una mano. L’uomo rifiutò, preoccupato dal fatto che la veste del religioso si rovinasse. «Il nostro abito è fatto per essere sporcato nel servizio agli altri», la risposta del francescano. «Questa è la nostra vocazione». Dopo questi ricordi si torna a parlare della sofferenza, della paura dei cittadini, che tentano di evitare ogni discorso sul fondamentalismo. «Non sappiamo quando finirà, ma non importa il quando e il come. La

cosa importante è testimoniare Cristo; solo poi viene la soluzione politica, umanitaria… Testimoniare la vita cristiana amando, perdonando e pensando anche alla salvezza di chi ci fa il male». Padre Ibrahim non riesce a trattenere la propria commozione e causa quella di molti tra i presenti in sala: «Offriamo la nostra sofferenza per la loro salvezza, preghiamo per loro». Impossibile chiudersi in se stessi, necessario tenere aperte le frontiere del dialogo: «Il cristiano è così forte che può confrontarsi con tutti gli altri senza perdere la propria natura, che, anzi, è fatta di dialogo, di scambio di ricchezze. È questo che cerchiamo di fare con i nostri vicini musulmani». A chiusura dell’incontro un regalo inaspettato per gli ospiti del Meeting: Giacomo Fiordi, volontario di Avsi nel campo profughi di Erbil, invia un video con un’intervista a Myriam, una bambina di dieci anni scappata da Qaraqosh con la sua famiglia e il cui filmato su YouTube ha commosso il mondo. Una testimonianza di speranza che fa sorridere anche padre Douglas e che rilancia al prossimo Meeting, al quale il papà di Myriam ha espresso il desiderio di partecipare. Davide Giuliani


PRIMO PIANO 4

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La mancanza? Soli, ai parcheggi proviamo cos’è La fatica, la generosità, ma anche i dubbi e gli interrogativi di chi fa i lavori più ingrati a servizio del popolo del Meeting Tra gli oltre duemila volontari che tengono insieme il Meeting ogni anno, una delle categorie più bistrattate è quella dei parcheggiatori. Maglia verde, cappellino e occhiale da sole contro le temperature roventi di agosto, mantella da pioggia e ombrello quando piove, una leggenda metropolitana racconta che ogni anno almeno uno rischi di essere investito, ma per fortuna non è mai successo. È un lavoro duro: spesso si sta soli tutto il giorno, a dare indicazioni o a controllare che nessuno entri nelle zone riservate. Ci sono anche i sorveglianti notturni, quelli che passano sei ore al buio seduti su una sedia ad aspettare l’alba. Il servizio d’ordine interno e i volontari che puliscono la fiera: sono i primi ad arrivare e lasciano la fiera per ultimi, molto dopo che i padiglioni si sono svuotati. A metà kermesse i ragazzi si sono ritrovati per condividere esperienze, dubbi e perplessità, ma soprattutto per aiutarsi. Domande a 360° sul Meeting, la vita e la fatica. Il primo a intervenire è Simone, di Milano. È la prima volta da volontario e sta ai cancelli, dove passa le giornate a contare i minuti:

Un volontario ai parcheggi, sotto il sole cocente si dà da fare per aiutare i visitatori a sistemare le auto, vicino all’ingresso sud

«L’unica cosa a cui penso è che finisca. Volevo venirci a tutti a costi, ma ora non vedo l’ora di tornare a casa». Anche per Nicola si gioca tutto a questo livello. Studia fisica a Milano, mentre qui a Rimini passa le notte a sorvegliare i padiglioni vuoti. «Sto su una sedia per ore e sento che il mio lavoro qui è praticamente inutile. Non passa nessuno. Non succede niente. Sto letteralmente soffocando». È un po’ come succede ne Il deserto dei tartari: un ufficiale sta tutta la vita a sorvegliare un forte desolato al confine con il nemico, ma quando arriva il giorno dell’invasione, ha già lasciato l’avamposto. «Ma siccome uno ti ha messo lì, la tua presenza è fondamentale», lo incalza un amico. In questa prospettiva, stare ai parcheggi è il

modo migliore per capire fino in fondo i versi che prestano il titolo al Meeting, anche se non si partecipa agli incontri. Anzi proprio perché non ci si riesce ad andare, non si visitano le mostre e non si sta con gli amici «si sperimenta tutta la mancanza di cui parla Luzi». Come è successo ad Annarita. Forte accento romanesco, capelli biondi e pelle abbronzata, lavora in polizia e fino a tre anni fa era addetta alla sorveglianza notturna a palazzo Chigi. Una vocazione, insomma. Era di turno durante l’incontro di Galantino e si era tenuta un posto in prima fila. Poi, mentre il cardinale parlava, nota un fazzoletto lasciato sulla moquette blu e non riesce a seguire l’incontro finché non lo toglie. Anche se quello non era il suo compito. Perchè il Meeting va avanti

solo quando ognuno se ne prende la responsabilità. Certo, nessuno vieta di andare a casa. Come propongono a Cecilia. «Uno degli oggetti tecnologi che preferisco è il tomtom. Quando sbagli strada, prima insiste un po’ sulla sua idea, poi ti ricalcola il percorso». Ti allunga la strada, ma il traguardo lo segna sempre. E poi c’è Andrea, aspirante architetto, e Daniele, che è di turno ai cancelli a dare la buonanotte di sera e il buongiorno al mattino. E Diego di Torino. Quest’anno ha preso l’abitudine di andare a messa tutti i giorni, ma questa settimana non ce l’ha fatta, e chiede: « Non si può allestire una cappella in fiera?». È una gran bella domanda. Francesca Capitelli


PERSONAGGI 5

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«Claudel ci scuote l’anima» Va in scena “L’Annuncio a Maria”. Il regista Paolo Bignamini racconta il suo approccio con l’autore francese «Guardare e interpretare in profondità il dramma dei personaggi è stata un’esperienza che ci ha affascinati» Stasera alle ore 21.45 in D3 andrà in scena la famosa opera di Paul Claudel, L’Annuncio a Maria. La regia è di Paolo Bignamini, che in questa intervista racconta il suo scontro-incontro con l’autore cattolico francese. Perché portare in scena l’Annuncio a Maria? La sfida era di portare in primo piano la dimensione teatrale e drammaturgica del testo di Claudel. In particolare sentivo quest’urgenza perché nel testo vedevo qualcosa di me stesso, che ancora non so spiegare. Io non sono credente ma è un’opera che sento culturalmente vicina. La storia suggerisce l’idea che in ogni scelta ci siano degli elementi che sfuggono. Negare quest’evidenza, indipendentemente dalla posizione di ciascuno, significa non leggere seriamente la realtà. Il percorso per accettare queste contraddizioni è per me espresso chiaramente in Pierre di Craon, che le affronta in un una lotta corpo a corpo. Secondo lei, in che modo la frase di Luzi che dà titolo al Meeting si collega col testo di Claudel? L’evento più straordinario del testo è il miracolo che avviene a un certo punto della drammaturgia. Violaine non è santa da subito, non fa resuscitare la figlia di Mara in quanto santa. È il contrario: siccome fa resuscitare la figlia di Mara diventa santa. C’è un rapporto di causa ed effetto. Più si ostina a volerlo essere e più non lo è. Infatti, all’inizio dell’opera vive un momento di debolezza che paga caro. Il percorso che porta Violaine a diventare Violaine è bellissimo. Quando Violaine capisce di non essere santa, cioè di avere quella mancanza da colmare, accade il miracolo. Alla fine dell’opera tutti i personaggi si raccolgono attorno al ricordo di Violaine. È lei che manca a tutti? Quello è lo spazio in cui ognuno cerca se stesso, è lo spazio di un confronto dove tutti i personaggi si scoprono cambiati. Capiscono che la felicità di cui godevano all’inizio

Una grande storia d’amore sino alla morte

Scena tratta dall’Annuncio a Maria di Claudel, in scena stasera alle 21,45 in D3. In alto il regista Paolo Bignamini

è qualcosa che si può perdere; Mara, figura centrale del momento finale, specchiandosi negli occhi di tutti afferma che non è più quella di prima. Spogliando la sua anima fa esperienza della solitudine. Dice infatti che si sente: «una vedova senza figli», scoprendo uno spazio incolmabile dentro di sé. Com’è stato il lavoro con la compagnia in questi mesi? È stato un bel percorso dove tutti gli attori hanno avuto un incontroscontro con l’opera. È un testo che destabilizza ed è questa la sua potenza. Occorre lasciarsi scuotere l’anima per capire i personaggi di Claudel, caratterizzati da un’intensa verità psicologica. Ogni attore ha dovuto accogliere e risolvere determinate contraddizioni: Violaine ama due uomini, Anne lascia la moglie e le figlie al loro destino, Mara è piena di livore, Jacques ama Violaine ma non la comprende e Pierre tenta addirittura di violentarla. Il lavoro «a tavolino», cioè quello sul testo, è stato molto intenso e ricco. Parliamo dei personaggi. Che cosa manca ad Anne ed Élisabeth Vercors?

Ad Anne manca evidentemente qualcosa a Combernon. Sente l’urgenza di partire e trova il coraggio di fare una scelta molto dolorosa e crudele. Seppur si tratti di un agricoltore è il personaggio più filosofico dal punto di vista testuale. Le sue frasi sono delle pietre magniloquenti, così vere che occorre fare un grosso lavoro per renderle vive in scena. Élisabeth deve colmare il non detto, sente l’urgenza di esplicitare le sue sensazioni. A livello sensoriale intuisce gli stati d’animo di ognuno, soprattutto delle sue figlie. Sono verità dolorose e, non a caso, dopo un mese dalla partenza di Anne lei muore: è come se non fosse in grado di reggere l’impatto emotivo degli eventi. Ho scelto di dare un certo peso a questo personaggio senza il quale molte sfumature in scena andrebbero perse, a scapito della comprensione globale. Che cosa muove Jacques Hury e Mara Vercors? Jacques Hury è assalito dal dolore, non accetta la realtà dei fatti: fino alla fine manifesta un aspetto di violenza, umanamente comprensi-

bile. Nell’ultima scena lui è distrutto da quello che ha perso e ancora chiede a Violaine di spiegargli i fatti, rivuole persino da Pierre l’anello donato anni prima. Mara lotta per ciò che vuole dall’inizio alla fine, è tremendamente cocciuta. Quando il padre se ne va, a Combernon vige un equilibrio precario e Mara accelera il crollo della fine. Come personaggio è meno contraddittorio di Violaine ma, come si è detto prima, trova una dimensione di solitudine solo nell’ultima parte. Parliamo di Pierre e Violaine. Che rapporto vivono? A Pierre manca Violaine e vivrà poi con lei un amore perfetto, verginale. Non è un caso che Violaine entri in scena con lui all’inizio dell’opera e vorrà da lui essere portata in braccio per uscirne definitivamente. Certamente, questa scelta finale è giustificata dalla malattia, tuttavia non si può ignorare il suo significato simbolico. Pierre e Violaine rappresentano l’amore perfetto, perciò carnalmente incompiuto su questa terra. L’amore dei vergini. Benedetta Parenti

Bambini a bocca aperta per Dante, Beatrice e i lupi Il primo amore non si scorda mai. Nemmeno quando si è diventati grandi e quell’affetto sembra essersi perso nel tempo. Averla amata nel segreto dei propri nove anni appartiene a giorni passati. Non ha più importanza. E allora perché, incontrarla in un giorno qualunque e vederla nello splendore dei suoi diciotto anni, lo sconvolge? Questo capitò a Dante quando rivide Beatrice. Trafitto dal cenno che lei gli rivolse. Di lei sarà sempre innamorato, anche quando la giovane si spegnerà. Dante, un uomo innamorato di una donna, Beatrice, innamorato della sua città, Firenze, e innamorato delle stelle. In venti minuti Silvia, una sorridente ragazza

bruna, alla mostra per ragazzi “Dante. Beatrice, i lupi e le stelle”, ripercorre i tratti salienti della vita del Sommo Poeta. I bambini, seduti a terra, la ascoltano rapiti dal racconto di un uomo che mosso da un amore ha fatto la storia. Si immedesimano con Dante e si ritrovano al suo fianco nell’ammirazione della bella Beatrice. Sono catapultati, accanto a lui, nelle strade di Firenze a combattere per la propria città. Condividono poesie con il proprio amico Cavalcanti. E infine sono devastati, anch’essi, dall’esilio e girovagano con Dante per le Corti d’Italia. È in questa occasione che la guida interroga ancora una volta i bambini: «Co-

sa poteva fare Dante per conciliare ogni aspetto della sua vita? Per unire in un’unica cosa il suo amore per Beatrice, per Firenze (i lupi) e per le stelle?». In questa atmosfera quasi onirica, fatta di luci soffuse e pannelli stellati, ecco la risposta: «La soluzione fu scrivere la sua Commedia». Il segreto che si cela dietro ad un simile capolavoro, definito da Boccaccio “Divina Commedia” è, quindi, l’amore di un uomo che investe ogni aspetto della sua vita e che si svela nell’ultima riga di tale scritto: «L’amor che move il sole e le altre stelle». Federica Capaccioni

«Il nostro movimento è nato su questo testo» scrisse addirittura don Giussani nell’introduzione a L’Annuncio a Maria di Paul Claudel. L’opera teatrale fu composta nel 1912, dopo la conversione dell’autore. «Vi è concentrato il genio del cristianesimo cattolico. Per me rappresenta la più grande poesia del secolo scorso». La vicenda si svolge in Francia, durante il medioevo. Si intrecciano le storie di Anne Vercors, saggio e anziano padre, contadino dalla cui radice nasce tutto; di Violaine, bellissima, semplice e obbediente, promessa sposa dell’amato Jacques; del peccatore e costruttore di cattedrali Pierre di Craon. Il grande, imponente tema, è quello dell’amore, come generatore di tutto. E del sacrificio che lo accompagna. L’amore di Anne Vercors, che di fronte ai segni tristi dei tempi decide di andarsene in pellegrinaggio (e dunque probabilmente morire, come succedeva ai tempi); l’amore di Violaine, che vede l’opera di Dio obbedendo quotidianamente, ed è felice perché tutto ciò che Lui le chiede corrisponde a ciò che desidera. Fino al punto di rottura, all’amore inaspettato di Pierre di Craon verso di lei, che per aver tentato di violentarla lo condurrà alla lebbra. Lei, dolorosamente sa starmi di fronte, obbedendo. «Non alla pietra tocca fissare il suo posto, ma al Maestro dell’Opera che l’ha scelta» le dice Pierre. Pierre, proprio lui, accetta le conseguenze del suo peccato e diviene l’uomo che dedica la totalità della vita alla costruzione della cattedrale, sintesi dell’unità e del desiderio di bellezza di un popolo. Eppure egli, lebbroso, dovrà essere irrimediabilmente separato dal popolo. La sua è la strada dolorosa: si dedica verginalmente alla costruzione della cattedrale, del segno di ciò a cui tutti tendono. «Queste pagine contengono l’ideale di tutto – scrive don Giussani -. Il loro tema è l’amore, cioè la concezione del proprio essere in funzione del disegno totale». Come Paul Claudel fa dire ad Anne Vercors: «Che vale la vita se non per essere data? E perché tormentarsi quando è così semplice obbedire?». S. L.


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24 agosto

Io, ateo comunista vorrei seguire Gesù Piero Sansonetti, direttore del “Garantista”, dialoga con Alberto Savorana Vecchio (senza offesa, in fondo ha sempre affascinato : non erano è un sessantenne e rotti) comuni- catalogabili. Da allora mi sono sta. Piero Sansonetti, direttore del sempre interessato a Cl». Garantista accetta che Alberto Savorana riprende: «Sansonetti Savorana, portavoce di Cl, lo sfru- è un uomo curioso. Ha le mie stescuglia sulla mancanza, anzi sul se domande, questo ci mette in fondo della mancanza. Ma non in sintonia. Andiamo al titolo del astratto: a partire Meeting che ci dalla sua especonduce alla tenrienza. Roba a ridel cuore «Mi piace Francesco sione schio di sputtanadi ciascuno di mento. Sansonetperché ha coraggio noi. Piero, hai ti accetta, Savoesperienza e ama la lotta, cioè fatto rana ci prende di questa manla politica vera» gusto perché il canza?». dialogo è vero, la Il vecchio cogente usma al vomunista mica poi lo l’autenticità e ci si appassiona. così vecchio non si tira indietro. Sansonetti premette di avere «u- «Io sono ateo. La differenza tra na storia tutta a sinistra: «Sono me e voi è l'assenza della vita evenuto al Meeting per la prima terna. Ciò cambia la prospettiva di volta come inviato dell’Unità. futuro e anche il concetto del temNon capivamo cosa fosse Cl». po. Su molti temi abbiamo valori Dominavano le ideologie, le quasi uguali, ma voi li vivete albarricate ideologiche. «Il dramma l'interno di una fede. Concepire la delle ideologie sono stati i fortini. propria vita come eterna o come L'idea va portata fuori, al confron- qualcosa che sta per finire genera to, anche con il rischio che te la nell'atto una grande mancanza, demoliscano. Avevano quei gio- mette in crisi tutto ogni istante». vani di Cl un'idea di futuro che mi Sulla parola cuore fa un’osser-

vazione colossal: «L'uso della parola cuore e non la parola anima da parte del Papa significa che parla anche a me. Mi fa sentire il fascino del cristianesimo». Savorana osserva che in effetti il giornale diretto da Sansonetti scrive quasi ogni giorno su papa Francesco. Il direttore spiega: «La frase che mi ha convinto di Francesco è stata "Chi sono io per giudicare?" È come se dicesse: "Sono qui per parlare di Cristo, non per giudicare". E dopo, il suo insegnamento. Il Papa sta di fronte ad un mondo che ha perso tutto, in cui la politica non sa dire nulla. Il segretario del Pci, Enrico Berlinguer, quando sollevò, alla fine degli anni ’70, la questione morale disse in buona sostanza che i fini stavano per essere sopraffatti dai mezzi. Oggi quel processo si è consumato: e in cambio la politica ha ottenuto solo la gestione del sottogoverno. Si tratta di una modernità già morta: efficienza e profitto sono valori come minimo subalterni, non primari. Io desidero ancora vivere per costruire relazioni, co-

Piero Sansonetti, ospite anche quest’anno del Meeting di Rimini

struire comunità, essere dentro un corpo collettivo. Si può camminare insieme su questo». Torna al centro la parola mancanza, Savorana ricorda che la mancanza «non è il segno che siamo nati sbagliati ma il campanello che dice che c'è ciò che ci manca: «Non posso rinunciare al pensiero che se desidero una società così come l'hai detta, vuol dire che si può, altrimenti siamo sbagliati”. Sansonetti raccoglie e torna al Papa: «Francesco ha due caratteristiche, il coraggio e l'argentinità. Ama la lotta. Ama la politica vera, che è lotta per migliorare il mondo: questa cosa la ritrovo nella Chiesa. Non è un'u-

topia. L'aspirazione a un mondo migliore vale anche oggi nel mondo post ideologico. Non è impossibile». Ancora sul Papa. Ha lanciato l’anno della Misericordia. «Una bomba atomica che fa saltare il senso comune e mette in crisi sia il populismo che l'efficientismo». Poi la domanda la fa Sansonetti. «Posso essere seguace di Gesù senza credere in Dio?». Savorana risponde con l’episodio di Zaccheo, cui Gesù disse: «Scendi dalla pianta. Oggi vengo a mangiare da te». Gesù si lascia baciare i piedi da una prostitutta, abbraccia gli aborriti Samaritani. Maurizio Vitali

CONAI PRESENTA RECYCLING TUBE, LA VIDEOINSTALLAZIONE SUL RICICLO DEI RIFIUTI DI IMBALLAGGIO ŽƉŽ ŝů ƐƵĐĐĞƐƐŽ ŽƩĞŶƵƚŽ ŝŶ džƉŽ DŝůĂŶŽ ϮϬϭϱ͕ ĂƌƌŝǀĂ ĂŶĐŚĞ Ăů DĞĞƟŶŐ Ěŝ ZŝŵŝŶŝ Recycling Tube͕ ůĂ ǀŝĚĞŽ ŝŶƐƚĂůůĂnjŝŽŶĞ ŝŶƚĞƌĂƫǀĂ ĐŚĞ mostra ai visitatori il percorso che porta l’imballaggio dal ĐŽŶƚĞŶŝƚŽƌĞ ĚĞůůĂ ƌĂĐĐŽůƚĂ ĚŝīĞƌĞŶnjŝĂƚĂ͕ ƵŶĂ ǀŽůƚĂ ĚŝǀĞŶƚĂƚŽ ƌŝĮƵƚŽ͕ ĮŶŽ Ăůů͛ĂǀǀŝŽ Ă ƌŝĐŝĐůŽ Ğ ĂůůĂ ƐƵĂ ĐŽŵƉůĞƚĂ ƚƌĂƐĨŽƌŵĂnjŝŽŶĞ ŝŶ ƵŶ ŶƵŽǀŽ ƉƌŽĚŽƩŽ ;ƌŝͲƉƌŽĚŽƩŽͿ͘ Recycling Tube͕ ǀŝƐŝƚĂďŝůĞ ŶĞůůĂ Hall Sud Ěŝ ZŝŵŝŶŝĮĞƌĂ͕ ğ ƐƚĂƚĂ ŝĚĞĂƚĂ ĚĂ ŽŶĂŝ Ͳ ŽŶƐŽƌnjŝŽ EĂnjŝŽŶĂůĞ /ŵďĂůůĂŐŐŝ Ͳ ƉĞƌ ƉƌŽŵƵŽǀĞƌĞ ůĂ ƌĂĐĐŽůƚĂ ĚŝīĞƌĞŶnjŝĂƚĂ Ěŝ ƋƵĂůŝƚă͕ ƉƌŝŵŽ ƉĂƐƐŽ ĨŽŶĚĂŵĞŶƚĂůĞ ƉĞƌ ĂǀǀŝĂƌĞ ĐŽƌƌĞƩĂŵĞŶƚĞ Ă ƌŝĐŝĐůŽ Őůŝ ŝŵďĂůůĂŐŐŝ͘ >͛ŝŶƐƚĂůůĂnjŝŽŶĞ ĨŽƌŶŝƐĐĞ Ă ƋƵĞƐƚŽ ƉƌŽƉŽƐŝƚŽ ŝŶĨŽƌŵĂnjŝŽŶŝ ƐƵůůĂ ĐŽƌͲ ƌĞƩĂ ƐĞƉĂƌĂnjŝŽŶĞ ĚĞŝ ƌŝĮƵƟ Ěŝ ŝŵďĂůůĂŐŐŝŽ͕ ƉƌĞƐĞŶƚĂŶĚŽ ŝů Decalogo della raccolta ĚŝīĞƌĞŶnjŝĂƚĂ Ěŝ ƋƵĂůŝƚă͕ ůĞ ϭϬ ƐĞŵƉůŝĐŝ ƌĞŐŽůĞ ƉĞƌ ĚŝīĞƌĞŶnjŝĂƌĞ ďĞŶĞ͕ Ğ ƋƵŝŶĚŝ ƌŝĐŝĐůĂƌĞ ŵĞŐůŝŽ͕ ŝ ŵĂƚĞƌŝĂůŝ Ěŝ ŝŵďĂůůĂŐŐŝŽ Ěŝ ĂĐĐŝĂŝŽ͕ ĂůůƵŵŝŶŝŽ͕ ĐĂƌƚĂ͕ ůĞŐŶŽ͕ ƉůĂƐƟĐĂ Ğ ǀĞƚƌŽ͘ /ů ƌƵŽůŽ ĚĞů ĐŝƩĂĚŝŶŽ͕ ŝŶ ƋƵĞƐƚŽ ƐĞŶƐŽ͕ ğ ĨŽŶͲ ĚĂŵĞŶƚĂůĞ͗ ĂƩƌĂǀĞƌƐŽ ŝů ŐĞƐƚŽ ĚĞůůĂ ĐŽƌƌĞƩĂ ƐĞƉĂƌĂnjŝŽŶĞ ĚĞŝ ƌŝĮƵƟ ĚŽŵĞƐƟĐŝ ğ ĐŽůƵŝ ĐŚĞ ƉĞƌ ƉƌŝŵŽ ŝŶŶĞƐĐĂ ŝů ƉƌŽĐĞƐƐŽ ĚĞů ƌŝĐŝĐůŽ͘ ŝŵƉŽƌƚĂŶƚĞ͕ ƉŽŝ͕ ĐŚĞ ŝů ŽŵƵŶĞ Ăƫǀŝ ƵŶ ƐĞƌǀŝnjŝŽ ĞĸĐĂĐĞ Ěŝ ƌĂĐĐŽůƚĂ ĚŝīĞƌĞŶnjŝĂƚĂ Ğ ĐŚĞ ŝů ŵĂƚĞƌŝĂůĞ ǀĞŶŐĂ ƐƵĐĐĞƐƐŝǀĂŵĞŶƚĞ ĂǀǀŝĂƚŽ Ă ƌĞĐƵƉĞƌŽ͘ DŝŐůŝŽƌĞ ğ ůĂ ƋƵĂůŝƚă ĚĞŝ ŵĂƚĞƌŝĂůŝ ƌĂĐĐŽůƟ͕ ŵĂŐŐŝŽƌŝ ƐĂƌĂŶŶŽ ŝ ƌŝƐƵůƚĂƟ ĮŶĂůŝ Ěŝ ƌŝĐŝĐůŽ͕ ŐĂƌĂŶƟƟ ĚĂ ŽŶĂŝ Ğ ŽŶƐŽƌnjŝ Ěŝ ĮůŝĞƌĂ͘

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PERSONAGGI 7

24 agosto

«Il Terzo settore è solido ma senza riforma morirà» Monica Poletto (Cdo sociali) e il nuovo welfare: «La legge deve dare responsabilità al non profit Il tema centrale è la valutazione per scardinare l’autoreferenzialità dei settori pubblico e privato» «Se c’è un dato positivo che va rilevato in Italia, questo consiste nel fatto che di fronte alla crisi che stiamo vivendo ormai da anni il settore del non profit ha avuto e ha una grande vitalità, ha tenuto e dimostrato di essere solido nell’offrire servizi alle persone e alle famiglie». Così afferma Monica Poletto, presidente della Compagnia delle opere sociali che coordina al Meeting una tavola rotonda dal titolo “Verso un nuovo Welfare: valutare il non profit per valorizzare il territorio”. Welfare, valutazione, non profit e territorio sono concetti importanti per guardare al presente e al futuro della tenuta sociale del nostro Paese e al proposito sarà importante capire che cosa ne sarà della riforma del Terzo settore oggi ferma al Senato. Poletto sottolinea con forza che «si tratta di una grande scommessa: o la riforma darà respiro, responsabilità e libererà le energie del non profit, oppure chiuderà, rischierà di soffocare questo nostro grande patrimonio. Quello che auspichiamo è

Monica Poletto, presidente della Compagnia delle opere sociali

che il tema centrale della riforma sia la valutazione. Oggi questa frontiera è centrale perché potrebbe veramente valorizzare i soggetti del non profit nei rapporti con la pubblica amministrazione in generale e in particolare con il sistema del welfare di diretta emanazione

degli enti pubblici». Ma perché è così importante la valutazione? «La valutazione - osserva Monica Poletto - è il grimaldello per scardinare sia l’autoreferenzialità del pubblico, sia quella del privato, perché rimette al centro le persone, le famiglie e chi è

la libreria del meeting

ore 11.15 Opus Florentinum. Piazza del Duomo a Firenze tra fede, storia e arte - Con Card. G. Betori, M. Carlotti, F. Lucchesi ore 17.00 La scelta di Abramo e le sfide del presente Dialogo tra Joseph Weiler e Julián Carrón

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in grado di rispondere positivamente ai loro bisogni. L’ha capito anche l’Agenzia delle entrate che nella sua audizione al Senato si è dichiarata favorevole ad agevolazioni fiscali a soggetti non profit in generale e anche addirittura se fanno attività commerciale, purché si introduca un sistema di valutazione dell’impatto dei servizi erogati». Ci sono esempi significativi già in essere, dice Poletto: «Guerini, presidente di Federsolidarietà di Confcooperative e della cooperativa sociale Ecosviluppo, porta l’esempio di quanto fatto sulla valutazione, nella consapevolezza che dobbiamo essere noi a organizzare forme di misurazione degli impatti sociali che realizziamo con le nostre imprese. E l’esempio molto interessante è rappresentato dal metodo Valoris, elaborato dall’università di Brescia che è in grado di misurare il valore economico, per le pubbliche amministrazioni, realizzato dalle attività di inserimento lavorativo in una cooperativa sociale. Il metodo viene testato

da cinque anni su diverse cooperative sociali di inserimento lavorativo». Più in generale, ci sono modelli di valutazione applicabili su tutto il welfare? «EY Italia si sta fortemente specializzando nella valutazione dell’impatto e per questo Donato Iacovone, l’amministratore delegato, illustrerà il loro lavoro. Oggi “creare impatto” è l’obiettivo comune che amministrazione pubblica, business e non profit devono condividere per mettere a disposizione e orientare al meglio le loro risorse attraverso la creazione di partnership di valore. L’impatto sociale è la chiave di volta per misurare la convenienza delle soluzioni a disposizione: valutare significa lavorare a un linguaggio comune su cui i tre mondi del profit, non profit e pubblica amministrazione trovino un punto d’incontro, definendo ex ante obiettivi coerenti con le rispettive missioni e definendo la modalità per monitorare ex post il grado di raggiungimento degli obiettivi condivisi. Si tratta di un approccio che ha molti lati positivi perché consente di capire l’efficacia dell’azione e di confrontare i risultati con organizzazioni tra loro simili». Valutare l’impatto dei servizi significa quindi mettere al centro se e come determinati servizi sono utili alle persone e alle famiglie, a prescindere dalla ragione giuridica dei soggetti che erogano i servizi stessi e immettere nel sistema, finalmente, criteri meritocratici. Walter Viola


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24 agosto

In ventimila alla Messa La domenica del Meeting si è aperta con la santa Messa presieduta dal vescovo di Rimini monsignor Francesco Lambiasi e trasmessa in diretta su Rai1. Ventimila le persone che hanno partecipato alla funzione nell’Auditorium o grazie ai collegamenti video nelle altre sale. «Essere discepoli di Gesù oggi – ha detto Lambiasi durante l’omelia – significa appartenere a una minoranza socialmente diversa, che pensa, parla e opera diversamente dalla maggioranza». Cadere nell’autoreferenzialità sarebbe però un errore: «Occorre la missionarietà, come dice il Santo Padre. “Usciamo per offrire a tutti la gioia del Vangelo”». Dopo la funzione il collegamento con piazza San Pietro per l’Angelus del Papa.

I filosofi: desidero ergo sum Mazzarella, Sini ed Esposito riflettono sull’idea di mancanza: condanna o risorsa? «Il limite richiama un compito» Mancanza come condanna o risorsa per l’uomo? Sullo sfondo di queste domande tre filosofi si sono confrontati oggi nell’arena del Meeting. Un dibattito serrato e appassionato che ha tenuto incollati i tanti presenti nonostante il taglio della discussione e la terminologia utilizzata decisamente non semplici. Costantino Esposito ha introdotto l’incontro chiedendo: «Cosa può significare per l’uomo essere una mancanza; per un uomo che dall’inizio della sua vita sa della sua finitezza, sa di essere uno spazio di senso e di significato sempre in tensione tra un essere per la morte e un essere nato?». Carlo Sini legge questa domanda come strutturale con la natura dell’uomo ma senza una possibile risposta. A questa domanda non può esserci risposta umana. Ogni risposta umana sarebbe essa stessa motivo di inquietudine. Per Eugenio Mazzarella la vita costringe se

stessa a darsi un senso, quella di trovare uno scopo alla propria esistenza è un’urgenza nativa nell’animo umano. L’atto primo di questo darsi un senso è un’attività psichica, non fisica. É una ricerca di senso che, a differenza del Faust di Goethe, non parte dall’azione, dal fare, ma dal riconoscimento di un senso che va al di là della comprensione umana e che apre cosi alla dimensione religiosa. Continua Esposito: «Una delle modalità più potenti in cui l’uomo avverte questa mancanza è l’esperienza del desiderio, come anche della tristezza o dell’amore. Queste esperienze elementari dell’io sono decifrabili solo come semplici passioni umane o piuttosto come una possibilità di fare esperienza della realtà come irriducibile e insieme come scoperta di un nostro naturale bisogno?» Sini risponde proponendo una semplificazione, riformulando la pa-

rola desiderio con: che cosa ci manca? Questa domanda a Pietro di Bernardone mercante e padre di Francesco d’Assisi suonerebbe come: che cosa c’è di poco? Che per lui significherebbe: ci vuole di più! Si sentirebbe, cioè, in credito con la vita; vita che lo dovrebbe ripagare dandogli sempre di più. Al figlio Francesco invece suonerebbe come: che cosa abbiamo di troppo! Che cosa abbiamo di troppo per renderci conto di quello di cui abbiamo bisogno davvero. Ecco allora il sentirsi in debito con la vita e non in credito. La risposta del padre è un tentativo di riempire il buco rimanendo nel profondo infelici mentre la risposta di Francesco dice che la felicità sta nel rifiutare il troppo. «Il problema non è avere di più, il vero insegnamento è che il limite ci deve ricordare che nella vita abbiamo un debito e un debito richiama un compito» aggiunge Sini.

Mazzarella afferma che l’approccio moderno alla risposta alle domande è, in effetti, molto antico e riprende l’idea compensativa di un attivismo febbrile che ci distrae dall’esperienza della mancanza. C’è invece bisogno di una calma che ci riporti a un senso originale della vita. Esposito riprendendo quanto detto rileva come Francesco scopra che ciò che manca è una Presenza, una positività. Una nostalgia invece di uno sfrenato ottimismo. Chiede infine di fare alcune brevi considerazioni su cosa determinino nel sociale le due diverse posizioni. Sini afferma che ciò che emerge è il diverso concetto di possesso dei beni. Francesco restituisce al padre le proprietà di cui non ha saputo fare nulla e che non è stato in grado di far fruttare nella sua vita precedente. Quella che è giudicata non è la proprietà ma l’uso che se ne fa. La posizione di Francesco chiarisce che lo

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scopo vero della proprietà, dei soldi, del potere è legato ai frutti che ne nascono per tutti e non all’accumulazione personale. Mazzarella aggiunge che questa posizione, ripresa anche nell’ultima enciclica del Papa Laudato si’, richiama a un’ecologia umana dove i beni dell’uomo siano di utilità per tutti e condanna un uso distorto della tecnica, dell’economia e della finanza a danno dei più deboli. Esposito, quindi, chiude l’incontro dicendo: «La mancanza è una sorgente, non un deficit. Abbiamo ricevuto, non ci siamo autoposti e con tutte le nostre strategie non possiamo annullare questo fatto. Il meccanismo del desiderio si inceppa quando il desiderio si limiti a: ancora di più .. ancora di più. Invece quanto più doniamo - come dinamica ontologica - ciò di cui siamo in debito, tanto più scopriamo noi stessi». Marco M. Gentile

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24 agosto

Sacro Cuore, 30 anni di sfida: «L’educazione come apertura»

In missione fino ai confini del mondo

«Non una mostra libresca ma un in- me due o tre studenti per chiedermi contro, così che si abbia la percezio- di fare un’assemblea; volevano cane di una realtà viva». Le parole di pire meglio cosa stava accadendo. don Franco Berti, rettore della Fon- Nessun fatto della storia può essere dazione Sacro Cuore, ben sintetiz- lasciato fuori dalla scuola», racconzano il primo impatto che i tanti vi- ta don Franco. Da qui è nato un sitatori hanno con l’esposizione rea- confronto a tutto campo tra allievi e lizzata per il trentennale della scuo- docenti, culminato in un incontro. la milanese. È un dialogo quello che «Per imparare non bisogna per forsi percepisce tra i panza scrivere sui quadernelli del padiglione A5; ni», dice Camilla in un una conversazione sul messaggio sul pannello metodo educativo che veche parla delle elemende in prima linea tutti i tari; accanto le espeprotagonisti della realtà rienze delle scuole mescolastica. Le frasi di die e dei licei. A emerdon Luigi Giussani, prigere in modo prorommo ispiratore del Sacro pente è una vita che Cuore, dello storico retprosegue anche fuori tore don Giorgio Pontigdalle aule di scuola: cagia e di tanti altri persovalieri del Graal, attinaggi noti sono infram- Don Giorgio Pontiggia vità sportive, canto. mezzate da quelle di in«Queste iniziative – afsegnanti e studenti in un botta e ri- ferma don Franco – non sono specsposta che rende concreto come l’e- chietti per le allodole. Rispondono ducazione sia «introduzione alla all’esigenza che i ragazzi hanno di realtà totale», titolo scelto per la qualcuno che li accompagni nella mostra. realtà». Il filo conduttore è dettato da una Una sfida che riprenderà tra pochi frase di Giussani che campeggia ap- giorni, non appena si tornerà tra i pena superato l’ingresso: «Lo scopo banchi di scuola. L’augurio migliodi tutto quello che facciamo è l’in- re arriva dal messaggio del cardinacremento della persona. Allora di- le Angelo Scola per il trentennale: venta presente nel mondo l’adulto, «Tocca a voi resistere al rischio delcolui che vive tutti i rapporti alla la frammentazione del soggetto. luce del destino». Partire dal positivo: l’unica forma Non è l’età anagrafica a scandire la autentica e adeguata di lotta è l’atmaturazione dei ragazzi: «Dopo gli trattiva». attentati di Parigi sono venuti da Davide Giuliani

Storie della Fraternità san Carlo. Taiwan, Novosibirsk e Cile Da trent’anni alle periferie del mondo testimoniando Cristo Dalla Siberia al Cile, da Nairobi a ma da Praga dopo una laurea in inTaiwan, in trent’anni di vita la Fra- gegneria nucleare e un buon lavoro ternità Sacerdotale san Carlo ha ab- alla Hp. Inizia a parlare di sé parbracciato l’intero mappamondo e tendo dalla frase di Kafka: «una continua a farlo, sempre, testimo- meta, nessuna via». Una via però la niando quella “passione per la glo- trova vicino casa, conoscendo i preria di Cristo”. 130 preti e 40 semi- ti della san Carlo arrivati nella sua naristi tra Roma e Santiago (sede di parrocchia. Inizia a frequentarli, inun altro seminario) più 8 in arrivo a contra il movimento, e da lì si sente settembre. Un miracolo. chiamato a quella vocazione che Qui al Meeting li potete trovare al l’aveva affascinato sin da bambino. loro stand nel padiglione A5-C5 doDecide di andare a Roma. Paese ve, tra testimonianze e incontri nuovo, un’altra lingua, lascia un informali è possibuon posto di labile conoscere anvoro. La fila delle che chi porterà aobiezioni e delle vanti questi difficoltà è lunga. trent’anni di sto«La fatica c’è – Sono tante ria e che in semiMarek –, ma le domande suscitate Dice nario ci è entrato non è determinanda poco tempo. te. Una mamma da questi ragazzi Sono tante le con un bambino che lasciano tutto domande suscitadi pochi mesi dorper andare te da questi ragazme poco la notte. zi che spesso lain luoghi sconosciuti Eppure tutta la fasciano tutto per tica vale la gioia andare in luoghi di avere un fisconosciuti, letteglio». ralmente ai confiOppure Paolo, ni del mondo. Partiamo forse dalla riminese, dopo un istituto tecnico e più ingenua: «Perché?». O meglio: una tesina di maturità da brevetto, «Che storia c’è dietro a una scelta racconta dei funerali del don Giuss così radicale?». e di quella domanda di vita piena Vengono da ogni parte dell’Italia scoppiata quel giorno. Decide di ane del mondo. Come Marek al terzo dare a Milano, destinazione Univeranno di seminario. Arrivato a Ro- sità Cattolica: Filosofia. «Non sape-

La maglietta dell’anniversario

vo nemmeno chi fosse Platone. Gli anni del Clu sono stati però un’autentica verifica: dalla vita in appartamento all’imparare a seguire, a ubbidire». Finita l’Università entra in seminario, gli chiedono di andare in Russia, dove rimane per tre anni in missione. Emanuele è un ingegnere sfornato dal Politecnico di Milano, ha al-

le spalle tre anni e mezzo di lavoro Meeting. Li vede in foto, felici e in America per la Bmw. Poi l’incon- decide di andare a conoscerli. Il tro a Washington con i preti della prete della san Carlo a Taiwan, san Carlo e la testimonianza di un don Paolo è il suo professore di amico ingegnere entrato anche lui italiano. Una mattina va da lui a in seminario. Oggi è al quinto anno. lezione e gli dice: «Vorrei conoTutti raccontano di un incontro, scere il cristianesimo». Da quella più forte, più bello del lavoro dei frase è nata non solo un’amicizia sogni o di un “amore da morire”. ma un modo diverso di vivere: Dalla Repubblica Ceca, dal Canada: «È cambiato il mio modo di stare lasciare tutto e servire Cristo. al lavoro - racconta - penso a coQuello stesso incontro fatto dai me comunicare la bellezza e la seminaristi grazie alla missione è gioia che ho incontrato». arrivato al cuore di molte persone in In una città di 24 milioni di aterre lontane. Ed è bitanti che il cria loro che il nustianesimo non mero di agostosanno nemmeno settembre di Fra- «Soltanto la passione cosa sia, come è ternità e missione possibile che acper Gesù e per è dedicato. cada una cosa Taiwan, Santia- gli uomini può portare del genere ad ogo del Cile, Naigni latitudine? a una tale robi, Lisbona: paRisponde Massitrie di culture e mo Camisasca immedesimazione lingue diversissidi nella vita dell’altro» nell’editoriale me. Ma tra le riFraternità e misghe di queste stosione: «Soltanto rie emerge un la passione per cuore uguale per Gesù e per gli tutti: da Novosibirsk agli Stati Uni- uomini e la scoperta che Dio si è ti, dalla Spagna a Nairobi. fatto uomo e ha posto la sua casa Tra le più sorprendenti c’è la sto- fra noi, solo la gioia di abitare ria di Emilia Huang, fashion desi- quella casa che è la sua dimora gner di Taipei, Taiwan. Nell’estate può portare a una tale immedesidel 2011 nota su facebook le foto di mazione con la vita dell’altro». alcuni compagni di università al Francesco Graffagnino


SPETTACOLI 11 C’è una sola donna a essere ammessa al letto di morte di San Francesco, è la stessa che è sepolta di fronte alla sua tomba: Monna Jacopa dei Settesoli. Con sé porta la cera per le candele, il lenzuolo per la sepoltura e un vassoio di mostaccioli, i dolcetti alle mandorle e al miele che facevano impazzire il poverello di Assisi. Francesco stavolta non li può gustare perché sono troppo duri e la malattia è avanzata. Jacopa li offre allora a Leone, agli altri fratelli presenti, perché anche aspettare «sorella morte corporale» è una festa. A questa figura affascinante e semi sconosciuta è dedicato un piccolo spettacolo che sta però conquistando il pubblico del Meeting: “Frate Jacopa dei Settesoli”, con la regia di padre Marco Villa e il testo di Giampiero Pizzol. Nel suo viaggio a Roma, in attesa di esser ricevuto dal Papa, Francesco bussa a tante porte, chiede da mangiare e da bere. Quando Jacopa gli apre la porta di casa succede una cosa strana. «Ricordo bene il freddo di quel giorno e quel disgraziato era mezzo nudo, ma un riso allegro tra due orecchie grandi, mi disse: “Jacopa cosa mi domandi?”. Ma quella frase non c’entrava niente!» Lei infatti è una donna normale, ha due figli, da poco è colpita dalla tragedia della morte del marito. Sembra che la vita sia ormai chiusa a nuove avventure. Francesco le ripete quella domanda per ben tre volte. «Il cedere a questa insistenza le fa rendere conto di aver bisogno – dice padre Marco –, per questo ho proposto il

24 agosto A sinistra lo spettacolo “Frate Jacopa dei Settesoli” in scena al Meeting

Il viaggio delle FS Questa sera alle 21, nella Sala Neri CONAI – sarà proiettato il mediometraggio “Un viaggio di cento anni” firmato da Pupi Avati e realizzato per Ferrovie dello Stato Italiane con il patrocinio del ministero dei Beni culturali. Alla proiezione interverranno il regista e Michele Mario Elia, ad di Fs Italiane.

La felicità nei mostaccioli Storia di Francesco e Jacopa Tre repliche ogni giorno, sempre piene, per lo spettacolo allestito da padre Marco Villa scritto da Giampiero Pizzol: la vita della monaca che fondò il terz’ordine francescano lavoro al Meeting che mette a tema la mancanza». Per Jacopa questo bisogno viene inaspettatamente riempito. «Son qui per farti un dono –, le disse quel “pazzo” –: la felicità!» È l’inizio di un’amicizia che la porta a conoscere Gesù, grazie a Francesco e alla sua allegra compagnia di amici, che improvvisano canti, feste e cene, chiuse sempre dai mostaccini. «Questo è il pane da offrire – le dice

Francesco – col sapore amaro delle mandorle e del miele dolcissimo. Così sarai la prima a rispondere a Cristo che ti chiama tra l’acqua e il fuoco della tua cucina». È l’inizio di qualcosa di nuovo, Jacopa apre una casa con altre vedove, aiutano i poveri e fanno del bene. È il terz’ordine dei francescani, le altre prendono i nomi delle donne del Vangelo: Maddalena, Veronica,

la Samaritana. Tutte protagoniste dello spettacolo grazie a dodici attrici non professioniste anche loro trascinate qui da un’amicizia con padre Marco, Bano Ferrari, Filippo e gli altri. Le parti le hanno scelte in base alle figure in cui si sono immedesimate di più. Rachele e Greta si alternano a impersonare Maddalena, la peccatrice a cui Gesù cambia la vita. «Con la sua mano mi rialzò da

terra. E io divenni ancora più bella», dice il testo: «mi era successo proprio questo in quel momento della mia vita e ne sono rimasta affascinata». «Non riesco a dire le prime battute senza guardare negli occhi qualcuno nel pubblico – aggiunge Greta –: quante volte mi sento sollevata anch’io da un sorriso così!». Alessandro Caprio

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24 agosto • stand FederlegnoArredo (Pad. C1) • h. 13.45 INDIVIDUO, SPAZIO, TEMPO: IL LUOGO DI LAVORO PER UN NUOVO UMANESIMO Un caffè con Marco Predari • Presidente Assufficio di FederlegnoArredo Nicola Boscoletto • Presidente Cooperativa Giotto Cristiana Cutrona • Titolare Revalue srl Modera: Giovanni De Ponti • Direttore Generale FederlegnoArredo TI ASPETTIAMO AL PAD. C1 ALLA MOSTRA PER CONOSCERE IL “SAPER FARE ITALIANO”.

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PERSONAGGI 13 La sala C2 non è stata sufficiente a contenerlo e il popolo del Meeting, accorso in massa all’incontro, ha riempito anche la hall sud e la sala C3. Protagonisti: Etsuro Sotoo e José Manuel Almuzara, postulatore della causa di beatificazione di Antoni Gaudí. Un fascino, quello dell’“ultima cattedrale d’Europa”, che cattura persone di tutte le età. Non si spiega solo con le pietre, la tecnica e l’arte un tale seguito. L’aria che si respirava ieri all’incontro “Mossi da uno sguardo” testimonia un’autentica passione. O meglio, un amore travolgente per la bellezza che da Barcellona è arrivata a Morimondo, vicino a Milano e da lì al Meeting. E quando la bellezza non è solo un’opera d’arte, ma parla dell’uomo, allora i popoli si muovono. Diceva Gaudí: « Prima della tecnica ci deve essere l’amore». Una lezione che lo scultore giapponese ha ben presente nello sguardo quando scolpisce e guarda il suo cantiere. Allora la materia e la pietra acquisiscono un altro orizzonte. Dice Sotoo: «Se vuoi conoscere la Sagrada, non devi concentrarti su un particolare, devi attraversare la pietra, non è facile ma ci sono persone in grado di farlo». Oltre le pareti, al di là della pietra. Di bellezza in bellezza, tra un’amicizia e l’altra si è arrivati a Morimondo, nella bassa milanese, dove Alessandro Rondena ha lavorato per più di quarant’anni per restituire a quelle pareti, a quell’architettura lo splendore che le appartiene. Il bene e il bello sono contagiosi, e non si può parlare di una bella for-

24 agosto Etsuro Sotoo (al centro) circondato dal popolo del Meeting mentre visita i padiglioni

La Sagrada Familia nel cuore del popolo Erano in migliaia all’incontro. Ma che cosa affascina così tanto dell’“ultima cattedrale d’Europa”? L’architetto Etsuro Sotoo risponde ma se non si ha a cuore la mano che dà la forma alla materia, che dà vita a un progetto. Per questo è fondamentale per Gaudí e per chi ha lavorato negli anni alla Sagrada il rapporto con il cantiere. Il luogo dove si opera. La gestazione della Sagrada è lì, tra la polvere e la fatica. Continua Sotoo: «Gaudí era sempre paziente, più paziente di un giapponese, ascoltava sempre i lavoratori.

Questo è il segreto della Sagrada, un miracolo costruito giorno dopo giorno, fatto di piccole attenzioni verso chi lavora». È questo il testamento dell’architetto, non solo i bozzetti, i disegni, i progetti ma il rapporto con gli altri, con tutti gli operai. «Questo è il cuore della costruzione della Sagrada. Tengo a questa sensibilità, alla costruzione della squadra. Cercando quello di cui ha bisogno l’al-

tro, e non c’è modo di farlo, se non amando». José ricorda il rapporto con Sandro e il suo rapporto con la natura e il creato: «Ho imparato a guardare il cielo, le stelle, il mare e le montagne. Tutto quanto Dio ha creato. E questo si vede nelle opere. Quando mi mostrava l’abbazia di Morimondo aveva un’attenzione per un ambiente naturale».

La natura non si può concepire senza l’uomo. È la roccia che guida lo scalpello, la venatura, la forma. Per chi scolpisce questa cosa è fondamentale. Come racconta Sotoo rispetto all’esperienza di quando era un giovane scultore. «Quarant’anni fa, quando ho iniziato le prime picchettate su una pietra mi son reso subito conto che chi poteva dare una forma al blocco di pietra ero solo io. Aveva una forma rotonda, c’erano tutte le venature da seguire. Stavo dando i colpi da un lato e vedevo che si staccavano sull’altro. Quando ho terminato, mi rimaneva un blocco di pietra piccolissimo». Basterebbe trovarsi davanti a una pietra fatta come una cipolla, a strati, per rendersi conto che da una di forma tonda non si può tirare fuori un blocco a forma di cubo. «È impossibile – dice Sotoo – provateci! Da lì ho capito che davanti alla natura io non potevo nemmeno rispondere, dovevo ubbidire. Nella costruzione della Sagrada io ho solo collaborato con il grande Architetto: Dio». Ciò che rimane delle opere sono i volti delle persone, insegnava Gaudí. E l’amore degli artisti per l’opera attraversa le epoche, crea ponti e amicizie. Chiamatela Sagrada Família, chiamatela Morimondo, ma questa storia, da duemila anni, agli uomini che hanno il cuore ferito piace. Molto. Sempre. Francesco Graffagnino

FederUnacoma: 70 anni di storia, attività ed esperienze La Federazione Nazionale Costruttori Macchine per l’Agricoltura riunisce in seno a Confindustria i costruttori italiani di macchine e attrezzature per l’agricoltura, il giardinaggio e il movimento terra e relativa componentistica. L’associazione è nata nel 1945 all’indomani della fine della II guerra mondiale, e nei suoi 70 anni di storia ha accompagnato l’evoluzione della meccanizzazione agricola italiana sostenendo imprenditori-artigiani che in pochi decenni hanno dato vita a un’attività industriale prima al mondo per gamma merceologica prodotta, in grado di fornire mezzi ad elevata tecnologia per lavorazioni agricole di ogni tipo e ad ogni latitudine. FederUnacoma oltre a rappresentare gli interessi dei propri associati e contribuire alla divulgazione di una cultura della meccanizzazione agricola, promuove il comparto anche attraverso l’organizzazione diretta di importanti eventi fieristici in Italia e all’estero (Eima International, Eima Agrimach, Eima Show, Agrilevante).

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PERSONAGGI 14

24 agosto

Il partigiano che amava anche i nemici «Giunsi così a capire che ogni gloria umana è effiScomodo, perché fuoriusciva da ogni schema. mera. Solo la gloria di Dio è eterna». Questo scriveLa stessa diversità che riecheggia nei racconti dei va nelle sue lettere. Il suo sguardo ti trafiggeva l’aninovantenni intervistati nel documentario, combattenma, come piombo fuso colato sul cuore: da quegli ti ai suoi ordini. Parlano quasi tutti in dialetto ligure. occhi non si poteva scappare. Bisagno. A settant’anni di distanza si commuovono, con i Così ne parlano i vecchi partigiani comparsi nel grandi occhi lucidi, ricordando la figura con cui ebvideo documentario diretto da Marco Gandolfo, che bero a che fare magari solo per pochi mesi, ma che asarà proiettato stasera alle 19 in vrebbe illuminato in seguito l’intero B3. Aldo Gastaldi, genovese, corso delle loro vite. Testuali parole. nome di battaglia Bisagno, il «Da che cosa derivava questa digiorno della resa dell’Italia du- Un videodocumentario versità?» dice Marco Gandolfo. «Da rante la seconda guerra monricostruisce la storia quello che lui guardava. Tutto ciò diale era un ragazzo di 21 anni. che ha fatto, l’ha fatto come risposta Fu il primo a prendere le armi di Aldo Gastaldi detto a una chiamata, alla situazione che e rifugiarsi in montagna, dive- Bisagno, leader della aveva davanti. Aveva la coscienza di nendo uno dei comandanti delun compito. E questo l’ha reso comla Resistenza in Liguria. Per lui resistenza ligure «che pletamente libero, perché l’unica diera l’occasione di creare uomi- dipendeva solo da Dio» pendenza che aveva era quella verni liberi: fece questo impostanso Dio». Escono a poco a poco, nel do la sua formazione in maniecorso del video, i lineamenti di quera assolutamente apartitica, in st’uomo reso straordinario dalla feun mondo dove tutto era stato politicizzato. de. Escono attraverso i racconti di coloro che lo inAveva a cuore il fatto che ognuno dei suoi uomini contrarono, e rimasero trafitti dallo sguardo di quel potesse giudicare ogni cosa che vedeva, prima di asoldato. Il regista ha deciso appositamente di non inderirvi. Cattolico di ferro, è stata riconosciuta da oserire alcuna voce narrante, se non quella degli stesgnuno – anche dagli avversari – la sua diversità. Lo si testimoni. scrivono incredibilmente nei loro rapporti persino le «Lui ha amato le persone che aveva davanti, e lospie nemiche. E di nemici ne ebbe tantissimi, spero lo percepivano». Per questo, e per la sua grande cialmente tra le sue stesse fila, tra i partigiani comucompetenza di soldato, presero a seguirlo. Colpiti da nisti che teoricamente combattevano dalla sua parte. una strana diversità, che si comunicava solo con l’e-

Un’immagine del partigiano Bisagno: ancora oggi la gente lo prega come un santo

sempio: li educava senza dire una parola, in silenzio. La poetessa Elena Bono rimase folgorata dal suo sguardo il giorno che lo vide passare in motocicletta, senza nemmeno sapere chi fosse. Il documentario narra di guerra, di sofferenza, di fame e di freddo, di tentativi di far fuori Bisagno da parte dei dirigenti comunisti. Ma non è tutto. Anzi, non è quasi niente: si narra di umanità. «È stato un testimone della fede in mezzo alla guerra» dice ancora Gandolfo. Non c’era contraddizione tra il suo essere soldato e il suo essere cattolico. La scelta di prendere le armi è stata vissuta in maniera drammatica, eppure fu tra gli unici a guardare come uomo an-

che il nemico. I rapporti fascisti consigliavano di arrendersi a lui, perché non fucilava i prigionieri. Eppure la cosa più grande di tutte è vedere che oggi in Liguria, settant’anni dopo, la gente lo prega come fosse un santo. Ha lasciato un segno indelebile: alle presentazioni del documentario c’erano centinaia di persone. «È incredibile vedere come la fede crei un tipo umano così bello». Commuove, semplicemente, la storia che ha generato un uomo che sarebbe morto a soli 23 anni. Le lacrime di un partigiano lo testimoniano. Riesce a dire, con gli occhi lucidi: «Guardate che in montagna si è vissuto». Simone Lombardo

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I FATTI DI OGGI 15 24 agosto Il professore ebreo e il successore di don Giussani Incontri OPUS FLORENTINUM. Piazza del Duomo a Firenze tra fede, storia e arte Ore: 11.15 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 Presentazione della mostra. Partecipano: S. Em. Card. Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze; Mariella Carlotti, Insegnante e Curatrice della mostra; Franco Lucchesi, Presidente Opera di Santa Maria del Fiore. Introduce Andrea Simoncini, Docente di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Firenze. SCOMMETTERE E INVESTIRE IN ITALIA Ore: 11.15 Sala eni B1 Partecipano: Graziano Delrio, Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture; James Hogan, Presidente e CEO Etihad Airways e Vice Presidente Alitalia SAI; Pierluigi Stefanini, Presidente Unipol Gruppo Finanziario. Introduce Bernhard Scholz, Presidente Compagnia delle Opere.

LA GIORNATA

CULTURA, CAPITALE UMANO, UNIVERSITÀ: MOTORI DELL’ECONOMIA Ore: 11.15 Sala Neri CONAI In collaborazione con EMO MILANO 2015 - CEU (Centro Esposizioni Ucimu) e con CEC (The Notre Dame Center for Ethics and Culture). Partecipano: Shavar Jeffries, Public Policy Fellow at Notre Dame Center for Ethics and Culture; Mario Mariotti, Musicista e Interprete di EMOTION 2015; Stefano Paleari, Rettore Università di Bergamo e Presidente CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane); Pier Luigi Streparava, Commissario Generale EMO MILANO 2015. Introduce Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà. LA SFIDA DEL DRAGONE: IN CINA PER COGLIERE NUOVE OPPORTUNITÀ Ore: 11.15 Sala Poste Italiane C2 In collaborazione con FederlegnoArredo. Partecipano: Lyndon Neri, Studio Design Neri & Hu, Shanghai/Londra; Francesco Rutelli, Presidente del Forum delle Città della Via della Seta; Roberto Snaidero, Presidente FederlegnoArredo. Introduce Dario Di Vico, Inviato de Il Corriere della Sera.

Abramo oggi Weiler e Carrón troduce Roberto Fontolan, Direttore Centro Internazionale di Comunione e Liberazione. COOPERAZIONE E IMPRESA DAL VOLTO UMANO Ore: 15.00 Sala eni B1 Partecipano: Brunello Cucinelli, Presidente e Amministratore Delegato Brunello Cucinelli Spa; Mauro Lusetti, Presidente LegaCoop; Frédéric Thil, Amministratore Delegato Ferrero Spa. Introduce Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà. GRANDI CITTÀ, AMBIENTE E MOBILITÀ SOSTENIBILE Ore: 15.00 Sala Neri CONAI Partecipano: Roberto De Santis, Presidente CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi); Michele Mario Elia, Amministratore Delegato Ferrovie dello Stato Italiane; Gian Luca Galletti, Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; Carlo Tamburi, Country Manager Italia di Enel. Introduce Domenico Lombardi, Direttore Global Economy Department presso il CIGI (Centre for International Governance Innovation), Canada. LA SCELTA DI ABRAMO E LE SFIDE DEL PRESENTE Ore: 17.00 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 Dialogo tra Joseph Weiler, Presidente EUI (European University Institute) e Julián Carrón, Presidente Fraternità di Comunione e Liberazione. Introduce Monica Maggioni, Presidente RAI.

STORIE DAL MONDO. BISAGNO (La resistenza di Aldo Gastaldi) Ore: 19.00 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 Presentazione e proiezione del documentario di Marco Gandolfo, Regista. Partecipa l'Autore. Introduce Gian Micalessin, Giornalista. SINDACATO E PROSPETTIVA DEI CORPI INTERMEDI Ore: 19.00 Sala eni B1 Partecipano: Annamaria Furlan, Segretario Generale CISL; Giulio Sapelli, Docente di Storia Economica all’Università degli Studi di Milano. Introduce Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà. TECNOLOGIA: UN GRANDE BENE O IDOLATRIA? Ore: 19.00 Sala Neri CONAI Partecipano: Marco Carrai, Presidente Cambridge Management Consulting Labs Srl; Roberto Cingolani, Direttore Scientifico Istituto Italiano di Tecnologia; Maximo Ibarra, Amministratore Delegato Wind Spa; Fabio Pammolli, Docente all’Institute for Advanced Studies di Lucca; Mario Rasetti, Presidente Institute for Scientific Interchange Foundation. Introduce Andrea Simoncini, Docente di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Firenze. SCRIVERE IL “QUOTIDIANO” Ore: 19.00 Sala Poste Italiane C2 Partecipa Luciano Fontana, Direttore del Corriere

INDIVIDUO, SPAZIO, TEMPO: IL LUOGO DI LAVORO PER UN NUOVO UMANESIMO. UN CAFFÈ CON… FEDERLEGNOARREDO Ore: 13.45 Stand FederlegnoArredo Pad. C1 Partecipano: Nicola Boscoletto, Presidente Consorzio Sociale Giotto; Cristiana Cutrona, Titolare Revalue Srl; Marco Predari, Presidente Assufficio di FederlegnoArredo. Introduce Giovanni De Ponti, Direttore Generale FederlegnoArredo.

QUOTIDIANO

UN VIAGGIO DI CENTO ANNI Ore: 21.00 Sala Neri CONAI Presentazione del mediometraggio di Pupi Avati, Regista. Partecipano: l’Autore; Michele Mario Elia, Amministratore Delegato Ferrovie dello Stato Italiane. Introduce Letizia Bardazzi, Presidente Associazione Italiana Centri Culturali.

Spettacoli EMOTION 2015 - EMO Milano 2015 si presenta al Meeting Ore: 19.00 Chiesa del Suffragio di Rimini, piazza Luigi Ferrari 12 In collaborazione con la Sagra Musicale Malatestiana. Concerto di organo e tromba. Interpreti: Fabio Nava e Mario Mariotti. Esecuzione di musiche dal 1600 a oggi. L’ANNUNCIO A MARIA di Paul Claudel con traduzione e adattamento di Fabrizio Sinisi Ore: 21.45 Arena Frecciarossa1000 D3 Biglietto intero: 10 euro, ridotto: 8 euro Spettacolo teatrale. Produzione ScenAperta Altomilanese Teatri – deSidera Teatro&territorio in collaborazione con Teatro de Gli Incamminati. Regia: Paolo Bignamini. Con: Matteo Bonanni, Alessandro Conte, Federica D'Angelo, Ksenija Martinovic, Paola Romanò, Antonio Rosti.

Sport TORNEO DI CALCIO A 5 GAGLIARDA'S MEETING Ore: 11.00 Kinder + Sport Village (PAD A7/C7) Dalle ore 11.00 alle ore 17.00 A cura della Polisportiva Gagliarda di S. Benedetto del Tronto X TRIATHLON non agonistico per tutti in mountain bike Ore: 18.00 Lido S. Giuliano (a sinistra della Darsena) (RN) Con le discipline di nuoto (400 metri), ciclismo (mountain bike 10 Km) e corsa (3 Km). Ritrovo ore 17.30 a Consorzio Lido S. Giuliano Partenza ore 18.00 - Termine ore 19.30 circa In collaborazione CSI – Centro Sportivo Italiano e Centro Sociale S. Andrea (RSM). IV TORNEO DI BRIDGE Ore: 20.00 Kinder + Sport Village (PAD A7/C7) Dalle ore 20.00 alle ore 23.30 Torneo a coppie aperto a tutti i giocatori, vecchi e nuovi. Un’occasione per riavvicinarsi allo sport della mente più amato dagli italiani. Girone a parte per gli allievi. A cura di Associazione Rimini Bridge.

RIPARTIRE DAL MEDITERRANEO: UN ORIZZONTE PER LA POLITICA INTERNAZIONALE Ore: 15.00 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 Partecipano: Taieb Baccouche, Ministro degli Esteri della Tunisia; Paolo Gentiloni, Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. In-

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della Sera. Introduce Alberto Savorana, Portavoce di Comunione e Liberazione.

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Direttore Stefano Filippi Direttore responsabile Cesare Trevisani Editore Associazione Meeting per l’amicizia tra i popoli Associazione riconosciuta con D.P.R. n.869 del 6/8/1986, sede: via Flaminia 18/20, c.p. 1106, 47900 Rimini. Tel. 0541-783100, Fax. 0541-786422

Progetto grafico G&C, Milano Impaginazione Èdita, Rimini Fotolito e stampa CED Via dell’Industria, 52 Erbusco (BS) Registrazione Tribunale di Rimini n.16/91 del 15/07/1991

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