ANNO 25 Numero Sei Martedì
MEETING
PRIMO PIANO Misericordia ed esperienza del perdono. Ricostruire un mondo nuovo. Partecipano German GarcíaVelutini, Oliverio González. Introduce Fernando De Haro. Auditorium Intesa Sanpaolo B3
11.15
O N A I D I T O U Q
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L’Italia e la sfida del mondo. Partecipa Matteo Renzi. Introducono Emilia Guarnieri e Giorgio Vittadini. Auditorium Intesa Sanpaolo B3
13.00
AGOSTO
PRIMO PIANO Stupirsi di fatti semplici: il linguaggio dell’uomo e i limiti della comprensione. Partecipano Noam Chomsky, Andrea Moro. Introduce Marco Bersanelli. Auditorium Intesa Sanpaolo B3
17.00
Al fondo della mancanza. Dialogo con... Partecipa Fausto Bertinotti. Introduce Andrea Simoncini. Auditorium Intesa Sanpaolo B3
19.00
2015 Delrio, infrastrutture per il Sud p. 5
Ferrero, Cucinelli e LegaCoop p. 7
Il fuoco dell’arte p. 10 Don Julián Carrón e Joseph Weiler protagonisti dell’incontro di ieri su Abramo e le sfide del presente
L’abbraccio delle fedi
La benedizione dell’ebreo di IGNACIO CARBAJOSA he Abramo sia il nostro padre nella fede non è una fiaba. Lo abbiamo visto ieri alla fiera di Rimini. Un cristiano (Carrón) e un ebreo (Weiler) a dialogare proprio su Abramo. Grazie a Dio la Chiesa ha rifiutato, già nel secondo secolo avanti Cristo la tentazione di far fuo-
C
ri l’Antico Testamento. La storia di Israele è pedagogia per noi, cristiani. Si parte dal racconto biblico. Da grande giurista, Weiler ci fa capire che con Abramo l’uomo ha imparato ad agire con giustizia e diritto, a essere morale. Addirittura ha raggiunto un traguardo che pensavamo fosse moderno: «se non è giusto non può essere da Dio». Una grande rivoluzione. Comunque, interloquisce Carrón, che razza di avvenimento ha dovuto raggiungere Abramo per tirar fuori un io come questo, senza antecedenti nella Mesopotamia! Che razza di familiarità col Mistero è acca-
duta in Abramo per indirizzare Dio come fa il salmista: «Tu sei il mio Dio, all’aurora Ti cerco, di Te ha sete l’anima mia, come terra deserta, arida, senz’acqua» (Sal 62). E si va avanti sull’oggi, parlando della nostra epoca segnata dalla disperazione, dal torpore, dalla mancanza dell’io. E si fa fuori subito ogni impressione che il problema sia morale, che la soluzione sia puntare sul coraggio. Infatti, quello che viene meno è proprio la capacità di adesione. Carrón punta ancora sull’avvenimento: l’obbedienza di Abramo, nella paradigmatica scena del mancato
sacrificio del figlio, non si può capire senza guardare la coscienza di Abramo, tutta tessuta dal rapporto fiducioso con un Dio che è entrato nella storia. È questo rapporto che muove l’io. Si parla perfino di terrorismo. Qui non si scherza. Cosa può dire Abramo? Anzi, non è Abramo, padre delle grandi religioni, l’origine del problema? Ma il problema ce lo abbiamo noi a casa, con i nostri figli! Abbiamo qualcosa da offrire loro per tirarli fuori dal nulla? Ecco che si ripropone ancora la figura di Abramo: come (segue a pagina 2)
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Una fede incisa nel marmo del mio Duomo Il cardinale Betori spiega l’arte di Santa Maria del Fiore Popolo del Meeting conquistato dai capolavori fiorentini «La sfida è accompagnare l’uomo dallo stupore del segno, alla comprensione del significato». Da questa sfida, riecheggiata nelle parole di Mariella Carlotti, è nato il lavoro della mostra Opus Florentinum, da lei curata. E sulla stessa sfida si è imperniato l’incontro che si è svolto ieri mattina, nell’auditorium B3, il più grande di questo Meeting. Che comunque non è bastato a contenere tutti coloro che sono accorsi all’ombra di Santa Maria del Fiore. È la cattedrale a parlare, nei versi di Mario Luzi. Lei la vera protagonista dell’incontro che ha raccolto, oltre alla curatrice della mostra, anche Franco Lucchesi, presidente dell’Opera del duomo, e soprattutto il cardinale arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori; introdotti dal prof. Andrea Simoncini. Il prelato ed il direttore della Fabbrica sono giunti all’appuntamento riminese appositamente per visitare la mostra sulla loro cattedrale. C’era sempre lei sullo sfondo, immobile e silenziosa, come nei secoli in cui ha osservato la vita scorrere sotto di lei; eppure sempre presente. Giuseppe Betori ha particolarmente a cuore il rapporto tra arte e fede. «Perché l’una è necessaria all’altra. L’arte è incomprensibile, se si prescinde dalla fede che l’ha generata!». Ha seguito per questo la scia che da piazza del duomo l’ha portato fino a Rimini. «A Firenze, fede e carità trovano una sintesi nella bellezza». Franco Lucchesi è uno strano tipo di avvocato, che si è trovato dal 2010 a presiedere una fabbrica con più di settecento anni d’età. In gran parte al suo lavoro si dovrà l’apertura del gigantesco Museo dell’opera del Duomo, prevista a novembre di quest’anno. Sarà la più grande esposizione di arte sacra al mondo, dopo i Musei vaticani. La passione infiamma il suo tono. Racconta della dolce cura verso la bellezza, che si riscontra nella piaz-
za fiorentina. Bellezza che viene da Dio ed è lode a Dio, nella concezione degli artisti che lavorarono all’opera. O che, nelle parole di un altro grande costruttore di cattedrali, Antoni Gaudí, era «splendore della verità». Perché senza la fede, niente di tutto ciò che lì è nato sarebbe comprensibile. Proprio su questo tasto ama battere il custode: «se non avessimo presente il significato catechetico del duomo, ne daremmo una lettura solamente estetica (come spesso si fa). Perderemmo allora il senso di tutto questo, e faremmo un torto agli artisti che invece lavoravano con questa consapevolezza». Parla di turismo, di cui la Fabbrica vive, in un mondo ormai scristianizzato. «Gli orientali, che ormai sono la gran parte, non comprendono nulla di quello che vedono. Ovviamente, perché non hanno nessun retroterra, e fargli un discorso di senso è molto difficile. Il rischio di
Il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, visita la mostra “Opus Florentinum” dedicata alla basilica della sua città
una visione meramente estetica è fortissimo: ma è questa la nostra sfida, il nostro lavoro». Avercene, di custodi così. Mariella Carlotti ha illustrato il percorso della mostra passo dopo passo. Quella che all’inizio le «è sembrata una follia. C’è un universo!», ora è diventato un modo di raccontare la piazza alla gente semplice. Guida la platea dal battistero alla cattedrale, passando per le porte bronzee, fino al campanile di Giotto. «La Chiesa è il corpo uma-
no che custodisce Gesù e lo partorisce nel mondo. Come? Nel lavoro, che rende storia il tempo umano». A questo sono dedicati i cicli scultorei. «Ed il lavoro di Cristo rende il tempo eterno». Ma è l’arcivescovo infine, a lasciare il segno. Parafrasando Ratzinger, dice che le radici di ogni arte stanno nell’esperienza dell’amore, del dolore, ed in quella più grande dell’incontro col divino, che le racchiude entrambe. Così afferma, collegando con un lungo filo rosso
E così l’ebreo Weiler benedisse il cristiano Carrón (segue dalla prima pagina) ieri, anche oggi c’è qualcosa in grado di ridestare l’io e di offrire una novità? Si riparte soltanto da quelli attimi in cui tutto l’io è preso dalla bellezza di quello che sta avvenendo e che si mostra più potente che i nostri problemi. Dopo un’ora di dialogo, questo riproporre in continuazione l’avvenimento contemporaneo del divino nella storia, unico capace di chiarire i tratti del volto dell’io, s’impone come la categoria interpretativa del pensiero di Carrón. Che martella su questo punto. Ma che razza di familiarità col Mistero ha questo uomo per partire in continuazione dalla Sua Presenza?
Le battute finali ci riservano una sorpresa. L’ebreo Weiler che parla della audacia di Carrón che ha voluto mettere al centro del Meeting padre Abramo. «Di te, figlio di Giussani, si può dire quello che Dio ha detto ad Abramo: in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Detto a un cristiano da un ebreo. Abramo ha educato un popolo etnico, il popolo ebraico, il popolo della Legge. Cristo invece ha educato l’umanità arrivata dalla gentilità per compiere la promessa fatta ad Abramo di arrivare a tutti. Ancora oggi l’avvenimento di Cristo arriva agli uomini tramite la scelta di uomini colpiti dalla Sua contemporaneità. Il cui nome diventa benedizione per tutti noi. Ignacio Carbajosa
il canto degli alpini con la sua basilica. È un legame prezioso, pietra angolare della costruzione di Santa Maria del Fiore, quello tra fede e arte. «Eppure com’è faticoso oggi questo legame! Non è stato più immediato, in quest’ultimo secolo e mezzo. Però senza di questo, né fede né arte sussisterebbero». Parole di un cardinale che si alza ogni mattina vedendo il battistero di Firenze, come prima cosa. Perché, dice l’arcivescovo citando Giovanni Paolo II, «l’arte è per sua natura una sorta di appello al Mistero». La sua funzione è quella di comunicare all’uomo una scossa che lo faccia uscire da sè stesso. Lo rimette in marcia, lo richiama al suo destino ultimo. È per questo che nel medioevo «l’arte era la risposta che si dava ai bisogni del popolo». Un popolo come il suo, quello fiorentino. Racconta di alcune opere, con gli occhi di uno ormai innamorato della città di cui è pastore. Rilegge il Pontormo, il David di Michelangelo, il Tondo Doni. «Perché già durante il concilio di Nicea - conclude - i padri della Chiesa l’avevano capito. Bisogna dare immagine alla fede, se non si vuole negare l’incarnazione». Una vera, carnale, sanguigna incarnazione. La grande cupola di Santa Maria del Fiore, madre della sua gente, sembra sorridere dietro il suo pastore, silenziosa come sempre. All’interno, cova il suo segreto. Simone Lombardo
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Abramo? Un contemporaneo Il dialogo tra don Carrón e il professor Weiler, ebreo, tra musica e le drammatiche immagini delle stragi parigine La promessa di Dio risveglia l’io del patriarca. La persona può venir meno ma uno stupore la ridesta: basta che accada Tre amici che discutono intorno a un tavolo. Niente di più normale. Se non fosse che i dialoganti in questione sono Julián Carrón, Monica Maggioni e Joseph Weiler, e che il tavolo è sul palco del gremitissimo Auditorium B3. Un dialogo fatto di discorsi, compresa qualche battuta sul calcio, ma anche di sguardi: don Carrón e Weiler separati dalla neo-presidentessa della Rai, parole che si accavallano, due profili che ragionano, discutono, si scontrano, si abbracciano. Il Meeting si è fermato per quest’ora e mezzo, ogni sala e postazione video era collegata con l’Auditorium. E gremita. I tre amici hanno conquistato tutti. Il tema è Abramo, il patriarca biblico che è la figura centrale del Meeting, l’uomo cui Dio ha fatto la grande promessa conclusa nella frase: «In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Carrón sottolinea che l’intervento di Dio risveglia l’io di Abramo, al quale - osserva Weiler - «non ha
Ha visto il Meeting, seguendo gli incontri e visitando le mostre. E ieri è stato protagonista sul palco dell’Auditorium. La guida di Comunione e liberazione, don Julián Carrón, si confronta con le parole di Mario Luzi a tema quest’anno e con quanto sta accadendo a Rimini in questi giorni. Don Julián, che esperienza fa del titolo del Meeting di quest’anno? Quella che fa ogni uomo che vive cosciente di sé e che non può non sorprendere questa mancanza nella vita quotidiana. Ci manca sempre qualcosa. Anche quando le cose vanno bene. Anche quando siamo in vacanza: la mancanza c’è sempre. E se questo succede dopo l’incontro cristiano, questa mancanza cresce in modo esponenziale. Perché si introduce una tale nostalgia di Cristo che non soltanto non sminuisce la mancanza, ma la fa crescere. «Ti cerco giorno e notte», dice il Salmo. L’esperienza della mancanza è il segno più palese della Sua presenza. Che differenza c’è tra la mancanza e il vuoto, invece? Il vuoto è tutto diverso. Non ha nessuna capacità di apertura a un’altra cosa. Non ha niente. E se è senza niente vuol dire che uno ha bisogno di riempirlo con altro che gli dia una ragione per vivere. La mancanza, invece, è qualcosa a cui siamo costantemente richiamati. A volte vuoto e mancanza possono essere simili. La questione è capire se questa mancanza non è vuoto ma Qualcuno che mi sta chiamando, Qualcuno di cui ho nostalgia, o se è soltanto un vuoto senza fondo, oscuro, in cui non so che cosa fare, in cui devo cercare in qualsiasi modo di distrarmi o di riempirlo con altre cose perché altrimenti non lo sopporto. Invece, la
impartito un comando, ma offerto un’alleanza». Il destino avvicina l’uomo, e l’uomo può osare di varcare le colonne d’Ercole in virtù di questa promessa. Weiler legge il famoso passo della Genesi in cui Abramo intercede per Sodoma. Anche se ci fosse un solo giusto la città sia salvata. È «la rivoluzione copernicana della giustizia: fino a quel momento ciò che era detto da Dio era giusto, mentre qui emerge il principio per cui se non è giusto non può essere da Dio». Ma «anche un io ridestato può venire meno», osserva la Maggioni. Un intermezzo di letture introduce questo tema «che tocca anche le persone religiose» puntualizza Weiler. «Questo accade - spiega Carrón - quando l’uomo è preda di una debolezza di coscienza, causata dalla mancanza di un’attrattiva adeguata a muovere l’io. Allora si genera un vuoto che non è innocuo». In questo senso Abramo è un contemporaneo, perché la caduta è sempre possibile, ci coinvolge tutti,
ma allo stesso tempo è sempre possibile rialzarsi. È un refrain di questo dibattito serrato tra un prete cattolico e un professore ebreo: si ripropone in continuazione l’avvenimento contemporaneo del divino nella storia, l’unico fatto che può dare un volto all’io che domanda, cade, si rialza in ogni momento. Sullo schermo appaiono a sorpresa le drammatiche immagini delle stragi di Parigi. La sfida educativa è la via per combattere il terrorismo. Ma guai a pensare che la cosa non ci riguardi perché, affonda Carrón, «questa sfida è la stessa a casa, con i figli e con gli amici: non c'è altro rapporto con la verità che non sia libertà». A volte è il vuoto che domina: il vuoto è ben diverso dalla mancanza; è un’assenza, non una domanda. «C’è qualcosa di più interessante di violenza e noia? Che cosa abbiamo da proporre ai nostri figli e a chi arriva da altre culture?». Altro cambio di passo: l’omologazione. Weiler ribadisce che l’unico modo per comu-
nicare la tradizione è la testimonianza. Un fragoroso applauso lo interrompe. Tocca alla Maggioni riportare il discorso all’ultimo punto: da dove si ricomincia? Si leggono brani di Hannah Arendt e don Giussani, un brano al violino toglie le parole a Weiler. «È da questo stupore – interviene Carrón - che si ricomincia: quando trovi qualcosa nel reale che ti attira! Basta che accada». Nel dialogo a tre s’inserisce un quarto protagonista: la platea che interrompe con gli applausi. Carrón rilancia la provocatoria domanda già espressa dopo gli attentati di Parigi: «Ma noi crediamo ancora nella capacità di attrattiva della fede e nel fascino vincente della sua bellezza disarmata?». Weiler, che lancia complimenti alla Maggioni per il nuovo incarico e il coraggio dimostrato come moderatrice, abbraccia la guida di Cl: «In te, come in don Giussani si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Leonardo Cavallo
Don Julián Carrón, il professor Joseph Weiler e Monica Maggioni in fiera. L’incontro di ieri è stato affollatissimo
vita in voi. Questo è quello che, poi, possiamo portare agli altri. Ma il primo passo è riconoscere quello che ci tiene insieme, tutti. E testimoniare agli altri quello che ci è capitato perché è ciò che risponde alla loro mancanza. Se facciamo così, entriamo costantemente in dialogo, come dice il Papa, e solo questo dialogo è in grado di dare anche a loro la possibilità di scoprire quello che a volte, a tentoni, stanno cercando. In questo senso, come si colloca la figura di Abramo? La figura di Abramo è l’inizio di questo dramma. Perché prima di Abramo, mancando questo “tu” che risponde alla mancanza, tutto era prevedibile. È quello che diceva Guccini: «Non sono quando non ci sei e resto coi pensieri miei». Noi abbiamo pensato che questo fosse solo una cosa spirituale, per quelli che volevano vivere più “buoni”. No, questo è per essere uomini. Quando tutto questo viene meno allora vediamo che non è soltanto una cosa per gente “più spirituale”. È per uno come Abramo, che ha trovato una Presenza che ha risvegliato tutta la capacità del suo io. Che cosa succede quando questa presenza, storica, di Dio viene meno perché l’uomo, a un certo punto, l’ha sentita ostile? Ritorniamo a prima di Abramo. Ritorniamo al torpore di cui parlano tanti contemporanei. Alla noia, al vuoto. All’accontentarsi del “prevedibile”. Soltanto se entra nella vita l’imprevedibile, la vita diventa veramente drammatica, e veramente interessante. Perché se no, come dice Eliot, «perdiamo la vita vivendo». Solo se entra una Presenza, possiamo guadagnare la vita vivendo. Altrimenti siamo tutti condannati a perderla vivendo. Andrea Avveduto
«Una nostalgia già piena di una presenza» La guida di Cl: soltanto se entra l’imprevedibile la vita diventa veramente interessante nostalgia è già piena di una presenza. In questi giorni al Meeting è emersa un’evidenza: davanti a un cuore scrostato da pregiudizi e idee, sempre in ricerca, come ci ha ricordato papa Francesco, si rende palpabile la presenza di un mistero che ci mette insieme su un cammino comune. Ci aiuta a capire cosa è successo? Semplicemente, la prima cosa che ci mette insieme è la nostra natura comune, il sentire questa mancanza, questo desiderio, questo bisogno che abbiamo di qualcosa d’altro. L’abbiamo visto dopo le Torri Gemelle, dopo gli attentati di Parigi... La gente si raduna. È un tentativo di mettersi insieme. Il
problema è che, poi, non dura. Se non si trova una risposta che dia un fondamento stabile allo stare insieme, poi ci si disperde e torniamo, ciascuno, al nostro individualismo. Non c’è più la capacità di percepire la comunione, una unità tra di noi. Solo se si risponde con una risposta adeguata a questa mancanza, allora, trova un fondamento adeguato anche lo stare insieme. È questa l’apertura al mondo, la strada, a cui il Papa richiama continuamente i cristiani? In un certo modo sì. Soltanto se ci sentiamo prima di tutto insieme con gli altri, che sono come noi, che hanno lo stesso desiderio, la stessa mancanza che abbiamo noi
ci scopriamo compagni. Il problema è come noi guardiamo gli altri, se li guardiamo soltanto con i pregiudizi che abbiamo, per certi aspetti della loro vita, delle loro abitudini, o se andiamo al cuore di questi altri. Quando Gesù trova la samaritana, quello che gli interessa non è soltanto ciò che ha sbagliato, ma la sete di quella donna, la sua mancanza. Quando trova quelli che non hanno pane, gli interessa non soltanto rispondere alla loro fame: subito dopo gli parla di qualcosa d’altro, perché sa che il pane non basta per rispondere a tutto quello che manca loro. Gli parla del pane della vita: «Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue», non potete avere
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25 agosto Giuseppe Sapelli e Annamaria Furlan. Hanno dibattuto al Meeting su sindacato e corpi intermedi
Un sindacato dei disoccupati Il professor Giulio Sapelli interviene con Annamaria Furlan (Cisl) sul ruolo, da rinnovare, dei corpi intermedi Al Meeting quest’anno si è affrontato spesso il tema dei corpi intermedi. Si è discusso anche della loro prospettiva e di sindacato. Ne abbiamo parlato con Giulio Sapelli, docente di Storia economica all’Università di Milano. Sapelli ha partecipato ieri a un dibattito con il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, proprio su questo tema. Qual è, rispetto al momento storico che stiamo vivendo, il ruolo dei corpi intermedi? Il tema dei corpi intermedi oggi è in effetti centrale come il Meeting ha colto molto bene e non solo e non tanto per la questione della gestione del conflitto, ma soprattutto per il problema dell’ordine sociale. Molti in Europa - basta pensare alla Thatcher - hanno pensato che non c’è società civile che si articola nei corpi intermedi. Da un lato c’è lo Stato e dall’altro ci sono gli individui, come se l’ordine sociale potesse essere mantenuto da un leader
«Il nuovo lavoro nasce solo dove ci sono nuove idee. Non è la quantità di capitali che porta lavoro ma la qualità del capitale umano. Investire nell’educazione, quindi, è il cambiamento di politica economica più necessario». Giorgio Vittadini introduce cosi la tavola rotonda sul tema “Cultura, capitale umano, università: motori dell’economia” organizzata in collaborazione con Emo Milano 2015 e con The Notre Dame Center for Ethics and Culture (Cec). Erano presenti Shavar Jeffries, del Cec; Mario Mariotti, musicista e interprete di Emotion 2015; Stefano Paleari, rettore dell’Università di Bergamo e presidente della Conferenza dei rettori; Pier Luigi Streparava, commissario generale Emo Milano 2015. Jeffries ha raccontato di come i cambiamenti del mercato del lavoro abbiano reso necessario un ripensamento del sistema educativo americano con l’introduzione di forme nuove di offerta scolastica che privilegiano qualità a flessibilità a uniformità ed efficienza. Il governo e i distretti scolastici definiscono gli obiettivi che vengono misurati annualmente ma lasciano alle strutture statali e private la responsabilità di decidere le modalità. Da questo sistema misto sono nate esperienze nei distretti scolatici di New York e Chicago come “In-district Magnet School”, di gestione pubblica ma con criteri nella definizione dei programmi legati alle ne-
dello Stato nel rapporto diretto con gli individui, come peraltro descritto bene già da Hobbes nel Leviatano. Ma questa fantomatica situazione non esiste in nessuna parte della terra! L’ordine sociale nella democrazia presuppone l’esistenza dei corpi intermedi, altrimenti è la giungla o la dittatura. Quindi sono soggetti indispensabili per il nostro sistema di convivenza? In Europa ci siamo cullati nell’idea di Henry Sumner Maine del passaggio da rapporti di status, basati su dipendenze da uomo a uomo “statiche”, prestabilite dall’ordine sociale, a rapporti stabiliti per contratto, limitati nel tempo: una concezione di società semplicemente come sommatoria di individui. L’evoluzione della società e degli ordinamenti condurrebbero dunque “dallo status al contratto”. Ma come ci ricorda Toennies, la comunità emerge sempre nella società nell’esigenza di rapporti personali, solidaristici, che metto-
no insieme le persone per loro libera e responsabile iniziativa. Il problema dello Stato è che ha bisogno dei corpi intermedi, perché sono le espressioni solidaristiche, mutualistiche a partire dalla famiglia che fondano la società e l’ordine sociale. E allora si capisce perché, come ci ha ricordato papa Ratzinger, questa crisi prima che economica è morale: perché rischia di non esserci più la comunità! Qual è il problema principale dei corpi intermedi in Italia? Un aspetto importante riguarda la crisi di rappresentanza nei corpi intermedi spesso in difficoltà su tre fronti: ricambio in generale; avere rappresentanti all’altezza delle sfide odierne; rappresentare al meglio le istanze dei propri soci e assumere nel contempo interessi generali. E qual è il ruolo dei sindacati, vista anche l’endemica difficoltà dei partiti? Oggettivamente i partiti sono in disfacimento e questo è un grave problema per la
democrazia. Le prospettive del sindacato sono centrali perché rimangono quali realtà intermedie che sono chiamate a difendere i deboli e in particolare i più deboli: anche qui la questione della qualità dei rappresentanti è centrale. Ma oggi i deboli vanno oltre le categorie sempre difese dai sindacati che sono oggi chiamati a cambiare. Per esempio io proporrei di trasformare i sindacati dei pensionati in sindacati dei disoccupati, di chi ha perso il lavoro, dei nostri anziani. E guardando oltre i sindacati? Grazie al cielo in un mondo che predica il primato del profitto economico su tutto abbiamo in Italia molti esempi da guardare a partire proprio dal Meeting che è un riferimento esemplare, virtuoso di corpi intermedi che vivono sul volontariato o comunque non sul profitto, sullo spirito di servizio, per la comunità. Walter Viola
Da sinistra a destra Pier Luigi Streparava, Stefano Paleari, Giorgio Vittadini, Shavar Jeffries e Mario Mariotti all’incontro “Cultura, capitale umano, università: motori dell’economia”
«Investire sull’educazione per creare impresa e lavoro» cessità della popolazione di un particolare distretto, oppure “Public Charter School”, struttura indipendente non profit che riceve sovvenzioni dal governo (oltre a possibili donazioni private) e ha ampia libertà nella definizione dei programmi scolastici. Paleari ha fatto un’analisi generale del Paese introducendo tre considerazioni che ritiene fondamentali per capire in quadro di riferimento. Nel
2014 sono nati in Italia 502.000 bambini: per trovare un dato così basso dobbiamo andare ai picchi negativi rilevati durante la prima e la seconda guerra mondiale quando avevamo i soldati al fronte. Questo inverno demografico, se permane, porterà a un calo del 30% del numero di abitanti e a un calo proporzionale del Pil nazionale. C’è inoltre un inverno industriale: abbiamo distrutto il 25% delle industrie. Infine, i nu-
meri dei ricercatori (-10%) e studenti italiani (-15%) sono calati sensibilmente. Da aggiungere i dati sulla spesa pubblica: negli ultimi quattro anni abbiamo aumentato la spesa corrente e ridotto quella per investimenti. «Il verso non è ancora mutato. Dobbiamo avere il coraggio di cambiare. Darwinismo come capacità di adattamento, non come selezione. È dovere della generazione presente pen-
sare ai diritti delle generazioni future!» termina Paleari. Streparava ha presentato Emo Milano 2015, la mostra delle macchine utensili che si terrà dal 5 al 10 ottobre a Fieramilano. La campagna di lancio è insolita: unisce informazioni tecniche e un cd di musica classica italiana. Spiega Streparava: «L’italiano è un “solutore di problemi”, la nostra storia è piena di esempi a partire da Leonardo da Vinci. La musica italiana è anch’essa sinonimo di eccellenza. Per cui si è deciso di metter insieme capacità tecnica e musica come esempi di creatività e professionalità». Mariotti, uno dei musicisti coinvolti nel progetto, conferma quanto affermato da Streparava: «La bellezza della musica nasce anch’essa come un processo produttivo perché genera un insieme di suoni armonicamente connessi». Vittadini sintetizza affermando che c'è oramai una visione larga di cultura che ha superato le ideologie e che considera prima di tutto che le persone vanno educate. Una visione che supera l’idea di addestramento tecnico ma che vede nel fine dell’educazione la costruzione della persona. «La bellezza ti aiuta a capire la macchina utensile. Una cosa è bella se è utile ed è utile se è bella», conclude Vittadini. Marco M. Gentile
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Buona idea investire in Italia James Hogan: abbiamo creduto in Alitalia quando la voglia di costruire ha soppiantato il lamento per il passato Stefanini (Unipol): assicurazioni strategiche per il welfare. Il ministro Delrio: infrastrutture per il bene comune Oggi come oggi, è sensato o folle scommettere sull’Italia? Il presidente della Compagnia delle Opere, Bernhard Scholz, lo ha chiesto a un grande investitore straniero (James Hogan, presidente e Ceo di Etihad Airlines e vice-presidente di Alitalia), a un grande investitore italiano (Pierluigi Stefanini, presidente di Unipol), e a un naturale gran regista di investimenti quale è naturaliter il ministro delle Infrastrutture, cioè Graziano Delrio. Alla domanda se è folle o ragionevole investire quattrini in Italia, James Hogan ha dedicato un anno di riflessioni durante le trattative per l’acquisizione di una quota (il 49%) di Alitalia. «Quando il Governo italiano ci propose Alitalia, io fui a lungo molto dubbioso, perché le potenzialità di traffico non mancavano, ma la compagnia era a terra a causa dell’accumulo di errori del passato, aggravati dalle interferenze politiche». Le cose cambiarono decisamente quando tutti i soggetti in ballo (azionisti, governo, sindacati) «furono concordi nel distogliere lo sguardo dal passato e rivolgerlo al futuro, trasformando le dialettiche in uno sforzo convergente alla ricerca della migliore prospettiva; così errori e mancanze sono diventate non motivo di lamento o di immobilismo, ma opportunità». L’Italia è veramente «a wonderful country», può attrarre turisti e businessmen da tutto il mondo; gli italiani viaggiano molto: tutte considerazioni che Hogan e i suoi hanno verificato attentamente, convincendosi. I dati han dato loro ragione. Non è scontato nemmeno per un investitore italiano scommettere sull’Italia. Unipol lo ha fatto con
Galletti: abbattere le emissioni CO2
Il ministro Delrio e James Hogan durante la conferenza stampa dopo l’incontro su “Scommettere e investire in Italia”
una operazione molto audace. Lo ricorda il suo presidente, Pierluigi Stefanini, che sta a capo di un gruppo assicurativo al secondo posto in Italia e tra i primi 10 in Europa, con 14.000 dipendenti e 16 milioni di clienti. Unipol ha acquisito Fonsai, che era in crisi nera, ma era anche più grande di Unipol stessa. Come dire che per una volta il pesce piccolo ha mangiato il pesce grande. Mangiato però vuol dire aver salvato un portafoglio importante e un numero rilevante di posti di lavoro. «La scommessa è stata che abbiamo chiesto 1,4 miliardi sul mercato, e l’abbiamo vinta perché in tre anni ci siamo già messi in grado di restituire un miliardo», sottolinea
Stefanini, ricordando che il suo gruppo in questi anni ha investito in Italia (per la più precisione in titoli di Stato italiani) il 70% dei 60 miliardi di investimenti. L’acquisizione di Ata Hotel e di Una Hotel allarga l’orizzonte delle potenzialità del gruppo al settore alberghiero e quindi al turismo. Ma Stefanini vede orizzonti anche più ampi: e cioè una valorizzazione del sistema assicurativo in funzione dei grandi obiettivi di trasformazione del Paese, welfare e fondi pensione in testa. Il ministro Delrio ha una sua filosofia delle infrastrutture, e cioè che «esse non sono il fine ma un mezzo per il bene comune». Ha spiegato che le priorità del Gover-
no, «dopo l’alta velocità ferroviaria fatta al Nord sono rivolte in particolare al Mezzogiorno: potenziamento delle direttrici tirrenica e adriatica entro due anni, investimenti pronti per la Napoli-BariTaranto (4,3 miliardi) e per la Sicilia (3,9 miliardi)». Molto a cuore stanno al ministro anche la semplificazione delle procedure d’appalto «per togliere l’acqua in cui nuota la corruzione», e il coinvolgimento della popolazione nella attuazione dei progetti . Delrio si concede una citazione latina: Ubi societas, ibi jus. Libera translation: Il diritto e la giustizia sono favorite dalla resposabilità sociale, non dalle grida manzoniane. Maurizio Vitali
Bellezza made in China Design e fede dall’Oriente
Al Meeting si parla di gas serra e sviluppo eco sostenibile. Gian Luca Galletti, ministro dell’Ambiente, ha detto sulla situazione italiana: «Il nostro Paese è in prima linea, con gli altri partner europei, nell’impegno per ridurre le emissioni di CO2. Con altri 28 paesi abbiamo raggiunto un accordo con sanzioni pesanti per gli Stati che non lo rispetteranno. L’obiettivo? Una riduzione progressiva della emissioni di gas serra di almeno il 40%». L’impegno dei Paesi dell’Europa è un apripista alla conferenza di Parigi prevista a fine anno, dove altri 193 Stati si incontreranno nel tentativo, non facile, di mettersi d’accordo per ridurre gli effetti di surriscaldamento del pianeta. Galletti è ottimista: «Non dobbiamo vedere questa situazione come un’imposizione ma come una grande opportunità economica e sociale per le imprese e i cittadini». L’impegno è rivolto a tutti: «Oggi un terzo delle emissioni deriva dall’industria» aggiunge Galletti. «Il resto deriva dai trasporti e dal riscaldamento». Intanto si aspetta l’emanazione del Green Act dove si attueranno misure concrete per la salvaguardia ambientale.
L’architetto cinese Lyndon Neri è intervenuto ieri all’incontro promosso da Federlegno: “Le sfide del dragone: in Cina per cogliere nuove opportunità”
L’ architetto cinese Lyndon Neri si racconta al Meeting Tra cucchiai e tazze: «Nel mio lavoro celebro l’ordinario» Quando è stato che noi occidentali abbiamo smesso di guardare alla Cina come un Paese ricco di bellezza come ce la raccontarono i nostri Matteo Ricci e Marco Polo? Nessuno meglio di Lyndon Neri, architetto dello studio Neri&Hu di Londra e Shanghai, intervenuto ieri all’incontro “In Cina per cogliere nuove opportunità”, poteva raccontarci di un popolo, quello cinese, che ha oggi più che mai il desiderio di cose belle. Oggi viviamo in un broken world, come lo ha definito Neri, in una terra sempre più inquinata. E in un Paese dove la parola d’ordine degli ultimi decenni è stata “crescita” è stato difficile mantenere un bilancio equilibrato tra produzione e sostenibilità ambientale. Fermarsi un attimo e guardare, pensare alla bellezza. Come ha fatto lui, ieri, seduto al bar Alcamo, in C1. Tra cous cous e un cannolo siciliano Lyndon Neri inizia a raccontare. Per spiegare il suo rapporto con la bellezza, o me-
glio, con il creare cose belle parte da lontano. Per la precisione da Genesi 1, 1: la creazione. «Dio ha creato cose belle, il cielo la terra, le stelle e poi i suoi abitanti: gli animali e infine l’uomo». Da qui si parte, dice, nel progettare oggetti piccoli, per la casa, che usiamo tutti i giorni: dal paio di forbici al cucchiaino. Parlare di design applicato a oggetti ordinari vuol dire andare un po’in controtendenza al mainstream dove è la facciata quella che conta. Spiega Lyndon: «In Cina, ma anche qui, si spende moltissimo per il salotto, per la macchina, per il vestito. Molto meno per il letto dove dormi ogni notte. Nel mio lavoro io celebro l’ordinario». Alla domanda su cosa pensa del Meeting, sorride: «È la prima volta che vedo il Meeting – dice Neri –. Non conoscevo la manifestazione e nemmeno il Movimento, ma mi ha impressionato molto vedere così tanti ragazzi appassionati di tutto». Ma è il rapporto con la fede ciò che colpi-
sce di più dialogando con Lyndon. Non c’è successo, obiettivo raggiunto o premio ricevuto per cui non ringrazi Dio. Così racconta l’episodio che ha dato l’inizio alla sua carriera da giovane architetto. «Ero a Londra e alla Royal Opera House avevano chiesto il progetto di 16 designer più all’avanguardia. Il capo progetto all’inizio era venuto da me scuotendo la testa dicendomi che non saremmo andati lontano». Il progetto va avanti, fino a quando rimangono solo in due. «Prima dell’ultima esposizione ho aperto la Bibbia e ho
letto un passo di Geremia: “Quando mi ricordi nella preghiera sarò a fianco a te”. Sono andato di là e l’ho letto ai miei collaboratori, mi sentivo libero, sapevo che la mia vita era accompagnata». Vincono, Lyndon si inginocchia, lì dov’è e prega. «Dio da me non voleva altro se non un cuore umile». Oppure, ancora, durante gli anni della scuola: «Primary school, college, alla fine di ogni ciclo di studi mio papà mi regalava qualcosa». Un orologio, una macchina,. quando si laurea arriva da lui, senza soldi, con dodici rose e un biglietto con una frase presa dalla Bibbia: «Non contare solo sulla tua conoscenza». Conclude Lyndon: «Tutte queste cose sono passate, le rose sono appassite. L’unica cosa che che è rimasta viva è la presenza del Dio vivente nel mio cuore». E la Cina? «Anche lei, senza la bellezza di Dio non avrà futuro». Francesco Graffagnino
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INCONTRI 7
25 agosto
Si fa veramente impresa puntando sul fattore umano Il racconto di tre eccellenze italiane nei settori della moda, della cooperazione e dell’industria L’ad di Ferrero: «La fabbrica al servizio delle persone, non le persone al servizio della fabbrica» Quanto conta l’umano in un’impresa e in una cooperativa? Può essere questo il punto da cui ripartire per superare una crisi che ha investito il nostro Paese? Questo il tema dell’incontro “Cooperazione e Impresa dal volto umano”, tenutosi ieri. Tra gli ospiti: un ottimista Brunello Cucinelli, presidente e amministratore delegato di Brunello Cucinelli Spa. Un riflessivo Mauro Lusetti, presidente LegaCoop. Un coinvolgente Frédéric Thil, amministratore delegato Ferrero Spa. Differenti nel loro percorso umano e lavorativo hanno esposto il loro pensiero, le loro perplessità e loro idee. Brunello Cucinelli, emozionato per l’invito ricevuto dal Meeting, racconta brevemente la sua storia. La scoperta della sua incompatibilità con lo studio, lo porta ad intraprendere la strada del lavoro, con una passione che ancora non lo abbandona. Denuncia una crisi dell’umanità che ci ha investiti e impoveriti. Il lavoro, infatti, se privato della sua dignità, disumanizza l’uomo, che perde quello splendore e
A sinistra Brunello Cucinelli; a destra Frédéric Thil, ad di Ferrero
quella unicità che lo caratterizzano. Bisogna riconsegnare al lavoratore il rispetto e il valore della sua persona. Ricorda che dall’unicità dell’uomo e dal lavoro delle sue mani nascono manufatti di alta qualità. Ritiene, quindi, che sia responsabilità dell’impresa investire sull’umano e riconsegnargli quella dignità che ha perso. È per questo che nella sua impresa «Non si lavora mai dopo le 17.30 – dice con un sorriso – non voglio rubare l’anima ai miei dipendenti». Altro punto
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fondamentale sono i giovani definiti da Cucinelli «Futuri guardiani dell’umanità» che bisogna valorizzare per il loro genio, più che per gli obiettivi che, fino a quel momento, siano riusciti a raggiungere. Con l’applauso della platea si passa a Lusetti, che ci racconta di essere entrato in una cooperativa alla giovane età di diciannove anni. Spinto dal desiderio di contribuire al cambiamento del mondo, la sua scelta ha poi assunto una forma differente: permettere a persone di u-
mili origini di crescere professionalmente nel proprio lavoro. «Ho con il tempo capito di non poter cambiare il mondo, ma posso cambiare la vita di molti» afferma parlando del suo impegno nel movimento cooperativo. Tale movimento nasce dal bisogno di uomini e donne. Una così nobile origine si è con il tempo degenerata per un’omologazione alle logiche di mercato. «Tutto questo è accaduto perché abbiamo abbandonato quei valori umani di cui siamo portatori e senza i quali ci snaturiamo». Da qui stanno ripartendo, ribadisce Lusetti, dal tentativo di rimettere al centro la persona, non il marketing. La persona cioè l’uomo. «“Impresa dal volto umano” – dice Lusetti riprendendo il titolo dell’incontro – non significa dare più tempo libero, ma preoccuparsi dei bisogni della persona a tutto tondo». Chiara, in questo, la sua posizione in contrasto con quella di Cucinelli. Ancora in disaccordo con Cucinelli, insiste sulla necessità della creazione del lavoro e non di un posto dove lavorare meglio.
Thil, prendendo la parola, si scusa innanzitutto per il suo accento francese e racconta il particolare percorso che l’ha portato alla Ferrero. Professore di Matematica, decide di cambiare lavoro ed entra in una multinazionale anglosassone, dove lavora per tredici anni con la consapevolezza che non avrebbe mai potuto aspirare a rivestire il ruolo di direttore. Nel 2001 passa alla Ferrero e nel giro di un anno diventa direttore. Dopo quattro anni è nominato responsabile della Ferrero in Francia. «È in questo che si vede la differenza con le aziende quotate in borsa, esse si preoccupano più dei titoli, che della persona» afferma. Nella Ferrero, invece, vi è lo spazio per lo sviluppo e la crescita della persona: «La fabbrica per le persone, non le persone per la fabbrica» dice, citando lo storico fondatore dell’azienda. Parla dell’attaccamento dei lavoratori all’impresa che, prima di tutto, si preoccupa di investire sulla loro formazione. Come manager di un’impresa tra le sue mansioni ha quella di sviluppare al meglio il capitale umano al servizio dell’azienda. «Banalmente si deve dare spazio al piacere sul lavoro, se ci piace ciò che facciamo, lo facciamo meglio» dice con semplicità. È importante anche la gestione del tempo. Non bisogna farsi schiacciare dalle logiche del mercato, ma lavorare in vista di un bene comune e costruire un’azienda dove i lavoratori si sentano valorizzati. Occorre sacrificare del tempo, ma si ottiene un prodotto migliore. Federica Capaccioni
PERSONAGGI 8
25 agosto Luigi Berlinguer parla oggi su “Scuola: statale o paritaria purché sia migliore” (ore 11.15 sala B3)
«Sogno una scuola senza mura e senza banchi» L’ex ministro Luigi Berlinguer oggi tra i padiglioni della fiera Parlerà di un’istruzione libera e aperta al futuro della società L’ultima volta che era stato ospite al Meeting, Luigi Berlinguer era ministro dell’Istruzione del primo governo Prodi. Oggi torna per parlare di uno temi che più gli stanno a cuore: la scuola, statale e paritaria. «Voglio affrontare i problemi che da sempre affliggono l’istruzione con un’ambizione di novità, tenendo in mente i bisogni reali del Paese». Perché troppo spesso si parla del collocamento degli insegnanti o dei tagli al bilancio e non degli studenti. Qual è questa novità di cui parla? Secondo me la scuola dovrebbe essere l’impegno principale di società e Stato per lo sviluppo della persona, perché il cambiamento che vediamo oggi in atto nel mondo sta dando uno scossone enorme alle vecchie istituzioni. E la scuola deve starci dietro. Non si può limitare a riconoscerlo, deve anche influenzarne gli obiettivi. Seneca diceva «Non scholae, sed vitae discimus», non impariamo per la scuola, ma per la vita. La scuola deve essere il centro della vita, che è apprendimento permanente. Anche nel lavoro. Altrimenti rimaniamo fermi a una concezione ottocentesca dell’istruzione.
Da ministro si è occupato della paritarie, ma oggi a sentire l’opinione pubblica è come se esistesse ancora una distinzione tra scuole private e statali… La distinzione è puramente artificiosa. In Europa non funziona così. Nessuno degli altri stati membri pone questo tema come occasione di guerra civile. O come asse portante di una riforma scolastica. Da nessuna parte la formazione di uno studente si ferma ai diciotto anni. E in Italia neanche la materna viene considerata: l’età scolastica va dalla prima elementare al diploma. Ma è un periodo di trasmissione autoritaria del sapere. Non di formazione. Crede che raggiungeremo mai l’Europa? Guardi che in realtà non siamo poi così distanti. L’Italia di trent’anni fa era completamente diversa. Il livello di analfabetismo era ancora molto alto e una buona fetta degli studenti si fermava alla terza media. Oggi il 75% si diploma. Nel nord-Europa le percentuali raggiungono il 95%, è vero, ma questo non vuol dire che siamo in un momento negativo. C’è un ritardo rispetto all’Europa, per questo
non possiamo fossilizzarci su dibattiti sterili. Scuola paritaria e scuola pubblica sono la stessa cosa. Offrono la stessa possibilità d’istruzione. Nel ’97, durante il suo incontro al Meeting, lei disse che «non c’è insegnamento, non c’è apprendimento, non c’è formazione senza libertà». Lei crede che nella scuola di oggi, dopo anni di riforme e tagli, si possa ancora parlare di libertà? Sì. Io credo che ce ne sia tanta di libertà. Però nelle nostre scuole la trasmissione del sapere è ancora autoritaria, un travaso di nozioni. Bisognerebbe permettere agli studenti di contribuire a quello che viene loro insegnato. Abbiamo bisogno di cittadini corresponsabili della propria educazione. La libertà c’entra con la responsabilità. La formazione-educazione, quella che gli inglesi chiamano education, non si può concepire come fedele registrazione di un sapere. Perché è un investimento altissimo che facciamo sulla persona. È una cosa seria.
La scuola in Italia è una cosa seria, ma ha delle gravi lacune. Non si insegna più la storia dell’arte, non è sufficientemente aperta al lavoro... Ma noi chi stiamo formando? Un’altra cosa che affonda la scuola è la chiusura. Non filtra niente dall’esterno. Io sogno una scuola senza mura e senza banchi, quei neri catafalchi, come diceva la Montessori. C’è chi dice che tra dieci anni avremmo bisogno più di scienziati che di umanisti e artisti per riportare un’Italia competitiva sui mercati globali. Lei cosa ne pensa? Quello che manca all’Italia è la cultura scientifica, non gli scienziati. Siamo affetti da una carenza di spirito scientifico. Però il difetto è un altro. Il mondo umanistico è drammaticamente chiuso in se stesso: ha rinunciato a incontrare la modernità e ha preferito la filologia alla letteratura, riducendendo la cultura classica alla consecutio temporum. Senza cultura umanistica non c’è società. Francesca Capitelli
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25 agosto
È solo un mare di problemi? I ministri degli Esteri italiano e tunisino si confrontano su una nuova politica comune per i problemi del Mediterraneo Gentiloni traccia una road map su tre temi: sicurezza dal terrorismo, emergenza immigrazione e sviluppo economico Mare Nostrum. Una realtà che anche nel nome rischia di essere ricordata solo per la tragedia dei migranti e per la relativa missione di salvataggio. Dal Mediterraneo, da questo immenso spazio comune che nei secoli ha visto nascere e crescere sulle sue sponde le più importanti civiltà, si può però ripartire per costruire una nuova politica internazionale. È quanto hanno testimoniato ieri pomeriggio il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni e il suo omologo tunisino Täieb Baccouche. Al centro dell’incontro temi di stretta attualità, come il problema dell’immigrazione, l’instabilità politica nella costa meridionale e il pericolo del terrorismo. «Non si può fuggire dalla nostra storia e dalla nostra posizione geografica», ha messo in chiaro il titolare della Farnesina. «Abbiamo 8mila chilometri di coste, dobbiamo costruire soluzioni di pace». Parole che il pubblico presente nell’Auditorium ha accolto con un applauso. Dall’altra parte la posizione della Tunisia, il primo Paese interessato dalle primavere arabe. Oggi la sua stabilità politica è minacciata dal terrorismo e dall’avanzata jihadista: «Quanto succede a Tunisi ha bisogno del vostro appoggio», ha detto
Il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni e il suo omologo tunisino Täieb Bacchouche ieri al Meeting
Baccouche legando l’esito positivo della transizione politica nel proprio Paese al mantenimento degli equilibri globali. «La sponda sud del Mediterraneo non rifugge libertà e democrazia; vili attentati non potranno
cambiare il nostro impegno». L’Europa, però, appare spesso indifferente a questo richiamo di vicinanza. «La riluttanza dell’occidente – spiega Gentiloni – viene dagli errori commessi negli ultimi anni».
la libreria del meeting ore 11.15 Scuola: statale o paritaria purché sia migliore Con L. Berlinguer, C. Giudici, S. Mantovani
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Come ripartire? Il ministro italiano traccia una road map incentrata su tre diversi temi: al primo posto la questione sicurezza e terrorismo. «No a una forma di interventismo senza futuro, che non abbia prospet-
tive per il domani», dice citando apertamente i casi di Iraq e Libia. «Dobbiamo fare la nostra parte sostenendo Paesi chiave come la Tunisia e il Libano. Non possiamo pensarci come consumatori di una sicurezza gestita da qualcun altro». Il secondo punto è l’emergenza immigrazione, un problema da risolvere all’origine e sul quale è fondamentale la posizione dell’Europa. «Attorno a nodi politici come questo – il monito di Gentiloni – o l’Unione riconquista il proprio ruolo o si perde definitivamente». Due i fronti su cui operare: il superamento della convenzione di Dublino, «un accordo che viene da un’altra epoca storica», e il confronto con «gli spacciatori di paura presenti tra noi». Da ultimo la necessità di uno sviluppo economico comune: «Il popolo tunisino ce lo chiede e il Mediterraneo rappresenta anche per noi una straordinaria occasione. I tassi di crescita dei Paesi che vi si affacciano sono invidiabili per le nostre economie; in queste aree siamo il quarto partner commerciale al mondo». Un programma vasto che Gentiloni definisce «una sfida bellissima». Non resta che vedere se il governo avrà la forza di realizzarlo. Davide Giuliani
MOSTRE 10
25 agosto
A sinistra The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living, di Damien Hirst. Qui sopra, il forum nella redazione del Quotidiano Meeting con Davide Dall’Ombra (seduto di spalle) e Giulietta Riva (seconda da destra). In basso, uno degli innumerevoli dialoghi intrecciati tra i visitatori e le guide al termine del percorso visivo
La ferita e il fuoco dell’arte La mostra che ha diviso il pubblico fra entusiasti e perplessi. Forum in redazione con Dall’Ombra (curatore) e una guida Uomini che hanno il coraggio di guardare il loro vuoto, gli artisti contemporanei ci invitano a star di fronte alle ferite del nostro mondo. È la mostra che non ti aspetti, tra le più discusse e amate di questo Meeting. “Tenere vivo il fuoco. Sorprese dell’Arte contemporanea” trascina il visitatore nelle opere di sette artisti dei giorni nostri. La visita inizia con una scena di Tre uomini e una gamba il film di Aldo, Giovanni e Giacomo. Segue un commento di Poretti che pone le domande che un po’ tutti abbiamo: «È tutto un bluff o c’è sostanza?», «Cosa si scopre se andiamo oltre i luoghi comuni?», infine: «Ma sarà vero che il mio falegname poteva farlo meglio?». Un video, mille battute di presentazione e una citazione sono gli strumenti che troviamo in ognuna delle sette sale. Le guide rispondono ai dubbi e alle domande che inevitabilmente sorgono. Davide Dall’Ombra, curatore, e Giulietta Riva, una delle guide, rispondono, in un forum nella redazione del Quotidiano Meeting ad alcune delle numerose domande che vengono loro rivolte in questi giorni. L'arte ha un solo tempo ed è quello presente. Non guardare a questo e rimanere ancorati al passato vuol dire vivere con il gomito davanti alla faccia, lo suggerisce anche il titolo della performance di Marina Abramovic, The Artist is present, dove lei stessa diventa un’opera d’arte. Ed è questa una delle aree più discusse della mostra, dove un filmato racconta i suoi tre mesi al MoMa di New York nel 2010, passati su una sedia a fissare negli occhi le oltre 1500 persone che ad una ad una si sono sedute di fronte a lei. Chi per pochi minuti, chi per ore. Le lacrime scorrono, alcuni sorridono, altri s’innervosiscono ma tutti ricevono la stessa attenzione. «Dovevo essere vulnera-
bile e solo per loro – racconta Abramovic - in modo che avessero il tempo e lo spazio per rappresentare la propria individualità». Giulia racconta di come molti dei visitatori la cerchino dopo essere usciti da questa sala: «Quando arrivano gli occhi sono neri, arrabbiati. Poi cambiano, man mano che racconto la storia dell’artista. Alla fine mi guardano e mi dicono solo grazie». Alcuni addirittura tornano dentro a rivedere la mostra. L'arte contemporanea ti chiede un passo. Non puoi restare fermo. Senza di te non funziona. Anish Kapoor è un altro artista in mostra che ha dato del filo da torcere al pubblico. Scultore di origine indiana, ha una fissazione per il colore rosso. Perché? «È come Matisse che dopo una vita di sintesi desidera arrivare al colore puro. Kapoor sceglie il rosso perché è il colore del nostro corpo, noi siamo
“Tenere vivo il fuoco” La mostra è a cura di Casa Testori Associazione Culturale, Davide Dall’Ombra, Luca Fiore, Giuseppe Frangi, Francesca Radaelli. Allestita in piazza C5, è introdotta da un video di quindici minuti realizzato con la partecipazione di Giacomo Poretti. Seguono i sette ambienti in cui vengono presentate le opere in forma narrativa. Gli artisti scelti sono: Marina Abramovic, Ron Mueck, Alberto Garutti, Damien Hirst, Anish Kapoor, Jenny Saville e Ai Weiwei.
rossi e con la sua opera punta alle emozioni», dice Dall’Ombra. Il Meeting propone “Shooting into the corner”, un’installazione portata alla Royal Academy di Londra, nel 2009. La performance prevedeva che ogni quindici minuti un cannone sparasse contro l’angolo di una stanza dei proiettili di cera rossa da undici chili l’uno. «Qui Kapoor non propone interpretazioni, ma ognuno vi legge la sua: il sentimento dello spettatore ne è parte integrante». Uno dei maggiori equivoci nell’arte è che il bello corrisponda al piacevole. «Nell’esperienza però sarebbe una condanna, se fosse così. Pensiamo al parto per le donne – continua Dall’Ombra –, non è piacevole, ma non si può negare la bellezza di una vita che nasce». Una sala parla proprio di questo: Janny Saville ha dedicato tutta la sua vita allo studio del corpo fem-
minile, ma dopo la nascita dei suoi due figli si è concentrata sulla rappresentazione della maternità. Una scoperta di vita e di libertà per sé e per chi incontra le sue opere. «Una ragazza continuava a tornare – racconta ancora Dall’Ombra –, ha rivisto la mostra per tre giorni di seguito e alla fine non ha resistito e mi ha fermato: “Mi sento una stupida a dirlo, ma te lo dovevo chiedere: anche io ho avuto due figli in due anni e il mio corpo è tutto sformato. Non riesco più a guardarmi. Non fraintendermi, io amo i miei figli, razionalmente dico che ne è valsa la pena, ma ora odio me stessa. Come fa la Seville a guardarsi così?”. La vera menzogna, le ho detto, è far coincidere l'uomo con il suo corpo. Tu non coincidi con la tua immagine, sei qualcosa di molto più!» Per questo non bastano le parole, serve uno che te lo mostri, proprio come Janny Saville. Persino la caducità di un corpo può essere opera d’arte, la Couple under an umbrella di Mueck lo dimostra. In un realismo estremo siamo di fronte a un amore maturo, vissuto da due anziani, lui, con lo sguardo perso all’orizzonte, la accarezza con affetto, lei lo guarda con tenerezza. L’artista vuole addirittura superare in realismo la fotografia e le dimensioni dell’opera funzionano come lente di ingrandimento che fa risaltare ogni dettaglio dei due corpi consumati dal tempo. Le suggestioni di quest’opera variano a seconda del visitatore, c’è chi si commuove pensando all’amore dei propri genitori o chi scorge la noia dell’abitudine. Di fronte all’arte contemporanea Dall’Ombra invita a starci con libertà e a saccheggiare ciò che ci interessa, non tutto serve. «L’opera deve parlare a me, dirmi qualcosa che non so o che non so esprimere e deve essere profetica». a cura di Alessandro Caprio, Benedetta Parenti e Francesca Capitelli
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25 agosto Una delle fotografie presenti alla mostra “Momenti di dignità” allestita nella piazza A1
Scatti dal mondo per immortalare l’animo umano Il professor Weiler è anche un appassionato fotografo: in mostra “Momenti di dignità”, percorso che scava dentro le apparenze Da quando all’età di 14 anni ha ricevuto la sua prima macchina fotografica, Joseph Weiler non ha mai smesso di osservare il mondo attraverso l’obbiettivo per catturare immagini di luoghi e persone. Presidente dell’European university institute, meglio conosciuto per i suoi studi sul diritto e la religione, il professor Weiler è presente al Meeting con la mostra fotografica “Momenti di dignità”. Una raccolta di scatti, realizzati nei viaggi fatti negli ultimi dieci anni, che non cercano necessariamente la bellezza o l’abilità tecnica ma, come indica il titolo dell’esposizione, vogliono andare alla ricerca della dignità dell’uomo. «Da 50 anni non ho mai smesso di fotografare – ha raccontato il professore – ma, specialmente nell’ultimo periodo, non l’ho fatto per soddisfare una particolare sensibilità estetica, ma perché voglio dire qualcosa». Da Parigi a New York, passando
per il Vietnam e la Cina, fino ad arrivare ai padiglioni del Meeting di Rimini, Weiler spiega di aver cercato di catturare posti che avessero un’anima e persone che esprimessero coscienza della propria condizione umana. Tra le sue preferite Joseph Weiler indica quella in cui sono ritratte quattro ragazze del liceo di Varsavia: «Potrebbero essere solo delle ragazzine, ma per me sono delle vere principesse. Ognuna di loro ha il senso di se stessa, esprime una dignità radiosa e perfetta». La condizione dell’uomo, secondo Weiler, è una perenne contraddizione tra il sentirsi unici e nel contempo tutti uguali: «Il concetto stesso della dignità umana racchiude questo sorprendente paradosso. Siamo tutti uguali, indipendentemente dalla nazionalità, status sociale e razza, come creature fatte ad immagine di Dio, ma quella stessa dignità determina la nostra unicità e pecu-
liarità». Ecco allora che uomini provenienti da tutti gli angoli del mondo possono esprimere quel momento di dignità contemplativa attraverso il loro sguardo, chiunque essi siano: una studentessa del liceo Giovanni Paolo II di Nairobi, due cameriere giapponesi, un’artista vietnamita, le custodi del tesoro del sultano del Brunei, due donne che stanno solo facendo il loro lavoro – nota Weiler – ma hanno uno sguardo tale che potrebbero essere esse stesse le regine del loro paese. Una dignità che passa anche dagli occhi di due volontarie del Meeting «che quando hanno la divisa e il cartellino possono sembrare tutte uguali, ma se ci si ferma a osservarle attentamente sono ognuna un mondo a sé». Uomini e donne di tutte le età, fino ad arrivare a una piccola visitatrice della fiera che, con il suo sguardo serio, testimonia come, già a 7 o 8 anni, un
bambino non sia soltanto un giocattolo nelle mani dei suoi genitori, ma un essere umano compiuto. Tra gli scatti è difficile incontrare volti che sorridano, non perché la mostra voglia rappresentare persone ferite o tristi, ma perché «nella serietà del volto si riesce a cogliere quella malinconia che cattura al meglio la nostra diversità e unicità» ha raccontato il professore. Ad avere un’anima non sono, però, soltanto le persone, ma anche i luoghi. Luoghi che non vengono mai fotografati per la loro bellezza paesaggistica, ma per il messaggio che hanno da raccontare. Scatti che immortalano anche una parte della società, come quello intitolato Luogo di preghiera in cui il Duomo di Milano viene riflesso sulle finestre di un McDonald’s. Il vero soggetto è però la donna che si intravede seduta ai tavoli del fast food, immersa nei suoi pensieri: «Questa è la pe-
renne lotta quotidiana dell’uomo di oggi – racconta Weiler – siamo continuamente catturati tra l’aspetto commerciale e quello spirituale». I luoghi di adorazione possono diventare davvero i più disparati, come un autobus privato di Manila sopra a cui campeggia la scritta: «Gesù è il Signore», ritratto nella foto che accoglie i visitatori all’entrata della mostra. I posti fotografati sono stati spesso scenario di tragici pezzi di storia come il muro contro cui venivano fucilati i prigionieri di Auschwitz o quello del ghetto di Cracovia, che vengono però sempre salvati da un particolare: un’immaginetta della Madonna o semplicemente un albero in fiore. Un percorso in cui, come ha raccontato Weiler, si vede che l’occhio del fotografo è ultimamente l’occhio di un uomo credente che non perde la speranza. Benedetta Cremona
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La presenza di Fondazione CassaJesi «Al Meeting vogliamo sostenere e promuovere l’economia del nostro territorio» dice il segretario generale Tarantino La Fondazione Cassa di risparmio di Jesi (AN) è presente al Meeting con un proprio stand. Mauro Tarantino, segretario generale della Fondazione ne spiega così i motivi: «Vogliamo sostenere, valorizzare e promuovere l’economia del territorio di nostra competenza. La Fondazione ha voluto così offrire questa opportunità ai Comuni interessati (Jesi, Senigallia, Corinaldo, Castelplanio, Rosora, San Marcello, Belevedere Ostrense, Ostra, Ripe), a far conoscere le proprie peculiarità artistiche che verranno proposte in un sorta di itinerario ideale del nostro straordinario territorio, mettendo a disposizione uno spazio all’interno dei padiglioni della fiera di Rimini. Durante la settimana riminese nel nostro stand vengono inoltre proposti momenti di attività didattica per bambini da parte del Museo Nori de Nobili di Trecastelli e del Museo Diocesano di Jesi, con lo scopo di avvicinare i bambini alla conoscenza dell’arte pittorica e la storia dei nostri luoghi. Nelle serate verranno presentate aziende agroalimentari e fatti assaggiare alcuni dei loro prodotti (Vintora di san Marcello, Madeinmarche di jesi, Vigne di Leo di
Staffolo, Salumificio Valmisa di Ostra, Azienda Vinicola Montecappone di Jesi, Consorzio Biologica Marche di Maiolati Spontini). Non mancheranno di certo vino, olio, salumi, formaggi e tante altre eccellenze del territorio. La giornata di sabato è stata interamente dedicata alla presentazione della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi con le sue straordinarie attività che sono alle porte: il XV Pergolesi Spontini Festival e la 40^ Stagione Lirica di Tradizione, che ha visto la presenza della cantante lirica Serena Stabile di Napoli, che ha intrattenuto il pubblico cantando e interpretando brani famosi delle opere di Pergolesi». Che cosa è la fondazione e che scopi ha? «La fondazione Cassa di Risparmio di Jesi è una fondazione di origine bancaria nata nella primavera del 1992, dall’omonima Cassa di Risparmio di Jesi. La fondazione svolge la propria attività nell’ambito dei settori socio-asssitenza e sanità, volontariato, beneficienza, arte cultura ed educazione, sostenendo i soggetti del terzo settore e enti pubblici che vi operano. In particolare si segnala il sostegno alla sede di-
staccata dell’Universita’ degli Studi di Macerata. Eventi di particolare interesse realizzati in questi ultimo anno sono stati: la realizzazione e finanziamento del blocco operatorio del nuovo ospedale Carlo Urbani di Jesi, per un investimento di 2,9 milioni; l’istituzione del biennio di specializzazioni che completa il corso di studi a Jesi della sede distaccata dell’Università di Macerata; l’intervento a sostegno della comunità senigalliese colpita dall’esondazione del Misa; l’inaugurazione della biblioteca Salara alla cui riorganizzazione Carisj ha ampiamente contribuito negli anni; il completamento del museo di palazzo Bisaccioni; il restauro di 10 quadri che ci consentono di arricchire l’esposizione della quadreria antica di altrettante tele per tre anni; il contributo concesso alla CRI di Jesi e Senigallia per l’acquisto di due nuovi mezzi di trasporto e quello concesso all’opera Pia Mastai Ferretti per l’acquisto di un mezzo di trasporto per disabili; le attrezzature diagnostiche di ultima generazione fornite agli ospedali di Jesi e Senigallia. Di particolare importanza è stata la messa definizione del mu-
seo ha impegnato la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi ad affrontare la realizzazione di nuovi allestimenti delle sale museali e rappresenta il raggiungimento di un obiettivo importante di Carisj poiché risponde al bisogno di recupero e valorizzazione del patrimonio esistente e della storia della Cassa di Risparmio di Jesi. Le nuove sale espositive sostanzialmente concludono la serie di iniziative di restauro e valorizzazione di beni ed opere (con il recente allestimento dell'archivio storico e del deposito sotterraneo) iniziate nei primi mesi del 2006 e oggi arrivate a definitivo compimento. Gli attuali spazi espositivi, situati al piano terra, si presentano con importanti novità soprattutto in materia di strumenti informativi e della comunicazione, nel tentativo di avvicinare il pubblico alla conoscenza della storia economica del nostro Paese ed in particolare del nostro territorio. Il Museo di Palazzo Bisaccioni, collocato all'interno del più ampio circuito dei Musei e Pinacoteche di Jesi, offre l'opportunità di dotare la città di un forte polo di attrazione formato da straordinarie collezioni d'arte, creando un i-
tinerario artistico e culturale unico così articolato: una sala dove è stato allocato l'archivio storico della Cassa di Risparmio di Jesi e dove è stata allestita una biblioteca riguardante una speciale collezione di volumi editi dalle Fondazioni Bancarie Italiane ed in parte dai Comuni del territorio; il caveau, la cui presenza ricorda che questa fu la sede dell'istituto Bancario, Cassa di Risparmio di Jesi, di fondamentale importanza per lo sviluppo ed il sostegno del territorio, dove si possono ammirare la stanza blindata del Tesoro e le casseforti d'epoca oltre alla collezione di monete e banconote della Repubblica di recente acquisizione; un'ala al piano terra dove troviamo le sale riunioni arricchite dalla collezione di arte contemporanea. La collezione ha un carattere jesino e marchigiano ed è composta da opere reperite nel tempo attraverso lasciti e acquisti. Al primo piano si trovano le opere che vanno dal '500 al '700 che variano sia per periodo storico che per scuola pittorica; sempre al primo piano è allocata una Sala Riunioni per incontri e dibattiti su tematiche sociali e culturali».
Il museo è aperto con visite guidate gratuite: i giorni feriali dal lunedì al venerdì durante l’orario di ufficio dalle ore 8,30-16,30; i sabati, le domeniche ed i giorni festivi settimanali: al mattino dalle ore 9,30 alle 13 e dalle ore 15,30 alle 19,30
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PERSONAGGI 13
25 agosto
Presenti fino all’ultimo respiro Parravicini, neonatologa, e Stuart, esperto di medicina palliativa: una cura anche per chi non guarirà L’incontro “Curare quando non c’è possibilità di cura all’inizio e fine vita”, che si terrà oggi alle 15 (auditorium Intesa Sanpaolo B3), vede protagonisti i medici Elvira Parravicini e Brad Stuart. Al Meeting 2012 la dottoressa Parravicini partecipò con una testimonianza commovente e illuminante sulla pratica del comfort care, un servizio di hospice perinatale grazie a lei istituito nel 2008 al New York - Presbyterian Morgan Stanley Children’s Hospital. Da allora anche in ambito italiano si è iniziato a discutere seriamente di perinatal hospice e a fare ricerca scientifica in merito; ma, soprattutto, sono nate profonde amicizie e sono sorti alcuni piccoli centri. L’internista Stuart, direttore dell’Hospice Sutter Care, il più grande servizio di cure sanitarie e palliative domciliari del nord della California, è invece a Rimini per la prima volta. I due relatori condurranno nel vivo di un dialogo che ruoterà intorno alla propria esperienza clinica e al concetto di cura a partire dal tema di questa edizione. Ma di che cosa è “mancante” e poi “piena” l’esperienza di un operatore sanitario e dei suoi assistiti? Inoltre, come è possibile prendersi cura di qualcuno che soffre o è in fin di vita tenendo de-
Elvira Parravicini risponde alle domande di studenti di Medicina durante un incontro improvvisato al Meeting
sto il cuore? Oggi il concetto di cura è interpretato come qualcosa di tecnico. Ovvero un eseguire (talvolta passivamente) determinate disposizioni. Ma definire la “cura” o il “prendersi cura” come una pratica significa concepirla come un prendere le distanze dall’aspetto più prettamente umano e da una rappresentazione di essa intesa come dono. Uno dei rischi più evidenti del medico o dell’infermiere è, infatti, quello di cadere nella trappola di meri tecnicismi. Ma la professione medica si basa su un rapporto costruito sulle urgenze di una persona
che soffre o è bisognosa di qualcosa, e dalle sue aspettative di stare bene «sempre e completamente», nonché dal desiderio urgente, da parte del professionista, di rispondere a tali bisogni «sempre e completamente». Tra le sfide maggiori cui è chiamato quotidianamente un professionista sanitario rientra quindi anche l’aver cura dell’altro con un desiderio costante di pienezza nel cuore, soprattutto là dove la terapia sembra essere inutile o sterile; soprattutto quando l’aspirazione più alta è quella di guarire tutti i pazienti e invece la realtà impone di fare i conti con i
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limiti propri e della scienza. Si potrebbe, pertanto, descrivere il rapporto medico-assistito (ma anche insegnante-alunno) come un “paradosso”. Un paradosso in cui, come ben rappresentato dalle parole lungimiranti del poeta Rainer M. Rilke nel descrivere il rapporto uomo-donna, «due infiniti si incontrano con due limiti; due bisogni infiniti di essere amati, si incontrano con due fragili capacità di amare». Parravicini e Stuart racconteranno come vivono l’esperienza quotidiana a contatto con la nascita, la sofferenza e la morte. Margherita Dahò
«Come si fa a diventare un bravo medico?» «E come si fa a non cadere vittime del cinismo o della stanchezza? È possibile stare davanti alla morte dei pazienti?» Sono solo alcune delle domande che i giovani studenti di medicina e altre professioni sanitarie hanno rivolto domenica pomeriggio alla neonatologa Elvira Parravicini. «Rimanere sempre fedeli al proprio primo desiderio (perché si è scelto questo percorso?) è il primo passo», spiega Elvira. Altrettanto importante è «voler bene al paziente». Sembra un atto superfluo, ma solo uno sguardo ricco di affezione permette di «accorgersi anche del più piccolo cambiamento», così da essere sempre pronti a intervenire nel modo più adeguato. Parravicini poi conclude spiegando: «Stare davanti alla morte di qualcuno è sempre difficile. Se fosse facile, starebbe a significare che siamo diventati cinici». Con il passar dei minuti le persone, incuriosite, hanno iniziato a fermarsi e ad ascoltare il confronto. Segno che la discussione iniziata è risultata essere interessante per molti. M.D.
SPETTACOLI 14
25 agosto
Fado al massimo
A sinistra la locandina dell’evento del prossimo 15 e 16 ottobre a ForlÏ
Stasera in scena il concerto ÂŤMediterraneo e dintorniÂť: per la prima volta insieme la saudade portoghese e la poesia popolare della Grecia salentina Ăˆ una prima assoluta, quella di stasera all’Arena D3 con ÂŤMediterraneo e dintorni, dalla Grecia salentina al FadoÂť. La musicalitĂ del ‘griko’, il dialetto che resiste in alcuni paesi in provincia di Lecce, non si era mai incontrata con le melodie del Fado portoghese e conferma un rapporto, quello del Meeting con il Fado, che si è consolidato negli anni, e ha visto numerosi concerti, come quello della splendida Mariza, nel 2002, e molti altri in seguito. L’idea è venuta a Marco Poeta, l’artista di guitarra portuguesa che ha collaborato anche con Lucio Dalla. Ăˆ lui ad aver portato per primo in Italia la musica della saudade lusitana, grazie all’amore per la musica di Amalia Rodrigues, conosciuta sin dagli anni ’70, riconosciuta da tutti come l’ambasciatrice del Fado nel mondo. Che c’entra con la tradizione musicale mediterranea? ÂŤNel Fado il Mediterraneo non può mancare, anche se il Portogallo non vi si affaccia direttamente, come la Spagna o la Francia, assomiglia moltissimo a noi, sia come mentalitĂ musicale che come struttura artistica. La Spagna è piĂš fiamminga, la Francia è di natu-
Amalia Rodrigues
ra celtica, il Fado è quasi napoletano e – perchĂŠ no? – salentinoÂť. Parliamo della Grecia salentina, un lembo di terra vicino a Lecce, tra Calimera, Carpignano Salentino, Corigliano d’Otranto, Melpignano, Martano e altri paesi che conservano il ‘griko’, un dialetto neo-greco dalla grande musicalitĂ . Lo spettacolo unirĂ poesie salentine in dialetto con la musica del Fado. ÂŤHo pensato a queste fusioni melodiche accompagnate dalla guitarra portuguesa che fa da
un po’ da ago della bilancia, mantenendo in questo modo un equilibrio ritmico. Ho scelto di mettere in scena questo spettacolo che passa per il Mediterraneo e unisce Salento e Portogallo, accompagnato da una persona autorevole a livello mondiale, per questo genere musicale. Si tratta di Roberto Licci, fondatore, tra l’altro, dei GhetonĂŹa, un gruppo fantastico. Il titolo di questa edizione del Meeting sembra scritto apposta per la musica della nostalgia e della saudade; cosa ti comunica la frase di Mario Luzi “Di che mancanza è questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno?â€? ÂŤSĂŹ, si uniscono perfettamente. Per quanto mi riguarda, sono convinto che l’uomo sia comunque un peccatore, che cerca in continuazione, senza tuttavia finire mai di cercare. Moriremo cercandoÂť. ÂŤIl titolo di quest’anno è un testo di Mario Luzi, ma potrebbe benissimo essere uno di quei brani scritti dai poeti portoghesi per le musiche popolari del FadoÂť, gli fa eco Otello Cenci, direttore artistico del Meeting
David Horowitz a ottobre a ForlĂŹ omaggia Chieffo L’evento musicale del prossimo 15 e 16 ottobre al teatro Diego Fabbri di ForlĂŹ, dal titolo “Il popolo canta, omaggio a Claudio Chieffoâ€? nasce dalla volontĂ di tanti artisti locali e appassionati di rendere omaggio al grande cantautore a 70 anni dalla sua nascita. Inteprete della musica popolare religiosa, Claudio ha portato la sua musica in giro per il mondo, con il desiderio di comunicare ciò che rendeva lieta la sua vita. Ospite d’eccezione David Horowitz, il pianista jazz statunitense, grande amico di Chieffo. Insieme i due artisti hanno realizzato, nel 2001, il cd “Come la Rosaâ€?, di cui ha arrangiato le musiche.
Alessandro Caprio
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I FATTI DI OGGI 15 25 agosto Alle 17 parlano Moro e Chomsky. Alle 13 arriva Renzi Incontri
La comprensione e il linguaggio Costituzionale; Sabino Cassese, Giudice Emerito Corte Costituzionale. Introduce Joseph Weiler, Presidente EUI (European University Institute).
MISERICORDIA ED ESPERIENZA DEL PERDONO. RICOSTRUIRE UN MONDO NUOVO Ore: 11.15 Sala eni B1 Partecipano: German García-Velutini, Presidente Banco Venezolano de Crédito; Oliverio González, Imprenditore, Messico. Introduce Fernando De Haro, Giornalista.
L’ENCICLICA LAUDATO SI’ PER UNA NUOVA CURA DELLA TERRA Ore: 15.00 Sala Neri CONAI Partecipa Carlin Petrini, Fondatore e Presidente di Slow Food e Università degli Studi di Scienze Gastronomiche. Introduce Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà.
EDUCARE AL LAVORO ATTRAVERSO IL LAVORO Ore: 11.15 Sala Neri CONAI Partecipano: Silvio Bartolotti, Amministratore Delegato Micoperi; Manuela Kron, Direttore Corporate Affairs Gruppo Nestlé in Italia; Stefano Sala, Amministratore Delegato Gruppo PER. Introduce Monica Poletto, Presidente Compagnia delle Opere Sociali.
OLTRE LE COLONNE D’ERCOLE Ore: 15.00 Stand Illumia Piscina Ovest Racconti e riflessioni tra Davide Rondoni, Poeta e Michele Zambelli, Skipper.
LA GIORNATA
SCUOLA: STATALE O PARITARIA PURCHÈ SIA MIGLIORE Ore: 11.15 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 Partecipano: Luigi Berlinguer, Presidente Comitato per lo sviluppo della Cultura scientifica e tecnologica e Presidente Comitato Nazionale per l’apprendimento pratico della musica nella scuola del MIUR; Claudia Giudici, Presidente Istituzione Scuole e Nidi d’infanzia del Comune di Reggio Emilia e Membro del CdA di Reggio Children; Susanna Mantovani, Docente di Pedagogia Generale e Sociale all’Università degli Studi di Milano Bicocca. Introduce Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà.
ABRAMO: UNA BIOGRAFIA NON AUTORIZZATA Ore: 11.15 Sala Poste Italiane C2 Partecipa Joseph Weiler, Presidente EUI (European University Institute). Introduce Stefano Alberto, Docente di Teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. L’ITALIA E LA SFIDA DEL MONDO Ore: 13.00 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 Partecipa Matteo Renzi, Presidente del Consiglio dei Ministri. Introducono Emilia Guarnieri, Presidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli e Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà.
STUPIRSI DI FATTI SEMPLICI: IL LINGUAGGIO DELL’UOMO E I LIMITI DELLA COMPRENSIONE Ore: 17.00 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 Partecipano: Noam Chomsky, Professore Emerito di Linguistica al MIT (Massachusetts Institute of Technology, Boston), USA; Andrea Moro, Neurolinguista, Direttore Centro di ricerca Ne.T.S. della Scuola Superiore Universitaria ad Ordinamento Speciale IUSS di Pavia. Introduce Marco Bersanelli, Docente di Astrofisica all’Università degli Studi di Milano. IN ITALY: APPLICAZIONE O REALTÀ? Un viaggio virtuale per toccare con mano il Made in I-
taly Ore: 18.15 Stand FederlegnoArredo Pad. C1 Partecipano: Dario Curatolo, Architetto e curatore progetto In Italy; Vittorio Livi, Amministratore Unico Fiam Italia Spa; Roberto Snaidero, Presidente FederlegnoArredo. Introduce Giovanni De Ponti, Direttore Generale FederlegnoArredo. STORIE DAL MONDO. CAOS LIBIA. Il terrore alle porte di casa Ore: 19.00 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 Presentazione e proiezione del reportage di Gian Micalessin, Regista. Produzione: GM News & C. – Gli occhi della guerra. Partecipa l'Autore; Introduce Roberto Fontolan, Direttore Centro Internazionale di Comunione e Liberazione. AL FONDO DELLA MANCANZA. DIALOGO CON… Ore: 19.00 Sala eni B1 Partecipa Fausto Bertinotti, Presidente Fondazione Cercare Ancora. Introduce Andrea Simoncini, Docente di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Firenze. TALENTI E CAPITALE UMANO Ore: 19.00 Sala Neri CONAI Partecipano: Nerio Alessandri, Presidente e Amministratore Delegato Technogym; Andrea Zappia, Amministratore Delegato Sky Italia. Introduce Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà.
QUOTIDIANO
Spettacoli PREGHIERA SHŌMYŌ E CANTI DELLA TRADIZIONE CRISTIANA Ore: 15.00 Arena Frecciarossa1000 D3 Con Shodo Habukawa, monaci Buddisti Shingon del Monte Koya, Coro “Millennium” diretto da Guya Valmaggi. Introduce Roberto Fontolan, Direttore Centro Internazionale di Comunione e Liberazione. Questo evento è realizzato con la collaborazione di Wakako Saito, Professoressa dell’Università Aichigakuin di Nagoya. MEDITERRANEO E DINTORNI – Dalla Grecìa salentina al Fado. Con Marco Poeta e Roberto Licci Ore: 21.45 Arena Frecciarossa1000 D3 Biglietto intero: 10 euro, ridotto: 8 euro Antonio Cotardo: Flauti; Emilia Ottaviano: Voce; Roberto e Emanuele Licci: Voce e chitarra; Franco Nuzzo: Percussioni; Marco Poeta: Guitarra portuguesa; Maurizio Scocco: Basso acustico; Roberto Picchio: Fisarmonica; Salvatore Cottardo: Sax e clarino. Special guest: Giulia Poeta: Voce recitante.
GINNASTICA ACROBATICA Ore: 15.00 Kinder + Sport Village (PAD A7/C7) Dalle ore 15.00 alle ore 18.00 Spettacolo acrobatico e coreografico. A cura della Polisportiva Riccione Sezione ginnastica Acrobatic Team Riccione. 4° TORNEO CALCIO A 5 “MEMORIAL GIUSEPPE FABBRI” Ore: 17.00 Kinder + Sport Village (PAD A7/C7) Riservato a squadre giovanili. A cura del CSI – Centro Sportivo Italiano.
COSA SIGNIFICA FARE IL GIUDICE DELLA CORTE COSTITUZIONALE? Ore: 15.00 Sala eni B1 Partecipano: Marta Cartabia, Vice Presidente Corte
MEETING
UN VIAGGIO DI CENTO ANNI (replica) Ore: 21.45 Sala Poste Italiane C2 Proiezione del mediometraggio di Pupi Avati, Regista.
Sport
CURARE QUANDO NON C’È POSSIBILITÀ DI CURA ALL’INIZIO E FINE VITA Ore: 15.00 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 Partecipa Brad Stuart, Co-Founder and Chief Executive Officer of ACIStrategies (Advanced Care Innovation), USA. Introduce Elvira Parravicini, Assistant Professor of Pediatrics at Columbia University Medical Center, USA.
Direttore Stefano Filippi Direttore responsabile Cesare Trevisani Editore Associazione Meeting per l’amicizia tra i popoli Associazione riconosciuta con D.P.R. n.869 del 6/8/1986, sede: via Flaminia 18/20, c.p. 1106, 47900 Rimini. Tel. 0541-783100, Fax. 0541-786422
NUOVI STRUMENTI FINANZIARI PER LO SVILUPPO DELLE COOPERATIVE Ore: 19.00 Sala Poste Italiane C2 Workshop in collaborazione con Cooperativa Muratori & Cementisti - C.M.C. di Ravenna Società Cooperativa. Partecipano: Giampiero Bergami, Head of Capital Markets and Investment Banking Italy Network di Unicredit; Francesco Confuorti, Presidente e Amministratore Delegato di Advantage Financial; Roberto Macrì, Direttore Generale CMC; Andrea Mandel-Mantello, Chief Executive Officer and Partner Advicorp Plc.; Gabriele Vianello, Head of Corporates for Global Markets Italia BNP Paribas. Introduce Massimo Matteucci, Presidente CMC. Modera Andrea Cabrini, Direttore Class CNBC.
Progetto grafico G&C, Milano Impaginazione Èdita, Rimini Fotolito e stampa CED Via dell’Industria, 52 Erbusco (BS) Registrazione Tribunale di Rimini n.16/91 del 15/07/1991
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