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Frenare l’inflazione favorire la crescita
Intervista al presidente di Centromarca Francesco
Francesco Mutti, parmense, guida l’azienda leader in Europa nel settore del pomodoro trasformato ed è il presidente di Centromarca. L’Associazione italiana dell’industria di marca è il punto di riferimento di circa duecento tra le più importanti realtà nazionali ed estere che producono beni di largo consumo alimentari e non food. Un sistema da centomila addetti, con un giro d’affari di cinquantotto miliardi di euro. Nelle ultime due edizioni del Meeting, Mutti ha rappresentato Centromarca in dibattiti dedicati alle scelte di politica economica e alle esigenze competitive delle filiere. Anche quest’estate potremo ascoltare le sue idee su questioni di particolare rilevanza per le imprese e il Paese. Nel frattempo, in questa intervista, vi proponiamo alcune sue riflessioni su temi d’attualità.
Presidente Mutti, come vede il prossimo futuro dell’economia italiana?
“Da imprenditore posso dirle che è nelle nostre mani, nella nostra capacità di affrontare concretamente i problemi e risolverli. Abbiamo combattuto nella pandemia. Abbiamo fatto i conti con tensioni inimmaginabili sui prezzi dell’energia e delle materie prime. Scontiamo una crescita anomala dei tassi d’interesse per effetto della politica adottata dalla Banca centrale europea. Le criticità sul percorso non sono mancate in questi anni. Tuttavia, l’Italia cresce più di nazioni come Francia e Germania. Gli ultimi dati della Commissione UE prevedono un incremento dell’1,2%, che rappresenta il tasso di crescita più elevato tra le maggiori economie europee. Negli ultimi tre anni abbiamo incamerato un +12%. Vuole dire che, nonostante i suoi problemi strutturali, la burocrazia, la lentezza della giustizia, le dimensioni aziendali ridotte, la mancanza di un piano industriale di riferimento il nostro Paese ha un elevatissimo potenziale da esprimere. Mi chiedo su che numeri ci tro- veremmo a riflettere se il contesto italiano fosse più favorevole alla crescita e alla competitività delle imprese. Che continuano a fare la loro parte, investendo nell’innovazione, nella sostenibilità ambientale e sociale, nella digitalizzazione dei processi. Ora aspettiamo una politica economica che sostenga gli investimenti e la domanda”.
Pandemia e crisi geopolitiche hanno determinato forti criticità nelle catene del valore globali. Come hanno reagito le vostre industrie?
“Rivedendo le loro strategie. Diversificando le fonti di approvvigionamento. Migliorando l’efficienza e l’efficacia operative dei processi interni e di filiera. È stato un lavoro incredibile, svolto in condizioni estreme, sostenendo costi elevatissimi che non potevano essere assorbiti a lungo e nel tempo sono stati rilasciati a valle. Forse non è ancora ben chiaro a tutti che l’inflazione con cui le famiglie fanno i conti in questi mesi ha iniziato a colpire le aziende dal secondo semestre 2021 ed è letteralmente esplosa fin dai primi mesi del 2022.
Quanto durerà questa dinamica inflativa per i beni di consumo?
“Dipenderà da molti fattori, tra i quali l’evoluzione del contesto internazionale e le conseguenze che potranno derivarne per l’attività delle imprese e dei mercati finanziari. Le aspettative sono comunque di rallentamento. Nielsen prevede che i prezzi nel corso dell’anno si raffredderanno, ma non torneranno ai livelli precedenti. In termini più ampi, la Commissione UE prevede a fine 2023 una crescita dei prezzi in Italia attorno al 6%: è un dato positivo rispetto al +8,7% del 2022, ma pur sempre uno dei più alti fra le grandi economie dell’Eurozona. La sfida per l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni sta nel mettere a punto scelte di politica economica che non ostacolino la riduzione dell’inflazione e favoriscano la crescita”.
Ci sono state speculazioni?
“In un comparto soggetto a vera e feroce concorrenza come quello del largo consumo penso che il fenomeno, se si è verificato, sia stato molto raro. Le spiego il motivo: il consumatore sceglie liberamente davanti allo scaffale il prodotto che preferisce sul piano del rapporto qualità-prezzo. Per questo qualsiasi intervento sulla politica commerciale è frutto di valutazioni molto attente: un errore può determinare perdita di quota di mercato a favore dei concorrenti. In ogni caso la definizione dei listini, in un’economia di mercato, è prerogativa di ogni singola industria, che decide in totale autonomia e nel pieno rispetto delle norme antitrust”.
Cosa distingue i prodotti di marca dalle alternative a scaffale?
“L’industria di marca firma i suoi prodotti, contraddistinti da una qualità dinamica, che evolve costantemente nel tempo, anticipando le esigenze del consumatore. Ogni prodotto di marca contiene diverse qualità che lo rendono diverso dagli altri. Ci sono qualità materiali, ricondicibili per esempio alla selezione delle migliori materie prime, all’eccellenza e alla sostenibilità del processo produttivo, alla prestazione del prodotto… E qualità immateriali non immediatamente percepibili, strettamente legate ai valori di riferimento dell’azienda: rispetto della legalità, attenzione al territorio, inclusione sociale, valorizzazione della diversità… In sostanza ogni marca esprime una sua identità distintiva alla quale il consumatore riconosce un valore. Nella competizione moderna la capacità di ogni industria di comunicare e sedimentare i suoi valori fa la differenza nella competizione”.
Negli ultimi anni avete avuto la possibilità di vivere il Meeting. Cosa vedete in questa manifestazione? In cosa vi ha sorpreso?
Il Meeting è senza dubbio una grande… Marca! Una realtà capace di crescere, di evolvere negli anni, di esprimere suoi valori, di aggregare pubblici anche molto eterogenei attorno a delle idee. Il Meeting è assimilabile a un “nodo di rete” dove si incrociano cultura, spiritualità, scienza, società, politica, economia... È un terreno di incontro e dialogo dove lo scambio è totale, continuo, stimolante. La sorpresa? È come una di quelle Marche di cui, dopo averle provate, non si riesce più a fare a meno. Ci vediamo alla 44° edizione!