ANNO 25 Numero Sette Mercoledì
MEETING
PRIMO PIANO Italia: una ripresa possibile! Partecipa Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia e delle Finanze. Introduce Bernhard Scholz. Auditorium Intesa Sanpaolo B3
11.15
O N A I D I T O U Q
26
La malattia mentale e il recupero dell’io. Partecipano Grégoire Ahongbonon, fondatore associazione San Camillo de Lellis, Simona Villa, suora missionaria delle Misericordine. Introduce Marco Bertoli. Auditorium Intesa Sanpaolo B3
15.00
AGOSTO
PRIMO PIANO Guardare lontano: la nostalgia delle stelle. Partecipano Duccio Macchetto, emeritus astronomer allo Stsci, Roberto Vittori, astronauta dell’Esa. Introduce Marco Bersanelli. Auditorium Intesa Sanpaolo B3
17.00
Festa finale del Meeting. Miami & The Groovers: The Ghost King tour 2015. Concerto rock. Arena Frecciarossa1000 D3
21.45
2015 Chomsky, Babele e il silenzio p. 5
Perdono dal Venezuela p. 7
Le hit della libreria p. 14
#lietoegrato Solo un incontro genera soggetti nuovi olo l’iniziativa di Dio Creatore poteva colmare la misura del cuore; ed Egli ci è venuto incontro per lasciarsi trovare da noi come si trova un amico». Con queste parole Papa Francesco ci ha invitato ad andare fino in fondo al tema di quest’anno, quella mancanza del cuore che inevitabilmente rimanda al desiderio di qualcosa di più grande. Lo ha detto bene anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio che ci ha inviato per l’inizio del Meeting: «il rischio di chiusure settarie o di tentazioni fondamentaliste è sempre in agguato». Ecco perché non dobbiamo perde-
«S
re di vista «la nostra umanità, la fraternità, il desiderio di bene e di ciò che è bello». Quest’anno ce lo hanno testimoniato in molti, a partire da padre Ibrahim Alsabagh, parroco siriano di Aleppo. In una città devastata da quattro anni di guerra, dove mancano acqua e cibo, i francescani aprono la porta del loro convento a tutti: musulmani, cristiani o curdi, non c’è differenza; Padre Charly di Buenos Aires insieme ai suoi giovani amici venuti a Rimini per condividere la loro esperienza. E poi la first lady afghana Rula Ghani e il Ministro degli Esteri della Tunisia Taieb Baccouche, oppure personalità italiane come Pietro Modiano o Fausto Bertinotti, ma anche il Card. George Pell, il Card. Giuseppe Betori, mons. Nunzio Galantino, mons. Silvano Maria Tomasi, padre Mario-Giuseppe Lepori, abate generale dell’Ordine dei Cistercensi, l’archeologo Giorgio Buccellati, il presidente di Special Olympics, Ti-
mothy Shriver, il linguista Noam Chomsky. Il premier Matteo Renzi e i ministri Martina, Poletti, Gentiloni, Galletti, Delrio e Padoan. E insieme a loro i quasi 3mila volontari, autentici protagonisti del Meeting che arrivano da oltre 40 Paesi del mondo, segno che al Meeting l’amicizia fra i popoli è un’esperienza reale, i 218 relatori, i curatori delle mostre (scienziati, scrittori, docenti) e anche gli interpreti del mondo dell’economia e dell’imprenditoria, che a partire da un desiderio di costruzione, sono già ripartiti, come Nerio Alessandri, Brunello Cucinelli, Roberto Snaidero. È con tutti loro che si è realizzato il Meeting. Si costruisce insieme perché è solo un incontro che genera soggetti nuovi, vivi, in grado di incidere nel mondo. Nello straordinario dialogo tra don Julián Carrón e il professor Joseph Weiler, sulla figura di Abramo, dell’alleanza tra l’uomo e Dio in
rapporto alle sfide del presente, prima fra tutte quella di ridestare l’io dal suo torpore e dalla noia, abbiamo sentito: «Lì è l’inizio di una storia. Dio ha cominciato con quello che c’era, dall’io così com’era all’inizio con tutte le sue difficoltà e i suoi limiti. La storia della Bibbia è una storia piena di limiti dell’uomo (…), è l’uomo reale così come è che è stato risvegliato». «Per essere guardato, come Zaccheo sul sicomoro – ha detto Fausto Bertinotti - l’io ha bisogno di uno sguardo, di qualcuno con cui dialogare e confrontarsi». «E noi abbiamo imparato lungo la nostra storia che non c’è un altro rapporto con la verità che non sia la libertà». Come diceva don Luigi Giussani: «L’uomo di oggi attende, forse inconsapevolmente, l’esperienza dell’incontro con persone per le quali il fatto di Cristo è realtà così presente che la vita loro è cambiata. È un impatto umano che può scuotere l’uomo di oggi».
PRIMO PIANO 2
26 agosto
La scuola è sempre pubblica L’ex ministro Berlinguer: basta alla contrapposizione tra paritarie e statali. Con lui Susanna Mantovani e Claudia Giudici Di scuola si parlava già negli anni ‘90, quando Luigi Berlinguer mise piede al Meeting la prima volta; all’epoca era ministro dell’Istruzione e non aveva ancora varato la legge sull’autonomia e la parità delle scuole private. Ieri si è trovato il tempo per parlare nuovamente di questo tema. A far da controparte a Berlinguer, Susanna Mantovani, docente di Pedagogia generale e sociale alla Bicocca, e Claudia Giudici, presidente dell’Istituzione scuole d’infanzia e nidi di Reggio Emilia, che ha raccontato di un’eccellenza tutta italiana, apprezzata anche oltreoceano. Mentre Giorgio Vittadini ha ricordato come vent’anni fa, quando si iniziò a dialogare di scuola con la sinistra, gli schieramenti erano ben definiti e fortemente contrapposti, «ma un dibattito come questo dice di un popolo trasversale per cultura che da origini diverse è arrivato a percorrere una strada comune». Una replica all’ex ministro, che durante il suo intervento ha citato la Costituzione, papa Francesco e la Montessori. Ma facciamo un passo alla volta. La prima a parlare è stata Susanna Mantovani, punto di riferimento della pedagogia in Italia. Il suo lavoro affonda le radici nello studio dell’infanzia e la sua preoccupazione principale è quella di ag-
Luigi Berlinguer con Susanna Mantovani
Fin da subito, l’intervento di Berlinguer si distacca dai due precedenti, il tono è passionale: si infiamma parlando della sua visione di scuola e definisce «stucchevole» l’eterna lotta tra paritarie e pubbliche. Il punto focale è un altro: «Mi interessa la scuola, ovunque essa si svolga, perché è sempre pubblica». Certo non nasconde il suo fastidio per aule
giungere un «per tutti» alla scuola: «L’educazione migliore possibile deve essere per tutti, bambini e bambine, ragazzi e ragazze. La diversità non può essere fattore di esclusione, ma, anzi, è necessaria una collaborazione tra tutti i soggetti che possono aiutare a raggiungere il pieno diritto all'accesso e alla qualità». Claudia Giudici, invece, racconta
del suo lavoro nel piccolo capoluogo emiliano, che da oltre cinquant’anni offre un tipo d’educazione primaria del tutto particolare. L’intera cittadinanza è chiamata a una progettazione condivisa del sistema educativo: dal comune allo Stato, passando per privati e cooperative, Reggio è una delle città con il numero più alto d’iscritti tra materna e nido.
«La diversità non può essere fattore di esclusione. È necessaria una collaborazione per raggiungere il pieno diritto all’accesso e alla qualità» e banchi: «Il mio segreto intendimento è fondare un movimento per bruciarli», scherza con la platea. O forse no. «Non è più concepibile una scuola basata sul solo travaso di nozioni, dove tutte le decisioni vengono prese a Trastevere. – dice –
La famiglia: due infiniti s’incontrano con due limiti
Lorenza Violini, docente di diritto costituzionale all’università di Milano
Lorenza Violini anticipa le linee dell’incontro di oggi in collaborazione con l’università Usa di Notre Dame Il Meeting chiude oggi con l’incontro “Intorno alla famiglia. Di fronte alla realtà per un cammino di ricerca”, in collaborazione con Cec (The Notre Dame Center for Ethics and Culture). Partecipano Anna Garriga, ricercatore nel Dipartimento di Scienze politiche e sociali all’Università di Barcellona; Chiara Giaccardi, docente di Sociologia e Antropologia dei media all'Università Cattolica di Milano; Orlando Carter Snead, direttore Center for Ethics and Culture all’Università di Notre Dame, USA. Introduce Lorenza Violini, docente di Diritto costituzionale all’Università di Milano. Il titolo dice della volontà di affrontare positivamente il tema della famiglia. Ne ab-
biamo parlato con la professoressa Violini: «La famiglia suscita un grandissimo fascino per tutti, ma comporta anche una grande fatica nel sostenere nel tempo la sfida. Vogliamo parlare di matrimonio aiutandoci a capire come vivere rapporti interamente umani e interamente religiosi e in questo ci faremo aiutare dagli autorevoli relatori». Parlare di famiglia oggi non è facile A maggior ragione si conferma l’opportunità di affrontare il tema anche per un aiuto a riscoprire la bellezza della famiglia. L'esperienza del matrimonio è umanamente affascinante, tant'è che anche tutte le sentenze che hanno aperto alle unioni civili hanno dovuto riconoscere questo patto di
Noi continuiamo a parlare di obblighi e costrizioni, di aura severitas, ma quello che serve agli studenti è la curiosità verso quello che ancora non conoscono». Nel suo discorso al Meeting, papa Francesco ha nominato Ulisse, ricorda a un certo punto l’ex ministro. «Non ha scelto la guerra di Achille, ma il ritorno dell’eroe di Itaca», la nostalgia; che tra l’altro è segno di quell’inquietudine volta alla scoperta che è «il metro per costruire una buona politica». L’alternativa è la schiavitù culturale: «La società antica, il mondo classico era bellissimo, ma c’erano gli schiavi. Esseri umani trattati alla stregua di oggetto. Non possiamo costruire una società di schiavi. Tutti devono poter sviluppare le loro potenzialità: l’unico modo è una scuola per tutti, senza spazi». Sì, perchè le aule, quelle cinque ore costretti sulle sedie, gli orari sempre uguali sono la vera prigione. «Essere costretti a studiare nel pomeriggio è il segno che la nostra istruzione è classista». Non tutti hanno le stesse possibilità o la stessa quantità di tempo. «Le aule dovrebbero stare aperte tutto il giorno, tutto l’anno, tutta la vita». Bisogna fare una rivoluzione. «Perché la scuola per tutti è di per sé una rivoluzione». Francesca Capitelli
chi vuole riconoscere le cose più preziose, la naturale attrattiva di questa esperienza, i valori positivi di cui è depositaria. E ciò non solo sotto un profilo morale, ma anche sociale. Ma la famiglia non vive oggi grandi difficoltà? Effettivamente i dati dimostrano che questo afflato verso la famiglia fa i conti con le difficoltà che portano a una situazione
drammatica: divorzi e separazioni. L'uomo percepisce l'attrattiva del matrimonio, ma poi fa l'esperienza della mancanza. Come mai questa contraddizione? Gli invitati hanno proprio il compito di aiutarci ad approfondire e capire tale questione a partire da più punti di vista: Carter Snead, già membro del comitato di bioetica di Bush, da un punto di vista cristiano, Garriga con elementi statistici e sociologici, Giaccardi partendo da un’esperienza significativa. Centrale è la lettura di don Carrón che afferma che nell'esperienza della famiglia "due infiniti si incontrano con due limiti". Niente come l'esperienza della famiglia ci fa sentire il nostro desiderio di felicità e l'impossibilità che venga completamente riempito dall'altro, se non concependo l’altro come segno di chi lo fa, come esperienza religiosa di chi capisce il significato del segno e l'apertura che esige. Walter Viola
PRIMO PIANO 3
26 agosto
E Matteo non seppe resistere alla mostra sulla sua Firenze
Matteo Renzi durante la visita guidata alla mostra «Opus Florentinum»
Il boy scout conquistato dal Meeting
Sono da poco passate le 11 quando il ne che circonda il premier non accenpresidente del Consiglio fa il suo in- na a rallentare se non quando, davangresso nella hall sud della fiera; ad at- ti allo spazio riservato all’Emilia Rotendere Matteo Renzi è una folla di magna, viene offerto a Renzi un apegiornalisti, visitatori e volontari. Il ritivo preparato dallo chef Paolo Tepremier saluta e stringe le mani di al- verini. Il premier si ferma, brinda con cuni dei curiosi, ma la sua visita al un bicchiere di lambrusco e scherza: Meeting è blindata: tre le ore che pas- «Sembriamo dei fidanzati», dice sollesa in fiera, di queste meno di una è de- vando il calice. dicata ai padiglioni. La tappa dagli industriali Renzi, accompagnato daldel legno, inizialmente la presidente della Fondanon prevista, serve sozione Meeting Emilia prattutto per parlare del Guarnieri, fa la sua prima “Bonus mobili”, l’agevotappa alla mostra sulla lazione per le famiglie piazza del Duomo di Fisull’acquisto di arredarenze; qui viene contestato mento che è in scadenza da un uomo con un pass alla fine dell’anno. «Ho giallo, uno di quelli riserchiesto al premier di provati ai giornalisti, che gli lungarlo fino al 31 dicemchiede di abbassarsi lo stibre 2016 e lui me lo ha Matteo Renzi in fiera pendio. Un episodio che confermato», svela il prenon preoccupa il premier, che duran- sidente della federazione Roberto te la visita con la curatrice dell’esposi- Snaidero . «A Renzi – aggiunge – ho zione Mariella Carlotti non si sottrae chiesto anche di estendere l’agevolaalle battute. «Un tempo sì che si lavo- zione alle giovani coppie, a prescinderava senza soste», avrebbe detto nella re dal fatto che gli acquisti avvengano sala riservata al campanile di Giotto, dopo un intervento di ristrutturazioeretto nei primi due ordini in soli due ne, come prevedrebbe la normativa». anni. A colpire maggiormente Renzi, A seguire un’ora di colloqui privati secondo quanto raccontato da Carlot- nel padiglione D1, dove il premier inti, è «la spiegazione di Santa Maria contra tra gli altri i responsabili di del Fiore e il suo nesso con Dante»; fu due aziende riminesi, e segue l’interforse l’autore della Commedia, infat- vento su “Italia e sfida del mondo” in ti, a dare il nome alla chiesa. Auditorium. Per Renzi è già il tempo Quindici minuti e Renzi si dirige dal- dei saluti e il popolo del Meeting lo l’altro lato delle piscine ovest, allo applaude all’uscita. stand di FederlegnoArredo. Il cordoDavide Giuliani
Il manifesto di Renzi: tasse, immigrazione, Mediterraneo, riforme «Siamo un grande Paese, riprendiamo la capacità di stupirci» Esordisce a modo suo, con una bat- le cause della paralisi. «Oggi la sfida è tuta che però non strappa troppi ap- recuperare il tempo perduto: ha ragioplausi: «Le domande di Vittadini sono ne Guarnieri, oggi sta accadendo qualpiù complicate dei titoli del Meeting». cosa di cruciale». La questione educaMatteo Renzi è sul palco dell’Audito- tiva e dei nostri giovani è centrale per rium. Emilia Guarnieri, presidente del l’Italia, che deve tornare a credere e inMeeting, lo aveva accolto con calore: vestire su se stessa riconoscendo e va«Oggi il tempo che viviamo è cruciale. lorizzando la bellezza e così disegnanDi fronte a una situazione dove sem- do il proprio futuro. bra vincere lo scetticismo, vogliamo Non manca un affondo personale che questa sia un’occasione positiva». sulla sua presenza a Rimini: «Non voGiorgio Vittadini l’ha incalzato ponen- levo venire al Meeting, ma non per un do quattro questioni: ripartire dal bas- fatto ideologico: non mi andava di troso per rilanciare l’Ivare sui giornali altalia; l’Europa; lo l’indomani titoli sviluppo del Medisull’accoglienza a «Dobbiamo tornare me, o sulla politica terraneo; il ruolo dell’Italia a livello nazionale, perché a essere la terra internazionale. qui il punto è un aldelle opportunità Renzi non si è natro, molto più umascosto. «Quando rie non dei rimpianti, no e vero. Io vi ho chiamate la responin un’edella responsabilità incontrati sabilità dell'io, risperienza personale personale chiamate giustae l’amicizia riemmente alla respone non della denuncia pie il cuore dell’uosabilità personale» mo. Vi ho conodell’altro» ha affermato sottosciuto da studente lineando il fatto che liceale, boy scout l’Italia deve tornare tramite il mio insea essere «la terra delle opportunità e gnante di religione con cui discutevanon dei rimpianti, della responsabilità mo su Péguy, Claudel, Chesterton, personale e non della denuncia dell’al- Leopardi, autori che mi hanno riempitro». to la giovinezza. Vengo quindi al MeePer 20 anni l’Italia è stata ferma, di- ting lieto e grato: sono le parole con ce Renzi. Il premier identifica nel ber- cui il mio amico e collega consigliere lusconismo e nell’antiberlusconismo provinciale a Firenze Graziano Graz-
Renzi con Giorgio Vittadini
zini, prematuramente scomparso, ricordava i suoi 50 anni. Parole che dicono del riconoscimento di qualcosa di più grande della distanza politica». Renzi ricorda che, mentre in Italia si litigava su tutto, l’Europa a 28 ha spostato il suo baricentro sempre più lontano dal Mediterraneo e dai Balcani. «I giovani non vedono nell’Europa una visione politica, ma un lontano tran tran burocratico. In questo senso l’Europa è diventata matrigna. Ecco perché abbiamo impostato il semestre di presidenza italiana cercando di riproporre l’Europa come ideale, prima che spread e burocrazia. Sui profughi sono poi convinto che prima bisogna salvare le vite umane e dopo viene il resto. Non possiamo seguire gli imprenditori della paura. Non rinuncio a secoli di umanità per tre voti». E su questo il popolo del Meeting lo ha interrotto con
uno scrosciante applauso. stera «gli Usa sono la nostra stella po«L’Italia, se cambia, può avere un la, ma l’Italia deve riappropriarsi di un ruolo nell’Europa che cambia. Le grande ruolo di mediazione internazioriforme sono il tentativo reale di recu- nale. Costruire l’Europa contro la Rusperare il tempo perso. L’Italia ha biso- sia è un errore tragico». E l’invito di gno di regole semplici». Ne cita una, Vittadini a guardare di più al Mediterquella del Senato, che difende con fo- raneo? Accolto: «Siamo il ponte con ga. «Molti dicono che dev’essere elet- Africa e Medio Oriente, sia per una tivo. Ma la democrazia non si misura crescita economica comune, sia per su quante volte si vota: non siamo al promuovere una pace duratura, senza telegatto. La democrazia è che chi vin- cadere nel ricatto di chi con il terrorice le elezioni governa e fa le cose per smo cerca di farci vivere nella paura». cui è stato eletto». In chiusura Renzi confessa l’emoQuella sul Senato è una stoccata al- zione suscitata dalla visita alla mostra la minoranza intersul Duomo di Fina. Ne arriva una renze. Da sindaco «Ho conosciuto Cl aveva chiuso alle anche per la Lega Nord: «La questiola piazza del al liceo attraverso auto ne non è bloccare Duomo consentenil prof di religione. do ai visitatori di per tre giorni l’Italia, ma rimetterla Discutevamo di Péguy, alzare lo sguardo in moto riconostupirsi della Chesterton, Claudel, per scendo la positibellezza di quanto vità che c'è. Il noquella piazza offre. Leopardi, autori stro compito è laChesterton: «Il che mi hanno riempito Cita sciare liberi gli itamondo non finirà la giovinezza» liani di fare quelle mai per la mancancose straordinarie za di meraviglie, che hanno sempre ma per la mancanfatto, spesso nonostante la politica. za di meraviglia». Di stupore, di sorAnche la riduzione delle tasse serve presa. È l’augurio finale: «Riprendiaad aumentare il tasso di libertà in Ita- mo la capacità di stupirci. Siamo litilia». Con il taglio fiscale arriverà an- giosi e locali, ma globali nel messagche la legge sul Terzo settore, auspi- gio di bellezza al mondo: smettiamola cata dal Meeting. di piangerci addosso». Renzi riconferma che in politica eWalter Viola
INCONTRI 4
26 agosto
Potere e virtù di un giudice costituzionale
Marta Cartabia, Joseph Weiler e Sabino Cassese. Ha detto Weiler: «Le doti di un buon giudice sono coraggio, amore per la giustizia, non essere avari e timore di Dio»
Esperienze e riflessioni di Sabino Cassese e Marta Cartabia La tutela delle libertà, l’esercizio dell’ascolto e della prudenza La Corte costituzionale ha tre poltrone vuote su quindici. Una l’ha lasciata libera Sergio Mattarella a gennaio, e si capisce: per trasferirsi al Quirinale. Le altre due è più di un anno che le Camere devono scegliere chi farci accomodare, e non lo fanno. Questo stallo è considerato una criticità piuttosto grave da entrambi i relatori intervenuti ieri sul tema appunto della Corte costituzionale, e cioè il magistrato emerito Sabino Cassese e l’attuale vicepresidente, Marta Cartabia. Il dibattito è stato moderato da un terzo professore di Diritto, Joseph Weiler, ma forse è meglio dire attizzato dalle sue appropriatissime e molto dirette domande. Marta Cartabia avverte una lacuna di rappresentanza in un organo che, come le sottolineò Giorgio Napolitano quando la nominò, nel settembre del 2011, «deve vedere rappresentate tutte le anime della società civile» proprio per la delicatezza del suo compito. Sabino Cassese, che da emerito (fu Ciampi a
nominarlo e ha concluso i 9 anni di mandato) può concedersi più ampie libertà di linguaggio, definisce quello del Parlamento «un atto suicida, l’inadempienza di un dovere». A parte questo «dettaglio», Cassese e Cartabia concordano nel ritenere l’impianto della Corte costituzionale italiana «tra i migliori al mondo», proprio a motivo della rappresentatività garantita dal sistema di nomine, mentre negli Usa nomina tutti il presidente e buonanotte ai suonatori. «Diversità di esperienze e un unico linguaggio giuridico» sono una ricchezza da non perdere, afferma Marta Cartabia. Weiler pone la domanda più elementare: «Che cosa fanno i giudici costituzionali?», per far dire che «debbono tutelare le libertà e i diritti della persona rispetto al potere, che in Europa era stato spesso totalitario, dato che in fin dei conti le leggi possono anche essere ingiuste, illegittime, a qualcuno devono pur essere sottoposte» (Carta-
bia). E quindi rilanciare: «Abbiamo sentito ieri Julián Carrón, citando don Giussani, ricordare che ogni potere deve trovare un punto di limitazione, di controllo. Chi limita e controlla voi?». Cassese risponde spiegando fattori di autolimitazione, di autocontrollo (e non potrebbe essere altrimenti): «Il giudice non decide da solo ma collegialmente; per prassi le decisioni difficili vengono prese non con una maggioranza 8 a 7, ma con una decisamente più robusta». Aggiunge, Cartabia, il fatto che «oggi la Corte di fatto non è sola ma condivide in qualche modo con altre magistrature gli spazi di azione. Per esempio non decide essa di propria iniziativa su cosa intervenire, ma si pronuncia su questioni che il giudice di legge le sottopone. Inoltre tiene sempre presente, senza necessariamente adeguarsi al 100%, l’operato delle Corti europee». Cassese ci mette un pizzico di humor: «Giochiamo un po’ a rimpiattino». Cartabia rilancia citando
proprio un articolo del vecchio maestro in cui parlava di «sindrome del porcospino, verso cui un altro animale si sporge e sbircia, ma senza avvicinarsi troppo per non pungersi…». E ora Weiler la porta sul personale. La prende così: «Nella mia cultura, quella ebraica, si elencano quattro virtù di un buon giudice: il coraggio (occorre decidere rettamente e non barcamenarsi secondo convenienza), l’amore per la giustizia (ci mancherebbe altro), non essere avari (ecco…) e il timor di Dio (la limitazione del potere). In una società laica e pluralista, come l’Italia, che parola usereste invece del timor di Dio? Io pensavo umiltà…». Cassese: «Racconto la mia esperienza. Ho vissuto il lavoro in Corte non come difensore di uno schieramento pregiudiziale, ma cercando di avere la massima apertura e il massimo ascolto, lasciando che la mia opinione si formasse a seguito di questo confronto, tant’è che mi è capitato di cambiarla in corso d’ope-
ra». In linea con questa logica, Cassese è convinto che la Corte dovrebbe darsi norme di maggior trasparenza e apertura. Ad esempio: oggi vengono rese note le sentenze, ma non chi e perché ha votato sì e chi no. «Sono a favore – dice – delle opinioni separate, che siano rese note le opinioni consenzienti e quelle dissenzienti». E Marta Cartabia? «Trovo splendida la parola prudenza – dice – nel senso proprio della virtù. Dà un’idea molto efficace Bernardo di Chiaravalle, quando dice che occorre conoscere per essere educato ed edificato, e questo è la prudenza». Cita anche Sant’Agostino, o meglio l’arca funebre che sta a Pavia in San Pietro in Ciel d’oro, su cui la Prudenza è rappresentata da una figura che guarda bene in tutte le direzioni, cioè «è tesa a conoscere tutti gli aspetti in gioco». Il contrario è la «faziosità». E qui ognuno di esempi può pescarne quanti ne vuole, a strascico. Maurizio Vitali
ICONTRI 5
26 agosto
Shodo Habukawa scende dal monte Koya con la preghiera buddista e il canto Shomyo Grazie all’amicizia tra don Luigi Giussani e il professor Shodo Habukawa, nata nel 1987, i monaci del monte Koya in Giappone hanno iniziato a partecipare al Meeting. Da allora tornano con gioia ogni anno. Roberto Fontolan esordisce all’Arena Frecciarossa 1000 D3 dove, alle 15, si è tenuto l’evento “Preghiera Shomyo e canti della tradizione cristiana”. I monaci pronunciano quotidianamente alle 15 il canto Shomyo, nel tempio Muryokoin, circondati dalle statue di Buddha e dalla memoria degli antenanti, ma anche dalle foto di Giovanni Paolo II, don Luigi Giussani e don Francesco Ricci, «perché l’amicizia con i cattolici è davvero importante». Il canto Shomyo celebra l’armonia delle «cose che risuonano insieme, mantenendo però le proprie caratteristiche pur fondandosi in un unico suono e questo momento è quanto vi sia più vicino alla voce del Buddha». Proprio per
mostrare questo «risuonare insieme» il coro Millennium di Rimini ha eseguito canti del repertorio liturgico della tradizione cristiana. Nell’ultimo canto i due cori si sono fusi come in un unica lode in omaggio al «Mistero» che vibra dentro tutte le cose. Come sorpresa finale il coro Millennium, quasi per ricordare l’incontro con Don Giussani, dedica a Habukawa la famosa canzone napoletana Torna a Surriento. Wakako Saito traduce le sue parole: «Il Meeting è il luogo del miracolo perché nonostante le differenze di cultura e di fede si sente ugualmente il grande abbraccio del Mistero senza limite». Alla fine quello che colpisce è l’impassibilità dei monaci alla malinconia che non è indifferenza, ma desiderio di arrivare alla profondità dell’essere. M.D.
Chomsky, Babele e il silenzio In diretta da Boston, il padre della linguistica contemporanea interviene sulle nuove frontiere del pensiero e della scienza «Gli interrogativi più semplici richiedono le risposte più potenti». Con lui il neuroscienziato Moro e l’astrofisico Bersanelli Quando studiava, all'apice del periodo strutturalista, sembrava che i problemi del linguaggio fossero quasi risolti dalla scienza. Oggi il quadro non potrebbe essere più diverso, «per i misteri che permangono e forse vi permarranno per sempre». Noam Chomsky, tra i massimi conoscitori del linguaggio contemporanei, ideatore della rivoluzionaria teoria della grammatica generativo-trasformazionale, è uno degli ospiti più attesi di questo Meeting. Il New York Times lo ha definito il più grande intellettuale vivente. Il grande studioso ottantaseienne non è potuto intervenire di persona in fiera, come previsto, a causa di un incidente domestico che gli ha causato la rottura di tre costole. In collegamento in diretta da Boston, ha dato un quadro affascinante della storia del pensiero e della linguistica, provocato sul tema “Stupirsi di fatti semplici: il linguaggio dell’uomo e i limiti della comprensione”. A introdurlo un linguista e un astrofisico: il suo allievo e amico Andrea Moro, che l’ha invitato a Rimini, e Marco Bersanelli, che al Meeting è di casa. Che informazioni si stanno passando i nostri neuroni in questo momento? Fisicamente di cosa è fatto il linguaggio? E cosa succede nel nostro cervello quando parliamo senza emettere suoni? Alcune recenti scoperte illustrate da Moro mostrano che il linguaggio resta, in qualche modo, nella nostra la testa. Potremmo definirlo “il suono del pensiero”, la sorpresa del silenzio. Il linguaggio si fonde con il pensiero. Anche in assenza di parole le onde elettriche dei neuroni sono le stesse di quando i suoni li emettiamo parlando. Che conseguenze potremmo trarre da questa scoperta? Moltissime, come aiutare un afasico a recuperare la parola oppure, carpire un se-
greto da qualcuno. Cosa si nasconde dietro al mistero del linguaggio? E fino a che punto la scienza può conoscerlo? Negli ultimi anni la comunità scientifica ha fatto passi in avanti enormi, aprendo nuove domande che restano tuttora aperte. «Sono proprio le domande più semplici - esordisce Bersanelli – a richiedere le risposte più potenti». Chomsky non si tira indietro e ripercorre il percorso storico e scientifico del linguaggio dall’antichità ai giorni nostri. La grammatica universale è una proprietà della specie emersa negli ultimi 100mila anni. Sono temi affrontati dai più grandi filosofi e scienziati nella storia: da Cartesio a Leibniz, da Newton a Broca, fino alla “teoria della
calcolabilità”, che negli anni ‘50 apre la strada alla formulazione delle proprietà di base del cervello. In sintesi i fautori di questo pensiero, che paragonano la mente a una macchina, sono convinti di essere a un
passo dalla risoluzione definitiva del linguaggio. Chomsky mette in crisi questa teoria e rimette al centro l’uomo, le sue capacità e la sua libertà. Il nostro cervello usa mezzi finiti in infiniti modi, possiamo co-
La prima volta di Bertinotti «Un luogo che pone domande» Un incuriosito e vivace Fausto Bertinotti, ex leader di Rifondazione comunista e ora presidente della fondazione Cercare ancora, racconta della sua prima volta al Meeting. Lo incontriamo poco prima dell’incontro durante il quale, tra l’altro, ha affermato: «Per essere guardato, come Zaccheo sul sicomoro, l’io ha bisogno di uno sguardo, di qualcuno con cui dialogare e confrontarsi». Che idea si è fatto del Meeting? Che cosa in particolare le sta piacendo? La mia curiosità è aumentata. Non c’è una cosa in particolare che mi ha colpito, perché sono molte. Proprio questa molteplicità rende il tutto intrigante. Dalla mostra in cui puoi esplorare un terreno sconosciuto, come l’esperienza di un cristiano russo che colpisce molto, all’esperienza intellettuale. Mi sono sorte molte domande. Ciò con cui più mi sono trovato in sintonia è la figura di Metropolita Antonij e la formazione di una comunità, un tema a me molto caro. Quello che Gramsci chiamava elemento di «connessione sentimentale» e che
trovo molto simile con la mia tradizione. Ho assistito al dialogo su Abramo con Carrón e Weiler. Mi è piaciuto molto perché mi ha sollevato molti interrogativi, ben più delle risposte che mi ha dato. Non si può vivere in mancanza di una curiosità sulla realtà. Da non credente, che rapporto ha con la persona di Cristo? Lo vivo come una presenza del mondo che ha cambiato l’umanità. È possibile discutere del rapporto tra la vita di Gesù, la sua parola, le sue opere e il cristianesimo. Ma indubbiamente quel rapporto tra la croce e risurrezione che San Paolo ha messo al centro della sua vita è un elemento che parla della storia dell’umanità. Io però continuo a pensare che la figura di Gesù sia leggibile anche come quella presenza che parla il linguaggio dell’uguaglianza con una radicalità che resta un punto di riferimento per tutti e in particolare per chi mette questo valore al centro della sua attività politica. M.D.
noscere in modo approfondito gli strumenti, anche dal punto di vista neuroscientifico, ma non l’origine. «Conosciamo la marionetta e i fili, ma non sappiamo niente del burattinaio», e un ruolo importante in questo ce l’ha la nostra storia, la nostra esperienza, che ci può «spingere, ma non costringere». Dobbiamo essere provocati dalla nostra “mancanza”, quell’incapacità di conoscere i segreti ultimi della conoscenza. «L’idea che ci siano dei confini al sapere, a volte viene considerata una forma di misticismo. Ma il vero misticismo sta nella convinzione che la nostra capacità di conoscere sia invece infinita», spiega Chomsky. C'è stata un'esplosione di studi sul linguaggio in questi anni e siamo arrivati a una profondità mai vista prima. Nuove scoperte hanno portato a nuove domande. La questione rivoluzionaria che ci si pone oggi, secondo Moro, è se anche le regole del linguaggio dipendano dal cervello, che sa distinguere tra principi possibili e impossibili. Le grammatiche non sono software inerti, ma qualcosa di vivo, in continuo divenire. «La ricerca dei prossimi anni dovrà capire da dove arriva l'ordine delle grammatiche». Di certo, quella del linguaggio, è una «possibilità distintamente e unicamente umana», sottolinea Bersanelli, che si realizza nel singolo e non è determinata a priori, ma solo suggerita dalla realtà. Per svilupparsi e compiersi ha però bisogno di una relazione e di un rapporto. Il pittore è il soggetto e resta ineffabile, anzi, «più si studia, più emerge questa ineffabilità». C'è un mistero ineliminabile, una mancanza, un limite che non è frustrazione o caduta nell’irrazionale, ma che sprona ad andare avanti nella ricerca della bellezza e del significato di tutte le cose. Margherita Dahò Alessandro Caprio
INCONTRI 6
26 agosto Da sinistra, Giorgio Vittadini con Carlin Petrini. A lato, l’enciclica “Laudato si’”
«A tutto pensavo, tranne di arrivare a 66 anni e ricevere una telefonata dal Papa! Abbiam parlato per 40 minuti, discutendo delle comunità di Terra Madre, di economia, e siamo finiti a parlare delle nostre nonne!». Carlin Petrini è al Meeting per parlare della Laudato si’ e si accende quando parla del suo rapporto con papa Bergoglio iniziato nel 2013. «Avevo scritto un articolo sul bastimento Principessa Mafalda, affondato nel 1927 vicino al Brasile. Vi morirono 314 migranti piemontesi. Francesco mi disse che sul battello avrebbero dovuto esserci anche i suoi nonni, ma rimandarono all’anno dopo perché non avevano i soldi. Gli ho risposto che quella era la prova che Dio esiste!». Quanti hanno letto l’enciclica intera? Petrini se lo chiede. «I temi della Laudato si’ sono di rilevanza storica, per tutta l’umanità, non solo per i cattolici. E lo dice un agnostico. Eppure nell’agenda politica dei grandi i temi dell’enciclica non sono ancora inseriti. L’elemento principale di questa rivoluzione del Papa è il dialogo, che non si attua senza prima comprendere umanamente l’altro. Esiste infatti una comprensione intellettuale ma anche una umana, fatta di tenerezza ed empatia. Serve una posizione di ascolto. Per esempio, il Papa a un certo punto dice che quando vedi un bambino piangere non ti metti ad analizzare la salinità delle lacrime, ma devi entrare nella sua di-
sono accorto nell’ultimo viaggio che ho fatto in America Latina in questi giorni. In Brasile visitando alcune comunità di Terra Madre, nelle favelas o tra gli indios, ho capito che il messaggio è passato. Prima era terra di conquista per le sette evangeliche nordamericane, invece ora questo messaggio ha riconciliato la Chiesa con la grande massa di poveri e diseredati. Papa Francesco si è preso sulle spalle una croce gigantesca: bisogna stargli a fianco, non c’è santo che tenga!» Scoprire queste periferie, può essere un’occasione per i giovani, «ma non per aiutarle, per imparare». Lei cos’ha imparato? «Questa capacità che hanno di affrontare problemi molto più grandi dei nostri ma con gioia. È la gioia che ci ha portato il Papa! La felicità non può essere ridotta tutta ai benefici del consumismo. Dobbiamo lavorare per ridurre le differenze tra i più ricchi e i più poveri, grazie anche a una “decrescita felice” di chi ha troppo e una convergenza per chi ha poco. Dobbiamo essere più misericordiosi, ma per aiutare noi stessi perché ci stiamo intristendo!». Lei parla di felicità, ma che cos’è per Petrini? «Una cosa strana, perché tutti la affermano e poi scompare. La vera felicità è nella lotta contro le ingiustizie, le malattie… Francesco ci dà la gioia di vivere». Alessandro Caprio
«Una telefonata (del Papa) mi ha cambiato la vita» Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, spiega l’enciclica sociale:«I temi della Laudato si’ sono di rilevanza storica per tutta l’umanità, non solo per i cattolici. E lo dice un agnostico» sperazione». Se gli chiedi in cosa lo sta cambiando il suo rapporto con Francesco, Petrini risponde: «Faccio una confessione: questo Papa mi sta cambiando la vita. Mi ha addirittura chiesto di ricordarlo non nella preghiera ma nelle mie intenzioni. Come fai a non amare una persona così!». È però impressionante che non si parli abbastanza dei temi proposti da
Francesco. «Voi state facendo un dibattito sulla mancanza. Ma ciò che ci manca è proprio una filosofia di un nuovo umanesimo, quando ce l’abbiamo in casa, invece! L’enciclica è un documento rivolto a tutti gli uomini del mondo, non solo della Chiesa. Il Pontefice è il vero leader politico e spirituale del nostro tempo. Cambia tutti i paradigmi e ridiscute tutto il sistema occi-
dentale. Il dialogo e la comprensione sono gli elementi più rilevanti, perché una casa comune non la fai senza l’altro. E quanto questo manchi è sotto gli occhi di tutti. Noi non guardiamo ai nostri fratelli più disperati, la logica dello scarto». Nel mondo, però, soprattutto in America Latina e Sudafrica, sta cambiando la coscienza delle persone. «Me ne
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Dal perdono la rinascita L’85% dei rapimenti nel mondo avviene in America Latina. Dal Venezuela, la testimonianza di Velutini e González Ecco perché partendo da un’esperienza di Misericordia il Sud America può risolvere il problema della violenza «Orribil furon li peccati miei/ma la Bontà infinita ha sì gran braccia/ che prende ciò che si rivolge a lei», diceva Dante nel Purgatorio. La ragione si può sforzare, ma nell’ultimo atto deve riconoscere che la misura della Misericordia è troppo grande: è un trabocchetto per i logici. Perché non è possibile che dopo undici mesi di prigionia tra torture psicologiche e fisiche, un sequestratore che lo aveva visto pregare e leggere la Bibbia, lo abbia abbraciato restituendogli la Bibbia con un versetto sottolineato: “Perdonare i nostri nemici”. La Misericordia e il perdono non li spieghi con teorie, li puoi solo raccontare in una storia. Ed è quello che hanno fatto Germán García-Velutini e Oliverio González all’incontro di ieri “Misericordia ed esperienza del perdono. Ricostuire un mondo nuovo”. L’ 85% dei rapimenti nel mondo avvengono in America Latina, negli ultimi 10 anni sono state uccise 10 milioni di persone e in Colombia ogni giorno 8 persone vengono rapite. L’impunità completa il quadro: solo il 6% dei delitti denunciati arriva alla punizione di un colpevole . La situazione è questa e una domanda sale come un grido: «Ma come si
Fernando De Haro, Germán García Velutini e Oliverio González
fa a vivere in America Latina?». Velutini è direttore di una banca in Venezuela. Il 25 febbraio 2009, uscendo di sera dal suo ufficio , viene rapito. Si ritrova in uno stanzino di due metri per tre, senza finestre, solo un materassino per terra, della musica a tutto volume e delle telecamere accese che lo riprendono. Al
muro trova un foglio con istruzioni: «Non vedrai e non potrai parlare con nessuno, se cercherai di ribellarti verrai punito». Dopo qualche giorno chiede e ottiene una Bibbia che gli viene tolta negli ultimi tre mesi insieme al materassino. Rimane solo con i propri pensieri fino a dicembre quando viene liberato in
la librer libreria ria del meeting m PADIGLIONE PAD IGLIONE A3
ore 11.15 L’ultima parola non è la parola fine, ma la parola bene: esperienza della malattia Con R. Balzarotti, G. Cerati, M. Melazzini, S. Spagnoli
un parco di Caracas. Il papà di Oliverio era un imprenditore. È stato rapito e ucciso nel ’98 con la complicità dal suo autista di fiducia. Vanno a casa sua, prendono la macchina di sua moglie e gli fanno prelevare in banca tutti i soldi. Lo portano fuori città, lo pugnalano e lo lasciano lì. Riesce a raggiugere una strada dove viene aiutato da un passante riuscendo a denunciare chi lo aveva rapito. Morirà dopo una settimana. Come si fa a dare del tu al Mistero in situazioni bestiali? Racconta Oliverio: «In quel periodo studiavo in università e stavo passando un periodo in cui consumavo droga e alcool. Mia madre aveva incontrato il Movimento tre anni prima». E intanto quel desiderio di giustizia che premeva nel cuore si faceva sempre più sentire. Racconta ancora Oliverio: «Un giorno mia madre è venuta a trovarmi in università ed è entrata in camera mentre mi drogavo. Non scorderò mai il viso di mia madre in quel momento, piangeva». Con quello sguardo conficcato nel cuore conosce il Movimento. «Mi hanno insegnato che la mia dignità era determinata dal fatto di essere amato da Dio. A partire da quel momento
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iniziai a chiedere che l’assassino di mio padre potesse trovare quello che io ho trovato negli occhi di mia madre quel giorno». Chiedersi il senso della violenza, del perché si soffra ingiustamente è una domanda che non trova risposta. È legittima, certo, ma astratta. Velutini racconta di come da questa domanda sia passato a chiedersi: «Cosa vuoi tu da me?», e cita quello che disse Gesù sul cieco nato: «È così perché si possa manifestare la Gloria di Dio». Dice Velutini: «Dio mi ha chiesto di testimoniare ai miei rapitori la Sua presenza». Quella che raccontavamo prima: un rapitore che chiede perdono alla propria vittima abbracciandola. Solo un volto nella solitudine permette di usare la ragione in un altro modo. La violenza è, più dell’economia, più della politica, la grande sfida dell’America Latina e da un’esperienza di perdono può nascere un cambiamento sociale concreto. La Misericordia è un avvenimento, non c’è niente da capire. È qualcosa da accogliere, come lo sguardo di una madre verso il figlio che si era perduto. Con quegli occhi arriva lì, nel cuore, a colmare la sua mancanza. Francesco Graffagnino
DA COSA RINASCE COSA.
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AL MEETING DI RIMINI, 20 - 26 AGOSTO 2015
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26 agosto • FederlegnoArredo (Pad. C1) • h. 13.45 OLTRE LA CRISI: LA SFIDA DEL CAMBIAMENTO Alessandro Fantoni • Direttore Vendite Fantoni SpA Pietro Bellotti • Titolare Bellotti SpA Dario Voltattorni • Executive Director AIdAF Associazione Italiana delle Aziende Famigliari On. Paola De Micheli • Sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (in attesa di conferma) Modera: Giovanni De Ponti • Direttore Generale FederlegnoArredo
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Su questi giovani scommetto Parla Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo: il suo stand è tra quelli con più successo nella fiera «Il Meeting? Più impegnativo di cinque saloni insieme. Qui ci interessano la formazione e il capitale umano» Il suo volto sorridente trasmette simpatia a prima vista. Per tutto il lavoro che sta facendo in questi tumultuosi giorni di Meeting, «se non esiste il paradiso, è una fregatura!» ama scherzare. Roberto Snaidero è il presidente di FederlegnoArredo, la più imponente realtà italiana nel campo mobiliare. Nato nel 1948 a Majano, piccolo paese del Friuli, è figlio del fondatore dell’omonima azienda produttrice di cucine. Dopo tre figli e tanti anni nel cambo mobiliare, ora guida l’associazione che racchiude tutti i più importanti marchi di design d’interni italiani. Persino il premier Matteo Renzi si è recato, ieri mattina durante il suo giro in fiera, nel gigantesco stand della federazione, che si trova nel padiglione C1, nonostante la visita non fosse in programma. E qui ha voluto incontrare Snaidero. Insomma, è una realtà che conta quella che sceglie ormai da cinque anni di partecipare alla kermesse riminese. L’attuale presidente di Federlegno ha portato avanti la scelta del predecessore Rosario Messina, che nel 2010 rimase colpito dal Meeting. Con la sua presenza in tutti questi anni ha deciso di rimanere fedele a quello stupore. I frutti sembrano dare ragione alla sua decisione. Quest’anno Federlegno ha già patrocinato più di un incontro. Seduto accanto ai mobili in legno dei suoi padiglioni, si racconta: «L’anno scorso avevamo fatto uno stand più commerciale. Io invece ero rimasto colpito dal numero di giovani presenti: questa volta abbiamo deciso di ampliare il nostro padiglione. Abbiamo creato un anfiteatro per proiettare un fil-
Banco Building recupera mobili usati
Roberto Snaidero
mato che illustra il lavoro degli studenti al polo formativo. In un’altra sala abbiamo esposto pezzi di prodotti e mobili creati da architetti che hanno fatto la storia, in Italia e al Salone del Mobile». È soddisfatto dalla partecipazione del pubblico, ma soprattutto di quella dei giovani. Proprio loro sono in cima ai pensieri del patron friulano: una particolare attenzione, che lo fa guardare con estremo interesse alla loro presenza in fiera. «Qui ne vedo tantissimi che fanno i volontari, ed è questa la forza del Meeting. Anche per questo decidiamo di tornare: la nostra è una delle poche federazioni che decide di investire così tanto su di loro, vogliamo appassionarli alla possibilità di lavorare con noi.
Non è giusto che il tasso di disoccupazione giovanile si aggiri intorno al 40%. Per questo volevamo venire qui». Da tutto quello che ha costruito qui, si vede che non è una frase di circostanza. «Cl è particolarmente legata ai giovani, che sono il nostro futuro. Lo vedo in Lombardia, ma anche altrove». Lo stand in fiera è sicuramente uno dei più frequentati tra quelli allestiti da aziende o enti. Alle spalle del presidente si susseguono le visite guidate. Di fronte alla domanda su cosa cambi tra la partecipazione a una fiera di settore e l’appuntamento riminese, sorride. «Una fiera è tutta un’altra cosa. Se dovessi guardare solo la fatica, preferirei fare cinque saloni di settore tutti insie-
me, piuttosto che il Meeting! Nei primi, trovo professionisti, so già cosa mi chiederanno e come comportarmi. Qui invece si parla dell’uomo a 360 gradi. Certo, si discute di mobili, ma solo in minima parte: si parla di vita, di formazione, di noi». Racconta anche della sua amicizia con Renzi e dell’incontro di ieri mattina. Un momento significativo per la Federazione. Snaidero è un friulano dal volto vivace, sempre attento a ciò che accade intorno a lui. Tra le mostre dice di aver visto quella su Abramo: «Credo che la gente che viene qui abbia opportunità incredibili di conoscere cose nuove e di curare se stessa». Sorride. «È bello», conclude semplicemente. Simone Lombardo
«Per rilanciare la crescita serve l’educazione al rischio» Miro Fiordi, ad del Credito valtellinese, riflette sull’uscita dalla crisi I mercati globali sono una sfida o una minaccia per l’Italia? Ne abbiamo parlato con Miro Fiordi, Vice Presidente Abi (Associazione Bancaria Italiana) e Amministratore Delegato del Credito Valtellinese. «E’ evidente che la domanda è retorica: certamente è una sfida importante, ma come ogni sfida è una grande opportunità perché pone la necessità di cambiare, e questo vale per tutto il nostro Paese nelle varie articolazioni». Ma in concreto cosa significa? Se la sfida è cambiare, ciò significa anche accettare il rischio che questo comporta: ciò vale sia per le imprese che per le banche. Può spaventare, ma bisogna gestire, bisogna educarsi ed educare a gestire il rischio e giocare fino in fondo la sfida. Questo per me è il punto: una
nuova educazione al rischio, a non avere paura di decidere, di assumersi fino in fondo le proprie responsabilità. E questa educazione al rischio vale per tutti: banche, imprese, persone, famiglie, istituzioni. Imprese e banche come sono messe in Italia rispetto alla sfida della globalizzazione? Per vincere la sfida oggi bisogna che le imprese crescano in dimensioni (“piccolo è bello” non è più vincente nel mercato globale), devono rafforzarsi anche a livello patrimoniale e devono investire su risorse umane all’altezza. Su tale strada molti si stanno muovendo, ma oggi è la priorità numero uno. Le banche sono un po’ più avanti nel senso che con il primo novembre dell’anno scorso si è dato l’avvio all’unione bancaria europea e
più in generale è da più tempo che si stanno attrezzando per rafforzarsi e diversificarsi. Entrambi questi soggetti stanno insomma accettando la sfida del cambiamento, ma va sostenuto, anche perché banche e imprese sono i due lati della stessa medaglia: la colonna portante dell’ economia. E dalla politica cosa si aspetta? A livello europeo chiediamo come banche – ma vale anche per le imprese – il livellamento delle regole del gioco per tutti: non solo a livello fiscale. E il governo italiano deve intraprendere con più decisione la strada della detassazione e della riduzione della spesa pubblica. Di certo è positivo il cammino avviato delle riforme, a partire dal Job Act e dalla Pubblica Amministrazione, anche se è ancora lungo”.
Miro Fiordi, ad del Credito Valtellinese e vicepresidente Abi
A proposito di crisi vede qualche reale segno di ripresa? Certamente: innanzitutto non va sottovalutata l’inversione di tendenza del Pil che anche se di poco finalmente cresce. E poi come banche constatiamo la ripresa della domanda di credito per investimenti”. Walter Viola
Suor Laura Girotto sta costruendo ad Adua (Etiopia) con le sue suore salesiane un grande ospedale con annessa scuola per infermieri e ostello per i giovani studenti. Non avrebbe mai saputo come piastrellare e arredare una struttura così grande per gli standard africani se non le avessero parlato del Banco Building, l’opera che in Italia si occupa di recuperare le eccedenze del settore edile, arredamento e tessile per donarle a opere di carità. Banco Building ha inviato a suor Laura, attraverso l’Associazione Amici di Adua, due mila metri quadrati di piastrelle e l’arredamento necessario. La donazione ha generato anche una scuola di piastrellatura. Chi ha imparato a farlo in ospedale adesso sta applicando il mestiere anche nelle case private. Il Banco Building recupera mediamente un Tir di piastrelle al mese dalle eccedenze e dalle imperfezioni produttive del distretto ceramiche di Sassuolo e Faenza. L’idea l’ha lanciata cinque anni fa Silvio Pasero, consulente finanziario: un cliente imprenditore, sapendo della sua attività con alcune opere di carità, gli mise a disposizione le eccedenze. Pasero ha dato stabilità all’idea e adesso è presidente di un’opera che ha aiutato decine e decine di missioni e strutture caritative in Italia e all’estero. Negli ultimi anni al Meeting aveva promosso anche un raccolta di lenzuola, occhiali e giocattoli usati, incontrando una risposta entusiastica del pubblico. Gli occhiali sono finiti in Benin attraverso il Gruppo missionario “Un pozzo per la vita” di Merano, la biancheria in varie case di accoglienza italiane, i giocattoli in reparti pediatrici di vari ospedali. I volontari di Banco Building si trovano davanti alle storie più strane. Un attore di Hollywood aveva commissionato uno splendido pavimento in marmo a Carrara, lo ha regolarmente pagato ma quando è arrivato in America alla moglie non è piaciuto ed è ritornato in Italia. Il produttore lo ha regalato al Banco, che lo ha girato alle suore trappiste di Valserena. Ma le suore hanno deciso di girare il marmo alle loro consorelle che stavano costruendo una chiesa in Angola.
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26 agosto I medici Elvira Parravicini e Brad Stuart nell’incontro “Curare quando non c’è possibilità di cura all’inizio e fine vita”
Anche un medico può diventare cinico. Succede. Ma non certo a Brad Stuart ed Elvira Parravici, relatori dell’incontro “Curare quando non c’è possibilità di cura all’inizio e fine vita”. Loro il desiderio di guarire e ascoltare gli altri lo hanno sempre tenuto vivo e sono venuti al Meeting di Rimini proprio per raccontarlo. Il primo è direttore dell’Hospice Sutter Care, il più grande servizio di cure sanitarie e palliative domiciliari della California, la seconda è neonatologa nel reparto di cure intensive al Morgan Stanley Children’s Hospital di New York e direttrice del programma di Neonatal comfort care. In comune hanno una grande passione per i propri pazienti e uno sguardo fuori dall’ordinario che permette loro di rapportarsi, con tutta la loro umanità, a casi di persone la cui vita sta spesso volgendo al termine. L’incontro non è stato solo un botta e risposta tra due professionisti, ma un dialogo tra amici in cui si sono intrecciate domande sul significato dell’essere medico e testimonianze sulle storie dei propri malati. Come è possibile stare davanti a un paziente che sta morendo? Cosa si può offrire a una persona che è affetta da una malattia che non si può curare? Domande che trovano risposta nell’esperienza quotidiana dei due relatori. «Innanzitutto bisogna capire la differenza tra il semplice curare, come mera somministrazione di farmaci, e il guarire, un processo interiore
Guarire è aiutare l’io a vivere Elvira Parravicini e Brad Stuart, medici impegnati coi malati terminali «Conta la loro felicità, non censuriamo in noi il senso di impotenza» che avviene nel profondo dell’individuo» ha spiegato Stuart. «Coloro che vogliono essere forti a tutti i costi sono dei pessimi guaritori – ha continuato il medico – bisogna infatti imparare a togliersi questa armatura e lasciar entrare quel senso di impotenza e quella compassione che non sono un limite del medico, ma il suo punto di forza». Davanti a un pazien-
te terminale ascoltare è allora il primo passo della guarigione: «Ci accorgiamo che noi non possiamo più risolvere i loro problemi – ha raccontato Stuart – ma possiamo incontrare le persone che abbiamo di fronte, ascoltarle, far loro capire che sono ascoltate e questo fa venir fuori loro stessi, il loro vero io». «Guarire è tener conto del proprio
cuore e di quello del paziente - ha spiegato Elvira Parravicini – . Io sono convinta che il cuore e le sue domande siano uguali per tutti e questa è la nostra risorsa più grande». Ecco allora che, a partire da questo punto, nasce la storia della mamma che, dopo aver visto gli altri bambini - malati ma felici - nelle corsie dell’ospedale, sceglie di far nascere suo figlio af-
fetto da una grave deformazione al cervello. O ancora la storia di Bob, motociclista degli Hell’s Angels, che affronta la sua leucemia con coraggio fino ad arrivare a sposarsi nel letto di ospedale, giungendo a una morte serena: «Io all’inizio pensavo a lui solo come a un uomo che stava per morire – ha raccontato Stuart ma in realtà il fulcro della situazione era la felicità di Bob, il cuore di Bob». Sono racconti di vita che dovrebbero essere tristi, disperati, ma che nelle parole dei due medici diventano carichi di speranza e certezza perché, come ha sostenuto la dottoressa Parravicini, «prima della morte c’è sempre la vita, per breve che sia». Allora Margherita, che ha vissuto solo quattro ore, è degna di ricevere la visita dei suoi fratellini e una foto ricordo; o un altro bimbo, la cui breve esistenza è durata meno di un’ora, riceve una torta con le candeline per celebrare la gioia del fatto che lui sia lì. Alla fine dell’incontro Elvira Parravicini ha mostrato un quadro, realizzato da una mamma per il figlio malato che recita: «Tu sei amato». «Vedete, la madre si è accorta che al suo bambino non bastava neanche il bene che le voleva lei – ha concluso la dottoressa - perché, specie davanti alla malattia, ci si rende conto che il vero compimento del cuore può arrivare solo dal fatto che c’è Uno che ci ama, sempre». Benedetta Cremona
PERSONAGGI 11
26 agosto
«Mio marito ha la Sla e io dico: siamo felici» Silvia Spagnoli racconta oggi i dieci anni di matrimonio con Ugo «Dio ci accompagna ogni giorno, tutto è grazia ed è per sempre» «Sono profondamente graziata perché Dio mi accompagna ogni giorno, in ogni passo infinitamente faticoso». Chi è che non vorrebbe poter dire una cosa del genere? E chi può dirla? Lei può. Si chiama Silvia Spagnoli; dai suoi occhi blu e dal suo sorriso sereno traspare una letizia da cui non si può non essere interrogati. Suo marito, Ugo, ingegnere meccanico dalla grande fede e dai modi molto diretti, lo capì subito: è lei quella giusta! Così dopo solamente 12 giorni di “morosamento” decise di fare il grande passo: le propose di sposarlo. Il secco no non incrinò la sua certezza: «Non c’è problema. Quando sei convinta ti aspetto!». E aveva ragione. Una sera, dopo una telefonata con Ugo che era in Cina per lavoro, Silvia ebbe un’illuminazione: «Ho avuto coscienza che lui era stato creato per me». Nel giro di un anno si sposano. «Il giorno del matrimonio è stato lampante che stavo dicendo sì completamente a quell’uomo e desideravo da lui la stessa cosa. Sull’altare si è concretizzata l’intuizione della telefona-
ta di quella notte, che Dio l’ha fatto per me e ora ci fa dire di sì per sempre». Il sì pronunciato quel giorno diventa il sì di ogni giorno trascorso insieme, e i limiti della persona amata non possono in nessun modo costituire obiezione. Fin da quando e-
«Per il nostro anniversario ci siamo ripetuti le promesse nuziali. L’ho risposato, gli voglio bene, non voglio bene alla sua malattia ma a lui» rano amici, Ugo era sempre riuscito a tirare fuori il peggio di lei, per spazzarlo via: a lui non interessava conoscere il suo meglio, ma conoscere com’era lei nel profondo.
Tutto va per il meglio: si amano, lavorano entrambi, fanno un mutuo per comprare una casa con un grosso salone per ospitare gli amici. Riccardo ha un anno e Silvia è incinta di Letizia quando scoprono che Ugo è ammalato di sclerosi laterale amiotrofica. Una malattia spaventosa, che immobilizza completamente il corpo mentre la mente rimane lucida. Loro decidono di affrontarla insieme, giorno per giorno, perché «la cosa più semplice è vivere». In queste situazioni c’è bisogno di qualsiasi cosa: tra allattare Letizia, svezzare Riccardo e dar da mangiare a Ugo, Silvia non ha più il tempo di cenare. Arrivano in suo soccorso gli amici, che ogni sera per un anno e mezzo le portano da mangiare, la aiutano col marito e con i figli, le fanno compagnia. La voce si sparge, le persone accorrono «perché misteriosamente hanno bisogno di stare con Ugo, che non si muove, non parla, non guarda, non può più fare niente di niente. Eppure vengono lì, gli tengono la mano, gli raccontano quello che è successo, gli chiedono una preghiera per i figli, per un problema
Silvia Spagnoli e il marito Ugo al Meeting: questa mattina lei interverrà in B1
particolare che hanno». E mentre racconta, da lei emanano una dolcezza e una forza che rivelano quanto sia fiduciosamente abbandonata a un Altro, perché «visto che ci ha voluto Dio, è Lui che ci accompagna e ci sostiene». Questo è riaccaduto veramente il 30 maggio quando, grazie all’aiuto di moltissimi amici che hanno preparato una cena per 180 ospiti con video, balli e canti, Ugo e Silvia hanno festeggiato i 10 anni di matrimonio e si sono rifatti le promesse matrimoniali. «Ho voluto risposare mio marito oggi perché gli voglio bene oggi! Non voglio bene alla sua malattia, voglio bene a lui! E la sua malat-
tia è un difetto come può essere quello di qualsiasi altra persona. Diceva Gabriel Marcel: “Amare qualcuno significa dirgli: Tu non morirai”, e questo è molto chiaro con Ugo. Ma è così per tutti: quello che viviamo ora è per sempre perché ci è stata data la vita eterna. Tutto è grazia e tutto è per sempre». Una famiglia normale allora, come tante. E alle tante persone che oggi saranno alle 11.15 in sala B1 per ascoltarla, Silvia è venuta per dire che la profondità del rapporto che lei vive con suo marito è possibile per tutti, perché tutti siamo chiamati alla santità. Leonardo Cavallo
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PERSONAGGI 13
26 agosto
Amore per i malati mentali la mia pietra per la Chiesa In Benin è normale vedere le persone con problemi psichici trattate come bestie e abbandonate Grégoire Ahongbonon, una vita dedicata a chi soffre: «Non bastano i farmaci, va data fiducia» In città vagano completamente nudi cercando da mangiare tra l’immondizia dei cassonetti; qualcuno di loro è bloccato con del fil di ferro e rinchiuso in gabbia. Nelle campagne sono incatenati per tutta la vita agli alberi o bloccati a dei ceppi, esposti al sole e alla pioggia. Anche se fossero animali sarebbe intollerabile. Ma questi non sono animali. Sono uomini. La loro colpa? Essere malati mentali e, quindi, per forza, indemoniati. In Africa funziona così da sempre, è una cosa talmente abituale che nessuno ci fa più caso e tutti hanno paura di loro. Tutti tranne uno. È Grégoire Ahongbonon, fondatore dell’Associazione San Camillo de Lellis ed ex riparatore di gomme che, dopo essere stato sull’orlo del suicidio, si è riavvicinato alla Chiesa cattolica. Pensando a come si è svolta la storia della sua vita, ama paragonarsi al «figliol prodigo» della parabola evangelica. Per lui quei malati «sono proprio Gesù che io cerco nella Chiesa e che incontro nel sacramento». Punto di snodo decisivo per la vi-
Grégoire Ahongbonon, fondatore dell’Associazione San Camillo de Lellis in Benin
ta sua e per quelle dei 1400 malati che ospita nei suoi centri è l’amicizia con un sacerdote che lo invita a fare un pellegrinaggio a Gerusalemme nel 1982. La frase che gli dice: «Ogni cristiano deve posare una pietra per costruire la Chiesa» lo segna in profondità per tutta l’esistenza. «Qual è la pietra che devo posare io?» si chiede Grégoire. Rientrato in Benin, comincia la propria opera al servizio dei bisognosi, ma non sono subito i malati di mente. «Ho organizzato un gruppo di preghiera
col quale andavamo a trovare i malati nell’ospedale generale. Quelli di loro che erano sprovvisti di un’assicurazione sanitaria, venivano totalmente abbandonati a se stessi. Lì ho capito perché Cristo si identifica nei poveri e nei malati, e si è acceso il desiderio di cercarLo tra di loro». Dall’ospedale alla prigione, dalla prigione, ai lebbrosi e ai bambini di strada. La miseria è immensa e il bisogno estremo. Nel 1990 Grégoire e sua moglie iniziano a soccorrere anche i malati mentali, visitano le stra-
de dove sono accampati in pessime condizioni, li incontrano, trascorrono notti su notti a distribuire cibo e acqua fresca a questi disperati. «Ho scoperto che non sono cattivi, ma che anche loro, come ognuno di noi, hanno bisogno di essere amati». Ma a Grégoire tutto questo non basta, gli sembra di star facendo troppo poco: «Io poi tornavo a dormire nel mio letto, ma a che cosa mi poteva servire? Se essi sono la carne di Gesù, io dovevo fare qualcosa in più per prendermi cura di loro». All’interno dell’ospedale generale c’è un vecchio bar abbandonato, che Grégoire riesce a trasformare in una piccola cappella, in cui ospita tutti i primi malati mentali. Qui non solo vengono curati attraverso i farmaci, ma amati come persone. Così molti di loro guariscono e sono restituiti alla società: ad esempio un ragazzo oggi è diventato medico e dirige uno dei numerosi centri dell’associazione sparsi per il Benin. I risultati sono così sorprendenti che nel 1993 il Ministro della Sanità vuole che il progetto venga esteso a tutto il Paese. Grégoire ottiene la co-
struzione di un ospedale all’interno dell’università, il più grande della città, in cui costruisce il primo centro. «Per me questo è stato il primo miracolo - afferma con solennità perché in tutta l’Africa non era mai successo che i malati mentali venissero curati insieme agli altri». Colpiti da quanto vedono, molti preti che risiedono nelle campagne chiamano Grégoire nei propri villaggi. Qui egli scopre il dramma dei malati imprigionati in condizioni di vita disumane, che molte volte vengono anche bastonati perché i demoni li abbandonino più velocemente. «Tutti i malati mentali possono essere recuperati! Tutti! La chiave sta nel modo di trattarli!» esclama Grégoire. E lui lo sa bene perché riesce là dove molti medici falliscono: «Molti dei miei malati sono stati curati da medici di tutto il Paese, ma non sono riusciti a recuperarli, perché per farlo non bastano i farmaci: bisogna amarli, avere fiducia in loro e avere il coraggio di affidare loro delle responsabilità». Oggi alle ore 15 nella sala B3, Grégoire Ahongbonon partecipa all’incontro “La malattia mentale e il recupero dell’io”, ma il suo rapporto col Meeting non è certo nato oggi: la sua prima volta da ospite qui a Rimini risale al 1998, ed è tornato per ringraziare il pubblico perché «da quel momento - assicura - molte persone del movimento sostengono l’opera in Africa, prima di tutto con la preghiera». «Vi chiedo di pregare - ripete - perché io non sono niente, ma questo è un progetto di Dio: Lui va a cercare chi vuole quando vuole». Leonardo Cavallo
VITA MEETING 14 26 agosto
LA BOMBA ROCK È IL GRAN FINALE IN D3
La band Miami and The Groovers ribalterà stasera l’area spettacoli in D3 col nuovo album The Ghost King. I testi sono tra i più oscuri e misteriosi della storia della band. Non a caso il singolo del disco è stato On the Rox che prende ispirazione dalla vita di John Belushi. La canzone esplora il concetto ormai sfumato di identità, cioè di come le altre persone possano vedere e travisare l'umanità di un personaggio. Uno dei testi più sentiti dell’album è The other room. «Ho scritto il testo avendo in mente alcune dolorose perdite che abbiamo dovuto affrontare in questo periodo - spiega l’autore Lorenzo
Semprini - il protagonista della canzone dice di non preoccuparsi perché sono semplicemente passate "nell'altra stanza". Quello che cerchiamo di comunicare in 2 ore di show sono i sogni, le speranze, le risate, le lacrime, le sconfitte e le vittorie della nostra storia». Lo spettacolo sarà in D3 alle 21.45. Lorenzo Semprini: voce, chitarra, armonica; Alessio Raffaelli: piano, organo, fisarmonica; Luca Angelici: basso, cori; Marco Ferri: batteria; Claudio Olivieri: chitarra, cori; Marcello Dolci: chitarra, cori, violino. Concerto rock.
Hit dei libri: bis di De Wohl Per il secondo anno il romanziere tedesco in testa alla classifica della narrativa con “Una fiamma inestinguibile” Tra i cataloghi spopola “Abramo. La nascita dell’io”. Successo sbalorditivo del cd “Un cuore più grande della guerra” Odore di carta e inchiostro, scaffali strabordanti di libri, silenzio religioso. Questa l’atmosfera della libreria del Meeting di Rimini, meta di passaggio di quei forestieri che si dividono tra una mostra e un incontro, tra un’esposizione e uno spettacolo. Attratti da un anelito di conoscenza, ci si spinge all’interno di questo tempio del sapere. Una donna si attarda nella scelta del catalogo di una mostra. Sembra non sapersi decidere. Accarezza la copertina di Abramo. Nascita dell’io, il catalogo che in assoluto ha conquistato i visitatori di quest’anno. Eppure con lo sguardo osserva il catalogo Opus Florentinum che si colloca al secondo posto della classifica. Si nota la mancanza del catalogo Tenere vivo il fuoco, terminato inaspettatamente, sintomo che la mostra sull’arte contemporanea ha saputo stupire il pubblico del Meeting. Basta spostarsi di poco per notare, sotto la categoria narrativa, il caro De Wohl, che ogni anno riesce ad accaparrarsi i primi posti della classifica dei libri più acquistati al Meeting. Questa volta con Una fiamma inestinguibile. L'avventurosa vita di Sant'Agostino, subito seguito dall’altro suo libro Giovanna la fanciulla guerriera. La medaglia di bronzo va, invece, a Moglie del procuratore di Elena Bono, che narrando la storia della moglie di Ponzio Pilato affascina i lettori. Un giovane confuso chiede aiuto a uno dei volontari, che lo conduce a scoprire la storia di Marta, raccon-
Narrativa 1 - Una fiamma inestinguibile. L'avventurosa vita di Sant'Agostino di Louis De Wohl (Bur)
2 - Giovanna la fanciulla guerriera di Louis De Wohl (Bur)
3 - La moglie del procuratore
Ragazzi 1 - Dante. Beatrice e i lupi e le stelle di Franco Nembrini (Pce)
2 - In te c’è più di quanto tu creda di Roberto Arduini, Paolo Gulisano, Chiara Nejrotti e Compagnia degli Argonath. (Del Miglio)
3 - La camera bella di Laura Blandino (Piccola Casa Editrice)
Cataloghi 1 - Abramo. La nascita dell’io a cura di Ignacio Carbajosa (Itaca)
2 - Opus Florentinum
Testimonianze 1 - Voglio tutto a cura di Emanuele Polverelli (Itaca)
2 - Fatti vivo di Alberto Reggiori (Marietti)
a cura di Mariella Carlotti (Sdf)
3 - Per me vivere è Cristo. Metropolita Antonij a cura di Aleksandr Filonenko (Sdf)
4 - Tenere vivo il fuoco a cura di Casa Testori (Casa Testori)
di Elena Bono (Marietti)
5 - Misteriosa è l’acqua in collaborazione con la Fondazione Ceur (Euresis)
Cd
Saggi
1 - Un cuore più grande della guerra
1 - Simone chiamato Pietro
a cura di Coro CET (Itaca)
di Mauro Giuseppe Lepori (Cantagalli)
2 - Seguire Cristo di Mauro Giuseppe Lepori (Cantagalli)
Esposizioni
3 - Aderire a Cristo di Mauro Giuseppe Lepori (Cantagalli)
1 - Un cuore più grande della guerra a cura di Coro CET (Itaca)
2 - Mossi da uno sguardo di AA.VV. (Cantagalli)
tata in Voglio tutto, la testimonianza più venduta. In sottofondo si sente il canto degli alpini, la cui mostra si trova proprio davanti alla libreria. Relativi catalogo e cd Il cuore più grande della guerra sono stati tra i
4 - Il cammino della Chiesa
Dvd
di Mons. Luigi Negri (Ares)
5 - Luigi Giussani di Massimo Borghesi (Pagina)
più acquistati nelle loro categorie, sintomo della stima del pubblico del Meeting per i canti della nostra tradizione. Quest’anno si fa fatica a vedere bambini aggirarsi tra gli scaffali, solo perché a loro è stata dedicata
1 - Nata per voi di Giampiero Pizzol (Mimep-docete)
una specifica libreria nel villaggio ragazzi. Al primo posto si posiziona Io sono zero di Luigi Ballerini, ma anche i cataloghi delle mostre dedicate ai più piccoli vanno a ruba, da Dante. Beatrice, i lupi e le stelle a In
te c’è più di quel che tu creda. Come ogni anno si esce dalla libreria con la propria busta carica di libri, cataloghi e ricordi di un altro anno passato al Meeting. Federica Capaccioni
I FATTI DI OGGI 15 26 agosto «La nostalgia delle stelle» alle 17 con Macchetto e Vittori Incontri ITALIA: UNA RIPRESA POSSIBILE! Ore: 11.15 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 Partecipa Pier Carlo Padoan, Ministro dell’Economia e delle Finanze. Introduce Bernhard Scholz, Presidente Compagnia delle Opere.
LA GIORNATA
L’ULTIMA PAROLA NON È LA PAROLA FINE, MA LA PAROLA BENE: ESPERIENZA DELLA MALATTIA Ore: 11.15 Sala eni B1 Partecipano: Rodolfo Balzarotti, Direttore scientifico Fondazione William Congdon; Giorgio Cerati, Psichiatra, Componente Comitato Salute Mentale Regione Lombardia; Mario Melazzini, Assessore alle attività produttive, ricerca e innovazione di Regione Lombardia, Presidente di AriSLA, Presidente Fondazione Aurora Centro Clinico Nemo Sud di Messina, Direttore scientifico Centro Clinico Nemo di Milano; Silvia Spagnoli, Moglie di Ugo malato di SLA. Introduce Paola Marenco, Responsabile Centro Trapianti Midollo dell’Ospedale Niguarda e Vice Presidente Associazione Medicina e Persona. OLTRE LA CRISI: LA SFIDA DEL CAMBIAMENTO. UN CAFFÈ CON… FEDERLEGNOARREDO Ore: 13.45 Stand FederlegnoArredo Pad. C1 Partecipano: Pietro Bellotti, Titolare Bellotti Spa; Alessandro Fantoni, Direttore Vendite Fantoni Spa; Dario Voltattorni, Executive Director AIdAF (Associazione Italiana delle Aziende Familiari). Introduce Giovanni De Ponti, Direttore Generale FederlegnoArredo
stitute, USA; Roberto Vittori, Astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea. Introduce Marco Bersanelli, Docente di Astrofisica all’Università degli Studi di Milano.
L’astronomo e il cosmonauta PAZIONE Ore: 15.00 Sala Neri CONAI Partecipano: Fabio Cerchiai, Presidente Autostrade per l’Italia e Atlantia Spa; Stefano Colli-Lanzi, Amministratore Delegato Gi Group e Vice Presidente Assolavoro; Gigi Petteni, Segretario Confederale CISL; Giuliano Poletti, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali; Cristina Scocchia, Amministratore Delegato L’Oréal Italia; Paola Vacchina, Presidente ENAIP (Ente Nazionale ACLI per l’Istruzione Professionale). Introduce Dario Odifreddi, Presidente Piazza dei Mestieri. NOSTALGIA DEL MONOPOLIO? Davide contro Golia Ore: 15.00 Sala Poste Italiane C2 Partecipano: Ignazio Abrignani, Vicepresi-
dente Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera; Luca Alippi, Amministatore Delegato EP Produzione (Gruppo EPH); Francesco Bernardi, Amministratore Delegato Gruppo Tremagi - Illumia; Guido Bortoni, Presidente Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico; Valerio Camerano, Amministratore Delegato A2A; Gianfilippo Mancini, Amministratore Delegato Sorgenia. Introduce Michele Governatori, Presidente AIGET (Associazione Italiana di Grossisti di Energia e Trader). GUARDARE LONTANO: LA NOSTALGIA DELLE STELLE Ore: 17.00 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 Partecipano: Duccio Macchetto, Emeritus Astronomer allo Space Telescope Science In-
SPIRTO GENTIL - F. SCHUBERT: SONATA PER ARPEGGIONE Ore: 19.00 Sala Neri CONAI Guida all’ascolto dal vivo. Relatore: Pier Paolo Bellini. Esecutori: Giulio Giurato, Pianoforte; Andrea Noferini, Violoncello.
Sport CORRI MEETING RIMINI 2015 Ore: 18.30 Camminata ludico-motoria-non agonistica per tutti con premio di partecipazione. KM 2,5 per ragazzi - KM 7 per adulti (percorso interamente pianeggiante con partenza e arrivo in Fiera) Partenza dalle ore 18.30 Kinder + Sport Village (esterno ingresso Ovest - Rimini Fiera) Premiazioni ore 19.30 Kinder + Sport Village (Rimini Fiera) A cura del CSI - Centro Sportivo Italiano.
LA POLITICA PER CHI, LA POLITICA PER CHE COSA. Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà Ore: 15.00 Sala eni B1 Partecipano: Marco Donati, Deputato al Parlamento Italiano, PD; Mattia Fantinati, Deputato al Parlamento Italiano, M5S; Antonio Palmieri, Deputato al Parlamento Italiano, FIPDL; Guglielmo Vaccaro, Deputato al Parlamento Italiano, Gruppo Misto; Raffaello Vignali, Deputato al Parlamento Italiano, AP. FORMAZIONE, APPRENDISTATO E FLEXICURITY: LA VIA ITALIANA PER SOSTENERE LO SVILUPPO E L’OCCU-
QUOTIDIANO
Spettacoli
MIAMI & THE GROOVERS: THE GHOST KING TOUR 2015 Ore: 21.45 Arena Frecciarossa1000 D3 Concerto Rock. Lorenzo Semprini: Voce, chitarra, armonica; Alessio Raffaelli: Piano, organo, fisarmonica; Luca Angelici: Basso, cori; Marco Ferri: Batteria; Claudio Olivieri: Chitarra, cori; Marcello Dolci: Chitarra, cori, violino.
LA MALATTIA MENTALE E IL RECUPERO DELL’IO Ore: 15.00 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 Partecipano: Grégoire Ahongbonon, Fondatore Associazione San Camillo de Lellis; Simona Villa, Suora missionaria delle Misericordine, Togo. Introduce Marco Bertoli, Responsabile Unità Operativa Complessa del Centro Salute Mentale di Latisana.
MEETING
INTORNO ALLA FAMIGLIA. Di fronte alla realtà per un cammino di ricerca Ore: 19.00 Auditorium Intesa Sanpaolo B3 In collaborazione con CEC (The Notre Dame Center for Ethics and Culture). Partecipano: Anna Garriga, Ricercatore nel Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali all’Università Pompeu Fabra di Barcellona, Spagna; Chiara Giaccardi, Docente di Sociologia e Antropologia dei media all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Orlando Carter Snead, Direttore Center for Ethics and Culture all’Università di Notre Dame, USA. Introduce Lorenza Violini, Docente di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Milano.
Ore: 24.00 *Chiusura padiglioni fieristici L’astronauta Roberto Vittori partecipa all’inconto “Guardare lontano”, ore 17.00, B3
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