eeting m Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma DCB Rimini valida dal 01/06/98” - €1,00
NOTIZIARIO
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ANNO XXXII
R I V I S TA D E L L A F O N D A Z I O N E M E E T I N G P E R L ’ A M I C I Z I A F R A I P O P O L I
GIUGNO 2012
Il nostro Gruppo investe l’11% dei ricavi in Ricerca e Sviluppo e crede fortemente nella cultura dell’innovazione. Giorno dopo giorno, infatti, ci dedichiamo alla formazione e valorizzazione dei nostri dipendenti, perché vediamo nel loro lavoro la nostra innovazione più importante. Da otto anni gli esiti del Premio Innovazione Finmeccanica confermano che ci stiamo muovendo nella giusta direzione: 19.000 dipendenti del Gruppo coinvolti provenienti da 11 Paesi del mondo, 6.480 nuovi progetti, migliaia di domande di brevetto depositate.
EDITORIALE
L'uomo e l'infinito, oggi «
La cultura è il mezzo più potente per fare incontrare gli uomini». L’affermazione è di Ivan Caracalla, direttore del teatro Caracalla Dance Theatre, protagonista dello spettacolo inaugurale del 2012. Ed è vero. È vero nella storia della compagnia libanese, che ha continuato a realizzare spettacoli anche durante la sanguinosa guerra civile. È vero nell’esperienza del Meeting, che a inizio giugno è stato in Libano, e poi in Serbia, e prima ancora a nei Paesi Bassi e in Russia. Incontrando uomini, persone con un desiderio vivo di conoscere, con una curiosità verso la tradizione e la cultura dell’altro.
SI PUÒ ESSERE VERI UOMINI IN QUALSIASI CIRCOSTANZA. UOMINI CHE VIVONO IL RAPPORTO CON L’INFINITO, IRRIDUCIBILI A QUALSIASI POTERE, LIBERI, CREATIVI E GENERATORI DI UN POPOLO SEMPRE IN CAMMINO.
Ma come mai continuano ad accadere questi avvenimenti e incontri inaspettati? Come è possibile dopo trent’anni che questa realtà possa continuare a incontrare uomini in tutto il mondo? Come è possibile portare una mostra sulla tradizione buddista Shingon, preparare insieme al gruppo del Meeting Cairo l’edizione 2012, portare a Rimini il presidente dell’assemblea generale dell’Onu, mettere insieme allo stesso tavolo cristiani e musulmani a parlare di diritti, libertà religiosa, politica e desiderio?
È possibile perché la cifra del Meeting non è mai stata né l’egemonia in un dato ambito né una divisione o separatezza dalle questioni e dalle urgenze del nostro tempo. La cifra del Meeting è sempre stata quella di documentare le proprie provocazioni con storie, esperienze e volti. Qualcosa che si possa toccare con mano. E allora anche quest’anno la sfida è questa: documentare, testimoniare che si può essere veri uomini in qualsiasi circostanza. Uomini che vivono il rapporto con l’infinito, irriducibili a qualsiasi potere, liberi, creativi e generatori di un popolo sempre in cammino.
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SOMMARIO
w w w . m e e t i n g r i m i n i . o r g «L’UOMO PORTA IN SÉ UNA SETE DI INFINITO, UNA NOSTALGIA DI ETERNITÀ, UNA RICERCA DI BELLEZZA, UN DESIDERIO DI AMORE, UN BISOGNO DI LUCE E DI VERITÀ, CHE LO SPINGONO VERSO L’ASSOLUTO». (BENEDETTO XVI 11 MAGGIO 2011)
EDITORIALE
L'uomo e l'infinito, oggi
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SPECIALE PRESENTAZIONI
Uomini veri, la strada per il dialogo
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di Matteo Lessi
SPETTACOLI
En Ti. Un flamenco mai visto
In copertina: A tempo di Meeting Un’immagine dello spettacolo di flamenco “En Ti”.
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di Erika Elleri
IN–MOSTRA 2012
Jérôme Lejeune, il mio migliore amico
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di Ombretta Salvucci
Rock e desiderio infinito
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di Erika Elleri
Il popolo e la cattedrale
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Di Martina Saltamacchia e Mariella Carlotti
Utopie e significato
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di Chiaraluce Bedetti
Le radici di un popolo
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Uno sguardo nuovo attraverso Dostoevskij
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di Erika Elleri
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Anno XXXII - N. 2, Giugno 2012 Questo numero è stato chiuso il 30/05/2012 Proprietario/Editore: Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli Autorizzazione del Tribunale di Rimini n. 2008 del 2/11/82 DIRETTORE RESPONSABILE: Alver Metalli COORDINAMENTO REDAZIONALE: Matteo Lessi REDAZIONE: Erika Elleri, Vanni Casadei, Piergiorgio Gattei, Walter Gatti, Giulia Genestreti, Rosanna Menghi FOTO: Roberto Masi, Angelo Tosi PROGETTO GRAFICO: Davide Cestari, Lucia Crimi VIDEOIMPAGINAZIONE: IMMpAGINA - Rimini STAMPA: Pazzini - Villa Verucchio - Rimini REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: Via Flaminia, 18-20 - C.P. 1106 - 47923 Rimini Tel 0541/78.31.00 Telefax 0541/78.64.22. email - meeting@meetingrimini.org www.meetingrimini.org PUBBLICITÀ: Evidentia Communication (società a direzione e coordinamento di Fondazione Meeting): Tel 0541/18.32.501 Fax 0541/78.64.22
SITO
#Meeting. Vivilo con noi!
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ANNIVERSARI
“La pittura oltre la pittura”
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di Matteo Lessi
VITA MEETING
A Varese la storia diventa attuale
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di Giulia Genestreti
SPETTACOLI 2012
Che spettacolo! Che cinema al Meeting!
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di Antonio Autieri e Beppe Musicco
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SPECIALE PRESENTAZIONI
Uomini veri, la strada per il dialogo Il 29 maggio scorso il Meeting è stato presentato per la prima volta in Libano, un’occasione per incontrarsi e per conoscersi, poiché «l’uomo è nemico di ciò che ignora». di Matteo Lessi
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Le cose buone hanno bisogno di tempo», si lascia scappare Ibrahim Shamseddine, durante la presentazione del Meeting in Libano presso l’Ambasciata italiana a Beirut. Si riferisce alla strada del dialogo tra i popoli, ma vale anche per il rapporto tra il Meeting e Libano che, dopo qualche episodio negli anni trascorsi, quest’anno vive in tutta la sua ricchezza, attraverso la presenza dello stesso Shamseddine al Meeting il prossimo agosto e, naturalmente, allo spettacolo inaugurale con la compagnia Caracalla DanceTheatre. Da questa concomitanza di eventi nasce la presentazione, ma anche dall’idea avuta dall’ambasciatore italiano Giuseppe Morabito, che
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ha riunito oltre un centinaio di persone ad ascoltare gli interventi di Emilia Guarnieri, di Ivan Caracalla, direttore del Caracalla Dance Theatre, di Shamseddine, musulmano sciita, già Ministro del Governo libanese, e di Mohamedd Sammak, musulmano sunnita e Segretario Generale del Comitato nazionale del dialogo islamico–cristiano in Libano. «Il Meeting è un evento che testimonia e che rappresenta grandi valori: il dialogo tra diverse culture e religioni è possibile soltanto a partire dal riconoscimento, dal rispetto dell’identità dell’altro», afferma l’ambasciatore, introducendo gli interventi. Nella sala dell’ambasciata c’è il mondo accademico, gli amici di Avsi, giornali, come L'Orient Le Jour, >
SPECIALE PRESENTAZIONI
Nella foto: Scogli del Piccione a Raouche, Beirut.
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SPECIALE PRESENTAZIONI la tv nazionale libanese e Telelumiére, prima ed unica emittente cattolica televisiva e satellitare in Medio Oriente. E inoltre numerosi componenti della compagnia Caracalla Dance Theatre, curiosi di capire meglio cos’è il Meeting, dove arriveranno questa estate. Tutti ad ascoltare la storia di quell’esperienza originata da «una passione per l’incontro, da una curiosità per la bellezza e per la diversità, dal desiderio di conoscere il mondo e la realtà, di incontrare nel passato e nel presente uomini e cose “belle”, con l’intento di far conoscere a tutti la grandezza e il fascino che si sprigionano quando gli uomini costruiscono e creano a partire dal desiderio di verità e di bellezza da cui il loro cuore è animato», racconta Emilia Guarnieri. Uomini, che hanno bisogno di conoscersi e di incontrarsi, perché, come dice un proverbio arabo, citato sempre da Shamseddine: «l’uomo è nemico di ciò che ignora». E proprio conoscendosi possono accadere cose inaspettate, come a Ivan Caracalla, che dall’incontro con lo scenografo Sergio Metalli e con il responsabile degli spettacoli del Meeting Otello Cenci, ha conosciuto e vissuto l’esperienza di Rimini e lì ha «visto qualcosa di eccezionale, gente di fede e cultura diversa, insieme, spinta dalla diversità, che è l’elemento che ci mette insieme. Per questo, noi andiamo a Rimini, perché credo che veramente gli artisti siano veramente i portatori della luce nell’umanità». È con orgoglio che racconta che «mentre il Libano era diviso dalla guerra civile, Caracalla continuava a fare spettacoli, rimanendo unita», pur raccogliendo persone di cultura e fede diverse, con una scuola che ora conta 1500 studenti, dopo essere partiti, nel 1970, con quattro persone per il debutto in Giappone, e dove ci sono persone, che dopo aver fatto scuole eccellenti in tutta Europa vengono qua, nella zona di Sin El Fi a studiare lo stile Caracalla. Una passione per la bellezza che muove le montagne, ma anche le case,
Un’immagine dell’evento.
come aveva raccontato Ivan nel pomeriggio nella visita allo splendido teatro: «quando ero piccolo la mia casa si trasformava in una sala da ballo per le prove della compagnia». Oppure Ibrahim Shamseddine, impegnato sul fronte dell’educazione in Libano, che pur non avendo ancora conosciuto il Meeting, ne ha sentito i racconti e ha intuito che «Il Meeting è uno di quei posti dove è assicurata un’atmosfera pacifica per persone provenienti da tutto il mondo per incontrarsi e conoscere l’altro» e ribadisce più volte che la vera questione è che spesso ci si ignora a vicenda e invece si dovrebbe imparare a “riconoscere l’altro”. Anche perché è lo stesso Mohamed Sammak a dire, con molto realismo, che «Le differenze tra i popoli rimarranno fino alla fine dei tempi» e che per costruire i ponti di amicizia la soluzione è una sola: «Nella Bibbia i fattori di pace sono i figli di Dio». Quindi tutti gli uomini sono fattori di pace. L’ha intuito bene uno degli ospiti, che al termine dell’incontro pone una domanda. «Magari tutti i cristiani, i sunniti e gli sciti fossero come voi! – Un’affermazione che esprime il dubbio che nella società non siano i moderati ad emergere, ma chi alza di più la voce
– Qual è il vostro giudizio a riguardo?». In un Paese dalle mille sfaccettature come il Libano, questa è una domanda particolarmente scottante. È raccontato e citato per la sua vocazione al dialogo e la convivenza tra fedi e culture diverse, ma è anche un Paese dove molte cicatrici non si sono ancora rimarginate e sono pronte a riaprirsi al minimo cenno. È un Paese, dove quando si incontra qualcuno la prima domanda non è “come ti chiami”, ma “con chi stai?” e dove la differenza può tirare su muri insormontabili, anche nei più giovani, anche tra cattolici. «Quello che ho visto in questi anni al Meeting – risponde Emilia Guarnieri – mi fa dire con certezza che ciò che può mettere insieme è innanzitutto trovare la strada per la propria umanità; se uno nella fede trova una strada per il proprio cuore per essere più uomo. Quando si diventa più uomini, allora ci si mette insieme». Essere uomini, veramente uomini, come indica il titolo del Meeting. E questo vale per tutti, anche per la madre di Ivan Caracalla, che alla fine, sorprendendo i presenti, dice «vorrei fare la volontaria al Meeting». Per essere uomini: per meno di questo non varrebbe la pena. GIUGNO2012
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SPETTACOLI
En Ti. Un flamenco mai visto Il Vangelo raccontato attraverso il flamenco? Una sfida che don Emilio Pérez e il ballerino Luis Ortega hanno affrontato e vinto. E che tutti potranno ammirare al Meeting. di Erika Elleri
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Attraverso questo spettacolo – ci racconta don Emilio Pérez Núñez, direttore del progetto – ho potuto sperimentare come l’arte sia in grado di attirare gli uomini alla bellezza. Per questo, soltanto fidandovi di me e venendo al Meeting potrete verificarlo». Stiamo parlando di “En Ti”, in programma per il prossimo 21 agosto, che racconterà, attraverso la danza e la musica, Annunciazione, Passione, Morte e Resurrezione. Tutto nasce dalla passione comune per il flamenco di don Emilio e di uno dei più importanti ballerini spagnoli, Luis Ortega. Don Emilio, ci può raccontare come è nata la sua passione per questo tipo di musica e cosa significa per la sua vita? La passione per il flamenco è nata in famiglia. Poi, col tempo, mi ha affascinato per la bellezza e la forza dei suoi testi, per il modo in cui descrivono le necessità fondamentali del cuore di ogni uomo e con cui raccontano la quotidianità, nei quali non puoi non riconoscerti immediatamente. Si ritrovano lo stupore per la bellezza della donna, del mare, del sole, il dolore per i propri peccati, per le ingiustizie, la gioia per la redenzione, o per un rapporto di amicizia. Inoltre, mi è sempre piaciuto che spesso sia accompagnato dal ballo e che inviti a seguirlo con il linguaggio del corpo. 12
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Signor Ortega, potrebbe dirci cosa significa questo tipo di danza per la sua vita, oltre che per la sua professione? Il ballo, la danza spagnola e il flamenco sono entrati nella mia vita come una passione, che si è trasformata casualmente nella mia professione, e col tempo si è trasformata in un regalo della vita, di Dio. È diventata qualcosa di vitale, il mio modo di vivere e di comunicare, ben oltre le parole, qualcosa di organico, di cui il mio corpo e il mio cervello sentono la mancanza ogni qualvolta devo fermarmi, ma anche qualcosa di spirituale che mi colloca in un altro luogo-tempo-spazio e che a tratti mi fa percepire uno stato differente di mente-corpo-spirito. È anche voler esprimere, raccontare e condividere sentimenti o sensazioni che arrivano dove non arrivano le parole, o altre forme di espressione. Credo che sia qualcosa che nemmeno io controllo o comprendo, credo che sia il nostro essere in cerca di una felicità che vuole condividere. Come lei ha affermato recentemente, il flamenco “nasce dal popolo, cresce e si sviluppa attraverso il popolo”, ma qual è la sua origine? E come mai la considera una musica particolarmente versatile a fondersi con altre culture? Il flamenco, fin dalle sue origini, è una
“mescolanza” di culture, etnie e tradizioni. Così è andato sviluppandosi, crescendo ed estendendosi, sia nel tempo, che nello spazio e anche oggi continua ad essere una disciplina di arte viva, che cerca fusione e riposo. Soprattutto è il popolo che le dà forma, è la gente a crearla, a svilupparla, a cuocerla e a mangiarla, per questo ci risulta così vicina, perché siamo tutti il popolo. Così la comprendiamo senza doverla comprendere o senza averla mai vista, né ascoltata prima e prima o poi arriva fino a noi, perché è sempre stata dentro di noi, nei nostri geni, inconscia nella nostra coscienza, “in te”. Don Emilio, quindi da un’amicizia con il signor Ortega ne è scaturito uno spettacolo... Può raccontarci meglio come è nato tutto? L’amicizia con Luis è nata perché sono rimasto affascinato vedendolo esibirsi. L’ho conosciuto quando ballava nel-
SPETTACOLI E perché proprio questa musica per rappresentare le scene di Annunciazione, Passione, Morte e Resurrezione? È questa la grande sfida che ho lanciato al mio amico Luis e, come mi ha detto lui stesso, è impossibile esprimere il contenuto di tutto il Vangelo, per questo ha pensato di ricreare, attraverso il linguaggio del corpo, certi sentimenti umani provati da Gesù e da Sua Madre, la Vergine Maria. Gli ho chiesto queste tre scene perché sono i misteri principali della nostra fede e perché anche noi ne abbiamo fatto esperienza. Così Luis ha avuto l’audacia di rappresentare tutti questi sentimenti attraverso il ballo.
la compagnia della grande ballerina Sara Baras. E quando è finito lo spettacolo l’ho aspettato, l’ho ringraziato e gli ho detto che mi sarebbe piaciuto rivederlo di tanto in tanto… e si tratta ormai di parecchi anni fa. L’idea dello spettacolo è invece maturata lentamente e direi che ha due origini: da una parte, il richiamo di alcune parole del papa Benedetto XVI nel suo discorso agli artisti, dall’altra, i segni che la realtà mi stava offrendo. Poi è successo che il cardinale di Madrid mi ha chiamato a lavorare al Dipartimento di Cultura della GMG 2011. Così, in uno degli interventi preparatori ho ascoltato uno dei desideri del Papa: che in quei giorni Madrid e la Spagna potessero mostrare come la fede diventi cultura. Dal momento che la storia del canto, del ballo e della musica è connaturata all’essere degli spagnoli, lo spettacolo vuole essere una risposta a questa provoca-
zione. Ma ciò che ha reso possibile la realizzazione dello spettacolo è stata l’amicizia con Luis Ortega. Signor Ortega, qual è il messaggio che si desidera trasmettere con questo spettacolo? Credo che, di tutto il ventaglio di messaggi, quello principale sia la libertà, la ricerca, leggere tra le righe della propria opera e dentro noi stessi, per poterci avvicinare alla figura di Cristo, al Suo messaggio, ma senza trasmetterlo già masticato. Vogliamo che ogni spettatore possa incontrare Lui in modo personale e non trasferibile, che ogni spettatore rielabori interiormente ogni nota, ogni movimento, ogni scena e ogni sensazione che sperimenta. Don Emilio, come è possibile rappresentare in musica il Vangelo e i sentimenti che vissero Maria e Gesù?
Signor Ortega, può anticiparci come verrà realizzato coreograficamente lo spettacolo? Lo spettacolo si compone di tre atti: “L’Annunciazione” comincia con un numero corale, da cui viene scelta una figura per immergersi nel grande mistero della vita. Con un linguaggio fusion flamenco più contemporaneo l’interprete plasma, in un primo momento, la sua confusione e, poi, l’accettazione di un fatto così fantastico e la gioia del suo nuovo stato. “Passione e morte” comincia con una danza-preghiera in cui tutti siamo Lui: attraverso diversi passi e ritmi ci piacerebbe rappresentare sensazioni umane e divine simili a quelle che Lui ha potuto vivere, teatralizzare una goccia di sudore, un lamento, un chiodo, un momento di umana paura, un soffrire per i Suoi più che per Se stesso, una speranza infinita che Lo eleva fino al Padre e Lo fa giungere nelle braccia di Sua Madre. “La Resurrezione” è la celebrazione della gioia e della vita, è un canto di ringraziamento per essere, per stare, per condividere, perchè ci lascia portare dall’aspetto più organico e terreno a quello più intimo e spirituale di ciascuno. Come parte fondamentale di questo atto, c’è la presenza pura dei bambini, simbolo chiarissimo di Resurrezione, di magia e di continuità. GIUGNO2012
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IN-MOSTRA 2012
Jérôme Lejeune, il mio migliore amico Per conoscere meglio la figura di Jérôme Lejeune, al quale al Meeting diquest’annosaràdedicataunamostra,viproponiamounatestimonianza di Ombretta Salvucci, ricercatrice italiana presso il National Cancer Institute di Bethesda in Maryland. di Ombretta Salvucci
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uando qualcuno recentemente mi ha chiesto,guardando la foto di Lejeune sulla mia scrivania che vigila sul mio lavoro, «Chi è questo uomo?» la mia risposta immediata è stata: «Jérôme Lejeune, il mio migliore amico». Questo potrebbe sembrare improbabile,dato che non l’ho mai conosciuto personalmente ed è morto 18 anni fa. Avevo sentito della sua vita e delle sue scoperte scientifiche solo negli anni in cui ero una studentessa di dottorato a Parigi. Come Jérôme Lejeune è diventato il mio migliore amico? Alla fine del 2006, quando mi è stata offerta una posizione di lavoro invitante, ma allo stesso tempo molto impegnativa e difficile, riguardante la ricerca sui tumori presso il National Cancer Institute di Bethesda in Maryland, sono precipitata in un dramma professionale che mi ha portato ad una crisi personale e che mi rendeva difficile affrontare la vita e il lavoro con un’attitudine positiva. In questo periodo mi è venuta in mente una frase che don Giussani ci diceva sempre, e cioè di pregare i santi del nostro tempo o affini al nostro lavoro; così ho iniziato a desiderare di trovare uno scienziato santo, anche se mi sembrava impossibile! Un giorno, leggendo per caso una notizia pubblicata sull’agenzia internazionale Zenit, ho scoperto che era stata aperta la causa di beatificazione del Dr. Jérôme Lejeu14
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ne. Subito sono esplosa di gioia, lui era quello che cercavo e ho iniziato a pregare Lejeune per un aiuto ad ogni mio bisogno. Così ho deciso di stampare da Internet una sua foto, l’ho messa sulla mia scrivania e ho iniziato ad avere questa presenza con me tutti i giorni. Da quel momento, certa che mi avrebbe risposto, la mia vita ha incominciato a cambiare. Non solo ho iniziato ad avere successi al lavoro, ma la mia attitudine miracolosamente è iniziata ad essere di speranza e promessa, tanto da incidere sull’ambiente lavorativo e su tutta la gente intorno a me. Tutti questi cambiamenti improvvisi, che mi sono trovata a vivere, erano dei miracoli, che solo più tardi ho iniziato ad attribuire a Jérôme Lejeune. Quest’uomo era diventato una reale compagnia per la mia vita. Questo periodo di grazia mi ha portato all’idea di
fare una piccola mostra su di lui come atto di ringraziamento per il NY Encounter del gennaio 2011 (il festival annuale che si tiene a New York City). La mia proposta ha entusiasmato e catallizzato tutti quelli che come me volevano condividere la ricchezza di conoscenza e il profondo amore, che aveva caratterizzato l’uomo e la famiglia di Lejeune. Per preparare questo progetto ho contattato la Fondazione Lejeune a Parigi e questo “casualmente” mi ha portato a conoscere la moglie di Lejeune, la signora Birthe Lejeune e una delle sue figlie, Clara GaymardLejeune (Vice Presidente Internazionale di General Electric (GE) e Presidente e CEO di GE in Francia), le quali si sono rese subito disponibili a venire al NY Encounter, e a parlare di Jérôme. Abbiamo scoperto anche che Clara era l’autrice di un libro su suo padre: “La vie est un bonheur”, che però era ormai fuori catalogo e per leggerlo avevo dovuto comprare una copia usata. Allora ci è venuta l’idea di farlo ristampare e ri-lanciarlo al NY Encounter, pur sapendo che il tempo a nostra disposizione non era molto. Il National Catholic Bioethics Center ha fatto la nuova edizione del libro e i libri sono arrivati in tempo a New York. È una fantastica biografia del padre, sia come genialità scientifica, che come martire nel perseguire l’amore alla verità. Clara ha iniziato il libro dicendo: «Ho avuto come padre un uomo fuori dal comune che, per scelta, ha deciso di avere un destino fallito in partenza, un pessimista il cui realismo era animato da una formidabile speranza. In un mondo in cui non si parla che di sofferenza, miseria ed ingiustizia come poter affermare che la vita può essere bella, molto bella?». Clara ha descritto come l’opposizione di suo padre all’aborto, all’eugenetica e alla ricerca sulle cellule embrionali umane non fossero motivate da ragioni ideologiche, ma dall’affermazione della verità scientifica riguardo la realtà dell’embrione umano e dalla semplice richiesta al “suo” professore, da parte di un bambino trisomico, di difendere i bambini come lui.
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Un'immagine della mappatura genetica.
In seguito a questi fatti, durante un meeting a Parigi ho incontrato il prof. Pierluigi Strippoli, dell’Università di Bologna, che lavora da parecchi anni nell’ambito della ricerca sulla sindrome di Down. Purtroppo, negli ultimi anni la ricerca sulla sindrome di Down, non interessando più né al mondo scientifico – in quanto il problema è risolto con l’aborto selettivo – né al suo gruppo, di conseguenza studenti e ricercatori lo stavano abbandonando. L’idea era quella di chiudere questo progetto. Inaspettatamente, la nostra amicizia e il coinvolgimento in questa storia che mi è capitata, hanno fatto rinascere nel prof. Strippoli l’entusiasmo e l’interesse per la trisomia 21, così oggi ha deciso di riprendere con il suo piccolo gruppo gli studi originali di Lejeune e di continuare il suo lavoro, cioè trovare una cura per questa malattia genetica. Studiando i lavori di Lejeune, mi ha raccontato che l’analisi della letteratura più moderna al riguardo, e per confronto, degli scritti di Lejeu-
ne dagli anni ‘60 ai primi anni ‘90, mostrano la straordinaria attualità della via intrapresa dal grande genetista francese. Innanzitutto, Lejeune partiva dall’ipotesi positiva che una tale cura potesse esistere (“La troveremo”, diceva), questione di metodo fondamentale, ma oggi è oscurata dallo scetticismo, il quale di fatto apre la strada alla più facile eliminazione del malato rispetto alla impegnativa ricerca di una cura per la sua malattia. In secondo luogo, era convinto che la complessità dei meccanismi che fanno sì che la presenza di un cromosoma aggiuntivo porti ai noti disturbi della sindrome potesse essere risolta con gli strumenti tipici del genetista: analisi delle relazioni tra materiale genetico e sintomi clinici, costruzione di mappe cromosomiche e studio sistematico delle interconnessioni tra tutti i componenti cellulari. Questo approccio precedeva di decenni la disponibilità degli strumenti biotecnologici e delle banche dati che l’avrebbero potuto far fiorire. E oggi,
che tali risorse sono disponibili, non vengono impiegate nella comunità scientifica internazionale se non marginalmente, allo scopo specifico di comprendere e curare la trisomia 21, che rimane la più frequente causa di disabilità intellettiva di origine genetica. Inoltre, Lejeune ha sviluppato il concetto di “informazione” come chiave interpretativa della funzione del materiale genetico nelle cellule, anticipando lo sviluppo delle idee alla base della moderna bioinformatica. Lejeune non ha smesso fino alla sua morte di cercare di applicare questi ed altri principi basilari alla terapia della trisomia 21 e si rammaricava, vedendosi gravemente ammalato, della mancanza di tempo per portare a termine le sue ricerche. È una grande opportunità scientifica quella di riprendere i suoi studi e le sue intuizioni per svilupparli con i metodi di laboratorio più recenti, per aiutare i suoi prediletti “diseredati”, come chiamava i suoi piccoli pazienti. GIUGNO2012
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lavoro e innovazione nel mondo
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Chi costruisce sa molto bene che è fondamentale partire da certezze, da punti fermi, per innalzare e sostenere qualsiasi opera
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IN-MOSTRA 2012
Chi era Lejeune? Viraccontiamoletappeprincipalidellavitaedellaprofessionedelgrande genetista francese che ha scoperto latrisomia 21e per il quale lo scorso aprile è stato chiuso il processo diocesano di beatificazione.
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érôme Lejeune, nato nel 1926 a Montrouge (Francia), a 15 anni entra alla Facoltà di medicina a Parigi. Nel 1959, mentre lavora nel Centro Nazionale francese per la Ricerca Scientifica, con alcuni colleghi scopre la base genetica del “mongolismo” (sindrome di Down), che chiama trisomia 21. La scoperta della trisomia 21 apre il campo della genetica medica, rivelandoci i segreti della scienza ereditaria e la sua fama inizia ad esten-
Un'immagine di Jérôme Lejeune.
dersi in tutto il mondo. È impossibile descrivere gli innumerevoli onori e titoli che ha ricevuto nella sua vita. Nell’agosto 1969, l’American Society of Human Genetics, durante un importante congresso in California, concede al prof. Lejeune the William Allen Memorial Award, il più alto onore che può essere reso ad un genetista. Tuttavia, arrivato a San Francisco, Lejeune si accorge che l’aborto dei bambini Down sta per essere legalizzato e
la sua scoperta potrebbe contribuire all’applicazione dell’aborto. «Attraverso la mia scoperta – pensa – ho reso possibile questo calcolo vergognoso». Decide così che deve prendere posizione: «La tentazione di uccidere con l’aborto queste piccole persone affette da una malattia è contraria alla legge morale e la genetica lo conferma. Questa legge morale non è casuale». Nessun applauso, ma solo un silenzio ostile ed infastidito segue il discorso di Lejeune. In questo modo, si trova in contrasto con i suoi colleghi, l’élite della sua professione. Il giorno stesso scrive a sua moglie: «Oggi ho perso il Premio Nobel», ma nonostante ciò si sente in pace! Dopo questo giorno la sua vita diventa un vero e proprio martirio. Le persecuzioni iniziano, in particolare, con continui controlli fiscali. Nessuna promozione, né un aumento di salario in diciasette anni. I suoi progetti non vengono finanziati ed è costretto a chiudere il suo laboratorio. Gli vengono lanciati pomodori in faccia e sui muri delle case di Parigi si può trovare scritto: «A morte Lejeune». L’amicizia con Papa Giovanni Paolo II è il suo unico grande sostegno. Il Santo Padre, nel 1993, nomina Lejeune primo presidente della nuova Accademia Ponteficia per la Vita. Ma dal momento che in questo periodo a Lejeune viene diagnosticato un tumore al polmone, può essere presidente solo per poche settimane prima della sua morte nel 1994. Il Venerdì Santo, confessa al prete che gli sta dando l’estrema unzione: «Non ho mai tradito la mia fede». Poi, radiante di gioia afferma: «Ragazzi miei, se posso lasciare un messaggio, questa è la cosa più importante: siamo nelle mani di Dio. L’ho sperimentato tante volte nella mia vita». J. Lejeune muore la mattina di Pasqua, il 3 aprile 1994. Nel giugno 2007 è stato aperto il processo diocesano per la causa di beatificazione, chiuso l’11 aprile scorso. di O. S. GIUGNO2012
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Rock e desiderio infinito Tutto ciò che vive è sacro. E quindi lo può essere anche il rock. Il giornalista irlandese John Waters ci racconta come questo sia possibile. di Erika Elleri
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arcare la soglia, questo è l’invito che vuole farci John Waters, il principale curatore della mostra “Tre accordi e il desiderio di Verità. Rock ‘n’ roll come ricerca dell’infinito”. Rock è desiderio infinito? Sembrerebbe una contraddizione. Ma per John Waters non lo è. A patto di non usare la parola rock come lo si fa normalmente. A lui non piace. «Mi sembra una riduzione – ci racconta – che allude solo ad una certa categoria di musica: rimbombante ed esibizionista. Sembra studiato proprio per l’ostentazione, il narcisismo e sembra escludere, a me pare così, la musica dolce e sentimentale, quella vecchia e saggia, quella gentile che si pone delle domande, tutte cose che mi hanno attratto verso questo genere». Perché nella mostra si usa il termine rock ‘n’ roll? «Il termine ‘rock ‘n’ roll’ – confida Waters – in qualche modo è più ironico e quindi più aperto. Anche questo però non trasmette la sostanza vera e rappresenta come una barriera per coloro che potrebbero interessarsi ed entusiasmarsi maggiormente, se solo potessero varcarne la soglia». Poco fa hai parlato di musica che ti fa porre domande, è questo aspetto che ti ha fatto emergere la passione per questo genere musicale? 18
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La musica è entrata nel mio mondo, nella mia vita, quando ero un adolescente. I musicisti che ascoltavamo e seguivamo da ragazzi sembravano comprendere le nostre sensazioni e pensieri più di ogni altra cosa. Questo mi ha immediatamente fatto capire che tutto sarebbe potuto essere diverso da come mi era stato insegnato fino ad allora. E allo stesso tempo questa musica non ha risolto tutto, non ha escluso la mia esperienza, al contrario, si è inserita in essa e l’ha spalancata ed io ho subito riconosciuto questo come un avvenimento vero. Mi riferisco a come la musica influisca sulle nostre vite, a come sembri fuoriuscire dal nostro stesso mondo interiore e non possa venire
riconosciuta dalle persone che ci circondano. La prima canzone che mi ha fatto fare questo percorso è stata “Ride a White Swan” della band T Rex di Marc Bolan, ma anche i pezzi di John Lennon, soprattutto dopo la rottura con i Beatles, oppure quelli di Elvis Presley, che ha creato quella straordinaria fusione di musica nera e di esperienza bianca, che ha coinvolto le folle come non mai. Chi non conosce questo genere di musica e che ne ha un pregiudizio pensa che faccia distrarre e fuorviare dal senso umano di libertà e, certo, in teoria ha ragione. Ma questa musica innanzitutto risveglia il desiderio di libertà, che è una cosa buona. Quando si comincia a pensare così del rock, quasi tutto nella musica assume un significato diverso, rispetto a quello che ci è trasmesso dalla cultura convenzionale. Anche la più semplice canzone d’amore diventa l’espressione di un desiderio d’infinito e di grandezza. Come è nata l’idea della mostra? Non è stata una vera e propria “decisione”, semmai una domanda su una domanda: “È possibile che, nonostante i fraintendimenti, tutto quello che l’uomo fa o dice abbia la sua origine nel desiderio d’infinito?” A me sembra che, se possiamo dimo-
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U2, COLDPLAY ED ELVIS PRESLEY Vi proponiamo alcune citazioni di testi, che saranno all’interno della mostra. «Gesù, Gesù aiutami sono solo in questo mondo e un mondo così distrutto è troppo per me raccontami. Raccontami la storia quella sull’eternità e come andrà a finire». (“Wake up Dead Man”, U2) «Stavo solo calcolando cifre e numeri, mettendo i tuoi problemi da parte, domande di scienza, di scienza e progresso, non parlano così forte come il mio cuore. Dimmi che mi ami, torna e assillami e corro verso l’inizio». (“The Scientist”, Coldplay)
strare questo con il rock ‘n’ roll, possiamo rendere questa asserzione più plausibile e reale in tutto e in tutti. Vorrei che ogni visitatore avesse la conferma che una domanda esiste in lui e, non esiste ancora, ne deve prendere coscienza. Quali sono gli autori che saranno presenti in mostra? Non abbiamo definito completamente la lista, ma ci saranno principalmente i più ovvi: Elvis Presley, Bob Dylan, i Beatles, i Coldplay, gli U2, Leonard Cohen e altri.
passo la tendenza di molte realtà odierne. La questione allora è la seguente: quell’immaginazione religiosa dell’uomo che ancora esiste dovrebbe semplicemente accettare che la maggior parte della realtà si è allontanata da essa e che l’unico ricorso dell’uomo “religioso” è un declinarsi nella devozione e nel distacco dal mondo? O stiamo semplicemente fraintendendo i segnali, il linguaggio, per cui gli stessi desideri che ave-
«Gli uomini saggi dicono che solo gli stupidi fanno le cose d’impulso, ma non riesco a non innamorarmi di te. Dovrei dire che è un peccato? Se non posso fare a meno di innamorarmi di te, come un fiume scorre verso il mare, tesoro va così. Alcune cose sono destinate a essere così. Prendi la mia mano, prendi anche la mia intera vita, perchè non posso fare a meno di innamorarmi di te». (“Can't Help Falling In Love”, Elvis Presley)
vano ispirato gli Apostoli vivono ancora nei cuori degli uomini e sono animati da cose diverse? La “sacralità” è sempre da riconoscersi come una particolare forma di devozione? Mi viene in mente una frase usata da Bono degli U2: “Mai fidarsi di un uomo giusto, che sembra un giusto”. È questo lo scopo della mostra: far vedere che ‘tutto ciò che vive è sacro’, come disse William Blake. Beh, quasi tutto.
Nella presentazione della mostra affermi che un mezzo così moderno come il rock è comunque veicolo della dimensione religiosa dell’uomo. Qual è il tuo giudizio sullo stato attuale della musica rock e del mondo che ruota attorno ad essa? Di certo questo è il “problema” e il fenomeno che stiamo cercando di descrivere. Culturalmente parlando, il rock ‘n’ roll si sta separando dalla ricerca fondamentale dell’uomo, infatti, l’industria discografica se ne è appropriata per la produzione di distrazione, svago e anche di quella che potrebbe essere chiamata “deviazione”. Ma in tal modo segue di pari GIUGNO2012
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PARTE IL TOUR ENEL 5.0
50 ANNI DI STORIA, UN VIAGGIO NELLA DIREZIONE DELL’ENERGIA.
50 ANNI DI ENERGIA, MILIONI DI ATTIMI INSIEME. NON PERDERTI IL PROSSIMO. Un viaggio attraverso il nostro passato e verso il nostro futuro, un’esperienza per raccontarvi tutti quei momenti in cui la nostra energia si è sommata alla vostra. Il tour Enel 5.0 sarà a: Napoli, Bologna, Rimini, Firenze, Milano, Genova, Catania e Roma.
enelcinquepuntozero.it
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Il popolo e la cattedrale Sec’èun’operachenellanostrastoriaesprimecompiutamentelanatura dell’uomo come rapporto con l’infinito, questa è la cattedrale. LastoriadellacostruzionedelDuomodiMilano,sortograziealledonazioni di migliaia di uomini e donne, dal ricco mercante alla prostituta. di Martina Saltamacchia e Mariella Carlotti
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ell’estate del 1386, nel centro di Milano ebbero inizio i lavori per la costruzione di una nuova, gigantesca cattedrale, che mirava a divenire la più grande al mondo. Al monumentale progetto dette l’abbrivio un potente personaggio, il signore della città Gian Galeazzo Visconti, che concesse alla Fabbrica del Duomo l’usufrutto della cava di marmo di Candoglia, nei pressi del Lago Maggiore, e l’esenzione di dazi per il trasporto dei blocchi. Per facilitarne il riconoscimento, su di essi era apposta la sigla AUF: Ad Usum Fabricae. Da questa gra-
tuità, che nei secoli contraddistinse la storia della costruzione, prende le mosse la mostra proposta al Meeting 2012 dalla Compagnia delle Opere, in collaborazione con la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano che, per l’occasione darà in prestito quattro preziosi pezzi di sua proprietà. Da qualche anno, nello spazio della CdO è allestita una mostra che va a rintracciare nella tradizione un esempio significativo dei contenuti che stanno a cuore all’associazione, nel tentativo di esprimerli attraverso il linguaggio suggestivo dell’arte. Quest’anno, la scelta dell’allestimento è
legata in maniera particolare al titolo del Meeting: se c’è un’opera che nella nostra storia esprime compiutamente la natura dell’uomo come rapporto con l’infinito, questa è la cattedrale. Abbiamo deciso di narrare la costruzione del Duomo di Milano, una cattedrale per cui è possibile ripercorrere in maniera molto dettagliata il nesso con il suo popolo e con la sua città, il suo cantiere e le vicende degli uomini che la innalzarono. Fin dall’inizio dei lavori, straordinaria fu la partecipazione di migliaia di cittadini di ogni mestiere e classe sociale che si accalcavano davanti all’altare maggiore della chiesa per portare il proprio obolo: una moneta, un diadema prezioso, una formaggetta. Dai voluminosi registri delle donazioni spuntano storie di uomini e donne che concorrono con quel che hanno alla costruzione: il ricchissimo mercante che si spoglia di tutti i suoi averi, le prostitute che offrono la decima del loro lavoro notturno, la vecchietta che dona la pelliccetta con cui si ripara dal freddo. E, di contro, grandioso fu il contributo, nei secoli, del cantiere del Duomo alla città, innanzitutto come gigantesca impresa che arrivava ad impiegare fino a 4000 persone. Le numerose maestranze straniere giungevano nella città lombarda, portando nuove idee e strumentazioni. Nel cantiere si sviluppavano innovazioni tecnologiche, si ardivano sperimentazioni architettoniche, si creavano macchine e strumenti. E per facilitare il trasporto dei marmi, vennero realizzate infrastrutture grandiose, potenziando la rete dei navigli dal lago Maggiore fino al cuore di Milano. Ci vorranno secoli prima di giungere alla conclusione dei lavori. Gli uomini che spendevano le loro energie ed averi per la costruzione, ben sapevano di darsi tutti per un’opera che mai avrebbero vista ultimata. È di un cuore così che abbiamo bisogno per affrontare la sfida che il difficile momento che stiamo attraversando ci pone. GIUGNO2012
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Alle vincite di importo superiore ai 500 euro, alla parte eccedente detto importo, verrà applicata la ritenuta prevista dalla vigente disciplina in materia.
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IL GIOCO È VIETATO AI MINORI DI ANNI 18. CONC. AAMS PER I GNTN DEL 26/06/2009
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Utopie e significato Una mostra dedicata al Bicentenario dell’Indipendenza dell’America Latina diventa l’occasione per una riscoperta della propria storia e tradizione, con una domanda: quali sono le fondamenta da cui partire per affrontare il presente? di Chiaraluce Bedetti
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opo un lavoro di due anni arriva al Meeting la mostra per raccontare la storia dell’independenza dell’America ispanica, dal titolo“Bicentenario dell’Indipendenza dell’America Ispanica. Utopie e significato: le due bandiere dell’Indipendenza ispanoamericana (1808-1824)”. A curarla un gruppo di amici che, sfruttando l’occasione di questa ricorrenza, ha deciso di misurarsi con la propria realtà
e di rileggere la storia del proprio popolo. «Ci siamo chiesti che novità poteva emergere da questi fatti racconta il professor Fornari - che non fosse, nè un nuovo sguardo ideologico, nè una nuova interpretazione, pur essendo una interpretazione “migliore” o con una migliore intenzione di altre? A partire da questo spunto, abbiamo incominciato a dialogare con gli stessi protagonisti dell’indipendenza (...)».
Battaglia di Maipu, 5 aprile 1818. Decisiva vittoria dell’esercito degli Andes di José de San Martín con gli indipendentisti cileni.
Come è nata l’idea della mostra? Direi da un’amicizia tra persone provenienti dalle più svariate parti dell’America Latina, che è nata e si è approfondita negli anni, grazie all’esperienza di Comunione e Liberazione. Ma una tappa fondamentale è stata quella a San Paolo nel 2008, durante l’incontro dei responsabili di Cl. In quell’occasione erano presenti più di quindici paesi dell’America Latina e ogni nazione ispanoamericana si preparava a celebrare, nell’arco di sei anni, il “suo” bicentenario dell’indipendenza dalla Spagna. In quel momento, ci siamo sorpresi a domandarci: “Ma non tocca a ‘noi’ riconoscerci come questa specie di popolo nuovo, fatto da tutte queste nazioni, portatori di un tipo di unità sostanziale, cogliere adesso la sfida di questa celebrazione in comune?” Così è nata l’idea della mostra e la domanda su come svilupparla. Qual è stato il percorso fatto fino ad arrivare all’elaborazione finale di essa? All’inizio abbiamo costituito un team di lavoro con storici, professori e grafici e abbiamo approfondito lo studio della storia delle Guerre d’Indipendenza ispanoamericana e anche del soggetto che le proclama, costituito attraverso i secoli della conquista e dei viceregni. Poi è emer- > GIUGNO2012
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IN-MOSTRA 2012 dipende dalle possibilità sa la seguente domanda: che lo Stato gli offre. È “Che novità poteva emerintorno a questo tipo di gere da questi fatti che non uomini che si genera un fosse, nè un nuovo sguarpopolo. Un popolo non do ideologico, nè una nuonasce perchè un progetva interpretazione, pur to vince su un altro. Nelessendo una interpretala storia che abbiamo stuzione ‘migliore’ o con una diato, la implementaziomigliore intenzione di ne o la vittoria di un deteraltre?” A partire da questo minato progetto su altri spunto, abbiamo inconon modifica la sostanza minciato a dialogare con gli stessi protagonisti deldi un popolo. Può allarl’indipendenza, attravergare i suoi confini ma non so la lettura delle loro letcambiare la sua sostanza. tere, dei diari personali, Questa sarebbe l’altra facdelle loro confessioni, per cia della storia: lotte interminabili per imporre un capire cosa cercavano, progetto su un altro; uomicos’era quello che verani che danno la loro vita mente li muoveva e che per un’idea di nazione o giudizio loro stessi davadi continente e che quanno sull’avventura che avedo raggiungono il loro vano intrapreso. Questo ci obiettivo si domandano ha portati a capire che c’era perchè. in ognuno di loro un impulso profondo e irrefrenabiChe idea emerge nella le per cambiare la realtà, MIguel Hiliago y Costilla, sacerdote cattolico, iniziatore della guerra mostra di quale dovrebper cambiare il mondo e d’indipendenza nel Messico. be essere il rapporto tra che, allo stesso tempo, trova. Anche in una situazione di popolo e stato e tra popolo e polidavanti al successo o al fallimento rifiuto, censura o oppressione si può tica? di quel progetto buono, che ciascucostruire. Un esempio di questo ce Le domande che lei fa sono a conno di loro aveva, si poneva il prolo offre uno dei tanti frati che arriclusione della mostra e l’ipotesi di blema del significato. Questa sarebvarono con la conquista, Bernardibe l’idea centrale della mostra, che lettura che daremo prenderà le mosno de Sahagún. Quest’uomo, a parabbiamo tentato di riflettere nel titose dalla citazione del Discorso al Partire dalla sua amicizia e dal suo lavo- lamento Tedesco di Benedetto XVI lo e che interpella oggi tutti noi: da ro con gli indios, è riuscito a ricodove partiamo per la costruzione del del 22 settembre 2011. Consideriastruire tutta la storia del popolo mondo? mo la domanda del Santo Padre azteco prima dell’arrivo degli spacome l’ipotesi di risposta alla mostra: gnoli. La sua opera e la sua perso«Come si conosce ciò che è giusto?». Nella mostra emerge la tematica na sono state messe in questione e Per noi ha dunque valore la citaziodel popolo, del rapporto con lo Stataciute per molto tempo, tanto che ne di sant’Agostino «Togli il diritto e della sua liberazione finale. poterono essere conosciute solo vari to e allora cosa distingue lo Stato Come verrà trattata questa temasecoli più tardi. Le riduzioni gesuida una banda di briganti?». Infatti, tica, quali gli aspetti positivi e quatiche, i tanti ospedali e centri edunella storia del nostro popolo abbiali quelli negativi di questo rapporcativi messi in piedi dagli ordini mo vissuto le conseguenze negatito? Può farci degli esempi? religiosi non hanno avuto origine La questione non è impostata nei ve della separazione del potere dal da un progetto politico, ma sono termini “Stato sì – Stato no”. È stadiritto, di uno Stato che si pone come stati portati avanti da uomini che ta impostata a livello del rapporto strumento del potere contro il diritsfidavano le circonstanze a partire to. In considerazione di questo, condi ogni uomo col significato. Quandal loro rapporto personale col Signicordiamo con le seguenti parole del do un uomo amante e protagonista ficato. Questo atteggiamento geneSanto Padre: «Servire il diritto e della sua storia parte dal suo rapcombattere il dominio dell’ingiuporto col significato, diventa costrut- ra una libertà nella persona che può dialogare e costruire con lo Stato, stizia è e rimane il compito fondativo. Non c’entra quali siano le conma che non dipende da esso, non mentale del politico». dizione politiche o sociali in cui si GIUGNO2012
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Le radici di un popolo Al centro tre grandi icone che hanno concorso alla formazione dell’identità albanese: il condottiero Giorgio Castriota Scanderberg, il personale religioso cattolico e madre Teresa di Calcutta.
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a mostra intende documentare come «la libertà si identifica con la dipendenza da Dio a livello umano, cioè riconosciuta e vissuta», come scrisse don Luigi Giussani, una religiosità che diventa quindi l’unico limite che può essere opposto alla dittatura dell’uomo sull’uomo, «l’unica obiezione alla schiavitù del potere». Questo è quello che ha vissuto drammaticamente e tragicamente uno dei più antichi popoli d’Europa, quello albanese, che quest’anno festeggia il centenario dall’indipendenza (1912-2012). Partendo da una breve riflessione sulla personale esperienza dei curatori il percorso si dirige verso le più grandi icone storiche dell’identità di quel popolo, delineando la coscienza con cui i protagonisti hanno vissuto nel loro tempo attraverso le loro diverse vocazioni. La mostra riflette quindi sulla totale censura della religiosità, compiuta in Europa dal comunismo albanese, per concludere con un giudizio sull’attualità, condiviso con il pensiero dei più grandi pensatori albanesi contemporanei. La mostra è un percorso multimediale che, dopo un iniziale premessa sui dati che ne documentano i temi, racconta di Giorgio Castriota Scanderbeg, l’athleta Christi che fermò l’avanzata ottomana verso l’Europa. Il condottiero di un popolo sostanzialmente guerriero dà vita ad un’epopea che segna ancor profondamente l’identità degli albanesi. Identità che venne 26
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Un’immagine di Madre Teresa in gioventù.
custodita e tramandata nella sua più pura essenza dal clero e dagli ordini religiosi cattolici. La loro fedele presenza tra gli albanesi è perfettamente riassunta in una lettera aperta del 1932, con la quale i frati francescani di Scutari rispondono al ministro dell’Istruzione del regno d’Albania, quando questi propone di limitare la loro libertà d’insegnamento: «Signor Hil, quanti anni, o meglio quante ore di insegnamento durante la vostra vita avete impartito ai giovani albanesi nelle scuole? […] Dove sono i libri che avete scritto, le riviste, i giornali, che Voi, di vostra iniziativa avete creato per difendere i diritti degli albanesi e dell’Albania? […] Avete mai, in qualche luogo, pacificato vendette, svincolato da ipoteche terre coltivabili, prati, case, oppure asciugato le lacrime di qualcuno? […] Avete combattuto per la patria. Noi pure ci siamo
trovati in combattimento, passo a passo con il nostro popolo, più spesso di Vostra Signoria. Anzi, noi abbiamo versato anche del sangue per l’Albania. Mentre Vostra Signoria è ritornata, grazie a Dio, sana e salva!». Seconda icona della mostra sono i principali protagonisti del risorgimento albanese, che porta nel 1912 all’indipendenza del paese dall’impero ottomano: i francescani, i gesuiti e il clero secolare che saranno le prime vittime del regime totalitario più atroce della storia europea. Nel popolo che ha generato questi martiri nasce e viene educata anche la grande santa del ventesimo secolo, Madre Teresa. Mentre la sua potente umanità testimonia Cristo al mondo, l’Albania precipita nelle tenebre di un ateismo imposto e propagandato con capillare ferocia. Tale regime ateo crolla perché si scontra con l’irriducibilità della natura umana che non può essere ridotta al prodotto di un progetto ideologico. All’alba di questa rinascita gli albanesi si trovano quindi a fare i conti con il senso di vuoto identitario lasciato dal crollo dell’ateismo di stato, che si riassume oggi nella vulgata secondo cui la fede propria degli albanesi sarebbe l’albanismo. La mostra vuole essere una risposta, fondata sull’eredità di quelle tre grandi icone albanesi, a questa persistente menzogna. L’obiettivo ultimo è costituire un punto di partenza di un dibattito in Albania che tenga in principale conto il fatto che culturalmente gli albanesi sono, per tutto ciò, parte della cultura europea occidentale. Allo stesso modo è anche il tentativo di dire all’Occidente che l’essenza della storia dell’Albania gli appartiene, proprio per il modo in cui essa inneggia alla libertà. Domenica 19 agosto – sabato 25 agosto ALBANIA, ATHLETA CHRISTI. ALLE RADICI DELLA LIBERTÀ DI UN POPOLO A cura di: Bardha Karra, Florenc Kola, Miranda Mulgeci Kola, Teodor Nasi, Denis Spahaj. Comitato Scientifico: Felice Crema, Giorgio Paolucci, Gjergj Sinani, Maria Vismara.
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Uno sguardo nuovo attraverso Dostoevskij Tat’jana Kasatkina, tra i massimi esperti al mondo dello scrittore russo, ci racconta la mostra, che, insieme a studenti italiani e russi, sta preparando da alcuni mesi, per mostrare come il quotidiano e l’eterno nelle sue opere si unifichino. di Erika Elleri
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ietro ai testi di Dostoevskij c’è un mondo fatto di immagini. E la mostra, che sarà presente a Rimini, aiuterà i visitatori a conoscere queste immagini per recuperare uno sguardo diverso, cristiano, che aiuti a comprendere la profondità di tutta la realtà. «È Cristo che vive in te» Dostoevskij, l’immagine del mondo e dell’uomo, l’icona e il quadro, il titolo dell’esposizione a cui è al lavoro da mesi Tat’jana Kasatkina, professoressa tra le più grandi esperte dello scrittore russo. Una passione nata semplicemente leggendolo, capendo che «conoscere e comprendere le sue opere mi conduceva a comprendere tutto il mondo e a conoscere il suo Creatore». Qual è il nodo centrale della mostra e in cosa consiste la sua originalità? L’idea centrale della mostra è di recuperare, con l’aiuto delle opere di Dostoevskij, il modo di guardare la realtà propriamente cristiano, uno sguardo che nell’uomo contemporaneo si è molto indebolito. Proprio per questo la mostra comincia con l’immagine della guarigione evangelica di un cieco. L’immagine bi-composita è una proprietà che i testi di Dostoevskij hanno in comune con la realtà che ci circonda se noi cerchiamo di guar-
darla in modo cristiano. Le cose che sono state create da una parola hanno la capacità di diventare, a loro volta, la parola con cui Dio si rivolge agli uomini. La realtà ha la proprietà di creare un’immagine esteriore, visibile a tutti come luogo della presenza degli avvenimenti della storia
Antonio Marinotti, Cristo alla porta. Olio su tavola, cm 35x50. Collezione privata di Mons Dino Gariboldi, Arciprete della Basilica di S. Giovanni Battista, Monza.
evangelica, che possiamo incontrare qui ed ora: possiamo incontrarli e rispondere alla sfida che ci lanciano. L’immagine bi-composta usata da Dostoevskij cela (e svela) il volto eterno che si trova sotto il sembiante della realtà attuale: anche nelle situazioni più taglienti e scottanti del quotidiano sono riconoscibili gli avvenimenti della storia evangelica. È un tipo di immagine che realizza diversi scopi: ci aiuta ad orientarci nella contemporaneità – perché il senso vero degli avvenimenti che accadono qui e ora si può comprendere solo se nel profondo di essi arriviamo a vedere la scena evangelica – e ci permette di comprendere i testi fondamentali della cultura russa e europea – l’Antico e il Nuovo Testamento – perché li libera dalla patina che normalmente li ricopre, elimina quello straniamento estetico, generatosi nei duemila anni di storia, che ci separano dagli avvenimenti originali, restituendo loro l’effetto di una presenza qui ed ora, l’effetto di un accadere nel quotidiano. Ci potrebbe fare qualche esempio di relazione tra i testi dello scrittore russo, le icone ortodosse e i dipinti occidentali, in modo da comprendere meglio come ciò verrà rappresentato nella mostra? Beh, innanzitutto occorre dire che si tratta di molto di più che non del rapporto tra alcuni testi e alcune immagini concrete. Si tratta piuttosto del fatto che se osserviamo le due confessioni cristiane – l’ortodossia e il cattolicesimo – balza subito agli occhi la presenza di due princìpi di raffigurazione opposti: le icone e i quadri della pittura sacra occidentale. Nelle sue opere Dostoevskij riunisce questi due princìpi. Il punto è come Dostoevskij costruisce il testo: egli descrive delle scene tratte dalla realtà normale della nostra vita temporale, ma in quella scena è raffigurata anche un’immagine > GIUGNO2012
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IN-MOSTRA 2012 sacra, un’icona o un quadro, che possiamo identificare. In questo modo il piano dell’attualità e quello dell’eterno si unificano e il lettore può vedere nettamente il significato vero di quello che accade. Possiamo pensare tante cose diverse di Raskol’nikov, ma quando leggiamo queste righe della lettera che riceve dalla madre proprio all’inizio del romanzo Delitto e castigo – «Preghi Dio, Rodja, come un tempo? E credi ancora nella bontà del Creatore del nostro Redentore? Io nel mio cuore temo che tu sia stato contagiato dalla nuova moda dell’ateismo. Se è così, allora io pregherò per te. Ricordati, caro, quando eri ancora piccolo e tuo padre era ancora vivo, come balbettavi le tue preghiere seduto sulle mie ginocchia e come eravamo tutti felici, allora!» – vediamo chiaramente che Dostoevskij raffigura l’immagine della Madonna col Bambino, e non possiamo allora non tener presente che nel disegno dell’autore Raskol’nikov ha un compito, che nel mondo del romanzo Raskol’nikov è Cristo. E Delitto e castigo parla del fatto che l’uomo cerca di svolgere il compito che gli è stato affidato seguendo strade sbagliate, tradendo e maltrattando l’Immagine che è stata posta in lui all’origine. È così in tutti i romanzi di Dostoevskij, tutti ci mostrano l’interazione tra l’uomo e la sua essenza divina. Cos’ha significato per lei lavorare insieme a questo gruppo di studenti italiani e russi? Probabilmente tutti capiscono che un conto è dire che tu vedi una certa cosa e tutt’altro il
riuscire poi, non solo a mostrarla a un altro, ma anche insegnargli a vederla. Significa arrivare a consentire ad un altro di percorrere autonomamente il percorso di comprensione di quello che Dostoevskij ha effettivamente rappresentato. Quando accade così, ci sono dei momenti in cui le parti si invertono ed è l’altro a diventare per te una guida e un maestro. Se ti sei inventato tutto, se quello che dici nell’autore non c’è, è impossibile che questo accada! Nelle scienze umane arrivare a vedere con lo stesso sguardo è una modalità per stabilire la verità di quello che si è scoperto. Abbiamo fatto alcune scoperte insieme, altre sono emerse nel lavoro personale e poi sono state condivise con gli altri e ci siamo donati reciprocamente quello che avevamo scoperto.
Arina Kouznecova, Tempio vivo.
Cos’ha da dire Dostoevskij all’uomo di oggi ? Sa, io direi che è più o meno lo stesso tipo di attualità che possiamo attribuire a San Francesco quando ha ricevuto le stigmate… Le stigmate fanno di San Francesco un’icona di Cristo ma anche, e questo è fondamentale, un operatore di Cristo: prendendo su di sé l’immagine delle piaghe di Cristo il santo permette a quel sacro mistero di compiersi e di agire nuovamente nel mondo proseguendo la sua storia. Quelli che vedevano le sue stigmate vedevano la dolce immagine delle piaghe del Cristo ma allo stesso tempo anche delle piaghe nuove, vive e strazianti per colui che le portava su di sé. Sia San Francesco che Dostoevskij ci offrono un’immagine nuova in cui è inclusa quella di partenza e in questo modo ci permettono di incontrare quell’immagine come una realtà viva e quotidiana. La grande arte cristiana, di cui Dostoevskij è un esponente di spicco, ha insegnato all’uomo a vedere nella realtà creata uno spazio in cui la storia evangelica è sempre attuale: uno spazio in cui l’uomo contemporaneo può entrare per compiere ciò che nel Vangelo gli era stato proposto, ma che lui non ha realizzato. Possiamo ancora intervenire, ad esempio, per offrire un ricovero a Maria partoriente e dare un po’ di calore al suo bambino, in passato scaldato solo dal bue e dall’asinello in una mangiatoia… GIUGNO2012
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da casa o può venire solo qualche giorno, e non solo. Anche in questi mesi il nostro sito è il luogo privilegiato dove scoprire anticipazioni sulla prossima edizione e conoscere personaggi, mostre, spettacoli e >
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SITO tutto quello che offrirà il Meeting 2012. Durante il Meeting, inoltre, notizie e foto sugli avvenimenti più importanti della giornata. E dalla mattina alle 10 on-line il Quotidiano Meeting e una selezione degli articoli dalla stampa. Inoltre, come gli anni scorsi, sul nostro sito troverai 15 incontri live e ben 60 incontri on-demand, che saranno disponibili in lingua italiana e inglese già il giorno dopo il loro svolgimento sul canale youtube del Meeting: www.youtube.com/meetingdirimini
Molte le novità di quest’anno. #meeting – vivilo con noi. È questo lo slogan che definisce l’impegno di quest’anno del Meeting sui social media. Durante tutta la settimana gli appuntamenti principali saranno raccontati in rete da un social media team formato da volontari. Dirette dei convegni su Twitter, informazioni, foto e video della vita del Meeting su Facebook e inoltre ogni sera la giornata del Meeting attraverso le tue storie. Per questo, quando sarai al Meeting, se stai per condividere una foto, un messaggio, o un video usa la parola chiave #meeting, per
raccontare a tutto il mondo quello che accadrà in quei sette giorni. IlSussidiario.net – TgMeeting Ritorna anche quest’anno il tg realizzato insieme al quotidiano on-line IlSussidiario.net. Un’edizione giornaliera alle 19.30 e alcune rubriche on-line durante la giornata per approfondire una storia, un personaggio, una mostra o uno spettacolo. Inoltre, grazie all’agenzia Rome News Report, quest’anno il TgMeeting sarà in lingua inglese e spagnola sul sito di Rome News Report, su quello del Meeting e de IlSussidiario.net L’App del Meeting Ad inizio luglio verrà rilasciato un aggiornamento importante per l’App realizzata l’anno scorso con Fotonica: nuova grafica, la sezione multimedia del nostro sito interamente disponibile e, come l’anno scorso, il programma aggiornato in tempo reale, la mappa dettagliata con tutte le sale dei convegni, delle mostre e degli spettacoli in programma, news condivisibili sui social network e il Quotidiano Meeting da sfogliare, tutto disponibile per iPhone, iPod Touch o iPad. Promuovi il Meeting Dall’anno scorso sul nostro sito una sezione è dedicata a tutti gli strumenti per promuovere il Meeting on-line ed invitare i tuoi amici. Vai all’indirizzo: www.meetingrimini.org/promuovi2012 per scaricare locandine, banner per il tuo sito e il tuo blog. In questi anni il ‘passaparola’ si è rivelato lo strumento più efficace nella comunicazione dell’esperienza del Meeting! E allora quello che ti consigliamo è di cliccare su mi piace nella nostra pagina Facebook, seguirci su Twitter, iscriverti al nostro canale Youtube e alla nostra newsletter: http://www.meetingrimini.org/Iscrizionenewsletter. Perché? Per vivere il Meeting 2012 con noi!
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“La pittura oltre la pittura” Ricorrono100 annidalla nascita delpittoreamericanoWilliamCongdon. E in questo testo, tratto da una sua conferenza al Meeting nel 1987, ripercorre il percorso della sua pittura e della sua vita, i viaggi nei luoghi che “mi avevano chiamato e mi guidavano”. di Matteo Lessi
«
Il desiderio di essere al centro dei mondo mi ha spinto - negli anni del mio cosiddetto nomadismo - verso i luoghi carichi di storia e di significato religioso: era un bisogno di essere accolto, integrato in qualcosa di più grande (tempio, chiesa)? Oppure era il bisogno di confermare e dilatare il mio egocentrismo, distruttivo, in ultima analisi, per la mia pittura? Non avrei mai pensato di riprendere a viaggiare se non nel ‘54. Perché dovevo lasciare il mio studio a Venezia dove dipingevo, fino al ‘53, così santamente? Il ‘53 mi ha messo il dubbio, perché ho visto che piazza San Marco, soggetto dei miei quadri di allora, calava: allora ho cominciato a fare la valigia, con l’occhio su Istanbul, sull’India. In qualche modo era la Chiesa che cercavo: le Moschee ad Istanbul, i templi in India. Non esiste il caso nella vita. I luoghi dove andavo mi avevano chiamato e mi guidavano per la memoria di un originario disegno di Dio per la mia vita, che dovevo scoprire in questi viaggi». (…) «Abbiamo visto come io gravitavo verso i luoghi per storia e per tradizione ricchi di significato e così dipingevo il carico della memoria di questi luoghi: Grecia, Messico, India, Egitto ecc. Attratto da quei
Un’immagine di William Congdon.
simboli, come da una calamita io, allora, ero in cerca di una stabilità spirituale, si può dire: di una conversione - e per forza guardavo a tutti i santuari del mondo come alla mia Chiesa, con quell’amore “destato dalla Bellezza - come attrattiva del Vero - che è l’inizio del Cristianesimo”. Mi tuffai nei simboli redentivi di altri popoli, mi impadronivo di quei templi per possederli, quasi nell’illusione che, nel possedere le religioni di altri, io potessi essere esonerato dall’arren-
dermi ad una, e in particolare a quella che si era manifestata come la mia vera origine: la Chiesa Cattolica. Quando non bastiamo a noi stessi tendiamo a fare i parassiti delle cose che incontriamo. Nella misura in cui avevo ingannato quella mia origine alla quale ero ora precisamente chiamato, la mia pittura, datami come strumento per trovare questa origine e ora piegata al servizio del mio egoismo, dal ‘53 aveva cominciato a perdere di autenticità, di realtà. Il luogo dell’arte, quello che consente all’artista la massima fedeltà alle esigenze del suo dono creativo, è per me divenuto, paradossalmente, un “nonluogo”, luogo di estraneità, di schiacciamento, di “squassamento” – “luogo della croce”. L’esaurimento di me stesso, che comprendeva l’esaurimento di tutte le cose - perché esaurito me, si esaurivano i miei occhi del vedere - che mi portò alla conversione alla Chiesa, era uno spogliamento globale di me come di tutta la mia vita e la mia storia. Era il 15 Agosto 1959: ero spinto al passo estremo per la dissoluzione della mia vita, consumata dall’impurità, che aveva cancellato ogni iniziativa creativa. Presto la Chiesa doveva rivelarsi lo stesso corpo e lo stesso sangue dei quali i gloriosi luoghi di prima erano solo segni. Da ora in poi la mia arte non doveva più partire dai segni esterni, ma dal di dentro della mia fede ancora piccola, ma che il Signore aveva già assunto nella Sua». (…) Ciò che distingue l’occhio dell’artista dall’occhio dell’uomo normale è che quello dell’artista è munito di una memoria. È questa memoria che l’artista infonde nel luogo perché diventi storia, diventi tradizione. È per l’artista che il luogo povero senza memoria diventa luogo ricco di memoria. Qual è questa memoria che l’artista infonde nel luogo affinché esso diventi storia, tradizione? Il con- > GIUGNO2012
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Il pittore statunitense durante un suo intervento al Meeting dell’ ’87 dal titolo: “L’Arte forma dell’infinito”.
sto giudizio è per una sproporzione, una povertà, per il tuo spogliarti in modo che il dono creativo sia libero, in modo che non sia più tuo. Tu sei al centro del mondo perché in qualche modo non sei più nel
mondo - più centrale di così non si può essere! È un altro modo, paradossale, di essere al centro. In me la vocazione all’arte nasce dall’originale squassamento e ora ritorna allo squassamento».
CHI ERA WILLIAM CONGDON Ricorrono quest’anno i 100 anni dalla nascita del pittore statunitense William Congdon (1912-1998). Ospite del Meeting, fin dalla prima edizione – con una mostra dal titolo: “Da New York a Calcutta…e oltre” – con il pittore americano nacque una grande amicizia e ritornò varie volte in occasione di mostre o conferenze. Figlio dell’Action Painting, maturò negli anni un suo stile. Dopo il periodo newyorkese, si trasferì in Italia a Venezia, viaggiando di continuo, ma mantenendo lì il proprio studio. Nel 1959 si converte al cattolicesimo. Negli anni ‘60 e ‘70 lavora ad Assisi. Dal 1979 vive a Gudo Gambaredo, alla periferia di Milano, accanto al mona-
stero benedettino della Cascinazza. Muore il 15 aprile 1998, nel giorno del suo ottantaseiesimo compleanno. Quelli che proponiamo sono alcuni stralci di un intervento che Congdon fece al Meeting nel 1987, durante un conferenza insieme a Giuseppe Panza, James Turrell, Massimo Cacciari, introdotti da Rodolfo Balzarotti. Sul sito del Meeting sono disponibili tutti gli interventi del pittore statunitense. Per maggiori informazioni su di lui consigliamo il sito della fondazione a lui dedicata: http://www.congdonfoundation.com/
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VITA MEETING
A Varese la storia diventa attuale Continua il viaggio della mostra dei “150 anni di Sussidiarietà”. A Varese alcuni studenti approfondiscono la storia d’Italia e quella della loro città. di Giulia Genestreti
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ra le numerose città, che la mostra noi – confida Massimiliano – è stato sui “150 di Sussidiarietà” ha toc- importante. Abbiamo rivalutato la cato quest’anno, una menzione nostra storia, comprendendo come sia particolare merita Varese, dove alcuni testimone di desideri che accomunastudenti di varie scuole, colpiti dalla no i giovani a chi la storia la costituimostra, hanno deciso di portarla nella sce. Nei giorni di esposizione abbiapropria città, insieme alla consulta stu- mo dialogato e ci siamo confrontati dentesca. con la cittadinanza, ricevendo apprez«Grazie alla collaborazione di alcuni noti storici locali – racconta Massimiliano Rossignoli, il rappresentante degli studenti coinvolti nella realizzazione della mostra – abbiamo aggiunto alcuni pannelli per raccontare gli avvenimenti, le personalità e le realtà imprenditoriali e sociali più significative della nostra provincia». Un’occasione per approfondire la questione della sussidiarietà, analizzando concretamente esempi del territorio Varesino, con lo scopo di verificare se il principio di Sussidiarietà può trovare riscontro anche nella realtà locale. La mostra, allestita dall’11 al 16 aprile, presso la Sala della Camera di Commercio, ha riscontrato un inaspettato successo: oltre mille visitatori nei cinque giorni e tantissime richieste di proroga dell’esposizione. «Questo splendido lavoro per Un pannello della mostra allestita a Varese.
zamenti da studenti, professori, cittadini e istituzioni». Insieme a loro in questo lavoro, il giornalista Robi Ronza, che aveva suggerito di aggiungere immagini documentarie e testi sul tema “150 anni di Sussidiarietà a Varese”. «Ovunque ciò sia possibile ritengo opportuno – racconta il giornalista – che le mostre del Meeting vengano in un certo modo radicate nel luogo in cui sono riallestite, perché siano l’occasione di ritrovare in loco gli echi della medesima vicenda o situazione, facendoli riemergere e riconoscere». Prendere sul serio questa sfida, ha portato a produrre per la mostra nuovi pannelli che reggevano bene il confronto con quelli della mostrabase. «La mostra e l’esperienza fatta – concludono i ragazzi - ci hanno fortemente aiutato a prendere posizione di fronte alla crisi che stiamo attraversando; una crisi finanziaria, economica ma anche culturale ed antropologica, che diventa una sfida, un’opportunità per mettersi in gioco, muovendosi nella realtà, superando ostacoli e imparando a vivere all’altezza dei desideri più profondi a cui tende il nostro cuore». Un’occasione, dunque, di crescita per tutti. GIUGNO2012
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Che spettacolo!
Non solo il Libano, ma anche la Spagna e la Russia sono rappresentati all’interno del cartellone degli spettacoli del Meeting, che comprende 26 appuntamenti, dal teatro al flamenco, dal rock al jazz, dalla musica classica fino agli acrobati e alle marionette.
TEATRO D2 ore 19.45 > 20 AGOSTO 2012 Omaggio ad Andres Segovia. In occasione dei 25 anni dalla morte del chitarrista spagnolo, uno dei più grandi concertisti del Novecento, sul palco uno dei sui più brillanti allievi, Piero Bonaguri, con alcune celebri pagine musicali del repertorio segoviano assieme a qualche pezzo nuovo che il maestro ha scritto con amici compositori, continuando la sistematica collaborazione con i contemporanei, iniziata per arricchire di nuove opere il repertorio della chitarra.
> 22 AGOSTO 2012 Origines Trio Concerto di musica etnica, con l’interpretazione di Valentina Oriani, Marco Squicciarini alla chitarra classica e Stefano Dall’Ora al contrabbasso.
> 23 – 24 AGOSTO 2012 Le Marionette della Misericordia Da Milano, a cura dell’Opera Fratel Ettore, spettacolo che un gruppo di ospiti delle comunità sta allestendo sul fondatore e che debutterà a Rimini. Insieme a loro le marionette della celebre famiglia Colla. Lo spettacolo sarà in replica anche venerdì 24. 40
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ARENA D3 ore 21.45 > 21 AGOSTO 2012 En Ti
> 19 AGOSTO 2012 The Villager’s Opera
Direttamente dalla Spagna arriva lo spettacolo con il famoso ballerino e coreografo Luis Ortega e una compagine di ballerini e musicisti tra i più importanti di Madrid. Il Vangelo viene rappresentato attraverso la musica e la danza: una sfida riuscita in questo spettacolo, che mostrerà come l’arte sia in grado di suscitare sogni e speranze per attrarre l’uomo alla bellezza.
Sarà lo spettacolo della compagnia libanese Caracalla Dance Theatre ad inaugurare il Meeting: cinquanta ballerini, attori e cantanti, atmosfere scintillanti e scenografie moderne e barocche, musiche inebrianti e coinvolgenti per un’opera di grande impatto emotivo e popolare, ricca di particolari e semplice nella narrazione, che desidera parlare al pubblico di ogni paese. A tema, l’amore tra due giovani e il conflitto tra le loro famiglie.
> 22 AGOSTO 2012 Concerto con coro metropolitano ecclesiastico di San Pietroburgo
> 24 AGOSTO 2012 È festa Sarà un concerto con le più belle musiche del rock a chiudere il cartellone degli spettacoli. Sarà realizzato in collaborazione con John Waters, critico musicale e giornalista, nonché curatore della mostra sul rock, esposta durante la settimana a Rimini.
Da San Pietroburgo un concerto eseguito da 40 monaci. Il programma musicale conterrà la suite dal tema dei Vespri di Rachmaninov, un capolavoro della musica sacra di tutti i tempi, composto nel 1915 e considerata l’opera di Rachmaninov più ispirata.
> 23 AGOSTO 2012 Casa dolce casa Uno spettacolo di teatro acrobatico che racconta le vicissitudini di un gruppo di clochard. La voglia di vivere e l’ingegno dei personaggi in gioco riescono ad affrontare e a cambiare di segno le avversità che incontrano. Otto attori, clown, acrobati, equilibristi, giocolieri provenienti dall’Italia e dall’Europa dell’Est: Polonia, Romania e Ungheria. E dalle esperienze più disparate: il teatro, l’arte di strada, il circo sociale e le discipline sportive.
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TEATRO ERMETE NOVELLI ore 21.30 > 20 – 21 AGOSTO 2012 Delitto e Castigo di Fëdor Dostoevskij L’opera dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij andrà in scena in due atti grazie ai ragazzi della scuola superiore bergamasca “La Traccia”. Un tour iniziato due anni fa e che ha suscitato grande attenzione, tanto da varcare i confini dell’Italia, fino a giungere in Siberia e a Mosca.
MUISLAND SPAZIO PISCINA OVEST ore 22.00 > 20 AGOSTO 2012 Stage di danza
> 21 AGOSTO 2012 Shamrock band
La compagnia Caracalla Dance Theatre sarà protagonista con uno stage di danza per imparare a ballare nel perfetto ‘stile Caracalla’, uno stile unico che unisce la tradizione e il folklore libanese al linguaggio corporeo di Martha Graham.
Tanta musica tradizionale irlandese, sia nella forma cantata che strumentale, in versione rigorosamente folk.
> 22 AGOSTO 2012 Stage di flamenco Dalla Spagna, uno stage di flamenco per tutti i visitatori del Meeting, con artisti della compagnia di Luis Ortega.
> 23 AGOSTO 2012 Paolo Jannacci Quartet Paolo Jannacci torna al Meeting, dopo aver accompagnato il padre Enzo nel 2009. E ci torna con il Paolo Jannacci Quartet, il batterista Stefano Bagnoli, il bassista Marco Ricci e il chitarrista Luca Meneghello per una serata all’insegna del jazz. “La mia sfida è un jazz per tutti”, ama ripetere.
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Che cinema al Meeting! Una sala cinematografica vera e propria atterrerà alla prossima edizione del Meeting, con numerosi film di successo e anteprime assolute. di Antonio Autieri* e Beppe Musicco**
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Il cinema è la lingua franca della nostra società. È un mezzo formidabile per indagare la verità sul mondo. Spalanca la nostra esperienza in modo assai spesso più efficace di tanti discorsi e di tanti libri». Così due anni fa si esprimeva il card. Angelo Scola, in un incontro al Meeting. Negli ultimi anni non sono mancate le occasioni per apprezzare o riscoprire film importanti a Rimini, da Katyn di Andrzej Wajda a Popieluszko (chi scrive portò, insieme ad altri amici, a presentare il film il regista Rafal Wieczynski), senza contare l’inaugurazione del 2007 con La passione di Giovanna d’Arco di Dreyer, accompagnata dall’esecuzione dal vivo della colonna sonora. Se il cinema non era assente dai padiglioni fieristici, la novità di quest’anno è rappresentata dalla presenza di una vera sala cinematografica, con una dotazione di grande rilievo tecnologico, gestita da due esercenti di cinema in Lombardia (Andrea Nobile del Palestrina di Milano e Vittorio Mastrorilli del Silvio Pellico di Saronno), che quest’anno hanno deciso di mettere al servizio del Meeting la loro professionalità.
La sala cinematografica conterà circa 800 posti e avrà due spettacoli al giorno dal lunedì al venerdì: al pomeriggio un film per le famiglie, alla sera alcuni grandi film delle recenti stagioni. Noi di Sentieri del Cinema ci siamo occupati di scegliere i titoli, cercando quelle opere che mostrassero da
un lato un’eccellenza artistica e allo stesso tempo uomini alla ricerca – anche drammatica – del significato della propria esistenza. Da quando abbiamo dato vita con alcuni amici (giornalisti e critici cinematografici, gestori di cinema, insegnanti e studenti universitari) a questa associazione, il nostro desiderio è stato sempre poter comunicare le impressioni e le intuizioni sorprese in capolavori e in piccoli film, in opere a tutto tondo e in singoli frammenti da valorizzare in pellicole altrimenti poco interessanti. Del cinema ci affascina sempre la sua capacità di raccontare il presente, le vite degli uomini, i desideri e le contraddizioni con la possibilità di far balenare sprazzi di verità e bellezza. Nonché le grandi possibilità educative: con il linguaggio, immediato e familiare, delle immagini si può coinvolgere chiunque abbia voglia di scoprire qualcosa di nuovo (uno degli ambiti da noi più frequentato è quello scolastico). I più fortunati tra noi, per lavoro vedono tanti film ogni anno: una miniera di possibilità, che cerchiamo di mettere a disposizione di altre persone, senza presunzione o > GIUGNO2012
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SPETTACOLI 2012 pregiudizi, ma cercando di vagliare tutto e trattenere, giudicando, ciò che vale. Con quell’atteggiamento di apertura imparato da altri, non snobbiamo nulla, ma prendiamo sul serio tutto quello che vediamo (come facciamo anche con gli stessi artisti, che in qualche caso ci è capitato di conoscere o di osservare da vicino): sprazzi di verità possono arrivare dovunque, anche dove meno te l’aspetti. Il cinema può parlare al cuore del-
l’uomo, usando la sua formidabile capacità comunicativa, che può essere usata splendidamente o miseramente, secondo la libertà e il talento di chi fa cinema. Ma tra tanto squallore e banalità, noi continuiamo a sorprendere e a sorprenderci commossi per la bellezza e la verità che trapelano tra le immagini di nuovi film, a volte appunto inattesi (da un autore sconosciuto, da un paese lontano, da un regista che finora non ci aveva mai
impressionato positivamente); tanto che impariamo continuamente una posizione di apertura, che ci fa guardare con occhi aperti ogni possibile storia o espressione creativa. Nell’ultimo anno, si sono visti tanti bellissimi film e anche alcuni capolavori (ma stiamo cercando di avere anche qualche film non ancora visto in Italia). Tra tutti abbiamo identificato, sia per bambini e ragazzi che per adulti, alcuni titoli significativi, cercando non un tema conduttore ma come filo rosso la ricerca inesausta di verità (anche nei cartoni animati) e positività. Perfino nel film più straziante, Una separazione dell’iraniano Ashgar Farhadi (recente vincitore dell’Oscar per il miglior film straniero), si vede in controluce, nelle menzogne di alcuni adulti giudicati da una ragazzina, cosa desidera il cuore dell’uomo. Desideri che, magari camuffati da ansia di vittoria, si possono trovare anche in un campo da baseball (come in L’arte di vincere con Brad Pitt) o in film per ragazzi e adulti che tornano bambini come il bellissimo Hugo Cabret di Martin Scorsese. Desideri che neppure la violenza spegne, come nello strepitoso The Way Back di Peter Weir, film appena uscito in Italia dopo due anni di attesa, in cui un giovane tenente dell’esercito polacco evade da un campo di concentramento in Siberia durante la Seconda guerra mondiale insieme ad altri compagni di sventura. Quanto a The Tree of Life, capolavoro assoluto di Terrence Malick, nessun altro film recente ha proposto il dialogo drammatico tra l’uomo e il suo Creatore. Nessun altro film, sicuramente, potrebbe essere una “lettura” migliore del titolo del Meeting di quest’anno: “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito”.
*Editor in Chief di Box Office per Editoriale Duesse **Direttore e presidente di Sentieri del Cinema
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SETTEMBRE 2012 Tecnargilla 24 - 28 settembre 23° Salone Internazionale delle Tecnologie e delle Forniture all’Industria Ceramica e del Laterizio www.tecnargilla.it Claytech Sezione dedicata alle aziende fornitrici di macchine e attrezzature per il Laterizio Kromatech Vetrina sulle tendenze estetiche in ceramica
Networking Fare business in un quartiere tecnologico, funzionale, con 110mila mtq espositivi, 11mila posti auto, oltre 1,5 milioni di visitatori ogni anno. In un territorio centro dell’innovazione, accogliente, dinamico.
Cooperambiente 7 - 10 novembre 5a Fiera dell’Offerta Cooperativa di Energia e Servizi per l’Ambiente www.cooperambiente.it
TTG Incontri 18 - 20 ottobre 49a Edizione della Fiera b2b del Settore Turistico www.ttgincontri.it
LUGLIO 2012 Pennabilli Antiquariato 7 - 23 luglio 42a Mostra Mercato Nazionale Pennabilli (RN) Palazzo Olivieri www.pennabilliantiquariato.net
OTTOBRE 2012 Sun 7 - 9 ottobre 30° Salone Internazionale dell’Esterno Progettazione, Arredamento, Accessori www.sungiosun.it
Giosun 7 - 9 ottobre 27° Salone Internazionale del Giocattolo e dei Giochi all’Aria Aperta www.sungiosun.it
Sports Days 26 - 28 ottobre Conoscere, Praticare, Investire nello Sport www.sportsdays.it NOVEMBRE 2012 Ecomondo 7 - 10 novembre 16a Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile www.ecomondo.com Oro Blu Salone dedicato al trattamento e riuso delle acque Inertech Salone sul riciclaggio nel mondo delle costruzioni Città Sostenibile La via italiana alle Smart Grid Key Energy 7 - 10 novembre 6a Fiera Internazionale per l’Energia e la Mobilità Sostenibili www.keyenergy.it
Real Time Raggiungere la Fiera da ogni parte del mondo con l’aeroporto internazionale Rimini – San Marino collegato ai principali hub europei www.riminiairport.it o comodamente in treno da ogni parte d’Italia con la stazione ferroviaria di linea (Milano – Bari) interna al quartiere fieristico www.riminifiera.it/stazione.
GENNAIO 2013 Sigep 19 - 23 gennaio 34° Salone Internazionale Gelateria, Pasticceria e Panificazione Artigianale www.sigep.it A.B. Tech expo 19 - 23 gennaio Salone Internazionale delle Tecnologie e Prodotti per Panificazione, Pasticceria e Dolciario www.abtechexpo.it
Frigus Rassegna specializzata dei surgelati e attrezzature per il ciclo del freddo MARZO 2013 Nightshow 8 - 10 marzo 1° Salone Annuale di Attività e Tecnologie connesse alla Notte www.nightshow.eu Internet Show 8 - 10 marzo 1° Salone Annuale delle Attività che operano attraverso Internet www.internet-show-rimini.com Enada Primavera 13 - 16 marzo 25a Mostra Internazionale degli Apparecchi da Intrattenimento e da Gioco www.enadaprimavera.it
FEBBRAIO 2013 Campionati Assoluti di Danza 3 - 5 febbraio www.federdanza.it SAPORE 16 - 19 febbraio www.saporerimini.it Selezione Birra Beverage & Co. Esposizione Internazionale di Birre, Bevande, Snack, Attrezzature Mia Mostra Internazionale dell’Alimentazione MSE Mediterranean Seafood Exhibition Salone Internazionale delle Tecnologie e dei Prodotti della Pesca Oro Giallo Salone Internazionale dell’Olio Extravergine di Oliva DiVino Lounge Wine, Food and More Cooking Pasta Esposizione e degustazione dedicata al settore pastario
Multi Channel Hotel & Food Industry, Technology & Environment, Entertainment & Leisure, Travel & Tourism. Quattro distretti fieristici e 30 manifestazioni altamente specializzate dedicate a specifici target e mercati.
MANIFESTAZIONI BIENNALI O TRIENNALI 2013 Packology 11 - 14 giugno 2° Salone delle Tecnologie per il Packaging e il Processing www.packologyexpo.com T&T - Tende & Tecnica 10 - 12 ottobre 7a Biennale Internazionale dei Prodotti e Soluzioni per la Protezione, l’Oscuramento, il Risparmio Energetico, la Sicurezza, l’Arredamento www.tendeetecnica.it SAL.VE Salone dei Veicoli Ecologici
Green Un quartiere all’insegna del basso impatto ambientale. Un’organizzazione incentrata sulle best practices, in una città dove l’ambiente è in primo piano.