Notiziario Meeting agosto 2014

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NOTIZIARIO

R I V I S TA D E L L A F O N DA Z I O N E M E E T I N G P E R L’A M I C I Z I A T R A I P O P O L I

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ANNO XXXIV

AGOSTO 2014

Il potere del cuore

Io, un sassetto tra le stelle. Esecuzione della suite di Nino Rota tratta da La Strada di Federico Fellini Spettacolo Inaugurale




Industria, agricoltura, arte, architettura, ingegneria, scienza. Non esiste disciplina nella quale l’Italia non sia stata grande. Non esiste settore nel quale non abbiamo brillato. Siamo stati un faro per qualunque civiltà, ora è tornato il momento di fare luce. E allora

#guardiamoavanti Costruiamo, inventiamo, produciamo, scriviamo. Facciamo qualcosa di cui essere di nuovo fieri. Perché per essere grandi come il nostro passato non serve la nostalgia. Serve l’energia.

insieme con

enel.com


EDITORIALE

L’irriducibile desiderio di bene Scenari mondiali in cui la guerra sembra l’unico modo per risolvere contrasti e gravi ingiu-

stizie a danno dei più deboli; a casa nostra una ripresa economica ancora troppo timida; su

tutto, una grave incertezza esistenziale che toglie energia e visione del futuro. A mali estremi, estremi rimedi? No, rimedi “periferici”: è ciò che propone il Meeting di Rimini quest’anno, raccogliendo l’appello di papa Francesco a uscire verso le «periferie esistenziali». [...] Il

Meeting parlerà dell’uomo e del suo cuore, l’irriducibile desiderio di bene che lo costituisce. Questa forza dell’essere umano è considerata “periferica”, qualcosa di insignificante di fonte ai grandi problemi da affrontare. E’ invece il fattore vero e duraturo, figlio della propria identità e autenticità, che determina il mondo e la storia. [...]

QUESTA EDIZIONE DEL MEETING È DEDICATA ALL’UOMO E AL SUO CUORE, L’IRRIDUCIBILE DESIDERIO DI BENE CHE LO COSTITUISCE.

[...] C’è un punto che caratterizza da sempre l’impe-

gno del Meeting, che non a caso si chiama «per l’ami-

cizia fra i popoli»: portare alla luce come il dialogo, che nasce quando si dà spazio a questo anelito, nella storia si riveli vincente. [...]

Il Meeting approfondisce quest’anno la sua intuizione

originaria, che non è quella di essere un palcoscenico

per chi è in cerca di notorietà tardo-estiva, ma quella di mostrare esempi di crescita umana e di amicizia tra persone di origine ed estrazione differenti, che lottano pacificamente per

libertà, giustizia, sviluppo e autenticità umana: ciò che rimane quando tutto sembra crollare. Come testimoniano i personaggi delle canzoni di Enzo Jannacci e degli episodi di Giovan-

nino Guareschi, che sarà possibile incontrare nello spazio “Mondo piccolo Roba minima”. Personaggi in apparenza marginali, che non cercano il riconoscimento sociale, ma, non si sa come, semplicemente stanno, vivendo dei loro bisogni e desideri.

Storie imprevedibili, sempre imperfette, come è l’uomo, ma portatrici di bene e novità. Storie alla ricerca del proprio “centro”, che vivono la “periferia” come luogo in cui scoprire le proprie radici umane, perché poi i rami dell’albero possano crescere in tutte le direzioni. Giorgio Vittadini

Presidente Fondazione per la Sussidiarietà Da Avvenire 23.07.2014

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AGOSTO 2014

SOMMARIO

w w w . m e e t i n g r i m i n i . o r g EDITORIALE

NOTIZIARIO NOTIZIARIO

R I V I S TA D E L L A F O N DA Z I O N E M E E T I N G P E R L’A M I C I Z I A T R A I P O P O L I

RIVISTA DELLA FONDAZIONE MEETING PER L’AMICIZIA TRA I POPOLI

L'irriducibile desiderio di bene

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di Giorgio Vittadini

ANNO XXXIV

AGOSTO ANNO XXXIV 2014 MARZO 2014

Il potere del cuore

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PRESENTAZIONI MEETING 2014

Il potere del cuore Un gradito ritorno

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IN - MOSTRA 2014

Dalle periferie del mondo cristiano 15 di Erika Elleri

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IN-MOSTRA 2014 Io, un sassetto tra le stelle. Esecuzione della suite di Nino Rota tratta da La Strada di Federico Fellini Spettacolo Inaugurale

In copertina: immagine tratta da il film “La Strada” di Federico Fellini, contenuto dello Spettacolo Inaugurale della XXXV edizione del Meeting, in programma per domenica 24 agosto 2014 Ore 21.45, Auditorium Intesa Sanpaolo D5. @ Reporters Associati & Archivi s.r.l.

Generare Bellezza. Ecuador, Brasile, 34 Kenya: in viaggio con John Waters di Stefano Pichi Sermolli

IN-MOSTRA 2014

Dalla Badia alla Cina. La storia di san Giuseppe Freinademetz di Elio Sindoni

SPETTACOLI 2014

Il ragioniere di Dio

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Note d’oriente

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di Roberto Neri

di Erika Elleri

SPETTACOLI 2014

Meeting 2014: tempo di musica di Roberto Neri NOTIZIARIO

SPETTACOLI 2014 di Roberto Neri

Proprietario/Editore: Fondazione Meeting per l’amicizia tra i popoli Autorizzazione del Tribunale di Rimini n. 2008 del 2/11/82

PUBBLICITÀ: Evidentia Communication (società a direzione e coordinamento di Fondazione Meeting) Tel 0541/18.32.501 Fax 0541/78.64.22

SPETTACOLI 2014

Teatro e marionette: storia di un “profeta minore” SITO

Vediamoci in rete! di Paolo Montani

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Canta per il mondo

Anno XXXIV - N. 3, Agosto 2014 Questo numero è stato chiuso il 07/08/2014

DIRETTORE RESPONSABILE: Alver Metalli COORDINAMENTO REDAZIONALE: Stefano Pichi Sermolli REDAZIONE: Vanni Casadei, Erika Elleri, Piergiorgio Gattei, Walter Gatti, Rosanna Menghi, Daniela Schettini. HANNO COLLABORATO: Roberto Neri e Paolo Montani. FOTO: Roberto Masi, Angelo Tosi PROGETTO GRAFICO: Davide Cestari, Lucia Crimi VIDEOIMPAGINAZIONE: R&S&C - Modena STAMPA: Pazzini - Villa Verucchio - Rimini REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: Via Flaminia, 18-20 - C.P. 106 - 47923 Rimini Tel 0541/78.31.00 Telefax 0541/78.64.22. email - meeting@meetingrimini.org www.meetingrimini.org

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INCONTRI

Disoccupazione giovanile: al cuore della questione

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di Roberto Neri

RISTORAZIONE 2014

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Le periferie del gusto di Paolo Montani

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PRESENTAZIONI MEETING 2014

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ROMA

Il potere del cuore Il 1 luglio a Roma, presso la Sala del Tempio di Adriano, sede dell’Unione delle Camere di Commercio, si è svolta la presentazione della XXXV edizione del Meeting. Ecco la sintesi degli interventi. Giorgio Vittadini Presidente Fondazione per la Sussidiarietà Per capire la preoccupazione del “filo rosso” che attraversa e lega il Meeting di quest’anno pensiamo alla cronaca: i tre ragazzi isareliani uccisi e i venti di guerra in Palestina, o le nuove sessanta ragazze nigeriane rapite. Solo un mese fa il caso delle prime ragazze nigeriane era addirittura sulla maglietta della moglie del Presidente degli Stati Uniti; oggi solo in quattordicesima pagina di un quotidiano nazionale. Invece, un Meeting dell’Amicizia tra i popoli vuole rispondere a questi vari aspetti della crisi in modo originale, mettendo al centro proprio queste situazioni che, tolta la famosa settimana di notorietà mondiale, rischiano di non interessare più a nessuno. Il problema non è parlare

del cuore o del potere, ma, come ha detto Sua Eminenza cardinal Tauran “del potere del cuore”: per questo l’incontro inaugurale della trentacinquesima edizione del Meeting vedrà protagonista Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa che ha programmato il viaggio del Papa in Palestina e, successivamente, ha aiutato ad organizzare la preghiera in Vaticano tra il Papa, Abu Mazen e Shimon Perez. Perché il cuore dell’uomo è il tema cruciale del cambiamento della storia. Noi mettiamo a tema questo e lo facciamo al Meeting, perchè il dialogo è l’unica via per la pace: questo è il punto iniziale e questo sarà il filo rosso che il Meeting percorrerà attraverso personaggi per noi cruciali. L’ultimo incontro del Meeting riprenderà, invece, il tema dell’appello sulla persecuzione dei cristiani lanciato lo scorso anno grazie alla presenza e al

contributo di Sue Eccellenza Ignatius Kaigama, Vescovo in Nigeria, e il professor Paul Bhatti. Andiamo avanti a raccontare questo filo rosso. Nell’incontro sull’immigrazione che vedrà insieme a mons. Tomasi, Nunzio Vaticano a Ginevra, e l’Ammiraglio De Giorgi vedremo anche qui raccontare come la vita valga diversamente, protagonisti che ci mostrano che il nostro modo di rispondere non è la deprecazione o la ripresa della guerra, ma l’idea della libertà che può rinascere all’interno di un cuore. L’incontro principale del Meeting vedrà invece protagonista Alexander Filonenko, docente di Filosofia all’Università di Karkov e ucraino, che metterà a tema la possibilità di una convivenza pacifica in un area che adesso è invece, dal punto di vista delle diplomazie e della politica, un punto di spartizione. Sentiremo in que-

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ROMA sto dialogo ecumenico la testimonianza di Pantaleimon, Vicario del Patriarca di tutta la Russia, oppure il ritorno al Meeting di Shodo Habukawa, Monaco buddista amico di Don Giussani, o ancora la testimonianza di Joseph Weiler, Costituzionalista ebreo-americano, adesso anche Presidente dell’Istituto Universitario Europeo. Luciano Violante e Javier Prades, Rettore a Madrid dell’Università Pontificia di Madrid, mostreranno come la giutizia nasca da un’affezione dell’uomo alla gratuità. Siamo quindi davanti ad un Meeting che si pone come alternativo, perché è ciò che cambia la storia, secondo un affermazione di Don Giussani del 1968 riportata anche nel libro scritto da Alberto Savorana: di fronte a uno che gli chiedeva come lui partecipava al cambiamento della storia, Don Giussani rispose, così al volo: «guarda che quello che cambia la storia è ciò che cambia il cuore dell’uomo». Occorre qualcosa che sia una nuova unità dei popoli, che sia verificabile, che sia sperimentabile, che sia amicizia: io penso che questa sia la cosa interessante che il Meeting debba affrontare, prima di tutto. Giorgio Buccellati Professore Emerito di Storia e Archeologia del Vicino Oriente Antico alla UCLA Per sua natura l’archeologia è protesa verso il passato, ma sempre di più sta diventando cosciente del presente e si protende verso il futuro. Sull’archeologo incombe così pressantemente la respon-

sabilità di servire da interfaccia tra un passato remoto oggetto di studio e un futuro, a cui quel passato deve essere utile. Attivi sul campo in Siria ormai da 50 anni, mia moglie Marilyn ed io abbiamo trovato nel Meeting il terreno più fertile che potessimo immaginare per proporre al gran pubblico una riflessione proprio su questi temi. È l’articolazione verticale del nostro essere collettivo che si erige a risposta, un’articolazione che verrà presentata nel prossimo Meeting attraverso quattro occasioni. La prima è una mostra dinamica e interattiva, nel miglior stile del Meeting: proponiamo di vedere nella continuità dello sviluppo storico il ruolo che ha avuto la comunicazione nella formazione di modi sempre più complessi del vivere insieme. Partiamo dal lontanissimo periodo paleolitico, quasi due milioni di anni fa, quando la comunicazione fra gli ominidi di allora dipendeva ancora soltanto dalla percezione, per quanto complessa: questa fase prelinguistica e prelogica ci aiuta a mettere in luce quella trasformazione epocale che ebbe luogo con l’introduzione del linguaggio prima, e poi della sua estensione extrasomatica, la scrittura. È il prototipo della società urbana che illustriamo nella mostra, con l’esempio particolare dei nostri scavi nell’antica città di Urkesh in Siria. La seconda occasione è un grande incontro plenario, in cui il direttore generale delle Antichità e dei Musei della Siria ci parlerà in prima persona dell’enorme forza con cui nelle trincee, per così dire, del dramma siriano lui e i suoi collaboratori si sono prodigati a tutti i livelli e si stanno prodigando per difendere nel concreto l’eredità culturale del loro paese. Ci viene così proposto dalla Siria un modello del modo in cui un quadro professionale di archeologi si può mobilitare per far fronte alla spezzettatura del loro patrimonio, al di là di ogni retorica e con la capacità effettiva di rivolgersi a siriani di diverse convinzioni

politiche. A seguito del grande incontro plenario ci sarà, infatti, un incontro specializzato a cui parteciperanno i sovrintendenti regionali di tre delle provincie siriane, inclusa quella di Aleppo che è la più a rischio, come ben sappiamo dopo tutto quello che leggiamo e sentiamo dai media. Ci sono poi due altre occasioni che metteranno l’accento sull’archeologia e sulla Siria: un incontro tra cinque studiosi che evidenzierà il tema centrale della mostra, ovvero come la comunità umana si sia sviluppata dalle piccole comunità preistroriche fino alla civiltà attraverso una serie di conquiste intelletuali, artistiche, organizzative e cosi via. E questo ci porta ad un ultimo incontro. Il tema del Meeting di quest’anno pone l’accento sul destino, e di questo parleremo in un incontro dialogico che ci porta dal “profondo del tempo”, inteso come nel contesto della mostra in senso cronologico, verso una profondità diversa, quello dei valori ultimi. Cosa ci dice l’archeologia in merito al concetto di destino? È questo, possiamo concludere, il nostro tema particolare che il Meeting vuole proporre quest’anno: la maieutica dell’archeologia, la capacità di capirci verticalmente nel nostro lunghissimo divenire come comunità civile, per portare alla luce, maieuticamente per l’appunto, i valori che possono definire il nostro essere civile di oggi e di domani. Grazie. Mons. Silvano Maria Tomasi Osservatore permanente della Santa Sede per le Nazioni Unite Una persona su sette nel mondo di oggi è un migrante. Le ultime informazioni che ci ha fornito l’Alto Commissario per i rifugiati è che abbiamo in questo momento più di 51 milioni di rifugiati o gente forzatamente espulsa dalle loro case e dal loro ambiente. Una cifra che non è stata mai raggiunta se non alla

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ROMA

fine della seconda guerra mondiale. L’emigrato come l’altro può essere percepito, visto e ricevuto come dono, oppure come una minaccia, dipende da come affrontiamo questa questione. Avremo delle conseguenze molto diverse, sia dal punto di vista legislativo e dal punto di vista sociale, della possibilità di vivere assieme nella diversità. L’altro come minaccia crea muri: conosciamo tutti il tentativo tra Messico e Stati Uniti, o tra Grecia e Turchia di creare muri e di erigere barriere, nella storia si è visto quando imperatori romani o cinesi hanno voluto creare grandi muri per tener fuori l’altro, alla fine non ci sono riusciti. L’altro è arrivato e ha cambiato le società in cui si è insediato. Quindi se noi guardiamo l’altro come dono, apriamo una strada verso una possibilità nuova ad accettare l’evoluzione di identità acquisite storicamente che però non sono fossilizzate, che continuano a cambiare e che noi, assieme all’altro che arriva, possiamo creare in maniera costruttiva e in maniera nuova. L’emigrazione è un movimento di gente e la gente porta con sé religioni diverse, idee nuove, uno stile di vivere, tradizioni culturali, che a lungo andare sono un bene per il Paese che riceve gli emigrati, per gli emigrati stessi e per i Paesi di origine. Certo, questo pone un problema nuovo, cioè come viviamo assieme nel pluralismo creato da questi cambi demografici. Anche l’Italia, che è stata sempre considerata un Paese molto uniforme dal punto di vista religioso,

adesso deve confrontarsi con presenze significative di comunità di altre fedi religiose. Nel contesto democratico, come viviamo ed esprimiamo questo nuovo modo di essere? Sarà questo uno dei temi che verrà dibattuto e su cui si rifletterà al Meeting. Le comunità internazionali vengono a Ginevra dove le Nazioni Unite e le agenzie operative delle Nazioni Unite cercano di confrontarsi con questo grande fenomeno della mobilità umana. C’è una doppia maniera di guardare alla situazione: o stare dentro i meccanismi stettamente delle Nazioni Unite, oppure seguire un’altra tendenza, cercare altre soluzioni in modo da non essere costretti a camminare secondo i trattati già fatti. La vera periferia è questa massa enorme di gente che cerca una soluzione alla sua vita, un lavoro decente e che trova resistenza, a volte incomprensione. Questa periferia umana dove l’altro non è ancora conosciuto, dove il suo volto è ancora nascosto, è la sfida che ci pongono le situazioni contemporanee, la dinamica contemporanea della globalizzazione, alla quale noi dobbiamo rispondere in maniera più umana e direi, dal mio punto di vista, in maniera più cristiana, dove l’altro diventa non tanto la minaccia, ma un fratello. Stefania Giannini Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Ho trovato veramente bello il tema proposto quest’anno dal Meeting, perché “centro e periferia” è un concetto reciproco, di origine geografica, ma che poi è necessario - gli illustri relatori hanno già accennato - declinare in aspetti sociali, culturali e antropologici. Periferia è ciò che identifichiamo con la privazione, con la assenza di alcuni elementi, mentre il centro è ciò che identifichiamo sia mettendo insieme diverse parti

del mondo, sia mettendo insieme diverse condizioni della possibile esistenza. Perché quando si vive in una condizione centrale si è sicuramente più dotati di mezzi. E la storia, come ci ha ricordato il professor Buccellati e in altra veste mons. Tomasi, ci insegna che il percorso è quasi sempre stato monodirezionale, cioè ci si sposta dalle periferie e si va verso il centro, le emigrazioni sono sostanzialmente questo: spostamento di individui singoli o di masse che cercano la centralità perché essa è ricchezza, presenza e anche possibilità di non essere esclusi dalla vita. Ecco, io credo che in questa visione storica e dinamica si debba considerare che l’educazione è lo strumento essenziale. E allora noi dobbiamo ripensare quali strumenti, quali metodi dovremo adottare per far sì che questo occidente possa appropriarsene e, anche nel nostro Paese, possiamo tornare protagonisti di questa sfida educativa. Voglio dire poche cose che mi sembrano però importanti per rilanciare un modello educativo che abbia, come ci ricordava S. Agostino nel De Magistro, un obiettivo grande, un obiettivo alto, che è quello di ricreare una generazione di maestri che parlino ai propri allievi. La scuola dell’oggi e la scuola del domani, nell’era della digitalizzazione, non sarà soltanto una scuola infrastrutturalmente preparata, ma una scuola che attraverso insegnanti formati, insegnanti aggiornati, insegnanti restituiti alla loro dignità sociale, possa restituire a questi allievi un

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ROMA

messaggio educativo forte. Io vedo alcuni punti nell’agenda politica e culturale della scuola italiana, ma forse anche con più ampio respiro europeo, che andranno rimessi in evidenza: lo spessore della conoscenza umanistica, ad esempio, che in qualche caso è stata, se non trascurata, comunque “annacquata” in un percorso di istruzione che non sempre ha messo gli studenti nella condizione di poter diventare uomini e donne maturi e dotati di un sapere critico, in grado di renderli partecipi della vita sociale. Cito una bella espressione di Renzo Piano, che ho condiviso con lui riflettendo su alcuni spunti che non riguardano solo l’urbanistica e l’edilizia scolastica, ma anche il modello educativo del nostro paese: «le periferie sono sempre più luogo di assenza e di desiderio, sono sempre più quella parte in cui i giovani devono poter trovare uno spazio di riscatto individuale, sociale, ma soprattutto formativo ed interiore». E allora noi dobbiamo lavorare lì, dobbiamo concepire scuole che siano in grado di dare un percorso bidirezionale, che quindi mettano il centro della nostra società e le nostre periferie in grado di comunicare e di scambiarsi queste esperienze per un miglioramento complessivo della società del domani. Un ultimo tema che mi preme sottolineare è l’alta declinazione possibile del rapporto tra centro e periferia, quella a cui faceva riferimento mons. Tomasi, cioè l’idea che c’è ancora un mondo che guarda all’Europa e in particolare all’Italia con una grande domanda e una grande aspettativa, non solo di miglioramento generale delle proprie condizioni, ma di miglioramento della propria possibile educazione, della propria possibile risalita come persone, come collettività, nella scala della vita. Io credo che questa sfida educativa, quella che non è solo interna alla nostra società, ma che è il nostro debito nei confronti degli altri paesi,

è l’altra dimensione della sfida educativa che dobbiamo assolutamente non trascurare e non eludere. E qui il lavoro che possono fare i nostri insegnanti con i ragazzi emigrati è importante, fondamentale: un lavoro che renda la nostra scuola, per sintetizzare il modello educativo a cui si pensa e a cui pensiamo, aperta, educativa e non solo istruttiva e inclusiva. Queste sono le tre caratteristiche che insieme alle grandi modifiche di edilizia e di infrastrutture noi dobbiamo cercare di ottenere. Non è una sfida facile, ma credo che sia possibile. Bernhard Scholz Presidente Compagnia delle Opere Come Compagnia delle Opere affronteremo anche quest’anno i temi della crescita, del lavoro, del welfare e le tematiche sociali; ma è sottointeso a questo un’idea di sviluppo che comincia sempre dall’educazione. Se noi pensiamo che sia possibile una crescita senza sviluppo non ci arriveremo mai, perché una crescita sostenibile che non è fine a se stessa, ma a sostegno dell’occupazione e del welfare, a sostegno di un sistema di formazione educativo valido, ha bisogno di persone che abbiano la capacità di valutare bene le necessità, le condizioni e anche le conseguenze del loro operare. Parleremo quindi di questi temi anche grazie alla presenza di tanti esponenti del Governo italiano, oltre al Ministro Stefania Giannini, oggi qui con noi.

Vogliamo parlare delle riforme, della necessità di un dialogo aperto dove la società civile e le istituzioni si incontrano. Infatti, un tema importante che affronteremo in questo Meeting sarà il ruolo della società civile, di cui discuteremo in dialogo con Giorgio Squinzi, Presidente di Confindustria, perché se pensiamo che le riforme possano arrivare ad uno scopo di cambiamento vero senza che la società civile si assuma le sue responsabilità, ci illudiamo! E quindi si tratterà anche di definire bene quale assunzione di responsabilità compete ad ogni parte, perché il potere del cuore riguarda noi tutti, cioè il potere di una persona che si assume le sue responsabilità proprio per la sensibilità che ha per il bene comune. Pareleremo ancora di un tema molto importante, decisivo per il futuro del nostro Paese che riguarda la competitività delle imprese e lo faremo con Sergio Marchionne. È stato al Meeting quattro anni fa e oggi vorremmo sapere da lui con quali criteri e con quali prospettive ha avviato i cambiamenti in Fiat Chrysler, per comprendere qual è il ruolo che possono avere le grandi imprese nella competizione globale; un tema che affroneteremo anche con Raffaele Bonanni dal punto di vista dei sindacati. Saranno ancora presenti imprenditori italiani di fama internazionale come, citandone solo alcuni, Oscar Farinetti, Brunello Cucinelli e Valter Scavolini; e ancora esponenti delle grandi multinazionali che operano in Italia, come Andrea Zappia, Amministratore delegato di Sky, Federico Golla, Amministratore delegato di Siemens Italia, e Maximo Ibara di Wind. Parleremo poi dello sviluppo delle città, delle periferie di cui il ministro ha fatto cenno, con Dario Nardella, nuovo Sindaco di Firenze, e Giuliano Pisapia, Sindaco di Milano. Per non rimanere solo teorici e portare esempi di una gioventù che

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ROMA

rischia e intraprende, ci saranno tutti i giorni al Meeting presentazioni di startup, dove diversi giovani presenteranno le iniziative che hanno avviato, sostenuti da fondi nazionali o internazionali per coinvolgere i giovani ad uno spirito più intraprendente. Questo è il contributo che vogliamo dare, coscienti che per fare questo ognuno deve assumersi una responsabilità anche personale, che è anche responsabilità di cambiare dove è necessario. Emilia Guarnieri Presidente Fondazione Meeting Da quanto abbiamo ascoltato, a me pare che il Meeting quest’anno voglia porre radicalmente una domanda. Io la sento posta a me stessa, proprio perché è radicale e quindi ognuno è chiamato per responsabilità a rispondere: l’uomo è una risorsa adeguata per affrontare tutto questo? Il potere del cuore, di cui Vittadini parlava all’inizio e che è stato anche ripreso negli interventi successivi, basta? O stiamo passando un pomeriggio e magari passeremo una settimana al Meeting a parlare di cose che in fondo non sono molto importanti, perché le cose importanti le affrontiamo altrove? E proprio muovendomi nella prospettiva umanistica che il Ministro suggeriva, mi permetto di dire che la storia millenaria dell’uomo ha una risposta a questa domanda: sì, l’uomo è una risorsa adeguata per affrontare tutto questo, perché tutto

quello che nel mondo è successo nel corso dei millenni è perché un uomo, degli uomini, hanno agito in un modo piuttosto che in un altro, hanno giocato la loro libertà in un modo piuttosto che in un altro. Allora anche gli spettacoli, le mostre - questo è l’affondo su cui io vado non sono qualcosa di separato da questo modo di affrontare la realtà, da questo modo di affrontare le grandi sfide, di seguire i grandi maestri che ci accompagnano nell’affrontare queste grandi sfide e nel valorizzare fino in fondo che l’uomo è una risorsa adeguata. Le mostre e gli spettacoli mai come quest’anno saranno fino in fondo animati da una grande comune passione: di documentare la domanda di senso, l’aspirazione alla libertà che gli uomini e i popoli da sempre hanno vissuto e hanno proprio affidato alla forma artistica, all’immagine, alla poesia. Quest’anno il Meeting apre con un grande avvenimento dedicato al celebre film “La strada” nel 60° dalla sua prima uscita nelle sale, attraverso l’esecuzione dal vivo della suite musicale di Nino Rota con l’orchestra del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e di Bergamo e il racconto di Francesca Fabbri Fellini, nipote del celebre regista. Ci lasceremo nuovamente commuovere da questo capolavoro, proprio perchè il finale del film documenta esattamente che tutto ha un senso e non solo: che il cuore ha veramente un potere imponente e imprevedibile. Dalle periferie di Nairobi arriverà un altro racconto messo in scena da ragazzi di strada diventati acrobati, che racconteranno il loro bisogno di scoprire cosa c’è oltre le stelle. Cito questo spettacolo perché sarà uno dei punti di forza di una novità che il Meeting propone qust’anno: un’arena internazionale che vedrà protagonisti artisti e musiche di tante diverse periferie del mondo. Il Meeting avrà un grande evento di musica classica

con l’Orchestra Filarmonica Armena, che, con la direzione del maestro Eduard Topchjan, proporrà un repertorio della imponente musicalità armena assieme a tanti brani della nostra tradizione occidentale. Come per gli spettacoli, anche le mostre di quest’anno sono evidentemente legate al messaggio che il Meeting vuole portare: «Generare bellezza, nuovi inizi alle periferie del mondo» è il titolo di una delle esposizioni presenti durante la settimana del Meeting. Storie di uomini dal Brasile, dall’Equador, dal Kenia, che documenteranno come in queste situazioni di degrado e di povertà se l’uomo cambia, se l’uomo ha una ragione per assumersi una responsabilità, qualcosa può cambiare. Il Meeting ha poi, come sapete, una sua grande tradizione legata all’archeologia: quest’anno avremo una mostra curata dal professor Buccellati, qui presente oggi, ma anche una mostra legata alla millenaria tradizione artistica dell’Etipia. Oggetti liturgici, icone, libri e manoscritti che documentano questa fede millenaria del popolo dell’Etiopia. Ma quello con cui voglio concludere, perché mi pare che sia centrale, è questa sottolineatura: anche tutte queste mostre, anche tutti questi spettacoli su cosa si reggono? Non sul passato, non sull’archeologia del passato, non sulla conservazione del patrimonio culturale, che per carità è una cosa nobile, ma non basta. Si reggono sul fatto che ci sono oggi uomini che amano il proprio istante presente e che poichè amano il proprio istante presente sono capaci di vivere anche del proprio passato, di valorizzare il proprio passato, di valorizzare la propria tradizione culturale. Questo sarà il contenuto delle mostre e degli spettacoli e di tutti gli eventi che ci saranno all’interno del Meeting, a cui vi aspettiamo. Appunti non rivisti dagli autori.

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PRESENTAZIONI MEETING 2014

Un gradito ritorno Sabato 12 luglio presso il Palazzo dei Congressi di Rimini si è svolta la presentazione della XXXV edizione del Meeting. Tanti gli interventi e i contributi, di cui riportiamo un estratto. Emilia Guarnieri Presidente Fondazione Meeting Con questo gesto torniamo a presentare il Meeting a Rimini. Questo significa riaffermare in qualche modo un’identità, perché questo gesto parla tanto di noi che lo costruiamo, parla di noi riminesi e della nostra città. Il Meeting continua a esserci perché continuano a esserci persone di Rimini che nella costruzione di quest' opera, a vario titolo e con varie responsabilità, ci hanno giocato e ci giocano la vita, perché ci vuole coraggio a fare il Meeting, ci vuole gratuità. Quindi, mi permetto di dire che sono grata a questo “noi” che continua a permettere che il Meeting si realizzi. Il Meeting continua ad esistere anche per la stima e il sostegno di persone, cittadini, istituzioni che via via negli anni ci hanno creduto e ci

vogliono bene. Peraltro nell’integrazione e nel rapporto con la città, ci abbiamo sempre creduto, così come abbiamo sempre contato che il Meeting possa rappresentare una risorsa per Rimini. L’ultima osservazione che voglio fare in questo brevissimo intervento di saluto è questa: in un momento così critico come quello di oggi, non si possono fare cose che non servono. Pertanto, bisogna chiedersi sempre “a che cosa serve?”, tutti se lo devono chiedere. La crisi, non solo economica, è grande e allora la domanda “a che cosa serve, ma che cosa vogliamo per ognuno di noi, di che cosa abbiamo bisogno?” è una domanda seria, io la vivo come una domanda ogni giorno più seria, non c'è più il tempo di cose che non servono. Il Meeting accetta anche quest’anno questa sfida, e la presentazione di oggi è il primo passo.

Un momento della presentazione a Rimini. Stefano Pichi Sermolli Portavoce Fondazione Meeting Ringrazio innanzitutto le autorità oggi presenti: Maurizio Renzo Ermeti, Vice Presidente di Rimini Fiera che oggi ci ospita in

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RIMINI

questa stupenda struttura; Stefano Vitali, Presidente della Provincia di Rimini; Gloria Lisi, Vice Sindaco di Rimini. Presento quindi i due relatori che assieme ad Emilia presenteranno la XXXV edizione del Meeting. Il Professor Andrea Simoncini, Docente di Diritto

Costituzionale all’Università di Firenze: è da anni grande protagonista del Meeting e oggi ci racconterà quelli che saranno i principali appuntamenti che lo vedranno protagonista in questa edizione; il professor Wael Farouq, Docente di Lingua e Cultura Araba all’Uni-

versità Americana de Il Cairo: con lui è nata diversi anni fa una grande amicizia che lo ha portato anche a creare il Meeting al Cairo di cui è Vice Presidente, già alla sua seconda edizione. Oggi il professor Farouq non è da solo, scopriremo poi il perché.

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RIMINI

Mons. Francesco Lambiasi Vescovo di Rimini Permettetemi di introdurre queste poche ma sentite parole con una citazione dello storico e filosofo inglese Arnold Toynbee, che scriveva: «Le opere di artisti e letterati hanno vita più lunga delle gesta di soldati, di statisti e mercanti. I poeti e i filosofi vanno più in là degli storici, ma i santi e i profeti valgono di più di tutti gli altri messi assieme». Sottoscrivo questo pensiero, anche se me ne distanzio laddove questo storico e filosofo divarica la figura dei poeti da quella dei profeti. Perché i profeti, almeno nella loro percezione di vita, sono dei poeti, basti vedere la forma grafica dei loro scritti che conoscono appunto i versi, gli stichi, le strofe, quindi la forma grafica della poesia. Chi sono i profeti? Uno studioso del profetismo, Pietro Bovati, gesuita, ha cercato di rispondere con parole estremamente attuali: «nella vita degli individui, come nella storia della società, vi sono momenti in cui si fa acuta la percezione di un’assenza». Assenza d’ideali, d’interiore esperienza della verità con il conseguente bisogno di certezze sulle quali far riposare l’ansia e lo smarrimento: ecco chi sono i profeti, sono persone in grado di vedere un germe di bene sepolto nelle macerie, in grado di percepire un principio di vita

là dove si registrerebbe in modo sconsolato l’assenza di vita, e quindi morte. Oggi noi abbiamo bisogno di profezia, perché abbiamo necessità di respiro del senso e della speranza, abbiamo bisogno di orizzonti grandi. Allora io mi auguro che il Meeting ancora una volta risponda a questo bisogno di senso, di speranza, di profezia, di poesia, nel senso etimologico del termine, di creatività. Verso le periferie: il Meeting è un incontro, si svolge all’insegna della cultura dell’incontro in un momento in cui sta prevalendo purtroppo la cultura dello scontro; allora vorrei che il Meeting fosse quest’anno, e sono sicuro che sarà così, un incontro tra giovani Telemachi, ho fiducia che il Meeting sarà quest’anno, in questa sua XXXV edizione, un incontro tra Telemachi delle periferie del mondo e delle periferie del tempo. Ecco, che sia davvero per i giovani, ne abbiamo bisogno! In Italia un giovane su quattro è in depressione. Abbiamo bisogno di giovani che siano aiutati, non ostacolati da noi adulti, a essere i Telemachi che sanno collaborare con gli Ulisse, gli adulti, per ritrovare la strada della speranza. Francesca Fabbri Fellini Giornalista Tutti i giorni leggiamo notizie dove continuamente i punti di riferimento del nostro mondo crollano, dove vediamo avanzare le guerre e questo è tremendo, soprattutto per i giovani. Ritengo quindi che sia fondamentale, forse più di ogni altra, l’edizione del Meeting di quest’anno. Partendo proprio dalle periferie, perché gli abitanti delle periferie sono quelli che vivono le guerre, sono quelli che in prima persona vengono distrutti e sicuramente dimenticati, la maggior parte delle volte. Scegliere “La Strada” come tema dello spettacolo inaugurale della XXXV edizione del Meeting significa

scegliere un messaggio per il pubblico universale. È stato forse il film più amato di Federico, proprio per il suo linguaggio che non ha bisogno di sottotitoli, è in sostanza una storia senza fine. Allora nel momento stesso che Federico scrive e riesce a realizzare poesia allo stato puro, com’ è questo film che ha 60 anni e non li dimostra, crea queste tre figure, che sono tre facce dello stesso uomo: Giulietta, meravigliosa, fantastica, che parla solo con gli occhi; Zampanò il clown più forte, più brutale, e poi il filosofo; e infine il Matto. Ecco, credo che in queste tre bellissime immagini sia racchiuso, in fondo, il cuore del Meeting. Ricordatevi che non siete qui per sbaglio, ricordatevi che avete un senso, perché se ha un senso quel sassolino, che sennò cadrebbero le stelle, non avrebbe più senso niente, anche voi, dovete solo trovare il vostro percorso, la vostra strada. In questo io trovo l’attualità straordinaria di questo film che ha avuto la colonna sonora di Nino Rota, una vita in simbiosi con Federico, due figure imprescindibili l’una dall’altra che si sono incontrate, così come accadono alcuni meravigliosi incontri nella vita. Io devo dire grazie al Meeting, innanzitutto perché ci sarà questo omaggio con questi 70 elementi favolosi che suoneranno la suite de “La Strada”; poi perché ci sarà la possibilità, attraverso le immagini, di ri-

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vedere questo capolavoro e forse di farlo conoscere per la prima volta ai giovani, lasciando poi che decidano liberamente la loro strada. Io credo che questo sia un grande privilegio che tutti i giovani non si devono lasciar scappare, quindi quello che sarà il mio compito all’interno di questo spettacolo sarà solamente prendere per mano il pubblico e raccontare che cosa c’era dietro “La Strada” di Federico, che cosa ha significato questo che è stato il film più premiato al mondo, il primo a ricevere l’Oscar con la dicitura “miglior film straniero” e ha dato inizio a un bellissimo percorso, una storia composta di tanti capolavori con Federico e Giulietta. Stefano Pichi Sermolli Come ho detto in apertura, il professor Farouq oggi non è venuto da solo. Con lui ci sono due studenti, Mina e Marina: sono qui perché ci racconteranno quello che quest’anno hanno vissuto in università, nella costruzione di un gruppo che si chiama Swap e che porterà al Meeting una grande mostra sull’Egitto dal titolo “Egitto, quando i valori prendono vita”. Mina

Farouq ha scoperto che nonostante noi abbiamo origini egiziane delle nostra cultura sappiamo davvero poco. Così nasce la “Comunità Incontro” e di conseguenza Randa, sempre su consiglio del professor Farouq, contatta altre ragazze che studiano all’Università Cattolica, questa volta cristiane. Quindi Graziana assieme a Silvana prendono contatto con noi cristiani e nasce così Swap, cioè decidiamo di cambiare nome e ci diamo il nome Swap. Permettetemi di spendere un minuto sul significato della parola del gruppo: to swap di per sé è un verbo che in inglese vuol dire scambio, ma noi abbiamo inoltre deciso di usare le lettere della parola come acronimo per la frase “share with all people”. “Share” quindi condividere, per ricollegare questa idea di condivisione di esperienza di vita, di esperienze universitarie che andremo a condividere per l’arricchimento personale. Nasce così appunto Swap e in seguito agli accadimenti dell’agosto 2013 in Egitto, quindi in seguito agli attacchi alle chiese avvenuti in Egitto durante la rivoluzione, proprio le ragazze musulmane del gruppo decidono di denunciare le sofferenze che la popolazione cristiana patisce in Egitto. Quindi un gruppo di

ragazze musulmane, che si sente quasi in dovere di raccontare al resto del mondo cosa sta succedendo in Egitto e cosa la popolazione cristiana sta attraversando in quel periodo. Il resto ve lo lascio raccontare da Marina. Marina Vi porto i saluti del resto dal gruppo che non è qui presente, peccato che non ci siano anche le ragazze musulmane perché avrebbero fatto vedere anche a voi quanto noi stiamo bene insieme e questo è il messaggio che vogliamo portare qui al Meeting. La mostra che abbiamo deciso di realizzare nasce da un evento che si è verificato in Egitto: le ragazze avevano saputo dell’uccisione di una bambina di 9 anni davanti a una chiesa in una provincia de Il Cairo. Questa bimba usciva da un matrimonio e degli sconosciuti le hanno sparato tredici colpi di pistola. L’ evento di per sé potrebbe essere comune, ma noi l’abbiamo vissuto come l’uccisione di un’innocente che non c’entrava niente, l’apice dell’ingiustizia che si è verificata in quel momento. Di conseguenza, l’idea all’inizio era di denunciare delle malvagità, delle cose

Vi voglio raccontare com’è nato Swap. Una nostra ragazza, Randa, lo scorso anno si trovava appunto al Meeting e qui incontra il professor Wael Farouq: lo sente parlare e ne rimane affascinata. Tornando a Milano, all’Università Cattolica, scopre che il professore che ha ascoltato giusto qualche mese prima a Rimini insegna lingua araba. Cerca di prendere contatto con lui e nell’incontrarlo il professor Farouq le consiglia di contattare altre ragazze dell’Università Cattolica, inizialmente tutte musulmane, con lo scopo di parlare e riscoprire la cultura egiziana. Infatti, il professor

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brutte che vedevamo. Poi, nel cercare le informazioni per realizzare un qualcosa, non sapevamo bene che cosa all’inizio, ci siamo resi conto che invece quel male che volevamo denunciare non era interessante quanto lo star bene insieme, il bello che stavamo vivendo e costruendo noi: quindi abbiamo deciso di portare un messaggio positivo. Il fulcro della nostra mostra è appunto questo: i valori che abbiamo visto incarnarsi in noi e poi nei ragazzi che sono stati i protagonisti della rivoluzione egiziana. Abbiamo voluto parlare dei valori, quindi anche nella mostra vedrete che parleremo di personaggi, non di eventi storici. Sentirete parlare di persone che hanno costruito qualcosa e che hanno cambiato qualcosa anche in noi, di giovani che hanno sacrificato anche la loro vita pur di difendere l’ideale di libertà che magari non sono riusciti nemmeno a vivere appieno, ma per il quale hanno lottato fino all’ultimo. Vedrete parlare di ragazzi che riescono a essere amici al di là delle barriere costruite da ideologie o da religioni, persone che vi faranno apprezzare e sperare che c’è qualcosa di buono, in cui credere e per cui vale la pena vivere. È un messaggio che noi per primi, che siamo i giovani per cui vi spendete tanto, abbiamo vissuto e che vogliamo comunque far arrivare agli altri giovani. Speriamo di vedervi tutti alla mostra durante il Meeting. Wael Farouq Docente di lingua e cultura araba all’Università Americana de Il Cairo Vorrei fare un veloce commento su questo gruppo meraviglioso, perché questo spirito, questo entusiasmo e queste parole, questa esperienza, io penso non sia una cosa nuova per voi. Questo è lo spirito che ho incontrato io qui 10 anni fa al mio primo Meeting, e io vedo in loro

tra stereotipi è pericoloso, ma più pericoloso ancora è il dialogo tra stereotipi senza questo tipo di esperienza, di convivenza, senza la quale non riusciremo mai a porre fine a questa società parallela, di cui vediamo esempi in Francia, in Inghilterra e ora anche qui in Italia. L’incontro, il Meeting, è l’unica via di uscita da questa situazione complicata. Andrea Simoncini Docente di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Firenze

totalmente espressa questa esperienza, questo spirito del Meeting di Rimini. L’uomo come centro dell’interesse della realtà: è come vedere questa realtà sulla base dell’esperienza umana. Questa è la cosa veramente molto, molto interessante, per questo ho accettato di cambiare il nome del gruppo da “Incontro” con “Swap”: perché questa è la cosa più interessante per me del loro gruppo. Loro rappresentano una nuova forma della stessa verità. La verità è assoluta perché non ha una forma fissa: ognuno di noi, ogni gruppo è unico e può dare di più per la conoscenza e coscienza umana, la stessa parola “Swap” per me è solo un contributo di questa esperienza. Sono completamente simili e diversi allo stesso tempo. Questo gruppo rappresenta una speranza molto importante, non solo per l’Italia ma anche per il mondo occidentale, dove ci sono tanti emigrati, che sotto il titolo del pluralismo e dell’integrazione, sono finiti per creare un tipo di società parallela, perché non hanno questa cosa che vediamo qui a Rimini, gli manca il Meeting! Questa cosa è molto importante perché non solo il conflitto

Quello che dirò è semplicemente qualche suggestione che traggo sul tema generale di quest’anno, partendo dal punto di vista molto particolare che è quello degli incontri che mi vedono coinvolto come moderatore. L’impressione che ho è sicuramente che il titolo giocherà un ruolo importante, perché questo “verso le periferie del mondo e dell’esistenza”, che evoca Papa Francesco, indica un moto, indica un movimento. Quest’idea del “verso le periferie” pone secondo me un tema che mi pare sia centrale e in questo senso mi sembra ci sia una sorta di tratto d’unione ideale anche con il Papa Emerito Benedetto, un’assonanza non tanto logica quanto proprio quasi di musicalità delle due espressioni: da un lato questo andare verso le periferie, dall’altro il famoso “aprire le finestre del bunker” nel discorso al Bundenstag, in cui il Papa oggi Emerito invitava tutti a non aver paura di riaprire le finestre che ci mettono in contatto con la realtà. Ecco, il punto in comune mi sembra questo non aver paura della libertà e questo potrebbe essere il filo conduttore che accomuna i tre incontri che mi vedono coinvolto. Oggi viviamo questo paradosso: nella società che fa della libertà forse il suo emblema è dato registrare una paura, un terrore, direi quasi, della libertà. La crescita im-

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ponente delle regole, delle istituzioni, dei protocolli, dei codici, delle best practices, delle procedure, non è nient’altro se non questa grande paura della libertà. Il primo incontro, in cui sarò coinvolto è un dialogo con il professor Joseph Weiler, un grande amico del Meeting, di religione ebrea. L’incontro prenderà spunto da un intervento che Don Julián Carrón ha fatto in occasione delle recenti elezioni europee, per affrontare una questione centrale: oggi alcune parole decisive per il vivere comune, parole come persona, lavoro, ragione, solidarietà e libertà, queste parole hanno perso il loro contenuto, cioè noi le ripetiamo perché nel linguaggio inevitabilmente le usiamo, ma molto spesso sotto queste parole non c’è più uno spessore di esperienza tale da renderle significative. È come se, in un certo senso, le parole non fossero più l’indicatore di un’esperienza, ma fossero tornate ad essere un po’ un suono, un flatus vocis, un sussurro. In particolare c’è una parola sulla quale ci soffermeremo che è libertà, come dicevo prima. Oggi c’è un’idea diffusa di libertà, per cui ci si sente liberi quando si afferma la possibilità di non avere legami. Il problema è che questa concezione della libertà contrasta con un dato di realtà fondamentale: l’uomo per sua stessa natura dipende, esiste solo se ha un legame. L’uomo senza legami è un’ipotesi astratta, non esiste come dato reale. In questo senso il dialogo con il professor Weiler sarà molto interessante, anche perché un altro degli intellettuali presenti al Meeting quest’anno, il professor Magatti che insegna Sociologia, presenterà un suo libro il cui cuore della tesi è che oggi noi viviamo una fase adolescenziale della libertà, cioè una fase in cui si afferma sé negando il legame con ciò o coloro da cui si dipende. Attenzione: come fase della vita è assolutamente fisiologico che ci sia; ma pensare

che la libertà dell’uomo sia eternamente rimanere in questa fase adolescenziale, cioè continuare a tagliare tutti i legami, questo crea purtroppo una condizione di totale instabilità e fragilità. Tanto che le stesse declinazioni della parola libertà diventano equivoche: la “libertà religiosa”ad esempio, tema chiave del Meeting e della sua storia, può essere intesa come la libertà di esprimere il culto, cioè di avere lo spazio, i luoghi per cui si possa esprimere il modo con il quale si concepisce la relazione con l’infinito; ma questa è una nozione assolutamente ridotta perché la libertà religiosa è estremamente più radicale, ed è la stessa libertà che ha l’uomo di esprimere il suo senso religioso. La libertà religiosa diventerà anche il dibattito sulla libertà dalla religione, questo è un grande tema che col professor Weiler sarà inevitabile affrontare. Questa è la grande conquista, se volete, del Concilio della Chiesa Cattolica, da quando con la Dignitatis Humanae ha riaffermato che la libertà religiosa vuol dire anche la libertà di non credere, perché l’atto di adesione alla religione o è libero fino in fondo, oppure in qualche maniera non risponderebbe a quella totalità a quella

pienezza di espressione dell’umano che solo rende dignitoso un gesto di adesione ad una religione. Il tema della profezia e della poesia che veniva prima evocato è esattamente un po’ dentro a questo, cioè la capacità di porre novità è direttamente proporzionale alla libertà dell’uomo di esprimere tutta la sua domanda religiosa. In questo senso se l’uomo oggi dipende come dato di fatto, ma la libertà viene concepita come assenza di legami, lo strumento che più facilmente si utilizza per tagliare questi legami è il diritto. Questo è il tema di un altro incontro che mi troverò a moderare: “Il rovescio del diritto”: con Tommaso Epidendio, Giudice del Foro di Milano e Assistente alla Corte Costituzionale, e con il Professor Carter Snead dell’Università di Notre Dame negli Stati Uniti, svilupperemo l’idea che oggi sia ha una tale paura della libertà che si rinvia tutto alla regola, come se un insieme di regole perfette possano impedire il male o l’atto immorale. Nei manuali di diritto, quando io studiavo, si affermava che la differenza tra gli atti e i fatti è che gli atti dipendono dalla volontà delle persone, mentre i fatti sono quelle cose su cui la volontà dell’uomo non può intervenire. Mi ha sempre colpito che, ad esempio, nascere e morire son sempre stati considerati fatti, cioè non prodotti della volontà dell’uomo ma dati di fatto rispetto ai quali l’uomo non può farci nulla. Oggi invece la tecnica ci dice che lo scenario è completamente diverso: nascere e morire diventano prodotto di una decisione. Il diritto diventa il grande strumento attraverso il quale si cerca di ottenere quello che la natura, la biologia e la società non consentono all’uomo, cioè tagliare i legami. Provando a risalire alle cause di tutto questo, il terzo incontro che modererò s’intitola “Chi ha secolarizzato l’Europa?”: una di-

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scussione con Brad Gregory, Professore di Storia dell’Università di Notre Dame nell’Indiana, uno dei più promettenti e importanti studiosi storici oggi viventi negli Stati Uniti, che ha scritto il libro “The Unintented Reformation” sulla riforma protestante. Con lui ci sarà il Professor Mauro Magatti e Adrian Pabst, che insegna all’Università di Kent. Con loro cercheremo di approfondire qual è la condizione della libertà oggi partendo dalla riforma di Lutero, perché l’idea fondamentale espressa nel libro è che Lutero non voleva che la religione diventasse un aspetto privato e che il metodo usato per riformare il cristianesimo ha prodotto risultati non previsti, “unintented” appunto. Allora avendo individuato qual è l’origine, l’unica via d’uscita è riappropriarsi dell’integralità della proposta della fede proprio come rivitalizzazione della stessa società. Questo è quanto cercheremo di fare in questi tre appuntamenti al Meeting. Emilia Guarnieri Io mi permetto di aggiungere solo una piccolissima idea a tutto quello che è stato detto. Sono due le grandi questioni sottese al titolo di quest’anno: una è il tema delle periferie e l’altra è questo bisogno di non essere soli. Che cosa sia periferia non credo che serva ulteriormente descriverlo e raccontarlo: viviamo in un mondo dove ormai veramente è tutto periferia, cioè tutto è qualcosa che richiede o richiederebbe un centro che lo incontrasse, tutto è un mondo rispetto a cui aprire le finestre o da andare a incontrare, carico di una domanda che, appunto, il destino non lasci soli. Ecco, il Meeting si muoverà in questo orizzonte. Allora, l’unica speranza che in tutto questo contesto noi possiamo avere, in tutte queste periferie, è che ci siano uomini disposti a rimettere in campo il proprio

cuore, a rimettere in campo il proprio desiderio, il proprio sano desiderio di giustizia, di verità. O ci si riaffida a questo che il Meeting probabilmente chiamerà “il potere del cuore”, o altrimenti se lo scetticismo e la inevitabilità del calcolo prevale, la speranza non c’è. Mi permetto una citazione di don Giussani tratta da un’intervista al Corriere nel 1992: «Chissà se questo desiderio di rendere meno difficile la vita dei propri figli sfondi a un certo punto l’orizzonte, cioè se chi ha questo desiderio capisca che per poterlo realizzare ha bisogno di un ideale, di una speranza… Io penso che si possa sperare questo. Per esempio - siamo nel’92 - certi aspetti dell’islam e dell’ebraismo sono così, quando parlo di trasversalità penso soprattutto a certi uomini ebrei e a certi uomini dell’islam che sembrano i più vicini a quello che abbiamo detto prima alla sensibilità che può sfondare l’orizzonte». Anche quest’anno il Meeting cercherà uomini capaci di questo “respiro del senso”, capaci e desiderosi di sfondare l’orizzonte. In questo, io credo, abbiamo sempre creduto come Meeting, perché a questo siamo stati sempre edu-

cati: ciò che fa la differenza nella vita è solo l’esperienza, ciò che fa la differenza nella vita sono uomini che vivono e che mostrano un vivere. Ma uomini che vivono e mostrano un vivere sono uomini che hanno a che fare col lavoro, che hanno a che fare con l’imprenditoria, che hanno che fare con l’educazione, che hanno a che fare con tutti i drammi della vita. La storia del mondo, ma anche la nostra storia recente, ci ha mostrato che questo è possibile. Anche quest’anno il Meeting vorrà essere non solo la documentazione, ma veramente l’esperienza di storie di uomini, di desideri di uomini capaci di sfondare l’orizzonte, che hanno il coraggio di rimettersi insieme, che hanno il coraggio di lasciarsi sfidare dai grandi dell’oggi per verificare quanto il cuore abbia realmente un potere, quanto il desiderio, quanto il riconoscimento del ciò che è bene possa mettere insieme. Stiamo parlando di ciò che ha reso possibile l’Europa, perché l’Europa è nata così, da uomini ideologicamente diversi, nazionalisticamente diversi, che si erano combattuti fino al giorno prima, che a un certo punto hanno riconosciuto un bene possibile. Anche il Meeting è nato per un comune riconoscimento di qualcosa che avrebbe potuto in prospettiva rappresentare un bene. Tutto nella storia accade così, perché la libertà degli uomini a un certo punto sceglie in un modo o in un altro, sceglie per ciò che è bene, sceglie per ciò che è ideologicamente allineato a sé. Abbiamo sempre scelto in un certo modo e abbiamo sempre chiamato al Meeting uomini che ci documentassero che questo realmente costruisce, perché tutto quello che stasera è stato raccontato e che abbiamo visto è esattamente la testimonianza e una documentazione di una costruzione. Quindi appuntamento al Meeting. Appunti non rivisti dagli autori.

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Dalle periferie del mondo cristiano Il messaggio cristiano può essere fermento di creatività in ogni popolo? Come può la diversità umana essere fonte di arricchimento per l’altro? Qual è il valore della cultura e quindi dell’educazione in una realtà come quella africana? Di questo ed altro ne abbiamo parlato con S. E. mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, coinvolto in prima persona in una mostra sull’arte religiosa etiope e in un incontro al Meeting sull’immigrazione e il bisogno dell’altro. di Erika Elleri

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cone antiche, oggetti liturgici, stampe, disegni e manoscritti dell’arte religiosa etiopica, questo ed altro sarà esposto nella mostra “Dalle periferie della Cristianità L’ETIOPIA INNALZERÀ A DIO LE SUE MANI. Immagini di una tradizione millenaria”, dal 24 al 30 agosto al Meeting, la quarta tappa di un tour iniziato nel 2009 a Venezia e continuato a Pordenone e a Vicenza. Qual è il significato e il messaggio di questa mostra oggi? Alle periferie del mondo cristiano, nelle regioni remote dove la fede si è sviluppata ed ha marcato la popolazione locale senza troppi riconoscimenti politici e culturali dal centro, non mancarono sorprese. L’Etiopia, l’affascinante regno del Prete Gianni, che nella fantasia europea significava il cristianesimo misterioso dell’Africa, è un esempio eccezionale. Sul vasto altopiano etiopico per secoli la fede fu trasmessa attraverso monaci dall’ascetismo austero, da una liturgia coinvolgente e originale di canti, tamburi, sistri, splendidi vestimenti dei sacerdoti, croci che nei loro molteplici stili indentificavano le varie regioni, icone dai colori vivaci e raffigurazioni impressionanti da rimanere ben impresse nel cuore

del fedele. La mostra intende rendere visibile la fecondità del messaggio cristiano come fermento di creatività in ogni popolo. La diversità che ne deriva, pur partendo da una fonte unica, segna un arricchimento per tutti. È una lezione utile oggi quando

la globalizzazione non deve appiattire, ma far emergere e apprezzare l’apporto di varie tradizioni. L’espressione artistica non è una reliquia del passato; mantiene un’intuizione originale che si traduce in bellezza duratura. In questo senso la mostra stimola a scoprire le sorprese sempre possibili quando si cerca davvero di conoscere l’altro, i suoi talenti e le sue esperienze. E questo si applica anche nel contesto dell’esperienza del sacro. Conosciamo la sua grande attenzione rivolta alla Chiesa Etiope e il suo coinvolgimento nel portare a compimento la costruenda Università Cattolica San Tommaso d’Aquino di Addis Abeba, progetto sostenuto da Papa Francesco e che verrà promosso anche al Meeting con un corner apposito situato alla fine del percorso della mostra. Qual è per Lei il valore

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della cultura e quindi dell’educazione in una realtà come quella africana e come può contribuire al miglioramento della qualità della vita, in un tale contesto di povertà? La storia cammina. Il cristianesimo etiope ha accompagnato l’evolversi del Paese nella sua storia millenaria difendendo la sua identità, adattandosi lentamente all’inevitabile modernizzazione. Oggi il contributo che dà è quello di un aiuto efficace all’educazione per uno sviluppo integrale delle persone e del Paese. La piccola comunità cattolica, per esempio, gestisce più di 360 scuole elementari e high schools. Mancava un istituto superiore di educazione, che ora è in costruzione in un vasto terreno dato dal Governo etiope in Addis Abeba per il campus di questa nuova realtà educativa. Dare la possibilità ai giovani dell’Etiopia, che sono la metà dei più di 90 milioni di abitanti, di affrontare il futuro con una preparazione adeguata mi pare la strada maestra da percorrere per lo sviluppo del Paese. Va poi sottolineato che la grande maggioranza degli studenti delle scuole cattoliche sono Ortodossi e Musulmani che imparano sui banchi della scuola a vivere assieme, conoscersi e accettarsi con le loro caratteristiche diverse. La nuova università vuole appunto provvedere informazioni tecniche ma anche una formazione umana che valorizzi quei diritti umani fondamentali che garantiscono la convivenza pacifica e costruttiva. La lotta contro la povertà e il sottosviluppo si vince soprattutto facendo di ogni persona un protagonista del suo futuro sensibile alla solidarietà con gli altri e aperto a praticarla onestamente. Quest’anno al Meeting parteciperà ad un incontro dal titolo “L’immigrazione e il bisogno dell’altro: Italia, Europa, mondo”, un tema più che mai attuale visto il numero considerevole di rifugiati e di migranti. Un movimento di popoli di culture e fedi differenti, provenienti da periferie geografiche, che sicuramente ci interpellano a trovare nuove soluzioni di convivenza e

di confronto. Da nunzio apostolico presso le Nazioni Unite come vede la situazione attuale? Ogni continente, Sud e Nord, è oggi coinvolto nelle migrazioni. I 240 milioni di persone che vivono e lavorano in un Paese diverso da quello in cui sono nate e i 700 milioni di migranti interni fanno sì che una persona su 7 sia coinvolta nella mobilità umana. Se poi pensiamo alle famiglie e ad altre persone legate ai migranti, per una ragione o l’altra, ci rendiamo conto che assistiamo ad un aspetto della società contemporanea che non ci può lasciare indifferenti. Le migrazioni sono la luce rossa d’allarme che segnala che qualcosa non funziona. Squilibri economici, violenza e disastri naturali sono spesso alla radice della decisione di emigrare. La comunità internazionale ha fatto grandi passi nella ricerca di una gestione più umana e ordinata delle migrazioni. Dopo l’impatto iniziale problematico, le migrazioni sono di beneficio ai paesi di partenza, di arrivo e ai migranti stessi. Infatti diventano una componente importante per lo sviluppo. Rimangono tuttavia dei problemi aperti davanti alle emergenze di quanti cercano un rifugio, usando mezzi e vie che spesso portano alla morte, le carrette del mare, i cammini attraverso il deserto. In breve, direi che la protezione dovuta ai migranti richiede tre importanti azioni da parte della comunità internazionale e dei singoli stati: l’applicazione dei diritti umani fondamentali, che non conoscono frontiere, anche ai migranti e non farli capri espiatori di frustrazioni nazionali; aprire nuove vie legali sicure per chi cerca la sopravvivenza, in particolare per i bambini soli; correggere le politiche che con-

tinuano a mantenere le cause delle migrazioni immutate, sostegno dato alle guerre e al controllo economico a tutti i costi. Ma le migrazioni non sono solo la faccia della disperazione; sono il richiamo che siamo una sola famiglia umana, in cui il bene di ognuno è il bene di tutti.

DALLE PERIFERIE DELLA CRISTIANITÀ L’ETIOPIA INNALZERÀ A DIO LE SUE MANI. Immagini di una tradizione millenaria A cura di Giuseppe Barbieri PIAZZA C5 – Rimini Fiera

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Generare bellezza Ecuador, Brasile, Kenya. Al Meeting una mostra racconterà il viaggio in tre tappe di John Waters, alla ricerca di cosa può far rinascere la persona ovunque. di Stefano Pichi Sermolli

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ohn, raccontaci: cosa hai scoperto nei tuoi viaggi e qual è la cosa che ti è rimasta più impressa? Sono partito guardando alla mia coscienza. Mi sono domandato che cosa sia la povertà, che cosa significhi essere poveri, veramente e essere lì mi ha aperto gli occhi. Anche se si è animati dalle migliori intenzioni e da una certa apertura, è naturale, forse troppo facile, cadere in un certo schema quando guardiamo certe cose. Io pensavo che la povertà fosse un problema tecnico, un problema materiale che potesse essere risolto con soldi o cibo. Invece questo viaggio mi ha fatto emergere certe domande, mi ha permesso di vedere con più chiarezza, come ad esempio è successo a San Paolo: la povertà è solitudine, isolamento ed esclusione, ma non nel senso economico del termine, ma più radicale, perché implica il non essere parte della comunità e questo è un problema molto serio. Ho visto molto chiaramente il lavoro che Avsi e il CREN stanno facendo sulla malnutrizione, una condizione sintomo importante della povertà nelle famiglie, ma anche un sintomo molto più profondo d’isolamento e marginalizzazione, dell’essere esclusi dalla società, una ferita molto profonda nella famiglia che non guarisce nemmeno quando viene fornito il cibo, perché è una

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cosa che può rimanere nelle generazioni, una ferita profonda che ha molti effetti collaterali e ha a che fare con l’amnesia. L’abbiamo visto anche in Ecuador dove le persone vengono da molto lontano per insediarsi nelle città e iniziare una nuova vita, per fare una nuova famiglia: perdono la loro memoria, perché non sono connessi con la loro famiglia e comunità d' origine. La povertà è questo. È una cosa che si rimedia con l’educazione ma non solo, ci vuole un’amicizia, una compagnia. Che esperienza farà chi visiterà questa mostra? La mostra vi farà pensare, farà emergere molte domande, questo è quello che ci auguriamo. Non dare risposte, perché la risposta è qualcosa che ti cambia e chiede un completo coinvolgimento e tempo. Quello che ci interessa è sollecitare una riflessione personale, perché queste sono domande fondamentali per tutti noi. Una periferia non è qualcosa che sta al di fuori: in realtà è il centro, luogo dove si trova l’essere umano. La periferia è dove dobbiamo essere, non solo dal punto di vista geografico ma soprattutto psicologico e spirituale. L’impegno a seguire la mostra verrà ricompensato dall’emergere di queste domande; a me ad esempio ha fatto emergere molte domande alle quali

pensavo di avere già risposto. È qualcosa che vale la pena fare. Generare bellezza. Che esperienza hai fatto di questa bellezza preparando la


IN-MOSTRA 2014 come dicevo prima è il suo antidoto. Una volta che ci rendiamo conto della bellezza in noi stessi, siamo in grado di superare quella sensazione di accidentalità, di "non essere", di cui il mondo cerca di convincerci. Non sto parlando solo di povertà materiali: quanto detto vale per tutti noi, sia che ci pensiamo ricchi, sia che ci pensiamo poveri. La mostra racconterà un nuovo inizio, in che modo? Il nuovo inizio è incominciare da capo ogni giorno con una proposta nuova per noi stessi, una nuova possibilità di scoprire chi siamo in maniera più profonda, farci delle domande alle quali pensavamo di avere già risposto, per guardare in maniera nuova le persone che pensiamo di conoscere; in sostanza pensare a pensieri nuovi. Questo è quello che abbiamo voluto fare con la mostra: chiederci in maniera più approfondita che cosa sia la povertà, che cosa significhi accompagnare qualcuno, che cosa Cristo mi stia chiedendo di fare, tutte domande che ci interrogano e che ci rendono scomodi se non le riconosciamo e che cerchiamo di superare con tutte le cose che crediamo di avere. Ma è nel nostro interesse riconoscerle e interessarci al benessere degli altri. La nostra vita è paradossalmente migliore quando diamo, quando ci diamo. Quando offriamo otteniamo molto di più in cambio. Questo è un nuovo inizio.

GENERARE BELLEZZA. Nuovi inizi alle periferie del mondo. A cura di John Waters e Fondazione AVSI

I piccoli alunni della scuola “Little Prince” di Kibera, Kenya. mostra? Una delle cose che abbiamo scoperto viaggiando e preparando questa mostra è che l’antidoto alla povertà è la bellezza: la risposta a come ispirare qualcuno a

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divenire pienamente se stesso è il renderlo conscio della bellezza che lui stesso è. Fare questo è dargli tutto. Per questo credo che bellezza sia una parola che debba accompagnare la parola povertà, perché

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AL MEETING DI RIMINI DAL 24 AL 30 AGOSTO

Un pezzo di legno non è solo un pezzo di legno VISITA LA MOSTRA DEDICATA ALLA FILIERA ITALIANA DEL LEGNO ARREDO E PARTECIPA OGNI GIORNO AGLI INCONTRI TEMATICI CON TESTIMONI E IMPRENDITORI FEDERLEGNOARREDO - PAD. C1 www.federlegnoarredo.it

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Dalla Badia alla Cina. San Giuseppe Freinademetz La storia del sacerdote missionario di fine XIX secolo diventa parte del nutrito programma di mostre ed esposizioni della XXXV edizione del Meeting. di Elio Sindoni San Giuseppe Freinademetz è vissuto alla fine del XIX secolo (1852-1908), quarto di tredici figli di una famiglia contadina. La vita in famiglia era dura ma sostenuta da una fede vissuta con semplicità e incarnata nella quotidianità. Non a caso, parte importante della giornata era dedicata alla preghiera comune, nella quale veniva sempre riservato uno spazio per gli altri: per l’amico ammalato, per il defunto di cui si era venuti a conoscenza, per i bisognosi del mondo. Studente modello, molto educato e di buone maniere, già negli anni del seminario rimase profondamente colpito dalle parole di alcuni missionari lì invitati per una testimonianza; risuona nel suo cuore la citazione del versetto 4,4 delle Lamentazioni del profeta Geremia: “I bambini chiedevano il pane, e non c’era chi lo spezzasse per loro!”. Il giovane seminarista capisce che quello che ha incontrato nella sua famiglia e che ha approfondito negli anni non può essere solo per lui: deve farlo conoscere ad altri, in particolare ai più lontani e bisognosi. Nasce così in lui il desiderio di farsi missionario. Ordinato sacerdote, gli viene assegnato il ruolo di coadiutore a San Martino, paese a pochi chilometri da Oies. Giuseppe è felice di stare nella sua amata Badia, svolge volentieri i suoi doveri e il suo lavoro; gli abitanti lo considerano uno di loro e i bambini, ai quali insegna a leggere, scrivere e catechi-

smo, gli sono particolarmente affezionati. Il giovane prete potrebbe dirsi soddisfatto, ma c’è una cosa dentro di lui che lo tormenta: il pensiero della missione non lo abbandona. Quando giunge nella sua parrocchia la richiesta di sacerdoti da parte della congregazione dei Missionari Verbiti (appena fondata da Padre Arnoldo Janssen) decide di partire per Steyl in Olanda, giungendo alla casa madre della congregazione. Dopo meno di un anno è in partenza per la Cina. Prima d’imbarcarsi ad Ancona passa per San Martino e per Oies: il distacco dai suoi è dolorosissimo, non li rivedrà mai più. Arriva ad Hong Kong dopo 35 giorni di navigazione.

Il primo approccio con il mondo cinese non è certo dei migliori: l’accoglienza che riceve non è per niente lusinghiera, tanto che Freinademetz inizialmente si fa una pessima idea sui cinesi e sulle loro abitudini. Solo la certezza del valore di quello che ha da comunicare non lo fa desistere. Fa suo il motto di San Paolo “greco tra i greci” e diventa “cinese tra i cinesi”, apprendendo rapidamente a parlare e scrivere in cinese e condividendo da vicino la loro vita, fino ad assumerne e valorizzarne usi e costumi. Questo atteggiamento segna la svolta: il popolo cinese comincia a conoscere Freinademetz, o meglio Fu Shenfu, come decise di chiamarsi, e a seguirlo. Nell’arco dei quasi trent’anni trascorsi in Cina, l’amore di Fu Shenfu per i cinesi cresce a dismisura: in una lettera ai suoi parenti scrive: «Io amo la Cina e i cinesi e sarei pronto di morire mille volte per loro. Ora che non ho più grosse difficoltà con la lingua e conosco le tradizioni del popolo, considero la Cina come la mia patria, dove io desidero morire». Attraverso una serie di fotografie e, soprattutto, grazie alle numerose lettere che Freinademetz scrisse durante tutto il periodo della sua vita a parenti e amici, la mostra allestita in occasione del Meeting seguirà il percorso del Santo, dalle stupende montagne della Badia agli sconfinati paesaggi dello Shantung, dove svolse la sua missione.

SAN GIUSEPPE FREINADEMETZ. Un missionario della Val Badia in Cina

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Segreteria di Stato Affari Esteri Segreteria di Stato Istruzione e Cultura Segreteria di Stato Turismo Segreteria di Stato Industria, Artigianato e Commercio Segreteria di Stato Finanze e Bilancio Segreteria di Stato Lavoro Segreteria di Stato Territorio e Ambiente Segreteria di Stato Sanità e Sicurezza Sociale

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MEETING 2014 - PROGRAMMA EVENTI-INCONTRI PRESSO LO STAND DELLA REPUBBLICA DI SAN MARINO - Pad. C2 Stand 04 Domenica 24 Agosto – Incontro L’arte per la pace e presentazione delle mostra Figli di Abramo Ore 17.00 - FIGLI DI ABRAMO. l’Arte per la pace.. Le tre religioni monoteiste si confrontano attraverso l’arte sacra contemporanea, riconoscendo i tanti punti in comune che traggono origine dall’unica appartenenza: dialogo e reciproco riconoscimento, presupposti per la pace. Intervengono esponenti delle religioni cattolica, ebraica e mussulmana e gli artisti che con le loro opere hanno dato vita all’esposizione ospitata fino al 31 agosto al Museo San Francesco di San Marino e che verrà poi trasferita ad Assisi a corredo della giornata della preghiera interreligiosa del 27 ottobre. Sarà presente Giuseppe Maria Morganti, Segretario di Stato per l’Istruzione e la Cultura.

Lunedì 25 Agosto – Incontro sui Piccoli Stati e presentazione corsi di laurea dell’Università

ore 15.00 - I piccoli Stati nella grande Europa. Interverrà Pasquale Valentini, Segretario di Stato per gli Affari Esteri.

Ore 17.00 - Presentazione dei corsi di laurea dell’anno accademico dell’Università degli studi della Repubblica di San Marino. L’offerta formativa è ampia, dai corsi di laurea triennali e magistrali ai master, dall’ alta Formazione al Dottorato di Ricerca in Studi Storici. Caratteristiche dell’Ateneo sono l’elevata qualità scientifica e culturale del corpo docente e dei servizi agli studenti, offerti nelle diverse sedi dell’Università, collocate in un contesto ambientale e architettonico unico. Interverranno Giuseppe Maria Morganti, Segretario di Stato per l’Istruzione e la Cultura e Direttore del Rettorato Maria Sciarrino.

Martedì 26 Agosto – Incontro sullo sviluppo economico e l’incubatore d’impresa

ore 15.00 – Lo sviluppo economico riparte dall’innovazione. Le prime start–up dell’Incubatore d’impresa, Techno Science Park RSM-IT. Interverranno Marco Arzilli, Segretario di Stato per l’Industria, Artigianato e il Commercio, Giuseppe Maria Morganti, Segretario di Stato per l’Istruzione e la Cultura, Antonella Mularoni, Segretario di Stato per il Territorio e Ambiente,Nadia Lombardi, Direttore di Dipartimento dell’Economia, un rappresentante dell’Associazione Parchi Scientifici Tecnologici Italiano, Valentina Vicari, Referente Incubatore SMTSP, 2 start upper candidati a insediarsi nell’incubatore d’impresa.

Mercoledì 27 Agosto

Giornata dedicata all’enogastronomia sammarinese

Dalle ore 11.00 - Giornata dedicata all’enogastronomia con assaggi delle delizie sammarinesi offerti dal Consorzio Terra di San Marino (vini, piada, affettati, formaggi, mieli, biscotti), AD301 (Prodotti ecologici certificati), La Serenissima (antica fabbrica di torte), Antica Trattoria Jole (Gourmet di un’antica trattoria di San Marino), Rosa Repubblica di San Marino (Prodotti dai nobili petali della Rosa di San Marino). Sarà presente Antonella Mularoni, Segretario di Stato per il Territorio e Ambiente.

Giovedì 28 Agosto

- Incontri sulla riforma del Mercato del Lavoro e il Turismo Accessibile Ore 15.00 - Nuovi orientamenti per la disciplina dei rapporti di lavoro. Interverrà Iro Belluzzi, Segretario di Stato per il Lavoro. Ore 16.30 - Quando l'etica crea sviluppo economico - a San Marino la Conferenza Europea dell'OMT sul turismo accessibile. Interverranno Teodoro Lonfernini, Segretario di Stato per il Turismo e Francesco Mussoni, Segretario di Stato per la Sanità e Sicurezza Sociale.

Venerdì 29 Agosto – Incontri su Pace e Diritti Umani e sull’EXPO 2015 Ore 15.00 - Pace e diritti umani: l'impegno di San Marino negli Organismi multilaterali. Interverrà Pasquale Valentini, Segretario di Stato per gli Affari Esteri. Ore17.00 - San Marino Verso l'Expo 2015. Interverranno Teodoro Lonfernini, Segretario di Stato per il Turismo e Mauro Maiani, Commissario Generale del Governo per l'Expo Milano 2015.

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SPETTACOLI 2014

Il ragioniere di Dio

Dialogo con Giampiero Pizzol, autore di “Matteo, ragioniere di Dio” spettacolo in scena giovedì 28 agosto 2014 alle ore 21.45 presso il teatro Novelli di Rimini.

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di Roberto Neri

n una sperduta periferia del Grande Impero Romano vive parsimoniosamente un piccolo ragioniere di nome Matteo. Un uomo abituato a fare il proprio tornaconto, come qualunque altro uomo ragionevole a questo mondo. Ma il destino non lo lascia solo con la sua ristretta esistenza di perdite e guadagni, addizioni e sottrazioni. Tutto può capitare su questa terra, anche di incontrare Dio. Questo è “Matteo, ragioniere di Dio”, monologo teatrale in chiave comica in scena giovedì 28 agosto 2014 al Teatro Novelli di Rimini, parte della ricca programmazione di spettacoli e concerti della trentacinquesima edizione del Meeting. Una storia e un racconto inevitabilmente caratterizzati dal famoso “imprevisto” che irrompe in quel quotidiano dai tratti ordinari se non abitudinari, sconvolgendo la trama di consuetudini comode e assodate su cui, a volte inconsciamente, si stabilisce la propria dimora umana. E allora i conti non tornano più. Che cosa succede dunque? Contro ogni logica comune, è forse ragionevole alzarsi e andare, o meglio ricomporre con suddita caparbietà ciò che inevitabilmente si è infranto? Lo abbiamo chiesto a Giampiero Pizzol, attore, regista e autore, in questi giorni impegnato a Rimini per le prove generali dello spettacolo, di cui è creatore. Pizzol, com’è nata l’idea dello spettacolo “Matteo, ragioniere di Dio”? L'idea dello spettacolo è nata dall'espe-

rienza fatta insieme a Otello Cenci e Pietro Sarubbi sul testo Il mio nome è Pietro. Otello, vista l'efficacia di un testo popolare capace di sposare il genere drammatico a quello comico e scavare nella profondità del Vangelo, ha pensato a un seguito che però non fosse la ripetizione di questo ma la variante, com’è varia l'umanità di coloro che hanno seguito Cristo alla prima ora e com' è varia, strana, meravigliosa, sorprendente, piena di dolore e di allegria l' avventura di chi lo segue ora. Un po' ci siamo fatti influenzare dall'Uomo Vivo di Chesterton, anche questo un testo ricco di humor e travolgente bellezza. Del resto la letteratura cristiana quando è autentica non è mai triste e noiosa ma

appassionante e coinvolgente. Perché Matteo ha attirato la vostra attenzione? Cosa rappresenta? Matteo è il contrario esatto di Pietro. Anzi Pietro non lo amava, nessuno allora amava i pubblicani ovvero gli esattori delle tasse, lo ha amato solo dopo la Compagnia con Cristo. Mi ha colpito l’inizio del suo Vangelo che sembra una arida sequenza di nomi e numeri. In fondo i numeri erano la sua vita: un vero ragioniere. Allora mi sono chiesto: la ragione ha avuto parte nella sua adesione a Cristo? Da questa domanda è nato un testo che in qualche modo pone la questione fede-ragione, non in termini teorici ma esistenziali, pratici, addirittura irresistibilmente concreti e comici. E le sorprese non si sono fatte attendere. Matteo racconta i fatti come l’ultimo degli apostoli, il più piccolo, timido , isolato e un po’ incarna un tratto di tutti, quando siamo presi in una avventura più grande di noi. Se Pietro è il primo,

Andrea Carabelli, protagonista dello spettacolo “Matteo, Ragioniere di Dio”. AGOSTO 2014

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SPETTACOLI 2014

Matteo è l’ultimo eppure diventa il primo Evangelista. Dio davvero può cambiare anche i numeri in parole vive. E può prenderci tutti per quanto diversi siamo, anzi può cambiarci lasciandoci quel che siamo.

un modo per disprezzare e irridere, per far diventare volgari le cose. Invece qui si tratta di usare l’allegria per sottolineare non il male, ma il bene, non la bruttezza, ma la bellezza della realtà .

Fino a quando un evento “imprevedibile” sconvolge la sua vita. Che caratteristiche ha l’imprevedibilità? O meglio, cosa succede quanto “i conti non tornano più”? Matteo in quei pochi secondi in cui un raggio di luce caravaggesca colpisce il suo volto e la mano di Cristo lo chiama, traccia il bilancio della sua vita: un bilancio esatto, ragionevole, ma amaro. Ha tutto, ma non ha nulla perché la sua anima è vuota. E così parte senza una buona ragione. Parte sul filo di una speranza, parte perché è stanco, parte perché vuole qualcosa che non sa nemmeno lui. Ma poi il cammino con Gesù lo conquista passo dopo passo, lo convince, gli fa scoprire cos’ è ciò che cercava, illumina di luce piena la sua domanda oscura, perché il metodo del Maestro è la strada, gli incontri, gli avvenimenti. E comincia a capire che il cristianesimo non è una parola ma una vita. Alla fine trova tutte le ragioni per quel suo sì a Cristo e ce le racconta, ce le fa rivivere in scena: miracoli, parabole , uomini , donne, montagne, laghi. Nel seguire Cristo si guadagna il mondo intero. Il ragioniere ora comprende cos’ è il guadagno vero .

Lei è senza dubbio un “veterano” del Meeting: dalla sua prima partecipazione nel 1989 ha proposto al popolo del Meeting grandi spettacoli come “Manalive - un uomo vivo”, “Il mio nome è Pietro” e “Il Vangelo visto da un cieco”. Ci racconti: cosa ha significato in tutti questi anni partecipare al Meeting? Il Meeting è una casa con infinite porte e finestre ed è proprio il genere di casa che un commediante girovago come me può amare di più. Fin dai primi anni con Testori o con la Compagnia dell’Arca con il mitico Onore dei frizzi e poi con i più maturi Chesterton e altro, l’ho sempre vissuto come un appuntamento con il destino. Un destino semplice come quello di ritrovare un amico o di conoscere un grande maestro, il destino che mi ha fatto incontrare mia moglie e mi ha fatto pascolare i figli al Villaggio Ragazzi. Insomma un destino dal volto degli amici con cui hai una gran voglia di fare un bel pezzo di strada.

Lo spettacolo è, in sunto, un monologo sotto forma di racconto dai tratti inaspettatamente comici. Perché questa scelta? Perché la vita è così. Abbiamo bisogno di ricordarci che l’avventura cristiana non è sofferenza, ma gioia e libertà. Anche il dolore esiste, ma non la disperazione o la rabbia. Credo che questi monologhi siano un antidoto al coro di lamentele, di stanchezza, di rancore, di noia, di moralismo o immoralità che sale da tutte le parti nella società di oggi. Certo c’è nel mondo di oggi la parodia, il cabaret, ma spesso è

In conclusione, quali sono le “periferie” di Giampiero Pizzol? Io vivo a Forlì che è una periferia delle metropoli, ma le periferie sono anche le piccole città, i piccoli teatri, le strade che percorriamo con gli amici di Compagnia Bella, il gruppo nato dal teatro dell’Arca. Non replichiamo come attori negli stabili, ma piuttosto

Giampiero Pizzol.

negli instabili edifici delle parrocchie, delle scuole. Andiamo dove ci chiamano perché sappiamo per esperienza ormai trentennale che il miracolo del teatro non ha bisogno di altro che questo: qualcuno che racconta e qualcuno che ascolta in ogni luogo e in ogni tempo. E le storie sono ovunque: fiabe, musica, commedie, drammi che parlano non solo della periferia , ma del centro dell’ uomo.

MATTEO RAGIONIERE DI DIO L’uomo che non aveva messo in conto di scrivere il primo Vangelo Spettacolo teatrale Giovedì 28 agosto, ore 21.45 Teatro Novelli - Rimini

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Prrosscciiut P utto too di Pa P rm rmaa DO DOP P Pros Pr osci osci os ciut utto ut to di Sa S n Daaniiel e e DO D P

16 BUONE RAGIONI PER ESSERE UNICI.

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Note d’Oriente

Per la prima volta in Italia sbarcherà l’Orchestra Filarmonica Armena, diretta dal grande maestro Eduard Topchjan e costituita da elementi di prestigio internazionale, tra cui menzioniamo la violinista Anush Nikoghosyan. La maestria di questa importante orchestra ci guiderà in un viaggio sonoro da est a ovest, scandito da pezzi classici quali Tchaikovsky e andrà in scena martedì 26 agosto in Auditorium Intesa Sanpaolo D5 alle ore 21.45. Ma com’è nato tutto e cosa si dovrà aspettare il pubblico italiano? Questo e altro lo abbiamo chiesto al direttore artistico Topchjan che dirigerà l’orchestra durante il tour italiano. di Erika Elleri

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irettore, quest’anno avremo al Meeting di Rimini l’Orchestra Filarmonica Armena da lei diretta. Potrebbe raccontarci come è nata, la storia della fondazione dell’orchestra e qual è il segreto della sua fama internazionale? L’Orchestra Filarmonica Armena è nata ben 89 anni fa ed è tuttora considerata il punto di riferimento della musica orchestrale e professionale dell’Armenia. È stato così fin dai suoi esordi, imponendosi come il gruppo di musica sinfonica più importante dell’Armenia. Infatti, nomi illustri di direttori hanno contribuito a renderla tale. Per citarne qualcuno ricordiamo: Alexander Melik-Pashayev, Willy Ferrero, Carlo Zecchi, Franz Konvichny, Kurt Masur e Valeri Gergiev, Kancheli, Sofya Gubaidullina, Rodion Shchedrin, Aram Khachaturian, Dmitry Kabalevsky e Krzysztof Penderecki. Fin dalla sua fondazione l’orchestra ha eseguito in particolar modo brani classici. Sono apparsi con questa orchestra molti degli artisti più importanti a livello mondiale, quali David Oistrach, Sviatoslav Richter, Mstislav Rostropovich, Emil Gilels, Renato Bruson, Steven Isserlis, Misha Mayski, Sergei Nakariakov, Boris Berezovski, Natalia Gutman, Giuseppe Giacomini, Isabelle

Faust, Julia Fischer, Pinchas Zukerman, Gidon Kremer, Yuri Bashmet, Placido Domingo, musicisti americani affermati ed emergenti e tanti altri. Nonostante sia geograficamente lontana dai centri culturali affermati d’Europa, l’APO mantiene il suo posto di prestigio nel panorama musicale mondiale. Questo richiede un lavoro assiduo, minuzioso ed onesto. Sono convinto che la nostra orchestra abbia avuto un tale

successo internazionale, perché suoniamo ogni nota con grande passione, cura e responsabilità. Qual è il repertorio principale eseguito dall’orchestra e quali brani porterà al Meeting di Rimini? Come le più grandi orchestre del mondo, l’APO ha un repertorio ampio. La musica sinfonica armena ha un ruolo molto im-

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1883. edison porta La Luce eLettrica aLLa prima deLLa scaLa aprendo La stagione europea deLL’energia. Le donne e gli uomini di Edison non hanno mai smesso di credere nel progresso. Per primi hanno portato la luce elettrica in Europa, illuminando il Teatro alla Scala. Per primi hanno aperto la strada all’espansione dell’industria italiana, elettrificando il Paese. Scopri la nostra storia su edison.it

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SPETTACOLI 2014

portante nel nostro programma, tanto che vengono inserite sempre nuove scoperte musicali, purtroppo non molto conosciute al pubblico europeo o mondiale. Così l’APO fa parte delle tradizioni esecutive della musica armena nel mondo. Nel panorama odierno credo che la particolarità dell’orchestra stia nel fatto che siamo appassionati dei compositori viennesi classici, anche se il nostro stile di esecuzione è più simile a quello del direttore d’orchestra austriaco Nikolaus Harnoncourt, dove i principi storici di esecuzione sono un punto di partenza per dare forma ad altre interpretazioni musicali rilevanti del nostro tempo. Mozart e Beethoven hanno un ruolo rilevante tra i nostri brani e in Italia suoneremo il “Concerto per flauto e arpa” di Mozart e pubblicizzeremo il nostro ultimo CD uscito con OEHMS Classics (Germania) con i concerti per piano di Mozart. Non mancherà anche la musica romantica: Brahms, Tchaikovsky, Bruckner e Mahler, le cui opere sono significative per la nostra esecuzione, tanto da suonarle spesso. Infatti, il

popolo armeno ha una sensibilità spiccata e questo tipo di musica, suscitando emozioni forti, viene particolarmente apprezzata. Nel nostro repertorio si trova anche la musica lirica italiana, specialmente Verdi e Puccini, ma anche la musica del Verismo, che amo molto e con la quale abbiamo conseguito ottimi risultati1 . Non nascondo che subiamo l’influsso della cultura russa e sovietica a noi geograficamente vicina ed eseguiamo volentieri anche le migliori opere di Mussorgsky, Tchaikovsky, Prokofiev, Shostakovich e Khachaturian. In Italia, durante il nostro tour, suoneremo in particolare la “Sinfonia No 6” di Tchaikovsky, “Scheherazade” di Rimsky-Korsakov, “Una notte sul Monte Calvo” di Mussorgsky e “Concerto per violino” di Khachaturian. Come considera dunque questo vostro primo viaggio in Italia? L’Italia per noi e per il mondo intero è uno dei più importanti centri culturali della storia e una delle nazioni più musicali al

mondo. Per questo, siamo molto lieti di presentare la nostra orchestra in un tale Paese, la consideriamo una grande opportunità per noi. Il nostro slogan è “Un viaggio musicale da Est a Ovest” e il programma proposto, che comprende Khachaturian, Rimsky-Korsakov, Tchaikovsky e Mozart, lo può illustrare. Questo è un invito da parte nostra a sperimentare un grande viaggio musicale insieme a noi. Come può la musica arrivare alle periferie del mondo e aiutare all’amicizia fra i popoli? Sono convinto che l’arte abbia il linguaggio più delicato e sia più consona a generare emozioni forti. In particolar modo, la musica di alto livello ha in sé il potere di salvare il mondo attraverso la sua bellezza, che è al tempo stesso umana e divina. Per la mia esperienza, la musica classica può essere grande amica dell’uomo; è talmente poliedrica e ricca di sfumature che si riesce a trovare la musica giusta per qualsiasi stato d’animo. Credo dunque che il compito principale dell’APO sia quello di stabilire un’amicizia tra i popoli, riproponendo i migliori esempi di musica classica che ricordano la genesi divina dell’umanità.

Nel Novembre 2013 il Maestro Topchjan ha ricevuto l’Ordine al Merito del Lavoro italiano per i risultati conseguiti suonando la musica italiana in Armenia. 1

ARMENIAN PHILARMONIC ORCHESTRA Direttore d’orchestra: Eduard Topchjan Martedì 26 agosto, ore 21.45 Auditorium Intesa Sanpaolo D5 - Rimini Fiera

Eduard Tophjan.

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SPETTACOLI 2014

Meeting 2014: tempo di musica

Concerti e musica dal vivo, ogni sera nell’area piscine ovest a partire da lunedì 25 Agosto. di Roberto Neri

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l Meeting è certamente incontri, mostre e grandi spettacoli. Ma il Meeting è da sempre anche passione per la musica: ricco di proposte e momenti esclusivi, torna anche quest’anno l’immancabile appuntamento con i concerti live nell’area piscine ovest della Fiera di Rimini. Un calendario di eventi unici all’insegna della grande passione musicale che da sempre caratterizza le serate del popolo del Meeting. Si parte lunedì 25 agosto alle ore 22.00 con un concerto all’insegna del rock folk americano anni ’60 e ’70. Sul palco il sound acustico di The Greenwich, cover band tutta italiana che devotamente omaggia il Greenwich Village della Grande Mela, storico quartiere da dove prese piede la famosa Beat Generation. Bob Dylan, Neil Young, Cat Stevens, James Taylor, Patti Smith, John Denver e Brian Adams sono solo alcune delle grandi star i cui cult compongono il repertorio di questo imperdibile live. Martedì 26 agosto si viaggerà a tutto rock con I believe in a promised land, concerto e reading musicale a cura di Andrea Monda e Antonio Zirilli. Attraverso le parole e la musica di grandi autori internazionali quali Bob Dylan, Bruce Spingsteen, Lonard Cohen, Johnny Cash, Nick Cave e gli U2, il duetto musicale metterà in luce l’influenza dell’immaginario biblico nei testi del rock e del folk americano, affrontando temi importanti come “il viaggio dell’uomo” attraverso le cadute e le rinascite, alla ricerca della terra promessa.

Mercoledì 27 agosto è la volta di Pier on Sunday: funky, rock e blues portati in scena da un gruppo di amici accomunati dalla grande passione per la musica. Una storia e un gruppo nato ai tempi dell’università, come spesso accade, e arrivato nel 2014 al suo undicesimo anno di attività. Ai “POS”, come li chiamano i fans, piace la musica e il loro unico desiderio è farla conoscere a tutti: accade così che i Queen fanno l’occhiolino a Jamiroquai, mentre dietro l’angolo si preparano i Creedence Clearwater Revival assieme a David Bowie e James Brown. Un grande inno alla musica di ieri e di oggi, tutto da ballare e ascoltare.

In un’unica parola: coinvolgimento. Alle atmosfere cantautorali il compito di chiudere la rassegna di concerti live del Meeting 2014. Giovedì 28 agosto tocca a Federico Viviani, classe 1977, fiorentino verace, che, come lui stesso racconta, “canta da quando ha scoperto di avere in gola due corde vocali”. Sul palco, la grande musica italiana, tra inediti e pezzi cult rivisitati come “Ciao, amore ciao” di Luigi Tenco, “Adesso tu” di Eros Ramazzotti in una inedita versione reggae, “Io che non vivo” di Pino Donaggio, “Ho bisogno di voi” degli Stadio e “Ragazzo Triste” di Patty Pravo. Appuntamento dunque al Meeting, area piscine Ovest, tutte le sere dal lunedì al giovedì alle ore 22.00, per divertirsi, cantare, ballare e scatenarsi all’insegna della grande musica internazionale.

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Canta per il mondo

All’interno dell’International Arena, nuova area spettacoli del Meeting dedicata alla musica e alla tradizione internazionale, l’esperienza di un gruppo di persone per cui la musica è diventata fattore di amicizia. di Roberto Neri

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etti un gruppo di persone, certo diverse per età ed esperienza, ma imprescindibilmente unite da un dono scoperto come alba sul mare e vissuto come amorevole adesione: la musica. Metti che queste persone, sul finire di febbraio, si domandano, così come è domanda ogni serio confronto con la realtà, come poter offrire questo dono coltivato, cullato e nutrito nel tempo, con impegno e premura di madre. E metti ancora che questa domanda, questa infinita occasione di vita ed esperienza, apra a quell’’infinito che è il tuo mondo, la tua città, la tua gente, i tuoi amici. È nato così CANTA PER IL MONDO, nome dato a un laboratorio di canto promosso dall’associazione di famiglie riminesi “Il Ponte sul Mare” assieme al gruppo vocale “Amarcanto” e la cooperativa di prevenzione al disagio giovanile “Centro Open”.Tre mondi, tre realtà unite in virtù di una stima e un’amicizia cresciuta negli anni, partendo da un reciproco impegno e condivisione sull’educazione. «Fin dalle prime prove, iniziate lo scorso marzo, il laboratorio brulicava di un desiderio e una domanda fuori dal comune” ci racconta Laura Amati, direttrice di Amarcanto, da anni impegnata nella direzione di cori polifonici e nell’insegnamento della musica. “Tanto che dal primo momento è stato

chiaro che questo esperimento doveva sfociare in qualcosa di pubblico. L’imprevedibilità di quello che stava accadendo e la gratuità che stavamo vivendo doveva in qualche modo uscire dal luogo in cui era nata, per diventare testimonianza in quelle periferie dell’esistenza cui Papa Francesco costantemente ci chiama».Nasce così, con quella “baldanza ingenua” spiegata dalla coscienza del significato, l’idea di un concerto, uno spettacolo pubblico e aperto alla città di Rimini. Il laboratorio si trasforma così in un popolo: per alcuni mesi, ogni giovedì pomeriggio, Laura e Anna insegnano a ragazzi e adulti canzoni provenienti da tutto il mondo, perché la musica popolare è un viaggio, una avventura in note dove è possibile sentire il calore del sole in una bossa-nova brasiliana, essere trasportati dalla potenza ritmica dell’Africa nera, partecipare della dolcezza e della forza dei canti maori della Nuova Zelanda, gridare il desiderio di libertà del popolo irlandese, sentire sulla pelle il vento dell’altopiano andino. La voce si sparge, non come chiacchiera da salotto ma come

vera rivoluzione che sorge da ciò che accade. A mano a mano il coro s’ingrandisce, componendosi di persone apparentemente diverse tra loro: uomini in “giacca e cravatta” appena usciti dagli uffici, madri con figli ancora piccoli, donne non italiane, ragazzi che frequentano il Centro Open, persone semplicemente appassionate di canto e musica. «Da subito è stato evidente che ciò che rendeva possibile un’unità così inaspettata non era solo una particolare sensibilità artistica, ma il fatto che la musica fosse lo strumento per comunicare una vera attenzione all’altro, valorizzarlo e stimarlo a prescindere da qualsiasi condizionamento sociale, culturale e anagrafico» continua a raccontarci Laura, “ci siamo guardati reciprocamente come un bene e, pian piano, è cresciuta tra noi la consapevolezza che l’altro è indispensabile per realizzare un bel coro e migliorare la propria voce, ma, soprattutto, che quel rapporto inaspettato è anche la possibilità per la propria crescita umana”. Il “corone”, così come è stato affettuosamente ribattezzato da alcuni dei suoi componenti, si esibisce in unica data il 17 maggio 2014 presso il teatro Novelli di Rimini, con un sorprendente sold out. L’intero incasso della serata viene devoluto ad AVSI per il progetto “Tende 2014”. Il corone sarà protagonista anche al Meeting: Canta per il mondo si esibirà nuovamente mercoledì 27 agosto alle ore 20.00 all’interno dell’International Arena Frecciarossa1000 B7, nuova area spettacoli dedicata a musiche e balli della tradizione internazionale. Perché cantare è sempre un’immedesimazione, è sempre un cedere qualcosa di te: non per perdere, ma per spalancare.

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Teatro e marionette: storia di un “profeta minore” Dieci anni fa moriva fratel Ettore. Camilliano, spese la vita per i poveri. «Si vedeva subito il mistero della santità». In attesa di vederlo a Rimini in occasione della XXXV edizione del Meeting, siamo andati a curiosare nel dietro le quinte di “Sabatino”, spettacolo teatrale dedicato al frate brianzolo.

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ittoria è “alla pioggia”. Puntuale, fa partire da dietro le quinte un fascio di luce colorata che simula lo scorrere delle gocce, scaglie verdastre sul telone bianco. L’effetto è di un acquazzone, tra lo psichedelico e il retrò. Sul palco, Renata e Vittorio fanno leggere il giornale a Sabatino, un manichino artigianale “stile De Chirico”. Hanno le braccia legate con un elastico ai polsi della grande marionetta. Gliele prestano, per dargli vita. All’improvviso il regista interrompe le prove, si gira verso il piccolo pubblico, per poi ritornare ai suoi attori: «Abdul, come si dice “piano” in francese?». La voce di Abdul risuona di là dal grande telo scaldato dal fascio di luce:

«Doucement». Ma l’invito a muoversi più lentamente è per Marin, anziano un po’ ricurvo, bulgaro, che non sa una parola d’italiano, ma neppure di francese. E che, per imparare ogni scena, deve prima vederla fare da un altro. Una scena di ‘’Sabatino’’, dedicato a fratel Ettore. Piove per finta in scena e fuori per davvero, con le gocce che rimbalzano sul tetto del magazzino di “Casa Betania delle beatitudini” a Seveso, nel cuore della Brianza, una comunità “rifugio” dove da qualche mese tutti i pomeriggi si svolgono le prove dell’ultimo nato fra gli spettacoli della comunità di fratel Ettore: Sabatino, appunto. Otto persone della comunità, gli attori. Più uno: il manichino che

Alcuni componenti della compagnia “Teatro della Misericordia” di Opera Fratel Ettore

dà il nome allo spettacolo, creato dal regista stesso, Emanuele Fant. Quello di Seveso è uno dei sei rifugi nati dall’opera del servo di Dio fratel Ettore Boschini, camilliano dal carisma travolgente, che dal 1979 alla sua morte si è speso totalmente per i poveri. I primi li recuperò sotto i ponti della Stazione Centrale di Milano. Fino a costruire luoghi di accoglienza e vita in comunità per tanti che in strada sarebbero morti. Apostolato di strada, coroncine regalate ai lavavetri e la continua preghiera del Rosario. Anche con il megafono, se serviva. Chi ha vissuto con lui ricorda il suo vivere di Provvidenza in modo radicale». E che “si vedeva subito in lui il mistero della santità”. Non a caso Ettore dei poveri era stato il titolo del primo spettacolo di marionette che gli avevano dedicato nel 2012. Quest’anno Sabatino sarà al Meeting di Rimini, in pendant con il titolo “Verso le periferie del mondo e dell’esistenza. Il destino non ha lasciato solo l’uomo”. «Sabatino è stato uno dei primissimi aiutanti di fratel Ettore», spiega Fant. Gracile di salute, è morto a trentacinque anni di polmonite, presa dopo aver scaricato sotto la pioggia un furgone di vestiti per i poveri. Veniva dal Sud Italia, Sabatino. Quando arrivò a Milano, si trovò catapultato in una città ricca e avanzata, un centro “propulsore” del Paese. Ma assieme al progresso incontrò anche tantissima miseria. “Il vero centro lo scoprì incontrando fratel Ettore”, dice Fant: “La storia di Sabatino non è una storia pazzesca, nel senso di forte. All’inizio, l’idea di metterla in scena è stata più che altro un’intuizione”. In poco tempo si è accorto che la vita del “profeta minore”, come il cardinal Martini apostrofava Sabatino, trova la sua vera forza nella semplicità alla luce di AGOSTO 2014

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un incontro decisivo. Tanto che il regista riassume così la sua scelta: “È uno spettacolo su di noi”.Non per modo di dire. Lo stesso Fant è stato segnato dall’incontro con fratel Ettore durante la sua adolescenza punk. Lo racconta nel suo libro, La mia prima fine del mondo: “Era l’unica cura che restaurava immediatamente ogni maceria del mio mondo interiore”. Nel tempo si perdono di vista ma Fant continua a pregare tutti i giorni per lui. Fino al 2007, quando arriva “per caso” una chiamata di suor Teresa Martino, discepola di fratel Ettore, una tra i primi a seguirlo, che adesso porta avanti la sua opera. Oggi Emanuele lavora stabilmente per l’Opera Fratel Ettore, dove ha avviato il Teatro della Misericordia per creare spettacoli con gli ex senzatetto ospiti delle comunità: “Ma il primo scopo del nostro teatro rimane di apostolato. Desideriamo raccontare il Vangelo e che quello che facciamo sia una testimonianza. Con un ingrediente in più: la forza del palcoscenico, che «è educarsi a tutti e allo Spirito”. E proprio guardando il palcoscenico ci si accorge che la scenografia di Sabatino è minimal e ha qualcosa di magneticamente vintage: lavagne luminose che “sembrano piccoli robot”, lucidi in bianco e nero, giochi di ombre, mani lunghe due metri

Il grande burattino creato dal regista Emanuele Fant per lo spettacolo “Sabatino”.

fatte di giornale, acqua e farina costruite dalle persone della comunità. “L’idea di usare una tecnologia povera è voluta. Perché è come per queste persone: si possono sentire “inutili”, ma in realtà non lo sono”. I violini sognanti della colonna sonora accompagnano la storia del manichino.“Non è su! Marin non è in sella”: a cavalcioni della motoretta, spiega qualcuno alzando la voce. Marin dovrebbe saltare su quel trabiccolo per provare una scena. “Non sale perché non glielo dite con dolcezza!», il regista riprende i suoi attori amatoriali con pazienza. Doucement. E quando poco dopo, da dietro il telo, appare l’ombra di Vittorio steso per far girare con un dito la ruota del veicolo, si può anche scoppiare a ridere: «Vittorio, messo così sembri un dosso!”. “Ero abituato a lavorare con attori professionisti”, spiega Fant: “Ma quasi tutti sono un po’ troppo vanitosi. Quello che faccio ora è umanamente più interessante, perché è un lavoro di comunità. Queste persone, appena recitano, entrano subito nel linguaggio”. Com’è possibile? La teoria del regista parte dalla sua osservazione: “Sono tutte persone che la società ha messo ai margini per una loro sensibilità particolare. Spesso la sofferenza colpisce le persone. Ma per loro è come se li avesse attraversati da parte a parte e non fossero riusciti a reggerla per il troppo male”. Una sensibilità che setaccia anche la recitazione. Ma quanto di più lontano da uno psicodramma: “Siamo in un luogo per persone che non hanno una casa. Abbiamo proposto un messaggio con uno spettacolo, chiedendogli di starci o meno. Da qui, s’impara a stare insieme lavorando”. A non litigare per dei lucidi o a rispettare i tempi di scena. Ma perché un manichino? “All’inizio non sapevamo a chi far interpretare il personaggio di Sabatino. Abbiamo scelto quello stratagemma perché vogliamo mettere al centro l’evento spettacolo, il fatto che sta avvenendo una cosa bella. Non uno degli attori”. E loro, quando chiedi se lo spettacolo è utile, non esitano. Risponde Custode: “Più a noi che al pubblico. Anche come senso di responsabilità e centro di crescita”. E Vittoria: “Mi serve per la mente e per il fisico... Beh, gli uomini forse

fanno un po’ più di fatica, a trasportare tutti quei carrelli...”. O Renata: “Cerchiamo di dare il meglio. Più siamo coinvolti noi, più si coinvolge il pubblico”. Vittorio, “il brontolone”, interrompe mostrando un cerchietto rosso sul palmo della mano: “Vedi Emanuele?! Mi sta venendo un buco a tenere su quella manopola”. E Renata: “Fai finta siano le stigmate”. E giù risate, a riempire il capannone. Il finale, giustamente, non lo rivelano, salvo anticipare che il meglio sta proprio lì. Prima di uscire, suor Teresa rivela che l’idea di recitare con i poveri le era venuta in mente fin da subito, agli inizi della sua avventura con fratel Ettore. Lui le aveva risposto: “Non ti preoccupare! Qui è già tutta una commedia”. Un’idea rimasta lì, mai censurata. E il tempo l’ha fatta maturare. “I poveri ci stanno. Anche perché, vedi, il teatro non è appena recitare”, dice la suora che in gioventù ha avuto un’esperienza da attrice: “Il teatro è dono, è poesia, è darsi. Ci interessa di più il percorso che il prodotto finale.Detto che lavoriamo perché lo spettacolo sia bello, prima desideriamo che ogni cosa sia una parola detta e che ci appartenga”. Fuori dai cancelli di Casa Betania ci si sente un po’ frastornati. Ma dire “mondo parallelo” non è corretto. Perché due parallele non s’incontrano mai all’infinito. E invece qui l’Infinito ha piegato le leggi della matematica. C’entra con noi, il centro di Sabatino. Centra noi. Elena Fabrizi, da Tracce.it

SABATINO

Spettacolo teatrale Mercoledì 27 e giovedì 28 agosto, ore 20.00 International Arena Frecciarossa1000 B7 Rimini Fiera

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BREVI

Vediamoci in rete! Ecco a voi il nuovo sito del Meeting: tre homepage dedicate, uno stile più moderno e accattivante, contenuti più fruibili e grande spazio a immagini e video.

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di Paolo Montani n sito tutto da scoprire Il nuovo volto del sito del Meeting, realizzato dalla web agency Fotonica SRL, è tutto da scoprire nei contenuti, nelle immagini e nei video, negli incontri, nelle mostre, negli spettacoli e soprattutto nella condivisione. Online dal 25 luglio, il nuovo website è caratterizzato da contenuti più fruibili, con voci poste in evidenza pensate e disposte per condividere, informare, organizzare e rendere il Meeting sempre di più un luogo per tutti. Vediamo assieme alcune fra le novità più importanti. Le tre Homepage Già nel Notiziario di Marzo vi avevamo anticipato la suddivisione dell’homepage del nuovo sito in tre sezioni a rotazione periodica: Pre-Meeting, che sarà online da marzo/aprile fino a luglio; Meeting, online per tutto il mese di agosto fino alla prima settimana di settembre; Post-Meeting da settembre a marzo. Il nuovo sito ha inaugurato il 25 marzo con la home Meeting, tematizzata con il manifesto e i colori dell’edizione 2014. Contenuti più fruibili Il manifesto ufficiale del #meeting14 fa da sfondo alla nuova veste grafica, caratterizzata da uno stile più moderno e accattivante: l’homepage e le pagine interne sono contraddistinte da diversi particolari che rendono il sito più interattivo, metten-

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do subito a disposizione di ogni navigatore virtuale ogni tipo di contenuto. Informazioni, immagini, video e curiosità inerenti al Meeting di quest’anno o alle passate edizioni sono ora a portata di click, direttamente in homepage. Il nuovo sito mette ovviamente in risalto i convegni, le mostre, gli spettacoli, le attività per i ragazzi nel padiglione dello sport e nel villaggio ragazzi, le informazioni di servizio, le modalità di prenotazione delle mostre, la biglietteria degli spettacoli e la mappa interattiva per pianificare gli spostamenti. Incontri live e on-demand Lavoro e impegni vi trattengono lontani da Rimini? Non volete perdervi i convegni e gli incontri della settimana del Meeting? Nessun problema! Il servizio live e on demand rende disponibili direttamente dalla homepage del sito i principali incontri che racconteranno il Meeting a chi non potrà viverlo in prima persona. L’utente potrà seguire in diretta gli incontri del Meeting e rivedere, con il servizio on demand, gli appuntamenti della giornata. Attraverso il nostro canale Youtube sarà, inoltre, possibile seguire 20 convegni live e altri in differita, in lingua italiana e inglese. Il Sussidiario.net - TgMeeting e il Quotidiano Meeting Come ogni anno, non mancherà la striscia quotidiana di notizie e news con i principali servizi della giornata grazie all’ap-

La homepage del nuovo sito del Meeting. puntamento web con il TG e il Quotidiano Meeting: un team di professionisti del settore, affiancati dai famosi volontari del Meeting, continueranno ad informarvi, a stupirvi e, perché no, anche a divertirvi. My Meeting Grande novità la sezione “My Meeting”, un’area riservata e personale dove ogni utente può salvare tutti i suoi appuntamenti preferiti e programmare la sua settimana riminese. My Meeting è una vera e propria agenda interattiva, in cui è possibile attivare il sistema di notifica per avvisare l’utente, tramite un’email, mezz’ora prima dell’inizio di ogni incontro prescelto, ad esempio, o prima della visita prenotata alle mostre.


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Una vera e propria area riservata, dunque, in cui interagire con i contenuti del sito, salvando nello spazio personale gli eventi preferiti e le prenotazioni fatte. Ma come funziona? Per creare un account My Meeting basta compilare il form di registrazione con tutte le informazioni richieste e finalizzare l’iscrizione cliccando sul link presente nella email che l’utente riceverà al termine della registrazione. Una volta loggato sull’homepage del sito, l’utente potrà interagire con i contenuti del Meeting e organizzare la propria agenda, pianificando e memorizzando gli incontri in programma, le mostre preferite e gli spettacoli da non perdere. Entrando nella sezione “Prenota la tua mostra” sarà poi possibile scegliere l’orario e indicare

per quante persone prenotare una visita guidata, tutti i giorni dalle 11,00 alle 23,00, risparmiando così tempo ed evitando file. Nella casella di posta personale l’utente riceverà, infine, la ricevuta da presentare ai desk posizionati di fronte ai portali delle mostre. Il programma La nuova sezione Programma del sito è comoda e intuitiva: è possibile filtrare gli appuntamenti in programma per giorno, per tipo (Incontri, Focus, Testi & Contesti, Spettacoli e Sport) o per tema (cultura, economia, educazione, esteri, politica, religioni, salute, scienza, società e testimonianza). Gli appuntamenti, sempre in continuo aggiornamento, potranno quindi essere co-

modamente stampati, filtrando per giorno o scegliendo la settimana completa. Focus on Un’ultima novità sostanziale del nuovo sito è data dalla sezione “Focus on”: segnalazioni, notizie e approfondimenti caratterizzati dalla preponderante presenza d’immagini, per rendere immediata e intuitiva la visibilità del messaggio. All’interno della nuova sezione, grande spazio alle social news: con un semplice click sarà possibile condividere ogni informazione su Facebook, Twitter, Google Plus, Pinterest e Linkedin, per un Meeting sempre più worldwide social.

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INCONTRI

Disoccupazione giovanile: al cuore della questione Dialogo con Stefano Colli Lanzi, Amministratore Delegato di GiGroup. di Roberto Neri

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olli Lanzi, ci dica: come GiGroup si sta preparando alla 35° edizione del Meeting? Che riflessioni e che evidenze sono sorte dal confronto con il titolo della manifestazione? Il titolo del Meeting di quest’anno “Verso le periferie del mondo e dell’esistenza. Il destino non ha lasciato solo l’uomo.” ci ha indotto una riflessione sui giovani, che oggi sono tenuti, colpevolmente, alle periferie del mondo del lavoro. D’altronde, il dato sulla disoccupazione giovanile, che ha toccato il record del 43,4%, non lascia scampo. Abbattere questo disastroso record è compito di tutti. Il rischio, se tutto dovesse rimanere fermo, è imboccare davvero, in modo irreversibile, la strada del declino. A questo proposito, quali le iniziative e gli eventi che Gi Group porterà al Meeting? Partendo dalla situazione drammatica dell’occupazione giovanile, la presenza di Gi Group al Meeting sarà focalizzata su “Garanzia Giovani”, il piano europeo di politica attiva del lavoro per la lotta alla disoccupazione giovanile che nel nostro paese è operativo sostanzialmente dallo scorso mese di maggio. Presso il nostro stand forniremo a tutti i giovani che lo vorranno informazioni sulla Garanzia Giovani e, attraverso le nostre persone, un orientamento alla prima occupazione. Organizzeremo inoltre workshop tematici su come gestire un colloquio di lavoro, come cercare lavoro con i social network e altri argomenti. Non solo: per i giovani residenti o domiciliati in Regione Lombardia, o che comunque

vogliono ricercare lavoro in Lombardia, potremo anche fare l’attivazione del programma direttamente al Meeting, sempre con l’ausilio delle nostre persone. GiGroup è presente al Meeting di Rimini fin dal 2008. Che tipo di esperienza vi spinge ogni anno a rinnovare questa partecipazione così coinvolgente e sentita? Riteniamo che il Meeting sia un evento di estrema importanza per il nostro Paese. Capace, in modo originale, di comunicare quanto sia essenziale - in tempi come questi - occuparsi realmente di cultura: incontrando personalità interessanti, discutendo di nuove prospettive di sviluppo, proponendo strade percorribili per chiunque voglia tentare l’avventura della scoperta di che cosa (o Chi) risponde veramente a ciò che l’uomo cerca, più o meno consapevolmente, in ogni sua azione. E il lavoro, da questo punto di vista, è un crocevia fon-

damentale per rendersi conto di se stessi, della propria utilità nel mondo e maturare, così la propria vocazione personale, contribuendo nello stesso tempo al bene di tutti. L’esperienza che ogni giorno cerchiamo di compiere nel nostro “fare impresa” nell’occuparci del nostro lavoro e di quello degli altri - attinge proprio a questa consapevolezza ed è sostenuta da quella strada che, appunto, non lascia mai solo l’uomo nel suo cammino. E’ con questo rinnovato desiderio di poter fare un pezzettino di strada insieme che ogni anno partecipiamo al Meeting. Per maggiori informazioni su GiGroup al Meeting visita www.meetingrimini.org

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RISTORAZIONE 2014

Le periferie del gusto Tante proposte per tutti i gusti dalle diverse tradizioni regionali italiane, aromi e sapori da sperimentare in compagnia. Varie fasce di menù per tutte le tasche. di Paolo Montani

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nche quest’anno all’interno dei circa 21.000 mq allestiti nei padiglioni B1, B2, B3, B4 e C3 verranno servite le prelibatezze dei ristoranti del Meeting. Piatti per tutti i tipi e palati che soddisferanno persone di diverse età. Nei ristoranti tipici non mancheranno menù a prezzi bloccati, proposte da € 9 per bambini e da 13 a 16 euro per adulti. Una carica di circa 600 volontari presteranno servizio in sala, in cucina e nei fast food. Nel padiglione B3 tornerà per il sesto anno il Ristorante Carne Graticula “Oro Bianco” con i suoi piatti a base di carne. «Siamo felici di essere nuovamente qui – ha raccontato uno dei responsabili Fabio Grassi -, un’esperienza non solo lavorativa, ma anche di vita». Per quanto riguarda la proposta culinaria, sarà la carne certificata “IGP”, di razza chianina, la protagonista del menù. «La carne è certificata IGP. In realtà tutte le nostre carni sono associate al territorio di appartenenza, c’è un legame profondo tra i nostri prodotti e la terra sulla quale lavoriamo. Tanti i menù, tra cui non mancheranno formaggi e salumi tipici o piatti particolari quali il carpaccio con la tartare di ricotta e sedano». Anche il Ristorante “Il Romagnolo”, nel pad B3, porterà le sue prelibatezze con

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menu ad hoc, serviti in un piatto unico che permetteranno di assaporare il cibo tipico romagnolo in un’ambientazione dai toni felliniani. Giovanna Camprini, responsabile del ristorante, spiega come sarà composto lo stand: «Quest’anno proporremo piatti più tradizionali: serviremo polpette, tagliatelle e tutto ciò che offre la nostra terra. Sarà servito un menu ad hoc, come lo scorso anno, a base di carne o di pesce, nonché un’ampia scelta di primi e di secondi». Ci sarà anche un aspetto curioso, verrà mostrato a tutti l’esibizione delle cosiddette “sfogline”, donne romagnole che tirano la pasta sfoglia. Grande novità di questa edizione sarà il Ristorante Romano “Apicius”, dislocato nell’area B3, in cui si potranno degustare i piatti tipici della cucina della tradizione capitolina. «Per ritrovare - spiega lo chef Cristian Pratelli - l’ambientazione tipica delle classiche trattorie e fiaschetterie dei grandi colli romani con un’ambientazione tipica del territorio. Faremo l’abbacchio al forno con patate, i bucatini all’amatriciana, la trippa con il pecorino, la porchetta di Ariccia ed altre prelibatezze». Di altra natura le proposte del Ristorante Bergamasco “Il Caravaggio”, per il secondo anno nel padiglione B3, che proporrà piatti tipici della tradizione

lombarda: «Al Meeting rinnoveremo i piatti della nostra terra come i casoncelli e la foiade al ragù di lepre, il coniglio al Valcalepio con tortino di polenta, salumi tipici, concerto di formaggi e altre prelibatezze. Quindi ci sono diversi tipi di menu e inoltre sarà possibile gustare il menù vegetariano». Non solo buona cucina, ma anche un’iniziativa sociale. «Per quanto riguarda il ricavato del 2014 - continua il titolare - il direttivo propone di destinarlo per il sostegno ai cristiani cacciati da Mosul e da altre città del Medio Oriente, la cui drammatica situazio-


RISTORAZIONE 2014 Inoltre verrà servita la frutta con dadoni di cocomero». Tanti i volontari che anche quest’anno daranno il loro contributo al ristorante. «La duttilità dei ragazzi è a dir poco fondamentale, infatti si adattano a diverse mansioni e sono disposti ad imparare qualsiasi cosa». Tanti tradizioni, dunque, per ristorarsi con un buon pasto, dove cultura e gusto vanno a braccetto! B1 Fast Food

• Pizza Leggera • Primi piatti caldi e freddi & Tacos • Yogurteria Fruttagolosa • Piadina della Santina • Gelateria • Meetburger&Hot Dog • Becco Giallo/Pinzimonio/Kebab • Martin Pescatore • Pausa Caffè B2

• Risotteria B3 Ristoranti tipici

• Ristorante “Il Romagnolo” • Ristorante Bergamasco “Il Caravaggio” • Ristorante Graticula “Oro Bianco” • Ristorante Romano “Apicius” B4

• La Piazzetta ne è stata recentemente ricordata da Papa Francesco». Altra storia, altri sapori, quelli legati al “Riso Verona” che nel padiglione B2 servirà i tradizionali risotti affiancati da altri cibi. «In passato - ci ha raccontato il responsabile Marco Poltronieri - la Risotteria ha sempre destato curiosità ed ha soddisfatto i visitatori del Meeting, abbiamo anche notato che l’affluenza è stata crescente e questa è una bella gratificazione. Quest’anno ci sposteremo nel padiglione B2 e speriamo di trovare

la stessa accoglienza. Come menù principali proponiamo i due classici risotti, ma anche patate fritte e il tagliere con le tigelle modenesi fatte artigianalmente». Nel Villaggio Ragazzi C3 tornerà il “Ristorante per le famiglie”, con piatti tipici della regione romagnola e tante proposte a misura di bambino. «Nel padiglione C3 - spiega Marco Ialeggio - prepareremo primi piatti con diversi sughi e riso con il pomodoro. I secondi saranno piatti semplici con svizzere, hamburger e cotolette di pollo, tutto condito con patate fritte.

C1

• Bar Alcamo C3

• Ristorante per le famiglie Piscine Ovest

• Gelateria/Creperia • Hamburger/Hot Dog • Street Food Area • Birreria Piscine Est

•Birreria Pratorosso

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tadini. it c i r e p o r o v la l I servizi su ni a v io G ia z n a r a G Tutto sulla Regioni e o t a t S i u c n o c o il piano europe NEET i a à it n u t r o p p o o oron on studiano 9 anni che n 2 a 5 1 a d i n a v io (g e non lavorano).

Padiglione A1


LA VERITÀ FORZA DELLA PACE

LA BELLEZZA SALVERÀ IL MONDO

UN FESTIVAL CULTURALE DAI TRATTI INCONFONDIBILI




3 edizione a

RIMINI 24-30 AGOSTO 2014

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P X E o s r ve NUTRIMENTO E ALIMENTAZIONE

SOSTENIBILITÀ AMBIENTE

GREEN ECONOMY

RISPARMIO ENERGETICO

RICICLO




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