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22 agosto 2016
#4
anno 26
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QUALE ISLAM IN EUROPA?
«FARE LA VOLONTÀ DEL PADRE NOSTRO IN CIELO»
“QUO VADIS EUROPA?”
PONTI O MURI. IL FUTURO DELL’EUROPA
Partecipano: Wael Farouq, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Aziz Hasanovic, gran muftì di Croazia. Introduce Roberto Fontolan, direttore Centro Internazionale di CL.
Partecipano: Ignacio Carbajosa Pérez, docente all’Università San Dámaso di Madrid, Spagna; Eugene B. Korn, direttore Accademico CJCUC, Israele. Introduce Alberto Savorana, portavoce di Comunione e Liberazione.
Partecipano: Enzo Moavero Milanesi, docente di Diritto dell’Unione Europea e direttore dell’Università LUISS Guido Carli di Roma; Joseph Weiler, presidente EUI. Introduce Roberto Fontolan, direttore Centro Internazionale di CL.
Partecipano: Angelino Alfano, ministro dell’Interno; Thomas de Maizière, ministro Federale dell’Interno tedesco. Introduce Federico Fubini, vicedirettore de Il Corriere della Sera.
SALONE B3
SALONE B3
AUDITORIUM B3
SALONE B1
Il «tu», una bellezza immeritata Lo scrittore Luca Doninelli e il titolo del Meeting: il rapporto con l’altro è l’esperienza drammatica più elementare Il «tu» è un dramma, dire «tu» è l’esperienza drammatica più elementare che ci sia. Per dire «tu» bisogna vincere qualcosa, abbattere un muro. Anche il nostro amico più caro può assumere il volto del nemico. La questione non si può risolvere, semplicemente perché «tu» siamo prima di tutto noi stessi.
Noi siamo molto spesso i peggiori nemici di noi stessi, perciò David Foster Wallace dice che bisognerebbe «trattare noi stessi come tratteremmo un buon amico, un amico prezioso. O un nostro bambino che amiamo più della vita stessa». Una volta, nel 1979, io e quello che sarebbe diventato il mio più
grande amico (ho avuto almeno quattro più grandi amici) facemmo un viaggio: due settimane a Parigi. Io studiavo in Cattolica, lui in Statale. Ci conoscevamo da poco, ma ci stavamo simpatici. La sera del secondo giorno bum!, scoppia una lite furiosa come solo due universitari possono fare: parlando
Lo scrittore Luca Doninelli ha presentato ieri il titolo del Meeting
Carrón: il bene che cambia la storia Parte da sé, don Julián Carrón, presidente della Fraternità di CL, per “reagire” alla provocazione coraggiosa, come l’ha definita papa Francesco, del tema del Meeting 2016. Un “Tu sei un bene per me” che Carrón ha vissuto anche in questi primi giorni di Fiera, tra incontri con personaggi importanti - uno su tutti quello con il Presidente
della Repubblica, Sergio Mattarella - ma anche con amici, tra abbracci e saluti in mezzo a stand e mostre. Cosa le dice questo titolo? Cos’è questo “tu”? E cosa questo bene? Questo titolo, per me, è veramente la definizione di che cos’è la vita in rapporto con l’altro. Me ne sono reso conto nella mia esperienza quando, dovendo incontrare gli altri, a volte con differenti opinioni, differenti sguardi sulla vita, differenti interessi, ho percepito che mi destavano delle domande che mi facevano fare una strada e che diventava un bene per me accettare questa sfida. Ho scoperto che l’altro non era soltanto un
ostacolo, ma qualcuno che mi spalancava a capire di più, a domandarmi delle cose, a scoprire nuovi orizzonti che prima non avevo immaginato. Allora ho percepito che la realtà è amica, che l’altro è amico indipendentemente da quale sia la sua posizione. Perché ti fa diventare di più te stesso. In questo senso, cosa la colpisce del Meeting, cosa ha visto? Il Meeting è un luogo dove possiamo fare proprio esperienza di questo fatto. L’altro ci offre sempre delle prospettive, degli accenti, dei suggerimenti (...) Paolo Perego segue a pag. 2
di filosofia. Lui col suo esistenzialismo da Università Statale e io col mio neotomismo da Università Cattolica per poco non venimmo alle mani. E il biglietto di ritorno era prenotato di lì a dodici giorni. Dodici giorni d’inferno, penso tra me - cosa che deve aver pensato anche lui. Per due giorni non ci siamo parlati. Ecco che cos’era il nemico per me, in quel momento: non Hitler, non i comunisti o i fascisti, ma il mio amico. Il pensiero che mi aiutò allora è lo stesso di oggi: dovevo combattere la mia inimicizia, sperando che anche lui facesse altrettanto. Io sono il nemico, mi sono detto. Come feci a vincere? Una cosa su tutte: il ricordo di quello che avevo ricevuto, del privilegio che mi era stato accordato, o meglio: regalato. Ero a Parigi con un amico, a passare una vacanza inaspettata. Andavo a messa in St. Germain-des-Prés, passeggiavo lungo la Senna tra i bouquinistes, salivo le scale verso Montmartre, esploravo bellezze nascoste come Bagnolet o la Butte-aux-Cailles. La bellezza mi sovrastava. Avevo conosciuto una promessa di felicità che mi era stata donata senza che ne avessi alcun merito. Chi mi aveva donato tutto questo? Gesù Cristo era il suo nome. Gesù Cristo mi aveva insegnato che noi veniamo al mondo per essere felici. Questa era la vita. Una bellezza immeritata. Luca Doninelli
Il gran muftì croato: copiate da noi pag. 3 Moro-Grena vite cambiate pag. 5 Tango, musica da fine del mondo pag. 14
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«Il bene che cambia la storia» Julián Carrón, guida di Cl: «L’altro non è un ostacolo ma mi spalanca a capire, domandare, scoprire nuovi orizzonti Dobbiamo accettare la sfida che qualcosa di diverso da noi ci metta in moto. E senza misericordia non c’è strada» segue da pag. 1 (...) che ci arricchiscono. Il fatto che il Meeting sia un’amicizia con tante persone e che tante di loro siano colpite da questo luogo che consente a ciascuno di essere se stesso, avviene perché lo riconoscono come un bene. Sono contente di venire, sono contente di partecipare a un luogo dove si costruisce, in questa amicizia, qualcosa che è un bene per tutti. Per esempio? Penso a uno come Joseph Weiler, che è venuto tante volte, tanto per citare uno dei nomi più noti a tutti, e che continua a venire con questa assiduità. E penso a tanti personaggi che sono passati in questi anni, nella storia del Meeting, e che lo hanno riconosciuto come un luogo dove potevano essere se stessi. Il Papa, nel suo messaggio, ha indicato nel dialogo e nell’incontro il cuore della «testimonianza personale creativa». Di che cosa parla? Nell’incontro con l’altro noi non abbiamo già una definizione della risposta. È un dialogo. Un dialogo in cui dobbiamo immedesimarci con l’altro e tentativamente, creativamente rispondere al punto in cui l’altro è. Per fargli capire quello che desideriamo condividere con lui. Come un abbassarci, come fa il Mistero con noi, per offrirgli la ricchezza che abbiamo scoperto nella vita. E questo è una creatività, non è qualcosa che possiamo dire a tutti nello stesso modo, non è una ripetizione di quello che abbiamo fatto una volta precedente. È un “tu” quello che hai davanti. E se non ti immedesimi con lui, non riesci neanche a dire certe cose che sono comuni in modo che possano raggiungere la persona nel cuore. Il Papa ha anche detto che troppe volte si cede «alla tentazione di chiudersi nell’orizzonte ristretto dei propri interessi» e che «questo non è conforme alla nostra natura: fin da bambini si è portati a scoprire la bellezza del legame fra gli esseri umani». Come si realizza questo? Proprio guardando, come dice il Papa, le evidenze più elementari. Il bambino è più se stesso quando compare la mamma mentre piange. In un legame percepisce subito il bene che la presenza della
Don Julián Carrón: «Molti personaggi riconoscono il Meeting come un luogo dove essere se stessi»
mamma è per lui. Appena si sveglia, la cerca piangendo. Questa esperienza elementare, che tutti noi abbiamo, è all’origine. Lo dicono tutti i grandi pensatori come Balthasar, noi capiamo veramente la nostra natura di “io” nel rapporto con un “tu”. Questo fin dall’inizio del vivere. Quindi, che l’altro sia un bene è all’origine del nostro essere persone. Poi, questo inizio lo viviamo in tanti momenti della nostra vita. Quello che il Papa, con la sua originalità, ci mette davanti è qualcosa che tutti possiamo riconoscere nell’esperienza elementare che facciamo del vivere. Questo è il punto di partenza per capire che quello che diciamo nel titolo del nostro Meeting non è una cosa astratta. Quando l’altro è davanti e diventa un “tu” significativo, tutti riconosciamo che è una grazia, un dono. Un bene per noi. Eppure troppe volte, dice ancora Francesco, si tende a chiudersi. Si pensa di potersi salvare da soli. È la presunzione dell’uomo moderno… Sì. Ma dell’uomo di qualsiasi tempo. Perché anche all’inizio della storia l’uomo ha pensato di salvarsi da sé. Il peccato originale è all’inizio. L’uomo moderno lo ha amplificato. Ma è una tentazione che abbiamo tutti. Pensiamo di cavarcela meglio isolandoci, affermando il nostro individualismo, sottraendoci ai rapporti perché rendono la vita così drammatica. Ma ciascuno deve fare esperienza di questo: nessuno lo convincerà che non è così, se non
perché uno fa un’esperienza positiva di rapporto con l’altro, dove l’altro è percepito come un bene. Non si risolve soltanto con un ragionamento, ma con un’esperienza in cui l’altro è percepito realmente per quello che è: un bene, che arricchisce. E che non è un limite alla mia libertà, ma una possibilità di compimento della mia verità. C’è una parola che arriva come conseguenza di questo tema: amicizia. È nel dna del Meeting. Il presidente Mattarella l’ha definita «la leva della storia». Che cosa vuol dire? È vero? Ma certo, perché l’amicizia fa parte del rapporto originario con la realtà. La curiosità del bambino, per cui tutto lo stupisce, tutto gli è amico. È il rapporto con il tu della mamma, del papà. Tutto è positivo. È un’amicizia. Questa è la leva che fa crescere il bambino. Quando noi siamo insieme… Questa è stata la leva in tanti momenti della storia: un popolo, un’amicizia, che si costruisce nel legame con gli altri. Questo ha fatto evolvere la storia. Questo stare insieme, questo percepire l’altro come un bene. Lo abbiamo visto nella mostra sui 70 anni della Repubblica italiana: un’esperienza, un’amicizia, anche tra persone diverse che, malgrado le differenze, affermano qualcosa all’origine. Questa è stata la leva della storia dell’Italia. E mi sembra importante riscoprirlo quando ci viene la tentazione dei muri, di affermare ciascuno il proprio particolare,
il proprio orticello, pensando che con questo risolviamo qualcosa, e invece rendiamo più faticosa la strada. Al Meeting si parla di conflitti, di grandi temi. Ma le fatiche di cui parlava sono anche quelle quotidiane di ciascuno… Proprio per questo dicevo che io l’ho scoperto nella mia vita. La difficoltà di incontrare un altro con una mentalità diversa, con un’obiezione, che ha una posizione diversa sulla vita, costituisce la sfida che mette in moto te: è vero, non è vero, qual è la mia esperienza, qual è l’esperienza dell’altro… È la leva che ti spalanca, che ti mette in moto. Altrimenti, lo vediamo quando ci isoliamo, tutto diventa piatto. È la noia. Perdiamo la vita vivendo. Ma in quello che sembra un tempo di mancanza di sfide, c’è una speranza per noi? Assolutamente. C’è la speranza che noi accettiamo questa sfida del reale, dell’incontro, del dialogo. La sfida che qualcosa fuori di noi ci metta in moto, ci attragga abbastanza perché valga la pena di giocarsi la partita. Senza questo, chi te lo fa fare? Solo quando troviamo qualcosa che ci sfida, ci spalanca, ci attira… Allora la vita è vita. Altrimenti si ferma. È un Meeting che cade nell’Anno della Misericordia. Come può aiutare a viverlo? Proprio perché tante volte l’altro appare come ostacolo, senza misericordia non c’è strada. Non c’è cammino. Anche tra amici, tra sposati, tra collaboratori di un’opera, anche tra le persone più care. Siamo tutti poveracci, bisognosi costantemente di essere perdonati. Senza questa capacità di perdono, come può esserci amicizia tra noi? L’amicizia rinasce solo dalla misericordia. Non potremmo neanche dire la parola “amicizia”, storicamente parlando, senza che a un certo momento non comparisse la parola “misericordia”. L’esperienza della misericordia. Quindi è necessaria storicamente, tanto è vero che Dio, per poter continuare la storia con noi, ha dovuto mettere in campo la Sua misericordia. Senza questo, la storia con Lui sarebbe già bloccata dall’inizio. Paolo Perego
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«Sull’islam seguite la Croazia» La visita al Meeting del gran muftì Aziz Hasanović, “ambasciatore” di pace per il papa nei paesi musulmani con minoranze cristiane. «Seguite il nostro modello: da noi non ci sono integralisti. La chiave? Dialogo ed educazione» «È la frase più bella che ho sentito quest’anno: “Tu sei un bene per me”. Perché quando vedo me stesso nell’altro, porterò la pace ovunque. C’è una storia dell’imam Al-Ghazali, una delle più importanti figure del pensiero musulmano. Bussa alla sua porta uno studente, lui apre e chiede: “chi è?”. “Sono io”. “Allora vai a casa tua”. Il giorno dopo, di nuovo, bussa e chiede: “chi è?”. “Sono io”. “Vai a casa tua”. Il terzo giorno torna e alla domanda: “chi è?” risponde: “tu”. “Allora entra”. L’imam voleva educarlo a rispettare l’altro per poter essere rispettato». L’invito del Meeting al gran muftì di Croazia Aziz Hasanovic, non nasce da particolari strategie geopolitiche, ma da un incontro col professor Wael Farouq, che ha scoperto come nel paese balcanico esista una grande comunità islamica, senza neppure un integralista. «Siamo qui per dare il nostro contributo, la Croazia può diventare un esempio da seguire, in tema di integrazione, in Italia e in tutta Europa». Hasanovic incontrerà anche alcuni esponenti del nostro Parlamento. Lei dice che la Croazia è un esempio da seguire per i paesi con minoranze musulmane e per quelli con minoranze cristiane in paesi musulmani, perchè? In Croazia il governo ha riconosciuto l’islam, da oltre cent’anni, come religione ufficiale, al pari delle altre. Com’è possibile che nel suo paese non ci siano integralisti? Dipende tutto dall’educazione. L’ignoranza è il nemico più pericoloso per il mondo. Gli imam che vanno nelle scuole devono educare i ragazzi alla vera religione islamica, alla tolleranza e alla pace e lo devono fare davanti a tutto il popolo, parlando in croato. Noi siamo l’unico paese dei Balcani che non ha dato alcun terrorista all’Isis per questo dialogo molto stretto. Qual è la principale differenza tra Croazia e Italia? L’Italia non ha riconosciuto l’islam come religione ufficiale e non c’è un patto tra governo e comunità islamica. Nelle scuole statali in Croazia anche la religione islamica è una materia, il matrimonio musulmano equivale a quello civile.
La nostra comunità è seguita dalle televisioni ufficiali dello stato. Tutti gli imam, inoltre, prendono uno stipendio dal governo e hanno un tesserino di riconoscimento. Ogni mu-
«La nostra religione è riconosciuta, gli imam hanno una tessera e devono predicare in croato» sulmano ha diritto alle ferie per le due feste religiose più importanti, può mangiare alimenti secondo la nostra legge e celebrare funerali con rito islamico. Crede che questa via sia percorribile anche in paesi come l’Italia e la Francia?
Il gran muftì Aziz Hasanović con Wael Farouq, docente alla Cattolica di Milano
Ne parliamo da un po’ con i rappresentanti francesi, soprattutto dopo gli attentati dell’ultimo anno e mezzo. Dobbiamo aiutarli a capire dov’è la chiave per avvicinare i musulmani al paese e al governo. Purtroppo molti di loro non sentono la Francia come
patria, questo è il problema. E l’Italia? Non abbiamo ancora un rapporto stretto. Questa è la mia prima visita, finora sono stato solo in Vaticano da papa Francesco e dal cardinal Tauran. Da oggi possiamo aprire una nuova pagina.
Che rapporto ha col papa, è vero che si è proposto come ambasciatore di pace nei paesi musulmani dove i cristiani sono perseguitati? È un uomo di grande valore, di dialogo e molto intelligente. Si vede che dà pari dignità a ogni religione e persona. Inoltre, quello che dice, lo fa, per questo è rispettato da tutti. Io mi sono detto disponibile, come muftì, ad andare a visitare i paesi musulmani con minoranze cristiane, per parlare di queste situazioni. Il nostro obiettivo è diffondere la pace, come la nostra religione invita. In quali paesi è stato finora? In 18 paesi tra cui: Iran, Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Algeria, Kazakhstan, Azerbaijan, Turchia, Oman e Marocco… Lei è ottimista sull’esito di queste visite? Sono ottimista ma anche molto triste per le guerre in corso, la situazione è molto complicata. Alessandro Caprio
LA SANTA MESSA DIO È MISERICORDIA
L’auditorium B3 si è riempito in fretta stamattina per la celebrazione della Santa Messa presieduta dal vescovo di Rimini Francesco Lambiasi, e concelebrata, tra gli altri, dai vescovi di Ferrara-Comacchio Luigi Negri, di Taranto Filippo Santoro e di Bari-Bitonto Francesco Cacucci. Ha accompagnato la celebrazione il coro di Cl di Rimini diretto da Anastasia Gemmani. Il rito è stato seguito da numerosissime persone grazie ai video collegamenti nel salone B1 e nei due foyer B3 e B4. Il Vescovo, nell’omelia, ha commentato ampiamente il vangelo di oggi (Gv 10,27) riprendendo il passo in cui Gesù decide di recarsi prontamente a Gerusalemme per mostrarci il volto del Padre: “Non quello di un padre-padrone che inesorabilmente castiga, ma il volto misericordioso di un Abbà, che misericordiosamente perdona”.
LA LIBRERIA DEL MEETING ore 20.30 Incontro con Carlo Pastori & Walter Muto
Il CD di don Antonio Anastasio ore 14 incontro col regista Riccardo Denaro
libreria Jaca Book Rimini
PADIGLIONE A3
1.200 mq, oltre 7.000 titoli
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Il bacio dopo gli anni di piombo L’ex terrorista Maria Grazia Grena abbraccia la figlia di Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978 «Volevamo vita, abbiamo generato morte. Ho chiuso col passato quando ho ascoltato l’urlo di chi chiedeva perché» «Che cosa è la giustizia? Nessuno di noi lo sa veramente, eppure è un desiderio che tutti abbiamo dentro». Agnese, figlia del grande statista democristiano Aldo Moro ucciso dalle Brigate Rosse, apre così il suo intervento in un salone strapieno, “Così le nostre vite sono cambiate: la giustizia oltre la pena”, coordinato dal vice presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia e introdotto dal docente di criminologia Adolfo Ceretti. Vi ha preso parte anche l’ex appartenente ai gruppi armati degli anni 70 Maria Grazia Grena. Una domanda forte, bruciante, da parte di chi ha perso il padre e che, ha detto Agnese, provoca rabbia, odio, dolore e assenza sconfinata. «La strada offerta a chi ha questa domanda - ha aggiunto - è quella della giustizia penale, che certamente è necessaria, ma non basta a colmare quello di cui hai disperato bisogno: fare domande a loro, a chi ha generato morte, chiedere come è possibile che tu abbia ucciso mio padre». Ma davanti non hai nessuno. È davanti a questa apparente sconfitta, come ha sottolineato il professor Ceretti, che nasce quello che è un termine inso-
lito: la giustizia riparativa. Neanche questa placherà certe ferite, ma permetterà, attraverso un percorso e un dialogo, di “decosizzarsi”, altro termine innovativo ma pieno di significato. Sia le vittime sia coloro che hanno generato violenza, hanno concordato Agnese Moro e Maria Grazia Grena, infatti finiscono per perdere la
«Sia le vittime sia i colpevoli devono tornare a essere persone» L’abbraccio tra Agnese Moro (a sinistra) e Maria Grazia Grena all’inizio dell’incontro di ieri sera
loro umanità: «Volevamo la vita, abbiamo generato la morte» ha detto la Grena, che comunque non ha mai sparato un colpo di arma da fuoco e ha saldato tutti i suoi debiti con la giustizia. «Pensavo di aver chiuso con il mio passato - ha spiegato - ma non è stato così finché non ho accettato di sentire l’urlo di chi ci chiedeva perché avevamo fatto quello che abbiamo fatto. Accogliendo
quell’urlo sono tornata nel profondo della mia umanità». «Sia vittime che colpevoli - ha ricordato Agnese Moro - devono tornare a essere persone». È accettando questa sfida che le due donne hanno preso parte a un percorso guidato e accompagnato con altri familiari di vittime del terrorismo e a ex terroristi, raccontato nel volume «Il libro dell’incontro, vittime e responsabili della
lotta armata a confronto», a cura di Adolfo Ceretti, Giuseppe Bertagna e Claudia Mazzucato. Solo in un dialogo, in una apertura all’altro, nel riconoscere che è un bene per me anche chi ci ha fatto male, è possibile la rinascita della nostra umanità. Queste due grandi donne lo hanno testimoniato con forza, nelle lacrime della Grena e nel bacio che l’ex terrorista ha dato alla
figlia dello statista a inizio incontro. La giustizia riparativa allora, come ha detto Marta Cartabia in conclusione, «non è solo un invito ai giuristi a riconsiderare il concetto di giustizia, ma un invito a ciascuno di noi perché i conflitti non sono solo le tragedie mondiali, ma anche quelli che ci portiamo a casa, in famiglia, nei luoghi di lavoro». Paolo Vites
«Ho le chiavi della mia cella ma dall’amore nessuno fugge» Così in Brasile l’associazione Apac trasforma i detenuti in “recuperandi” «Questa esperienza nasce dal desiderio di amare l’uomo per quello che è e non per quello che ha fatto». Così Javier Restàn, curatore della mostra “Dall’amore nessuno fugge”, descrive il cuore pulsante dell’associazione Apac (Associazione per la protezione e l’assistenza dei carcerati) in Brasile. L’Apac sorge negli anni Settanta dal desiderio di un gruppo di cristiani di migliorare le condizioni disumane dei detenuti nelle carceri brasiliane. Non ci sono guardie, né armi, né cani, né filo spinato, e le chiavi delle porte le hanno i detenuti stessi che sono chiamati con il termine “recuperando” per dare un’accezione positiva alla loro condizione. Sopra ogni ingresso si erge la scritta: «Qui entra
l’uomo, il delitto rimane fuori». Una prigione coinvolta dal progetto Apac, generalmente detiene circa centocinquanta “recuperandi” (in tutto sono più di duemila). Tra questi, da ricordare è certamente la figura di Josè, condannato all’ergastolo ed evaso numerose volte dalle dure prigioni tradizionali brasiliane in cui è stato detenuto. Giovane, abile, forte e da anni ormai richiuso in una prigione gestita secondo il metodo dell’associazione Apac. Alla domanda di molti giornalisti sul perché non tenti di fuggire anche da questo carcere, risponde con fermezza: «Perché dall’amore nessuno fugge». Questa realtà nasce senza alcuna pretesa, non è il risultato di qualcosa di cercato ma un frutto ina-
spettato. È un fatto che cresce, coinvolgente, capace di attrarre non solo i cristiani ma anche gli atei più convinti perché affascinati dalla possiblità di fare un percorso umano anche nella situazione più difficile e disperata. Avsi (Associazione volontari per il servizio internazionale) collabora a questo progetto in partnership con Apac, riscontrando a volte anche qualche difficoltà poiché non tutta l’opinione pubblica brasiliana lo vede di buon occhio. Molti si chiedono perché criminali di ogni genere debbano essere perdonati. Il carcere però non nasce solo a scopo punitivo ma necessariamente deve anche avere una funzione educativa. Senza questo aspetto, una volta usciti di prigione i carcerati tornano a
Una visita guidata alla mostra allestita nella Piazza A5 del Meeting
delinquere. La fiducia nell’altro è decisiva, non si può ridurre tutto solo a una mera catena di riabilitazione e rieducazione. Si gioca tutto sulla libertà delle persone, che devono sentirsi ed essere trattate come tali se si vuole che cambino. Anche da un punto di vista economico questo progetto conviene sotto tutti i punti di vista: l’amministrazione delle necessità quotidiane, la cucina e la pulizia delle celle è affidata ai detenuti. I volontari che aiutano questi uomini guardano in un altro
modo la persona, la valorizzano. A chi chiede ai “recuperandi” che differenza vi sia con le altre carceri, essi rispondono: «In questo luogo veniamo chiamati per nome e non per numero di divisa». È inspiegabile e incredibile come tutto ciò possa verificarsi. Questa è un’opera di Dio, non può esserci altra risposta. Non ci sono rivolte, evasioni, aggressioni ma semplicemente dei “recuperandi” che aiutano altri “recuperandi”, uomini che aiutano altri uomini Luca Rimmauro
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INCONTRI
«L’economia chiede stabilità» Vincenzo Boccia, nuovo presidente di Confindustria, incalzato da Bernhard Scholz. «Gli imprenditori hanno bisogno che il governo renda competitive le nostre aziende per incrociare le grandi rotte di sviluppo nel mondo» «Un’idea che non sembri assurda ha poche possibilità di essere realizzata». Vincenzo Boccia cita Einstein, tentando di spiegare il perché del successo paradossale della sua coraggiosa azienda tipografica (la Arti Grafiche Boccia), nell’era del digitale. La questione è stata posta da Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere, che introduce così il nuovo presidente di Confindustria (eletto il 25 maggio scorso) al pubblico del Meeting. Ieri, in sala Neri, si è parlato della linea politico-economica italiana. «Dobbiamo essere corresponsabili, non possiamo chiedere la luna» spiega Boccia, in riferimento alla prossima legge di stabilità, e continua: «Ma stiamo sponsorizzando una
politica dell’offerta che possa rendere competitive le nostre imprese per incrociare le rotte di sviluppo nel mondo». “Offerta” è la parola chiave dell’incontro, in chiara opposizione alla sua antagonista “domanda”. O almeno così sembra, visto che puntare su una politica di offerta significherebbe rafforzare le imprese italiane, riattivare il circolo dell’economia, creare investimenti, occupazione e, appunto, domanda. Il risultato, «se riuscissimo a fare delle operazioni selettive sulla produttività e sugli investimenti privati – specifica Boccia – sarebbe l’industria del futuro che vogliamo definire». Naturalmente, tenendo conto dei vincoli di deficit e del debito. Il numero uno di Confindu-
Vincenzo Boccia, leader degli industriali italiani, allo stando di Federlegno con Roberto Snaidero
stria, interrogato dal presidente della Compagnia delle Opere in merito al rapporto
«La rabbia che avevo davanti ai problemi italiani si è trasformata in spirito di servizio al Paese» tra economia e politica, tocca anche il tema del referendum: «Noi siamo per il sì, perché la governabilità e la stabilità sono essenziali per una politica economica di lungo termine». Le ragioni di questa scelta sono quindi puramente
economiche, non politiche. Poi tocca alle banche, che «stanno ancora soffrendo della crisi del 2007, ma sono tra le più forti d’Europa», e il problema pensioni: «Prima di dividere la torta, bisogna allargarla». Oggi, a Ventotene, si apre il vertice tra Renzi, Merkel e Hollande, e l’imprenditore salernitano, auspicando una politica che sappia distinguere le cose urgenti dalle cose importanti, spera nell’Europa della crescita e non dell’austerity. Pessimista nelle previsioni, ottimista nelle aspettative, Boccia fa notare come l’Italia si trovi, in questo preciso momento storico, davanti a un grande periodo di passaggio. E la sfida che Confindustria vuole affrontare è permettere
che si possano aprire i capitali e consentire una crescita senza debito, in parallelo all’apertura di un nuovo modello di valutazione delle imprese. Il programma è denso e ambizioso, ma rispecchia la passione che traspare dalle parole di Boccia, nata, come dice lui stesso, «dalla rabbia che provavo davanti ai problemi, che oggi si è trasformata in spirito di servizio per il Paese. Perché l’interesse di Confindustria è l’interesse dell’Italia». Infine, un incoraggiamento a guardare al futuro: «Solo così si può superare quesl senso di ansia e assuefazione che è forse il nostro problema più grande. Ma per farlo, bisogna avere la passione di vivere il presente». Davide Grammatica
Sapelli: l’Italia non è sfortunata c’è un popolo che ha speranza «L’Ue deve rifare i Trattati secondo il modello federalista degli Stati Uniti» Grande lezione di Giulio Sapelli, docente di Storia economica all’Università degli Studi di Milano, e grande amico del popolo del Meeting, al terzo incontro del ciclo “L’incontro con l’altro: genio della Repubblica 19462016” dove ha posto a tema l’economia. La nostra storia economica, secondo Sapelli, è stata caratterizzata da 4 maxi impulsi. La guerra azzera il patrimonio industriale europeo mentre l’Italia riesce a mettere subito a regime il patrimonio industriale. Vi è poi un’importante industria pubblica: basti pensare al ruolo dell’Iri e dell’Eni con Enrico Mattei (allora la politica e l’economia
andavano a braccetto: Mattei era onorevole, democristiano, fondò la sinistra di base, e fu un grande stratega industriale ed economico). Poi disponeva di un sistema bancario diffuso con grandi banche, ma anche con le casse di risparmio e il credito cooperativo. Infine vi è l’importantissima presenza delle piccole e medie imprese. Questi fattori hanno comportato una crescita impressionante. Poi con l’autunno caldo del ‘69 comincia a cambiare il quadro: i sindacati sono travolti da lotte anarcoidi sindacaliste che consegnano a una logica statalista i rapporti industriali. Con lo Statuto dei lavoratori si divide trau-
maticamente la piccola dalla grande impresa e con l’accordo sulla scala mobile si genera una altissima inflazione. Negli anni 80 e all’inizio degli anni ‘90 si interrompe il ciclo virtuoso. Abbiamo assistito a privatizzazioni dissennate senza liberalizzazioni. Poi l’euro e la costruzione del mercato comune espropriano delle leve economiche gli Stati membri. Non è mai esistita una moneta senza Stato: ecco l’impasse di oggi. Inoltre viene meno il legame positivo tra credito e industria anche per la crisi della finanza internazionale, ma soprattutto perché le banche si sono trasformate in supermercati finanziari che offrono
Giulio Sapelli: è intervenuto nel ciclo dedidato ai 70 anni della Repubblica
prodotti pericolosi, basti pensare ai derivati. Oggi la crisi c’è, ma i depositi bancari aumentano: c’è paura, manca fiducia, non si spende e non si investe. Da dove ripartire allora? Per Sapelli va rifondata una politica economica e vanno rivisti i Trattati europei sul modello Usa: una sola moneta e una sola politica economica in un unico stato federale. Bisogna valorizzare il modello tipico italiano da sempre fatto di piccole e medie imprese, di grande industria:
nell’economia c’è posto per tutti anche per lo Stato imprenditore. C’è bisogno di tutti, ma anche di buona politica. E poi dobbiamo puntare sui giovani e sulla loro formazione a 360 gradi. A questo livello il Meeting e ciò che lo genera, un popolo vivo che nutre una reale speranza, è una grande opportunità, perché non siamo brechtianamente - un Paese sfortunato, se pensiamo che l’eroismo è ciò che ci fa prendere per mano, con Peguy, la Speranza. Walter Viola
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INCONTRI
Europa, un futuro oltre le banche Daniel Gros, presidente del Ceps di Bruxelles: «Serve uno sforzo comune per salvare il sistema, oggi però gli interessi nazionali sono troppo divergenti». «L’Italia chiederà ancora all’Ue più flessibilità ma questo potrebbe essere un errore» Le banche rappresentano un problema molto serio per l’Italia. A ribadirlo è Daniel Gros, presidente del Centre for european policy studies (Ceps) di Bruxelles, ospite del Meeting di Rimini per parlare di “Presente e futuro dell’Eurozona”. E dal vertice Renzi-Merkel-Hollande in programma oggi a Ventotene il professore tedesco non si aspetta un risultato importante. Anche perché la richiesta di flessibilità sui conti pubblici che il premier italiano sembra intenzionato a chiedere «non è nell’interesse dell’Italia». Professore, come vede la situazione dell’Eurozona? Alcuni meccanismi nella govenance non funzionano bene, in particolare quelle regole che dovrebbero costringere i governi nazionali a fare cose che da soli non farebbero. In generale, invece, il sistema, l’economia dell’Eurozona, non va tanto male, a parte i problemi specifici di due paesi: la Grecia e l’Italia che soffre princi-
palmente la bassa crescita. E questo problema si risolve con le riforme strutturali? Teoricamente sì, nella realtà purtroppo nessuno ha ancora capito quali sono le riforme che risolverebbero il problema, perché in Italia non passa anno senza che vi siano riforme, ma la crescita non torna comunque. Si tratta di un problema di scarsa incisività delle riforme adottate oppure di settori in cui non vengono applicate? Ciò di cui ha bisogno l’Italia non sono tanto riforme intese come cambiamento delle leggi. Occorre incidere di più nelle norme riguardanti le amministrazioni locali, regionali e tutto quel sottobosco di partecipate pubbliche. Senza dimenticare il settore bancario. Recentemente lei si è espresso contro la scelta di non sanzionare Spagna e Portogallo per aver sforato il deficit concordato con Bruxelles. L’Italia, a quanto pare, vuol chiedere altra flessibi-
Il professor Daniel Gros al Meeting
lità all’Europa. Cosa ne pensa? Penso che sia sbagliato per l’Italia, non è nel suo interesse nel lungo termine. Ma la Commissione europea si è messa in una situazione in cui non può più sanzionare nessuno. L’Italia presenterà di nuovo un programma in cui chiederà anche quest’anno un po’ più di flessibilità dicendo che nel 2017 farà poi uno sforzo grandissimo di rientro. Le verrà quindi con-
cessa, ma poi tra un anno l’Italia troverà un’altra scusa per chiedere un rinvio. Che cosa si aspetta dal vertice tra Renzi, Merkel e Hollande. Purtroppo non prevedo un risultato molto importante. Per esempio, sulla flessibilità la Merkel dirà che tocca giustamente alla Commissione europea esprimersi. Sull’Eurozona c’è un passo importante che si potrebbe fare,
perché c’è un pacchetto sul tavolo che riguarda il completamento dell’Unione bancaria con la garanzia comune dei depositi e la fissazione di un tetto al possesso di titoli di stato da parte delle banche. Sarebbe una cosa da fare, ma non si farà. Torniamo al punto di partenza: l’Eurozona ha un futuro? Per il momento direi di sì. Quando c’è stata una crisi, è stato fatto uno sforzo politico per salvare l’Eurozona. Adesso non c’è crisi e tutti vanno per conto loro, fanno quello che vogliono. Tornerà una crisi prima o poi, questo è chiaro, e a quel punto si dovrà fare di nuovo uno sforzo per salvare il sistema. Naturalmente la probabilità di una crisi sarebbe minore se avessimo una governance più forte, ma purtroppo gli interessi nazionali sono troppo divergenti. Su questo punto c’è poco da fare, per il momento. In ogni caso, secondo me, il sistema è abbastanza forte per poter sopravvivere comunque.
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L’ITALIA CH E LA AVORA
FONDAZIONE GOLINELLI
OPIFICIO GOLINELLI
Nasce a Bologna nel 1988 per volontà di Marino Golinelli, imprenditore e filantropo. Ispirata alle fondazioni americane, promuove l’educazione e la formazione, favorisce la crescita intellettuale, culturale ed etica dei giovani. Sviluppa progetti innovativi che mettono in contatto scuola, università, ricerca e mondo dell’impresa e del lavoro. Crede nell’approccio sperimentale: il sapere che si conquista attraverso l’esperienza concreta e il saper fare. Divulga contenuti di qualità attraverso mostre, laboratori, corsi e convegni, rivolgendosi a persone di tutte le età, da zero a cento anni e oltre.
È la cittadella per la conoscenza e la cultura che da ottobre 2015 riunisce le attività svolte dalla Fondazione Golinelli. Opificio Golinelli si trova a Bologna e si sviluppa su 9 mila metri quadri grazie a un importante intervento di riqualificazione urbana. Qui la Fondazione ha registrato nel suo primo anno di vita circa 100 mila presenze tra studenti, insegnanti e famiglie e svolge ampia parte delle attività formative, didattiche e culturali che fanno capo alle sei aree progettuali: Scuola delle idee, Scienze in pratica, Giardino delle imprese, Scienza in Piazza, Educare a educare, Arte scienza e conoscenza.
APPUNTAMENTI
MEETING DI RIMINI 2016
WORKSHOP 2016 LUNEDÌ 22 AGOSTO 2016
mercoledì 24 agosto, ore 10.45
ore 12,15 Orientamentto o per i genitori ore 15,15 CV e letttterra a di prreesentta azione
VIENI A TROV VA ARCI!
TUTTI I WORKSHOP SI TERRANNO PRESSO LA SALA GI GROUP A3 • Padiglione A3
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Giardino delle imprese, un progetto per avvicinare i giovani alla cultura imprenditoriale
Lo spazio espositivo della Fondazione Golinelli si trova all’interno del Padiglione A3 nell’area “Conta su di te”. Gli appuntamenti si svolgono nell’area workshop “Conta su di te”.
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martedì 23 agosto, ore 19.45
L'innovazione della didattica L' e del sistema scuola: Educare a educare
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INCONTRI
Accoglienza: il sì delle parrocchie Monsignor Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei: «Cinquecento esperienze in atto dopo l’invito del Papa. E lo Stato risparmia» La mostra “Migranti, la sfida dell’incontro” invita a confrontarsi senza paura con gli interrogativi sollevati dal fenomeno migratorio in atto. Un fronte su cui vive la propria missione monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana, che ieri ha visitato il Meeting. Qual è stato, nell’ultimo anno, l’impegno della Fondazione Migrantes e della Cei per fronteggiare quella che viene definita una emergenza? Sensibilizzare le comunità cri-
stiane in Italia a conoscere il fenomeno delle migrazioni, come ha raccomandato papa Francesco. Stiamo costruendo esperienze di accoglienza nelle parrocchie in collaborazione con le istituzioni, esperienze che sono un segno per tutti. L’appello del Papa è stato raccolto da cinquecento parrocchie, che ospitano quasi cinquemila persone gratuitamente, facendo risparmiare quest’anno cinquanta milioni di euro allo Stato. Stiamo parlando di un’accoglienza diffusa, intelligente e responsabile. Spesso lei sottolinea che l’Eu-
Monsignor Giancarlo Perego all’ingresso della mostra
ropa affronta in modo inadeguato la crisi migratoria. Che strumenti concreti ha la Cei per fare giungere la propria voce e la propria esperienza a Strasburgo e a Bruxelles? Siamo in contatto con gli organismi italiani e internazionali che si occupano di migrazione. Le istituzioni europee ogni anno organizzano incontri con i direttori di Migrantes dei Paesi europei, proprio per raccogliere informazioni dettagliate. Al tempo stesso molti parlamentari europei chiedono notizie e consigli su come affrontare le situazioni che si pre-
sentano e quali proposte avanzare. Il rapporto con le istituzioni è importante e necessario, servono forme di collaborazione sempre più efficaci di fronte al dramma di persone che scappano da trentacinque guerre in atto, conflitti non dichiarati, da disastri ambientali o da persecuzioni politiche e religiose. Cosa la colpisce di più dei rifugiati che incontra? Colpisce molto la loro grande volontà di non rassegnarsi, unita a un’irriducibile speranza. Questo elemento è una costante in tutta la storia delle migrazioni.
I dati che emergono dalla mostra smentiscono molti luoghi comuni sui migranti, ce ne sono altri da dimenticare? Un altro dato che non sempre viene sottolineato è il fatto che l’immigrazione in Italia si è fermata. Sono di più le persone che lasciano il nostro Paese rispetto a quelle che arrivano. L’Italia sta perdendo attrattiva. Nessuno però dice che su quattrocentomila persone arrivate solo centocinquantamila si sono fermate. All’Expo di Milano la Caritas ha partecipato con una mostra dal titolo “Dividere per moltiplicare”. Di fronte alla crisi dei migranti la condivisione delle risorse può moltiplicare l’efficacia dell’azione dei Paesi europei? Il tema affrontato all’Expo tocca l’aspetto fondamentale della distribuzione dei beni, richiamato anche da papa Francesco. La cooperazione è uno degli strumenti più idonei per gestire le migrazioni. E il titolo del Meeting? Il titolo del Meeting attesta che oggi c’è bisogno di cominciare una nuova storia di fraternità, ancora da costruire. A Milano, ad esempio, il cardinale Scola sta cercando di percorrere questa strada attraverso i “Dialoghi di vita buona”. Davide Amata
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VITA MEETING
Feriti e lieti: il regalo di “Bizzo” Studente di Veterinaria, Giovanni Bizzozero è morto a 23 anni in un incidente. Un libro raccoglie le testimonianze dei genitori: «Grazia pura» «Ho trovato di fronte a me un uomo, felice della vita e che aveva deciso di affidarsi tutto a Cristo». Le parole della mamma, Ester, descrivono così Giovanni Bizzozero, per tutti semplicemente “Gio”. L’occasione è la presentazione , nella libreria del Meeting, del volume “Il regalo di Bizzo”, pubblicato dall’editore Concreo. Accanto a Ester, in una sala stracolma, suo marito Flavio e Marco Pippione, curatore del testo. Giovanni, studente di veterinaria all’Università di Milano, a
ventitrè anni, il 4 novembre 2011, è morto cadendo in moto. «Il libro - introduce Pippione è diviso in due parti. La prima presenta Gio attraverso ricordi e racconti dei suoi amici e dei suoi genitori. La seconda, che comincia dopo il funerale, mostra il bene che è fiorito attorno alla sua famiglia ma non solo dopo il loro sì di fronte a quel dramma. La storia di Giovanni dimostra in maniera semplice e chiara che nulla è impossibile a Dio». Ester all’inizio quasi si scusa: «sono emozionata, solo l’idea
L’incontro con i genitori di Giovanni Bizzozero . Tra loro Marco Pippione
di parlare al Meeting mi fa tremare la voce». I giudizi e la certezza di un’esperienza dolorosa e aperta alla speranza sono però granitici. Racconta Ester che il giorno della morte del figlio «per grazia pura io non mi sono arrabbiata con Gesù. Volevo sapere solo due cose: dove si trovasse Gio e se stesse bene lì». Prima di quella tragica notte però Flavio aveva già notato qualcosa di «strano» nel figlio tanto è vero che una sera, racconta lui stesso, aveva detto alla
Terra, bene prezioso Recenti stime ONU confermano la previsione che la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi di persone nel 2050. Per alimentare un così alto numero di esseri umani sarà necessario rivedere molte delle pratiche in corso e cercare soprattutto di preservare la risorsa base di ogni attività umana, la terra. Un terzo di tutti i territori emersi - pari a 5 miliardi di ettari - è utilizzato per l’agricoltura, una quota che, nonostante nuovi dissodamenti e nuove super fici messe a coltura, non si riesce realmente ad incrementare. Infatti, se per un verso si cerca di ottenere maggiore area coltivabile, d’altra parte una super ficie enorme di terreno viene continuamente sottratta all’agricoltura per fenomeni di impoverimento o desertificazione dei suoli e di urbanizzazione. Mai come in questo momento la terra appare come un bene da difendere e conservare. Le macchine agricole possono offrire un contributo decisivo non solo per la produttività dei suoli ma anche per la loro conservazione, grazie allo sviluppo di tecnologie e sistemi sempre più innovativi e attenti alla difesa e al mantenimento delle caratteristiche dei terreni e degli ecosistemi presenti nel Pianeta. FederUnacoma rappresenta i costruttori italiani di mezzi e attrezzature per l’agricoltura, un settore della meccanica che esprime un’ampia produzione in grado di rispondere alle più varie esigenze colturali, e in grado di proporre soluzioni innovative per un impiego sempre più sostenibile della risorsa terra, il nostro bene prezioso.
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moglie «È andato. Ma non nel senso che fosse andato di testa, ma perché era di un Altro. La sua vitalità era travolgente, tanto da spingerlo a fare anche tre cene per poter incontrare più amici, perché percepiva il bene che derivava da essere loro compagno di vita, come suggerisce il titolo del Meeting di quest’anno». Il carattere di Gio lo porta spesso a discutere con i genitori, «come quella sera - racconta Flavio - che salì le scale andando in camera arrabbiato con noi, perché lo avevamo ri-
preso dicendogli che tornava a casa sempre troppo stanco e che doveva risparmiarsi. A sorpresa tornò giù pochi secondi dopo e ci chiese, piangendo: “Ma che colpa ne ho se mi scoppia il cuore?”». Dopo la morte di Giovanni, un grande numero di amici che «io ricordo con nome, cognome e codice fiscale quando prego», assicura Flavio, inizia a fare compagnia alla sua famiglia, ma «non per piangere con dolore, ma per condividere una certezza» come ha detto loro una volta don Francesco Ventorino, amico e sacerdote. Tra i giudizi più «utili» c’è quello di don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Cl, che al telefono, ha detto a Ester «tu lo hai concepito, generato, cresciuto e gli hai voluto bene, («per come ho potuto» aggiunge lei) ma il Signore ha voluto prenderlo con sé e portarlo in un posto dove è molto più felice di quanto non sarebbe se fosse accanto a te». Queste parole, che «contengono la risposta alle due domande iniziali che avevo - continua Ester - mi hanno consentito nel tempo di sorprendermi lieta. Con una ferita dentro, ma profondamente lieta». Luca Brambilla
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PERSONAGGI
Bangui, la Misericordia abita qui Padre Federico Trinchero missionario in Centrafrica: «Quando papa Francesco è venuto tra noi, sfidando la guerra, e ha detto che siamo la capitale spirituale dell’Anno santo, ci ha chiesto una conversione e di amare e perdonare» 19 gennaio 2015. Papa Francesco è sull’aereo di ritorno dal viaggio apostolico appena compiuto nelle Filippine quando nel convento carmelitano di Bangui, capitale del Centrafrica, giunge una notizia inattesa: il Santo Padre visiterà il paese a novembre. Padre Federico Trinchero, trentottenne carmelitano genovese, che dal 2009 è in missione nella nazione africana, racconta del suo iniziale timore alla notizia e afferma: «Avrei sconsigliato a tutti di venire». Le ragioni sono la guerra civile che ha invaso il Centrafrica, provocando morte, profughi e paura e un golpe messo in atto nel marzo 2013 in mercenari provenienti dal Ciad e dal Sudan che ha poi scatenato la violenta reazione della fazione opposta in dicembre. Il 25 novembre, quando il Papa atterra, di fronte all’accoglienza calorosa del popolo pronuncia parole sorprendenti: «Voi siete la capitale spirituale dell’Anno santo della Misericordia». Padre
Trinchero si sofferma sui due termini usati dal Santo Padre. “Capitale”, «perché in un paese che è tra i tre più poveri del mondo, in guerra e che è sempre stato
«In questi mesi sono cresciuto nella mia fede, sono più certo. Ho verificato il Vangelo» Padre Federico Trinchero ieri tra i relatori del Meeting
considerato l’ultimo, sentire qualcuno che ti conosce e ti valorizza, rappresenta uno sguardo nuovo». E “spirituale”, «che investe noi cristiani di un impegno. Il Papa ci ha chiesto una conversione, di amare e di perdonare». Una conversione che il frate carmelitano spiega così: «Accettare quello che accade, perché, accettandolo,
il Signore può operare attraverso di noi». Lo sguardo di papa Francesco è il medesimo che i confratelli carmelitani di Bangui testimoniano nella capitale dall’inizio degli scontri armati. «La mattina del 5 dicembre – racconta Trinchero – fuori dal nostro convento c’erano seicento persone, il giorno dopo duemila, due setti-
mane dopo più di diecimila. Le abbiamo accolte tutte con i mezzi che avevamo». La cronaca dei mesi successivi di guerra colpisce per la vita generata in un luogo dove il sottofondo sono l’odore degli spari e il tuonare delle bombe. Un piccolo paese nel cuore della città, dove chi è accolto afferma: «Ero un uomo pieno di paura, ora sono un
uomo vivo», in cui Allèn, profugo ventenne, colpito dalla testimonianza dei carmelitani inizia il percorso di novizio, o un musulmano che, vedendo l’opera, decide di donare ingenti quantitativi di riso e di zucchero. Questi racconti sono ciò che conduce padre Trinchero ad affermare: «In questi mesi sono cresciuto nella mia fede, sono più certo. È il dono che mi è stato dato di verificare il Vangelo». Emerge con evidenza come la certezza della fede possa generare verso l’altro che bussa alla porta un’apertura di bene, come possibilità reale di vita. Resterà emblematica la visita di papa Francesco all’imam della capitale con il Pontefice scortato dagli stessi musulmani, «un incontro dopo il quale – afferma Trinchero – gli spari sono diminuiti perché si è aperta, attraverso quel gesto inaspettato, una nuova strada possibile per la città». Andrea Fornasieri
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MOSTRE
Il grido dei cristiani perseguitati L’Aiuto alla Chiesa che soffre ha curato la mostra sui martiri della fede. Storie tragiche da ogni angolo del mondo Mobeen Shahid, docente pakistano: «Dobbiamo perdonare come ha fatto Gesù. Senza restare soltanto a guardare» «I persecutori non riescono a capire che l’altro è mio fratello. Gesù ha vinto la violenza non opponendole una violenza maggiore, ma subendola e mettendone a nudo tutta l’ingiustizia e l’inutilità. È morto sulla croce gridando: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. Lui ha perdonato. Perdonare non significa però non fare nulla e restare a guardare il martirio di tanti cristiani. Bisogna fare il possibile per aiutare le vittime delle persecuzioni». Così risponde Mobeen Shahid, docente pakistano di Pensiero e religione rslamica all’Università Lateranense a chi chiede come può dire che anche i persecutori siano un bene. Lo fa spiegando la mostra “La vostra resistenza è martirio, rugiada che feconda”. Shahid è anche fondatore dell’Associazione pakistanicristiani in Italia che si occupa di aiutare gli immigrati a integrarsi al meglio e di fornire una buona visibilità internazionale alle loro difficili storie. Come aiutare queste persone? Una è sicuramente la strada intrapresa da Aiuto alla chiesa che soffre, Onlus che ha allestito la mostra e che si occupa di combattere la povertà nel
mondo e di denunciare la persecuzione di tutti i gruppi religiosi. Sono più di 70 milioni i cristiani uccisi per la loro fede nel la storia. Raccontare tutte le loro vite è impossibile. Tra quelle proposte dalla mostra c’è quella di Shahbaz Bhatti, ministro per le Minoranze del Pakistan, ucciso il 2 marzo
Dal Bataclan ad Asia Bibi, in cella da sette anni perché non vuole abbracciare l’Islam Visitatori alla mostra «La vostra resistenza è martirio, rugiada che feconda»
2011 a Islamabad. La sua colpa era di aver difeso con coraggio Asia Bibi, una donna cristiana condannata a morte e quella di aver cercato di riformare la legge sulla blasfemia, così come aveva tentato di fare in precedenza Salman Taseer, governatore del Punjab, anch’egli assassinato da estremisti islamici. «Una legge che – continua Shahid – punisce con l’ergastolo chi insulta,
anche non intenzionalmente, il Corano e addirittura condanna a morte se le male parole sono dirette a Maometto». Asia Bibi è in prigione da sette anni e a chi le offre la liberazione in cambio della conversione all’Islam dice: «Preferisco morire da cristiana che essere libera da musulmana». Questo percorso propone oltre a storie di persecuzioni nelle
aree più colpite (Asia e Medio Oriente) anche quelle verificatesi in luoghi a noi più vicini. Accanto a stragi come quella accaduta a Lahore in Pakistan nel giorno di Pasqua, in cui sono morte 72 persone in gran parte cristiani fra cui trenta bambini, sono ricordati anche massacri avvenuti in Occidente, come quello del Bataclan. Di fronte a questi racconti non
si resta indifferenti. Chi più chi meno sarà certamente provocato dalle immagini e dalle vicende mostrate generando quella rugiada che feconda di cui parla l’esposizione. «Ringrazio il Meeting – conclude Shahid – per l’opportunità che offre di dare voce e visibiltà alle nostre storie con la speranza che ciò possa aiutare molti fratelli». Luca Rimmauro
«La casa e la cura»: la malattia non è l’ultima parola sulla vita Un percorso sui 25 anni della Fondazione Maddalena Grassi di Milano Si può vivere lietamente e da uomini anche nella malattia e sofferenza? Questa è una domanda che la società vorrebbe scrivere a matita leggera nel cuore dell’uomo, così da poterla cancellare appena se ne ha l’occasione. Troppo pungente, meglio prendere le distanze e sperare che la vita non ci dia mai occasione di dovere rispondere. Emerge allora chi, nel contesto odierno, prova a rispondere, come la Fondazione Maddalena Grassi. Costituita nel 1991 a Milano, quest’anno presenta al Meeting la mostra “La casa e la cura”: ti ho incontrato per sempre, allestita per i 25 anni DI attività (Piazza C5). La storia da cui è nata la fondazione offre una risposta. Mad-
dalena, giovane e gravemente malata, è seguita a domicilio da alcuni operatori sanitari che la curano, accompagnandola fino alla morte. La dedizione continua di queste persone affascinano la famiglia che, nel dramma della perdita di una figlia, invita a continuare l’opera per quello sguardo buono visto e mette a disposizione le risorse economiche necessarie alla fondazione. Uno sguardo buono che negli anni ha generato e genera vite che sono risposta visibile a quella domanda così scomoda e radicale. Le storie di pazienti raccontate all’interno dell’esposizione commuovono per la possibilità di vivere felici anche in condizioni assolutamente drammatiche. Quel
nuovo sguardo portato dagli operatori, per i quali «è sempre vita fino all’ultimo minuto» come racconta una di loro, allarga il sorriso di chi soffre, spinge i malati di Aids a prendersi cura del proprio corpo o porta un ragazzo con gravi problemi motori a realizzare il desiderio di volare col parapendio. Testimonianze che affermano come la sofferenza non sia sinonimo di disperazione ma condizione realmente possibile di letizia. Anche per gli operatori condividere quotidianamente il dramma dell’altro è «un’occasione per diventare più uomo», dice Giuseppe. Geometra da molti anni, nel 2013 è costretto a cambiare lavoro e s’iscrive a un corso per
Un angolo dell’esposizione sull’attività della Fondazione Grassi
operatori socio-sanitari dove «dopo aver dato ordini in cantiere cambiavo i pannoloni alla signora Maria, un bel trauma». Eppure difficilmente a Giuseppe si cancella quel sorriso, perché «ho imparato a voler bene a loro e a quelli che incontro. E se ne accorgono». Accade questo quando ci troviamo davanti al bisogno nudo dell’altro, perché scopriamo che coincide con il nostro. Qualcuno che guardi sempre la nostra vita come un bene. Perché la società, come dice papa Francesco, crede «che
non esista una possibilità di riscatto». La storia della fondazione Maddalena Grassi testimonia che quella domanda spigolosa urge una risposta e che quella risposta esiste, altrimenti l’esistenza sarebbe una via percorribile per pochi eletti, forse nessuno. «Ogni giorno con il nostro lavoro portiamo quell’abbraccio di cui il Papa parla. Per questo – dice il presidente Alessandro Pirola – siamo così evoluti tecnicamente e così estesi sul territorio». Andrea Fornasieri
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SPETTACOLI
Tango, musica da fine del mondo
STASERA LA REPLICA LA VERITĂ€ DI THOMAS MORE Dopo il successo della prima nazionale (proposta ieri al pubblico del Meeting), questa sera va in scena la replica di “Thomas More. L'opera ritrovata di William Shakespeareâ€? (ore 21.30, Teatro Novelli, Rimini; biglietto intero 10: euro; biglietto ridotto: 8 euro), con testo curato da Otello Cenci e Giampiero Pizzol. Il dramma ha per protagonista Shakespeare alle prese con i dubbi sollevati dal suo stesso testo e con la necessitĂ di “dire forte la veritĂ â€? anche superando le paure e le convenzioni per le coercizioni del potere dominante. Messo in scena integralmente per la prima ed unica volta solo nel 2005 dalla Royal Shakespeare
Ballerini e strumentisti di eccezione per il ballo argentino che è patrimonio Unesco, sviluppato nell’incontro tra tante tradizioni popolari diverse Lontana, ma estremamente familiare. Ăˆ l’anima dell’Argentina, la sua musica: il tango. Lontana geograficamente perchĂŠ il Rio de la Plata, la culla in cui è nata, viene dalla “fine del mondoâ€? come papa Francesco. Familiare perchĂŠ un ascolto attento non può non notare le influenze ispaniche (a loro volta innestate nella musica araba), ma soprattutto la sua forte radice italiana. Grazie agli immigrati di fine ‘800 che lasciavano la Penisola per cercare lavoro a Buenos Aires, questa musica ha assorbito i colori della canzone napoletana e i per-
sonaggi della grande opera italiana. Senza dimenticare la tradizione klezmer portata in dono dagli ebrei e gli influssi provenienti dal-
21.45
ARENA UNIPOL SAI
nale e una formazione musicale composta da quattro maestri del pianoforte, del violino, del contrabbasso e del bandoneon. ÂŤC’è un motivo se l’Unesco ha dichiarato il tango argentino patrimonio dell’umanitĂ e simbolo del dialogo tra culture diverseÂť racconta la bolognese Carlotta Santandrea, protagonista della serata. ÂŤL’incontro è alla base di questa musica sviluppata grazie alle tradizioni del mondo che trovavano nuova casa in Argentina. Nel tango il “tuâ€? è al centro. E pure il “noiâ€?: ballerini e pubblicoÂť. Carlo Alberti
D3
l’Africa e dall’Est Europa. Con “Semplicemente Tango� (ore 21.45, Arena Spettacoli UnipolSai-D3) il Meeting vuole offrire una serata di eccezionale emozione, con ballerini di fama internazio-
Company, il “Thomas Moreâ€? del Meeting vede come protagonisti Andrea Carabelli, Giampiero Bartolini, Giampiero Pizzol, Isotta Ravaioli e Andrea Soffiantini. La regia è affidata a Otello Cenci, che ha detto di questa messa in scena: ÂŤSeguire Shakespeare è sempre un'avventura magnifica, un viaggio comico e drammatico che dal Seicento giunge fulmineo al mondo di oggiÂť. A conti fatti, il Meeting ha deciso di portare in scena un'opera di fortissima provocazione contemporanea, in cui i temi che scuotono le societĂ e la politica sono ricondotti in un terreno di maggior portata, confrontati con la storia e con le coscienze. C.A.
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Oggi al Meeting Incontri QUALE ISLAM IN EUROPA? Ore 11.15 Salone Intesa Sanpaolo B3. Partecipano: Wael Farouq, Docente di Lingua e Letteratura Araba all’Università Cattolica di Milano; Aziz Hasanovic, gran muftì di Croazia. Introduce Roberto Fontolan, Direttore Centro Internazionale di CL. INNOVAZIONE: IL MOTORE DELLO SVILUPPO Ore 11.15 Sala Illumia B1. Partecipano: Brunello Cucinelli, Presidente e ad Brunello Cucinelli Spa; Manuela Kron, Direttore Corporate Affairs Gruppo Nestlé in Italia; Gianpiero Lotito, Founder & CEO FacilityLive. Introduce Bernhard Scholz, Presidente Compagnia delle Opere. ECONOMIA GLOBALE E COMPLESSITÀ Ore 11.15 Sala Neri CONAI. In collaborazione con CIGI (Centre for International Governance Innovation, Canada). Partecipano: Amar Bhattacharya, Senior Fellow at the Global Economy and Development Program at Brookings Institution, USA; Fan He, Senior Fellow of Institute of World Economics and Politics, Cina; Daniele Mancini, Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede. Introduce Domenico Lombardi, Direttore Global Economy Department presso il CIGI. WHAT’S HUMAN ABOUT TECHNOLOGY. DIALOGO CON… Ore 11.30 What? - Spazio Innovazione Piazza A5/C5. Francesco Salamini, Già direttore Dipartimento Miglioramento Genetico, Istituto Max-Planck di Colonia; Francesco Botturi, Professore di Filosofia morale, Università Cattolica di Milano. UN CAFFÈ CON… FEDERLEGNOARREDO Ore 13.45 Stand FederlegnoArredo Pad. C1.
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LA GIORNATA
Alle 11,15 il gran muftì di Croazia, alle 17 Enzo Moavero, alle 19 il ministro Alfano
Quale Islam in quale Europa? Educazione bene pubblico Partecipano: Giorgio Vittadini e gli studenti delle Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano e di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano; Emanuele Orsini, ad Sistem Costruzioni. Introduce Chiara Terraneo, Responsabile Area Finiture-Arredo FederlegnoArredo. «FARE LA VOLONTÀ DEL PADRE NOSTRO IN CIELO: VERSO UN PARTENARIATO TRA EBREI E CRISTIANI» Ore 15.00 Salone Intesa Sanpaolo B3. Partecipano: Ignacio Carbajosa Pérez, Docente di Antico Testamento presso la Facoltà di Teologia dell’Università San Dámaso di Madrid, Spagna; Eugene B. Korn, Direttore Accademico CJCUC (Centro per la Cooperazione e l'intesa Ebraico-Cristiana), Israele. Introduce Alberto Savorana, Portavoce di Comunione e Liberazione. “L’INCONTRO CON L’ALTRO: GENIO DELLA REPUBBLICA. 1946-2016”: LA POLITICA INTERNAZIONALE Ore 15.00 Sala Illumia B1. Partecipa Michele Valensise, già Segretario Generale della Farnesina, Vice Presidente esecutivo Astaldi Spa. Introduce Massimo Bernardini, Giornalista e Conduttore televisivo. EDUCAZIONE LIBERA: UN BENE PUBBLICO Ore 15.00 Sala Neri CONAI. Partecipano: Marco Bersanelli, Presidente Fondazione Sacro Cuore; Anthony Joseph D’Agostino, Associate Director, International Special Projects, Alliance for Catholic Education at the University of Notre Dame, USA; Alessandro Mele, Direttore della Fondazione Cometa. Introduce Andrea Simoncini, Docente di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Firenze. WHAT’S HUMAN ABOUT TECHNOLOGY. DIALOGO CON… Ore 15.30 What? - Spazio Innovazione Piazza A5/C5. Carmine Di Martino, Docente di Filosofia Teoretica all’Università degli Studi di Milano; Samir Suweis, Fisico, Direttore: Stefano Filippi Direttore responsabile: Cesare Trevisani Editore: Associazione Meeting per l’amicizia tra i popoli Associazione riconosciuta con D.P.R. n.869 del 6/8/1986, sede: via Flaminia 18/20, c.p. 1106, 47900 Rimini. Tel. 0541-783100, Fax. 0541-786422
Ricercatore al Laboratorio di Fisica Interdisciplinare, Università di Padova. “QUO VADIS EUROPA?” Ore 17.00 Auditorium Intesa Sanpaolo B3. Partecipano: Enzo Moavero Milanesi, Docente di Diritto dell’Unione Europea e Direttore della School of Law dell’Università LUISS Guido Carli di Roma; Joseph Weiler, Presidente EUI (Istituto Universitario Europeo). Introduce Roberto Fontolan, Direttore Centro Internazionale di CL. L’ALTRO È UN BENE… NELLA RICERCA Ore 19.00 Salone Intesa Sanpaolo B3. Partecipano: Mauro Ferrari, Presidente e CEO Houston Methodist Research Institute; Alessandro Vato, Responsabile del laboratorio di Neural Computer Interaction dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Rovereto. Introduce Marco Bersanelli, Docente di Astrofisica all’Università degli Studi di Milano. PONTI O MURI. IL FUTURO DELL’EUROPA Ore 19.00 Sala Illumia B1. Partecipano: Angelino Alfano, Ministro dell’Interno; Thomas de Maizière, Ministro Federale dell’Interno tedesco. Introduce Federico Fubini, Vicedirettore de Il Corriere della Sera. LA VITA VIVA. Leggendo gli "Scritti dal Sottosuolo" di Dostoevskij Ore 19.00 Sala Poste Italiane A4. Partecipa Tat’jana Kasatkina, Direttore del Dipartimento di Teoria della Letteratura presso l’Accademia Russa delle Scienze. Letture di Franco Palmieri. STORIE DAL MONDO. NAGORNO KARABAKH, RITORNO ALLA GUERRA Ore 21.00 Sala Neri CONAI. Presentazione e proiezione del reportage di Gian Micalessin. Produzione: GM News. Partecipa l’Autore, Giornalista e Regista. Intervento di saluto di Victoria Bagdassarian, Ambasciatrice della Repubblica d’Armenia in Italia Progetto grafico e Impaginazione: Èdita, Rimini Fotolito e stampa: CED Via dell’Industria, 52 Erbusco (BS) Registrazione Tribunale di Rimini n.16/91 del 15/07/1991
Spettacoli SPIRTO GENTIL - MANDULINATA A NAPULE Ore 19.00 Sala Neri CONAI. Guida all’ascolto con Gianni Aversano. APERITIVO CON… Carlotta Santandrea Ore 19.00 Area Piscine Ovest. THOMAS MORE. L’opera ritrovata di William Shakespeare Ore 21.30 Teatro Ermete Novelli. Testo di Giampiero Pizzol e Otello Cenci; Regia e scene di Otello Cenci; Aiuto regia: Isoltta Ravaioli; con – Andrea Carabelli; Giampiero Bartolini; Giampiero Pizzol; Isotta Ravaioli;Andrea Soffiantini; Biglietto intero: 10 euro, ridotto: 8 euro. SEMPLICEMENTE TANGO. Ore 21.45 Arena Spettacoli Unipolsai D3. Con i ballerini: Carlotta Santandrea; Patricio Lolli; Silvia Galetti; Ricardo Barrios; Musicisti: Hernàn Luciano Fassa; Virgilio Monti; Vincenzo Albini; Gerardo Agnese. Biglietto intero: 10 euro, ridotto: 8 euro. EVIDENCE BASED MUSIC Ore 22.00 Area Piscine Ovest. Elisabetta Catalani alla voce; Maurizio Ermeti chitarra e voce; Stefano Ronci tastiere, voce; Silvio Miniutti basso; Maurizio Bigi batteria; Lorenzo Clementi, percussioni.
Sport 1° TORNEO DI CALCIO A 5 "MEMORIAL GIGI TADEI" Ore 11.00 Kinder + Sport Village (PAD A7/C7). X TRIATHLON AMATORIALE Ore 18.00 Lido S. Giuliano (a sinistra della Darsena) (RN). 5° TORNEO DI BRIDGE Ore 20.00 PAD. A6 - C6. Lunedì 22 agosto ore 20.00 – 23.30. Pubblicità Ufficio commerciale Meeting Tel. 0541-783100 Fotografi Servizio Fotografico Meeting E.mail: quotidiano@meetingrimini.org
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