eeting m Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma DCB Rimini valida dal 01/06/98” - € 1,00
NOTIZIARIO
R I V I S TA D E L L A F O N D A Z I O N E M E E T I N G P E R L ’ A M I C I Z I A F R A I P O P O L I
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ANNO XXXI
MARZO 2011
SONO I VOSTRI SOGNI A DARCI ENERGIA.
ENERGIA PER FAR MUOVERE IL MONDO A EMISSIONI ZERO. Realizzare. È questa la parola che ha sempre guidato la nostra energia: realizzare i progetti che nascono dalle vostre aspirazioni. Così siamo partiti dal sogno di muoversi a emissioni zero e a costi contenuti, e abbiamo realizzato le prime stazioni di ricarica pubbliche e domestiche per veicoli elettrici, che renderanno le nostre città più vivibili. Innovando, abbiamo reso possibile un benessere più sostenibile p e r c h é abbiam o sem pre c reduto i n un’ energ ia in a rre sta b ile . C o me i vo stri so g n i.
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EDITORIALE
Innanzitutto Certi di noi stessi Ne La Controvita uno dei personaggi dello scrittore americano Philip Roth dice: «Tutto ciò che posso dirti con certezza è che io, per esempio, non ho un io, e che non voglio e non posso assoggettarmi alla buffonata dell’io. Quella che ho al posto dell’io è una varietà di interpretazioni in cui posso produrmi, e non solo di me stesso: un’intera troupe di attori che ho interiorizzato, una compagnia stabile alla quale posso rivolgermi quando ho bisogno di un io. Ma sicuramente non possiedo un io indipendente dai miei ingannevoli tentativi artistici di averne uno. E non lo vorrei. Sono un teatro e nient’altro che un teatro». L’ultimo approdo dell’incertezza è dubitare di se stessi. Teatro, solo teatro. Ed invece è il SI PUÒ ARRIVARE contrario, è qui il primo abbrivo della provoFINO A DUBITARE DELL’IO. cazione che il Meeting vuole lanciare quest’anno. Perché parlare di certezza, non vuol LA PRIMA CERTEZZA INVECE dire saper prevedere il futuro. Sarà sempre così, È CHE SIAMO DI QUALCUNO. non sapremo che cosa accadrà; i recenti fatti È LA PRIMA PERCEZIONE accaduti nel mondo arabo o in Giappone documentano, ancora una volta, inesorabilmente, DELLA VITA. questo. La prima certezza è che siamo di qualcuno. Questa è la provocazione. Come scrive la scheda riguardo al tema di quest’anno, che troverete nelle prossime pagine: «Inizialmente noi siamo certi di noi stessi, perché ci viene incontro il volto di nostra madre e ci viene offerto il suo seno. È la prima percezione del vivere, che resta poi come una costante, anche se nascosta o soffocata. Prima di ogni incertezza c’è una certezza: essa è un dato, un incontro, un invito». “Tutto ciò di cui avete bisogno è proprio la curiosità di cui siete colmi!”. Cosi Wael Farouq, vicepresidente del Meeting Cairo e docente al Cairo, rispondeva a coloro che gli chiedevano che cosa servisse per partecipare al Meeting in Egitto. Lo ha raccontato a Rimini e a Roma, a fine marzo e potete leggere gran parte del suo intervento nelle prossime pagine e sul sito del Meeting. L’edizione 2011 si avvicina: il 19 maggio ci sarà, per la priva volta nella sua storia, la presentazione all’Onu, a giugno quelle ormai tradizionali a Roma e a San Marino. Inizia un cammino per scoprire di che cosa si può essere certi nella vita.
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SOMMARIO
w w w . m e e t i n g r i m i n i . o r g «...UNA CIVILTÀ CHE NASCA DALLA VERITÀ E DALL’AMORE. LA CIVILTÀ DELL’AMORE! PER NON AGONIZZARE, PER NON SPEGNERSI NELL’EGOISMO SFRENATO, NELL’INSENSIBILITÀ CIECA AL DOLORE DEGLI ALTRI. FRATELLI E SORELLE, COSTRUITE SENZA STANCARVI MAI QUESTA CIVILTÀ! È LA CONSEGNA CHE OGGI VI LASCIO. LAVORATE PER QUESTO, PREGATE PER QUESTO, SOFFRITE PER QUESTO!». (GIOVANNI PAOLO II – MEETING DI RIMINI 29 AGOSTO 1982)
EDITORIALE
Innanzitutto certi di noi stessi
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SPUNTI SUL TEMA
In copertina: Il manifesto dell’edizione 2011
Una certezza di vita
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MOSTRE
Uno sguardo tra passato e presente
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di Erika Elleri
FOTOREPORTAGE
29 AGOSTO 1982 Giovanni Paolo II A Rimini
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TESTIMONIANZE
Dal senso religioso a piazza Tahrir 18
di Wael Farouq
BREVI
meeting
Testimonianze sul Meeting Cairo La libertà religiosa a Seregno
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Anno XXXI - N. 1, Marzo 2011 Questo numero è stato chiuso il 30/03/2011 Proprietario/Editore: Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli Autorizzazione del Tribunale di Rimini n. 2008 del 2/11/82 DIRETTORE RESPONSABILE: Alver Metalli COORDINAMENTO REDAZIONALE: Matteo Lessi REDAZIONE: Erika Elleri, Vanni Casadei, Filomena Armentano, Piergiorgio Gattei, Walter Gatti, Rosanna Menghi FOTO: Roberto Masi, Angelo Tosi PROGETTO GRAFICO: Davide Cestari, Lucia Crimi VIDEOIMPAGINAZIONE: IMMpAGINA - Rimini STAMPA: Pazzini - Villa Verucchio - Rimini REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: Via Flaminia, 18-20 - C.P. 1106 - 47923 Rimini Tel 0541/78.31.00 Telefax 0541/78.64.22. email - meeting@meetingrimini.org www.meetingrimini.org PUBBLICITÀ: Evidentia Communication (società a direzione e coordinamento di Fondazione Meeting): Tel 0541/18.32.501 Fax 0541/78.64.22
PRESENTAZIONI
È accaduto a Dublino
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di Erika Elleri
Nella grande mela una nuova cultura
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di Erika Elleri
WEB
Il sito del Meeting cambia volto
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Vivere sicuri non è solo un desiderio. È un diritto.
Noi di Finmeccanica crediamo che vivere liberi da ogni pericolo sia un diritto di tutti. Ecco perché oltre 75.000 persone del nostro Gruppo lavorano ogni giorno in tutto il mondo per realizzare i migliori sistemi di sicurezza. Grazie ad una filosofia improntata a partnership durature e un’incessante ricerca nell’alta tecnologia, progettiamo e costruiamo aerei, elicotteri e sistemi integrati capaci di proteggere le reti di trasporto, le infrastrutture, i confini nazionali terrestri e marini e la vita di tutti i giorni. Che tu sia un pilota o un passeggero, un militare o un civile, la tua sicurezza è il nostro obiettivo. Perché oggi un mondo più sicuro è possibile.
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SPUNTI SUL TEMA
Una certezza di vita Alcuni spunti sul tema che il Meeting proporrà quest’anno a partire dall’esperienza in atto di persone che non si accontentano di concepire la propria esistenza come destinata al nulla l ’esistenza diventa una immensa certezza è il titolo scelto per la XXXII edizione del Meeting. Esso parte da una constatazione, semplice e al tempo stesso drammatica: nella mentalità più diffusa ai nostri giorni, nella coscienza con cui ciascuno di noi affronta le sfide e le fatiche del vivere, sembra che non sia più possibile alcuna vera certezza. È qui, al fondo di noi stessi, che si rivela la radice nascosta delle tante “crisi” del nostro tempo: esse non segnano soltanto la messa in discussione o la perdita di certezze che si credevano acquisite – nella politica come
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nell’economia, nelle scienze come nell’etica, nella cultura come nella convivenza sociale – come è spesso successo in altre epoche storiche. Quello che è in gioco oggi, nell’epoca attraversata dalla grande ombra del nichilismo, è qualcosa di più radicale, e quindi più radicale è la sfida che essa ci pone: gli uomini non sarebbero più capaci di certezza, anzi ogni certezza sarebbe una nostra costruzione e alla fine nient’altro che una grande illusione. Quando pensiamo al senso della nostra esistenza non siamo forse tutti tentati, come figli del nostro tempo, di ritenere che la nostra origine
e la nostra destinazione siano in balìa della sorte e che, in definitiva, nulla possiamo rispetto alle forze incontrollabili di un fato cieco e di un’insensata casualità? Eppure gran parte del pensiero “moderno”, per il quale l’uomo è l’unico, vero artefice del proprio destino, senza bisogno di riferirsi ad un senso più grande di sé, aveva preteso di fornire una strategia “scientifica” e “politica” che dominasse l’incertezza del vivere, il rischio mortale della solitudine e dell’insensatezza, fonte di risentimento e di violenza. Le uniche certezze di cui ancora disponiamo – così si pensa – sono >
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SPUNTI SUL TEMA quelle prodotte dal controllo tecnologico del mondo. Tutto il resto, valori ed emozioni, sentimenti ed opinioni, appartiene al gioco del relativismo. Eppure noi ci accorgiamo sempre più che la realtà, sia a livello naturale che sociale, è molto meno controllabile di quanto si creda e soprattutto scopriamo che l’esistenza dell’io è sempre più indebolita nelle sue ragioni. «A farci sentire un’incertezza più orrenda e devastante che in passato», ha scritto il sociologo Zygmunt Bauman, è la percezione che «la nostra impotenza sia incurabile». Tutta la partita dell’esistenza si gioca qui, nella certezza o nell’incertezza riguardo al motivo per cui ciascuno di noi è al mondo. Il Meeting proverà a raccogliere questa sfida del nostro tempo, riaprendo una partita da molti dichiarata ormai chiusa. E lo farà, come è suo stile, non in virtù di una più scaltra analisi culturale e politica, ma a partire dall’esperienza in atto di persone che non si accontentano di concepire la propria esistenza come destinata al nulla. Uomi-
ni e donne che non censurano il peso dell’incertezza né si sottraggono al lavoro che essa esige, ma che la vivono come il segno evidente che non siamo i padroni di noi stessi, ma siamo in rapporto con qualcosa di Altro, che continua a sopraggiungere nella nostra vita. Prima di ogni calcolo sulle nostre capacità o incapacità, la percezione di fondo del nostro io è quella di una certezza. E non una sicurezza a buon mercato o una garanzia a nostra disposizione, ma una certezza di appartenenza: siamo di qualcuno. Inizialmente noi siamo certi di noi stessi, perché ci viene incontro il volto di nostra madre e ci viene offerto il suo seno. È la prima percezione del vivere, che resta poi come una costante, anche se nascosta o soffocata. Prima di ogni incertezza c’è una certezza: essa è un dato, un incontro, un invito. Il Meeting cercherà di raccontare e testimoniare questo lavoro dell’io che riparte dall’evidenza di un incontro, di tutti quegli incontri in cui si rende presente in carne ed ossa il significato per cui vale la
pena vivere, amare, costruire e anche soffrire. La certezza che cerchiamo non è un’ideologia o una strategia o una convinzione psicologica, ma è quella che ci fa riconoscere ciò che già “siamo”. Non tanto che le cose andranno a posto come pensiamo noi, ma che noi stessi siamo in rapporto con Chi ci fa continuamente. Per questo l’esistenza, come dice il titolo del Meeting, diventa una certezza: non si tratta infatti di sapere in anticipo quello che accadrà a noi e nel mondo, ma di essere disponibili a farci provocare da ciò che accade, cioè a chiederne il senso e a riconoscerne la ragione. E la certezza è immensa proprio perché non è un nostro prodotto, ma la scoperta di ciò che ci raggiunge e chiede ogni volta di noi. Questa certezza non potrebbe esistere senza la nostra libertà. E in fondo anche il Meeting è un modo per prendere sul serio l’invito che ci proviene ogni giorno dagli avvenimenti e dagli incontri che accadono: l’invito a rispondere con tutta la nostra attesa, mettendo sempre in gioco la nostra inquietudine.
DOCUMENTI: BAUMAN E LA SOCIETÀ DELLʼINCERTEZZA Pubblichiamo un estratto di un emblematico articolo del sociologo Bauman in cui descrive l’incertezza del mondo moderno. «...si noti che nella nostra epoca liquido-moderna ci sono infinite ragioni, più che cinquant’anni fa, per sentirsi incerti e insicuri. Dico “sentirsi”, perché il volume delle incertezze non è aumentato: lo hanno fatto invece volume e intensità delle nostre preoccupazioni e ansie, e ciò è accaduto perché le lacune tra i nostri mezzi per agire efficacemente e la grandiosità dei compiti che ci troviamo di fronte e siamo obbligati a gestire sono divenute più evidenti, più ovvie e in verità più minacciose e spaventose rispetto a quelle di cui hanno fatto esperienza i nostri padri e i nostri nonni. A farci sentire un’incertezza più orrenda e devastante che in passato sono la novità nella percezione della nostra impotenza e i nuovi sospetti che essa sia incurabile. (...). Man mano che il potere di agire in modo efficace gli è scivolato via dalle dita, gli Stati, indeboliti, sono stati costretti ad arrendersi alle pressioni dei poteri globali e ad “appaltare” alla cura e alla responsabilità degli individui un numero crescente di funzioni in precedenza loro erogate. Come ha mostrato Ulrich Beck, oggi ci si aspetta che siano donne e uomini singolarmente a cercare e trovare risposte in-
dividuali a problemi creati socialmente, ad agire su di essi utilizzando le loro risorse individuali e ad assumersi la responsabilità delle loro scelte, nonché del successo o insuccesso delle loro azioni. In altri termini, oggi siamo tutti “individui per decreto”, cui si ordina, presuppondendo che ne siamo capaci, di progettare le nostre vite e di mobilitare tutto ciò che serve per perseguire e realizzare i nostri obiettivi di vita. Per la maggior parte di noi, tuttavia, questa apparente “acquisizione di capacità” è in tutto o quanto meno in parte una finzione. La maggior parte di noi non possiede le risorse necessarie per innalzarsi dalla condizione di “individui per decreto” al rango di “individui di fatto”. Ci mancano la conoscenza necessaria e la potenza richiesta. La nostra ignoranza e la nostra impotenza nel trovare e attuare soluzioni individuali a problemi socialmente prodotti hanno come esito la perdita di autostima, vergogna per essere inadeguati di fronte al compito e umiliazione. Tutto ciò concorre all’esperienza di un continuo e incurabile stato di incertezza, cioè l’incapacità di assumere il controllo della propria vita, venendo così condannati a una condizione non diversa da quella del plancton, battuto da onde di origine, ritmo, direzione e intensità sconosciuti». (La Repubblica, 16 settembre 2010)
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MOSTRE
Uno sguardo tra passato e presente Le nove mostre per il Meeting 2011. Vi raccontiamo le domande e le provocazioni che le hanno generate di Erika Elleri
a un senso guardare al passato? Si, se ha qualcosa da dirci riguardo al presente, riguardo alla vita. Ognuna delle nove mostre, che sono in costruzione in questi mesi, ha un tesoro, un spunto, una chiave di lettura che riguarda l’oggi. E quello che vi proponiamo è un piccolo viaggio attraverso i temi e le figure che saranno raccontate nelle esposizioni del Meeting 2011, attraverso le provocazioni che lanceranno. Giuristi, storici, esperti e un team di studenti universitari sono al lavoro da mesi per una delle mostre che sicuramente farà parlare di sé. Il tema sarà “150 anni di sussidiarietà”, per documentare, in questo anno di celebrazioni dell’unità d’Italia, la ricchezza della storia italiana fatta di opere e iniziative sociali, frutto di un’energia costruttiva, di inventiva e solidarietà. Una prima parte racconterà l’operatività sociale sussidiaria promossa dalle grandi tradizioni del nostro paese, cattolica, socialista e liberale, attraverso quattro grandi periodi: dall’Unità d’Italia alla Prima Guerra Mondiale, dal primo dopoguerra al periodo fascista, fino all’ultima Guerra Mondiale, la Costituzione ed infine, la ricostruzione e il boom economico. Mentre nella seconda parte si troveranno spun-
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ti di riflessione sul particolare momento di stallo del nostro paese: basta riprendere il valore dello stato e della costituzione? Oppure occorre forse scommettere sul desiderio e la capacità di ogni singola persona di costruire il bene comune, perché è il desiderio che rende realisti ed è suggerimento continuo di nuove intuizioni, prospettive, domande, in un momento in cui le risorse materiali scarseggiano? Tuttavia percorrendo la storia a ritroso, ancora più indietro, andando fino agli anni prima di Cristo, è possibile rintracciare un’analoga crisi che ha da dire molto agli uomini di oggi. Il profeta Ezechiele, giovane venticinquenne in esilio con il popolo di Israele, che ha deciso di disprezzare chi l’ha soccorso e si affida agli idoli stranieri, rifiuta la dipendenza, sperpera la ricchezza e si affida all’astuzia politica. Ezechiele è colui che annuncia le cause di questo, ma indica la strada di uscita. Come lui stesso ha detto: “Non domandare come mai i tempi antichi erano migliori del presente. Poiché una tale domanda non è ispirata da saggezza”. E qual’è la strada che indica Ezechiele? L’inscindibile binomio io e comunità, la bontà e la bellezza della creazione, la fedeltà a Dio. Un Dio che ha deciso di
farsi uomo è la certezza che permette al popolo cristiano di attraversare ogni crisi con la letizia creativa. Da prima di Cristo a dopo Cristo. Ha scritto Benedetto XVI nell’introduzione al secondo volume su Gesù: «Di fatto, l’annuncio apostolico col suo entusiasmo e con la sua audacia è impensabile senza un contatto reale dei testimoni con il fenomeno totalmente nuo-
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Un’immagine del Lago di Tiberiade
vo ed inaspettato che li toccava dall’esterno e consisteva nel manifestarsi e nel parlare del Cristo risorto. Solo un avvenimento reale di una qualità radicalmente nuova era in grado di rendere possibile l’annuncio apostolico, che non è spiegabile con speculazioni o esperienze interiori, mistiche». E proprio questo, la vita degli apostoli, dopo la resurrezione di Gesù, racconterà una mostra che si avvar-
rà delle fondamentali conoscenze scaturite dagli scavi archeologici realizzati nell’ultimo secolo dai padri Francescani della Custodia di Terra Santa e dallo studio esegetico dei Vangeli. Una mostra che vuole aiutare a vincere il dubbio sul cristianesimo, sul fatto se sia accaduto realmente o meno e guardare il percorso di certezza che anche gli apostoli fecero rispetto a Cristo e come questo sconvolse
la vita di Cafarnao; le scoperte archeologiche mostreranno come la vita nella città continui a rimanere diversa e segnata da Gesù anche dopo la sua morte. Due grandi figure, che saranno raccontate in due mostre, documenteranno come il cristianesimo sia un fatto che continua nel tempo proponendo agli uomini di tutto il mondo la certezza più grande. La prima quella del beato > MARZO2011
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m o s t r e
Le mostre del Meeting nella tua cittĂ
Per informazioni e prenotazioni: Tel. 0541 - 728565 Fax o541 - 765206 info@meetingmostre.com www.meetingmostre.com Per la realizzazione delle mostre 2010 si ringrazia
MOSTRE John Newman, indicato da Benedetto XVI come persona a cui guardare, soprattutto per la sua modernità, un uomo che documenta come la fede non sia qualcosa di intimistico e spirituale, ma come sia radicata nel reale e cambi i criteri con cui l’uomo si rapporta con il mondo. Da qui anche la sua instancabile battaglia contro il dualismo tra le ‘cose’ e le ‘parole’. La seconda sarà l’immensa figura di San Carlo Borromeo. A quattro secoli dalla canonizzazione, verrà raccontata la personalità di un uomo immerso nell’agone di una società attraversata dal bisogno di ritrovare le sue certezze e il suo destino autentico, un coraggio e una baldanza ardente, sfida che interpella gli uomini moderni. Una mostra per conoscere la forza di uno spirito capace di vincere la pigrizia delle consuetudini e la stanchezza delle comodità acquisite. Un uomo che ha riconosciuto Cristo come centro della sua intelligenza e del suo cuore. È un tempo, il nostro, segnato dai grandi dibattiti scientifici. E su questo sarà incentrata una mostra dedicata all’esperienza del diventare certi nel lavoro scientifico. Tutta la storia della scienza ci mostra come l’uomo sia capace di raggiungere punti di certezza. Nel tempo l’accumularsi di nuove scoperte costruisce una rete sempre più ricca e articolata che arriva a evidenze talmente solide e stabili da diventare irragionevole il dubitarne. Chi dubiterebbe oggi dell’esistenza dell’atomo? Questa scoperta, con le sue tappe principali, sarà la storia attraverso cui verrà raccontata la dinamica della certezza di una scoperta che non è il possesso definitivo della realtà, ma un’apertura e un’obbedienza a ciò che la realtà ha ancora da svelare. Che cosa significa raggiungere una “certezza” in ambito scientifico? Esistono, nel percorso della ricer-
ca, risultati che diventano punti di non-ritorno? La certezza è contenuta nella combinazione di osservazioni e misure, oppure c’è un “salto” tra l’insieme dei dati e il diventare certi di qualche cosa? Di che cosa si diventa certi: del dato osservato o di una più ampia realtà che il dato indica? Quanto conta, nel cammino verso la certezza, il metodo con cui si interroga la realtà? Queste sono alcune delle domande a cui cercherà di rispondere la mostra. La realtà e la vita sono i temi, che seppur con taglio diverso, saranno al centro di due mostre. Se la vita è un dialogo con Dio, tutto ciò che accade è il segno di una positività e di una bellezza. Per aver vissuto questo, Pasternak è il simbolo per intere generazioni in Russia. Basti dire che al suo funerale, nel maggio 1960, a portare il feretro saranno giovani scrittori e Ol’ga Sedakova, una delle voci più suggestive della poesia russa dei nostri giorni che definisce gli scritti di Pasternak “lettere apostoliche” per lei e per la sua generazione. Emblematica è la risposta di Boris Pasternak a Leonid Bernstein, direttore d’orchestra della Filarmonica di New York, pubblicamente insultato dal ministro della cultura sovietico e sdegnato da questo comportamento: «Ma che dice? Che cosa c’entrano qui i ministri? Che importanza vuole che abbia! L’artista dialoga con Dio, e Questi gli offre svariati soggetti perché abbia di che scrivere. Può essere una commedia o una farsa, come nel suo caso. O anche una tragedia. Ma tutto è materiale che l’artista può impiegare nel suo lavoro». Tre personaggi emblematici per Pasternak, Amleto, Faust (ai quali lavorò a lungo come traduttore) e Živago, racconteranno come il celebre autore russo ha guardato la vita.
La vita, questa volta raccontata dall’arte, sarà il tema della mostra artistica di quest’anno. In un episodio della Divina Commedia Dante incontra una serie d’immagini scolpite nel marmo dalla mano di Dio. La loro caratteristica più impressionante è quella di essere così realistiche da sembrare vive. Dante, all’inizio del Trecento, mostra di essere consapevole di un fondamentale rinnovamento dell’arte europea che si realizza tra i secoli XII e XIII, all’insegna della riscoperta del naturalismo, inteso come volontà di rappresentare l’uomo, gli esseri animati e le cose così come appaiono nella loro presenza individuale. La riscoperta del singolo e irripetibile valore della realtà fisica divenne pertanto una sfida entusiasmante per gli artisti del Trecento, chiamati a scuotere e rinnovare l’intera tradizione dell’arte medievale. Il percorso della mostra si rivelerà un affascinante viaggio verso l’arte della realtà al tempo del divin poeta. La bellezza sarà al centro anche del ciclo di affreschi del Pellegrinajo a Siena, nati per fissare per sempre origine e scopo dell’ospedale di Santa Maria della Scala, ed esposti sulle due pareti della vasta aula d’ingresso della struttura. Quello di Siena è uno dei più antichi ospedali d’Europa, fondato nell’XI secolo dal ciabattino Sorore per accogliere i pellegrini sulla via Francigena e dedicato alla cura degli infermi, all’accoglienza dei poveri, all’ospitalità e all’educazione dei bambini abbandonati. Divenne presto il luogo in cui il popolo di Siena (compresa Santa Caterina) espresse la propria carità attraverso il servizio volontario e le offerte. Gli affreschi documentano l’urgenza, sempre presente in un’opera nata con una forte impronta ideale, di ridire a se stessa e al mondo la propria origine e responsabilità. MARZO2011
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29 Agosto 1982: Giov Per Rimini e per il Meeting la visita di Giovanni Paolo II è una giornata storica. Oltre 500 mila persone furono presenti a Rimini per seguire il Santo Padre. E poi la visita al Meeting, forse il momento più importante nella storia della nostra manifestazione. Per questo, in vista della beatificazione del 1 maggio, il Meeting, insieme alla diocesi di Rimini e con il patrocinio del Comune, promuove un convegno dal titolo: “29 agosto 1982. Giovanni Paolo II nella bella e cara Rimini”, a cui partecipa mons. Francesco Lambiasi, il direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian, insieme ad Emilia Guarnieri e al giornalista Roberto Fontolan. Durante il convengo verrà mostrato un documentario che racconta quella giornata. Ciò che segue sono alcune foto che vogliono ricordare un momento indimenticabile. Sul sito del Meeting sono disponibili tutti i video, le immagini e i testi di quella giornata.
© Biblioteca civica Gambalunga, archivio Davide Minghini
L’ARRIVO A RIMINI E SAN MARINO Sono le ore 7.30 quando Giovanni Paolo II atterra presso l’aereoporto Miramare di Rimini e con un elicottero prima vola a San Marino e poi alle 12.50 atterra a Rimini. Si compie il sogno del vescovo Locatelli che due anni prima aveva dichiarato davanti al Papa in sala Nervi: “Vedo un elicottero bianco volare dal Vaticano a Rimini e San Marino”. E il Papa aveva risposto con una battuta “Et ne nos inducas in tentationem”. All’arco il saluto alla città, con cui conquista la gente di Rimini: «Un grazie sincero ed un saluto cordiale rivolgo a voi tutti, cittadini della bella e cara Rimini». Sulla destra il sindaco di allora Zaffagnini. © Biblioteca civica Gambalunga, archivio Davide Minghini
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FOTOREPORTAGE
anni Paolo II a Rimini
ARRIVO AL MEETING Sono le 14 quando il Santo Padre varca l’ingresso del Meeting. Il padiglione D della vecchia Fiera è gremito di gente, 5 mila posti, tanto che molti sono dovuti rimanere fuori. Per questo le prime parole del Pontefice vanno proprio a coloro che non hanno trovato posto all’interno: «Saluto di cuore tutti quelli che non hanno trovato il posto nel salone. Direi che il salone non è assolutamente necessario per creare una comunità. Forse si crea meglio una comunità fuori dal salone! Allora vi auguro di creare questa comunità fuori dal salone». L’intervento del Santo Padre, le domande finali, sono perle che chiarificano e riaffermano il senso del Meeting:: «...la pace oggi è gravemente minacciata, la scienza e la tecnica rischiano di generare uno squilibrio carico di conseguenze negative nel rapporto tra uomo e uomo, tra l’uomo e la natura, tra nazioni e nazioni. Da questa contraddizione, che sembra inarrestabile perché strutturalmente connessa al mistero del male, è necessario che lo sguardo si volga “all’artefice della nostra salvezza” per generare una civiltà che nasca dalla verità e dall’amore. La civiltà dell’amore! Per non agonizzare, per non spegnersi nell’egoismo sfrenato, nell’insensibilità cieca al dolore degli altri. Fratelli e sorelle, costruite senza stancarvi mai questa civiltà! È la consegna che oggi vi lascio. Lavorate per questo, pregate per questo, soffrite per questo! E con tale auspicio, tutti vi benedico, nel nome del Signore».
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500 MILA PERSONE AL PORTO
© Biblioteca civica Gambalunga, archivio Davide Minghini
IL PAPA AL TEMPIO MALATESTIANO Dopo la visita al Meeting, verso le 16.45 Giovanni Paolo II è al Duomo, accompagnato da monsignor Locatelli. Ad accoglierlo una folla di fedeli in festa, con cartelli in favore della Polonia. All’interno del Tempio fa un discorso agli ammalati: «Ecco, - ha detto - oggi questa Chiesa, piena di voi fisicamente, ma anche sempre piena di voi misticamente, voi la costruite in un modo del tutto speciale, perché voi siete gli eredi, gli eredi privilegiati, delle sofferenze di Cristo, della sua Croce».
L’ultima tappa della giornata riminese è al Porto, dove arriva verso le 17.45 per celebrare la Santa Messa. Una folla immensa lo circonda, più di mezzo milione di persone accalcate per tutta la palata del porto, sulla spiaggia, per tutto il piazzale Boscovich, ma anche lungo viale Tripoli. «Bisogna quindi che guardiamo l’uomo - ha detto durante l’omelia - e il mondo in cui l’uomo dimora alla luce di Dio. Allora ci si sveleranno pienamente quelle “risorse dell’uomo” di cui, nel corso dei giorni passati, si è tanto parlato, proprio qui, a Rimini. È stata una iniziativa molto opportuna, profondamente coerente con la parola dell’odierna Eucaristia. Nei tempi che sembrano portare in sé una crescente © Biblioteca civica Gambalunga, archivio Davide Minghini tensione tra il bene e il male, bisogna guardare l’uomo e il mondo nell’orizzonte del Primato del Bene. Bisogna che un tale sguardo si comunichi non soltanto a tutti i partecipanti all’incontro di Rimini, ma anche a tutti coloro che adesso partecipano all’Eucaristia: agli abitanti di Rimini e a quanti sono qui convenuti. L’uomo può affrontare l’orrore del male, anzi può vincere il male soltanto rafforzando in sé la testimonianza del Primato del Bene».
© L’osservatore Romano
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TESTIMONIANZE
Dal senso religioso a piazza Tahrir Le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo. Testimone di questo è stato Wael Farouq, docente di lingua araba e fondatore del Meeting Cairo intervenuto a Roma e a Rimini il 24 e 25 marzo. Pubblichiamo stralci del suo intervento al Palacongressi di Rimini di Wael Farouq
circa un mese dalla deposizione del vecchio dittatore, sulla tv nazionale giorni fa seguivo una discussione intorno alla rivoluzione egiziana, la rivoluzione che ha stupito il mondo intero. A tenere le fila del discorso il famoso scrittore e giornalista Sa’ad Hagras, il quale diceva di non essere affatto sorpreso dalla rivoluzione dei giovani egiziani. Del resto, meno di due mesi prima, erano stati loro a prendere l’iniziativa di organizzare il più grande e riuscito incontro internazionale per il dialogo interculturale e interreligioso in Egitto, il Meeting del Cairo dal titolo “La bellezza, spazio del dialogo”. «Il titolo da solo - aggiungeva lo scrittore - basta a farmi sentire che quei ragazzi sono detentori di un’immaginazione diversa che cambierà la realtà egiziana, un’immaginazione nell’approcciarsi con le questioni della realtà singolare, perché unita alla volontà di cambiarla. A quell’evento i giovani hanno lavorato tutti come volontari. Tra loro il medico che, con la sua macchina personale, si è offerto di fare da autista per gli ospiti del Meeting, il giudice che ha accompagnato gli ospiti ai loro posti a sedere, il ragioniere che ha allestito la sala per la mostra. Ebbene è stato questo lo spirito che è sbocciato, portando i suoi frutti, durante la rivoluzione a Piazza Tahrir». Mi è venuta voglia di piangere. Non ci avevo mai pensato al rapporto che poteva esserci tra la rivoluzione egiziana e il Meeting del Cairo. Ho sentito che il mio stare in strada per tre settimane,
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prendendo parte alle manifestazioni, non era nemmeno degno di essere ricordato: ero stato solo una goccia in quel mare di milioni di egiziani che reclamavano libertà, uno stato civile e giustizia sociale. Ho sentito che quell’istante di stupore e curiosità vissuto dodici anni fa dopo aver letto “Il senso religioso” e partecipato al Meeting di Rimini per la prima volta, in realtà, non era mai finito, ma si era protratto per fiorire e portare i suoi frutti fino ad oggi. Nei mezzi di informazione egiziani, essendo sempre presente l’idea di un “complotto”, la domanda “perché?” non è mai usata per interrogare, bensì per sollevare dubbi su scopi e intenzioni rispetto a qualsiasi evento che veda la partecipazione di egiziani ed europei, musulmani e cristiani. La domanda “perché?” rivolta agli organizzatori e agli ospiti del Meeting del Cairo è stata invece di diverso tipo, ossia espressione sincera di sorpresa e curiosità: non più mezzo per investigare cause e scopi, ma strumento di conoscenza e comprensione delle persone. I volontari del Meeting, di ogni età e professione, chi sono? Com’è possibile che non li abbiamo mai visti prima? Perché non ci siamo accorti della loro esistenza? Sono stati davvero loro a organizzare questo grande evento? Da dove sono arrivati questo amore e questo entusiasmo per l’incontro con l’altro, in una società che soffre di fanatismo confessionale? Come sono passati questi giovani dal ruolo di spettatori a
quello di protagonisti? Come hanno potuto lavorare insieme, in completa armonia, cristiani di diverse confessioni (cattolici, ortodossi e protestanti) e musulmani di diversi orientamenti (esponenti della società civile, Fratelli Musulmani e azhariti)? Queste alcune delle domande ricorrenti sui mass media egiziani che hanno seguito l’evento, con trentasette pagine di giornale su diverse testate egiziane e più di quattro ore su canali televisivi governativi e privati. Queste domande – all’incirca le stesse che mi son posto all’indomani della rivoluzione - per me sono il maggior successo realizzato dal Meeting del Cairo, poiché esprimono un momento di risveglio della coscienza, un momento di scoperta di sé e della realtà. Pochi mesi prima del Meeting, quando ho avviato incontri e iniziato a fare conferenze per presentare il Meeting del Cairo, spiegando l’esperienza che ci ha spinti verso questa iniziativa, trascorrevo la maggior parte del tempo a rispondere a infinite domande, e a ogni mia risposta seguiva più di una domanda. Per questo, quando mi chiedevano di cosa c’era bisogno per partecipare al Meeting, rispondevo: “Tutto ciò di cui avete bisogno è proprio la curiosità di cui siete colmi!”. Alcuni volontari, nelle interviste seguite al Meeting, hanno dichiarato: “Per la prima volta sento di essere una persona importante che può influenzare la realtà”,“Non so cosa farò adesso, non posso tornare alla mia vita prece-
TESTIMONIANZE dente, non voglio tornare a vivere ai margini della vita”. Dopo il Meeting, molti giovani hanno capito di aver partecipato non per “dialogare” e “mostrare la civiltà degli egiziani”, bensì in risposta a una loro intima esigenza, i cui sintomi più importanti erano la curiosità e il porre domande. Quando ho annunciato l’omaggio a Padre Christian van Nispen, nella sala si è scatenata una tempesta di applausi e dopo il Meeting arrivavano telefonate incessanti che chiedevano di lui e dei suoi libri. Ne sono stato molto stupito, dato che la Chiesa e al-Azhar organizzano spesso eventi del genere, ma non ricevono tutto questo interesse. Perché Padre Christian ha attirato invece tutta questa attenzione? Ho compreso ancora una volta che i valori astratti propugnati dalla diplomazia del dialogo tra al-Azhar e la Chiesa necessitano di un corpo, hanno bisogno di una persona. Ho imparato molto lavorando per il Meeting del Cairo, ma la cosa più importante che ho appreso su me stesso è che tutto ciò in cui credo l’ho vissuto nella relazione con qualcuno. Non ci sono valori umani astratti, perché se sono umani non sono astratti. La verità non è verità a meno che non sia incarnata, perché ogni verità è una persona e ogni persona è una verità. Ebbene, il Meeting del Cairo è stata la premessa alla rivoluzione egiziana, costituendo uno spazio in cui i giovani hanno scoperto il significato della loro esistenza e riconquistato la fiducia nella loro capacità di cambiare, realizzando che i loro sogni non sono lontani perché sono essi ad incarnarli. A proposito della rivoluzione egiziana si sarà scritto tanto. Si sarà detto tanto sulla miseria, sull’oppressione e sulla violenza che hanno consentito alla rabbia della gente di oltrepassare ogni limite. Ma in qualità di egiziano che ha vissuto la rivoluzione insieme a tutto ciò che l’ha preceduta, so bene che non è stato questo il motore reale dei fatti: la rivoluzione egiziana non è stata la ri-
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voluzione della rabbia, è stata piuttosto la rivoluzione della “fede”. Ciò che è cambiato nell’atteggiamento degli egiziani, costituendo il successo di questa rivoluzione, è stato questo loro credere che ha messo in ginocchio un milione e mezzo di poliziotti posti a difesa del regime di Mubarak. A frapporsi tra gli egiziani e la libertà solo il loro credere in essa, solo quel credere di cui ha bisogno l’“ideale” per divenire realtà vissuta e palpabile. L’invincibile forza della fede, la fiducia nell’uomo, nella sue possibilità di dare un senso alla sua vita, l’umanità delle verità astratte che le rende atte ad essere vissute, il realismo e la ragione, la bellezza e l’amicizia come strada verso la conoscenza e la scoperta di sé e dell’Altro: è questo il “vocabolario” dell’esperienza di incontro con Luigi Giussani. “Il senso religioso”, per me, non è stato semplicemente un libro: è stato piuttosto una prova in cui è stato difficile separare parola ed esperienza, fatto e persona, l’unico spazio per il dialogo in cui sono stato capace di vi-
vere le differenze in armonia con gli altri. E questa è stata una grande sorpresa. Nella nostra realtà il dialogo è infatti fondato sulla demonizzazione della differenza e da lì prende le mosse, cosa che rende il discorso arabo moderato, interlocutore del mondo occidentale, un discorso teso a giustificare la nostra differenza rispetto all’Occidente, come se si trattasse di un peccato che abbiamo commesso. O cosa che porta tale discorso a ignorare la differenza dell’Occidente rispetto a noi e a fingere di non vederla, come se non esistesse. Dal canto suo, il più diffuso e influente discorso estremista, con il suo dividere il mondo in due, nella casa dell’Islam e nella casa della miscredenza, si basa anch’esso sulla differenza, utilizzandola per giustificare il proprio appello allo scontro con l’Occidente e al tentativo di distruggerlo. Per quanto mi riguarda, grazie a un’amicizia di lunghi anni, ho imparato molte cose dal Meeting di Rimini. La più importante, forse, è che la base > MARZO2011
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del dialogo è la differenza. Il dialogo, infatti, dovrebbe essere basato su un incontro, poiché è nell’incontro che la persona fa posto, nella sua vita, a un’altra persona e comincia a scoprirla. In questo senso, la differenza è la base della conoscenza e il dialogo è uno degli strumenti per conseguirla, perché l’eliminazione della differenza per dialogare con l’altro non è meno aberrante dell’eliminazione dell’altro a causa della differenza. Nella nostra realtà, l’appartenenza a una comunità spirituale, politica o culturale, implica la rinuncia alla propria differenza per integrarsi in quella comunità. Nel Meeting di Rimini, invece, ho visto una comunità che spinge ogni individuo a contraddistinguersi, a scoprire la propria esperienza di vita e il proprio percorso personale, perché l’individuo non etichetta se stesso con l’appartenenza alla comunità, ma piuttosto riscopre se stesso nel farne parte. La consapevolezza che ogni persona ha della propria differenza, rafforza la sua certezza di possedere qualcosa da dare. Nessun essere umano è povero, ognuno può dare agli altri, perché ogni essere umano è speciale. Ebbene, a Tahrir, la consapevolezza 20
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della differenza è stata parte di un’operazione di consapevolezza più complessa: la consapevolezza del significato dell’esistenza e la riscoperta dello spirito comunitario negli stessi termini in cui ne parla Giussani ne “Il Senso Religioso” e che ho vissuto nel Meeting di Rimini. [...] Non tutti erano entusiasti della partecipazione al Meeting del Cairo: molti degli amici hanno accolto l’invito ad esserci come volontari o partecipanti ironizzando sull’ingenuità e il romanticismo con cui io ne parlavo. Potrà mai un incontro e il lavoro condiviso tra un gruppo di giovani sanare ciò che economia, politica, cultura e storia hanno corrotto? – era questa la domanda che si ponevano. Ma quando quell’incontro presenziato da circa duemila persone si è concluso con successo, quei miei amici son venuti da me dicendomi:“Dicevi il vero, mentre noi non abbiamo creduto in noi stessi e nella nostra capacità di farcela”. L’essere umano non riesce a credere nell’Altro, se prima non crede in se stesso. Da qui l’invito alla partecipazione di alcuni membri dei Fratelli Musulmani al Meeting del Cairo, nonostante le mie divergenze profonde con
le loro idee. Sono stato felicissimo nell’appurare lo stupore e la curiosità nei loro occhi nell’incontro con l’Altro, senza contare che dopo l’attacco alla chiesa di Alessandria sono stati loro i primi a trasformarsi in scudi umani in protezione delle chiese. A Tahrir l’incontro dei giovani fratelli musulmani con il resto della società egiziana è stato ancora più profondo e completo. [...] Il sentimento di possedere la piazza ha fatto uscire fuori il meglio degli egiziani: è così che della sporcizia, cui gli abitanti del Cairo sono avvezzi, nella Tahrir occupata da milioni di persone non vi era traccia nemmeno in un foglio di carta, come pure non si è verificato nessun episodio di molestia. I simboli religiosi impiegati per escludere l’Altro sono divenuti slogan di solidarietà tra musulmani e cristiani:“Sì, sono qui con te, in nome della libertà”. Il possesso del tempo e dello spazio era la premessa necessaria per espellere la dittatura, per questo non è strano che la rivoluzione abbia riassunto le sue richieste in una sola parola e in una sola azione in definitiva: Vattene, via dal nostro spazio, dal nostro tempo, dal nostro mondo.
TESTIMONIANZE Il qui e l’ora a noi. I rivoluzionari hanno così conquistato il tempo e lo spazio prima ancora di chiedere la “cacciata”del dittatore. Il dittatore che ha continuato ad imporre la sua autorità sul “qui e ora”, servendosi di simboli e argomenti del passato, ha portato a termine lo smantellamento di tale autorità attraverso migliaia di barzellette che di lui hanno fatto una caricatura. Una caricatura da lui stesso ingigantita rispondendo a Facebook con cavalli e cammelli. Certamente tra le maggiori vittorie della rivoluzione vi è lo sgombero della mente araba dal sogno del tiranno giusto.Molti hanno trovato da ridire sul fatto che alla rivoluzione è mancato un leader, ma è stata proprio questa mancanza uno dei vantaggi. A guidare quei milioni di egiziani scesi per le strade c’è stato solo il loro credere nella libertà: la forza loro l’hanno attinta solo dal loro essere in tanti, così il termine milionyya (“la milionaria”) è entrato a far parte del vocabolario delle manifestazioni. È quanto accade esattamente nel mondo virtuale, dove ciascuna pagina trae la sua forza 1
non da chi la gestisce, ma dal numero di quanti la condividono, nello stesso modo in cui il carisma si propaga dal singolo alla comunità. E così il regime di Mubarak è crollato in diciotto giorni perché si è trovato davanti una minaccia non tradizionale: non un leader, non un partito, non un’ideologia, ma i valori umani, la volontà collettiva, contro cui nulla possono i mezzi tradizionali, quali la repressione, il terrorismo e la diffamazione, così come nulla può lo scendere a patti.Accertata l’inefficacia di tali mezzi, gli intellettuali del regime hanno cominciato una campagna opposta, che prende le mosse dal loro credere nella libertà e nella sua difesa in direzione dell’astrazione e nell’approcciarsi con essa in qualità di valore ideale, che si innalza rispetto al tempo, allo spazio e all’uomo. In definitiva la rivoluzione egiziana ha vinto perché essa ha perseverato in ciò che io definisco la fisicità del significato e della verità presso Giussani, il quale, nelle pagine del suo libro, ribadisce che la verità senza l’esperienza umana,senza il significato umano, senza la presenza
umana è o una verità falsa o è semplicemente un fatto. Quest’ultimo si distingue per la sua semplicità,per la sua chiarezza e per il suo esserci, mentre la verità si distingue per la sua complessità, il suo mistero e la sua profondità. Che la terra giri intorno al sole è un dato di fatto,che diviene verità solo quando viene inserito nella complessa tessitura dell’esperienza umana. L’umanità della verità, nel mondo postmoderno, è il salvagente in mezzo alla folla dell’ideologia e l’egemonia dei cliché e degli stereotipi. Dice l’imam dello spirito nell’islam, il sufi Ibn Arabi: “L’uomo è un piccolo mondo e il mondo è un grande uomo”. E io, dopo tutto quello che ho vissuto nell’ultimo periodo, aggiungo:“Il cuore di un piccolo uomo batte di un amore in grado di pompare vita e speranza nelle arterie di tutto il mondo”. Il testo integrale è disponibile su www.meetingrimini.org 1
“Milionyya" è il nome che è stato dato alla grande manifestazione indetta in Egitto il primo febbraio per chiedere la caduta del regime di Mubarak (N.d.T)
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BREVI
TESTIMONIANZE SUL MEETING CAIRO
Quello che è accaduto al Cairo, il 28-29 ottobre 2010, ha avuto un’eco vastissima, tanto che ai responsabili del Meeting allora presenti è stato chiesto di raccontare quello che hanno visto e quello che li ha cambiati. Un percorso iniziato il 28 gennaio 2011 presso l’auditorium di Pesaro e organizzato dal centro culturale Città ideale; continuato il 25 febbraio a San Patrignano, con il titolo “CDO Rimini for AVSI”; ed infine il 4 marzo presso la chiesa di San Filippo a Fossombrone si è tenuto l’incontro dal titolo “La bellezza, spazio del dialogo fra culture”, organizzato dal centro culturale “Charles Peguy”. Il file-rouge è stato lo stesso: raccontare un’esperienza in grado di cambiare la storia.
LA LIBERTÀ RELIGIOSA A SEREGNO Martedì 22 febbraio si è svolto al Teatro Santa Valeria di Seregno (MI) l’incontro dal titolo “La libertà religiosa è la madre di tutte le libertà”, organizzato dalle comunità di Comunione e Liberazione della Brianza e in cui sono intervenuti l’onorevole Mario Mauro, Presidente dei Deputati del Popolo della Libertà al Parlamento europeo, Emilia Guarnieri, presidente del Meeting di Rimini ed Emiliano Ronzoni, in qualità di moderatore. A Seregno, dopo un breve filmato che ha mostrato le atrocità che subiscono i cristiani nel mondo, l’incontro è stato aperto con le seguenti parole da Mario Mauro: «Le persone che ho incontrato, non solo le comunità, sono persone che si sentono definite non dalla durezza della persecuzione a cui sono state sottoposte, ma dalla grandezza della vocazione a cui sono state chiamate; gente capace di riconoscere in ogni circostanza, anche la più drammatica, che Dio esiste». Dopo l’onorevole ha proseguito Emilia Guarnieri, raccontando la storia del Meeting, esempio di come la libertà religiosa sia la via per una vita più umana e di come le fedi non dividano. «Abbiamo visto – ha raccontato Emilia Guarnieri – nell’esperienza che non è la diversità di fedi che divide, o meglio, come dice sempre Farouq, la fede divide se non
prende corpo, se non trova qualcuno che la assimili e la rimetta in circolo, perché, appunto, allora diventa fanatismo, ideologia, dispotismo. Questa intuizione di Farouq è veramente impressionante e non è molto diverso da quello che diceva Mounier: “occorre soffrire perché la verità non si cristallizzi in dottrina, ma nasca dalla carne”. Quello che abbiamo vissuto ci ha fatto capire tante parole che spesso diciamo e spieghiamo, ma lì le abbiamo viste accadere. Direi che ancor prima del dialogo abbiamo visto accadere il miracolo dell’ecumenismo, che è solo ed inevitabilmente cristiano, quello sguardo cristiano, come dice don Giussani, vibrante di un impeto capace di esaltare tutto il bene che c’è in tutto ciò che si incontra».
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È accaduto a Dublino Dal 26 dicembre al 12 gennaio si è svolto il primo Happening in Dublin: da Rimini la mostra su Flanney O’Connor e la presentazione del prossimo Meeting di Erika Elleri
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Tutto è nato da un’intuizione di John Waters, editorialista dell’Irish Times. – Ci racconta Mauro Biondi, tra gli organizzatori del primo Happening in Dublin , svoltosi nella capitale irlandese – Dire a tutti il senso dell’Avvento, di questa attesa per cristiani. Una bella sfida…». E così è nato qualcosa di nuovo a Dublino, un avvenimento che ha attirato, dal 26 dicembre al 12 gennaio, più di un centinaio di persone al giorno. «La storia che ci lega al Meeting di Rimini e i rapporti nati durante la manifestazione hanno inciso molto. Innanzitutto – continua il suo racconto Mauro Biondi – abbiamo portato a Dublino la mostra del Meeting dedicata alla grande scrittrice americana Flannery O’Connor. Siamo riusciti ad allestirla nel cuore di Dublino, in una galleria di Temple Bar, un quartiere radical chic, frequentato dagli intellettuali irlandesi. Insieme all’arcivescovo di Dublino Martin Diarmuid e a Julián Carrón abbiamo presentato “Il senso religioso” di Luigi Giussani e il momento conclusivo è stata la presentazione del Meeting con il vicedirettore Marco Aluigi». Per la prima volta nella sua storia, il Meeting è volato a Dubli24
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no per un momento pubblico: «È stato il compimento naturale di una storia che ormai lega il Meeting all’Irlanda. Nel 2010, infatti, abbiamo avuto il presidente Mary McAleese al Meeting, mentre negli anni passati avevano partecipato importanti personalità del mondo culturale ed ecclesiastico», afferma Marco Aluigi. In un quartiere dove ai cattolici non era mai stato concesso di fare nulla, invece è accaduto che, in un’atmosfera dettata dalla musica blues e jazz, i presenti, tra cui diversi giornalisti e il senatore Ronan Mullen, hanno potuto ascoltare la storia del Meeting, la sua avventura trentennale, fino ai fatti più recenti come il Meeting Cairo. «Dopo il mio intervento – racconta stupito il vicedirettore del Meeting - si sono alzate in piedi tre ragazze che avevano fatto da guida alla mostra di Flannery per raccontare quello che di bello avevano visto ed era accaduto in quei giorni. Mi ha colpito Mary, una delle guide della mostra. Nonostante i suoi 19 anni, mi ha raccontato la mostra con intensità e profondità. E pensare che tutto è partito dal Meeting di quest’anno, dalla mostra e dai cinque - sei giorni passati da Annie, una curatrice americana della
mostra. È stupefacente vedere come il Meeting arrivi in questi luoghi non per progetti o pianificazioni, ma scommettendo sulla libertà di persone, che si appassionano e si innamorano, in questo caso della mostra dedicata alla O’Connor, se ne innamorano talmente da volerlo raccontare a tutti, pubblicamente». Ma più in generale è rimasto col-
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Nella foto la ragazza taiwanese Ning mentre ascolta la spiegazione di Mary
pito da ciò che il gesto in sé ha innescato: come al Meeting, dalla provocazione di uno, possa iniziare qualcosa che coinvolge tanti. Grande è stata la partecipazione del pubblico agli incontri e alla mostra e molto lo stupore per quello che inaspettatamente è accaduto. «Il valore di questo evento – commenta Mauro Biondi – e il centro della questione è stato evi-
dentemente un cuore commosso che legandosi ad altri cuori ha generato un’amicizia. Durante l’incontro su “Il senso religioso” John Waters ha fatto una sintesi della questione: ‘Incontrando don Giussani ho capito che per entrare in rapporto con il Mistero servono la realtà e tutto il mio io. Anzi, nell’incontro con lui mi è stato restituito il mio io’».
Da questo evento si sono generate storie e rapporti inaspettati come quello di Ning, una ragazza taiwanese che ha deciso di partecipare al prossimo Meeting di Rimini. Terminato il suo master in Olanda, è andata in Irlanda per continuare i suoi studi e si è trovata casualmente all’Happening in Dublin, per visitare la mostra su Flannery. Dopo il primo gior- > MARZO2011
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FAI UNA SEMPLICE OPERAZIONE
Anche quest’anno con la tua dichiarazione dei redditi nei modelli CUD, 730 e UNICO puoi destinare il 5 x 1000 del tuo reddito, senza nessun onere aggiunto, al Meeting di Rimini. Firma la prima sezione (sostegno del volontariato delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni e fondazioni) e indica il codice fiscale 01254380403 nell’apposito spazio per contribuire direttamente al finanziamento del Meeting.
Per maggiori informazioni contatta il Meeting di Rimini allo 0541 783100 o visita il sito www.meetingrimini.org
PRESENTAZIONI no, è tornata ancora il secondo e poi il terzo, rimanendone talmente stupita da non voler più andare via. È nata un’amicizia con Mauro Biondi ed altri della comunità di Comunione e Liberazione, tanto che Ning ha poi deciso di partecipare alla vacanza della comunità inglese a Londra. Tornata in Olanda ha scritto a Mauro: «È interessante il fatto che, nonostante sia tornata dove ero solita essere, ora tutto mi sembri diverso. Ogni cosa in cui mi imbatto mi sembra più splendente e noto più dettagli ed espressioni della città di quanto avessi mai fatto prima. In questo l’esperienza di D ublino mi ha formata, insegnandomi a guardare le cose sempre con nuovi occhi, mettendomi continuamente in gioco». Un’altra storia, è quella di un importante produttore televisivo di documentari dedicati all’arte realizzati per la BBC e per alcune tv irlan-
desi, che ha visitato la mostra sulla scrittrice americana. In quell’occasione c’era Mary a guidarla e ne è uscito colpito, tanto da dire: “Non ho mai visto una tale passione”. Ne è nato un dialogo ed è stato un inizio di una collaborazione. Mary, dal canto suo, è cresciuta molto in questa espe-
rienza di guida: «Come per Flannery che disse del suo lavoro, ‘si scrive quello che si può’, io ho fatto quello che ho potuto. Niente di più che sedermi alla finestra, essere presente fisicamente e tenere acceso il mio interesse e il mio desiderio di far conoscere la figura di Flannery».
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Nella grande mela, una nuova cultura Il Meeting presente per la seconda volta al “New York Encounter”, alla sua terza edizione. Un vero e proprio evento, con personalità americane del mondo della cultura, della scienza e dello spettacolo. di Erika Elleri
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nche quest’anno, nel cuore di New York, dal 14 al 17 gennaio si è svolto il “New York Encounter”; la terza edizione, organizzata dal Crossroads Cultural Center, da Comunione e Liberazione e dal Meeting di Rimini, ha visto quattro giornate di convegni, mostre, concerti e rappresentazioni teatrali, con un pubblico numeroso. Ad ogni evento c’erano circa 1000 persone. Come racconta Peter Stockland in un servizio su Tracce di Febbraio: «Questa sensazione di affollamento, di estrema prossimità e vicinanza emanava energia ai massimi livelli. Paradossalmente, un riconoscimento alla scelta degli organizzatori, che quest’anno avevano deciso di trasferire qui l’incontro dalla sua precedente sede a Times Square, ben più piccola: “In un certo senso sono fiero che non ci fosse posto abbastanza”, dichiara scherzosamente il presidente Maurizio Maniscalco al momento del bilancio. “Quest’anno ci siamo trasferiti in una sede più grande, ma non era ancora sufficiente, il che vuol dire che stiamo 28
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crescendo. La nostra sfida ora è di cercare un posto ancora più grande che ci faccia fare un passo in più”. Maniscalco racconta che la sorpresa maggiore è arrivata dal numero di visitatori che hanno partecipato a tutti e quattro i giorni della kermesse. Gli organizzatori si aspettavano che i partecipanti andassero e venissero tra venerdì e lunedì; invece sono arrivati e, accolti con grande calore, sono rimasti. “È un bel risultato, perché ha permesso alle persone di incontrarsi, di condividere dei momenti, di conoscersi reciprocamente”, continua il presidente. Questa, assieme allo spessore intellettuale dei relatori e all’altissimo livello delle rappresentazioni artistiche, è stata la chiave dell’evento: creare uno spazio pubblico dove la realtà di Cristo fosse presente, proprio nel cuore di New York». Terza edizione che ha dimostrato la crescita culturale di questa manifestazione. Hanno partecipato per esempio John Garvey, presidente della Catholic University of America, Clara Gaymard, amministra-
tore delegato della GE International, nonché figlia del famoso genetista Jérôme Lejeune, già ospite del Meeting, e ancora William McGurn, editorialista del Wall Street Journal, scienziati come Kenneth Miller, professore di Biologia presso la Brown University, e Charles Townes, vincitore del premio Nobel per la fisica ed inventore del laser. A tema la possibilità di costruire un’economia a misura d’uomo, l’eutanasia e la bioetica, Leopardi, l’educazione e la libertà. E poi una serie di spettacoli e momenti musicali, come la messa con canti Gospel, una sera-
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Una scena dello spettacolo “L’Annuncio a Maria”
ta dedicata a Chopin, la rappresentazione de “L’Annuncio a Maria” di Claudel ed infine “A New York night”, lo spettacolo conclusivo. L’evento più seguito è stato sicuramente la presentazione de “Il senso religioso” nella sua traduzione americana con don Julián Carrón, presidente della fraternità di Comunione e Liberazione, il cardinale di Boston O’Malley, introdotti da Michael Waldstein, professore di teologia presso l’università Ave Maria. E anche a New York, come a Dubli-
no, Marco Aluigi, vicedirettore del Meeting ha raccontato l’edizione 2010 alla fine della serata intitolata “A New York night”, con la presenza di “Blue Lou” Marini e dedicata alla musica di band metropolitane invitate per l’occasione, in un clima molto festoso, di canti e balli. 120 i volontari che hanno contribuito con il loro lavoro all’evento. Inoltre sono volat e in America due mostre dell’edizione 2010: la prima sulla scrittrice americana Flannery O’Connor, esposizione nata e costruita da alcuni ragazzi di
università americane; la seconda sulla crisi economica che ha avuto l’onore di arrivare proprio dove tutto è scoppiato. Ed anche in America, dove dopo la crisi ancora milioni di persone sono senza lavoro, esiste la gratuità. Esiste un luogo nella grande mela dove alcuni amici cattolici scavano e sondano tutti gli aspetti della realtà, offrendo giudizi sui grandi temi d’attualità e non. Un avvenimento tutto americano che, come il Meeting di Rimini, sta incominciando ad essere riconosciuto dal mondo cattolico newyorkese, presente e numeroso. MARZO2011
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Il sito del Meeting cambia volto Da fine aprile una nuova veste grafica e nuovi contenuti. Digita www.meetingrimini.org e scopri come lo abbiamo realizzato.
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l Meeting non si ferma mai….anche sul web. Da fine aprile, la data esatta verrà comunicata sul sito, sarà on line una nuova versione del portale del Meeting: nuova grafica, nuovi contenuti, con l’obbiettivo di facilitare la navigazione degli utenti. Una nuova sezione “Agenda” con tutti gli eventi che orami il Meeting promuove durante l’anno: per ogni evento foto, testi, video. Inoltre ci sarà on line una nuova sezione chiamata “Multimedia” con tutte le foto, i video, gli strumenti promozionali sfogliabili come vere riviste. Infine anche l’immenso archivio del Meeting avrà nuove e più facili modalità di consultazione. Continueranno le anteprime e gli aggiornamenti sulla prossima edizione. Ed infine tutte le informazioni per arrivare al Meeting conoscendo tutto di incontri, mostre e spettacoli. Per rimanere in contatto con noi ti invitiamo a iscriverti alla newsletter dalla home page del sito. Ricordiamo inoltre che il Meeting è anche su Facebook all’indirizzo www.facebook.com/meetingrimini e su Youtube all’indirizzo ww.youtube.com/meetingdirimini. 30
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