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23 agosto 2016
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zUN ABBRACCIO CHE CAMBIA LA STORIA
INCONTRARSI IN PERIFERIA
GIUSTIZIA E SEPARAZIONE DEI POTERI
DALL’AMORE NESSUNO FUGGE. CARCERI SENZA CARCERIERI
Partecipano: Vladimir Legoyda, presidente del Dipartimento per i Rapporti tra Chiesa e Società e Mass Media del Patriarcato di Mosca; S. Ecc. Mons. Paolo Pezzi, arcivescovo di Mosca. Introduce Alberto Savorana, Portavoce di Comunione e Liberazione.
Partecipano: José Maria “Pepe” di Paola, coordinatore della commissione episcopale contro la tossicodipendenza; Jean-François Morin, direttore Association Le Rocher Oasis des Cités, Francia. Introduce Monica Poletto, presidente Compagnia delle Opere Sociali.
Partecipano: Giovanni Canzio, primo presidente della Corte Suprema di Cassazione; Giovanni Legnini, vice presidente Consiglio Superiore della Magistratura. Introduce Paolo Tosoni, Avvocato.
Partecipano: Cledorvino Belini, presidente sviluppo di Gruppo FCA; Daniel Luiz da Silva, ex carcerato; Valdeci Antônio Ferreira, direttore generale FBAC; Luiz Carlos Rezende e Santos, giudice del Tribunale di Giustizia di Minas Gerais. Introduce Andrea Tornielli.
SALONE B3
SALONE B3
AUDITORIUM B3
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Un’Europa che è possibile ricostruire Moavero: «La speculazione finanziaria globale si scatena contro la debolezza dell’Unione. Oggi serve più federazione» Più federazione, un esercito comune, un Fbi europeo: sono i suggerimenti all’Unione europea di Enzo Moavero, docente alla Luiss di Roma, intervenuto ieri al Meeting. Professor Moavero, dove sta andando
l’Europa? L’Europa è certamente in crisi. È in crisi la sua identità e la sua stessa esistenza. Ma per capire bene perché, occorre fare un passo indietro. Il processo d’integrazione europea ha avuto una
forte sintonia con l’opinione pubblica finché ci si è occupati soprattutto di questioni legate al funzionamento di un grande mercato di libero scambio; e finché si è riuscito a mantenere vivo il sogno, o comunque il progetto, di
Enzo Moavero, docente alla Luiss di Roma, con il professor Joseph Weiler, intervenuti al Meeting sulla crisi e sul futuro dell’Europa
Ecco nel caos doni imprevisti per ricostrure Zohr è una parola araba che significa mezzogiorno. Zohr è il nome di uno dei più grandi giacimenti di gas del mondo, scoperto nel Mediterraneo: acque territoriali di Egitto, Cipro, Israele. Paesi che se lo vogliono sfruttare devono parlarsi, devono collaborare. Il racconto di Claudio Descalzi, il capo dell’Eni, penetra nel Grande Disordine del mondo per por-
tare alla luce una evidenza nuova. Si dice sempre che le guerre nascono per controllare le risorse. E quante guerre vediamo, quanto sangue ci scorre a fianco. Ma con Zohr è come se la Terra stessa dicesse: ehi, guardate qui questo nuovo dono, vi consegno un’altra opportunità. Vi serve? Parlatene, io vi dò la possibilità di farlo. Sta a voi. In quella stessa geografia che ci riserva tanti dolori spunta un segnale nuovo, la mappa si popola di indicazioni diverse. Un imprevisto, come un regalo non dovuto. Se guardiamo, se osserviamo, se viviamo intensamente, possiamo finalmente penetrare il caos e scorgere i regali
disseminati in ogni dove, i doni che racchiudono continuamente promesse nuove. Qui al Meeting arriva la dolce signora Kisanak, sindaco di Diyabarkir, capitale della regione della Turchia a maggioranza curda. Ci capiamo su quel che significa avere quel tipo di responsabilità in quel tipo di nazione. E arriva il padre francescano Firas Lufti, uscito da Aleppo, dall’Aleppo di questi giorni, incontra Staffan De Mistura, l’inviato dell’Onu per la Siria. Ci capiamo anche su questo. Ieri poi si è parlato di Croazia. Che si rivela una opportunità, come (...) Roberto Fontolan segue a pag. 5
un’Unione europea federale. Quando si rompe il giocattolo? Si rompe progressivamente, in forza di una sequenza di avvenimenti imprevisti. Il primo è un evento positivo: la fine del sistema sovietico e la fine della divisione dell’Europa in due. La caduta del Muro, insomma. Sì. Segna l’apogeo di quell’idea di Europa citata, che fa un passo importante verso un allargamento rapido. Il secondo evento è la crisi economico-finanziaria che trova nell’Europa tutta un grande punto debole. Paesi che condividono la stessa moneta e hanno integrato molto le loro economie, hanno però situazioni legate ai conti pubblici nazionali molto diverse. La speculazione finanziaria globale si scatena contro questa debolezza. È la crisi greca. Terzo punto di crisi? Le migrazioni. Per la prima volta, da Colombo in poi, I migranti vengono da noi, non sono gli europei che vanno altrove. E per l’Europa è una batosta. Quarto fattore, professore? Le guerre, in parte legate al terrorismo: una parte preponderante genera l’emigrazione. (...) segue a pag. 2
Alfano e De Maizière Il futuro dell’Ue pag. 3 Cassese: poca società nello stato pag. 6 Al fast food c’è più gusto pag. 12
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Moavero propone: bilancio europeo «L’Unione amministra l’1 per cento del Pil complessivo, gli Usa il 25. Congeliamo la situazione dei singoli stati e dotiamoci di strumenti comuni. Servono scelte politiche forti e coraggiose» segue da pag. 1 (...) E così si arriva alla Brexit. L’idea che l’Europa è una e indivisibile non c’è più. Che cosa dobbiamo fare adesso? L’Europa è sguarnita. In economia aveva una scatola di utensili usati male o non utilizzati affatto, ma con le migrazioni ne ha molti di meno. Con le guerre e il terrorismo, è ancor meno attrezzata. Dovremmo rottamare ciò che resta delle sovranità nazionali? Qui arriviamo al punto, ma il problema è più politico che istituzionale. La lungimiranza e le azioni dei veri padri dell’Europa, Adenauer, De Gasperi, Schumann, Monnet, Spaak, con tutto il rispetto di chi ha vagheggiato anzitempo un’Europa unita: sono questi, con le loro azioni,
che hanno posto le basi dell’Europa concreta quando cinque anni prima c’era la guerra totale. Che cosa farebbero oggi? Scelte concrete che vanno nella direzione di ciò che serve: più federazione, un esercito comune, un Fbi europeo. Fu questo il coraggio che ebbero quando fecero la Ceca, una cosa rivoluzionaria se si pensa che c’erano state due guerre mondiali per controllare le miniere del carbone e dell’acciaio della Lorena e della Slesia. La loro carta d’identità politica? Avevano molto in comune: erano quasi tutti politici di partiti cattolici. Avevano una visione internazionalista ma improntata al realismo politico, alla pace e alla solidarietà tra i popoli. Hanno avuto il coraggio di indicare la strada in parlamenti spac-
cati a metà, e con l’opinione pubblica per metà scettica o contraria. Oggi i leader sono al massimo dei follower, nel senso social: decidono in base ai like e ai sondaggi. Quale scenario vede? C’è la strada dello sfarinamento europeo. La Brexit è il primo passo, poi c’è chi teorizza l’uscita dall’euro, e via dicendo. Ma ci sono anche due scenari intermedi. Il primo è quello della mutazione dell’Europa. I Paesi più simili dicono: l’Europa come l’abbiamo immaginata per 60 anni non funziona, uniamoci noi in modo federale, e mettiamo gli altri in una zona di libero scambio. Il problema è capire i candidati a questa operazione. Da che parte finiremo? De Gasperi seppe unire a un gruppo coeso di Paesi centroeu-
L’auditorium del Meeting gremito per l’incontro sull’Europa
ropei un’Italia priva di carbone e d’acciaio. Noi oggi siamo di fronte a un problema analogo ma senza De Gasperi. Chi si carica sulle spalle il secondo debito pubblico del mondo? C’è un’altra ipotesi? Quella inerziale. Un’Europa che cerca di parare i colpi con provvedimenti limitati, sperando che il futuro sia migliore. Accordicchi, insomma. Si continua a parlare di flessibilità. Trovo sia un errore. Dovremmo sì fare spesa pubblica per investimenti, ma a livello europeo,
Weiler: il futuro dei giovani si gioca sulla sfida della libertà
usando bilanci europei, non nazionali. Perché non si riesce a fare? Perché l’Europa ha un bilancio minuscolo, pari all’1% del Pil quando il bilancio federale degli Usa è quasi il 25%. Così ogni stato deve negoziare a livello nazionale, finendo o con lo spendere i soldi che ha, o col fare debiti per spendere i soldi che non ha. E questo non fa altro che amplificare le asimmetrie. Congeliamo la situazione dei singoli stati e dotiamoci di strumenti europei. Ma servono scelte politiche forti e coraggiose.
Joseph Weiler, presidente dell’Istituto universitario europeo: «Non si esce dalla crisi soltanto con un richiamo sui valori»
«L’euroscetticismo si vince ritrovando le radici e il destino comune» «Cento anni fa circa 10 milioni di europei lasciarono questo continente per motivi economici, andarono negli Usa, Stato che allora aveva meno di 200 milioni di abitanti, e furono assorbiti. E oggi non riusciremmo ad accogliere un milione di rifugiati in un continente di 500 milioni di abitanti? Fa quasi ridere». Queste le parole iniziali di Joseph Weiler, presidente dell’Istituto
Universitario Europeo, al dialogo di ieri pomeriggio “Quo vadis Europa” con Moavero Milanesi. Il problema dei profughi e dell’immigrazione è una difficoltà che mette in evidenza la crisi del Vecchio Continente e la necessità che essa ritrovi una strada. Per Weiler l’Europa non esce dalla sua crisi di identità con un richiamo ai valori: «Nella
nostra epoca essi non sono generalmente condivisi». Bisogna invece far leva sul concetto di «destino comune delle persone e dei popoli». Il senso del destino comune permette che atei e cattolici, uomini di destra e di sinistra sappiano insieme affrontare i problemi più importanti per il bene comune. L’altra grande dimenticanza che l’Europa deve recuperare riguarda le sue radici, «i due
mattoni fondamentali del Vecchio Continente: Atene e Gerusalemme, la tradizione illuminista e giudaico-cristiana». Le libertà e i diritti che sono
derivati da queste grandi tradizioni sono ciò su cui si gioca il futuro dell’Europa. La libertà, soprattutto. Essa costituisce, per Weiler, «la sfida decisiva per i giovani di oggi». Essi, soprattutto, «devono essere aiutati a prendere vera coscienza di questa libertà e di questi diritti, e imparare a utilizzarli in modo costruttivo per il bene loro e di tutti». Alessandro Giuntini
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I tedeschi si riprendono i profughi I ministri dell’Interno di Roma e Berlino allo stesso tavolo per rilanciare una politica di ponti e non di muri Alfano: non abbiamo bisogno di un nemico, l’Europa dev’essere una casa comune e non un condominio litigioso Papa Francesco nel ricevere il premio Carlo Magno ha affermato: «I progetti dei Padri fondatori, araldi della pace e profeti dell’avvenire, non sono superati: ispirano, oggi più che mai, a costruire ponti e abbattere muri». Di fronte a una sfida così decisiva si sono confrontati ieri al Meeting Angelino Alfano, ministro dell’Interno italiano e Thomas de Maizière, omologo tedesco. Il ministro di Berlino ha affermato: «Ci vuole un giusto mix di ragione e cuore per guardare alla questione dei migranti. Sedare le tensioni è il nostro compito e trovare un equilibrio è il nostro dovere. Sulla redistribuzione ogni Stato dovrebbe collaborare. Oggi sono qui a comunicarvi che da settembre ci impegniamo a riprendere i profughi con il sistema della ridistribuzione». Alfano ha aggiunto: «Oggi siamo chiamati a scegliere se lasciare l’Europa o cambiarla.
Sono tra coloro che non vorranno mai lasciare l’Europa che ci ha dato pace e benessere. Ho il dovere di difendere questa pace e questa libertà e devo assumere l’impegno di cambiare. L’alternativa oggi è stabilire se l’Europa diventi una casa comune o un condominio litigioso. L’Europa si fonda su responsabilità e solidarietà: sui migranti la responsabilità italiana è salvare vite e stabilire l’identità di chi arriva, ma poi dobbiamo far vincere la solidarietà europea con la redistribuzione. Se la Germania fa partire il ricollocamento, anche gli altri Paesi non potranno tirarsi fuori. La Merkel si è messa dalla parte giusta della storia». Ma anche l’integrazione che è compito dei singoli Paesi si deve cambiare. Interessante al riguardo è la nuova legge tedesca illustrata da de Maizière specifica per coloro che fuggono dalle guerre: «Obblighiamo a corsi di tedesco, a imparare un lavoro, al
Il ministro dell’Interno Angelino Alfano mentre visita il Meeting
rispetto delle leggi. Offriamo protezione, ma pretendiamo che si integrino. Che si formino e lavorino è un obbligo. La logica della norma è quella del do ut des: opportunità sì, ma anche doveri chiari». E ha aggiunto: «La tolleranza è decisiva per la libertà, ma nessuna tolleranza all’intolleranza. Ciò significa rispetto delle nostre leggi. Per esempio
Snaidero: «Questi giovani sono la nostra filosofia» Il presidente di FedelegnoArredo: ecco perché siamo qui Quello tra FederlegnoArredo e il Meeting è un sodalizio iniziato nel 2010 e diventato in poco tempo una delle presenze sicure e più frequentate della manifestazione. Roberto Snaidero è alla guida dell’associazione dal 2011 e oggi sarà in fiera per l’incontro “L’Italia… è mobile” (11.15 Sala Illumia B1). Con lui abbiamo fatto il punto di questo rapporto. Presidente, dopo sei anni qual è il motivo di una collaborazione così duratura? Per me è stata una novità arrivare qui a Rimini quando sono diventato presidente di Fla nel 2011. E anno dopo anno sono sempre più convinto che la presenza della nostra federazione a questa manifestazione stia prendendo i connotati di un incontro. Soprattutto con i giovani. Il presidente della Repubblica Mattarella, nel suo discorso d’apertura del Meeting, ha focalizzato l’attenzione sui giovani. A partire dalla vostra esperienza, cosa pensate di questo richiamo? Ritengo estremamente significativo che Mattarella abbia offerto una riflessione sui giovani più che sulla politica italiana. Per quel che riguarda il nostro lavoro credo che Federlegno, debba sì sostenere le aziende, ma anche, e forse soprattutto, aiutarle nel costruire il proprio futuro. Deve cercare di individuare giovani che entrino nel mondo del legnoarredo, creare scuole che formino questi ragazzi. Negli ultimi tre anni stiamo crescendo molto a
livello di formazione. L’ultima novità è un corso post-diploma di due anni, e i primi venticinque studenti che hanno appena concluso il percorso hanno già il posto sicuro in una azienda. I giovani sono la filosofia di Fla e in questo quadro si inserisce la nostra presenza al Meeting di Rimini. La prima volta che sono venuto qui sono rimasto sorpreso dalla quantita di ragazzi presenti e mi sono detto: «E’ necessario che facciamo vedere ai giovani chi siamo». Oltre al rapporto con le nuove generazioni, qual è il valore aggiunto che vi convince ogni anno a ritornare a Rimini? Sicuramente la possibilità di incontrare personaggi di spicco della società italiana e internazionale, poter parlare con loro di quello che facciamo. Grazie ad alcuni incontri degli anni passati è decollato il nostro progetto per il Salone del mobile di Shangai, per esempio. E la mostra “Costruire insieme. Numeri e storie del legno-arredo”? Per questa edizione abbiamo voluto impostare la nostra presenza per rappresentare il settore in cui lavoriamo, cos’è, da quante aziende è formato, qual è il suo fatturato globale, cosa rappresenta nel mondo il settore del legno-arredo. E soprattutto il rapporto tra FederlegnoArredo e i giovani. Al Meeting c’è anche uno spazio dedicato al polo formativo di Lentate sul Seveso. Alessandro Giuntini
una donna non può sposarsi a 10 -12 anni. Non vogliamo vietare il burqa ma negli asili, nelle università negli uffici pubbliche, durante le manifestazioni pubbliche non va usato. Quindi non è vietato in assoluto. Si tratta di un compromesso tra tolleranza e regole necessarie per la democrazia». Sul tema dell’integrazione Al-
fano ha chiarito: «Non abbiamo bisogno di un nemico, men che meno l’Islam. Da noi vivono quasi un milione e mezzo di musulmani: vogliamo emarginarli e regalarli al califfato? In Italia la libertà religiosa è riconosciuta. Però intendiamoci: basta Iman fai da te. Chi istiga all’odio e alla violenza va espulso: le prediche vanno fatte in italiano, e dev’esserci tracciabilità delle donazioni ai centri islamici. L’intolleranza porta alla violenza e all’insicurezza, il seme del dialogo e della tolleranza porta a pace e sicurezza”. Ha poi proposto che si replichi con la Libia lo stesso accordo fatto dall’Europa con la Turchia. «Il tema più antico, quello delle frontiere, è ridiventato centrale. Così come il Mediterraneo nella geopolitica . Qui ci giochiamo il destino dell’Europa e nostro di pace, accoglienza e sicurezza o di paura, chiusura e declino». Walter Viola
LA LIBRERIA DEL MEETING
ore 13 Incontro con padre Maurizio Botta
Il CD del Coro da Camera di Varese ore 14 incontro con ore 15 incontrro o con DVD Giorgia Coppari Alberto Raffaelli
libreria Jaca Book Rimini
PADIGLIONE A3
1.200 mq, oltre 7.000 titoli
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Il «mondo speciale» di Padre Pepe Grande amico di papa Francesco, il leader dei “curas villeros” di Buenos Aires, interviene oggi insieme a Jean François Morin sul tema “Incontrarsi in periferia”. «Con Bergoglio siamo pellegrini in cammino nelle periferie» Quando parla di “Chiesa povera tra i poveri”, papa Francesco probabilmente pensa soprattutto a loro. Sono i curas villeros, un gruppo di sacerdoti che vive nelle periferie di Buenos Aires, zone malfamate per delinquenza, droga e povertà. Ma che in realtà nascondono un «mondo speciale», secondo le parole di Jose Maria di Paola, per tutti Padre Pepe, che dei curas villeros è il leader. Nel 2009 viene minacciato di morte dai narcotrafficanti, per un po’ viene trasferito, ritorna nelle villas nel 2012. Perché ha scelto di andare a vivere con le persone delle villas? A Buenos Aires è una scelta normale, da cinquant’anni a questa parte ci sono sacerdoti che hanno questa vocazione. Ci sono altri che magari vanno negli ospedali o in altre parrocchie. Io, anche perché sono sempre stato vicino alla gente povera, ho pensato che la villa potesse essere un punto che unisse tutta la mia vita. Quindi ho deciso di andare a vivere lì. Cosa scopre dall’incontro con queste persone? Che la Chiesa si costruisce dal di dentro e non restando fuori. Qualcuno potrebbe chiedersi: «che tipo di Chiesa voglio?» e poi rimanere a guardare. Invece io mi considero un vicino come
tutti gli altri e partecipo con loro alla costruzione di quest’opera che è la Chiesa. C’è una frase che definisce padre Ricciardelli, uno dei maestri dei curas villeros: “Si è fatto amico dei poveri e non è venuto ad aiutare i poveri”. Cosa significa per la sua vita quotidiana? Siamo vicini tra vicini e collaboriamo alla costruzione di risposte. Anche per i problemi della nostra società. In questi anni siamo stati in grado di fornire risposte a problemi anche grandi, come la dipendenza da droghe, che è uno dei problemi più gravi, e che chiede una risposta urgente. Come avete fatto a dare risposte a un problema così grande? Abbiamo iniziato a costruire una zrisposta da circa dieci anni. All’inizio c’era solo la voglia di fare qualcosa per cambiare la situazione, perché il problema era davvero grave, poi questa voglia si è trasformata in organizzazione e in metodologia ed è diventata la Segreteria contro il narcotraffico e la droga in Argentina, che è un organo importante per risolvere questo problema. Chi sono le persone dalle quali ha ricevuto più di quanto ha dato? Sono davvero molte! Perché la
QUEI DONI NEL CAOS
Padre José Maria “Pepe” di Paola
vita nella villa si trasforma in una sorta di mondo speciale, dove tu accogli tantissime persone. Da qui nascono delle idee. Per esempio abbiamo voluto costruire una mensa per tutti i giovani che non avevano da mangiare. Appena ci è venuta l’idea, avevamo già chi la stava costruendo, chi cucinava, chi faceva la spesa e cercava da mangiare. Si era già creata una comunità. Com’è possibile per noi vivere quello che vive lei? Si può vivere così in qualsiasi parte del mondo. Perché è un problema di come uno vive la sua vita. Si può costruire una comunità ovunque. L’Africa, ad esempio, è in una situazione peg-
giore della nostra, eppure anche lì vediamo dei begli esempi di comunità. Riesce a descrivere con una frase la sua amicizia con papa Bergoglio? Siamo pellegrini in cammino nelle periferie. Cosa significa per padre Pepe il tema del Meeting di quest’anno: “Tu sei un bene per me”? Appena ho letto il titolo, ho pensato che riguardasse tutta la nostra vita nelle villas. È un titolo che soprattutto noi preti che viviamo là sentiamo molto nostro. Infatti tutti i giorni proviamo a scoprire la bontà delle persone con cui condividiamo la vita. Sono proprio grato di questo titolo. Alessandro Caprio
Misericordia anche per i re della coca Tante testimonianze di perdono nella mostra curata da varie università cattoliche del mondo Lui parla in spagnolo, il gruppo brasiliano portoghese. Dove la lingua impedisce una totale comunicazione, sorrisi e sguardi colmano le distanze. Chinandosi a togliere cartacce davanti all’entrata della mostra, Carlos Avila Molina, ambasciatore di Honduras presso la Santa Sede, fa strada ai responsabili dell’Apac, l’entità civile brasiliana che promuove l’umanizzazione delle prigioni: «Se vi avessi incontrato prima del Meeting, vi avrei messo nella mostra, nel padiglione che descrive le proposte concrete e provocatorie di misericordia». Cosa sono la misericordia e il perdono? È davvero così ovvio? Guardando gli esempi dell’ultima parte della mostra, basta poco per rendersi conto che le risposte sono infinite e non scontate, come la possibilità data ai coltivatori di cocaina peruviani di trasformare le loro piantagioni in campi di cacao. O come la madre di un delinquente, che chiede ai giudici di far risarcire
Una visita guidata alla mostra allestita nella Piazza A5 del Meeting
al figlio i crimini non solo economicamente ma anche personalmente, chiedendo perdono alle vittime. Il lavoro è frutto della partecipazione di varie università cattoliche che tutt’ora stanno collaborando per tradurla in varie lingue. «Non è una mostra devozionale, il mondo porta ferite profonde: qual è l’arma che abbiamo? spiega don Filippo Belli, docente di Sacra scrittura alla facoltà teologica dell’Italia centrale, tra i
curatori della mostra -. Come dice il Papa, lo sguardo di misericordia è l’unico fattore di costruzione reale di una società più umana». Il percorso proposto fa immedesimare in un’esperienza. Gli allestimenti sono simbolici: corridoi stretti e musiche alienanti, video di vita quotidiana, bellezze naturali e distruzioni per mano d’uomo. Le frasi di papa Francesco mettono in luce realtà umane ed esistenziali. Il cuore della mostra è
nell’ascolto di quattro voci appartenenti ad altrettanti famosi peccatori del Vangelo: il paralitico, Zaccheo, Maria Maddalena e il buon ladrone. I loro racconti mirano a farci percepire il bene immeritato che hanno ricevuto da Gesù. Il perdono è un’esperienza di resurrezione interiore, un’autentica rinascita. «Nel luglio 2014, mentre divampa la guerra nella striscia di Gaza fra Palestina e Israele – continua Avila Molina – siamo invitati a una conferenza in cui un colonnello israelita mostra il loro punto di vista. Al termine una riflessione profonda mi nasce nel cuore: guerre come quella non possono terminare se non esiste un desiderio, in ogni persona, di perdonare l’altro. Un’intera generazione deve prendere questa decisione, altrimenti sarà impossibile ambire alla pace in quel territorio. Lì mi è nata l’inquietudine di fare qualcosa come laico e di realizzare una mostra con a tema il perdono». Benedetta Parenti
segue da pag. 1 (...) il giacimento Zohr. Cioè: mentre l’Europa sembra prigioniera di un assordante ma inconcludente dibattito su rifugiati, accoglienza, immigrati e rapporto con l’Islam, spunta fuori che in un Paese totalmente europeo e anzi a forte identità cattolica, non esistono problemi di relazione tra lo Stato e i musulmani. Un sistema di rispetto assoluto e di assoluta distinzione che cammina con le gambe di uomini che mirano al bene di tutti. I doni ci sono, ma occorrono persone che li vogliano ricevere. In questo modo anche i grandi dolori hanno una opportunità di riscatto: il gran mufti di Croazia ha avuto la famiglia sterminata a Sebrenica, (ci capiamo sulla guerra balcanica degli anni Novanta) e oggi viaggia per il mondo musulmano a chiedere di difendere i cristiani. Tante occasioni per riprendere i fili spezzati, farsi largo nel tumulto dei tempi difficili. E ripartire. Joseph Weiler dice ai giovani europei: siete in un mondo che vi garantisce la libertà di scelte, diritti e scambi, ora tocca a voi decidere cosa volete farne di queste libertà. La libertà è un mezzo, uno strumento con il quale costruire, creare, progredire. Quei giovani che Moavero Milanesi vede incarnare la “persona europea”, più e meglio delle generazioni precedenti. E Julián Carrón domanda (da una intervista al Corriere della Sera): “Se è stato possibile ricostruire dopo la Seconda Guerra Mondiale, perché non dovrebbe essere possibile anche oggi?”. A ben vedere i doni non ci mancano. Roberto Fontolan
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Cassese: poca società nello stato L’ex giudice costituzionale oggi a Rimini «Ci attende un grande lavoro per costruire un sistema che renda più agevole la vita quotidiana di chi vive in Italia» «Credevamo che le stelle fossero a portata di mano», ha scritto Sabino Cassese nel suo editoriale sul “Corriere della Sera” il 2 giugno, festa della Repubblica, citando un testimone del '46. Ma ci siamo sbagliati: le promesse di rinnovamento sono state, almeno in parte, tradite. È questa la tesi di Cassese, giurista di fama internazionale, giudice emerito della Consulta, oggi al Meeting nell'ambito del ciclo di incontri sul "genio della repubblica". Professore, lei parla di pro-
messe tradite. Perché non ricominciare dalle tante riforme sociali che servono, invece di modificare così profondamente la nostra Carta? Modificare il corpo vuol dire modificare lo Stato, a partire dal governo. Palazzo Chigi ha troppe funzioni e persone, ma non quelle necessarie. I ministeri sono ordinati ancora secondo il modello ottocentesco. L'amministrazione periferica statale è in condizioni di abbandono. Le regioni hanno dato cattiva prova della loro autono-
Il giurista Sabino Cassese: «I partiti erano associazioni di base, oggi sono oligarchie»
mia. A sua volta, la società è troppo distaccata dallo Stato. Dove sono le comunità intermedie, i consigli di gestione, le comunità di lavoratori e utenti, pure previsti dalla Costituzione? Uno degli slogan respirati per anni al Meeting è stato «più società meno stato», poi divenuto «più società fa bene allo Stato». È ancora proponibile? Certo, più società civile, più intensa partecipazione collettiva comportano anche uno Stato che funziona meglio, perché te-
nuto sotto controllo dai suoi “utenti” o consumatori finali. La seconda repubblica non è mai nata, lei dice. Perché il '9293 è stato così letale per noi? Non è stato né letale né una svolta. È continuata la cosiddetta prima repubblica: stesso sistema politico, nessuna attenzione per l'amministrazione, con il peggioramento della personalizzazione dei partiti che ha fatto da anticamera alla loro dissoluzione come associazioni di base. Ora sono rimasti come oligarchie.
Abbiamo «solo» 70 anni. Non crede di essere troppo severo nel giudizio? Perché siamo andati indietro, rispetto ai progressi fatti da altre nazioni? Proprio perché abbiamo creato una società poco cooperativa, poco aperta, poco incline all'innovazione, quindi lenta, poco attenta alla modernizzazione. Questo non vuol dire che non vi siano eccezioni. Ma la società non è progredita nel suo insieme. Come dovrebbero diventare i partiti? Bisognerebbe cominciare dalla base, essendo i partiti innanzitutto associazioni. Sfruttando anche il web, ma non illudendoci che questo basti, perché è soltanto uno strumento. Cosa ci attende? Un grande lavoro, perché bisognerebbe rendersi conto che abbiamo vissuto di rendita. Abbiamo ricchezza privata e povertà pubblica. Fuori, c'è maggiore sobrietà privata, un uso più attento delle risorse pubbliche, edifici scolastici in migliori condizioni, ospedali meglio funzionanti, traffico cittadino ordinato, sistemi complessivi che agevolano, invece di impedire la vita quotidiana di cittadini e degli stranieri.
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Il mio bambino Down è un dono Mary O’Callaghan, psicologa e ricercatrice americana, racconta alla platea del Meeting le scoperte della sua vita: «I figli Down non sono causa di fatiche e problemi. Vivono il presente. Sono una vera risorsa di amicizia e gioia». Una qualunque pizzeria americana: una madre imbocca un figlio con la sindrome di down. Dopo il pasto gli pulisce la faccia completamente sporca. Dolore insopportabile, peso insopportabile. È quello che ha pensato un’altra donna, incinta di un bimbo con la medesima disabilità. Decide di abortire. Mary O’Callaghan, docente di psicologia all’università di Notre Dame di South Band, madre a sua volta di un bambino down, al sentire questa notizia si interroga profondamente: «Per me nutrire mio figlio è una ricchezza indescrivibile. Io, mio marito e gli altri figli abbiamo il vantaggio di una vita condivisa. Prima dell’operazione al cuore era impossibile per lui poter mangiare da solo, per questo gli è stato applicato il sondino. Durante l’operazione non pensavamo che poi non sarebbe stato autonomo. Avevamo solo una paura
tremenda di perderlo per sempre». La psicologa descrive così la sua esperienza personale, arricchita dagli studi di una vita. «I disabili portano doni preziosi alle loro famiglie e un distratto sguardo esterno non può coglierlo. Perché una persona possa capirne il valore deve desiderare di capire. Deve “venire a vedere”». O’Callaghan si rifà agli studi del filosofo canadese Jean Vanier che attraverso il movimento dell’Arca ha creato comunità per gli adulti con disabilità. Queste sono concepite come nuove famiglie, in cui vengono accolti tutti coloro che per varie ragioni non possono essere curati dalle loro famiglie originarie. L’idea alla base del movimento è poter incontrare la verità in un’amicizia: «Non ho bisogno di dirvi che questa visione è cara anche al carisma di Cl. La verità che cerchiamo negli amici non è qualcosa di
Mary O’Callaghan dopo l’incontro nei padiglioni della fiera
astratto ma è la Verità Incarnata. Cristo Stesso». Negli Stati Uniti è stato stimato che i bambini down abortiti dopo una diagnosi prenatale, vanno dal settanta al novanta per cento. Nell’Europa occidentale siamo invece abbondantemente sopra il novanta per cento. «I test genetici cresceranno trenta volte tanto grazie
ai nuovi esami del sangue per le anomalie fetali. Uno stato come la Danimarca ha annunciato che per il 2030 la sindrome di down sarà eliminata semplicemente abortendo tutti gli esseri umani che potrebbero esserne affetti». Una fredda visione statistica, chiara e matematica, ma che poco ha a che fare con l’esperienza personale. «Sei felice?»,
incalza la O’Callaghan, «è la domanda che mio figlio ci fa ogni giorno. I bambini down non sono interessati al successo nella vita ma sono incredibilmente sensibili al cuore delle persone. Loro vivono il presente. Non sono, come molti pensano, la causa di fatiche e problemi, ma una vera risorsa di amicizia e gioia». Secondo Vanier il disabile si fa insegnante attraverso l’esperienza perché contribuisce alla conversione dell’uomo. «La nostra debolezza ha bisogno di essere redenta». E qual è il significato della debolezza? «Tutto dipende dalla nostra risposta a questa domanda, perché la debolezza è il luogo dove riconosciamo il bisogno che abbiamo di Cristo. Ma non solo, è il luogo dove Lo possiamo anche trovare! Il grande regalo che un bimbo con disabilità fa alla sua famiglia è portare la Misericordia incarnata, Cristo stesso». Benedetta Parenti
L’ITALIA CH HE LAVORA
MEETING DI RIMINI 2016
WORKSHOP 2016 MARTEDÌ 23 AGOSTO 2016 ore 12,15 Gli attttrreezzi per conoscerree e mapp pa arree il merrccatto o del lavvo orro o ore 15,15 Come cerrccarree lavvo orro o attttrra avveerrsso i social nettw work
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Terra, bene prezioso Recenti stime ONU confermano la previsione che la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi di persone nel 2050. Per alimentare un così alto numero di esseri umani sarà necessario rivedere molte delle pratiche in corso e cercare soprattutto di preservare la risorsa base di ogni attività umana, la terra. Un terzo di tutti i territori emersi - pari a 5 miliardi di ettari - è utilizzato per l’agricoltura, una quota che, nonostante nuovi dissodamenti e nuove super fici messe a coltura, non si riesce realmente ad incrementare. Infatti, se per un verso si cerca di ottenere maggiore area coltivabile, d’altra parte una super ficie enorme di terreno viene continuamente sottratta all’agricoltura per fenomeni di impoverimento o desertificazione dei suoli e di urbanizzazione. Mai come in questo momento la terra appare come un bene da difendere e conservare. Le macchine agricole possono offrire un contributo decisivo non solo per la produttività dei suoli ma anche per la loro conservazione, grazie allo sviluppo di tecnologie e sistemi sempre più innovativi e attenti alla difesa e al mantenimento delle caratteristiche dei terreni e degli ecosistemi presenti nel Pianeta. FederUnacoma rappresenta i costruttori italiani di mezzi e attrezzature per l’agricoltura, un settore della meccanica che esprime un’ampia produzione in grado di rispondere alle più varie esigenze colturali, e in grado di proporre soluzioni innovative per un impiego sempre più sostenibile della risorsa terra, il nostro bene prezioso.
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MOSTRE
SCUOLA LIBERA OLTRE IL CONFLITTO PUBBLICO-PRIVATO
Visitatori della mostra su Milano studenti: il periodico raggiunse una tiratura di 10mila copie
Attratti da tutto e in dialogo: Milano Studenti
L’eterna lotta tra scuola paritaria e pubblica finisce sempre per ravvivare la fiamma inestinguibile del dibattito. È Andrea Simoncini, docente di diritto costituzionale a Firenze, ad ampliare l’orizzonte dell’argomento, affrontato ieri in sala Neri: «L’educazione è quel fattore connesso all’uomo nel suo rapporto con la realtà». E lo fa non solo dal punto di vista tematico, ma anche da quello geografico, visto che il primo a parlare è Anthony Joseph D’Agostino (per gli amici T.J.), direttore associato alla University of Notre Dame, in Indiana. «Negli ultimi cinquant’anni, le scuole cattoliche negli Stati Uniti si sono dimezzate» spiega T.J. «L’educazione libera, oggi così in difficoltà - prosegue - può avere ancora un effetto rilevante nella società, migliorandola». La prova di ciò sono l’impegno nell’insegnamento di D’Agostino ai poveri di Haiti e la storia di Andrew, un amico che è riuscito a risollevare una scuola di Los Angeles frequentata da immigrati messicani. Dall’altra parte dell’Atlantico, quella a noi più
familiare, c’è invece l’esempio concreto di come la scuola pubblica non debba temere quella privata e di come quest’ultima non sia fruibile solo dalla classe benestante. Per Alessandro Mele, direttore della Fondazione Cometa, «l’educazione affronta il problema del diventare se stessi, del conquistare la propria identità», e questa idea si rispecchia nel cammino della scuola di Como, che «promuove un percorso formativo ed educativo attraverso il connubio con il lavoro». Fare appassionare i giovani alla conoscenza (anche quelli più “complicati”) è ancora possibile, e ci si è riusciti facendo rivivere i mestieri dell’artigiano: falegnameria, tappezzeria e sartoria. Infine, Marco Bersanelli, presidente della Fondazione Sacro Cuore, sottolinea l’importanza del contributo della scuola libera alla società, e poi spiega: «La scuola cattolica è la scommessa che l’esperienza cristiana possa generare uno sguardo più vero sulla realtà, disponibile a paragonarsi a ciò che ha davanti». Davide Grammatica
Nella Hall Sud la mostra dedicata alla rivista dei primi giessini del Berchet negli anni ‘60, curata da due protagonisti di quell’avventura editoriale «con i giovani e tra i giovani». Che non smette di stupire Può un giornale studentesco arrivare a una tiratura di 10mila copie? Forse nel 2016 potrebbe anche succedere, viste le grandi possibilità offerte dalla tecnologia. Più difficile se il periodo in questione fossero gli anni ’50 e ’60. È il caso, però, di “Milano Studenti”, periodico fondato da liceali del Ber-
Gianpiero Gamaleri, tra i fondatori: «È stato un prezioso strumento di confronto» chet di Milano e appartenenti al neonato movimento di Gioventù studentesca. Il Meeting gli dedica una bella mostra nella Hall Sud. L’hanno curata due protagonisti di questa avventura editoriale: Gianpiero Gamaleri, già consigliere d’amministrazione della Rai e docente all’Università di Roma Tre, e sua moglie Ester. La peculiarità di “Milano
La mostra “La rivista Milano Studenti 1958-1963”
Studenti” «è stata quella di essere uno strumento di dialogo – afferma Gamaleri – con i giovani e tra i giovani». E non solo. L’altro elemento originale della rivista dei primi giessini, come si legge a caratteri cubitali su uno dei pannelli dell’esposizione, è quello della libertà: «Libertà è stata la cifra con cui il periodico è nato. L’intima coerenza al Movimento non ha significato varcare a ogni istante la porta dello studio di don Giussani nel mitico palazzo di via Statuto 2». La guida spirituale di Gs leggeva un prodotto già completo, citandolo spesso durante i suoi interventi e arrivando anche a
introdurre alcuni articoli del periodico del Berchet nelle opere a cui lavorava, per esempio ne “Il rischio educativo”, ma senza mai partecipare al lavoro della redazione. L’autonomia degli studenti del Berchet e la voglia di approfondire ciò che stava intorno a chi scriveva su “Milano Studenti” ha dato vita a un lavoro che, visitando la mostra, stupisce a ogni pannello per la profondità e la modernità dei contenuti: dagli incontri con i maggiori esponenti della cultura di allora (Montale, Pavese, Biagi e molti altri), all’approfondimento dei sistemi scolastici francese e belga e alla passione per il cinema di Bergman e per
l’arte (come la pittura di William Congdon), solo per citarne alcuni. Gli argomenti di cui si scriveva sul giornale, nonostante fosse realizzato da ragazzi di 15-20 anni, spaziavano su tutto il campo dell’attualità e culturale e sociale. Lascia a bocca aperta, poi, il caso Calvino, a quei tempi “re” della letteratura italiana, che, a seguito di una recensione del suo “La giornata di uno scrutatore” apparsa su “Milano Studenti” nel 1963, indirizzò una lettera autografa alla redazione in cui si esprime in questi termini: «Un articolo come questo mi è di grande soddisfazione perché era proprio questo tipo di critica che volevo muovere, mentre invece la grande maggioranza dei critici è stata d’una banalità e superficialità scoraggiante». La mostra colpisce anche per il suo punto di contatto con il presente, senza limitarsi a essere una rievocazione storica dei bei tempi andati. È così anche, e forse ancor di più, per Bernardo, studente di Lettere all’Università Statale di Milano e una delle anime della rassegna stampa universitaria di Cl (gruppo di ragazzi che si ritrova
settimanalmente a leggere i giornali per dare un giudizio su ciò che succede): «Facendo da guida alla mostra mi sono sorpreso contento perché vedo che gli interessi che muovevano i redattori di “Milano Studenti” sono i miei stessi oggi. Mi sembra di riconoscere nel loro lavoro lo
Bernardo, guida dell’esposizione: «I loro interessi sono gli stessi che muovono me» stesso gusto che cresce in me con la rassegna stampa, il gusto di capire le cose, di non essere ingenui, di essere più liberi. Sono attratto da persone che si interessano a tutto, perché è il mio sogno». Tutti elementi che dicono di una disponibilità al confronto con l’altro in ogni sua dimensione che non può lasciare indifferenti. Alessandro Giuntini
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MOSTRE
Sulle orme dei santi americani Dal Quebec alla California di Junipero Serra passando per la Philadelphia di Katharine Drexel: le storie di uomini e donne che hanno reso viva la fede in Cristo Gli Stati Uniti sono terra di opportunitĂ , di successo ed occasioni, ma anche terra di santi. Ăˆ un fatto poco noto, come poco nota è l’esistenza di un santuario nel Wisconsin, dove si celebra l’unica manifestazione della Vergine nel Nordamerica, nel 1859; da questa consapevolezza è nata l’intuizione di raccontare la storia americana in una prospettiva differente. “American dream. In viaggio con i santi americaniâ€? è un excursus storico e geograďŹ co che narra la storia di coloro
che dedicarono la loro esistenza alla diffusione del credo cristiano. Nel diciassettesimo secolo i martiri Jean de BrÊbeuf, Isaac Jogues, Charles Garnier si dedicarono alla evangelizzazione delle tribÚ indigene nei territori dell’attuale Stato di New York e del Quebec, scontrandosi con lingua e cultura opposte rispetto a quelle europee, generando anche la prima santa nativa: Kateri Tekakwitha, canonizzata da Benedetto XVI. Nel secolo successivo, sui lidi del Mes-
La mostra “American dream. In viaggio con i Santi americani�, padiglione A5.
sico, un testardo francescano, JunĂpero Serra, viaggiò nelle calde lande dell’attuale California, al suono di un motto richiamato recentemente anche da papa Francesco: “Siempre adelante!“, sempre avanti. Nel 1800, fu un uomo ÂŤsporco, volgare, testardo, bigottoÂť, come venne descritto Damien de Veuster, ad abbandonare il paradiso terrestre delle Hawaii, scegliendo volontariamente il conďŹ no nell’inferno del Lazzaretto di Molokai. Dal nord del Quebec sino alle
isole dell’Oceano PaciďŹ co, passando per la Philadelphia di Katharine Drexel: ďŹ glia di una delle piĂš ricche famiglie americane, decise per una vocazione monastica, lottando poi contro il pregiudizio razziale e il tentativo di omologare indigeni e afroamericani, dedicandosi all’educazione, fondando scuole e determinando lo sviluppo anche culturale della popolazione di colore dell’area, tanto da consentire anche a una leggenda del jazz come Lionel Hampton di
prendere lezioni di piano. Esperienze di incontro, racconti di straordinaria ordinarietĂ di uomini pieni di limiti comuni, narrate da ragazzi statunitensi, che condividono la stessa patria, cultura e lingua dei santi di cui parlano. Un quadro vivo della storia americana, come il quadro introduttivo alla mostra in cui uomini in giacca, ragazzi con berretto e guanto da baseball e santi condividono la stessa origine e una storia comune. Tommaso Zanchettin
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MOSTRE
Ebrei e cristiani oltre l’abbraccio Al Meeting la possibilità di una svolta storica in un rapporto che supera il dialogo interreligioso e getta basi solide ed esplicite per un vero e proprio “partenariato”. Il rabbino Eugene Korn: «Uccidere in nome di Dio è una follia» In un mondo di guerre le religioni non sono parte del problema, ma parte della soluzione. In questo senso possono e debbono collaborare. Ma tra cristiani ed ebrei il rapporto è specialissimo e non rubricabile sotto il titolo del dialogo religioso. Al punto che ci sono le basi, solide ed esplicite, per un vero e proprio «partenariato» di valore epocale. Si tratta di una svolta storica: che ieri al Meeting è stata presentata e addirittura incrementata attraverso il dialogo fra il rabbino Eugene Korn e il teologo Ignacio Carbajosa. La base di lavoro è il documento sottoscritto a fine 2015 da 25 rabbini, tra cui lo stesso Korn, intitolato «Fare la volontà del Padre Nostro nei Cieli: verso un e tra ebrei e cristiani». «Riconosciamo – vi è scritto - che il cristianesimo non è né un incidente né un errore, ma un frutto della volontà divina e un dono per le nazioni. Noi ebrei possiamo riconoscere il perdurante valore costruttivo
Ignacio Carbajosa con il rabbino Eugene Korn
del cristianesimo come nostro partner nella redenzione del mondo». Per secoli, se non per millenni, ebrei e cristiani si sono guardati in cagnesco. C’è voluta una shoah perché la cristianità europea si rendesse conto del livello
di barbarie cui il mostro nazista aveva condotto l’anti-semitismo; e ci sono voluti 50 anni di riflessione e di lavoro, nel mondo ebraico, per assimilare, apprezzare e tirare le conseguenze della novità espressa dal Concilio ecumenico Vaticano II nella dichia-
razione Nostra Aetate. Ieri è stato il rabbino a rileggere la «rivoluzione copernicana» del magistero conciliare: «Il Concilio ha condannato l’antisemitismo, ha cancellato l’accusa di deicidio e l’affermazione che la religione ebraica è falsa e annullata dal cristianesimo, riconoscendo invece che il cristianesimo trae linfa dalle radici ebraiche». Carbajosa ha indagato la «radice dell’atteggiamento ingiusto», individuandola «la svalutazione dell’Antico Testamento» che ha percorso la cultura teologica e poi filosofica europea, dall’utopia di Giacchino da Fiore, passando per Lutero fino all’illuminismo di Lessing e di Harnack. «Per il primo – ha detto il teologo spagnolo – l’antico testamento è il libro della fase infantile dell’umanità. Harnack tagliò corto: il tempo dell’ebraismo è finito. Una sentenza che, dopo Aushwitz, mette i brividi». Carbajosa ha anche sottolineato però che «all’inizio non
fu così» perché la fede di San Paolo come dei Padri della Chiesa «non conteneva avversione agli ebrei ma desiderio di penetrare insieme il mistero divino, sino alla partecipazione totale ad esso». Ogni vera religiosità – ha detto ancora in sostanza Carbajosa – è non violenta perché accetta il mistero e non fa dire: io sono dio. Ma tra veri ebrei e veri cristiani il legame è profondissimo, molto più che con le altre religioni: perché «il mistero di Dio – ha notato Carbajosa – ha fatto irruzione nella storia con Abramo. E’ lì, con l’avvenimento di Dio che chiama un uomo, che nasce nella civiltà umana l’io». Per Korn ebrei e cristiani «possono come nessun altro affermare la dignità della persona perché immagine di Dio, la sacralità della vita perché il Creatore non è un Dio di morte, la certezza che è una follia irreligiosa uccidere in nome di Dio». Maurizio Vitali
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VITA MEETING
Tutti a tavola Al fast food c’è più gusto Dieci punti di ristorazione in un’unica grande area dove la classica piadina “incontra” i piatti a stelle e strisce dell’American street. Senza dimenticare pasta, pesce, pizza e panini. E alla sera musica e spettacoli Non si vive di sole mostre e lo spazio che il Meeting dedica ai fast food è il luogo ideale per riposarsi e poi decollare verso nuovi incontri. La ricchezza delle proposte si rispecchia nella varietà dei menù. L’area B5 «è una piazza dove tutti si fermano per pranzare al volo, così da non perdere gli incontri del primo pomeriggio», osserva Roberto, visitatore e padre del giovane Nicola, che arriva con un hamburger versione XXL e spiega che «è una delle tante cose buonissime che si possono gustare all’American Street Food, il migliore di tutti!». Al pari della “bottega” che propone kebab e cous cous, l’American è la novità di questa edizione: una struttura che ricorda il periodo western, in cui vengono serviti piatti che
fanno venire l’acquolina in bocca. Tra tutti primeggia “uova e bacon” che propone appunto uova, bacon, ma anche salsicce, patatine fritte e pancakes. Tutti si dicono soddisfatti dei ristoranti veloci, anche chi ama il pesce. Basta fare rotta verso Il Marinaio e l’Osteria del fritto misto dove «offriamo spiedini di pesce e abbondanti fritti misti» spiega Andrea, volontario in questo stand, il quale aggiunge che «da mezzogiorno in poi si lavora molto, ma siamo sorpresi dal fatto che tutti i clienti ci ringraziano. Ci gratifica e così lavoriamo ancora meglio». Il fast food può contare su una vera e propria squadra che lavora per servire migliaia di persone affamate, che si riversano qui dopo aver visitato le
Il fast food del Meeting : un punto fermo della giornata in fiera
mostre e partecipato agli incontri. Maria Vittoria, un’altra volontaria, racconta: «Noi li accogliamo con gioia e impariamo a far gruppo lavorando insieme. La fatica così pesa di meno».
I volontari in cucina e ai banchi: «Lavorando insieme la fatica pesa di meno» Sono una decina i punti di distribuzione dove si possono trovare piatti per tutti i gusti, inclusi i panini del “Salumiere”. Tra gli altri non sono
Il tunisino diventato «brav fioeu» Ai «Caffè con» la storia di Adel, fuggito in mare e accolto in Lombardia Adel, 23 anni, tunisino, in Italia da 5 anni. Un’odissea pazzesca, la fame nera, il miracolo dell’accoglienza e un happy end in dialetto milanese. Nel 2011 tenta di fuggire su un barcone coi suoi amici. La polizia li blocca. Riprovano: il capo gli frega i soldi, gli altri partono e muoiono naufraghi. Lui ci riprova di lì a poco, 32 ore di mare fra sconosciuti e scafisti delinquenti. Le rocce di Lampedusa cui si aggrappa scarnificandosi i polpastrelli. Catania dove gli danno il permesso di sei mesi. Ragusa dove trova qualche raro assurdo lavoretto tipo scavare buche. Non ci sta. Non è emigrato per questo. Raggiunge Milano. Bussa a negozi e aziende, niente. La notte sulle panchine e di giorno a tirar la cinghia. Si ripara in biblioteca
per il freddo, ma non sa leggere l’italiano. Una ragazza lo indirizza alla parrocchia e alla Caritas. Gli danno cibo, che quasi non gli scende giù nello stomaco per il lungo digiuno. Lo mandano a Rho, c’è una famiglia che può dare una mano. Angela e Roberto Zucchetti, che sono qui al Meeting, «Un caffè con…» a raccontare. Una storia di accoglienza il loro matrimonio. Ad Adel indicano una camera, il bagno e la tavola. «Wow, posso riposare qualche ora, lavarmi e mangiare». Ma no, la camera e il bagno sono sempre per lui, fissi, idem il vitto. Dio grande e misericordioso. Per di più il Cappellini, vecchia Milàn col coeur in man, titolare di un’aziendina che fa pellicce, gli fa: «Cominci domani. Otto e mezzo». Adel, pun-
tualissimo, riceve dal padrone la seguente consegna: «Adel, fa’ balà l’oeucc». Translation: guardati in giro, cerca di afferrare al volo. Adel non ha studiato il meneghino. Gli Zucchetti gli fanno un corso accelerato di dialetto, a base di canzoni di Svampa e Jannacci. Adel afferra al volo la frase del Palo (sguercio, pardòn, non vedente) della banda dell’Ortica, che vuole le cose (le rapine) fatte bene, minga on laurà de ciula (un lavoro da cretini). Mattino dopo: «Cappellini, mi fo no on laurà de ciula, vera?”. Cappellini lacrima come una fontana di struggente tenerezza lumbarda per quel brav fioeu marochìn. Tunisino, Cappellini, tunisino. «Eh, quel che l’è. Semper on pellissé». Tunisino, pellicciaio. Maurizio Vitali
da perdere le margherite in pala di Pizza leggera. «Una pizza al trancio preparata con una farina che rende l’impasto simile a quello della focaccia» racconta Luca, che trascorre il turno davanti al forno. Consigliato anche un giro al Sangiovese dove si possono apprezzare anche gli strozzapreti al ragù. Il tour non può che terminare al Frutta Golosa. Qui si incontra Caterina che prepara «spiedini di frutta che si possono arricchire con nutella o muesli». Sul podio come ogni anno si piazzano ancora una volta le piadine e i cassoni, da sempre un classico del Meeting. Nello spazio dedicato al pranzo e alla cena tavoli costantemente puliti dai volontari tra cui c’è Cristina, di
Barcellona, che racconta «sono contenta di tenere pulito lo spazio che mi è stato affidato e ci tengo a farlo trovare in ordine, perché così chi viene può godersi al meglio il suo momento di riposo». Il servizio è svolto con una tale attenzione che «un visitatore mi ha detto che siamo l’ottava meraviglia del mondo» racconta ridendo Elisabetta. Un luogo quindi in cui il dettaglio è curato per rendere bello anche l’intervallo della giornata. A tarda ora lo spazio si anima con musica ed esibizioni live su un palcoscenico allestito accanto all’American Street Food e su cui si alternano esibizioni di cantanti, ballerini e giocolieri. Luca Brambilla
VILLAGGIO RAGAZZI Sul podio le vite da gregario Se si parla di sport, lui c’è. Ieri all’Enel Villaggio Ragazzi la sala si è riempita velocemente per l’incontro di Nando Sanvito, giornalista sportivo delle reti Mediaset, che da molti anni propone storie che possano innervarsi sui temi del Meeting. Un incontro ormai classico del raduno riminese, dove anche tanti adulti prendono posto accanto ai bambini. Molte delle vicende raccontate quest’anno si soffermano su un particolare del panorama sportivo: il ruolo del gregario nel ciclismo.
«Il compito del gregario è servire il proprio capitano – racconta -. Portargli i rifornimenti, rendere più facile la sua corsa per condurlo vittorioso al traguardo». Dalle storie raccontate emergono legami diversi tra gregario e suo leader. «Ciò che rende vincente la squadra – afferma il giornalista – è la lealtà all’altro». In chiusura Sanvito aggiunge: «La lealtà è all’esperienza del proprio cuore e di chi lo ha creato». Fidarsi del proprio compagno per scoprire che ci corrisponde. Andrea Fornasieri
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SPETTACOLI
La notte che salvò l’Innominato
IL CONCERTO FEDELI E LO STRADIVARI
Franco Branciaroli torna al Meeting con il testo di Alessandro Manzoni «Davvero Dio perdona tante cose per una sola opera di misericordia?» Davvero Dio perdona tante cose per una sola opera di misericordia? Attorno a questa domanda – così legata alla sfida cristiana di Papa Francesco – ruota l’interpretazione che Franco Branciaroli propone del testo manzoniano “La notte dell’Innominato” che oggi andrà in scena al Meeting (ore 21.45, UnipolSai Arena D3). L’Innominato dei Promessi Sposi, così come appare nel corso del diciannovesimo capitolo dei romanzo di Alessandro Manzoni, è immagine del potere becero e violento, che risponde solo ai propri fini e valori. Proprio questa figura senza regole – l’Innominato è un personaggio
realmente esistito: è Francesco Bernardino Visconti,signorotto lombardo responsabile di scorribande, rapimenti e omicidi, convertito in seguito all’incon-
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ARENA UNIPOL SAI
tro con il cardinale Federico Borromeo – incarna il dramma dell’uomo di fronte al dilemma del potere ultimo ed estremo su di se e sugli altri. Milanese, classe 1947, Franco Branciaroli è uno dei maggiori attori ita-
liani. Nella sua carriera in teatro e al cinema ha lavorato con maestri come Michelangelo Antonioni e Giovanni Testori, confrontandosi con i massimi autori del teatro, da Shakespeare a Camus. Con la sua consueta visceralità fisica e verbale, Branciaroli darà voce e figura a quella notte di tormenti per l’Innominato, in cui l’altro, da vittima, può diventare “un bene per me”, sfociando poi nell’abbraccio del cardinale Borromeo. Sarà quest’ultimo a rispondere all’Innominato, invitandolo a incontrare quel Dio tante volte maledetto: “Ma chi più di voi l’ha vicino?”. Carlo Alberti
D3
Emozione allo stato puro: Matteo Fedeli (nella foto), accompagnato al pianoforte da Andrea Carcano, ha portato al Meeting i suoni e le magie armoniche di uno Stradivari del 1730. La serata realizzata con la
collaborazione di Bayer - era stata anticipata da una conversazione con il pubblico del Meeting durante la quale Fedeli ha simpaticamente dichiarato: «Io sono solamente uno dello staff di Stradivari».
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Oggi al Meeting Incontri UN ABBRACCIO CHE CAMBIA LA STORIA Ore 11.15 Sala Illumia B1. Partecipano: Vladimir Legoyda, Presidente del Dipartimento per i Rapporti tra Chiesa e Società e Mass Media del Patriarcato di Mosca; S. Ecc. Mons. Paolo Pezzi, Arcivescovo di Mosca. Introduce Alberto Savorana, Portavoce di CL. L’ITALIA… È MOBILE Ore 11.15 Sala Neri CONAI. In collaborazione con FederlegnoArredo. Partecipano: Francesco Boggio Ferraris, Direttore Scuola Formazione Permanente Fondazione Italia Cina; Ettore Francesco Sequi, Ambasciatore a Pechino; Roberto Snaidero, Presidente FederlegnoArredo. Introduce Adriano Moraglio, Giornalista Il Sole 24 Ore. UN CAMMINO DI RICONCILIAZIONE: LA STORIA DEL MEETING DI BRNO Ore 11.15 Sala Poste Italiane A4. Partecipano: Petr Kalousek, Assessore Cultura del Comune di Brno, Repubblica Ceca; David Macek, Direttore DRFG Foundation e organizzatore Meeting Brno, Repubblica Ceca; Bernd Posselt, Presidente del Sudetendeutsche Landsmannschaft, Germania; Kateřina Tučková, Organizzatrice del Meeting Brno, Repubblica Ceca. Introduce Emilia Guarnieri, Presidente Fondazione Meeting. WHAT’S HUMAN ABOUT TECHNOLOGY. DIALOGO CON… Ore 11.30 What? - Spazio Innovazione Piazza A5/C5. In collaborazione con Farmindustria. Eugenio Aringhieri, Presidente Gruppo Biotecnologie di Farmindustria; Carlo Soave, Genetista vegetale, Università degli Studi Milano.
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LA GIORNATA
Testimonianze da Stati Uniti, Francia, Argentina, Brasile, Russia. Cassese e le riforme
Giustizia e poteri separati METTER SU CASA: LE AGEVOLAZIONI PER ACQUISTARE CASA, ARREDI, FINITURE. Bonus Giovani Coppie, Bonus Mobili e detrazioni per la ristrutturazione e il risparmio energetico. CAFFÈ CON… FEDERLEGNOARREDO Ore 13.45 Stand FederlegnoArredo Pad. C1. Partecipano: Abramo Barlassina, Responsabile Gruppo Schermature Solari e Domotica FederlegnoArredo; Marco Luchetti, Responsabile Ufficio Innovazione, Normativa e Certificazione FederlegnoArredo. Introduce Chiara Terraneo, Responsabile Area Finiture Arredo FederlegnoArredo. INCONTRARSI IN PERIFERIA Ore 15.00 Salone Intesa Sanpaolo B3. Partecipano: José Maria “Pepe” di Paola, Prete villero e Coordinatore della commissione episcopale contro la tossicodipendenza, Argentina; Jean-François Morin, Direttore Association Le Rocher Oasis des Cités, Francia. Introduce Monica Poletto, Presidente Compagnia delle Opere Sociali. TRACCE DI VITA NUOVA. TESTIMONIANZE DAGLI STATI UNITI Ore 15.00 Sala Illumia B1. Partecipano: Renzo Canetta, Medico ricercatore oncologoematologo; Guido Piccarolo, CEO Los Angeles Habilitation House. Introduce Letizia Bardazzi, Presidente AIC. LEZIONI SULLA BIBBIA: LE PARABOLE NELL’ANTICO E NEL NUOVO TESTAMENTO Ore 15.00 Sala Neri CONAI. Partecipa Joseph Weiler, Presidente Istituto Universitario Europeo. Introduce Stefano Alberto, Docente di Teologia all’Università Cattolica di Milano. HASSAN AND MARCUS Ore 15.00 Sala Poste Italiane A4. Presentazione e proiezione del film di Ramy Imam in memoria di Omar Sharif. Dibattito con Wael Farouq, Docente di Lingua e Letteratura Araba all’Università Cattolica di Milano ed i ragazzi di SWAP. WHAT’S HUMAN ABOUT TECHNOLOGY. DIALOGO CON… Ore 15.30 What? - Spazio Innovazione Direttore: Direttore responsabile: Editore: Associazione riconosciuta con D.P.R. n.869 del 6/8/1986, sede: via Flaminia 18/20, c.p. 1106, 47900 Rimini. Tel. 0541-783100, Fax. 0541-786422
Piazza A5/C5. Antonio Iacchetti, Ingegnere, Ricercatore Istituto Italiano di Tecnologia; Fabrizio Bianchi, Fisico delle Particelle, Università di Torino. GIUSTIZIA E SEPARAZIONE DEI POTERI Ore 17.00 Auditorium Intesa Sanpaolo B3. Partecipano: Giovanni Canzio, Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione; Giovanni Legnini, Vice Presidente Consiglio Superiore della Magistratura. Introduce Paolo Tosoni, Avvocato. DALL’AMORE NESSUNO FUGGE. APAC: IN BRASILE UN CARCERE SENZA CARCERIERI Ore 19.00 Salone Intesa Sanpaolo B3. Partecipano: Cledorvino Belini, Presidente Sviluppo di Gruppo Fiat Chrysler Automobiles dell’America Latina, Brasile; Daniel Luiz da Silva, Ex carcerato, Brasile; Valdeci Antônio Ferreira, Direttore Generale Fraternidade Brasileira de Assistência aos Condenados, Brasile; Luiz Carlos Rezende e Santos, Giudice di Esecuzione Penale del Tribunale di Giustizia di Minas Gerais, Brasile. Introduce Andrea Tornielli, Vaticanista de La Stampa. “L’INCONTRO CON L’ALTRO: GENIO DELLA REPUBBLICA. 1946-2016”: LO STATO Ore 19.00 Sala Illumia B1. Partecipa Sabino Cassese, Docente di “Global Governance” alla “School of Government" della LUISS Roma. Introduce Andrea Simoncini, Docente di Diritto Costituzionale Università di Firenze. LE SFIDE PROFESSIONALI DEL NOSTRO TEMPO Ore 19.00 Sala Neri CONAI. Partecipano: Valerio Camerano, Amministratore Delegato A2A; Lorenzo Maternini, Vice Presidente di Talent Garden. Introduce Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà. DAI CANTONI AL LISCIO ROMAGNOLO. MUSICA DI TERRA, MUSICA DI FAMIGLIA Ore 19.00 Sala Poste Italiane A4. Partecipano: Egidio Bandini, Presidente Club dei Ventitré; Eugenio Martani, Direttore Concerto Cantoni; Corrado Medioli, Fisarmonicista. Introduce Enrico Beruschi, Attore e regista. Progetto grafico e Impaginazione: Èdita, Rimini
IDA Ore 21.00 Sala Neri CONAI. Proiezione del film di Paweł Pawlikowski. Dibattito con Maria Gabriella Pediconi, Docente di Psicologia all’Università di Urbino e Joseph Weiler, Presidente Istituto Universitario Europeo. Introduce Letizia Bardazzi, Presidente Associazione Italiana Centri Culturali.
Spettacoli APERITIVO CON... Franco Branciaroli Ore 19.00 Area Piscine Ovest. LA NOTTE DELL'INNOMINATO Ore 21.45 Arena Spettacoli Unipolsai D3. Con Franco Branciaroli. Biglietto intero: 10 euro, ridotto: 8 euro. MISCELLANEA BEAT Ore 22.00 Area Piscine Ovest. Gionata Costa, violoncello, wah; Massimo Marches alla voce, chitarre e samples.
Sport TORNEO DI TENNISTAVOLO Ore 14.30 Kinder + Sport Village (PAD A7/C7). Ragazzi ore 14.30, adulti ore 20. TORNEO DI SCACCHI Ore 15.00 PAD. A6 - C6. A cura di Francesco De Vincenzo. GINNASTICA ACROBATICA Ore 15.00 Kinder + Sport Village (A7/C7). A cura di Polisportiva Riccione Sezione Ginnastica Acrobatic Team Riccione. 5° TORNEO CALCIO A 5 “MEMORIAL GIUSEPPE FABBRI” Ore 17.00 Kinder + Sport Village (A7/C7). A cura del Centro Sportivo Italiano. 1° TORNEO DI BURRACO Ore 19.00 PAD. A6 - C6. A cura del Centro Sportivo Italiano. CAMMINATE PER LE VIE E LA STORIA DI RIMINI Ore 21.00 Arco d'Augusto Rimini. A cura di: A.S.D. La Pedivella, CSI-Centro Sportivo Italiano.
Pubblicità Ufficio commerciale Meeting Tel. 0541-783100
Fotolito e stampa: CED Via dell’Industria, 52 Erbusco (BS) Registrazione Tribunale di Rimini n.16/91 del 15/07/1991
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