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«Amici, non estranei senza volto»
Il presidente della Cei e inviato del Papa per la pace in Ucraina: «Il Meeting raccoglie tanti frammenti di amicizia che compongono il grande mosaico della vita e in questo scorgiamo il volto di Dio». «Non è un sogno, ma una responsabilità»
di Stefano Andrini
«È sempre bello tornare al Meeting perché è un’occasione di confronto, di incontro, di crescita, di consapevolezza del cammino che ci unisce e anche di scelte per quello da fare. È in fondo fare esperienza del “Fratelli tutti”, perché il Meeting nasce proprio dal pensarsi insieme in una dimensione di fraternità che unisce mondi diversi, situazioni, sensibilità diverse». Lo afferma il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna.
Eminenza, cosa le suggerisce il titolo dell’edizione del Meeting che si apre oggi?
«Ci fa comprendere la grandezza della nostra esistenza; che non può essere immiserita da individualismi più o meno accessoriati e autosufficienti. Quanto è vero che l’uomo non è un’isola e cercare di esserlo fa male all’uomo! L’uomo è socievole, è amicizia, porta che si apre sempre verso l’esterno. L’amicizia è il relativismo cristiano indispensabile per comprendere chi siamo e dove andiamo!
LA MISSIONE
A Bologna sulla cattedra di San Petronio
Il cardinale Matteo Maria Zuppi è nato a Roma l’11 ottobre 1955; entrato nel Seminario di Palestrina ha seguito i corsi di preparazione al sacerdozio alla Pontificia Università Lateranense. Si è laureato, inoltre, in Lettere e Filosofia all’Università di Roma. Tanti gli incarichi svolti: in particolare dal 2000 al 2012 è stato Assistente ecclesiastico della Comunità di Sant’Egidio. Il 27 ottobre 2015 è stato nominato da papa Francesco arcivescovo di Bologna. Il 24 maggio 2022 Papa Francesco lo ha nominato presidente della Conferenza episcopale italiana.
Dio è amico, manifesta se stesso a noi e ci insegna a non essere estranei, nemici, ma amici. Non siamo servi e l’altro non è uno “senza volto”, come erano considerati i servi. Cambia tutto. Un mondo senza amicizia mette paura e fa chiudere nelle isole. L’amicizia ha una capacità di rinnovarsi, di crescita, di resistenza a cui, purtroppo, crediamo troppo poco. Senza l’amicizia, che è delicatissima, l’esistenza umana diventa arida, sterile, dura. La vita è l’arte dell’incontro, come ricordano i versi del poeta brasiliano Vinicius de Moraes, citato nell’enciclica di Papa Francesco. L’arte dell’incontro non è solo una conoscenza sociologica o introspettiva dell’amicizia ma una storia, che si rinnova continuamente, che non finisce mai perché sempre nuova, che coinvolge tutto di noi stessi. L’amicizia è sempre circolare, come quella che si sperimenta tanto al Meeting dove siamo coinvolti in una circolarità universale che unisce anche tanti pezzi diversi, antichi e nuovi, vicini e lontani. E poi attenzione: se non c’è l’amicizia vince l’inimicizia!».
Che cosa si aspetta dal Meeting?
«La scoperta di amici molto più vicini di quanto noi pensavamo, molto più amici di quanto noi credevamo e di tanti testimoni, di compagni di strada che ci aiutano a non fermarci e a non rimanere paralizzati dal pericoloso veleno della disillusione. Tanti ci aiuteranno a rispondere alle domande del nostro confuso e minaccioso presente, ci suggeriranno ri- sposte nuove, ci aiuteranno a non buttarci via, a non perdere il sapore, a riconoscere la presenza di Dio nella nostra vita e in questo mondo. Soltanto insieme se ne esce, ma non da estranei, da amici».
Qualche anticipazione su quello che dirà oggi nell’incontro inaugurale?
«Cercheremo di confrontarci con questa grande visione per cui abitiamo una casa comune e siamo fratelli tutti. Non è un sogno, ma una responsabilità che chiede di mettere in moto scelte e pratiche operative. Ne indicherò qualcuna ma credo che ne ascolteremo tante storie di umanità che ci aiuteranno a essere umani. Il Meeting raccoglie tanti frammenti di amicizia che compongono il grande mosaico della vita e in questo scorgiamo il volto di Dio. La “Fratelli tutti” è un’enorme sfida, di cui capiamo la decisività dopo la lezione severa del Covid e in questa pandemia della guerra, quando il fratello non sa più riconoscere il suo fratello e vede nell’altro solo un nemico».
Lei porta a Rimini anche la sua esperienza di inviato del Papa per la guerra in Ucraina. «Custodisco la fermezza del Papa a non rassegnarsi alla guerra, a non accettarne la logica, perché la guerra è terribilmente logica. La fatica è entrare dentro quella logica per riportarla alla ragione, per rimuovere le cause, per sciogliere i nodi che hanno permesso quella macchina di morte che è la guerra. La guerra in Ucraina ha un aggressore e un aggredito e la pace deve essere giusta e sicura, aggiungo. Proprio per questo il dialogo non deve mai essere visto come cedevolezza o peggio tradimento delle proprie ragioni, ma deve completare la legittima difesa. C’è il diritto a rispondere all’aggressione ma anche il dovere di credere che una pace giusta e sicura si possa, si debba raggiungere con il dialogo. Non avviene in un momento ma con tanti tentativi, con l’avvicinamento, il confronto, l’ascolto, il comporre interessi diversi per rendere possibile l’unico vero interesse di tutti che è proprio la pace».
Vede spiragli di speranza?
«Il Papa si era chiesto dove era finita la pace creativa e mi sembra che finalmente cominciano ad aprirsi alcuni spazi di confronto, come i primi recenti incontri a Gedda, con la presenza di tanti attori, impensabile fino a poco tempo fa. Soltanto proseguendo in questa ricerca si potrà arrivare a vedere quella colomba che porta l’ulivo perché il diluvio è finito».
L’INCONTRO Fratelli tutti, costruttori di pace
Dopo la celebrazione della Messa alle 11, l’Auditorium Isybank ospiterà alle 15 l’incontro inaugurale del Meeting sul tema “Fratelli tutti. Testimonianze di un’amicizia operativa sulle orme di papa Francesco”. Il cardinale Matteo Maria Zuppi in dialogo con Alberto Bonfanti, presidente di Portofranco; Vittorio Bosio, presidente del Centro sportivo italiano; Regina De Albertis, direttore tecnico e consigliere delegato di Borio Mangiarotti spa, presidente di Assimpredil Ance Milano, Lodi, Monza e Brianza; Dario Odifreddi, presidente della Piazza dei Mestieri e del Consorzio scuole lavoro. Modera Bernhard Scholz, presidente della Fondazione Meeting.
EDITORIALE [Segue da pagina 1]
za di un paese, di una nazione, di un mondo. Altro che Pil, lo stato di salute di una società si misura dalla sua capacità di coesione, di cooperazione, di concordia: in una parola? Di amicizia. Ma, chiediamoci, perché è una virtù “pubblica” oltre che privata? Facciamo un esempio. Per essere amici non bisogna essere tutti uguali, né bisogna pensarla tutti allo stesso modo. In un rapporto di amicizia, l’altro è un bene per me, è un dato posto dinanzi a me, innanzitutto per ricordarmi chi sono. In un vero rapporto di amicizia non si diventa tutti uguali, anzi, le diversità rimangono, ma costruiscono uno spazio comune, un bene comune. Bisogna però riconoscere che oggi questa non è l’idea comune di amicizia. Oggi amico è chi vive nella mia stessa “bolla”, chi non disturba la mia “confort zone” o più semplicemente chi appoggia tutto quello che dico o faccio. Da dove nasce, allora, questa diversità, qui al Meeting? Bisogna tornare al titolo e alla sua “stranezza”. Per capire di che amicizia parliamo, dobbiamo guardare la nostra esistenza. Potevamo non essere; se esistiamo è segno che qualcuno ci ha voluti, per qualcuno siamo un bene. È la vita stessa il primo gesto di amicizia. Riconoscere questo primo debito tra amici è il fondamento della virtù pubblica. Senza la “stranezza” del titolo non c’è futuro per l’umana convivenza.