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Insieme al di là delle differenze

Simoncini: «Riscoprire la bellezza del rapporto con il diverso, non oscurare automaticamente chi non la pensa come noi» di Lucio Bergamaschi

«La nostra responsabilità è quella di promuovere una cultura dell’amicizia e del rispetto reciproci come antidoto alla violenza della cancellazione e dell’oblio culturale».

Così Andrea Simoncini, docente di Diritto costituzionale all’Università di Firenze e vice presidente della Fondazione Meeting, sintetizza il senso dell’incontro “Cancellare culture o costruire cultura?” che si terrà oggi alle 19.00 (Auditorium Isybank Pad D3). All’incontro prenderanno parte il sociologo Sergio Berardinelli, l’europarlamentare francese Francois-Xavier Bellamy e il professor Joseph Weiler, della New York University.

Il fenomeno della cosiddetta cancel culture, nato negli Stati Uniti qualche anno fa a seguito del movimento Black Lives Matter, si è ormai diffuso a livello globale amplificato dai social raggiungendo vette di paradossale follia: statue di Cristoforo Colombo demolite, testi di Shakespeare emendati da frasi o espressioni politicamente scorrette, personaggi pubblici condannati all’oblio mediatico per un tweet o messi all’indice per un semplice like come la scrittrice inglese J.K. Rowling, autrice della saga di Harry Potter. Il fenomeno è stato accostato all’iconoclastia diffusasi nella cristianità orientale sul finire del primo millennio ma con la fondamentale differenza che la cancel culture non è l’esito di una decisione del potere costituito, delle istituzioni civili o religiose, ma appare piuttosto come un processo autoalimentato, tutto interno alla comunicazione e ai social media e quindi difficile da governare.

Sono in atto in alcuni paesi iniziative di legge per difendere la libertà di opinione da questa isteria censoria. Anche in Italia la Corte Costituzionale si è ripetutamente espressa in favore della tutela del diritto al pluralismo delle fonti nell’informazione.

«Per difendere le minoranze o supposte tali – prosegue Simoncini – oggi si mette in discussione la libertà di opinione ovvero il principio cardine della civilizzazione occidentale dall’Illuminismo in poi, nato proprio per tutelare i soggetti più deboli dall’arroganza del potere. Davanti a questo paradosso la vera risposta non può essere innanzitutto di carattere giuridico o legislativo ma culturale: occorre riscoprire la bellezza del rapporto con il diverso, non oscurare automaticamente chi non la pensa come noi rifugiandosi nelle “comunità di simili” come avviene sempre più spesso. Ci è chiesto insomma uno sforzo di autenticità e verità nei rapporti, la riscoperta di ciò che tiene insieme le persone al di là delle differenze».

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