eeting m Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma DCB Rimini valida dal 01/06/98” - € 1,00
NOTIZIARIO
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ANNO XXXII
R I V I S TA D E L L A F O N D A Z I O N E M E E T I N G P E R L ’ A M I C I Z I A F R A I P O P O L I
MARZO 2012
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EDITORIALE
Rapporto con l’infinito La frase che dà il titolo alla XXXIII edizione del Meeting è tratta dal primo capitolo de Il senso religioso di don Giussani: «La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito». Nell’esperienza quotidiana, infatti, l’uomo si scopre costituito da esigenze (di verità, di giustizia, di felicità e amore) che non sono appagate da risposte parziali. Come Benedetto XVI ha ricordato recentemente, in occasione del viaggio apostolico in Messico e nella Repubblica di Cuba: «L’uomo ha bisogno dell’infinito». Il Meeting intende documentare l’esperienza di tale rapporto imprescindibile attraverso incontri, mostre e spettacoli. Tante sono oggi le problematiche che il titolo del Meeting vuole illuminare: dal tema del diritto in tutte le sue varie accezioni alle questioni poste dalla SOLO L’ESPERIENZA VISSUTA ricerca scientifica, fino alla sfida del cambiamento imposta dalla crisi alla vita della gente e delle nazioni. DI TALE RAPPORTO, INFATTI, Se l’uomo è rapporto con l’infinito, solo tale rapporto CREA UOMINI CERTI DELLA può fondare adeguatamente i diritti di ogni persona e di ogni popolo, ponendo i termini di una organizPROPRIA IDENTITÀ E LIBERI zazione sociale e civile libera e dignitosa. Così come NEL RICONOSCERE QUELLA ALTRUI, ogni indagine scientifica sull’uomo, sulla sua struttura biologica e neurologica, non potrà prescindere dal riCAPACI DI COSTRUIRE INSIEME E conoscimento di un rapporto ultimo e misterioso da DI PRENDERE INIZIATIVA NELLA cui l’uomo è definito e che lo rende “indisponibile” a qualunque manipolazione. CULTURA, NELL’ECONOMIA E La questione del rapporto con l’infinito è questione NELLA POLITICA PER antropologica, definisce appunto l’uomo in quanto UN BENE COMUNE. tale, ne individua la natura religiosa come tensione continua verso un “oltre” che sottende ogni movimento umano. Proprio tale natura, unità profonda di cuore e ragione − come ancora Benedetto XVI affermava nel viaggio messicano −, essendo comune a tutti gli uomini, consente l’esperienza dell’incontro tra persone di fede e cultura diverse, come anche quest’anno il Meeting desidera documentare. Solo l’esperienza vissuta di tale rapporto, infatti, crea uomini certi della propria identità e liberi nel riconoscere quella altrui, capaci di costruire insieme e di prendere iniziativa nella cultura, nell’economia e nella politica per un bene comune. C’è un’attesa che vorremmo condividere con tutti coloro che già stanno collaborando alla realizzazione del Meeting e con tutti coloro che vi parteciperanno: che possa essere per ciascuno l’occasione per incontrare persone ed esperienze capaci di risuscitare il desiderio e la consapevolezza del proprio rapporto con l’infinito.
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SOMMARIO
w w w . m e e t i n g r i m i n i . o r g «INFATTI, A MIO AVVISO, SOLO DUE TIPI DI UOMINI SALVANO INTERAMENTE LA STATURA DELL'ESSERE UMANO: L'ANARCHICO E L'AUTENTICAMENTE RELIGIOSO. LA NATURA DELL'UOMO È RAPPORTO CON L'INFINITO: L’ANARCHICO È L’AFFERMAZIONE DI SÉ ALL’INFINITO E L’UOMO AUTENTICAMENTE RELIGIOSO È L’ACCETTAZIONE DELL’INFINITO COME SIGNIFICATO DI SÉ». (LUIGI GIUSSANI, IL SENSO RELIGIOSO).
EDITORIALE
Rapporto con l’infinito
In copertina: Il manifesto dell’edizione 2012
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SPETTACOLI
Caracalla Dance Theatre
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di Otello Cenci
SPETTACOLI
Arriva Delitto e Castigo
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PRESENTAZIONI
Da un canto, un’amicizia
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di Erika Elleri
ANNIVERSARI
Don Giussani, l’anniversario
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di Matteo Lessi
IN–MOSTRA
Tra desiderio e creatività
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di Erika Elleri
L’Italia per i giovani
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TESTIMONIANZE
C’è sempre qualcosa da fare Perché non odiare?
Proprietario/Editore: Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli Autorizzazione del Tribunale di Rimini n. 2008 del 2/11/82
di Robi Ronza
PUBBLICITÀ: Evidentia Communication (società a direzione e coordinamento di Fondazione Meeting): Tel 0541/18.32.501 Fax 0541/78.64.22
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di Matteo Lessi
Anno XXXII - N. 1, Marzo 2012 Questo numero è stato chiuso il 30/03/2012
DIRETTORE RESPONSABILE: Alver Metalli COORDINAMENTO REDAZIONALE: Matteo Lessi REDAZIONE: Erika Elleri, Vanni Casadei, Piergiorgio Gattei, Walter Gatti, Rosanna Menghi FOTO: Roberto Masi, Angelo Tosi PROGETTO GRAFICO: Davide Cestari, Lucia Crimi VIDEOIMPAGINAZIONE: IMMpAGINA - Rimini STAMPA: Pazzini - Villa Verucchio - Rimini REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: Via Flaminia, 18-20 - C.P. 1106 - 47923 Rimini Tel 0541/78.31.00 Telefax 0541/78.64.22. email - meeting@meetingrimini.org www.meetingrimini.org
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CONCORSI
Ciak! Si gira l’uomo e la vita
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di Erika Elleri
AMICI
Julien Ries cardinale
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di Matteo Lessi
BREVI
5X1000 al Meeting
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Caracalla
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SPETTACOLO INAUGURALE
Dance Theatre Dal Libano oltre cinquanta ballerini, attori e cantanti in scena provenienti da tutto il mondo. Lo spettacolo inagurale del Meeting di quest’anno sarà un evento da non perdere. Direttamente dal Libano arriverà la compagnia Caracalla Dance Theatre che proporrà uno spettacolo sull’amore tra due giovani e il conflitto tra famiglie. Caracalla non è solo una compagnia teatrale, ma anche una scuola di danza a Beirut aperta dodici ore al giorno che riunisce circa millecinquecento bambini di diversa età e di diversa tradizione e religione.
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ata nel 1968 si è esibita nei più prestigiosi teatri e centri culturali del mondo, tra cui il Teatro Nazionale di Osaka, Carnegie Hall a New York, Sadler’s Wells a Londra, il Kennedy Center di Washington, D.C., il Teatro dei Campi Elisi a Parigi, il teatro dell’opera di Francoforte, i teatri dell’opera di Rio de Janeiro e San Paolo, il Centro per le Arti di Los Angeles e il Palazzo delle Arti di Montreal, in aggiunta ad altri numerosi festival e sedi in tutto il mondo.
Caracalla ha attirato l’attenzione della stampa mondiale, tra gli altri il Daily Telegraph, il Washington Post, l’Evening Standard e The Sunday Telegraph, che ha riconosciuto in essa un’originale forma di danza che rivela un ricco e misterioso Oriente armonizzato con tecniche occidentali. Tutto è nato alla maniera del Meeting, un’amicizia, un incontro e la scoperta di qualcosa che unisce. Otello Cenci, responsabile degli spettacoli del Meeting, ci racconta questo incontro. MARZO2012
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SPETTACOLO INAUGURALE
Incontrarsi a Beirut La storia dell'incontro tra Caracalla Dance Theatre e il Meeting di Otello Cenci
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o spettacolo inaugurale del prossimo Meeting sarà davvero un evento eccezionale. Oltre cinquanta ballerini, attori e cantanti in scena provenienti da tutto il mondo, costumi ricchi di colori e accessori scintillanti, una scenografia allo stesso tempo moderna e barocca, musiche inebrianti e coinvolgenti, un tema universale come quello dell’amore tra due giovani e del conflitto tra le loro famiglie. Un appuntamento esemplificativo della stessa natura del Meeting. Il motivo per cui è nata la manifestazione e che la rende entusiasmante
Un’immagine dello spettacolo
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ogni anno: gusto per la bellezza, passione per l’uomo e il suo desiderio di felicità, impegno sincero e personale con la realtà e le sue problematiche. La compagnia di teatro danza, fondata da Abdel-Halim Caracalla nel 1970, ha sede a Beirut, capitale di quel Libano da sempre crocevia e punto d’incontro tra persone di diversa provenienza, cultura e religione. Abdel nel 1960 partì da Baalbeck per studiare danza e approdò a New York come studente di una famosa ballerina e coreografa, considerata oggi la ‘madre’ della danza moderna:
Martha Graham (ospite del Meeting nel 1984). Tornato in Libano, Abdel Caracalla ha dato vita ad una compagnia di teatro danza che unisce le moderne tecniche a quelle tradizionali orientali. Nel 1972 la compagnia ha fatto il suo debutto internazionale in Giappone, al Festival di Osaka, al quale sono seguiti, in questi trent’anni, tournée in tutto il mondo. Il loro primo spettacolo, ‘Zayed & the Dream’, l’ho visto ad Abu Dhabi, grazie ad un comune amico e sono inevitabilmente rimasto colpito dal fascino delle musiche, dalla vivacità dei colori, dalla ricchezza dei costumi, dalla musicalità della lingua e dall’esuberanza della messa in scena, in cui cavalli veri entravano sul palco in mezzo a decine di ballerini, immersi in paesaggi da favola, ottenuti grazie a moderne tecnologie. Un’apoteosi di energia e poesia. Una performance dai sapori forti e squillanti, come la cucina del loro Paese, come le tinte del cielo e della natura che fa del Libano un’ipotesi credibile del paradiso terrestre. La pregevole tecnica di danza acquisita dalla compagnia di professionisti pro-
SPETTACOLO INAUGURALE venienti da tutto il mondo, non è esposta come protagonista della scena, ma è a servizio dello spettacolo e della trama. Ciò che si percepisce è un’armonia naturale che lega le decine di ballerini presenti, coinvolti nelle coreografie; armonia che li rende un solo corpo, capace di esprimersi in movimenti lenti e dolci o, più frequentemente, ritmati e vigorosi, con una totale unità d’intenti e di tempi. Il risultato è uno spettacolo di grande impatto emotivo: popolare, perché ricco di particolari e semplice nella narrazione che desidera parlare al pubblico. Dopo questo primo incontro, lo scorso anno, Abdel e Ivan Caracalla (Ivan è il figlio di Abdel e regista della compagnia) sono venuti a Rimini per conoscere il Meeting per l’amicizia fra i popoli. Lo stesso stupore che io avevo provato ad Abu Dhabi, l’ho visto nei loro occhi, mentre visitavano il Meeting e ne ho avuto conferma dalle parole di saluto rivolte al presidente Emilia Guarnieri. Così, il rapporto professionale si è stretto fino a diventare amicizia nel
IL TEATRO DANZA CARACALLA E IL MEETING di Abdel e Ivan Caracalla Nel corso della nostra breve visita al Meeting dell’anno scorso, abbiamo veramente capito il significato e la ragione di questo evento. In particolare, ci siamo resi conto della sua grandezza e del potenziale che poteva offrire ai giovani di incontrare persone di religioni, razze e culture diverse, uniti dall’autentico desiderio di promuovere il dialogo e di costruire qualcosa insieme, nella convinzione che la diversità non rappresenti un ostacolo, bensì una risorsa, che spinge ognuno di noi ad esplorare il vero cardine della nostra esperienza. Caracalla è basato su questi stessi valori umani che costituiscono gli ideali del Meeting. Durante la guerra civile libanese, quando il Paese era diviso in fazioni religiose, Caracalla è rimasto unito grazie alle arti e alla cultura e ha riunito attorno a sé artisti di religioni e culture diverse. Infatti, Caracalla è stata l’unica compagnia, non solo a mettere in scena spettacoli in tutte le zone del Libano, ma anche a girare il mondo con produzioni artistiche che raccontano la nostra civiltà e il nostro patrimonio. Oggi, il pubblico di Caracalla è costituito da persone appartenenti, sia a differenti fazioni politiche, sia a ambienti sociali diversi. La scuola promuove, così, un proprio dialogo attraverso la danza e le arti e unisce le persone che hanno i propri figli nella stessa classe, aiutando a capire come la diversità non rappresenti un ostacolo, ma dovrebbe essere usata come strumento per promuovere il dialogo e il progresso tra gli uomini. Abbiamo, dunque, un grande rispetto per la visione del Meeting, per il suo ruolo di primo piano e per i valori che trasmette alle comunità del mondo, ma anche per tutte le persone associate al Meeting e che lavorano per promuovere quello che c’è di umano in ognuno di noi. Lo riconosciamo chiaramente e siamo orgogliosi di essere parte di questo nobile messaggio. Con ansia aspettiamo di presentare la nostra forma d’arte e la nostra identità al caro pubblico italiano, che tanto apprezziamo per la sua storia di arte e di artisti. Arrivederci a Rimini!
mio ultimo viaggio a Beirut, in occasione della presentazione della loro ultima opera ‘Villager’s – Opera’. Qui ho verificato quanto sia amata questa compagnia nella città, conosciuta da tutti e stimata dalle più alte istituzioni e autorità locali: tutte presenti alla serata. Ho scoperto, inoltre, la bellezza di una scuola di danza
aperta dodici ore al giorno che riunisce circa millecinquecento bambini di diversa età e di diversa tradizione e religione. In una città come Beirut questa non è proprio una cosa ovvia. Ho conosciuto i ragazzi che compongono la compagnia di danza e che durante il giorno lavorano fianco a fianco, insegnando ai bambini, e ho meglio capito quell’unità che si percepisce da spettatore. Ho sentito vicini e uguali a me Abdel e Ivan, così premurosi e ospitali, così fieri delle loro tradizioni, così appassionati alla loro opera e così bisognosi di qualcuno che tutti i giorni ridia senso a tutto questo fare ed essere. Così in questo percorso che ci vede oramai compagni di viaggio, il prossimo appuntamento è il 19 agosto a Rimini per lo spettacolo inaugurale della XXXIII edizione del Meeting, dove la Compagnia Caracalla Dance Theatre presenterà the ‘Villager’s Opera’,… a mio avviso, un evento eccezionale da non perdere! Sul sito del Meeting potete trovare foto e video dello spettacolo.
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SPETTACOLI
Arriva Delitto e Castigo L’opera dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij andrà in scena durante il Meeting, grazie ai ragazzi della scuola superiore bergasmasca “La Traccia”. Un tour iniziato due anni fa e che ha suscitato grande attenzione, tanto da varcare i confini dell’Italia, fino a giungere a Mosca. Qual è il segreto del successo? Come è nato tutto? Lo abbiamo domandato al regista Roberto Rossi, preside delle scuole medie “La Traccia”.
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iù di cinquanta studenti del Centro scolastico La Traccia di Calcinate (Bg) coinvolti nell’esperienza teatrale e con una performance di alto livello. Come è nata questa esperienza teatrale? È nata nel 1984 alle scuole medie de “La Traccia”, grazie alla proposta di un professore appassionato di teatro. Io l’ho seguito e da allora non l’ho più mollato, il teatro. All’inizio era una proposta ristretta alle quattro mura della scuola. Poi, nel 2002, con la nascita della scuola superiore, si è deciso che si poteva fare un passo ulteriore e solcare i palchi di teatri veri e propri.
Un’immagine dello spettacolo
Come avete preso questa decisione? Avevamo il desiderio di fare teatro sul serio, con biglietto a pagamento, luci da gestire e tutto il resto. Un’esperienza che continua grazie ad un gruppo di professori appassionati e alla disponibilità di studenti, che accettano di fare i conti con l’opera di un autore e di immedesimarsi con i suoi personaggi. E se ne possono vedere i frutti per tutti, a partire dal sì di ciascuno, accettando il rischio di abbracciare il buio, qualcosa di imprevisto, ma di presente. Abbracciare il buio… fa riferimento anche alla proposta di un’opera articolata come Delitto e castigo? Di certo c’è stato un bel lavoro da fare. Tre mesi per scrivere il copione e ad ogni ragazzo è stato proposto di leggere tutto Delitto e castigo. Per non parlare delle ore dedicate ai personaggi principali: l’ex studente Raskolnikov, il suo amico Razumichin, la prostituta Sonja, figlia dell’ubriacone Marmeladov e il giudice istruttore Porfirij Petrovic. Qual è stata la reazione di fronte a un testo di una tale portata? Quando s’è pensato al romanzo di Dostoevskij, qualcuno ha chiesto: «Un testo così complesso? Siete sicuri?». Di fatto, a noi non interessava concentrarci sulla performance
perfetta, ma poter incontrare l’autore attraverso il teatro, immedesimarci con la sua opera. Per questo, abbiamo chiesto ai ragazzi di aver fiducia in noi e ne siamo usciti tutti arricchiti. È quel che accade ogni volta che si accetta la sfida della realtà. Per quanto riguarda la scenografia, si tratta di una struttura geometrica perfetta, ci può dire qualcosa di più in merito? Si tratta di un quadrato suddiviso in nove quadrati – separato da veli e di volta in volta illuminati – che rappresentano il mondo Raskolnikov, il protagonista, che vive i rapporti mettendo in campo una parte di se stesso, un io spezzettato che solo l’amore per Sonja riesce a sanare. Se pensiamo alla nostra esperienza, accade ogni giorno: possiamo rimanere incastrati o lasciarci abbracciare da uno che ci viene incontro Poi, dal 26 settembre al 9 ottobre, l’esperienza in Russia, a Kemerovo, nata dal gemellaggio con la scuola della Diocesi ortodossa della cittadina, e subito dopo a Mosca… È stata un’esperienza unica. A ognuno è stato chiesto l’impegno di dire nuovamente sì. Di fondamentale importanza è stato il rapporto con la professoressa Tat’jana Kasatkina, che si è resa disponibile ad un confronto tra le righe del romanzo. MARZO2012
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PRESENTAZIONI
Da un canto, un’amicizia Vi raccontiamo come è nato e cresciuto un rapporto di amicizia a partire da una passione comune, il canto. Un primo incontro in Serbia, un viaggio a Rimini e ora l’invito a presentare il Meeting a Belgrado e a Nis. di Erika Elleri
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uesta storia inizia qualche anno fa e speriamo non si concluda. Protagonista è la musica, ponte tra culture diverse. Tutto inizia nel 2009 quando la professoressa Slavica Mitic-Paolillo, presidente del Comitato di Nis della “Società Dante Alighieri”, che ha lo scopo di organizzare eventi culturali per la società italiana in Serbia, contatta Marina Valmaggi, presidente del coro riminese Millennium. L’invito è per l’“Editto Musicale”, un festival di musica sacra promosso dalla Chiesa Ortodossa Serba, una delle manifestazioni legate al grande giubileo del 2013 per la 1700° ricorrenza dell’Editto di Milano dell’imperatore Costantino. Il Coro Millennium accetta la proposta, è l’unico coro cattolico presente, ma soprattutto incontra il vescovo ortodosso di Nis Vladika Irinej, oggi Patriarca della Chiesa Ortodossa Serba. Il vescovo esprime tutto il suo entusiasmo nell’incontro, parlando di familiarità con questa musica e di radici comuni del cristianesimo. E tramite lui accadono altri incontri, in particolare quello con il coro serbo di voci bianche Branko e la sua direttrice, la signora Jovana Mikic. La compostezza e la consapevolezza di queste voci bianche conquistano subito il coro italiano. Nasce un’amicizia, il Coro Millennium torna in Serbia nel giugno
Il Coro Millennium incontra il vescovo ortodosso di Nis Vladika Irinej
2011, per l’ultima celebrazione in vista del giubileo del 2013. Dalla Serbia a Rimini L’esperienza è talmente bella che Marina ha un’idea, invitarli a cantare al Meeting: «Sapevo che era un po’ tardi – ha raccontato – ma ci tenevo che tutti vedessero la straordinarietà di questi ragazzi». Grazie ad una fitta rete di rapporti, i ragazzi, di età compresa tra i 6 e i 16 anni, vengono ospitati gratuitamente dalle suore francescane di Sant’Agata Feltria, vicino a Rimini e «per poterci permettere di pagargli il cibo – ha continuato Marina Valmaggi – abbiamo fatto qualche concerto col Coro Millennium raccogliendo le offerte». La settimana al Meeting rimane
memorabile per i ragazzi serbi, ma anche per tutti quelli che li hanno potuti incontrare. «Desidero ringraziarLa di vero cuore – scrive, in seguito, la professoressa Mitic-Paolillo al presidente del Meeting Emilia Guarnieri – per aver inserito nel programma ufficiale del “Meeting” 2011 un concerto del coro di ragazzi serbi che, in visita per la prima volta in Italia, hanno vissuto un’esperienza nuova, che ha sicuramente contribuito alla loro formazione, sia culturale che spirituale». Ma anche un’occasione unica di scambio culturale. «Siamo orgogliosi – ha continuato nella lettera – di aver potuto presentare, in tale maniera, la musica sacra ortodossa, che è parte integrante della cultura del nostro Paese e per il successo di pubblico e di consensi registrato dal concerto del nostro coro. Resterà nella nostra memoria anche la piacevolissima serata trascorsa presso la Parrocchia di San Giuseppe al porto di Rimini, realizzata nel vero spirito di “amicizia tra i popoli” che contraddistingue la manifestazione che organizzate ogni anno a Rimini». Il Meeting vola in Serbia Ma la storia continua al loro rientro a Nis, dove viene dato grande rilievo dai media locali alla tournèe del Coro Branko in Italia. Così, la > MARZO2012
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PRESENTAZIONI
Il Coro Branko al Meeting 2011
direttrice del coro Jovana Mikic, figlia del Rettore del Seminario ortodosso di Nis, esprime il desiderio di invitare alcuni responsabili del Meeting a Nis, per far conoscere la manifestazione nel suo Paese. Dal 1 al 5
giugno il Meeting volerà, dunque, per la prima volta in Serbia: prima a Belgrado, dove sarà presente mons. Stanislav Hocevar, arcivescovo di Belgrado e Presidente della Conferenza Episcopale Cattolica serba.
La seconda tappa sarà a Nis, dove è prevista la presentazione del Meeting e un concerto del Coro Branko, in onore del Meeting. Ancora una volta la realtà ha superato l’immaginazione…
AMICI DEL MEETING IN GIRO PER IL MONDO Vi segnaliamo alcune date, eventi nati da un’amicizia, da Madrid a Dublino, da Londra a Il Cairo. Dal 10 al 17 giugno, in occasione del Congresso Internazionale Eucaristico, che avrà luogo al Royal Dublin Society e al Croke Park di Dublino, verrà esposta la mostra del Meeting 2011 Con gli occhi degli apostoli. Una presenza che travolge la vita, promossa dalla comunità di Comunione e Liberazione di Dublino. Sempre al di là della Manica, agli inizi di giugno, in attesa del primo London Encounter 2013, promosso dalla comunità di Comunione e Liberazione di Londra, sarà proposta in tutto il Paese la versione itinerante della mostra «Cor ad Cor loquitur». La certezza di Newman, coscienza e realtà.
Si è tenuta invece dal 23 al 25 marzo la nona edizione di EncuentroMadrid con il titolo “Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo” presso i padiglioni della Casa de Campo della capitale spagnola. Quest’anno, insieme ai volontari spagnoli, hanno lavorato anche alcuni dipendenti e volontari del Meeting. Infine si è volta il 15 marzo al Cairo la conferenza stampa di presentazione della seconda edizione del Meeting Cairo, dal titolo “La sfida: educazione alla libertà”, prevista dal 2 al 4 novembre 2012. Un resoconto dell’evento è disponibile sul nostro sito.
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ANNIVERSARI
Don Giussani, l’anniversario Chiesta l’apertura della causa di beatificazione e canonizzazione di don Giussani. Al Meeting nel 1985 disse: “Auguro a me e a voi di non stare mai tranquilli, mai più tranquilli” di Matteo Lessi
«
Da ultimo mi consenta, Eminenza, di rendere noto in questa circostanza festosa che, attraverso il postulatore, Le ho presentato la richiesta di apertura della causa di beatificazione e canonizzazione». Queste sono state le parole pronunciate da don Julián Carrón il 22 febbraio al termine della messa celebrata nel duomo di Milano dal cardinale Angelo Scola, nel giorno del settimo anniversario della morte di Don Giussani e del trentesimo del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione. Alla notizia della richiesta d’avvio della causa, un applauso travolgente ha percorso e riempito le navate del Duomo. Ed il cardinale Scola, al termine della Messa, ha offerto ai presenti un suo ricordo di don Giussani: «Venendo questa sera nel nostro
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Archivio diocesi di Milano
Duomo, mi tornavano alla memoria i sorrisi di don Giussani, che certamente adesso ci sta guardando, perché ce n’erano di tanti tipi. Ma ce n’era uno in modo particolare che mi ha sempre colpito negli anni in cui potevo vederlo più frequentemente: era quello che lo caratterizzava quando gli domandavi aiuto faccia a faccia. Un sorriso discreto, non spalancato e gioioso come usava fare spesso negli incontri, nelle riunioni. Un sorriso discreto come un abbraccio. Ma attraversato sempre da un impeto che ti impediva di assecondare la tua “vanitas”. Non ti risparmiava niente don Giussani, ma non ti risparmiava neanche il tuo proprio bene. E questo è l’unico vero modo di amare. Non risparmiarti il tuo proprio bene. E quel sorriso, con le sue parole ovviamente, ti erigeva, non
potevi stare chinato su di te. Era una sorgente di vigilanza e di energia, che vinceva ogni resistenza». «Con il cuore pieno di gioia per questa notizia facciamo nostro ancora oggi l’augurio che ci fece quando intervenne a Rimini nel 1985 di non stare mai tranquilli e di vivere quella sua passione per tutta la realtà che abbiamo imparato da lui e che è una delle caratteristiche più vere anche del Meeting», commenta il presidente Emilia Guarnieri. E in un intervento pubblicato da Il Resto del Carlino (disponibile sul nostro sito) ha aggiunto: «Del Meeting a don Giussani raccontavamo tanto, progetti, cose fatte o da farsi, ma era evidente che ciò che a lui interessava eravamo noi, la verità della nostra esperienza, la nostra unità. Del Meeting credo lo colpisse positivamente, come ebbe a dire, il fatto che era come “una festa per la fede cristiana”, che “grida al mondo la passione umana che è propria della fede”. Oggi, a sette anni dalla sua morte, nella commozione per la notizia della richiesta di aprire il processo di canonizzazione, è ancor più evidente che ciò in cui Giussani mi ha coinvolto è un’esperienza, umana e misteriosa al tempo stesso. Umana perché ha preso la vita, interessi, affetti, lavoro. Misteriosa perché vince i confini del tempo: oggi, nell’appartenenza all’esperienza di CL, quella stessa umanità continua a comunicarsi a me in maniera viva e sempre nuova». MARZO2012
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IN-MOSTRA 2012
Tra desiderio e creatività Un primo sguardo alle mostre della prossima edizione, un viaggio nella creatività e nella storia umana, seguendo il desiderio di infinito dell’uomo. di Erika Elleri
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li uomini e le loro opere, la storia e la creatività umana, per documentare come l’uomo, cosciente del suo desiderio infinito, possa generare esempi e testimonianze per approfondire le circostanze attuali. Storie e approfondimenti per imparare per la prima volta, o ancora una volta, qual è la vera statura umana di ogni persona. Questo il contenuto e la sfida che le mostre di quest’anno porranno ai visitatori del Meeting. Dall’amicizia con la professoressa russa Tat’jana Kasatkina, una delle più grandi esperte al mondo di Dostoevskij, è nata la proposta della mostra “È Cristo che vive in te. Dostoevskij. L’immagine del mondo e dell’uomo: l’icona e il quadro”. La rilettura dei suoi testi ci accompagnerà in un percorso per conoscere lo sguardo dello scrittore russo verso il mondo e il suo metodo creativo che ci permette di cogliere come le icone russe e la pittura sacra occidentale non si escludano a vicenda, ma siano elementi complementari di un’unica cultura cristiana. (Vedi a pag. 21). Un team di professori e studenti universitari sono al lavoro per la mostra “L’Italia per i giovani”, un tema di scottante attualità che riguarda il futuro del nostro Pae18
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se. (Vedi l’articolo a pag. 23). Esempi di uomini, che, a partire dal loro rapporto con l’infinito, hanno contribuito a costruire cattedrali, saranno riportati nella mostra “Ad Usum Fabricae. L’infinito plasma l’opera: la costruzione del Duomo di Milano”. Si partirà dalla cattedrale, poiché è l’edificio più espressivo della natura dell’uomo come rapporto con l’infinito, mettendo in luce il legame con il popolo, documentando, dunque, il legame con chi l’ha costruita, attraverso le cospicue donazioni. Si parlerà, inoltre, del rapporto tra la cattedrale e la città, per dimostrare come il cantiere abbia inciso profondamente sull’economia di Milano. Dall’America Latina arriverà l’esposizione “Liberi per essere protagonisti. Bicentenario dell’indipendenza ispanoamericana”. A tema la storia del popolo ispanoamericano e il suo percorso di indipendenza. Ne emergerà, da un lato, l’autenticità dell’avventura umana, come impeto di un cuore che desidera una novità capace di cambiare il mondo, dall’altro, come l’impatto con la realtà porti ad una forte criticità, svelando il limite del desiderio di libertà, con il rischio di soccombere alla disperazione o al potere. Attraverso le figure dei comandanti del processo di indi-
pendenza e le storie del popolo, una riflessione per capire qual è il vero motore del cambiamento. Di libertà si parlerà anche nella mostra dal titolo “Albania, Atleta Christi. Alle radici della liber-
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tà di un popolo”. Attraverso grandi figure come quella di Giorgio Castriota Scanderbeg – l’athleta Christi che fermò l’avanzata ottomana verso l’Europa –, Madre Teresa di Calcutta o l’opera degli
ordini religiosi cattolici, la mostra racconterà dell’indipendenza albanese, di cui ricorre il centenario, con una riflessione sul presente e sul vuoto identitario che vive il Paese ai giorni nostri.
C’è un valore profondo che accomuna ogni uomo? Basta curare la malattia o è più umano considerare la persona nella sua interezza? Sono le domande a cui risponderà la mostra scientifica di que- > MARZO2012
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IN-MOSTRA 2012 st’anno, dal titolo: “Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi? Genetica e natura umana nello sguardo di Jérôme Lejeune”. A tema la vita e l’opera del fondatore della genetica clinica, il cui processo diocesano per la causa di beatificazione verrà concluso l’11 aprile 2012, presso la cattedrale di Notre Dame di Parigi. Grazie all’appor to della Fondazione Lejeune e di un gruppo di genetisti internazionali, si racconta di Lejeune, dalla sua formazione alle scoperte scientifiche e della sua lotta in favore della vita. La mostra proseguirà con una sezione sugli enormi pro- Un’immagine di Jérôme Lejeune gressi della genetica – spesso utilizzati più per selezionaca dell’infinito”. Ma si conciliano re, che per curare la persona – e sulla domanda se sia possibile che il rock e il desiderio infinito? Lo il nostro destino sia scritto nei scopo della mostra è proprio quelnostri geni. lo di mostrare che, diversamente John Waters e la sua passione per da quanto indicato dalla definiil rock saranno il motore della zione di ‘musica del diavolo’, il mostra “Tre accordi e il desiderio rock è un mezzo che spesso riesce di verità. Rock’n roll come ricer- a trasmettere il senso più fonda-
mentale dell’umano desiderio dall’artista all’ascoltatore, nonostante una cultura e un’industria discografica il più delle volte ostili. Si cercherà di tracciare questo viaggio dalle origini blues e gospel, fino ad arrivare a professionisti quali i Coldplay, gli U2 e i Mumford & Sons, che aderiscono a questo impulso originale senza cercare di attirare l’attenzione su ciò che stanno facendo. Verranno messi in risalto alcuni aspetti caratteristici dell’esperienza del rock: il processo di composizione, l’intensità della prestazione, l’onere della notorietà e il rischio di bruciarsi, quasi fatalmente, per la sproporzione delle energie che sono in gioco. Infine, nelle piazze delle mostre verranno ospitate tre esposizioni dedicate a tre carismi, uomini, che, vivendo fino in fondo il loro rapporto con la realtà e con Dio, hanno generato un popolo: don Didimo Mantiero, don Eugenio Corecco e san Girolamo Emiliani.
DOSTOEVSKIJ: QUALE SGUARDO SULLA REALTÀ? A Firenze un’ottantina di ragazzi italiani e russi si sono incontrati per preparare la mostra dedicata al grande scrittore russo. Insieme a loro l’esperta Tat’jana Kasatkina, curatrice della mostra, che proporrà ai visitatori del Meeting un Dostoevskij mai visto. Guardare in un modo nuovo Dostoevskij. Questo l’obbiettivo della mostra che sarà dedicata al grande scrittore russo. E a questo lavoro hanno partecipato i ragazzi che si sono incontrati a Firenze, dal 12 al 15 gennaio, ad un seminario organizzato grazie al sostegno della ONG Maksora di Novosibirsk. Essi provengono da svariate università italiane, ma anche russe, tra cui citiamo l’Università Statale Lomonosov e l’Università Pedagogica Statale di Mosca, nonché l’Università Statale di Novosibirsk. La principale curatrice della mostra è la professoressa Tat’jana Kasatkina, una dei massimi esperti al mondo di Dostoevskij e una delle poche a considerare lo scrittore non come il “genio della disperazione”, bensì partendo dal dato della speranza, propria di una visione cristiana del mondo: «Io sono categoricamente contraria a questa interpretazione – ha affermato in un’intervista pubblicata sul numero di marzo 2009 di Tracce – il problema è piuttosto l’incapacità del nostro occhio di vedere, di recepire la bellezza autentica, così discreta, “in attesa”, proprio come Cristo. Al contrario, la falsa bellezza è vistosa, aggressiva, si impone con la sua ingombrante presenza e non chiede permesso a nessuno per farsi strada nella nostra anima. Nell’opera di Dostoevskij esistono splendide figure positive, portatrici dell’autentica bellezza, dell’autentica speranza; siamo noi che non riusciamo a coglierle». Nell’opera di
Dostoevskij emerge, come afferma nell’intervista la studiosa russa, una tensione, una promessa di fedeltà: «La sua opera è tutta volta a scoprire il manifestarsi dell’immagine di Dio nell’uomo, un’immagine che parrebbe terribilmente offuscata, alterata, distorta, una sorta di icona annerita e deturpata, ma che tuttavia non viene mai meno del tutto, è indelebile perché si regge su quella promessa di fedeltà: «Continuerò sempre a bussare». Lui resta immutabilmente fedele, e proprio questa è la nostra speranza: la speranza in una Presenza presente qui, ora e sempre, alla nostra porta, in attesa della nostra libertà. Dio è sempre disponibile, noi invece lo siamo raramente». (…) Seduto accanto a lei al tavolo dei relatori, don Stefano Alberto, docente di Introduzione alla Teologia all’Università Cattolica di Milano, ha lanciato la proposta ad un’ottantina di ragazzi russi e italiani - principalmente cattolici occidentali e ortodossi - a partecipare al Meeting da protagonisti: «Voi non verrete al Meeting come ospiti, ma nell’unico modo possibile: da protagonisti. Protagonista non è chi ha successo, è una questione di coscienza. Questo è ciò che state iniziando a vivere dentro un particolare che è la preparazione di questa mostra». Continua a leggere l’articolo sul sito www.meetingrimini.org
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Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale: l’Europa investe nelle zone rurali PSR 2007-2013 Direzione Generale Agricoltura
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REGIONE LOMBARDIA E UNIONE EUROPEA, CON IL PROGRAMMA DI SVILUPPO RURALE, SOSTENGONO L’AGRICOLTURA PER MIGLIORARE LA TUA VITA
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L’Italia per i giovani È il titolo della mostra che affronterà uno dei problemi più drammatici del nostro Paese. E nel frattempo il numero di marzo della rivista Atlantide inizia a trattare la questione: c’è un futuro per i giovani nel nostro paese?
«
L’Italia è un paese per giovani? Vale a dire: il nostro Paese ha qualche chance di uscire dalla crisi senza puntare su politiche di aiuto e sostegno ai giovani, alla loro educazione e al loro inserimento lavorativo?». Questa è la domanda che pone la rivista Atlantide, periodico della Fondazione per la Sussidiarietà, nel primo numero del 2012. Ed il tema è importante perché al prossimo Meeting una mostra sarà proprio dedicata al futuro delle nuove generazioni nel nostro paese. “Oggi il nostro è un Paese per vecchi”, aveva dichiarato Giorgio Vittadini in apertura del Meeting 2011. Inoltre lo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel suo intervento a Rimini, si era rivolto ai giovani dicendo: «Non fatevi condizionare da quel che si è sedimentato in meno di due decenni. Portate, nel tempo dell’incertezza, il vostro anelito di certezza». Il dibattito e gli approfondimenti sono oramai ogni giorno sui media nazionali. Secondo l'Istat, a gennaio 2012 la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 31,1% per i ragazzi tra i 15 e i 24 anni. Mentre aumentano gli under 30 senza impiego, cresce
anche il numero dei cosiddetti Neet (Not in education employment or training). Per approfondire il tema è bene leggere l’articolo di apertura di Atlantide a firma di Giorgio Vittadini, ricco di dati come per esempio gli studi che evidenziano “una relazione fra il tasso di fecondità e il tasso di disoccupazione giovanile” e guarda caso “tale correlazione è più forte nel caso dell’Italia rispetto, ad esempio, a Germania e Francia”. Oppure come l’Ita-
lia sia “tra i primi posti tra i paesi dell ’Ocse per ciò che riguarda la spesa per la scuola primaria e per quella secondaria, mentre tra gli ultimi per ciò che riguarda la spesa per l’università. Fino all’università esclusa, non si spende poco, ma si spende male”. La chiave sono gli investimenti in capitale umano, in particolare la loro qualità; del resto continua Vittadini: «questa è sempre stata la grande forza dell’Italia, un paese senza risorse naturali, ma ricco dell’iniziativa di tanti ‘io’ che indomabilmente hanno sempre cercato di migliorarsi e migliorare le condizioni in cui erano» e quindi «occorre tornare a concepire la spesa per l’istruzione non come una spesa sociale, ma come un investimento» perché «senza la capacità di guardare al domani, non ci sarà sviluppo e benessere né per le nuove generazioni, né per le vecchie generazioni». La mostra metterà sotto i riflettori una parte cruciale della vita personale e sociale, quella in cui si mostra la capacità di un popolo di progettare il futuro, con esempi e esperienze in atto che dicono che è possibile che questo sia un paese per giovani. MARZO2012
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C’è sempre qualcosa da fare La testimonianza di Elvira Parravicini, neonatologa, fondatrice del primo hospice neonatale a New York presso la Columbia University, tra gli ospiti della prossima edizione. di Matteo Lessi
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lvira Parravicini ha 55 anni, è originaria di Monza e medico neonatologo. Da 15 anni è negli Stati Uniti dove (dal 2006 alla Columbia University di New York, fa parte del gruppo di medici che si occupa di diagnosi prenatali), ha istituito qualcosa di unico al mondo: il primo hospice per bambini neonati venuti al mondo troppo prematuri, affetti da sindromi letali o anomalie, che, nel 99 per cento dei casi, ne impediscono la sopravvivenza. Il testo che pubblichiamo è la sua lectio pronunciata in occasione del conferimento del premio Enzo Piccinini a Modena, nell’ottobre del 2011, e proprio ascoltandola in quell’occasione si è deciso di invitarla al Meeting perché raccontasse la sua storia e il suo lavoro. A Modena la dott.ssa Parravicini ha raccontato l ’origine dell ’hospice e della sua equipe, presentando alcuni casi attraverso i quali ha spiegato che cosa significa stare a fianco dei neonati, ai loro fratelli e ai genitori. “Lavorando con piccoli pazienti – ha affermato - fra la vita e la morte, faccio sempre un’esperienza di bellezza, sia che la rianimazione riesca a salvare la vita, sia che mi debba confrontare con l’estremo limite umano che si chiama morte, perché c’è un significato pure lì”. “C’è sempre qualcosa da fare” è il motto di Elvira 24
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anche di fronte al caso più disperato: “la lunghezza della loro vita non può essere prevista con certezza per cui la nostra responsabilità di medici è servire la loro vita, corta o lunga che sia”. Questo ci sembra un esempio chiaro di che cosa voglia dire guardare l’uomo e la sua natura infinita. Qui pubblichiamo la parte finale dell’intervento di Elvira che sarà pubblicato dalla Fondazione Piccini (www.fondazionepiccinini.org). La sua testimonianza sarà uno degli appuntamenti del Meeting 2012.
Il conferimento del premio
Una cosa che ho imparato in trent’anni circa di professione medica è che la realtà è più grande di quello che noi riusciamo ad immaginare o pronosticare. Per cui bisogna porre estrema attenzione ai segni clinici attraverso cui il paziente ci parla: la vita è data, e la vita ha una sua durata, non è fissata dalla persona stessa, dai suoi genitori o famigliari e tantomeno dal medico. Allora, come essere sicuri di servire il corso della vita di un paziente senza accorciare o allungare artificialmente la sua vita? Io penso che sia semplice: prima di tutto bisogna essere leali con la realtà che si ha di fronte, la realtà ci parla, è oggettiva, e ci parla appunto attraverso i segni che il paziente ci dà. Ci è solo richiesta una posizione di attenzione e di affetto per il paziente. La ragione del comfort care risiede dunque nel fatto che, anche quan-
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Un’immagine della Columbia University di New York
do sappiamo che il paziente non può guarire, il nostro trattamento medico e infermieristico può certamente migliorare la qualità della pur breve esistenza di questi neonati, e questo non deve essere sottovalutato, perché ogni nostro paziente, anche se incurabile, è portatore di un valore incondizionato. Noi sappiamo benissimo che anche con tutta la nostra conoscenza medica non possiamo eliminare il dramma di una ingiustizia terribile, cioè che un neonato abbia una vita breve. Però offriamo questo programma di comfort care come un tentativo umile di prenderci carico dei bisogni unici e complessi di questi bimbi e delle loro famiglie. (…) Alla fine comunque tutti questi gesti e attenzioni anche semplici ovviamente non riescono a colmare l’abisso del dramma che la fami-
glia vive. Perché non è con la gentilezza e con tutti questi gesti che si riesce a riempire questo abisso; però è un modo di stare con loro. Noi sappiamo che quando una persona soffre deve avere qualcuno al suo fianco per cui di fatto tutte queste figure girano attorno proprio per stare, stare con la famiglia, con noi e con le infermiere. (…) Alla fine di questo intervento vorrei sottolineare che c’è un aspetto di bellezza nel mio lavoro nell’hospice neonatale. Per me l’apice di questa bellezza è l’esempio che avete sentito prima nel video: stare con quei genitori che avevano avuto le gemelline (si riferisce al caso di due sorelle siamesi, ndr). E di questo mi stupisco ogni volta, perché per noi è una cosa bellissima. Un’altra cosa che mi stupisce tantissimo è che, quando sto con questi genitori, loro sono sempre pie-
ni di gratitudine: questo per me è veramente strano, perché, essendo un medico, io dovrei essere capace di guarire i loro bambini, e allora si che sarebbe meritata la gratitudine. Allora mi chiedo sempre: perché questi genitori mi ringraziano? La risposta mi è arrivata alcuni anni fa dai genitori di una bimba che era stata con noi 8 giorni. Una volta che la bimba era morta avevamo fatto una chiacchierata, e i genitori appunto mi avevano ringraziato "perché la nostra figlia ha avuto una vita molto breve ma molto intensa, piena d’amore da parte nostra, della famiglia, ma anche del vostro personale" e poi mi avevano ringraziato in particolare perché (e questo forse l’avete sentito anche prima nel video) perché l’hospice ha permesso loro di essere madre e padre con il loro bimbo che moriva, cosa altrimenti impossibile umanamente. MARZO2012
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Perchè non odiare? La storia di un medico palestinese musulmano che ha lottato per un rapporto pacifico tra palestinesi e israeliani, nonostante l'uccisione di tre sue figlie e di una nipote da parte di un carro armato israeliano, e che sarà uno dei protagonisti del prossimo Meeting. di Robi Ronza
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ato nel 1955 a Jabalia, il più grande c ampo profughi della Striscia di Gaza, il medico palestinese musulmano Izzeldin Abuelaish è una persona che fa venire alle memoria i giusti dell’Antico Testamento. Izzeldin ha dedicato la propria vita alla costruzione di un rapporto pacifico tra palestinesi e israeliani senza mai lasciarsi prendere dall’odio e senza mai cedere alla tentazione della violenza e della lotta armata; questo malgrado la sequenza continua di umiliazioni e di discriminazioni che segna la vita quotidiana dei profughi palestinesi soggetti in vario modo al controllo militare israeliano, e che nel suo caso, come in quello di tanti altri suoi connazionali, è giunta anche al sangue. Nel Un’immagine di Izzeldin Abuelaish gennaio 2009 infatti alcuni colpi di cannone, tirati forse non per errore da un carro è candidato al Premio Nobel, conarmato israeliano contro la sua casa, tinua a non odiare, confortato anche uccidono tre sue figlie e una nipo- dall’amicizia e dall’aiuto di amici te; e feriscono gravemente un’al- israeliani che sostengono la sua tra figlia, un fratello e un’altra nipo- opera; e Non odierò è appunto il titolo della sua autobiografia, edite. Ciononostante Izzeldin, che nel ta in Italia da Piemme nel 2011, 2011 ha ricevuto il Premio per la la cui lettura può essere un’ottima Pace di Regione Lombardia e che 26
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preparazione all’incontro con lui in programma al prossimo Meeting. Quella che con nostre parole si potrebbe definire la sua vocazione gli si palesa all’età di quindici anni. Durante le vacanze scolastiche estive va a lavorare in Israele presso una famiglia di ebrei sefarditi membri di un “moshav” (villaggio cooperativo) sito nei pressi della città di Ashkelon. Ben accolto e trattato con gentilezza, torna a Gaza portando con sé un buon ricordo di quell’esperienza. Una settimana dopo però Ariel Sharon, allora comandante militare israeliano della Striscia di Gaza, perché i suoi carri armati abbiano più libertà di movimento dentro il campo di Jabalia, ordina che ne vengano allargate le strade. Per questo, con un preavviso di poche ore, fa abbattere centinaia di case, tra cui quella della famiglia Abuelaish. Riflettendo sul drammatico contrasto tra queste esperienze, il giovane Ezzeldin comincia a convincersi che lo scontro tra palestinesi e israeliani ha una sola possibile via d’uscita: lo sviluppo di relazioni dirette e di
TESTIMONIANZE comprensione reciproca tra palestinesi e israeliani di buona volontà. Su tale obiettivo sintonizza per così dire tutta la propria vita: apprende a parlare correntemente l’ebraico (fatto rarissimo tra i palestinesi) e, divenuto medico ginecologo, nel 1995 ottiene di lavorare, caso unico nel suo genere, non solo a Gaza ma anche in un ospedale israeliano. Passa per questo quasi ogni giorno la frontiera fra la Striscia e Israele dovendo fare i conti con le umiliazioni e le angherie che i frontalieri palestinesi, che lavorano in Israele, molto spesso devono subire. Trascorrono poi anni in cui, superando difficoltà e disagi di ogni genere, diviene sia un medico esperto che una persona nota e stimata
anche in Israele. Nella prefazione a Non odierò un suo vecchio amico israeliano, Marek Glezerman, direttore della clinica ginecologica e vicedirettore del Rabin Medical Centre, scrive di lui: «Izzeldin avrebbe tutte le ragioni di essere frustrato, scontento e offeso per la situazione nella quale vive, eppure non lo è. Nonostante tutto quello che ha passato, la sua fede nella coesistenza e nel processo di pace tra palestinesi ed ebrei resta intatta (…) La sua visione della coesistenza è profonda, forte, coerente; non è stata scalfita neppure da una tragedia così grande alla quale è difficile immaginare che qualcuno possa sopravvivere. Eppure lui continua ad andare avanti».
La copertina del libro
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CONCORSI
Ciak! Si gira l’uomo e la vita
Visual Art di New York, una borsa di studio di un anno presso l’Accademia di Cinema e televisione di Cinecittà a Roma e un premio del valore di 1000 euro. A inizio giugno i corti selezionati per la proiezione finale saranno mostrati in anteprima in due importanti preArriva alla quinta edizione il Meeting Rimini Film Festival. view, a New York e a Roma. Nuovi premi e una giuria di prestigio. Iscrizioni aperte fino al 4 maggio. (Vedi: www.meetingrimini.org). Dal lontano 2008 se n’è fatta di stradi Erika Elleri da, tanti i prodotti video inviati ed una fitta rete di rapporti con professionisti del mondo del cinema. Per citarmi il cinema e hai un corto contenuti. Molti altri eventi simili, inne solo alcuni, ricordiamo Pupi Avanel cassetto? Questo è lo slovece, alla storia prediligono la ricerti, Gigio Alberti, Krzysztof Zanussi gan del Meeting Rimini Film ca formale ed estetica». E, come ha afe Niccolò Bongiorno. Una storia, Festival, giunto ormai alla sua quinfermato Zanussi, dai lavori del 2011 quella del concorso, iniziata da un incontro a New York nel 2007, in preta edizione. «Solo se abbiamo vissusono emersi due elementi: «il valore parazione dello spettacolo di Giovanna to qualcosa possiamo raccontarlo», della vita e la responsabilità dell’artiD’Arco di Dreyer. In quell’occasione, aveva affermato il regista Krzysztof sta di fronte allo spettatore». il responsabile degli Spettacoli del Zanussi, presidente della giuria del Ma qual è la proposta di quest’anno? Meeting, Otello Cenci ha condiviso concorso nel 2011. Ed è proprio da Raccontare dell’uomo impegnato con la vita quotidiana, facendone emergere con Salvatore Petrosino, Gene Stavis questa presa di coscienza che il conle sue varie sfaccettature: aspetti seri, e Simonetta D’Italia della School of Vicorso di cortometraggi continua il suo ironici, drammatici, appassionati ed sual Art la sua idea di documentare percorso e si propone agli appassioenigmatici. Il cortometraggio, della tutti quei rapporti internazionali che nati di cinema di tutto il mondo. Una proposta diversa dalle altre, come ha durata massima di 10 minuti, va presi incontrano al Meeting e di affronsottolineato il vincitore della scorsa sentato entro il 4 maggio, in palio per tare il mondo dei cortometraggi con edizione Francesco Filippi: «Del Feil vincitore Meeting un soggiorno studei partner esperti. Poi, dal 2010 la stival mi ha colpito l’attenzione per i dio di 10 settimane presso la School of svolta internazionale, con registi di prestigio. Anche quest’anno il concorso, organizzato dal Meeting, in collaborazione con la School of Visual Art di New York, il mensile Best Movie, Radio Cinema, ACT Multimedia e Made Officina Creativa, prevede una giuria di grande prestigio: il giornalista Andrea Piersanti, l’attore Pietro Sarubbi, il giornalista cinematografico Beppe Musicco, la giornalista Pina Traini, il direttore della Facoltà di “Film Animazione e Produzione” alla School of Visual Art di New York Salvatore Petrosino, il direttore di Radio Cinema Alessandro Casanova, il presidente della Scuola di Cinema ACT Multimedia Vittorio Gacci e il docente di semiotica ed etica della comunicazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Armando Fumagalli.
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AMICI
Julien Ries cardinale Il 18 febbraio per mano di Benedetto XVI il grande antropologo a novantadue anni ha ricevuto la porpora cardinalizia. Una vita spesa a documentare storicamente che la natura dell’uomo è religiosa. di Matteo Lessi
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er il Meeting Julien Ries è stato più che un ospite o un relatore. E la notizia della sua creazione a cardinale, avvenuta nel concistoro del 18 febbraio, è stata una sorpresa, anche per lui come ha dichiarato in varie interviste. Nel suo ultimo intervento al Meeting, nel 2004, Ries , considerato uno dei massimi antropologi viventi, delineò una storia sacra dell’umanità, mostrando come il senso religioso appartenga alla natura stessa di ogni uomo e che questo non è solo una certezza soggettiva, ma una verità attestata dalla storia. La casa
Julien Ries al Meeting 2004
editrice Jaka Book, con cui Ries ha lavorato e collaborato per anni, ha iniziato da qualche anno la pubblicazione dell’Opera Omnia. È nel 1982 che inizia la storia del rapporto di amicizia fra il Meeting e l’erede culturale di Mircea Eliade: sacerdote cattolico nella diocesi di Namur, storico delle religioni ed antropologo del sacro di fama internazionale, docente per tre decenni all’Università cattolica di Nuova-Lovanio in Belgio e fondatore del Centre d'Historie des Religions da lui presieduto. E la sua presenza assidua da quell’anno, con in-
terventi, mostre, ha contribuito a fare diventare la nostra manifestazione un momento culturale di alto livello. La sua amicizia, la sua fede, la sua statura umana e culturale sono stati un fattore che ci ha aiutato ad approfondire e comprendere la vera natura culturale e missionaria del Meeting. In un’intervista a Tempi nel 2009 alla domanda sulla condizione del cristianesimo in Europa disse: «Vedo un segno di ottimismo nei giovani: ho passato una vita intera in mezzo a loro, ho conosciuto la crisi del ’68, che è stata veramente la perversione dei valori. (…) Sono stato invitato al Meeting di Rimini per la prima volta nel 1982 da don Luigi Giussani. Era l’anno in cui arrivò anche Giovanni Paolo II. Mi era stato chiesto di fare una relazione di introduzione al sacro, insieme ad Angelo Scola, oggi patriarca di Venezia. Ho spiegato la mia concezione del sacro e ho trovato un uditorio di duemila persone, per lo più giovani, tutti attentissimi. Poi, per tutta la settimana del Meeting, gruppi di ragazzi e ragazze, 200-300 alla volta, mi hanno chiesto di continuare a parlare loro di questo argomento. Ho potuto vedere con i miei occhi che c’era una nuova generazione di giovani dopo il ’68». Disse lo storico belga al Meeting nel 1997: «Ogni ricerca storica e psicologica effettuata sul comportamento degli esseri umani mostra la presenza nella vita e nell’esperienza umana di un bisogno di trascendenza. Una vita che non si lega in qualche modo all’Assoluto va alla deriva». Julien Ries ha dato grande testimonianza e un contributo inestimabile con i suoi studi, in una società segnata dal materialismo e dalla concezione di un uomo slegato dal divino, documentando storicamente l’identità religiosa dell’uomo, la sua consistenza in un rapporto trascendente con qualcosa d’altro, l’infinito, il mistero o il divino. Un tema strettamente legato al titolo del Meeting di quest’anno, dove speriamo di poterlo ascoltare ancora una volta. MARZO2012
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BREVI
5x1000 al Meeting I nostri testimonial sono i 4000 volontari che, ogni anno, rendono possibile il Meeting.
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nche quest’anno puoi devolvere il tuo 5x1000 alla Fondazione Meeting per l’Amicizia fra i Popoli, uno dei modi più semplici per condividere con noi questa esperienza. Per farlo è sufficiente porre la propria firma e scrivere nell’apposito riquadro della dichiarazione dei redditi il codice fiscale del Meeting 01254380403. Sul nostro sito sono disponibili alla pagina www.meetingrimini.org/5x1000 alcuni strumenti per invitare amici e colleghi a farlo. Cos’è il 5x1000? Viene comunemente detta “5x1000” la norma che permette alle persone fisiche contribuenti di destinare una parte delle imposte sul reddito (IRPEF) a favore di organizzazioni non profit. Se non si indica nulla questa quota delle mie imposte viene incassata direttamente dallo Stato. Le modalità di compilazione Per destinare il 5x1000 al Meeting, tramite Cud 2012, Modello Unico, Modello Unico PF Mini o tramite Modello 730 è sufficiente firmare col proprio nome sotto la dicitura “Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni riconosciute” e indicare nell’apposito spazio il codice fiscale del Meeting (01254380403). Modalità d’invio e scadenze Modello Unico, Modello Unico PF Mini e Modello 730: da presentare al Caaf o ad un professionista abilitato, entro il 31 maggio 2012. 30
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Cud 2012: la sezione del modulo va inserita in una busta da consegnare in banca, in posta o al Caaf. Va compilata con nome, cognome, codice fiscale del Meeting 01254380403 e la dicitura “Scelta per la destinazione del 5 per mille – anno 2012”. Se
si firma anche per l’8 per mille, si può utilizzare una sola busta per consegnare entrambi i moduli. In questo caso, la dicitura deve essere: “Scelta per la destinazione dell’8 e 5 per mille – anno 2012”. Entro il 31 luglio 2012
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